Archivio del Tag ‘promesse’
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Vaccini, i genitori: politici del “cambiamento”, vergognatevi
Con questa lettera aperta ci rivolgiamo oggi a tutti i parlamentari italiani che abbiano interesse a dare ascolto ai cittadini. Il senso di queste parole è condiviso da molte associazioni e comitati di tutto il territorio italiano, in rappresentanza di centinaia di migliaia di cittadini, che sono stanchi di rimanere inascoltati e di vedere la politica avanzare cieca e sorda a qualsiasi richiesta arrivi dal basso, da quell’elettorato In rappresentanza del quale siete stati votati. Siamo qui in attesa di un segnale di democrazia da parte vostra, di coerenza verso le promesse fatte in campagna elettorale, di rispetto verso i cittadini che hanno riposto in voi le proprie speranze “per il cambiamento”. Siamo tutti genitori, coinvolti da un tema spinoso e controverso, e pretendiamo ascolto e risposte. Nel caso potesse esservi sfuggito, fuori da qui si sta combattendo una battaglia che ha dell’inverosimile, per contenuti e toni: difendere il diritto più ovvio e fondamentale, quello all’autodeterminazione e all’inviolabilità del corpo, quello a tutela dell’articolo 32 della Costituzione italiana; sta diventando ormai (fatto ancor più grave) questione di dover difendere persino il diritto alla libertà di pensiero ed opinione.Lo scontro tra due fazioni abilmente create ad hoc (pro-vax / no-vax), è stato fomentato in primis proprio dalla politica, poi dai media, poi da una certa parte – ben delineata ed istruita – della “comunità scientifica”, fino ad ottenere quel clima propedeutico all’imposizione ed alla coercitività, che ha permesso al “decreto Lorenzin” di vedere la luce. Di emergenze sanitarie il nostro paese ne vive sin troppe, ma nessuna di queste ci sembra avere a che fare con le vaccinazioni obbligatorie: aumento esponenziale dei tumori pediatrici, inquinamento di ogni genere, antibiotico-resistenza, scandali di malasanità e corruzione; abbiamo 7.000 morti/anno per infezioni ospedaliere, e voi permettete di continuare ad usare il morbillo come fonte di paura a causa di pericolose, quanto inesistenti, epidemie; viviamo in uno dei territori più inquinati al mondo, e concedete di parlare di vaccinazioni come di unica prevenzione primaria, senza concentrarsi sulle possibili strade che possano fermare quella strage quotidiana che nel colpevole silenzio prosegue indisturbata, tra leucemie e linfomi, nella popolazione pediatrica italiana.Noncuranti di tutto ciò, continuate a permettere che migliaia di bambini sani vengano limitati nei loro diritti all’inclusione ed alla socialità; e vi apprestate a discutere un nuovo disegno di legge, il 770, che li vorrebbe privare anche del diritto alla scuola e quindi alla libera istruzione fino alla maggiore età. Troviamo tutto questo semplicemente vergognoso. Mentre ciò accade, anche per mano vostra, avete una parte di società civile che sta tentando tutte le strade democraticamente ammesse per chiedere ascolto e poter avere voce in capitolo su decisioni che avranno conseguenze dirette nelle vite dei cittadini presenti e futuri. Questa parte di società civile attende da mesi di essere audita in 12ma commissione Igiene e Sanità del Senato, proprio in relazione a quello stesso disegno di legge che lì si sta discutendo.E’ composta dalla stessa cittadinanza che ha già dato vita ad un altro testo, la proposta di legge di iniziativa popolare “Sospensione dell’obbligo vaccinale per l’età evolutiva”, depositata con 75.000 firme ed ignorata completamente; è composta da quegli stessi genitori e cittadini che hanno manifestato il loro dissenso rispetto alla legge Lorenzin in tutte le piazze d’Italia, nella censura più totale dei media; è composta da una parte di popolazione che non si rassegna e che pretende ascolto e risposte! Vi sono stati recapitati i risultati preliminari delle analisi sui vaccini commissionate da una di queste associazioni, i quali ci si aspettava dover essere valutati da un qualche organismo indipendente e competente, ma nessuno si sta assumendo l’onere di farlo: vi sarebbe solo da pretendere chiarezza chiedendo ciò che dovrebbe essere a disposizione di tutti voi, giacché avete in mano le sorti del Paese: le analisi di controllo dei vaccini autorizzati ed in uso in Italia. Ma niente, state ignorando anche questo.Avete delle evidenze, come quelle emerse recentemente, che indicano come, grazie alla sopraggiunta legge 119/2017, sia stato impossibile andare a contrattare il prezzo di questi farmaci nonostante fosse ampiamente prevedibile l’aumento di spesa: come risultato paghiamo il 60% in più, circa, gli stessi vaccini che erano in uso già prima del 2017. Il paradosso è evidente, come è evidente l’interesse privato di aziende private, a spese pubbliche. E da parte vostra, neanche una dichiarazione a riguardo. Avete creato un clima sociale che è diventato insostenibile, tra fobie insensate e persecuzioni folli, bambini cacciati come untori e medici puniti per le loro opinioni, persone additate come “pericoli pubblici” su basi illogiche e scientificamente infondate (alla faccia dell’inclusione e della lotta alle discriminazioni!). E non state facendo nulla! A cosa vi riferivate quando parlavate di cambiamento? Qual è il compito della politica? Cosa e chi rappresentate se non i cittadini stessi? Come pensate di assolvere ai vostri compiti, se non dando ascolto e garantendo dialogo e trasparenza?Il tema della salute, e di riflesso dell’emarginazione, esclusione e privazione di diritti, non può essere fatto passare in sordina; arrogandovi il diritto di fare orecchie da mercante alle migliaia di richieste di attenzione, procedendo senza alcun dibattito, e senza alcuna assunzione di responsabilità nel mantenere le promesse fatte per guadagnare voti. Ci sono i bambini di mezzo, gli adulti che prenderanno i nostri (e vostri!) posti un domani. Non siamo più disposti ad aspettare; i nostri (e vostri!) figli attendono delle risposte, sul perché essere esclusi dall’asilo, sul perché essere additati come diversi, untori, sul perché essere obbligati ad un trattamento sanitario sul quale aleggiano incongruenze, dubbi ed omertà. Auspichiamo che queste parole possano farvi riflettere, e ci aspettiamo che vengano accolte e soddisfatte le nostre legittime richieste, di genitori e di cittadini. Il nostro impegno è questo e molto altro.(“Lettera aperta ai parlamentari italiani”, appello pubblicato il 2 febbraio 2029, sul sito del Corvelva, dai genitori che contestano l’obbligo vaccinale indiscriminato e senza le necessarie precauzione sanitarie. Ripreso dal blog “Luogo Comune”, il sito è firmato da Ader Salute e Libertà, Associazione Diritti Emilia Romagna: Articolo 32 Libertà e salute Faenza; Cittadini Liberi e Consapevoli Puglia; CliVa Toscana Comitato per la libertà di scelta vaccinale Toscana; ClisVap Comitato per la Libertà di Scelta Vaccinale Piemonte; Colibri Libertà Brianza: Corvelva Coordinamento Regionale Veneto per la Libertà delle Vaccinazioni; Colibrì Puglia; Genitori del No Obbligo Piemonte; Genitori del No Emilia Romagna; Genitori del No Obbligo Lazio; Genitori del No Obbligo Lombardia sezione Brescia; Gnl Genitori No Obbligo Lombardia; Gruppi Uniti.It; Libera Scelta Alessandria; Libero x tutti Forlì; Modilis Sardegna)Con questa lettera aperta ci rivolgiamo oggi a tutti i parlamentari italiani che abbiano interesse a dare ascolto ai cittadini. Il senso di queste parole è condiviso da molte associazioni e comitati di tutto il territorio italiano, in rappresentanza di centinaia di migliaia di cittadini, che sono stanchi di rimanere inascoltati e di vedere la politica avanzare cieca e sorda a qualsiasi richiesta arrivi dal basso, da quell’elettorato In rappresentanza del quale siete stati votati. Siamo qui in attesa di un segnale di democrazia da parte vostra, di coerenza verso le promesse fatte in campagna elettorale, di rispetto verso i cittadini che hanno riposto in voi le proprie speranze “per il cambiamento”. Siamo tutti genitori, coinvolti da un tema spinoso e controverso, e pretendiamo ascolto e risposte. Nel caso potesse esservi sfuggito, fuori da qui si sta combattendo una battaglia che ha dell’inverosimile, per contenuti e toni: difendere il diritto più ovvio e fondamentale, quello all’autodeterminazione e all’inviolabilità del corpo, quello a tutela dell’articolo 32 della Costituzione italiana; sta diventando ormai (fatto ancor più grave) questione di dover difendere persino il diritto alla libertà di pensiero ed opinione.
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Non vi lasciano governare? Fate un atto eroico: dimettetevi
Fate una cosa fantastica, che nessuno ha mai osato fare prima d’ora: andatevene a casa. Sarebbe rivoluzionario, perché aprirebbe gli occhi alla gente. Finalmente, tutti avrebbero accesso alla verità, che è la seguente: qualsiasi governo in carica non è in grado di mantenere le sue promesse, a meno che non siano in linea, già in partenza, con il potere reale di chi comanda davvero. Ve l’immaginate cosa accadrebbe, in Italia, se i 5 Stelle dicessero una cosa simile? Non ci lasciano governare come vorremmo, quindi diciamo addio al governo e ci dimettiamo anche da parlamentari. Torniamo a casa, perché governare l’Italia è impossibile, anche se hai vinto le elezioni. Il giorno dopo, infatti, arriva qualcuno che ti spiega cosa puoi fare e cosa non puoi fare. E’ successo sempre, sta succedendo ancora. Al punto da lasciar sbiadire, fino a ridurre a zero, qualsiasi istanza di cambiamento. Il governo gialloverde è diventato una farsa, e in particolare i 5 Stelle stanno scivolando nel ridicolo. Perché non se ne vanno a casa? Sarebbe un gesto clamoroso, che gli italiani capirebbero. Dopo, allora, il cambiamento potrebbe cominciare davvero.E’ l’appello che Massimo Mazzucco, elettore deluso dai grillini, torna a rilanciare: se sei costretto a rimangiarti tutte le promesse – dal reddito di cittadinanza al rifiuto della legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale – ti resta un’ultima carta, le dimissioni. Sarebbero esplosive e dirompenti, ribadisce Mazzucco, in web-streaming su YouTube. Se Di Maio, Toninelli e compagnia facessero una cosa simile – aggiunge – verrebbe giù il paese. Gli italiani si scuoterebbero. E i grandi media sarebbero costretti a dire finalmente la verità, ad ammettere che l’Italia non ha più sovranità su niente, non può prendere decisioni a tutela dei cittadini perché non piacciono al potere economico, l’unico che conti. L’obbligo vaccinale? Alto tradimento: il “contratto” di governo prevedeva il “superamento” della legge Lorenzin. Emergono notizie sui vaccini “sporchi” e sulle reazioni avverse? La Puglia ha dimostrato che 4 bambini su 10, dopo il vaccino, mostrano problemi anche gravi? Ma il ministro della salute, Giulia Grillo, diffonde uno spot in tv per far dire all’astronauta Samantha Criostoforetti che «i vaccini sono sicuri». Menzogna: lo sanno tutti, che non lo sono. Lo scrive, nero su bianco, la Corte Suprema degli Usa: i danni da vaccino «sono inevitabili». E al governo americano sono finora costati 4 miliardi di dollari in risarcimenti.Dove siete, cari 5 Stelle? Che ci fate, accanto a Salvini che si schiera per il Tav Torino-Lione, violando slealmente il patto di governo, la cui carta garantiva che quel progetto sarebbe stato sottoposto al severo vaglio dell’analisi costi-benefici? Dove siete, cari pentastellati, quando i poteri oligarchici che dominano l’Unione Europea vi costringono a rinunciare – a colpi di spread e di minacce, come la procedura d’infrazione – a tutte le promesse che avevate fatto agli elettori italiani? Che senso ha, restare al governo in queste condizioni? I militanti più ciecamente fanatici dicono che bisogna comunque resistere, mediare, tener duro? No, protesta Mazzucco. C’è ben altro, che si può fare. Qualcosa di estremo, pulito, trasparente. Dire, alla nazione: noi torniamo a casa, perché i grandi poteri (privati, non democratici) ci impediscono di governare come vorremmo. Se accadesse una cosa simile, lo choc sarebbe così enorme da produrre – allora sì – la rivoluzione di cui si riempivano la bocca, un tempo, i 5 Stelle. A quel punto, tutti gli italiani sarebbero con loro. E le elezioni successive si trasformerebbero in un plebliscito (e in un cataclisma, per tutti i poteri che hanno frenato, intralciato e sabotato il “governo del cambiamento”). Si tratta di compiere un’azione semplice, lineare. Unico requisito: il coraggio. Politici onesti, cioè coraggiosi. Qualcuno ne vede, in giro? Nemmeno col telescopio.Fate una cosa fantastica, che nessuno ha mai osato fare prima d’ora: andatevene a casa. Sarebbe rivoluzionario, perché aprirebbe gli occhi alla gente. Finalmente, tutti avrebbero accesso alla verità, che è la seguente: qualsiasi governo in carica non è in grado di mantenere le sue promesse, a meno che non siano in linea, già in partenza, con il potere reale di chi comanda davvero. Ve l’immaginate cosa accadrebbe, in Italia, se i 5 Stelle dicessero una cosa simile? Non ci lasciano governare come vorremmo, quindi diciamo addio al governo e ci dimettiamo anche da parlamentari. Torniamo a casa, perché governare l’Italia è impossibile, anche se hai vinto le elezioni. Il giorno dopo, infatti, arriva qualcuno che ti spiega cosa puoi fare e cosa non puoi fare. E’ successo sempre, sta succedendo ancora. Al punto da lasciar sbiadire, fino a ridurre a zero, qualsiasi istanza di cambiamento. Il governo gialloverde è diventato una farsa, e in particolare i 5 Stelle stanno scivolando nel ridicolo. Perché non se ne vanno a casa? Sarebbe un gesto clamoroso, che gli italiani capirebbero. Dopo, allora, il cambiamento potrebbe cominciare davvero.
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India, reddito universale in arrivo. L’Italia può sognarselo
In India sta partendo un esperimento di reddito universale da far impallidire il nostro misero reddito di cittadinanza: succede nello Stato himalayano del Sikkim. Si tratta della seconda più piccola entità statale della federazione indiana, al confine con la Cina. Nel Sikkim, all’avanguardia socialmente, tutti i 610.577 abitanti riceveranno un reddito-base universale, come riportato dal “Washington Post”. «Al posto di un insieme anche piuttosto confuso di contributi sociali, tutti riceveranno una somma di denaro», scrive Guido da Landriano su “Scenari Economici”. In questo, modo nessuno dovrà più preoccuparsi dei propri bisogni di base: saranno “stipendiati” tutti, indipendentemente dal reddito. Il Sikkim è un paese avanzato, per molti aspetti: «Con un tasso di alfabetizzazione del 98%, da diversi anni ha bandito completamente le borse di plastica: di recente è diventato il primo paese “biologico” al mondo, avendo messo al bando anche pesticidi e concimi chimici». Il piccolo Sikkim, aggiunge “Scenari Economici”, ha anche un tasso di povertà piuttosto basso, «soprattutto se comparato con il resto dell’India, in quanto solo l’8% della popolazione è in uno stato di indigenza, contro il 30% dell’India e il 10% dell’Italia».Il Sikkim ha un’economia basata sul un turismo di élite e sulla vendita dell’energia derivante dalle risorse idriche di cui dispone, alimentate dai ghiacciai dell’Himalaya. Lo Stato inolte garantisce la casa a tutti i cittadini, a cui ora darà anche un reddito. «La finalità della decisione è quella di accorciare il gap economico fra i cittadini, con la speranza che, almeno localmente, non segua il trend mondiale che vede i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri», spiega Guido da Landriano. “Scenari Economici” fa notare che esistono altri esperimenti in corso, nel mondo, sul reddito universale o reddito di cittadinanza: a Stockton, in California, tutti cittadini senza lavoro hanno ricevuto 630 dollari per 18 mesi. «Solo che nel Sikkim a ricevere il denaro saranno tutti i cittadini, indipendentemente dal fatto che ricevano un reddito o meno». Proprio la difficoltà nel dedurre l’identità degli aventi diritto ha invece paralizzato il governo italiano, a cui l’Unione Europea ha peraltro accorciato ulteriormente la “coperta” disponibile per soccorrere le fasce sociali più deboli.«A questo punto, viste le affermazioni dei politici italiani – chiosa “Scenari Economici” – ci sarà da attendere un boom di vendite della catena “Divani & Divani”, perché tutti i cittadini cesseranno di lavorare». Aggiunge, Guido da Landriano: «Tutti, poveri e ricchi, smetteranno di lavorare perché avranno un reddito minimo». C’è da sperare che, su quei divani, «si trasferiscano un po’ di deputati di Forza Italia e del Pd che, purtroppo, infestano il dibattito politico italiano». Se la cosiddetta opposizione spara a man salva sui provvedimenti sociali dell’esecutivo Conte, va però ricordato che gli stessi gialloverdi – dopo aver promesso un vero reddito di cittadinanza, nel “contratto di governo” – non hanno osato resistere al diktat neoliberista dell’Ue, votato al rigore più suicida: prima hanno proposto nel Def 2019 un timidissimo deficit al 2,4% (inferiore al tetto del 3% fissato arbitrariamente da Maastricht) e poi hanno rinunciato pure a quello, ripiegando sull’umiliante 2,04%. Tradotto: l’Italia non può fare come il Sikkim. Anche perché l’India è un paese sovrano, dotato di propria moneta: non deve rispondere a nessuna Ue, né tantomeno pagare per avere il denaro che le serve.In India sta partendo un esperimento di reddito universale da far impallidire il nostro misero reddito di cittadinanza: succede nello Stato himalayano del Sikkim. Si tratta della seconda più piccola entità statale della federazione indiana, al confine con la Cina. Nel Sikkim, all’avanguardia socialmente, tutti i 610.577 abitanti riceveranno un reddito-base universale, come riportato dal “Washington Post”. «Al posto di un insieme anche piuttosto confuso di contributi sociali, tutti riceveranno una somma di denaro», scrive Guido da Landriano su “Scenari Economici”. In questo, modo nessuno dovrà più preoccuparsi dei propri bisogni di base: saranno “stipendiati” tutti, indipendentemente dal reddito. Il Sikkim è un paese avanzato, per molti aspetti: «Con un tasso di alfabetizzazione del 98%, da diversi anni ha bandito completamente le borse di plastica: di recente è diventato il primo paese “biologico” al mondo, avendo messo al bando anche pesticidi e concimi chimici». Il piccolo Sikkim, aggiunge “Scenari Economici”, ha anche un tasso di povertà piuttosto basso, «soprattutto se comparato con il resto dell’India, in quanto solo l’8% della popolazione è in uno stato di indigenza, contro il 30% dell’India e il 10% dell’Italia».
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Patto franco-tedesco, Magaldi: minacciamoli di lasciare l’Ue
«Il governo gialloverde non fa paura a nessuno, in Europa: abbaia, ma non morde. Ecco perché l’oligarchia europea non ha alcun interesse a farlo cadere, men che meno per instaurare un esecutivo “tecnico” come quello di Monti, oggi improponibile all’elettorato italiano». Secondo Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, l’allarme lanciato da Gianfranco Carpeoro (Cottarelli al posto di Conte, in attesa di Draghi) ha un significato «sottilmente apotropaico», quello cioè di evocare un pericolo – l’ennesimo complotto – proprio allo scopo di scongiurarlo, “bruciandolo”. Per Magaldi, in fondo, la realtà è persino peggiore di quella tratteggiata da Carpeoro: perché «gli spaventapasseri Di Maio e Salvini non hanno nemmeno saputo approfittare della rivolta francese dei Gilet Gialli per pretendere, come avrebbero dovuto, il rispetto delle legittime istanze del governo italiano». Mazziati e cornuti, ma senza ammetterlo: «Bravi ad alzare la voce sui migranti e magari su Battisti, e invece zitti di fronte ai diktat della Commissione Europea», peraltro dominata da due paesi – Germania e Francia – che adesso, con lo scandaloso Trattato di Aquisgrana, «rifilano un ceffone plateale a tutti i cantori, anche italiani, della mitica Unione Europea, finora in realtà mai esistita e mai davvero nata».Chiamiamola Disunione Europea: è una cupola di oligarchi affaristi, impegnati a svuotare le nostre democrazie impoverendo i popoli. Di fronte a questo, «l’Italia dovrebbe minacciare di sospendere la vigenza dei trattati europei». Il dado è tratto, avverte Magaldi: ormai, i gruppi di potere (privatistici) che sostengono la Merkel e Macron hanno gettato la maschera. «Odiano a tal punto la democrazia, da stipulare un accordo smaccatamente egoistico, in danno degli altri paesi europei». Oltre all’incredibile “Consiglio dei ministri congiunto, franco-tedesco”, c’è anche «la barzelletta dei “due sederi” che si alternerebbero al seggio, attualmente solo francese, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». Parigi è disposta a cedere il 50% di quella poltrona a Berlino? «Curioso: da Francia e Germania, non una parola sul penoso stato in cui è ridotta l’Onu, ormai incapace di far rispettare i diritti umani nel mondo». Quanto alla Francia, «persino Di Maio, meglio tardi che mai, si è premurato di ricordare l’incredibile atteggiamento predatorio e neo-coloniale che i francesi impongono a 14 paesi africani, quelli da cui provengono molti dei migranti diretti in Italia, su cui poi il signor Macron si permette di fare lo spiritoso».Una denuncia che il presidente del Movimento Roosevelt anticipa in una video-chat su YouTube con Marco Moiso, ribadendola poi nel web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”: l’Italia, semplicemente, non può accettare che una cricca di faccendieri oligopolisti decida – per giunta, parlando a nome del popolo tedesco e di quello francese – di prendere a calci i partner europei per tentare di ipotecare all’infinito il loro potere, finora affidato ai burattini Merkel e Macron. La verità è un’altra: la cancelliera è al tramonto, mentre l’Eliseo è assediato dalla rivolta di strada: 8 francesi su 10 voterebbero contro l’attuale presidente. E in queste condizioni i governi di Francia e Germania pensano di poter dichiarare guerra, impunemente, al resto d’Europa? I fatti potrebbero dar loro ragione, commenta Magaldi con amarezza, solo se il governo italiano continuasse la sua indecorosa manfrina: proclami altisonanti, per poi lasciarsi regolarmente umiliare. Sembra proprio che tutto sia cominciato il 27 maggio 2018, quando Lega e 5 Stelle hanno accettato di subire il “niet” di Mattarella sull’incarico a Paolo Savona come ministro dell’economia.Da lì in poi, gli oligarchi devono aver capito che il nascituro governo gialloverde si sarebbe rassegnato a ingoiare qualsiasi rospo, rinunciando alle grandi promesse della campagna elettorale: reddito di cittadinanza, Flat Tax, rottamazione della legge Fornero sulle pensioni. Per invertire la rotta e bocciare l’Europa del rigore serviva un deficit di almeno il 4%, capace di stimolare l’economia già nel 2019. Ma l’esecutivo Conte non è andato oltre la proposta del 2,4%, restando al di sotto della soglia (artificiosa, ideologica e dannosa) sancita dal famoso 3% di Maastricht. Salvo poi perdere definitivamente la faccia, facendosi limare un altro mezzo punto di deficit, sotto la minaccia della procedura d’infrazione. Risultato: accorciata ulteriormente la coperta, tutte le promesse gialloverdi sono evaporate. L’irrisorio reddito grillino appare condizionato da intricatissimi vincoli burocratici, mentre la riforma delle pensioni (quota 100) è ridotta a puro ecloplasma. E non s’è vista nessuna vera riduzione del carico fiscale. Anche per questo, dice Magaldi, i gialloverdi alzano il volume su questioni secondarie e irrilevanti, come l’arresto di Cesare Battisti, estradato solo perché in Brasile è salito al potere l’imbarazzante Bolsonaro.Un avviso a Salvini: non basta cambiare felpa, tutti i giorni, per nascondere la bancarotta politica del “governo del cambiamento”, che si sta rivelando una colossale presa in giro. «Che bisogno c’è di farlo cadere, un governo così docile? E’ perfetto, per lasciare tutto com’è». Con in più il vantaggio di dare agli italiani, per ora, l’illusione di un’inversione di rotta. «Ma attenzione: le cose possono cambiare in tempi rapidissimi». Se n’è accorto Matteo Renzi, «altro campione di chiacchiere», passato in pochi mesi dal 40% al ruolo di profugo politico. Anche per questo, sottolinea Magaldi, è necessario dare fiato a una nuova prospettiva, quella del “partito che serve all’Italia”, i cui promotori – tra cui Ilaria Bifarini, Nino Galloni e Antonio Maria Rinaldi – torneranno a riunirsi a Roma il 10 febbraio. Orizzonte: costruire un vero Piano-B per uscire dall’autismo dell’Europa degli oligarchi. Se ne parlerà anche a Londra il 30 marzo, in un forum sull’economia europea indetto dal Movimento Roosevelt, al quale parteciperanno personalità come Guido Grossi, già supermanager Bnl.E’ il momento di parlar chiaro, ribadisce Magaldi: oggi, l’Italia ha il dovere di convocare i partner europei – Francia e Germania in testa – per obbligarli a riscrivere le regole dell’Unione. Ovvero: una Costituzione democratica e un governo continentale finalmente eletto dal Parlamento Europeo, espressione diretta degli elettori. E quindi: una politica economica unitaria, la fine dello spread, il sostegno al debito mediante gli eurobond. Addio al Trattato di Maastricht e al suo ignobile 3%. O si disegna un New Deal, come invocato dallo stesso Savona nel suo discorso al Senato, o l’Europa è morta. E se Parigi e Berlino pensano di fare da sole, a maggior ragione: l’Italia le fermi. «Dica chiaramente, il nostro governo, che se la linea è quella del Trattato di Aquisgrana, il nostro paese sospende la vigenza di tutti i trattati europei». In questo modo, aggiunge Magaldi, l’Italia parlerebbe anche a nome degli altri partner Ue, esercitando un ruolo autorevole: «Un governo italiano realmente europeista, che denunciasse come anti-europeisti i difensori di questa Europa così com’è, dovrebbe dire a tutti gli altri partner che è giunta l’ora di sciogliere il patto».E questo, peraltro, «vorrebbe dire assumersi la leadership di un processo di riconversione democratica dell’Europa». Se invece Francia e Germania rifiutassero di ascoltare l’Italia, a quel punto «l’eventuale uscita dai trattati avrebbe ben altra legittimazione, anche internazionale». Certo, aggiunge Magaldi, lo schiaffo franco-tedesco deve bruciare soprattutto sulle guance «di tutti quegli imbecilli, anche italiani», che hanno fatto del mantra “ce lo chiede l’Europa” un dogma di fede, «credendo che il sogno europeo dovesse passare per l’imposizione di una governance post-democratica». Una sonora lezione anche per i velleitari “eroi” del nuovo sovranismo, ambigua bandiera «da sventolare in campagna elettorale, per poi ammainarla una volta al governo». Prendete Salvini: la sua ipotetica alleanza tra nazionalismi contava soprattutto su Ungheria e Polonia, «cioè proprio i due paesi che, per primi, hanno bocciato la manovra del governo Conte».Per Magaldi, in sostanza, «dobbiamo essere abili, e anche leali verso gli altri popoli europei». Illusorio rifugiarsi entro i confini nazionali: chi rimpiange l’Italia della lira, che stava certamente assai meglio di quella dell’euro, «dimentica sempre di ricordare che il nostro paese beneficiava innanzitutto del supporto internazionale degli Usa». Ovvero: «Con gli “assi” fondati sugli egoismi nazionali non si va da nessuna parte: fare da soli è impossibile, in un mondo sempre più interconnesso. E qualunque idea di una nazione isolata che possa resistere all’urto dei poteri globali è pura follia». L’alternativa? Semplice, in teoria: «Per contrastare le reti sovranazionali private, cementate da interessi inconfessabili, bisogna costruire reti sovranazionali pubbliche e finalmente democratiche». L’Italia di eri – fino a Monti, Letta, Renzi e Gentiloni – era «subalterna, imbelle e servile». Quella di oggi, gialloverde, preferisce «il piagnisteo velleitario, i proclami muscolari a cui poi non seguono i fatti». Serve un’altra Italia, «sovrana e democratica, orgogliosa di sé», capace di alzarsi in piedi e proporre la democrazia come modello imprescindibile, «non solo in Europa ma anche alle Nazioni Unite».«Il governo gialloverde non fa paura a nessuno, in Europa: abbaia, ma non morde. Ecco perché l’oligarchia europea non ha alcun interesse a farlo cadere, men che meno per instaurare un esecutivo “tecnico” come quello di Monti, oggi improponibile all’elettorato italiano». Secondo Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, l’allarme lanciato da Gianfranco Carpeoro (Cottarelli al posto di Conte, in attesa di Draghi) ha un significato «sottilmente apotropaico», quello cioè di evocare un pericolo – l’ennesimo complotto – proprio allo scopo di scongiurarlo, “bruciandolo”. Per Magaldi, in fondo, la realtà è persino peggiore di quella tratteggiata da Carpeoro: perché «gli spaventapasseri Di Maio e Salvini non hanno nemmeno saputo approfittare della rivolta francese dei Gilet Gialli per pretendere, come avrebbero dovuto, il rispetto delle legittime istanze del governo italiano». Mazziati e cornuti, ma senza ammetterlo: «Bravi ad alzare la voce sui migranti e magari su Battisti, e invece zitti di fronte ai diktat della Commissione Europea», peraltro dominata da due paesi – Germania e Francia – che adesso, con lo scandaloso Trattato di Aquisgrana, «rifilano un ceffone plateale a tutti i cantori, anche italiani, della mitica Unione Europea, finora in realtà mai esistita e mai davvero nata».
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Italia assediata, Francia e Germania ci imporranno Draghi
Se il governo Conte crolla di colpo, c’è già pronto Cottarelli. Ma il vero pericolo si chiama Mario Draghi: il presidente uscente della Bce potrebbe ripiegare su Palazzo Chigi, se non andasse in porto il piano principale che lo riguarda, cioè arrivare alla presidenza del Fmi e sottrarre il Fondo Monetario all’egemonia Usa, per metterlo al guinzaglio di Berlino e Parigi. Secondo l’analisi di Gianfranco Carpeoro, per l’Italia si è acceso l’allarme rosso: l’incredibile Trattato di Aquisgrana, che demolisce qualsiasi prospettiva comunitaria proiettando anche ufficialmente Germania e Francia nel ruolo di “padrone” neo-coloniali dell’Ue, ha come vittima principale proprio il Belpaese. A Roma non si perdona l’insubordinazione del governo gialloverde, l’unico esecutivo teoricamente all’opposizione di Bruxelles. Lo dimostra la “macchina del fango” scatenatasi contro Lega e 5 Stelle, per indebolirne la leadership. Il polverone sul padre di Di Maio (lavoro nero) e su quello di Di Battista (debiti), unitamente alla mazzata giudiziaria sui leghisti (maxi-risarcimento da 49 milioni di euro) a questo servono: a impedire che l’elettorato italiano si sollevi, nel caso in cui una crisi pilotata – banche, spread – precipitasse il paese nella bufera, replicando le condizioni del “golpe bianco” che nel 2011 consentì alla “sovragestione” europea di costringere alla resa Berlusconi e imporre il commissariamento dell’Italia, tramite Monti.Autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che svela i retroscena supermassonici di area Nato dietro ai recenti attentati affidati in Europa alla manovalanza dell’Isis, Carpeoro individua la Loggia P1 (mai riconosciuta, ufficialmente) come la vera “quinta colonna” del peggior potere internazionale, utilizzata per manipolare e indebolire la politica italiana, grazie al prezioso contributo di un establishment “collaborazionista”, reclutato da poteri stranieri per dominare il nostro paese. L’oligarchia Ue è in fibrillazione, in vista delle europee, dal momento in cui Lega e 5 Stelle – con tutti i loro limiti – hanno inserito l’Italia in una traiettoria di collisione con Bruxelles. Da qui le pressioni della Bce e della Banca d’Italia, le impennate dello spread e il “niet” di Mattarella per impedire a Paolo Savona l’accesso al ministero dell’economia. Infine, il lungo braccio di ferro sul deficit 2019 – non ancora concluso – con il governo italiano sottoposto alla minaccia della procedura d’infrazione. Obiettivo dei “sovragestori”: spuntare le armi dei gialloverdi e costringerli a rimediare una figuraccia davanti ai loro elettori, non consentendo loro di mantenere nessuna delle promesse elettorali. Guai se il “virus” della ribellione italiana – aumentare il deficit, violando il rigore di Maastricht – dovesse propagarsi in altri paesi, incoraggiando analoghe svolte politiche. Ad aumentare la tensione ha contribuito certamente anche la rivolta francese dei Gilet Gialli, capaci di spaventare seriamente i poteri che hanno insediato Macron all’Eliseo.Ora, su questo scenario già instabile piomba come un macigno l’inaudito accordo siglato da Francia e Germania, che toglie qualsiasi residua credibilità alla dimensione comunitaria dell’Ue: i due paesi si impegnano a coordinare le loro politiche economiche, fino al punto di istituire formalmente un “Consiglio dei ministri franco-tedesco”. «Si tratta di un atto gravissimo e senza precedenti», dichiara Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Un accordo apertamente ostile agli altri partner europei, «al quale si uniranno sicuramente anche quei lestofanti degli olandesi, che hanno già contribuito a impoverire l’Italia introducendo una normativa fiscale sleale, che ha sottratto al nostro paese ingenti risorse, attraverso il trasferimento in Olanda della domiciliazione fiscale di grandi aziende italiane». Con il nuovo trattato, dice Carpeoro, l’asse franco-tedesco getta la maschera e si prepara a colpire l’Italia in modo frontale, contando anche sull’immancabile collaborazione delle “quinte colonne” interne, «sempre pronte, come già nel Rinascimento, ad allearsi con lo straniero pur di far cadere il governo in carica».Ora il cerchio si stringe, par di capire: il Trattato di Aquisgrana – con l’Italia esclusa dall’Europa che conta – piomba come un fulmine su una situazione già molto allarmante, con la spada di Damocle della procedura d’infrazione (sempre presente) e la lettera della Bce che chiede alle banche italiane di liberarsi dei crediti inesigibili, dopo che il governo ha appena compiuto il salvataggio della genovese Carige. All’affronto franco-tedesco, dice Carperoro, l’Italia dovrebbe rispondere in modo simmetrico: cercando di siglare analoghi trattati – altrettanto ostili – con paesi mediterranei, come la Spagna e la stessa Grecia. Lo farà? Difficile dirlo: bombardato dai grandi media, tutti allineati al potere Ue, il governo Conte potrebbe cedere. Di Maio è stato bersagliato da un killeraggio inaudito, e presto potrebbe venire il turno di Salvini. L’unico vero alleato dell’Italia, cioè Donald Trump, appare isolato. Starebbe sostanzialmente evaporando una certa “sovragestione” americana esercitata fin dall’inizio sui 5 Stelle, quand’era il neocon Michael Ledeen, esponente del Jewish Institute, ad accompagnare Di Maio nei santuari del potere finanziario supermassonico. Ora si punta a indebolire e “sovragestire” l’imprudente Salvini, sommerso dalle polemiche (giustificate) per aver partecipato alla cena romana con l’entourage Pd di Maria Elena Boschi, che sulle banche interveniva per motivi di famiglia.Tutto questo, sintetizza Carpeoro, non fa che indebolire l’Italia: se il governo Conte dovesse cadere all’improvviso, sarebbe spianata la strada per il solito – orrendo – governo “tecnico”, i realtà pilotato dalla consueta élite supermassonica e, nel caso, affidato al neoliberista Carlo Cottarelli, già dirigente del Fmi, tra i massimi responsabili della catastrofe che ha messo in ginocchio la Grecia sotto i colpi dell’austerity. In prospettiva, comunque, secondo Carpeoro la minaccia maggiore viene da Draghi: proprio sul presidente della Bce, ormai in scadenza, punterebbero le oligarchie reazionarie europee per commissariare l’Italia in modo devastante, se a Draghi non riuscirà di conquistare la guida del Fondo Monetario Internazionale con l’obiettivo di sottrarlo all’influenza statunitense. Il piano: mettere il Fmi a completo servizio dell’ordoliberismo europeo: quello che oggi utilizza Francia e Germania come potenze neo-coloniali, come già alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, per spegnere sul nascere qualsiasi tentazione di riforma dell’Ue in senso democratico. Uno scenario che i “sovragestori” temono possa rafforzarsi se alle prossime europee dovesse imporsi l’onda “populista” in diversi paesi, grazie anche al “cattivo esempio” dell’odiata Italia gialloverde, cioè il paese a cui il Trattato di Aquisgrana punta a “spezzare le reni”.Se il governo Conte crolla di colpo, c’è già pronto Cottarelli. Ma il vero pericolo si chiama Mario Draghi: il presidente uscente della Bce potrebbe ripiegare su Palazzo Chigi, se non andasse in porto il piano principale che lo riguarda, cioè arrivare alla presidenza del Fmi e sottrarre il Fondo Monetario all’egemonia Usa, per metterlo al guinzaglio di Berlino e Parigi. Secondo l’analisi di Gianfranco Carpeoro, per l’Italia si è acceso l’allarme rosso: l’incredibile Trattato di Aquisgrana, che demolisce qualsiasi prospettiva comunitaria proiettando anche ufficialmente Germania e Francia nel ruolo di “padrone” neo-coloniali dell’Ue, ha come vittima principale proprio il Belpaese. A Roma non si perdona l’insubordinazione del governo gialloverde, l’unico esecutivo teoricamente all’opposizione di Bruxelles. Lo dimostra la “macchina del fango” scatenatasi contro Lega e 5 Stelle, per indebolirne la leadership. Il polverone sul padre di Di Maio (lavoro nero) e su quello di Di Battista (debiti), unitamente alla mazzata giudiziaria sui leghisti (maxi-risarcimento da 49 milioni di euro) a questo servono: a impedire che l’elettorato italiano si sollevi, nel caso in cui una crisi pilotata – banche, spread – precipitasse il paese nella bufera, replicando le condizioni del “golpe bianco” che nel 2011 consentì alla “sovragestione” europea di costringere alla resa Berlusconi e imporre il commissariamento dell’Italia, tramite Monti.
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Reddito e pensioni, la truffa gialloverde che piace a Juncker
Finalmente abbiamo il decreto su reddito di cittadinanza e sulla “cosiddetta” (lo dice anche il testo della legge) quota 100. Vengono tutte confermate le peggiori anticipazioni di questi giorni, che spesso sui social erano state bollate come “fake news” dai fanatici del governo. Purtroppo non è così. Vediamo i punti cardine dei due provvedimenti. Cominciamo dal reddito. Di cittadinanza ce ne è davvero poca, e anche di reddito; naturalmente non si può che essere contenti se lo Stato dà dei soldi ai poveri, tuttavia non possiamo certo chiamare dignitoso e civile un sistema che sottopone il povero disoccupato a clausole sempre più vessatorie fino a diventare insopportabili. Questo è il modello Thatcher che vediamo denunciato nei film di Ken Loach: ti dò dei soldi ma tu sei a disposizione della burocrazia e delle imprese. Vediamo. Il reddito viene assegnato a chi ha un Isee inferiore a 9.360 euro, i famosi 780 euro mensili che rappresenterebbero la soglia della povertà assoluta. Il principio è che lo stato concorre con quanto manca per raggiungere quella cifra. Quindi hai Isee zero? Allora prenderai tutti i 9.360 euro, ma tutto ciò che guadagni (o il valore della casa che eventualmente possiedi) ti verrà scalato da quella cifra.Naturalmente qui faccio un esempio limite; ci sono spese, c’è la famiglia, si possono cumulare più redditi se in una famiglia ci sono più disoccupati maggiorenni, insomma bisogna andare al Caf e poi all’Inps con una pila di documenti, ad esempio per dimostrare quanto è vecchia l’auto, se se ne ha una. Tuttavia alla fine il concetto è chiaro: saranno davvero pochi coloro che incasseranno tutti i 780 euro mensili, che titolano il provvedimento. Anche il governo, per chiarire, ha scritto che comunque nessuno degli aventi diritto potrà avere meno di 480 euro all’anno, 40 al mese. Il reddito viene assegnato a tutti i residenti in Italia che ne abbiano diritto. Attenzione però, perché bisogna essere residenti da almeno 10 anni. Questo vale per i migranti, ma anche per cittadini italiani che siano andati a lavorare all’estero e poi siano tornati avendo perso lì il lavoro. Il limite avrebbe dovuto essere di soli 5 anni, ma Salvini è intervenuto per evitare che troppi migranti avessero il reddito. Così, per togliere soldi ai migranti, li hanno tolti anche agli italiani in difficoltà. Meditate, razzisti, meditate.Il reddito va anche ai pensionati con più di 65 anni che prendano meno di 780 euro mensili. Siccome questi sono milioni e si prevede di sostenerne solo una piccola quota, spetterà all’Inps fare una selezione sociale (come, lo vedremo). Il reddito verrà versato in una social card che ha degli obblighi di spesa. Chi la detiene potrà prelevare solo 100 euro al mese in contanti. Il resto dovrà essere speso direttamente e mensilmente. Ci sarà un controllo su come vengono spesi i soldi. In ogni caso i soldi sono sempre quelli, quanti che siano coloro che ne avrebbero diritto. In una clausola chiaramente concordata con Bruxelles, il governo si impegna a tenere fissa la spesa per il reddito. Per capirci: se alla fine ne avesse diritto un milione di persone, la spesa è 6 miliardi. Se però fossero tre i milioni a fare domanda, la spesa sarebbe sempre di 6 miliardi, quindi gli stessi soldi sarebbero divisi tra più persone. Altro che 780 euro. “Rimodulare”, si chiama, nel linguaggio del governo.Tutti gli interessati al reddito che hanno meno di 65 anni dovranno rendersi disponibili al cosiddetto Patto di Lavoro. Esso è indispensabile per ottenere il reddito, e chi lo sottoscrive entra nel gorgo della collocabilità. Che ha il doppio scopo di costringere le persone ad accettare lavori purchessia, o di far risparmiate tanti soldi allo Stato. Infatti il reddito dura 18 mesi, poi si salta un mese e successivamente lo si può riavere, ma a terribili condizioni. La principale delle quali è che non si può rifiutare nessuna proposta di lavoro in tutto il territorio nazionale. Un disoccupato calabrese che rifiuti un lavoro di 800 euro a Milano perderà il reddito. Ma la tagliola scatterà anche prima. Infatti solo la prima proposta di lavoro “congruo” (chissà che vuol dire) sarà entro 100 km e nei primi 6 mesi di reddito, poi scatteranno 250 km, che sono tanti, implicano già il trasferimento, e dopo 12 mesi questa proposta non potrà essere rifiutata. Insomma, alla fine o emigri o perdi tutto. Salvini odia i migranti esteri e vuole rimpiazzarli con tanti migranti interni.Il Patto di Lavoro implica 35 ore mensili medie di lavori socialmente utili, partecipazione obbligata a corsi di formazione e una partecipazione quotidiana alle piattaforme informatiche di collocamento istituite apposta. Il tutto sotto gli occhi di un tutore-collocatore. Le aziende che assumeranno i titolari di reddito riceveranno un premio se non li licenziano prima di 24 mesi; questo, per il governo, è l’assunzione a tempo indeterminato. Il premio sarà pari almeno a 5 mensilità di reddito. Lo stesso premio lo riceveranno i tutori-collocatori o gli enti bilaterali tra sindacati e imprese, che avranno un ruolo centrale in tutto il percorso formativo e che riceveranno almeno 5 mensilità per ogni lavoratore collocato. Sa un po’ di caporalato di Stato, ma tanti termini inglesi aggiusteranno tutto. In conclusione, il reddito di cittadinanza era stato presentato come un strumento atto a rendere più forti le persone nel mercato del lavoro, per impedire la concorrenza al ribasso sui salari. Qui invece si fa l’opposto, si usa il reddito per l’avviamento coatto al lavoro alle condizioni peggiori, “o mangi ’sta minestra o salti dalla finestra” è il motto che guida il reddito di cittadinanza sfruttata di Di Maio.Vediamo ora la “cosiddetta” quota 100. Come era chiaro da tempo, non c’è nessuna abolizione e neppure riforma della legge Fornero, che resta pienamente in vigore con alcuni interventi temporanei e con una finestra di pensionamenti anticipati e penalizzati che si chiuderà. Dal 1° aprile cominceranno ad andare in pensione coloro che hanno già maturato il requisito di 62 anni di età e 38 anni di contributi. Si procederà per scaglioni e, tra la maturazione del diritto e l’effettivo pensionamento, dovranno passare almeno tre mesi per i privati, sei mesi per i pubblici. Il provvedimento vale per il 2019, 2920 e 2021, poi scatterà l’innalzamento in base al legame con l’aspettativa di vita. Cioè è una finestra una tantum. La pensione viene penalizzata sulla base dei meccanismi, che restano in vigore, della legge Fornero. Cioè: si svalutano i contributi in proporzione alla distanza anagrafica dalla pensione di vecchiaia. Il governo riconosce questo, e pertanto favorisce gli accordi tra aziende e sindacati per integrare la pensione. Per capirci: così si aiutano banche e grandi aziende a svecchiare il personale. Per questo Confindustria & C sono felici del provvedimento: via dipendenti anziani e costosi, dentro giovani pagati la metà e senza articolo 18.Viene soppresso l’aumento di 5 mesi dell’età della pensione di vecchiaia e di quella d’anzianità, scattato il primo gennaio. Però c’è anche qui il trucco dei tre mesi. Chi arriva all’età della pensione deve aspettare almeno in questa misura. Così viene abolito l’aumento di cinque, ma se ne introduce uno di tre mesi, per giunta non pagato. Non so quanto convengano i due mesi risparmiati rispetto alla Fornero. Vengono confermate opzione-donna ed Ape Social, che però sono state fatte proprio da chi ha votato la legge Fornero e non hanno cambiato in nulla le iniquità del sistema pensionistico. I dipendenti pubblici che andranno in pensione a 62 anni dovranno aspettare quasi cinque anni per avere la liquidazione, anche qui in base alla legge Fornero. Tuttavia potranno farsi prestare i soldi da banche con cui le amministrazioni pubbliche dovrebbero definire apposite convenzioni, con i relativi interessi. Cambiano i governi, ma porcate con le banche si fanno sempre.E a proposito di porcate, non ci saranno sostituzioni per chi esce, visto che le assunzioni pubbliche sono bloccate fino a novembre, cioè fino alla prossima finanziaria lacrime e sangue. Tutto qui, solo la propaganda menzognera del governo, con la stupidità complice delle opposizioni di Pd e Forza Italia, può far credere che qui si sia davvero istituito il reddito di cittadinanza o che sia stata colpita la legge Fornero, che invece continuerà a far danni. Salvini e Di Maio hanno solo varato una versione povera e feroce della legge tedesca Hartz IV e hanno concesso un prepensionamento per alcune generazioni di impiegati, cosa che fanno tutti i governi in tutti i paesi. Per questo Juncker ha messo il suo bollino sulla manovra: essa è perfettamente compatibile con le politiche liberiste della Ue. Anzi le realizza, finanziandole con un poderoso aumento dell’Iva e con i tagli alla scuola e allo stato sociale. Che naturalmente andranno in vigore dopo le elezioni europee. Intanto la montagna di promesse di Salvini e Di Maio ha partorito il topolino di Juncker.(Giorgio Cremaschi, “E la montagna di promesse di Salvini e Di Maio partorì il topolino di Juncker”, da “Micromega” del 9 gennaio 2019).Finalmente abbiamo il decreto su reddito di cittadinanza e sulla “cosiddetta” (lo dice anche il testo della legge) quota 100. Vengono tutte confermate le peggiori anticipazioni di questi giorni, che spesso sui social erano state bollate come “fake news” dai fanatici del governo. Purtroppo non è così. Vediamo i punti cardine dei due provvedimenti. Cominciamo dal reddito. Di cittadinanza ce ne è davvero poca, e anche di reddito; naturalmente non si può che essere contenti se lo Stato dà dei soldi ai poveri, tuttavia non possiamo certo chiamare dignitoso e civile un sistema che sottopone il povero disoccupato a clausole sempre più vessatorie fino a diventare insopportabili. Questo è il modello Thatcher che vediamo denunciato nei film di Ken Loach: ti dò dei soldi ma tu sei a disposizione della burocrazia e delle imprese. Vediamo. Il reddito viene assegnato a chi ha un Isee inferiore a 9.360 euro, i famosi 780 euro mensili che rappresenterebbero la soglia della povertà assoluta. Il principio è che lo stato concorre con quanto manca per raggiungere quella cifra. Quindi hai Isee zero? Allora prenderai tutti i 9.360 euro, ma tutto ciò che guadagni (o il valore della casa che eventualmente possiedi) ti verrà scalato da quella cifra.
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Abbiamo tradito ogni promessa? Almeno, sbranatevi Battisti
Cari italiani, consolatevi: non manteniamo nessuna delle promesse elettorali, ma in compenso vi diamo in pasto quel che resta di Cesare Battisti. Contenti? Pare questo il messaggio dietro al sorriso tronfio di Salvini, che – vestito da poliziotto – ha atteso all’aeroporto l’arrivo dell’ex terrorista, a lungo protetto dalla Francia e poi arrestato dalle autorità della Bolivia, paese in cui aveva cercato rifugio dopo che il Brasile di Jair Bolsonaro aveva promesso a Salvini di restituirlo all’Italia. Scrive Simone Galgano, sul blog “Maestro di Dietrologia”: «Basterebbe guardare ai messaggi che si scambiano il figlio di Bolsonaro e Salvini (“il regalo è in arrivo”) per capire come persino la discutibile dignità di uno Stato, per questa gente, è stata subordinata a una gestione privatistica della cosa pubblica e persino della sua capacità repressiva. Roba da corti settecentesche, con scambi tra parenti su troni differenti, mentre nelle strade va maturando un cambio epocale di regime». Il poliziotto Salvini? «Che schianto di statista, si è scordato pure di ringraziare il presidente boliviano Morales forse solo perché comunista». Ma è accorso a Ciampino, a beneficio del «porno-shit mediatico», agghindato «con tanto di divisa PlayMobil di ordinanza, mentre filma la diretta del Big Brother Battisti cinto da militari».Ride largo, Salvini, come quando indossa l’uniforme dei vigili del fuoco o quando dispensa ai follower «la Nutella della buonanotte», forse anche per far dimenticare le imprese del governo, riassumibili nel motto “un giorno da leone e cento da pecorone”. Il “Ministro delle Interiora” si mostra «soddisfatto per la cattura del pericoloso vecchietto comunista, felice di essersi vendicato di un certo mondo che l’ha sempre odiato». E’ bravo, nel «propagandare l’italianità più triviale alla “maggioranza silenziosa” che lo segue», utilizzando «le parole che userebbe l’uomo di strada, anzi, da bar sport». Battisti? Ovvio: deve “marcire in galera”. «Termini brutali e disumani che un ministro, un politico, ma anche un qualsiasi uomo non dovrebbe mai usare, soprattutto dopo che si è catturata la pericolosa preda», scrive Galgano. «Questo infierire su un cadavere freddo oramai ritualizzato ha qualcosa di veramente pornografico, volgare, direi necrofilo, e solo un cinico strumento del potere come Salvini, poteva in questa impresa dell’orrore». Secondo “Maestro di Dietrologia”, «Salvini è la piazza virtuale che si contrappone a quella fisica, la terribile astinenza da rogo per soddisfare ubriachi demagoghi in cerca di stellette». Domanda: «Cosa è successo a questo comunista padano?». Sono lontani i tempi in cui frequentava con passione il Lonecavallo: «Deve essere successo qualcosa di traumatico, forse una fidanzatina rubata dall’amico anarchico?».Montanelli, scrive Galgano, diede «affettuosamente» del pagliaccio a Garibaldi, per il vezzo di indossare mantelli e divise sgargianti. Salvini? «Ci tiene a veicolarsi sbirro in mezzo agli sbirri, mentre poliziotto non è e non deve essere, in uno Stato democratico». Ma è più forte di lui: «Deve indossare la sua bella divisa per l’occasione e fare propaganda anche quando bisognerebbe astenersi, mostrando sobrietà e rispetto per i ruoli istituzionali». Sciacallaggio? Speculare sui “cadaveri” politici come Battisti può depistare il pubblico dalla grande criminalità impunita, «come quel Locatelli bergamasco narcotrafficante superiore a qualsiasi Riina, ma che nessuno politico sui media cita e pare conoscere». Per non parlare del terrorismo nero e di quel Delfo Zorzi, «grande criminale fascista relegato all’oblio collettivo, sfuggito in Nipponia tra un sushi e una setta di efebi samurai». Protesta Galgano: siamo saturi della propaganda quotidiana, «di questo carnevale orwelliano senza fine», tra abbracci a capi ultras e picchiatori patentati, per poi «mostrare con orgoglio ruspe contro i Casamonica», dopo che i loro beni erano già stati requisiti dal governo precedente.«Quando finirà questa eterna campagna elettorale dell’orrore? Non vi daremo il promesso “reddito di cittadinanza”, ma solo un obolo se siete pronti a farvi schiavi? Beh, ma abbiamo preso Battisti, siamo forti e risoluti. Non vi sentite già meglio, più ricchi e sereni?». Il welfare? Spianato dal rigore imposto da Bruxelles. Infatti: «Non vi daremo lo smantellamento della “Fornero”, ma solo una trappola che – se vuoi andartene in pensione – ci devi lasciare un bel pezzo dell’assegno e vedere la liquidazione tra cinque anni? Beh, ma abbiamo preso Battisti, siamo forti e risoluti: non vi sentite già meglio, più ricchi e sereni?». Ancora: «Non potrete neanche protestare perché abbiamo fatto un “decreto sicurezza” incostituzionale facendovi credere che era per la vostra sicurezza? Beh, ma abbiamo preso Battisti, siamo forti e risoluti… Mica vorrete fare la sua fine, no?».Cari italiani, consolatevi: non manteniamo nessuna delle promesse elettorali, ma in compenso vi diamo in pasto quel che resta di Cesare Battisti. Contenti? Pare questo il messaggio dietro al sorriso tronfio di Salvini, che – vestito da poliziotto – ha atteso all’aeroporto l’arrivo dell’ex terrorista, a lungo protetto dalla Francia e poi arrestato dalle autorità della Bolivia, paese in cui aveva cercato rifugio dopo che il Brasile di Jair Bolsonaro aveva promesso a Salvini di restituirlo all’Italia. Scrive Simone Galgano, sul blog “Maestro di Dietrologia”: «Basterebbe guardare ai messaggi che si scambiano il figlio di Bolsonaro e Salvini (“il regalo è in arrivo”) per capire come persino la discutibile dignità di uno Stato, per questa gente, è stata subordinata a una gestione privatistica della cosa pubblica e persino della sua capacità repressiva. Roba da corti settecentesche, con scambi tra parenti su troni differenti, mentre nelle strade va maturando un cambio epocale di regime». Il poliziotto Salvini? «Che schianto di statista, si è scordato pure di ringraziare il presidente boliviano Morales forse solo perché comunista». Ma è accorso a Ciampino, a beneficio del «porno-shit mediatico», agghindato «con tanto di divisa PlayMobil di ordinanza, mentre filma la diretta del Big Brother Battisti cinto da militari».
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Mazzucco: che pena, se Grillo si allinea anche sui vaccini
Bei tempi, quando Grillo era ancora Grillo. Da parte sua, dire che non è favorevole all’obbligo vaccinale «è un modo vile per togliersi dal pasticcio nel quale si è cacciato», dopo aver firmato – con Renzi – l’appello di Roberto Burioni che di fatto invita lo Stato a emanare leggi «che impediscano alla scienza di fare il suo mestiere, cioè di non smettere mai di porre in discussione le certezze apparenti, anche in tema di vaccini». Per Masssimo Mazzucco, è devastante il danno che Grillo ha inferto al vasto movimento (fatto di medici e genitori) che rivendica il diritto di essere informato, sulle vaccinazioni. Prescrizioni ormai obbligatorie, con l’introduzione della legge Lorenzin: «Era la prima norma che il governo gialloverde avrebbe dovuto eliminare, come peraltro annunciato in campagna elettorale, e invece non l’ha fatto». Strano? No, ma triste: «Più ti avvicini al potere – dice Mazzucco – e più trovi qualcuno che ti batte la mano sulla spalla, per dirti che certi interessi non li puoi toccare. Lo stesso Salvini, ieri contrario all’obbligo vaccinale, oggi tace. Se non altro – aggiunge Mazzucco – almeno, Salvini ha la decenza di non schierarsi apertamente, come fa Grillo, dalla parte di quelli che fino a ieri erano gli avversari dichiarati, cioè Burioni e Renzi».Roberto Burioni è l’immunologo che fa fatto della crociata-vaccini una ragione di vita. Grillo ha detto di non conoscerlo neppure. «Curioso, non vi pare?». Povero Beppe: «Che fa, firma un documento come quello senza accorgersi che, tra le righe, propone di silenziare – per legge – anche scienziati come il presidente dei biologi, Vincenzo D’Anna, che ha scoperto vaccini “sporchi” e inefficaci? Non si rende conto, Grillo, che così facendo sdogana il pensiero unico di Big Pharma come il solo ammissibile, negando agli italiani il diritto democratico di essere innanzitutto informati sulla sicurezza dei vaccini che vengono iniettati ai neonati?». Porta lontano, l’amarezza che Mazzucco esprime nella diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Per principio – sottolinea – non escludo mai la buona fede di nessuno, quindi neppure quella di Grillo: che in ogni caso è ancora in tempo a prendere le distanze da quel documento, se l’ha firmato incautamente, ritirando la sua firma». Certo però che siamo di fronte all’ennesima retromarcia tattica: uno dopo l’altro, tutti i cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle finiscono in soffitta. Al punto da far dilagare il sospetto che Grillo non sia mai stato altro che un abile “gatekeeper”, un dirottatore del dissenso, da “addormentare” poi con calma, affidando a personaggi come Di Maio il pensionamento progressivo, e sempre più sbiadito, delle dirompenti denunce di un tempo.C’era una volta il Beppe Grillo rampante, il trascinatore dei teatri: tuonava contro i vaccini e gli abusi di Big Pharma, contro l’acquisto degli inutili F-35, contro l’euro e contro il bieco signoraggio bancario. «Tutti temi mai più riproposti, ora che ci sarebbe la possibilità – coi 5 Stelle al governo – di affrontarli in modo finalmente incisivo». Su un tema, dice Mazzucco, Grillo non si era scatenato nemmeno prima, quand’era ancora un battitore libero: «Lo avvicinai per chiedergli supporto, riguardo ai miei documentari e ai libri di Giulietto Chiesa, ma lui mi disse che, se si fosse messo a parlare anche di 11 Settembre, il suo pubblico non l’avrebbe più seguito». Fabio Frabetti conferma: in uno dei suoi spettacoli, una sera, Grillo citò la denuncia di Thierry Meyssan: interamente falsa la versione ufficiale, secondo cui le Torri Gemelle sarebbero crollate per via dell’impatto con gli aerei. «La sala praticamente ammutolì», segno che il timore di Grillo era fondato: sarebbe stato troppo, per quel pubblico, accettare anche quella verità. Grillo “gatekeeper”? «Mi rifiuto di crederlo – taglia corto Mazzucco – anche perché parliamo di spettacoli di molti anni fa».Piuttosto, ragione l’autore di “Inganno globale” e “La nuova Pearl Harbor”, il più delle volte la realtà è più semplice. «Succede che arrivi nella stanza dei bottoni, e quel giorno “qualcuno” ti spiega che devi rinunciare a molte delle tue idee. Accade per gradi, senza che vi sia per forza chissà quale complotto, già in partenza». E’ uno schema che si ripete sempre, insiste Mazzucco, citando gli anni di piombo: «Le Brigate Rosse non le avevano inventate i servizi segreti che poi le hanno infiltrate. All’inizio, erano un fenomeno spontaneo. Poi, un giorno, i fondatori delle prime Br – Curcio e gli altri – sono finiti tutti in galera. Da quel momento le nuove leve hanno comiciato a sparare e uccidere, fino alla tragedia di Aldo Moro». E oggi rieccoci qua, con i due Grillo all’opera: la ministra Giulia, che si guarda bene dal bocciare la legge Lorenzin, e l’ex mattatore Beppe, che si mette a tifare per i Talebani della vaccinazione universale, da imporre per legge e a scatola chiusa. Il governo gialloverde? «Non si capisce in cosa si differenzi dai precedenti, visto il poco o nulla che sta combinando, allineato com’è al volere dei soliti poteri forti». Elettori ingannati fin dall’inizio o traditi da politici non all’altezza della situazione? Mazzucco propende per la seconda ipotesi: al di là delle ciance, a Lega e 5 Stelle mancano “gli attributi” per imporsi, e difendere – davvero – gli italiani.Bei tempi, quando Grillo era ancora Grillo. Da parte sua, dire che non è favorevole all’obbligo vaccinale «è un modo vile per togliersi dal pasticcio nel quale si è cacciato», dopo aver firmato – con Renzi – l’appello di Roberto Burioni che di fatto invita lo Stato a emanare leggi «che impediscano alla scienza di fare il suo mestiere, cioè di non smettere mai di porre in discussione le certezze apparenti, anche in tema di vaccini». Per Masssimo Mazzucco, è devastante il danno che Grillo ha inferto al vasto movimento (fatto di medici e genitori) che rivendica il diritto di essere informato, sulle vaccinazioni. Prescrizioni ormai obbligatorie, con l’introduzione della legge Lorenzin: «Era la prima norma che il governo gialloverde avrebbe dovuto eliminare, come peraltro annunciato in campagna elettorale, e invece non l’ha fatto». Strano? No, ma triste: «Più ti avvicini al potere – dice Mazzucco – e più trovi qualcuno che ti batte la mano sulla spalla, per dirti che certi interessi non li puoi toccare. Lo stesso Salvini, ieri contrario all’obbligo vaccinale, oggi tace. Se non altro – aggiunge Mazzucco – almeno, Salvini ha la decenza di non schierarsi apertamente, come fa Grillo, dalla parte di quelli che fino a ieri erano gli avversari dichiarati, cioè Burioni e Renzi».
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L’Oxfam: povera Europa, continua a suicidarvi con il rigore
Attraverso un briefing paper del settembre 2013, passato piuttosto in sordina ai globocrati di Bruxelles e ai neoliberisti impenitenti, l’Oxfam aveva lanciato lanciato un monito deciso e inequivocabile all’Europa, affinché abbandonasse le rovinose politiche economiche dell’austerità. Lo ricorda sul suo blog Ilaria Bifarini, “bocconiana redenta”, autrice di saggi sulla catastrofe del neoliberismo di cui in Europa l’Ue e la Bce sono i principali guardiani. Una politica – quella dell’austerity – che preoccupa seriamente l’Oxfam, una confederazione internazionale di organizzazioni no-profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo. «I programmi di austerità attuati in Europa hanno smantellato le misure di riduzione della disuguaglianza e di stimolo alla crescita equa», scrive l’Ofxam. «Con tassi di disuguaglianza e povertà in crescita, l’Europa sta vivendo un decennio perduto: se queste misure continueranno – scriveva l’associazione, nel suo rapporto di ormai cinque anni fa – altri 15-25 milioni di persone in Europa potrebbero diventare poveri entro il 2015».
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La sinistra coi migranti, i gialloverdi con i Gilet Gialli europei
Leoluca Orlando e Luigi de Magistris si schierano coi migranti, mentre Luigi Di Maio (e Matteo Salvini) tifano per i Gilet Gialli, provocando l’Eliseo. Posizioni speculari: i titolari della sedicente sinistra difendono gli africani disperati, mentre gli esponenti gialloverdi scelgono gli europei che stanno male, italiani e francesi. «Gilet gialli, non mollate!», scrive Di Maio sul “Blog delle Stelle” a sostegno del movimento che da otto settimane protesta contro Emmanuel Macron. «Sappiamo cosa anima il vostro spirito e perché avete deciso di scendere in piazza per farvi sentire», scrive il vicepremier grillino. «In Francia, come in Italia, la politica è diventata sorda alle esigenze dei cittadini che sono stati tenuti fuori dalle decisioni più importanti che riguardano il popolo. Il grido che si alza forte dalle piazze francesi è in definitiva uno: “fateci partecipare!”». Fa eco il leghista Salvini, che da parte sua assicura «sostegno ai cittadini perbene che protestano contro un presidente che governa contro il suo popolo». Un vero e proprio affronto, per Nathalie Loiseau, ministro francese degli affari europei, che replica piccata: «La Francia si guarda bene dal dare lezioni all’Italia. Salvini e Di Maio imparino a fare pulizia in casa loro».La Francia non ci dà lezioni? «Proprio Macron ci aveva paragonato alla lebbra», la rimbecca Di Maio. Ha ragione: il primo ad attaccare fu proprio Macron, che non esitò a insultare l’Italia. Il suo partito dichiarò «vomitevole» la politica gialloverde sui migranti. C’è dell’altro, naturalmente: Di Maio si spinge a offrire ai Gilet Janunes la piattaforma Rousseu dei 5 Stelle per aggregare singoli e gruppi. All’orizzonte, naturalmente, una possibile alleanza in vista delle europee. Jacline Mouraud, tra i rappresentanti dell’ala moderata del movimento francese, annuncia di lavorare alla creazione del proprio partito politico: lo rivela “France Info”. Obiettivo del partito (battezzato “Les Emergents”, gli emergenti) è una grande riforma fiscale e il «ritorno del sociale» nell’agenda politica. Gilet Gialloverdi? Sicuramente utile, la protesta francese, per ridare fiato al governo Conte, costretto alla resa da Bruxelles sul deficit 2019. Un passo indietro, nella speranza di tornare all’attacco dopo le elezioni di maggio? Applaudire i Gilet Gialli – ostili a Macron, detestato dagli italiani – aiuta certamente i gialloverdi nostrani, impantanati nella palude delle promesse impossibili da mantenere, per via dell’intransigenza austeritaria dell’oligarchia tecnocratica europea.Sul fronte opposto, l’ex sinistra brancola nel buio: sposando la causa dei migranti, punta tutto sui diritti civili (e mette in ombra i diritti sociali confiscati proprio dal potere di Bruxelles, lo stesso contro cui si agitano i Gilet Gialli ora sostenuti anche dall’Italia). Intestandosi la “rivolta dei sindaci” contro il rilancio securitario di Salvini, osserva Carlo Formenti su “Micromega”, le sinistre spostano ulteriormente il baricentro dell’iniziativa politica sul tema dei diritti civili (con priorità assoluta al problema dei migranti) sperando così di dimostrare la propria superiorità morale nei confronti della controparte. In questo modo, non solo non indeboliscono l’avversario, ma – come dimostrato dall’esperienza anche recente – rischiano di rafforzarlo. La sinistra, dice Formenti, è diventata anti-statalista: i gruppi più radicali «concepiscono lo Stato nazionale come un nemico in quanto tale, perché sinonimo di gerarchia, autoritarismo, se non di totalitarismo». Poi ci sono le rivendicazioni di autogoverno di una “società civile” «identificata, di volta in volta, con questa o quella istituzione locale (Comuni, Province, Regioni o altro), per definizione “più vicina ai cittadini”», fino alle “cyber utopie” anarco-capitaliste «che hanno visto i social network (governati da imprese giganti!) scalzare progressivamente le prime comunità virtuali come candidate alla costruzione di forme di democrazia diretta alternative a partiti e corpi intermedi».Avendo sposato queste ideologie, aggiunge Formenti, «non stupisce che le sinistre coltivino l’utopia di una Unione Europea riformata, in cui si creerebbero le condizioni per una governance realmente democratica, e in cui potrebbero sbocciare i “cento fiori” delle più svariate esperienze di autogestione comunitaria locale». È su questo terreno, prosegue l’analista, che le sinistre radicali «finiscono inconsapevolmente per convergere con socialdemocratici e liberali i quali, mentre costruiscono le istituzioni sovranazionali e totalitarie delle grandi lobby finanziarie e industriali, distruggendo le tradizionali istituzioni della democrazia nazionale e del welfare, strizzano l’occhio a volontariato, Ong, no profit e persino alle forme più radicali di autonomia di una società civile chiamata a tappare i buchi di un mondo lacerato dalla colonizzazione del libero mercato». La “guerra” allo Stato-nazione in nome del mito della democrazia diretta e del localismo «non apre la strada alla costruzione di più ampi spazi di democrazia, nella cornice di istituzioni sovranazionali “flessibili”». Al contrario, «accelera il lavoro di distruzione delle garanzie costituzionali che decenni di lotta di classe avevano consentito di conquistare alle classi subalterne».Formenti cita il Subcomandante Marcos: «Nella nuova fase del capitalismo si verifica una distruzione dello Stato nazionale: si sta distruggendo il concetto di nazione, di patria, e non soltanto nella borghesia, ma anche nelle classi governanti». Ancora: «Il progetto neoliberista esige questa internazionalizzazione della storia; pretende di cancellare la storia nazionale e farla diventare internazionale; pretende di cancellare le frontiere culturali». E quindi, «un processo rivoluzionario deve cominciare a recuperare i concetti di nazione e di patria». Nozioni che appartengono sicuramente al caotico “patriottismo rivoluzionario” dei Gilet Gialli, cui ora le forze gialloverdi italiane promettono di dare manforte. Non può sfuggire la visione macroscopica dello scenario: l’ex sinistra italiana si aggrappa ai migranti per tentare di danneggiare Lega e 5 Stelle, che invece guardano alla rivolta francese per provare a colpire il nemico comune, cioè i gestori tecnocratici della Disunione Europea. E quello italiano è tuttora l’unico governo all’opposizione di Bruxelles: teoricamente, un avamposto strategico per il “secondo round” che potrebbe aprirsi dopo le europee. Sempre che – come auspica Di Maio – i Gilet Gialli tengano duro. E che la Francia, nel frattempo, non venga tramortita dai soliti “jihadisti” che sparano sulla folla, dopo aver lasciato il loro passaporto a disposizione del solerte antiterrorismo.Leoluca Orlando e Luigi de Magistris si schierano coi migranti, mentre Luigi Di Maio (e Matteo Salvini) tifano per i Gilet Gialli, provocando l’Eliseo. Posizioni speculari: i titolari della sedicente sinistra difendono gli africani disperati, mentre gli esponenti gialloverdi scelgono gli europei che stanno male, italiani e francesi. «Gilet gialli, non mollate!», scrive Di Maio sul “Blog delle Stelle” a sostegno del movimento che da otto settimane protesta contro Emmanuel Macron. «Sappiamo cosa anima il vostro spirito e perché avete deciso di scendere in piazza per farvi sentire», scrive il vicepremier grillino. «In Francia, come in Italia, la politica è diventata sorda alle esigenze dei cittadini che sono stati tenuti fuori dalle decisioni più importanti che riguardano il popolo. Il grido che si alza forte dalle piazze francesi è in definitiva uno: “fateci partecipare!”». Fa eco il leghista Salvini, che da parte sua assicura «sostegno ai cittadini perbene che protestano contro un presidente che governa contro il suo popolo». Un vero e proprio affronto, per Nathalie Loiseau, ministro francese degli affari europei, che replica piccata: «La Francia si guarda bene dal dare lezioni all’Italia. Salvini e Di Maio imparino a fare pulizia in casa loro».
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Comanda il denaro: la politica obbedisce e il popolo subisce
«Il liberalismo si è imposto in modo autoritario, portando con sé impoverimento generalizzato, precarietà, disoccupazione di massa e concorrenza forzata per il lavoro». Per lo scrittore francese Michel Onfray, il neoliberismo ha ormai gettato la maschera: «E’ un sistema economico che ha promesso tutto ma non ha mantenuto niente», scrive Onfray su “L’Espresso”, guardando al caos che ci assedia, con «una plebe che vuole fare piazza pulita, ma senza progetti». Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, seguita nel 1991 dal crollo dell’Unione Sovietica, il capitalismo ha potuto espandersi senza più freni: è allora, ricorda Onfray, che siamo precipitati nell’accelerazione atomica della globalizzazione, «voluta con tanto ardore dal capitalismo liberale più duro», che poi «ha trovato un alleato inaspettato nella sinistra liberale e, in seguito, ancor più paradossalmente, nella sinistra anti-liberale». Per Onfray, il mercato «odia le frontiere, disprezza il locale e ciò che ha messo radici, combatte una guerra spietata contro i paesi, riempie di merda le nazioni, orina contro i popoli e ama soltanto i flussi multiculturali che abbattono le frontiere, sradicano il mondo, devastano ciò che è locale, spaesano i paesi, fustigano le nazioni, diluiscono i popoli a esclusivo beneficio del mercato, l’unico a contare e a dettare legge», per usare «la definizione chimicamente pura del liberalismo».Il capitale, aggiunge il filosofo transalpino, vuole l’abolizione delle frontiere per porre fine una volta per tutte a ciò che nell’ambito delle nazioni e dei paesi è stato ottenuto con secoli di lotte sociali. Lo se Stato teoricamente prevede una sicurezza sociale e offre scuole gratuite, il pensionamento a un’età decorosa, diritti del lavoro e un autentico progresso sociale, il neoliberismo si fa beffe delle tutele sociali e pratica la medicina con due pesi e due misure, o quella dei poveri o quella dei ricchi. «Dispone di un sistema di istruzione, certo, ma a misura di genitori facoltosi in grado di pagare le rette per la loro progenie e privo di utilità per i genitori indigenti». E poi «ignora i limiti dell’orario di lavoro e fa sgobbare i lavoratori tutta la giornata, tutta la settimana, tutta la vita, come ai tempi della schiavitù». E’ un sistema che «non conosce il codice del lavoro e trasforma gli operai, gli impiegati, i salariati, i proletari, i precari, gli stagisti in soggetti sottomessi, che devono sobbarcarsi ogni tipo di corvè». Quel che vuole il nuovo capitale, neoliberismo «nella sua versione di destra come nella sua versione di sinistra», è l’affermazione dei sempre più ricchi, a scapito dei sempre più poveri. «Da qui la sua ideologia che prevede l’abolizione delle frontiere, degli Stati e delle tutele di qualsiasi tipo – simboliche, reali, giuridiche, legali, culturali, intellettuali».Non appena viene meno tutto ciò che protegge i deboli dai forti, scrive Onfray, questi ultimi «possono disporre dei deboli a loro piacere, e i deboli possono essere terrorizzati dal fatto di trovarsi in costante concorrenza, possono essere sfruttati con posti di lavoro precari, maltrattati con contratti a tempo determinato, imbrogliati con gli stage di formazione, minacciati dalla disoccupazione, angosciati dalle riconversioni, messi kappaò da capetti che giocano anche con i loro stessi posti di lavoro». Evaporato lo Stato, è il mercato a dettare legge. «Giocando la carta del liberalismo – aggiunge Onfray – la sinistra al governo spinge nella medesima direzione del capitalismo con i suoi banchieri». E giocando invece la carta dell’antiliberalismo, «la sinistra definita radicale spinge nella medesima direzione», premiando la finanza. Queste due modalità d’azione della sinistra, aggiunge il filosofo, hanno gettato il popolo alle ortiche: «Non ci sarebbero più operai, impiegati, proletari, poveri contadini, ma soltanto un popolo-surrogato, un popolo di migranti in arrivo da un mondo non giudeo-cristiano, con i valori di un Islam che assai spesso volta le spalle alla filosofia dei Lumi. Questo popolo-surrogato non è tutto il popolo, ne è soltanto una parte che, però, non deve eclissare tutto ciò che non è».Il proletariato? «Esiste ancora, e così pure gli operai». Esistono ancora anche gli impiegati (per non parlare dei precari, più importanti che mai). «La pauperizzazione analizzata così bene da Marx è diventata la vera realtà del nostro mondo: i ricchi sono sempre più ricchi e sempre meno numerosi, mentre i poveri sono sempre più poveri e sempre più numerosi». Se nell’ambito dell’Europa si pratica l’islamofilia empatica, aggiunge Onfray, fuori dalle sue frontiere il liberalismo che ci governa pratica un’islamofobia militare. «Al potere, in Francia, la sinistra socialista ha rinunciato al socialismo di Jaurès nel 1983 e in seguito, nel 1991, ha rinunciato al pacifismo del medesimo Jaurès prendendo parte alle crociate decise dalla famiglia Bush, che così ha dato all’apparato industriale-militare che lo sostiene l’occasione di accumulare benefici immensi, conseguiti grazie alle guerre combattute nei paesi musulmani». Queste guerre «si fanno nel nome dei diritti dell’uomo: di fatto, si combattono agli ordini del capitale che ha bisogno di esse per dopare il suo business e migliorarne artificialmente le prestazioni». Usare armi, insiste Onfray, significa poterne costruirne altre, collaudandole sul campo. A chiudere il conto, poi, provvede il business della ricostruzione, che – sempre ai soliti monopolisti – garantisce «introiti smisurati».Se all’Occidente importasse qualcosa, dei diritti umani, eviterebbe di allearsi con paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar, la Corea del Nord e la stessa Cina, che secondo Amnesty International non rispettano i diritti dell’uomo. «Queste false guerre per la democrazia, che di fatto sono vere e proprie guerre coloniali – sottolinea Onfray – prendono di mira le comunità musulmane». Dal 1991 hanno provocato 4 milioni di morti tra le popolazioni civili dei paesi coinvolti. «Come si può anche solo immaginare che l’Umma, la comunità planetaria dei musulmani, non sia solidale con le sofferenze di quattro milioni di correligionari?». Di conseguenza, aggiunge Onfray, non ci si deve stupire se in virtù di quella che Clausewitz definì la “piccola guerra”, quella che i deboli combattono contro i forti, l’Occidente gregario della politica statunitense si trova adesso esposto alla reazione che assume la forma di terrorismo islamico. «La religione continua a essere “l’oppio dei popoli”, e l’oppio è tanto più efficace quanto più il popolo è oppresso, sfruttato e, soprattutto, umiliato. Non si umiliano impunemente i popoli: un giorno quei popoli si ribelleranno, è inevitabile. E la cultura musulmana ha mantenuto potentemente quel senso dell’onore che l’Occidente ha perduto».Il ritorno del popolo alle urne, per Onfray, è una risposta «alla bassezza di questo mondo capitalista e liberale che è impazzito». Dalla caduta del Muro di Berlino, le ideologie dominanti «hanno assimilato la gestione liberale del capitalismo all’unica politica possibile». L’Europa di Maastricht «è una delle macchine con le quali si impone il liberalismo in maniera autoritaria, ed è un vero colmo per il liberalismo: negli anni Novanta, la propaganda di questo Stato totalitario maastrichtiano ha presentato il suo progetto asserendo che esso avrebbe consentito la piena occupazione, la fine della disoccupazione, l’aumento del tenore di vita, la scomparsa delle guerre, l’inizio dell’amicizia tra i popoli». Dopo un quarto di secolo di questo regime trionfante e senza opposizione, «i popoli hanno constatato che ciò che era stato promesso loro non è stato mantenuto e, peggio ancora, che è accaduto esattamente il contrario: impoverimento generalizzato, disoccupazione di massa, abbassamento del tenore di vita, proletarizzazione del ceto medio, moltiplicarsi di guerre e incapacità di impedire quella dei Balcani, concorrenza forzata in Europa per il lavoro».A fronte di questa evidenza, il popolo sembra prepararsi a reagire. «Per il momento si affida a uomini e donne che si definiscono provvidenziali». Certo, il doppio smacco di Tsipras con “Syriza” in Grecia e di Pablo Iglesias con “Podemos” in Spagna «mostra i limiti di questa fiducia nella capacità di questo o quello di cambiare le cose restando in un assetto di politica liberale». Per Onfray, anche Beppe Grillo e i suoi 5 Stelle «vivono un flop di egual misura». La Francia, che nel 2005 ha detto “no” a questa Europa di Maastricht, «ha subito una sorta di colpo di Stato compiuto dalla destra e dalla sinistra liberale» che, nel 2008, hanno imposto tramite il Parlamento «l’esatto contrario di ciò che il popolo aveva scelto». Onfray si riferisce al Trattato di Lisbona, ratificato da Hollande e dal partito socialista, come pure da Sarkozy e dal suo partito. «Gli eletti del popolo hanno votato contro il popolo, determinando così una rottura che ora si paga con un astensionismo massiccio o con decine di voti estremisti di protesta». Altri paesi ancora che hanno manifestato il loro rifiuto nei confronti di questa configurazione europea liberale – Danimarca, Norvegia, Irlanda, Svezia, Paesi Bassi – sono dovuti tornare a votare per rivedere le loro prime scelte. «La Brexit è in corso, e assistiamo in diretta a una sfilza di pressioni volte a scavalcare la volontà popolare».Oggi, riassume Onfray, il popolo «sembra deciso a voler fare tabula rasa di tutti coloro che, vicini o lontani, hanno avuto una responsabilità precisa nel creare la terribile situazione nei loro paesi». Lo scenario contro cui si ribella è quello innescato dalla globalizzazione neoliberista, «alle prese con le guerre neocoloniali statunitensi, davanti ai massacri planetari di popolazioni civili musulmane e a guerre che distruggono paesi come Iraq, Afghanistan, Mali, Libia e Siria, provocando migrazioni di massa di profughi in direzione del territorio europeo». Un panorama sul quale si staglia ingloriosamente «l’inettitudine dell’Europa di Maastricht, forte con i deboli e debole con i forti». Rabbia e frustrazione: è il carburante che, in Francia, spinge in strada i Gilet Gialli. «Una volta ottenuta questa tabula rasa – conclude Onfray – non è previsto che ci sia alcun castello nel quale riparare, perché è impossibile che vi resti un castello». A quel punto, aggiunge, «sembra che non ci resterà che un’unica scelta: la peste liberale o il colera liberale». Trump e Putin? «Non potranno farci nulla: è il capitale a dettar legge. I politici obbediscono e i popoli subiscono».«Il liberalismo si è imposto in modo autoritario, portando con sé impoverimento generalizzato, precarietà, disoccupazione di massa e concorrenza forzata per il lavoro». Per lo scrittore francese Michel Onfray, il neoliberismo ha ormai gettato la maschera: «E’ un sistema economico che ha promesso tutto ma non ha mantenuto niente», scrive Onfray su “L’Espresso”, guardando al caos che ci assedia, con «una plebe che vuole fare piazza pulita, ma senza progetti». Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, seguita nel 1991 dal crollo dell’Unione Sovietica, il capitalismo ha potuto espandersi senza più freni: è allora, ricorda Onfray, che siamo precipitati nell’accelerazione atomica della globalizzazione, «voluta con tanto ardore dal capitalismo liberale più duro», che poi «ha trovato un alleato inaspettato nella sinistra liberale e, in seguito, ancor più paradossalmente, nella sinistra anti-liberale». Per Onfray, il mercato «odia le frontiere, disprezza il locale e ciò che ha messo radici, combatte una guerra spietata contro i paesi, riempie di merda le nazioni, orina contro i popoli e ama soltanto i flussi multiculturali che abbattono le frontiere, sradicano il mondo, devastano ciò che è locale, spaesano i paesi, fustigano le nazioni, diluiscono i popoli a esclusivo beneficio del mercato, l’unico a contare e a dettare legge», per usare «la definizione chimicamente pura del liberalismo».
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Magaldi: siamo in guerra, siate eroi o finirete come Renzi
Oggi, dalle parti del governo, ci si può ancora godere qualche buon sondaggio: qualunque manovra, ancorché modesta, è pur sempre meglio dell’esercizio provvisorio. Ma fra sei mesi o un anno, la gente guarderà le proprie scarpe. E se saranno rotte com’erano un anno fa o due anni fa, prima che arrivasse il governo gialloverde, quelle scarpe se le toglierà e inizierà a tirarle, insieme ai pomodori, addosso ai presunti eroi del cambiamento. Quindi attenzione, cari amici gialloverdi del governo Conte: o si fa sul serio, a partire dal 2019, oppure farete – purtroppo – la fine che hanno fatto i vostri predecessori, cioè tutti quelli che di cambiamento hanno solo e sempre parlato. I governi dell’ultimo quarto di secolo hanno governato secondo i dettami di oligarchie massoniche neo-aristocratiche: si sono appecoronati, lasciandosi comprare un tanto al chilo, e hanno eseguito copioni scritti per loro da altri. Adesso il governo gialloverde ha al suo interno anche dei massoni sedicenti progressisti, e all’esecutivo – dal mondo massonico progressista – arriva il seguente messaggio: abbiate il coraggio di essere degli eroi, anche perché ci guadagnereste pure in termini elettorali e di durata, sul palcoscenico politico.Non sappiamo se questi suggerimenti saranno accolti. Certo, qualcuno potrebbe dire che il governo si è barcamenato, tra suggerimenti di segno opposto. In una prospettiva di autentico cambiamento, Paolo Savona al Senato ha evocato l’esigenza di un nuovo corso rooseveltiano, recependo appieno la narrativa politico-economica proposta dal mondo massonico progressista. Purtroppo però la manovra varata non si traduce in massicci piani di rilancio delle infrasttrutture, dell’occupazione, della sicurezza idrogeologica. Si resta invece in balia di una sorta di timore reverenziale verso la minaccia di tirate d’orecchie da parte dell’Europa. E così, per evitare la procedura d’infrazione, si assottiglia il già magro piano di misure volte ad abbandonare il paradigma del rigore e dell’austerità. Sembra che il governo Conte, schiacciato tra istanze opposte e contrarie – quelle dei massoni progressisti e quelle dei massoni neo-aristocratici – cerchi di barcamentarsi. Però questa cosa non funziona: barcamenarsi significa, alla fine, dar ragione ai massoni neo-aristocratici, che (attraverso i propri maggiordomi e camerieri) occupano indebitamente le istituzioni dell’attuale Disunione Europea. Opporsi a questi signori, invece, significa andare verso una vera Europa, e impegnarsi – come Italia – a costruirla, questa vera Europa, da protagonisti.La manovra del governo Conte è molto al di sotto delle aspettative, ma molti esponenti dell’area gialloverde annunciano di volerla migliorare nel 2019. A noi del Movimento Roosevelt farebbe piacere vedere un’evoluzione del governo Conte, più in linea con quelle che erano le attese. Della Seconda Repubblica diamo un giudizio storico, di fallimento complessivo. La Terza Repubblica comincerà solo col ritorno allo spirito originario della Costituzione, eliminando le cattive modifiche introdotte e vivificando le parti della Carta non adeguatamente declinate (e magari introducendo anche qualche perfezionamento). Avremo una Terza Repubblica quando al governo ci sarà qualcuno che lancerà finalmente un paradigma alternativo a quello neoliberista, egemone da troppi decenni, e quando – da parte dei governanti – ci sarà un atteggiamento consapevole della grandezza dell’Italia, potenziale ma anche attuale. L’Italia è un grande paese, che vive rappresentato al di sotto delle sue possibilità. L’Italia potrebbe recitare un ruolo leader nel Mediterraneo, in Africa e nel Medio Oriente. E potrebbe recitare un ruolo importante nel continente europeo, per costruire un’Europa veramente forte, democratica e popolare – ma non lo fa. L’Italia potrebbe essere anche un ponte tra Oriente e Occidente: lo è stata storicamente, ma riesce a esserlo solo a intermittenza, senza lungimiranza e senza valorizzare queste sue attitudini.In una Terza Repubblica, avremmo discorsi dei presidenti della Repubblica meno fasulli, meno retorici, meno gonfi di fumo e poveri di arrosto. Avremmo discorsi in cui il capo dello Stato si farebbe carico di interpretare le esigenze della nazione, parlando una lingua riconoscibile dai cittadini, senza menare il can per l’aia ingannando la platea. Mattarella dovrebbe fare autocritica, anzitutto, per come ha gestito il suo rapporto con la formazione del governo Conte e per come ha mortificato ingiustamente una fugura come quella di Paolo Savona impedendo che accedesse al ministero dell’economia. Mattarella ha presentato se stesso come il garante di un atteggiamento appecoronato, del sistema-Italia, verso diktat che non sono europei, non sono europeisti: sono solo il frutto contingente di una pessima ideologia, quella neoliberista, che ha corrotto qualunque sogno di integrazione politica europea. Mattarella si è fatto ragioniere occhiuto, e ha partecipato allo spavento per i risparmi degli italiani – messi in discussione da cosa? Se fosse stato un vero europeista, semmai, il presidente della Repubblica si sarebbe dovuto adoperare per promuovere l’eliminazione del problema dello spread alla radice, puntando a un’integrazione dei buoni del Tesoro (eurobond). Avrebbe dovuto, semmai, chiedere un surplus di democrazia nelle istituzioni europee.Queste cose Mattarella non le fa, ma non le ha fatte nessun suo predecessore. Non solo: Mattarella e i costituzionalisti del Qurinale non hanno detto una parola su quei profili dubbi del “decreto sicurezza” di Salvini. Invece partecipano, Mattarella e altri, al fiume di delegittimazione di Salvini sul piano di presunte xenofobie – che non ci sono mai state: la Lega ha eletto il primo parlamentare di colore in Italia. In questo triste crepuscolo di Forza Italia, del Pd e di altri partiti ormai in putrefazione, tutti epigoni di quella che è stata la Seconda Repubblica, la credibilità è davvero ai minini termini. Lo confermano i sondaggi: magari aumentano i cittadini disillusi dal troppo poco che ha fatto il governo, ma non cresce certo il consenso delle forze che vi si oppongono. La situazione è tale, che un capo dello Stato serio dovrebbe dire, oggi, agli italiani: scusatemi, perché forse ho attentato alla Costituzione quando (per un mio pregiudizio politico e ideologico) ho impedito che diventasse ministro dell’economia un galantuomo come Paolo Savona. Scusatemi, dovrebbe dire Mattarella, perché non ho fatto i giusti rilievi costituzionali (e non ho rimandato quindi alle Camere) il “decreto sicurezza” di Salvini, che forse contiene elementi illiberali – e lo dico io, che difendo Salvini da ogni attacco strumentale, e credo ancora che Salvini possa maturare politicamente, con tutta la Lega, verso una cifra politica adeguata alle sfide del XXI Secolo.Il vero punto è questo: Salvini è stato più muscolare degli altri, ma solo a parole. Il governo Conte, la Lega e i 5 Stelle vanno spronati a fare di più e di meglio. Questa manovra è riuscita male, così come l’atteggiamento con l’Europa. Si vuol dire che ogni tanto bisogna anche saper ripiegare e essere diplomatici? Va bene, staremo a vedere. Ma attenzione ai cortigiani, che oggi sono adulatori anche di Salvini: ricordo la fine che ha fatto Renzi, che era corteggiato e adulato, osannato e presentato nei sondaggi come l’uomo dell’anno (e degli anni). Ecco un’altra cosa che il presidente della Repubblica dovrebbe dire: italiani, cessate di essere servili e cortigiani. Cessate di essere stupidamente tifosi, com’è accaduto negli ultimi raccapriccianti episodi attorno al mondo calcistico: se proprio uno deve avere il coraggio di andare incontro alla morte, lo faccia per degli ideali importanti, non per una sciarpa e il tifo per una squadretta di calcio – con tutto il rispetto per la grande passione sportiva italiana. Italiani, siate seri: così dovrebbe dire un presidente della Repubblica autentico (lo disse Garibaldi in una delle sue avventure eroiche, e l’ultima stagione eroica dell’Italia è stata proprio il Risorgimento, pur tra mille retoriche).Insomma, il presidente della Repubblica dovrebbe dire: forse ho sbagliato, in questi anni, ma vi prometto che d’ora in avanti il mio ruolo di garante delle istituzioni sarà quello, anche in sede europea e mediterranea, di chi si adopera per favorire un reale Piano Marshall per l’Africa e un ruolo importante dell’Italia nel Mediterraneo. Tanto più che Mattarella proviene da quella sinistra democristiana che aveva in Aldo Moro un grandissimo esponente e un uomo di Stato che – fino a che non l’hanno ammazzato – aveva sicuramente gestito da par suo, insieme ad altri, un ruolo importante del nostro paese in varie questioni mediorientali e internazionali. Mattarella dovrebbe dire: mi adopererò perché l’Europa sia vera, democratica, popolare, con istituzioni non post-democratiche, non oligarchiche, non tecnocratiche. Questo dovrebbe dire: mi adopererò perché in Italia tornino la giustizia e la mobilità sociale, perché si vada verso il diritto al lavoro inserito nella Costituzione, cosicché il dibattito non sia più arenato tra reddito di cittadinanza (farlocco) o redditi integrativi di incerta applicazione. Questo dovrebbe dire: mi adopererò, come presidente della Repubblica, per far fare un salto di qualità a questa nazione.Noto peraltro che le persone sono più attente, alla questione della “res publica”: ne parlano di più, sono più smaliziate. Anche tra le persone semplici le antenne sono ben ritte. Quindi bisogna essere ottimisti, per il 2019 e per gli anni che verranno, perché forse l’Italia potrà davvero riannodare i fili della sua storia, e gli italiani potranno forse tornare a vivere qualche stagione eroica, com’è accaduto in secoli passati. Il governo Conte? Se sceglie la via del barcamenarsi farà la fine di Matteo Renzi, un grande “barcamenatore”: faceva la voce grossa e parlava di rinnovamento ma non rinnovava niente; stava lì a tenere buoni tutti, lanciando speranze poi tutte disattese. I rappresentanti del governo Conte sanno bene cosa dicono gli uni e gli altri, i progressisti e i neo-aristocratici, ma la scelta di barcamenarsi non è possibile. Questa è una guerra: lo dico con mitezza, perché è una guerra che si può combattere pacificamente e democraticamente. Ma è una guerra, nella quale si scontrano due visioni diverse della società. Una è una visione democratica e progressista, imperniata sulla giustizia, sulla mobilità sociale e sulle prosperità diffusa. L’altra visione è invece imperniata sulla post-democrazia, cioè su una neo-aristocrazia (che va a braccetto, sul piano economico, con quella ideologia neoliberista che ha ammorbato l’orbe planetario negli ultimi decenni). Per il bene di tutti, l’Italia deve tornare a recitare un ruolo importante. E faccio questa previsione: il 2019 vedrà un’accelerazione di parecchi processi.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Gioele Magaldi Racconta” del 31 dicembre 2018. Autore del bestseller “Massoni”, nonché esponente del circuito massonico progressista internazionale, Magaldi annuncia per il 2019 un’intensa offensiva mediatica da parte del Movimento Roosevelt, di cui è presidente, e parallelamente prevede un’incisiva attività politica da parte del costruendo “Partito che serve all’Italia”, i cui attivisti torneranno a riunirsi a Roma il 10 febbraio, dopo l’assemblea prenatalizia alla quale hanno partecipato, a vario titolo, personalità come quelle di Nino Galloni, Claudio Quaranta, Antonio Maria Rinaldi e Ilaria Bifarini).Oggi, dalle parti del governo, ci si può ancora godere qualche buon sondaggio: qualunque manovra, ancorché modesta, è pur sempre meglio dell’esercizio provvisorio. Ma fra sei mesi o un anno, la gente guarderà le proprie scarpe. E se saranno rotte com’erano un anno fa o due anni fa, prima che arrivasse il governo gialloverde, quelle scarpe se le toglierà e inizierà a tirarle, insieme ai pomodori, addosso ai presunti eroi del cambiamento. Quindi attenzione, cari amici gialloverdi del governo Conte: o si fa sul serio, a partire dal 2019, oppure farete – purtroppo – la fine che hanno fatto i vostri predecessori, cioè tutti quelli che di cambiamento hanno solo e sempre parlato. I governi dell’ultimo quarto di secolo hanno governato secondo i dettami di oligarchie massoniche neo-aristocratiche: si sono appecoronati, lasciandosi comprare un tanto al chilo, e hanno eseguito copioni scritti per loro da altri. Adesso il governo gialloverde ha al suo interno anche dei massoni sedicenti progressisti, e all’esecutivo – dal mondo massonico progressista – arriva il seguente messaggio: abbiate il coraggio di essere degli eroi, anche perché ci guadagnereste pure in termini elettorali e di durata, sul palcoscenico politico.