Archivio del Tag ‘reazionari’
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Casca il mondo, l’Italia sparisce. E nessuno dice la verità
“La guerra infinita”, “Il più grande crimine”, “Massoni”. Tre libri – italiani – senza precedenti nel mondo, quando uscirono. Nel primo, edito da Feltrinelli nel 2003, Giulietto Chiesa svelava la drammatica inconsistenza della versione ufficiale sull’11 Settembre, oggi conclamata: i tremila architetti e ingegneri dell’associazione 9/11 Thruth (e i pompieri di New York) dimostrano la “demolizione controllata” delle Torri Gemelle, certo non abbattute da aerei dirottati. Otto anni dopo, archiviato l’inferno dell’Iraq e neutralizzato il supertestimone Julian Assange, di fronte alla crisi finanziaria globale e alla micidiale austerity europea è stato Paolo Barnard ad afferrare il torno per le corna, con un instant-book diffuso sul web e ora pubblicato da Andromeda: il golpe tecnocratico dell’Eurozona riletto in chiave criminologica, dalle sue premesse (la svendita dell’Italia affidata a Prodi e Draghi) fino all’estrema conseguenza del devastante “economicidio” eseguito da Monti. Infine, nel 2014, è stato il massone progressista Gioele Magaldi ad aggiungere una spiegazione decisiva, facendo luce sul missing link che separa la cronaca dalla verità del potere: il ruolo delle superlogge sovranazionali, presentate per la prima volta con nomi e cognomi.Che fine hanno fatto, questi tre autori che il mainstream continua a ignorare? Due di loro – Chiesa e Magaldi – presidiano canali di informazione critica, mentre il terzo (Barnard) ha abbandonato anche il web, deluso dall’immobilismo italiano: cittadini ipnotizzati da un’offerta politica demenziale o cialtrona, come quella dei 5 Stelle, e “leoni da tastiera” incapaci di strutturarsi in opinione pubblica militante, in grado di impegnarsi politicamente per cambiare qualcosa. Giulietto Chiesa è passato per l’esperimento deludente della “Lista del Popolo” con Antonio Ingroia e ora segue da vicino Vox Italia, la formazione di Diego Fusaro. Soprattutto, anima le trasmissioni web di “Pandora Tv” e quelle nuovissime di “Contro Tv”, emittente fondata con Massimo Mazzucco, il cui esplosivo documentario “11 Settembre, inganno globale” fu trasmesso in prima serata nel 2006 su Canale 5 da “Matrix”, talkshow allora condotto da Mentana. Magaldi, dal canto suo, ha fondato il Movimento Roosevelt, entità trasversale meta-partitica: missione, inoculare il virus del risveglio democratico nei partiti italiani. E’ anche tra i promotori del “Partito che serve all’Italia”, piattaforma politica keynesiana, e partecipa a trasmissioni web-tv sui canali YouTube di “Border Nights” che ospitano lo stesso Mazzucco.A che punto è la notte? Difficile dirlo, data la nebbia che avvolge l’Italia: buio pesto, là fuori. A Palazzo Chigi siede il prestanome Giuseppe Conte, ottimamente relazionato con il Vaticano (nel frattempo divenuto socio di Lapo Elkann tramite il fondo Centurion basato a Malta), mentre le cosiddette Sardine fanno la guerra all’opposizione ignorando le eroiche imprese del governo più imbarazzante di sempre, attorno a cui ronzano statisti del calibro di Renzi, Di Maio e Zingaretti. L’Italia nel frattempo cade a pezzi: il crollo del viadotto Morandi e l’oscena vicenda del Tav Torino-Lione ne emblematizzano il declino, causa morte civile della politica, insieme all’agonia dell’Ilva, all’ignobile silenzio ufficiale sulla rete 5G, alla scandalosa gestione dell’obbligo vaccinale che nel 2019, per la prima volta, ha escluso 130.000 bambini da nidi e asili. Nel frattempo, la Exor di John Elkann si compra “Repubblica” e “L’Espresso”, cede ai francesi il timone dell’ex Fiat e non concede alcuna garanzia sul futuro degli stabilimenti italiani. In compenso ne aprirà uno in Marocco e si prepara a intascare altri 136 milioni di euro, stavolta dal governo Conte (che dichiara guerra al contante e ai micro-evasori, mentre la Fca continua a pagare le tasse in Olanda anziché in Italia).Argomenti caldi, sui media: gli sbarchi dei migranti e il malvagio Salvini. In compenso si lascia credere che il mondo verrà salvato da Greta Thunberg, cioè dai mega-investitori planetari alle spalle della ragazzina, Goldman Sachs e BlackRock in testa, che si apprestano a riverniciare di “green” i fondi-pensione da vendere a centinaia di milioni di persone, una torta da oltre 100 trilioni di dollari. Riassunto delle puntate precedenti? Non disponibile: i media non se ne occupano. Magari pontificano sulle altrui “fake news” sorvolando sulle proprie, ma si sono ben guardati dal recensire “La guerra infinita”, “Il più grande crimine” e “Massoni”, tre volumi risultati preziosissimi per gli italiani desiderosi di capire almeno qualcosa dello smisurato caos nel quale sembra finito il mondo, senza più distinzione tra destra e sinistra, buoni e cattivi, progressisti e conservatori. Si è appena celebrato l’anniversario della caduta del Muro di Berlino: poteva essere l’anno zero, l’avvento dell’epoca di pace sognata da Gorbaciov? Errore: Wall Street si gettò subito sulla Russia per spolparla, mentre alla Cina fu permesso di entrare nel grande giro mondiale del Wto ma in modo selvaggio, senza tutele per gli operai e per l’ambiente. Risultato: globalizzazione feroce e lavoratori occidentali nei guai, alle prese con la sciagura delle delocalizzazioni e la competizione impossibile con prodotti a bassissimo costo.Riassume Barnard: fu l’avvocato Lewis Powell, nel lontano 1971, a dettare il vademecum con cui l’élite “feudale” si sarebbe ripresa il pianeta, privatizzandolo. Con il libraccio “La crisi della democrazia” (di Gianni Agnelli la prefazione all’edizione italiana), la Trilaterale di Kissinger e soci spiegò che “l’eccesso di democrazia” si cura solo tagliando la democrazia. In Europa, gli oligarchi crearono un’Unione Europea concepita come il Sacro Romano Impero, fatta di sudditi da ridurre all’obbedienza. Bersaglio numero uno: gli Stati, pericolosi “competitor” del grande capitale. Vittima illustre: la ricchissima Italia dell’economia mista, supportata dall’Iri. Utili leggende fabbricate dal neoliberismo: il debito pubblico come malattia, come colpa (come se il governo avesse dovuto prima “risparmiare”, per poter poi finanziare le infrastrutture strategiche che permisero all’Italia del boom economico di uscire dall’età della pietra in cui l’aveva sprofondata la guerra fascista). Ora siamo agli sgoccioli: dopo la cura Monti il paese è a pezzi, ma i partiti pensano alle poltrone (e le Sardine a Salvini). Nel frattempo, la guerra – quella che Gorbaciov avrebbe voluto cancellare dalla faccia della Terra – è ridiventata una prassi ordinaria, fisiologica, a cui non si fa più neppure caso. Afghanistan e Iraq, Yemen, Somalia, Libia e Siria. Normalissimo, spararsi addosso per conto terzi: gli americani con le portaerei, i russi con i missili.Spiega Chiesa: l’11 Settembre fu creato a tavolino come casus belli per attuare il Pnac, il Piano per il Nuovo Secolo Americano redatto dai neocon, i signori del Deep State. Guerra planetaria, per terremotare l’economia e ridare fiato agli Stati Uniti, la superpotenza con il maggior debito estero del globo. A peggiorare ulteriormente il quadro provvede Magaldi: quei signori erano e sono massoni, che militano nelle superlogge reazionarie (che, attenzione: sono diffuse in tutto il pianeta, reclutando politici di ogni grande paese). Riletta così, la geopolitica si riduce a una serie di spaventosi regolamenti di conti, a guerre per bande. L’11 Settembre? E’ stata l’abominevole trovata di una Ur-Lodge terroristica, la Hathor Pentalpha dei Bush, per accelerare – manu militari, con la guerra innescata dal terrorismo “false flag” – questa folle globalizzazione neoliberista e mercantile, questa guerra mondiale dei super-ricchi contro il resto del mondo. I cocci, ovviamente, ci stanno cadendo addosso. C’è il sangue del terrorismo “domestico”, targato Al-Qaeda e poi Isis, e c’è lo sfacelo delle economie nazionali, dove neppure il Pil corrisponde più al benessere medio: più cresce, e più la maggioranza soffre, data la forbice ormai mostruosa tra produttori e rendita finanziaria.Era il 2010 quando Barnard cominciò a diffondere il suo contro-Vangelo sulla dominazione dell’euro, la moneta “privatizzata” per schiavizzare il 99% degli europei. Rimase lettera morta il clamoroso meeeting di economia promosso nel 2012 a Rimini con le migliori menti finaziarie dell’economia keynesiana. Inutile anche il viaggio di Warren Mosler in Italia, i consigli dispensati al governo romano. Tesi elementare: se si recupera sovranità monetaria si può tornare a investire nel mercato interno, battendo la crisi creata dalla globalizzazione. E i media nazionali? Silenzio, su tutta la linea. Non c’è pericolo che ai vari Floris, Formigli e Gruber venga in mente di sfiorare l’argomento: mutismo assoluto, anche ora che persino sua maestà Mario Draghi ha osato evocare la Modern Money Theory di Mosler. Da “La guerra infinita” sono passati 16 anni. Chi ha letto anche “Il più grande crimine”, e poi “Massoni”, si domanderà cosa mai potrà scuotere i dormienti, oggi lobotomizzati da Facebook, Twitter e WhatsApp. Si apre il 2020, e l’oscurità è fittissima. Julian Assange resta in prigione, anche se 80 medici raccomandano che sia ricoverato, essendo in pericolo di vita. L’Italia è in via di estinzione anche in Libia, ma quel che importa sono le regionali in Emilia. Qualcuno spieghi alle Sardine che l’Italia era un grande paese: c’èra giusto bisogno di innocue e appetitose Sardine per finire di divorarlo in santa pace.“La guerra infinita”, “Il più grande crimine”, “Massoni”. Tre libri – italiani – senza precedenti nel mondo, quando uscirono. Nel primo, edito da Feltrinelli nel 2003, Giulietto Chiesa svelava la drammatica inconsistenza della versione ufficiale sull’11 Settembre, oggi conclamata: i tremila architetti e ingegneri dell’associazione 9/11 Thruth (e i pompieri di New York) dimostrano la “demolizione controllata” delle Torri Gemelle, certo non abbattute da aerei dirottati. Otto anni dopo, archiviato l’inferno dell’Iraq e neutralizzato il supertestimone Julian Assange, di fronte alla crisi finanziaria globale e alla micidiale austerity europea è stato Paolo Barnard ad afferrare il torno per le corna, con un instant-book diffuso sul web e ora pubblicato da Andromeda: il golpe tecnocratico dell’Eurozona riletto in chiave criminologica, dalle sue premesse (la svendita dell’Italia affidata a Prodi e Draghi) fino all’estrema conseguenza del devastante “economicidio” eseguito da Monti. Infine, nel 2014, è stato il massone progressista Gioele Magaldi ad aggiungere una spiegazione decisiva, facendo luce sul missing link che separa la cronaca dalla verità del potere: il ruolo delle superlogge sovranazionali, presentate per la prima volta con nomi e cognomi.
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Magaldi: la cinica verità del potere dietro alla crisi Usa-Iran
Non possono certo passare per i Guardiani della Rivoluzione Islamica le magnifiche sorti e progressive dell’umanità, tantomeno all’alba del terzo millennio inaugurato dal mostruoso terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, che l’11 settembre 2001 ha raso al suolo le Torri Gemelle. Nel libro “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere, Gioele Magaldi non esita a denunciare una superloggia massonica – la “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush – come incubatrice del neoterrorismo stragista concepito proprio negli Stati Uniti. Ma oggi avverte: non facciamo l’errore di trasformare in un martire innocente il generale di ferro Qasem Soleimani, grande nemico di quell’Isis che è stato partorito dalle stesse menti, non islamiche, che progettarono le imprese di Al-Qaeda. Assassinato dagli Usa a Baghdad in circostanze che Magaldi definisce «verminose», Soleimani – sostiene – non era esattamente una mammoletta: era stato infatti la mente della spietata operazione geopolitica, militare e d’intelligence, sviluppata per instaturare l’egemonia di Teheran sulla Mezzaluna Sciita, anche al prezzo di attentati, intimidazioni e uccisioni, destabilizzando una regione peraltro già ampiamente devastata, in partenza, dall’imperialismo americano nell’era Bush.Soleimani è stato determinante nel fermare l’Isis, cioè il terrorismo protetto dall’Occidente? Vero, ammette Magaldi: Obama avrebbe potuto stroncare sul nascere le orde di tagliagole che hanno seminato il terrore in Iraq e in Siria. Peggio: quelle bande erano state formate, armate, addestrate e protette da ambienti atlantici, attraverso servizi segreti infiltrati da elementi facenti capo, ancora e sempre, alla “Hathor Pentalpha”, cioè le menti occulte dell’11 Settembre. Ma attenzione, avverte Magaldi: il generale Soleimani agiva comunque per conto del concorrenziale oscurantismo autoritario di Teheran, un regime islamista che pratica ha Sharia e non rispetta i diritti umani. Non solo: lo stesso Soleimani era vicinissimo all’ala più tradizionalista e reazionaria del potere di Teheran, e con i suoi Pasdaran (che controllano direttamente una fetta dell’economia iraniana) aveva proposto di stroncare nel sangue le proteste degli studenti iraniani, scesi in piazza per rivendicare libertà di espressione. Secondo Magaldi, l’efferato omicidio del generale – effettuato in modo inaudito, in un paese tecnicamente neutrale come l’Iraq – rischia di far passare per vittima un regime teocratico che esercita in modo feroce il potere sui suoi “sudditi”.Quanto a ipocrisia, peraltro, gli Stati Uniti non si fanno mancare nulla: la monarchia saudita, grande alleata di Washington, rivaleggia con Teheran e forse – dice Magaldi – addirittura supera, in ferocia, il regime degli ayatollah. Ma Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, si sforza di esercitarsi in un’analisi lucidamente geopolitica: a che cosa servirebbe sgominare l’Isis, se poi l’intera regione cadesse sotto l’egemonia dei mullah? Magaldi, peraltro, non crede che l’assassinio di Soleimani possa spalancare le porte dell’inferno: la Terza Guerra Mondiale, assicura, non la vuole nessuno. Un invito? Leggere oltre le etichette e le bandiere: dare un nome preciso all’élite eversiva che ha manipolato gli Usa, riconoscere il carattere ambiguo della “democratura” di Putin e il segno autoritario della potente oligarchia cinese. Problema: veri e propri potentati politico-economici, assolutamente trasversali, si disputano cinicamente il pianeta in una sorta di Risiko, in cui nessuno dice la verità e nel quale ogni tanto muore qualche pezzo da novanta, come Qasem Soleimani. E il peggio è – chiosa Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – che a volte i nemici-carnefici sono soci occulti: in passato, i falchi di Tel Aviv e quelli di Teheran hanno concordato segretamente le rispettive mosse, sapendo che l’odio estremista agitato dalle opposte tifoserie avrebbe rafforzato il reciproco potere.Non possono certo passare per i Guardiani della Rivoluzione Islamica le magnifiche sorti e progressive dell’umanità, tantomeno all’alba del terzo millennio inaugurato dal mostruoso terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, che l’11 settembre 2001 ha raso al suolo le Torri Gemelle. Nel libro “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere, Gioele Magaldi non esita a denunciare una superloggia massonica – la “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush – come incubatrice del neoterrorismo stragista concepito proprio negli Stati Uniti. Ma oggi avverte: non facciamo l’errore di trasformare in un martire innocente il generale di ferro Qasem Soleimani, grande nemico di quell’Isis che è stato partorito dalle stesse menti, non islamiche, che progettarono le imprese di Al-Qaeda. Assassinato dagli Usa a Baghdad in circostanze che Magaldi definisce «verminose», Soleimani – sostiene – non era esattamente una mammoletta: era stato infatti la mente della spietata operazione geopolitica, militare e d’intelligence, sviluppata per instaurare l’egemonia di Teheran sulla Mezzaluna Sciita, anche al prezzo di attentati, intimidazioni e uccisioni, destabilizzando una regione peraltro già ampiamente devastata, in partenza, dall’imperialismo americano nell’era Bush.
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Cacciari, il sangue di Soleimani e l’osceno silenzio europeo
Menzogne, sangue e colpevoli silenzi. E’ l’habitat nel quale prospera il verminaio terrorista alimentato sottobanco da un impero occidentale che non ha saputo svilupparsi, storicamente, se non spese di paesi terzi. E’ la tesi di giornalisti eretici come Paolo Barnard, corroborata da illustri colleghi come Seymour Hersh, Premio Pulitzer statunitense, spietato con i nostri media: se la stampa non avesse smesso di fare il proprio mestiere, sostiene, qualche politico – non codardo – avrebbe avuto modo di denunciare i crimini del potere mercuriale, costringendo l’establishment del terzo millennio a fare meno guerre e provocare meno massacri di vittime innocenti. Che poi la verità si annacqui negli opposti estremismi opportunistici e nel sostegno al terrorismo, fatale conseguenza di abusi criminali, non è che un aspetto della mattanza in corso, a rate, inaugurata dall’opaco maxi-attentato dell’11 Settembre a New York, di cui tuttora si tace la vera paternità presunta. Ma se si varca il Rubicone e si compie una violazione che non ha precdeenti nella storia, un attentato terroristico condotto con mezzi militari e apertamente rivendicato, allora si passa il segno.Fa impressione sentirlo dire in televisione dal filosofo Massimo Cacciari, solitamente prudente, ospite di Bianca Berlinguer il 7 gennaio 2020 insieme all’altrettanto compassato Paolo Mieli, parimenti preoccupato dall’inaudito omicidio del generale iraniano Qasem Soleimani, assassinato senza preavviso in un paese neutrale e teoricamente sovrano, l’Iraq devastato dalle guerre americane. A spaventare Cacciari è innanzitutto la morte clinica della politica: senza nemmeno citare l’increscioso Salvini che tifa per i missili omicidi, auto-espellendosi dal club delle personalità pubbliche abilitate a occuparsi di noi, ciò che sconcerta è il vuoto pneumatico, culturale prima ancora che politico, che contraddistingue le cancellerie europee di fronte al pericolosissimo valzer di sangue innescato dal proditorio assassinio di Soleimani, eroe nazionale dell’Iran, le cui esequie in mondovisione hanno esibito nelle piazze il dolore di milioni di persone. Si ha un bel dire che il regime di Teheran non è certo un esempio di libertà e democrazia: la discussione si potrebbe svolgere alla pari quando l’Iran bombardasse l’Europa o l’America, ammazzando leader occidentali.Certo, se il mondo sembra sull’orlo dell’abisso, non bisogna dimenticare che – dietro le quinte – agiscono potentissime consorterie riservate, spesso tacitamente in accordo tra loro, pronte anche a sacrificare innocenti pur di incolparsi a vicenda e rafforzare nel modo più sleale il ferreo dominio sui rispettivi popoli, drogati di propaganda. Di fronte al suo omicidio così infame, imposto al mondo in modo pericoloso e oscenamente sfrontato, i media occidentali ripetono che Soleimani era una specie di terrorista, evitando di ricordare che proprio il comandante dei Pasdaran era il nemico numero unico del terrorismo targato Isis, da lui personalmente sgominato prima in Iraq e poi in Siria. Dove pensa di andare, un Occidente che si priva della minima dose vitale di verità? In nome di quale presunta superiorità democratica ritiene di prevalere sulla brutale teocrazia degli ayatollah, sulla “democratura” russa e sull’oligarchia cinese?Si abbia almeno la decenza di riconoscere che il generale Soleimani era innanzitutto un uomo del suo popolo, protesta – sempre alla televisione italiana, ospite di Barbara Palombelli – un intellettuale come Pietrangelo Buttafuoco, il solo a rammentare al gentile pubblico che l’Isis, il mostro che Soleimani ha sconfitto in Iraq e in Siria, era armato e protetto proprio da noi, Occidente democratico. Per la precisione, ha ricordato il saggista Gianfranco Carpeoro, a mettere in piedi l’inferno chiamato Isis è stata una Ur-Lodge supermassonica, la “Hathor Pentalpha”, creata nel 1980 dal clan Bush, reclutando prima Osama Bin Laden e poi il “califfo” Abu Bakr Al-Baghadi. Proprio la recente uccisione del macellaio Al-Baghdadi, uomo-chiave del Deep State statunitense, secondo Carpeoro avrebbe indotto la “Hathor” a premere su Trump, ricattandolo: se uccidi Soleimani, la passerai liscia al Senato per l’impeachment e avrai dalla tua parte, nella corsa per le presidenziali di novembre, anche l’ala repubblicana più reazionaria e naturalmente il potentissimo network sionista che i complottisti chiamano impropriamente “lobby ebraica”.Analisi, suggestioni e indizi che non raggiungono neppure lo 0,1% del pubblico, a cui viene raccontato che il generale Soleimani era “un feroce assassino”, senza mai specificare come, quando e dove si sarebbe esercitato nella sua diabolica specialità, così riprovevole e lontana mille miglia dalla soave, squisita e leggendaria gentilezza dei democraticissimi generali statunitensi e israeliani. Era attivo in Libano, Soleimani? Certo, ma lo erano anche i colleghi israelo-occidentali, che notoriamente in Libano ci vanno abitualmente come turisti. Era stato impegnato in Iraq, il generale iraniano, ed è noto a tutti che l’Iraq è da sempre nei cuori delle umanitarie democrazie occidentali, madrine dei diritti umani. Il bieco Soleimani era di casa pure in Siria, altro paese amatissimo dai democratici di Washington, Ankara, Riad e Tel Aviv. Per inciso: Siria, Libano e Iraq erano i paesi da cui gli impresari occidentali dell’Isis contavano di esportare i tagliagole in Iran, per abbattere finalmente l’odiato regime (sovrano) degli ayatollah. Paolo Barnard ha titolato un suo bestseller con la più scomoda delle domande: perché ci odiano? Tra le sue fonti: il numero due di Al-Qaeda in Egitto.E’ decisivo scoprire che il cuore nero e inconfessabile del jihadismo è l’invenzione perversa di un’élite occidentale criminale. Ma restando sulla superficie, questo non cambia il quadro, il bilancio finale: le nostre forze armate, impegnate in paesi islamici, hanno provocato centinaia di migliaia di morti e milioni di esuli. Perché ci odiano, dunque? Supporre che al nostro posto chiunque altro – Russia, Cina – si sarebbe comportato nello stesso modo, non è di grande consolazione. Alcuni incrollabili atlantisti, che vedono comunque negli Stati Uniti l’unica possibile fonte di riscatto democratico per il pianeta, sperano che il lume della ragione prenda possesso del governo imperiale della superpotenza prima che sia troppo tardi. Si illudono? Sono domande senza risposta, su cui pesa il vistoso smarrimento di Cacciari di fronte al vergognoso silenzio dell’Europa: com’è possibile, accusa, non prendere le distanze da un atto di terrorismo di Stato come quello compiuto dagli Usa ai danni dell’Iran?Lo stesso Cacciari, sempre in televisione, non si nasconde le possibili conseguenze: se gli Usa dovessero reagire alle ovvie rappresaglie iraniane bombardando Teheran, la potenza nucleare russa sarebbe costretta a intervenire. La chiamano: Terza Guerra Mondiale. Nessuno la vorrebbe, ma sembra avvicinarsi in modo terrificante, con sviluppi imprevedibili. Simone Santini, su “Megachip”, accosta la morte di Soleimani a quella dell’afghano Massud. Stessa dinamica e stessi mandanti, identico obiettivo: assassinare un leader autorevole, per far esplodere il caos e indebolire il paese finito nel mirino della potenza imperiale. La pakistana Benazir Bhutto accusò Bush e la Cia dell’omicidio Massud, candidandosi a ripulire il Pakistan, per poi rimarginare anche le ferite dell’Afghanistan: fu assassinata a sua volta, alla vigilia delle elezioni. Un conto però sono le autobombe, dice oggi Massimo Cacciari, e un altro è l’omicidio manu militari commesso impunemente, alla luce del sole. Non era mai accaduto prima, nella storia. E nessuno ha avuto il coraggio di protestare. Se stiamo zitti di fronte a questo, aggiunge Cacciari, cosa potrà accaderci, domani? Com’è possibile non capire che il sangue versato da Qasem Soleimani interroga personalmente ognuno di noi, prima ancora che i nostri impresentabili politici?(Giorgio Cattaneo, 8 gennaio 2020).Menzogne, sangue e colpevoli silenzi. E’ l’habitat nel quale prospera il verminaio terrorista alimentato sottobanco da un impero occidentale che non ha saputo svilupparsi, storicamente, se non a spese di paesi terzi. E’ la tesi di giornalisti eretici come Paolo Barnard, corroborata da illustri colleghi come Seymour Hersh, Premio Pulitzer statunitense, spietato con i nostri media: se la stampa non avesse smesso di fare il proprio mestiere, sostiene, qualche politico – non codardo – avrebbe avuto modo di denunciare i crimini del potere mercuriale, costringendo l’establishment del terzo millennio a fare meno guerre e provocare meno massacri di vittime innocenti. Che poi la verità si annacqui negli opposti estremismi opportunistici e nel sostegno al terrorismo, fatale conseguenza di abusi criminali, non è che un aspetto della mattanza in corso, a rate, inaugurata dall’opaco maxi-attentato dell’11 Settembre a New York, di cui tuttora si tace la vera paternità presunta. Ma se si varca il Rubicone e si compie una violazione che non ha precedenti nella storia, un attentato terroristico condotto con mezzi militari e apertamente rivendicato, allora si passa il segno.
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Patto col diavolo: perché Trump ha ucciso il nemico dell’Isis
Un colpo al cerchio e uno alla botte: prima Al-Baghdadi, poi il maggiore nemico dell’Isis. Gianfranco Carpeoro accusa Donald Trump di aver ceduto ai veri sponsor del terrorismo islamico, nel decretare l’uccisione del generale Qasem Soleimani. Assassinando a Baghdad il leader iraniano, che aveva combattuto in modo determinante in Siria contro le milizie jihadiste, il capo della Casa Bianca ha provato a placare la rabbia degli azionisti occulti dell’Isis annidati nel Deep State americano, furibondi con Trump per la recente eliminazione del loro uomo, il “califfo” dello Stato Islamico. Lo stesso Carpeoro punta il dito contro la superloggia “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush, nella quale avrebbero segretamente militato sia Osama Bin Laden che Ibrāhīm al-Badrī, meglio noto come Abu Barkr Al-Baghdadi, estremista islamico stranamente rilasciato nel 2009 dal centro di detenzione iracheno di Camp Bucca perché potesse poi assumere la guida del sanguinario Califfato. Sarebbe il caso che qualcuno spiegasse a Matteo Salvini, entusiasta dell’omicidio di Soleimani, che Trump ha fatto uccidere il nemico numero uno del terrorismo islamico, l’uomo più temuto dall’Isis. E l’ha fatto per garantirsi il supporto della peggior destra reazionaria americana, in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Il sangue di Soleimani allontanerà il pericolo di impeachment?Avvocato di lungo corso, Carpeoro (all’anagrafe, Pecoraro) è un eminente studioso di simbologia, autore di romanzi sui Rosa+Croce e di saggi particolamente scomodi. Nel libro “Il compasso, il fascio, la mitra” ha messo in luce i rapporti inconfessabili tra fascismo, massoneria e Vaticano, svelando retroscena inediti grazie ad archivi massonici riservati: per esempio, nel libro si spiega come l’omicidio Matteotti fu organizzato dal faccendiere massone Filippo Naldi, dopo che Matteotti (a sua volta massone) aveva scoperto, a Londra, che era stato il Re, Vittorio Emanuele III, il maggior beneficiario della maxi-tangente versata dalla Standard Oil dei Rockefeller per ottenere il monopolio delle forniture di petrolio per l’Italia fascista. In un altro saggio, “Dalla massoneria al terrorismo”, Carpeoro rivela il codice simbolico interamente massonico (e non islamico) nascosto dietro agli attentati dell’Isis in Europa, messi a segno con la copertura di servizi segreti compiacenti. Strategia della tensione: al vertice della sovragestione, osserva Carpeoro, c’è un’élite supermassonica reazionaria imbevuta di suprematismo, incluso quello riflesso nella teoria della “sinarchia” elaborata a fine ‘800 dal marchese francese Saint-Yves d’Alveydre, secondo cui solo un’oligarchia “illuminata” ha il diritto-dovere di decidere per il popolo, incapace di autogovernarsi in modo democratico.Questa “filosofia” è stata incarnata nel secondo ‘900 da potentissime superlogge come la “Three Eyes” di Kissinger, grande regista del golpe cileno contro Salvador Allende. Un quarto di secolo dopo, lo stesso giorno – l’11 settembre – sono crollate le Torri Gemelle: atto d’inizio della “guerra infinita” che, dopo la caduta dell’Urss, ha letteralmente terremotato il pianeta, e in particolare il Medio Oriente. In prima linea, tra gli sponsor del “neoterrorismo” ci sarebbe la superloggia “Hathor Pentalpha” fondata da Bush padre nel 1980, reclutando anche importanti politici europei come l’inglese Tony Blair (da cui le inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam) e il francese Nicolas Sarkozy, protagonista della fine di Gheddafi. Nella “Hathor” militerebbe anche il turco Erdogan, fino a ieri grande protettore dell’Isis in Siria, tra i massimi padrini di Al-Baghdadi. E sarebbe stata proprio la “Hathor”, secondo Carpeoro, a premere su Trump dopo l’uccisione del “califfo”, per eliminare il prestigioso generale Soleimani, eroe nazionale dell’Iran e bestia nera dei terroristi islamici. In cambio, i boss della “Hathor” avrebbero garantito a Trump il loro appoggio, a partire dalle incognite dell’impeachment al Senato. Una mossa determinante, quindi, che permetterebbe a Trump di incassare anche l’appoggio dell’inflente “lobby ebraica”, che spinge da sempre per ridimensionare l’Iran.Secondo Carpeoro, i poteri opachi che agiscono all’ombra della Casa Bianca e controllano gangli vitali della politica statunitense starebbero riorganizzando e rifinanziando l’Isis, dopo la pesante sconfitta che il terrorismo ha subito in Siria a opera della Russia e delle forze speciali iraniane del generale Soleimani. Prima o poi, sostiene sempre Carpeoro, verranno allo scoperto le prove del fatto che la medesima cupola di potere, incarnata dalla “Hathor Pentalpha”, ha direttamente organizzato il maxi-attentato dell’11 Settembre. Ma il momento della verità sembra rinviato, e nel frattempo tornano a moltiplicarsi gli attentati-kamikaze, per ora su scala ridotta. Alla vigilia di capodanno, è stato Trump ad avvertire i russi di un maxi-attentato in preparazione a San Pietroburgo, che avrebbe potuto provocare una strage di vaste proporzioni. Lo stesso Trump, che si è vantato dell’eliminazione di Al-Baghdadi, è però “costretto” oggi a rivendicare anche l’uccisione di Soleimani, che gli sarebbe stata imposta proprio da quel Deep State che, a quanto pare, ha ancora intenzione di utilizzare il terrorismo “false flag” targato Isis per i suoi inconfessabili obiettivi geopolitici e affaristici. La “Hathor” avrebbe dunque il potere di piegare all’occorenza anche la Casa Bianca, contando comunque sul cinico opportunismo di Trump: è un patto col diavolo, quello che lo scodinzolante Salvini finge di scambiare per fermezza.Un colpo al cerchio e uno alla botte: prima Al-Baghdadi, poi il maggiore nemico dell’Isis. Gianfranco Carpeoro accusa Donald Trump di aver ceduto ai veri sponsor del terrorismo islamico, nel decretare l’uccisione del generale Qasem Soleimani. Assassinando a Baghdad il leader iraniano, che aveva combattuto in modo determinante in Siria contro le milizie jihadiste, il capo della Casa Bianca ha provato a placare la rabbia degli azionisti occulti dell’Isis annidati nel Deep State americano, furibondi con Trump per la recente eliminazione del loro uomo, il “califfo” dello Stato Islamico. Lo stesso Carpeoro punta il dito contro la superloggia “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush, nella quale avrebbero segretamente militato sia Osama Bin Laden che Ibrāhīm al-Badrī, meglio noto come Abu Barkr Al-Baghdadi, estremista islamico stranamente rilasciato nel 2009 dal centro di detenzione iracheno di Camp Bucca perché potesse poi assumere la guida del sanguinario Califfato. Sarebbe il caso che qualcuno spiegasse a Matteo Salvini, entusiasta dell’omicidio di Soleimani, che Trump ha fatto uccidere il nemico numero uno del terrorismo islamico, l’uomo più temuto dall’Isis. E l’ha fatto per garantirsi il supporto della peggior destra reazionaria americana, in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Il sangue di Soleimani allontanerà il pericolo di impeachment?
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Magaldi: sarà il 2020 a smascherare il governo dei bugiardi
Sapete che c’è, di bello, nell’anno nuovo? La verità, in dosi crescenti. Medicina amara, ma salutare. In altre parole: i burattini al governo, camerieri di ben altri poteri, riusciranno sempre meno a ingannare i cittadini con le loro chiacchiere. Ne è convinto Gioele Magaldi, che nel bestseller “Massoni” ha messo in piazza le trame di quelli che considera i veri burattinai, i signori delle superlogge massoniche reazionarie che hanno progettato la globalizzazione-canaglia, modellando un’Ue che ricorda il Sacro Romano Impero e un’Eurozona fondata sulla scarsità immaginaria di moneta, e quindi “obbligata” a imporre l’austerity. Il film sarebbe ai titoli di coda, se perfino un super-falco del rigore come Mario Draghi oggi ammette: non era vero niente, si può cambiare tutto. Basta la volontà politica, per “fabbricare” i soldi che servono a rilanciare economia e occupazione. «Il re è sempre più nudo, e io credo che nel 2020 ci sarà un salto di qualità in questa denudazione delle menzogne di chi ha detenuto il potere in questi ultimi decenni in modo improprio, abusivo e asservito a poteri elitari, antidemocratici e antipopolari», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”.Massone progressista e “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, il presidente del Movimento Roosevelt non ha dubbi: siamo a un punto di svolta. «Da un lato il 2020 non potrà ancora offrire niente di buono, all’Italia, ma – per contro – sarà sempre più difficile, per l’establishment, nascondere l’epocale cambiamento in atto, a livello globale, di cui parla ad esempio Federico Rampini nel volume “La nuova guerra fredda”, incentrato sullo scontro strategico tra Usa e Cina con cui farà i conti anche il sistema-Italia». Per Magaldi il 2020 non sarà risolutivo, ma sarà un anno preparatorio molto importante, dopo il deludente bilancio di un 2019 «segnato dal venir meno delle speranze suscitate dal governo gialloverde, il cosiddetto “governo del cambiamento” che in realtà non ha cambiato nulla e ci ha consegnato questo personaggio, Giuseppe Conte, buono per tutte le stagioni». Uno scenario «risibile e grottesco», quello illuminato dal discorso di fine anno pronunciato da Conte, visto che in concreto per gli italiani non cambia assolutamente nulla: «Le tasse sono sempre altissime, la disoccupazione giovanile dilaga, il divario nord-sud è sempre più drammatico, le infrastrutture sono fatiscenti. E poi non c’è più una politica estera, nemmeno per la Libia». In altre parole «non c’è una bussola, tirano tutti a campare e in più ligitano: l’unica cosa che tiene in vita il governo Conte è la paura delle urne».Quantomeno, secondo Magaldi, «il 2020 costringerà sia il governo che le opposizioni a superare la loro attuale retorica, perché a livello globale tutto si sta modificando rapidamente, al punto da lasciar sperare in una diversa evoluzione della globalizzazione, fin qui solo neoliberista». Per Magaldi, «l’ottimismo sta nel fatto che lo sguardo degli italiani è sempre più maturo, consapevole e disincantato». Lo è anche quello degli europei e degli abitanti di paesi lontanissimi: «La globalizzazione ha prodotto un’intensità inedita nello scambio di conoscenze». Per capirlo, basta uno sguardo alla clamorosa rivolta di Hong Kong «contro il sistema elitario della Cina, non certo democratico», a cui però il nostro establishment «non sa offrire nulla di concreto». Intendiamoci: anche i cinesi ci guardano. E noi cosa proponiamo loro? «Da parte nostra, non c’è neppure una seria autocritica sullo stato non certo esaltante della stessa democrazia occidentale». Che tutto stia per cambiare, assicura Magaldi, lo assicura anche il clamoroso riposizionamento di Mario Draghi: «Lui, il principe dell’austerity e delle pessime privatizzazioni, dell’egemonia neoliberista nella governance Ue, ora dice che è venuto il momento di cambiare tutto».Di fatto, aggiunge Magaldi, lo stesso Draghi «riconosce una cosa: che ci hanno mentito tutti, lui compreso, per decenni». Cioè: «Non è vero che dobbiamo rassegnarci al rigore perché non ci sono soldi. Basta cambiare le regole: creare gli eurobond, annullare lo spread, fare della Bce un motore di sviluppo». L’austerity, peraltro, non ha fatto che aumentare il debito. «Se invece investiamo, possiamo moltiplicare la ricchezza aumentando il Pil e riducendo il debito». I soldi oggi non sono un problema, perché ormai sono “moneta fiat”, creata dal nulla: basta emetterne a sufficienza. «Quello che manca, semmai, è la volontà politica». E a mancare sono anche le idee, nel caso di Conte, che Magaldi definisce «una comparsa di nessun rilievo, destinata a sparire». Del resto, «quanto è durato Renzi, ben più comvincente e più efficace di Conte nella capacità di comunicare?». L’attuale premier «ricorda, per grigiore, Enrico Letta e Paolo Gentiloni». Per aiutare l’Italia «servono coraggio e visione, che a Conte mancano: occorre spiegare cosa fare e come, dove prendere i soldi per fare cosa».Magaldi parla di 200 miliardi da chiedere subito, per resuscitare l’Italia: lavoro, infrastrutture, scuole. Come ottenere quei soldi? «Semplice: basta chiedere un piano speciale di investimenti, stralciabile dal computo del deficit». Chi lo propone? «Nessuno: non certo Conte, ma non lo chiese neppure Salvini quand’era al governo». La verità è che da trent’anni non abbiamo più una classe politica all’altezza dell’Italia: «Quella della Prima Repubblica, almeno, aveva una percezione chiara della vocazione italiana ad essere leader del Mediterraneo, facendo da cerniera col Medio Oriente e con paesi come l’Iran, la Cina, la Russia». Mai avrebbe accettato di rassegnarsi al rigore, al peggioramento costante delle condizioni dei cittadini, anno dopo anno. Ora siamo “sovragestiti” attraverso pallide mezze figure, «maggiordomi di poteri altri rispetto a quelli che si vedono». Ecco perché, chiosa Magaldi, nel 2020 gli italiani scopriranno in modo sempre più chiaro che «dietro ai discorsi fumosi e generici di Conte non c’è assolutamente nulla di utile per il paese». L’amara verità diverrà sempre più evidente: è l’unica consolazione, par di capire, in arrivo con il mediocre 2020.Sapete che c’è, di bello, in arrivo con l’anno nuovo? La verità, in dosi crescenti. Medicina amara, ma salutare. In altre parole: i burattini al governo, camerieri di ben altri poteri, riusciranno sempre meno a ingannare i cittadini con le loro chiacchiere. Ne è convinto Gioele Magaldi, che nel bestseller “Massoni” ha messo in piazza le trame di quelli che considera i veri burattinai, i signori delle superlogge massoniche reazionarie che hanno progettato la globalizzazione-canaglia, modellando un’Ue che ricorda il Sacro Romano Impero e un’Eurozona fondata sulla scarsità immaginaria di moneta, e quindi “obbligata” a imporre l’austerity. Il film sarebbe ai titoli di coda, se perfino un super-falco del rigore come Mario Draghi oggi ammette: non era vero niente, si può cambiare tutto. Basta la volontà politica, per “fabbricare” i soldi che servono a rilanciare economia e occupazione. «Il re è sempre più nudo, e io credo che nel 2020 ci sarà un salto di qualità in questa denudazione delle menzogne di chi ha detenuto il potere in questi ultimi decenni in modo improprio, abusivo e asservito a poteri elitari, antidemocratici e antipopolari», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”.
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Magaldi: la mafia dei media tace sulla massoneria che conta
Comodo, sparare a man salva sulle piccole massonerie regionali: funziona a meraviglia, come escamotage per non parlare mai dell’unica massoneria che conti davvero, quella sovranazionale, a cui Gioele Magaldi ha dedicato il bestseller “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere. Nomi e cognomi, indicazioni mai smentite: «E’ anche grazie a quel libro, citato in Parlamento dai 5 Stelle, se poi Napolitano s’è dovuto dimettere, dopo aver insediato Monti alla guida del governo su mandato delle aristocrazie massoniche più reazionarie». Magaldi presenta Napolitano come un esponente di spicco della superloggia “Three Eyes”, «di cui la P2 di Gelli era stata la succursale italiana». Precisa l’autore: «Posso documentare ogni mia affermazione: dispongo di 6.000 pagine di dossier». Nessuno, però, ha mai preteso di visionare quei documenti. E’ più facile, semmai, riesumare il fantasma di Gelli per parlare della massoneria in termini generici e persino criminologici, sulla scorta di inchieste molto mediatiche come quella sull’ipotetica connessione tra logge e ‘ndrangheta, in Calabria, attorno alla figura di Giancarlo Pittelli. In attesa che le indagini proseguano, Magaldi resta prudente: «Troppe volte, dopo l’iniziale polverone suscitato dai media, non è emerso nulla di sostanziale, per il paese: neppure l’indagine “Minotauro” condotta da Agostino Cordova pervenne ad alcunché di clamoroso».«Intendiamoci: la mafia è profondamente radicata nelle regioni del Sud», premette Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Ma attenzione: «Del contrasto a Cosa Nostra negli anni ‘90 beneficiò la ‘ndragheta calabrese, e tuttora vive indisturbata la potentissima mafia cinese, di cui nessuno parla mai». Singoli massoni implicati in trame malavitose in Calabria? Magaldi denuncia la ricorrente inclinazione dei media ad associare la massoneria alla mafia, nel Meridione, ogni volta che qualche massone risulta coinvolto in indagini. Un discriminazione che gli pare inaccettabile: «Se a essere indagato fosse un esponente cattolico, chi sarebbe così stupido da criminalizzare, solo per questo, tutti i cattolici?». Aggiunge Magaldi: «Se diciamo che ogni siciliano puzza di mafia e ogni calabrese puzza di ‘ndrangheta, allora demonizziamo tutti». Inutile aggiungere che «ci sono fior di siciliani e di calabresi che, oltre a essere ottimi cittadini, sono anche massoni». Non solo: «Erano massoni anche fior di giudici morti ammazzati, eroici combattenti antimafia». Insiste Magaldi: il connubio mafia-massoneria, presentato come qualcosa di fisiologico, «esiste solo nei sogni di qualche giornalista ignorante e di qualche magistrato che spesso prende lucciole per lanterne».Un ruolo decisivo, in questa deformazione ottica, sarebbe rivestito proprio da certa stampa: «Troppi articoli di giornale – afferma Magaldi – sono scritti da gente che di massoneria non sa e non capisce nulla. E forse (e questo è ancora più grave) di massoneria capisce poco o nulla anche la magistratura. O fa finta di non capire? Non lo so». Già “venerabile” della loggia Monte Sion del Grande Oriente d’Italia e ora “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, snodo italiano del network supermassonico sovranazionale di segno progressista, Magaldi si rivolge direttamente ai giudici: «Sono a disposizione per spiegare alla magistratura che, se vuole indagare su gravi danni arrecati alla collettività, allora bisogna che scavi tra le privatizzazioni fatte negli anni ‘90, in Italia: perché lì ci sono danni molto più grandi di quelli che possa procurare qualunque intreccio tra massonerie di “peones” e malavite scalcinate». Messa tra parentesi l’indagine in corso nel Vibonese, Magaldi attacca: «Provate a chiedere ai giornali che si parli dei livelli massonici che hanno consentito a Romano Prodi e a Mario Draghi di privatizzare in modo osceno importanti asset italiani, e di stabilire un rapporto svantaggiosissimo per l’Italia rispetto all’Eurozona e all’Unione Europea».Curioso: oggi, Prodi e Draghi stanno per contendersi la poltronissima del Quirinale, puntando a prendere il posto di Mattarella. Due opzioni decisamente opposte: con ostantato candore, il veterano Prodi (sabotatore dell’Iri e già presidente della Commissione Europea) fa allegramente il tifo per le Sardine, riducendo il problema-Italia alla “fenomenologia di Salvini”, mentre Draghi – al contrario – ammette di aver fatto, per trent’anni, il contrario dell’interesse nazionale. L’ex presidente della Bce si mostra “pentito” delle maxi-privatizzazioni imposte al paese quando era direttore generale del Tesoro. Da governatore di Bankitalia – aggiunge Magaldi – Draghi non vigilò sul Montepaschi quando la banca senese si stava avventurando in operazioni spericolate. Non solo: Anna Maria Tarantola, la titolare della vigilanza in Banca d’Italia, fu promossa alla guida della Rai «dal massone Monti, insediato a Palazzo Chigi con l’aiuto dei “fratelli” Napolitano e Draghi». Questa, ribadisce Magaldi, è la massoneria che conta: «Provate a dire una cosa del genere, e vedrete se i media oseranno parlare di certe reti massoniche neoaristocratiche, sovranazionali e potentissime (altro che i quattro boss di Vibo Valentia)».Vero: il sistema-media continua a ignorare gli avvertimenti di Magaldi. E persino quelli di Draghi: apprestandosi a lasciare la Bce, il super-banchiere europeo ha infatti rilasciato dichiarazioni clamorose, prefigurando la necessità di un cambio di rotta rivoluzionario. Fine del rigore, e della scarsità artificiosa di moneta. Draghi ha parlato di eurobond per azzerare lo spread e addirittura dell’eventualità di ricorrere alla Modern Money Theory, che – mediante emissione monetaria virtualmente illimitata – autorizzerebbe gli Stati a ricorrere a robusti deficit per rilanciare l’economia. «Inoltre, in privato – aggiunge Magaldi – lo stesso Draghi ha bussato ai circuiti massonici progressisti: chiede di essere appoggiato, per poter usare la sua autorevolezza (nazionale e internazionale) per rimediare al disastro che ha contribuito a creare, obbedendo ai diktat neoliberisti degli ultimi decenni che hanno provocato la grande crisi europea e il declino economico dell’Italia». E i giornali? Buio pesto: «Silenzio: omertà mafiosa, da parte dei media, su questi temi». Altro che titoloni sul binomio “mafia e massoneria” in Calabria. «Questa è la vera mafia», accusa Magaldi: «E’ l’omertà mafiosa dei media sui temi che riguardano davvero le dinamiche più importanti del potere».Comodo, sparare a man salva sulle piccole massonerie regionali: funziona a meraviglia, come escamotage per non parlare mai dell’unica massoneria che conti davvero, quella sovranazionale, a cui Gioele Magaldi ha dedicato il bestseller “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere. Nomi e cognomi, indicazioni mai smentite: «E’ anche grazie a quel libro, citato in Parlamento dai 5 Stelle, se poi Napolitano s’è dovuto dimettere, dopo aver insediato Monti alla guida del governo su mandato delle aristocrazie massoniche più reazionarie». Magaldi presenta Napolitano come un esponente di spicco della superloggia “Three Eyes”, «di cui la P2 di Gelli era stata la succursale italiana». Precisa l’autore: «Posso documentare ogni mia affermazione: dispongo di 6.000 pagine di dossier». Nessuno, però, ha mai preteso di visionare quei documenti. E’ più facile, semmai, riesumare il fantasma di Gelli per parlare della massoneria in termini generici e persino criminologici, sulla scorta di inchieste molto mediatiche come quella sull’ipotetica connessione tra logge e ‘ndrangheta, in Calabria, attorno alla figura di Giancarlo Pittelli. In attesa che le indagini proseguano, Magaldi resta prudente: «Troppe volte, dopo l’iniziale polverone suscitato dai media, non è emerso nulla di sostanziale, per il paese: neppure l’indagine “Minotauro” condotta da Agostino Cordova pervenne ad alcunché di clamoroso».
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Magaldi: Draghi vuol fare una rivoluzione. Guai, se mente
Confermo: i contatti sono in corso. A noi, massoni progressisti, il “fratello” Mario Draghi continua a dire: datemi fiducia, e io emenderò tutto ciò che ho fatto nel passato e sarò l’artefice di un cambiamento epocale, per l’Italia e per l’Europa. Draghi ha detto e ridetto, giurato e spergiurato che questa è la sua intenzione. Come ricorda Marco Moiso, Draghi si è espresso in questi termini anche pubblicamente. E’ stato uno dei falchi della gestione neoliberista della moneta europea, ma ultimamente ha riconosciuto la difficoltà della Bce nel contribuire a rilanciare l’economia reale, visto che ha immesso capitali quasi solo nell’economia finanziaria. Per questo ha parlato della necessità di legare la Bce a un potere politico, eventualmente il Parlamento Europeo. Ha parlato di eurobond, e persino dell’opportunità di cominciare a considerare modelli economico-monetari radicalmente differenti, addirittura la Modern Money Theory. A noi, esponenti dei circuiti massonici progressisti, Draghi ha dichiarato espressamente di voler essere lui, come “pentito”, uno degli artefici di un cambiamento totale del modello di governance in Europa e in Italia.Lo affermo in modo solenne: misureremo la sua traiettoria dopo passo, senza fare sconto alcuno. Se non facesse quello che ci ha promesso, sarà letteralmente sommerso dagli scheletri che, dai suoi armadi, danzeranno in modo macabro davanti alla sua figura, fino a costringerlo a correre a gambe levate. Ci metto la firma: ve lo assicuro, che in quel caso ci sarebbe un esito di questo tipo. Quindi: guai, a Mario Draghi, se intende prendere in giro la pubblica opinione e gli stessi “fratelli” progressisti, rispetto ai quali ha detto: io sono pronto a fare questo tipo di lavoro, e altri sono con me. Le reti massoniche progressiste possono costringere Draghi a ritirarsi, come già avvenne con Napolitano, che si dimise anche e soprattutto a seguito della pubblicazione del mio libro “Massoni” e dell’interrogazione parlamentare che ne seguì, da parte del Movimento 5 Stelle (in quel caso, della senatrice Laura Bottici). A seguito di quella interrogazione si mise in moto il processo che portò alle dimissioni di Napolitano, che non ha mai retto il confronto con quello che nel libro “Massoni” viene detto, rispetto a lui.Furono determinanti le nostre analisi sul ruolo di Napolitano nella crisi che portò all’incarico a Mario Monti e a una gestione della governance italiana all’insegna dell’austerità. Di Napolitano ha pesantissime responsabilità nell’aver capolvolto in modo spregiudicato le sue idee sull’Europa: qualche decennio prima, quando era un dirigente del Pci, le sue idee erano limpidamente critiche e lucide, nel valutare l’impossibilità democratica della costruzione europea che si andava facendo, e il suo carattere antipopolare. Poi divenne ministro dell’interno, nonché il “comunista preferito” dal massone Kissinger, trasformandosi nel difensore arcigno di qualunque Europa, anche di quella austera, creando quel danno enorme al popolo italiano che è stato il governo Monti, con l’approvazione del pareggio di bilancio in Costituzione. Ebbene, Draghi ha fatto anche peggio di Napolitano, con le privatizzazioni gestite all’epoca in cui era direttore generale del Tesoro. Altro che Britannnia: quella è roba per i gonzi. Sul Britannia non s’è deciso nulla.Il famoso party sul panfilo inglese assomiglia alle riunioni del Bilderberg, dove si beve Champagne di marca, si fa lobbying, ci si mostra camerieri e maggiordomi, ma le decisioni vengono prese altrove, prima e dopo. Il Britannia è stato questo: una cosa che poi servisse ai complottisti per rendersi ridicoli, nel pensare che un progetto come quello di destrutturazione, deindustrializzazione, privatizzazione e predazione dell’Italia lo si possa fare salendo su una nave. Queste cose si strutturano negli anni, si ribadiscono in mille altri contesti. Mario Draghi può essere raccontato come colui che, in continuità negli anni, dal 1992 al 2001, ha gestito le privatizzazioni dal ministero del Tesoro. Quasi tutti, ormai, sanno che sono state uno scempio di asset e beni pubblici. E il principale artefice di questo scempio è stato proprio Mario Draghi, che viene presentato oggi come il salvatore dell’euro.Ora, se questa nostra contro-narrazione la facciamo tutti i giorni, con strumenti di crescente intensità, il povero Mario Draghi dovrà fare le valigie, da qualunque scranno, se non dovesse rispettare gli impegni che ha preso. E se sarà tanto masochista da rimanere, peggio per lui. Quello che intanto possiamo fare, invece, è certificare se Draghi sarà sincero, nell’assumere i panni dell’antagonista di se stesso rispetto al passato, cioè del “pentito” che inaugura un nuovo corso – proprio lui, perché sa benissimo quello che va fatto, e contro chi va fatto. E noi allora non gli faremo la guerra quotidiana che altrimenti gli faremmo. E naturalmente gli daremo anche degli aiuti, che adesso (vista la delicatezza della questione) non posso specificare: farei un regalo ai nostri avversari, se dicessi adesso cosa potremmo fare, di “chirurgico”, in favore di Mario Draghi. I prossimi passi? Sarebbe sciocco, da parte sua, se cercasse di fare il presidente del Consiglio. E non gli sarà facile diventare presidente della Repubblica, dopo Mattarella, perché su Draghi terremo comunque i riflettori puntati, già a partire dall’imminente uscita del secondo volume della serie “Massoni”.Nel libro, che si intitolerà “Globalizzazione, esoterismo e massoneria”, Draghi avrà un posto d’onore, a ricordarne tutte le nefandezze, senza sconto alcuno. Oggi Draghi è il personaggio italiano più potente: al mondo non c’è nessun altro italiano che abbia un curriculum di potenza come il suo. Il potere comunque è sempre fluido: chiunque, domani, potrebbe essere messo da parte. E nelle lotte interne della politica italiana (sempre più complesse, ambigue e oscure) non sarà facile, nemmeno per Draghi, ascendere al Quirinale. Insomma, vedremo. Noi siamo disposti a dargli una mano, se intente mantenere le promesse. Ma c’è poi un altro signore, con cui dobbiamo fare i conti, e stavolta senza l’apertura di credito che concediamo a Draghi (se dimostrerà di rispettare la parola data e gli impegni che dice di voler prendere). Questo signore è Romano Prodi: a differenza di Draghi, non ha fatto nessun atto di pentitismo. Ed è responsabile quanto Draghi delle cattive privatizzazioni italiane e dello scempio del sistema-Italia nel rapporto contrattuale di ingresso nell’Unione Europea e nell’Eurozona.L’opzione di Prodi è alternativa a quella di Draghi. Prodi punta al Quirinale, è la sua ultima occasione. E anche per questo, insieme ad altri, Prodi ha incoraggiato la nascita del movimento delle Sardine, il cui profilo autoritario è ben rilevato da Barbara Spinelli sul “Fatto Quotidiano”, laddove da parte delle Sardine si equipara la violenza verbale (le opinioni) a quella fisica (i fatti), senza più fare la necessaria distinzione tra idee e fatti che è invece fondamentale, in ogni Stato di diritto. Penso che i partigiani democratici, quelli che hanno cantato Bella Ciao in montagna rischiando la pelle, oggi scenderebbero idealmente da quelle montagne e prenderebbero a calci nel sedere questi giovinastri infantili: oggi, inneggiare all’antifascismo e ignorare i pericoli reali (che vengono da tutt’altra parte) mi sembra un atto di mancanza di rispetto verso chi la Resistenza l’ha fatta davvero.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate nel corso della trasmissione web-streaming su YouTube “Massoneria on air” del 19 dicembre 2019, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, con la partecipazione di Paolo Franceschetti e Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt di cui Magaldi è il leader. Il citato volume “Massoni”, edito da Chiarelettere, uscì a fine 2014. In quelle pagine, Magaldi disegna – in modo esclusivo – la mappa occulta del potere massonico mondiale, affidato a una quarantina di superlogge. Napolitano è indicato come appartenente alla “Three Eyes”, il cenacolo supermassonico reazionario dominanto da figure come quella di Kissinger, mentre Draghi è presentato come membro di 5 diverse Ur-Lodges, tutte di stampo “neoaristocratico” e oligarchico: oltre alla stessa “Three Eyes” sono elencate la “Pan-Europa”, la “Compass Star-Rose / Rosa-Stella Ventorum” e la “Der Ring”).Confermo: i contatti sono in corso. A noi, massoni progressisti, il “fratello” Mario Draghi continua a dire: datemi fiducia, e io emenderò tutto ciò che ho fatto nel passato e sarò l’artefice di un cambiamento epocale, per l’Italia e per l’Europa. Draghi ha detto e ridetto, giurato e spergiurato che questa è la sua intenzione. Come ricorda Marco Moiso, Draghi si è espresso in questi termini anche pubblicamente. E’ stato uno dei falchi della gestione neoliberista della moneta europea, ma ultimamente ha riconosciuto la difficoltà della Bce nel contribuire a rilanciare l’economia reale, visto che ha immesso capitali quasi solo nell’economia finanziaria. Per questo ha parlato della necessità di legare la Bce a un potere politico, eventualmente il Parlamento Europeo. Ha parlato di eurobond, e persino dell’opportunità di cominciare a considerare modelli economico-monetari radicalmente differenti, addirittura la Modern Money Theory. A noi, esponenti dei circuiti massonici progressisti, Draghi ha dichiarato espressamente di voler essere lui, come “pentito”, uno degli artefici di un cambiamento totale del modello di governance in Europa e in Italia.
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Carpeoro: grillini ko, governo Draghi o elezioni anticipate
«Se la candidatura Draghi si profila nel modo giusto, spacca i 5 Stelle e nasce il governo Draghi». Se invece l’ex presidente della Bce non riuscirà a “profilarsi nel modo giusto”, a quel punto «si andrà alle elezioni». E Draghi è più probabile che faccia il presidente del Consiglio o della Repubblica? «Prima l’uno e poi l’altro, direi». Parola di Gianfranco Carpeoro, saggista e acuto osservatore della politica italiana. Era stato il primo, l’8 settembre scorso, a scommettere sulla vita brevissima del Conte-bis, destinato a cadere «entro 90 giorni». Sostituito da un altro esecutivo, dominato da una figura di garanzia per l’establishment? Già allora, Carpeoro non escludeva neppure il voto anticipato: a certe condizioni, disse, «lo scenario-elezioni diventerà probabile al 99%». Ci siamo? «La fibrillazione dei 5 Stelle è molto importante, per cui non so se reggono: credo che la mia previsione sui 90 giorni si avvererà», conferma oggi a Fabio Frabetti di “Border Nights”, in web-streaming su YouTube. «Col tipo di contrapposizione che ha avuto col Pd in tutti questi anni, il Movimento 5 Stelle non poteva reggere un’alleanza».Mentre il governo annaspa tra Ilva, Mes ed emergenza-Venezia, i 5 Stelle (umiliati in Umbria) ora vengono dati al 5% in Emilia, ma sulla piattaforma Rousseau sconfessano Di Maio, che proponeva di non partecipare alle regionali emiliane, per evitare l’ennesima débacle. La scadenza dei “90 giorni” per il Conte-bis, insediato a inizio settembre, ormai è vicinissima. Superata la manovra finanziaria (riallineata all’Ue), si accettano scommesse sulla longevità politica di Conte: che cada prima o dopo Natale, poco cambia. A spaventare i “giallorossi” è il voto regionale in Emilia, il 26 gennaio, col rischio che la Lega possa strappare la Pd la storica roccaforte “rossa”. In ogni caso, i grillini si avvicinano alla meta sconfitti in partenza: sondaggi impietosi, per loro, a prescindere dal nome del futuro presidente della Regione. Dal quasi 33% ottenuto alle politiche del 2018, un anno dopo i penstellati erano precipitati al 17% alle europee, dimezzando i voti. E ora, dopo soli tre mesi al governo col Pd, stanno letteralmente sparendo insieme al loro portavoce, Di Maio.Colpa essenzialmente di un colossale flop politico: il reddito di cittadinanza ridotto a parodia di welfare, e il tradimento (spettacolare) di tutte le promesse elettorali. Ilva e Tap, trivelle in Adriatico, Muos e F-35, Tav Torino-Lione. Capitolo pietoso, i vaccini: confermato l’obbligo vaccinale istituito da Beatrice Lorenzin. Peggio: in primavera, lo stesso Grillo firmò (con Renzi) il “patto per la scienza” redatto dal vaccinista Claudio Burioni, per tagliare le gambe alla libera ricerca sui danni da vaccino. Sempre da Grillo, in agosto, il via libera all’accordo col nemico storico dei 5 Stelle, il Pd, siglato con la benedizione di Renzi. All’ex rottamatore, secondo Carpeoro, i grandi poteri hanno proposto un accordo: se ci aiuti a mettere in piedi il Conte-bis, ti faremo finalmente entrare nel salotto buono. Indizio: l’invito al meeting 2019 del Bilderberg, che pure resta una semplice vetrina. «In realtà – afferma Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” – Renzi aveva ripetutamente bussato, ma senza esito, alla superloggia internazionale Maat, quella di Barack Obama». Sul suo rientro in campo, prudenza: Italia Viva è ferma al 5%. «Improbabile che i grandi gestori supermassonici del consenso intendano investire davvero su di lui», dice Magaldi.Altro attore in primo piano sulla scacchiera italiana, il premier Conte: non è affatto “venuto dal nulla”, ma «è l’espressione dello stesso potere vaticano a lungo incarnato dal cardinale Achille Silvestrini», sostiene Fausto Carotenuto, già analista dell’intelligence Nato: «E’ il network che garantì per decenni il potere di Giulio Andreotti». Ma il vero convitato di pietra è Mario Draghi, più che controverso protagonista della storia italiana recente: tecnocrate di prima grandezza, già dirigente della Goldman Sachs e poi di Bankitalia, prima ancora che della Bce. Da direttore generale del Tesoro, dopo la visita al panfilo Britannia il 2 giugno 1992 (dove il gotha della finanza anglosassone progettò la svendita di un’Italia terremotata da Mani Pulite e minata dallo smembramento dell’Iri affidato a Prodi), Draghi “lubrificò” la grande privatizzazione del paese, che raggiunse il suo culmine col governo D’Alema. Nel suo saggio, Magaldi presenta il super-banchiere come affiliato a 5 influenti Ur-Lodges, tutte di stampo reazionario: punta di lancia del potere neoliberista, post-democratico e neo-feudale che ha varato la spietata austerity europea.Ora, la sorpresa: insieme a Christine Lagarde, che ne ha preso il posto alla Bce (invocando il ritorno alla “moneta del popolo”), lo stesso Draghi ha evocato la Modern Money Theory, cioè il ritiorno alla piena sovranità monetaria, senza più vincoli al deficit. Per Magaldi si tratterebbe di un segnale preciso: Draghi e Lagarde, «già massoni neoaristicratici», avrebbero addirittura «chiesto di entrare nei circuiti della massoneria progressista, rooseveltiana e post-keynesiana, che preme per la riconquista della democrazia sostanziale», anche restituendo agli Stati il loro potere illimitato di spesa a beneficio di cittadini e aziende. Sarà questo il “modo giusto” in cui potrebbe “profilarsi” l’eventuale candidatura di Draghi, cui allude Carpeoro? Un Draghi “pentito” del rigore finora inflitto, dal massacro sociale impartito alla Grecia fino al pareggio di bilancio rifilato all’Italia, tramite Monti e Napolitano? Un Super-Mario dalle mille vite, capace di convincere persino gli smarriti grillini a evitare le elezioni anticipate, di cui peraltro hanno il terrore?Un conto però è profilare ipotesi, un altro è schematizzare impropriamente un quadro che resta fluido e contraddittorio. Sulla carta, l’alternativa è rappresentata dalla Lega di Salvini, che però – tramite Giorgetti – avrebbe fatto sapere di essere pronta ad appoggiare Draghi al Quirinale, dopo Mattarella, se l’ex capo della Bce (pezzo da novanta dell’establishment che “sovragestisce” l’Italia) non si opponesse a un governo Salvini, nel caso in cui la situazuione, magari dopo il voto emiliano, precipitasse verso le elezioni anticipate. Fabio Frabetti annota: Salvini, come un tempo Berlusconi, ha presenziato al rito della presentazione ufficiale dell’ultimo libro di Bruno Vespa. Carpeoro invita a non enfatizzare l’episodio: è vero, «Vespa è il cerimoniere di un certo establishment, che sfrutta il cavallo che più gli conviene al momento, per poi buttarlo via». Ma intanto «è interessato innanzitutto a vendere i suoi libri, utilizzando allo scopo il politico più à la page». Se proprio c’è da spendere un nome, per il futuro immediato, non c’è storia: Carpeoro indica Mario Draghi.«Se la candidatura Draghi si profila nel modo giusto, spacca i 5 Stelle e nasce il governo Draghi». Se invece l’ex presidente della Bce non riuscirà a “profilarsi nel modo giusto”, a quel punto «si andrà alle elezioni». E Draghi è più probabile che faccia il presidente del Consiglio o della Repubblica? «Prima l’uno e poi l’altro, direi». Parola di Gianfranco Carpeoro, saggista e acuto osservatore della politica italiana. Era stato il primo, l’8 settembre scorso, a scommettere sulla vita brevissima del Conte-bis, destinato a cadere «entro 90 giorni». Sostituito da un altro esecutivo, dominato da una figura di garanzia per l’establishment? Già allora, Carpeoro non escludeva neppure il voto anticipato: a certe condizioni, disse, «lo scenario-elezioni diventerà probabile al 99%». Ci siamo? «La fibrillazione dei 5 Stelle è molto importante, per cui non so se reggono: credo che la mia previsione sui 90 giorni si avvererà», conferma oggi a Fabio Frabetti di “Border Nights”, in web-streaming su YouTube. «Col tipo di contrapposizione che ha avuto col Pd in tutti questi anni, il Movimento 5 Stelle non poteva reggere un’alleanza».
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Magaldi: è stato il libro ‘Massoni’ a far dimettere Napolitano
Pensateci: chi meglio di Mario Draghi, per smontare il rigore eurocratico? Se fosse sinceramente pentito dei suoi trent’anni di neoliberismo privatizzatore, e ora orientato da una visione neoaristocratica della politica, l’ex presidente della Bce potrebbe fare molto, per l’Italia, se ad esempio fosse eletto presidente della Repubblica dopo Mattarella. Gioele Magaldi, frontman italiano del circuito massonico progressista mondiale, conferma: insieme a Christine Lagarde, che ora ne ha ereditato la poltrona al vertice dell’Eurotower, lo stesso Draghi ha bussato alle porte della massoneria rivale, promotrice dei diritti sociali e ostile al rigore Ue. Tradotto: lui e la Lagarde offrirebbero la loro piena collaborazione per cominciare a rimediare ai disastri che l’élite oligarchica (di cui sono stati leader) ha finora combinato, mettendo alla frusta gli Stati e creando a tavolino una crisi che sembra senza vie d’uscita. L’altra notizia – che Magaldi affida a una video-chat con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è che fu proprio lui, con il libro “Massoni” edito da Chiarelettere a fine 2014, a costringere alle dimissioni Giorgio Napolitano all’inizio del 2015, avendone svelato l’imbarazzante cifra massonica occulta e il ruolo di vettore strategico di nefasti poteri extra-italiani.Napolitano, dice Magaldi, «si è dovuto dimettere in seguito all’uscita del mio libro», un besteller (e long-seller, tuttora vendutissimo) preceduto da decine di migliaia di prenotazioni, prima ancora del debutto in libreria. Magaldi ha fondato il Movimento Roosevelt, entità metapartitica trasversale creata per rianimare in senso democratico la politica italiana, sclerotizzata nell’apparente opposizione destra-sinistra (a valle dell’obbedienza trentennale ai poteri forti dell’oligarchia europea). Già inziato alla superloggia “Thomas Paine” e ora gran maestro del Grande Oriente Democratico, lo stesso Magaldi fornisce una lettura esclusiva del back-office del vero potere, che descrive come interamente massonico, dominato da decine di superlogge apolidi e transnazionali che ispirano le scelte politiche a monte dei governi eletti. Secondo questa rappresentazione, una faglia profonda oppone le due galassie supermassoniche: da una parte la corrente progressista rooseveltiana, che detenne la leadership dell’Occidente fino alla fine dgli anni ‘60 preparandosi a lanciare verso la Casa Bianca il ticket rappresentato da Bob Kennedy e Martin Luther King, e dall’altra il filone neo-conservatore che avrebbe messo in campo politici come Reagan e Thatcher, per arrivare fino all’estremismo “terroristico” del clan Bush.Obiettivo della regia supermassonica del neoliberismo: demolire il welfare e la mobilità sociale, in nome dei dogmi economico-filosofici di Milton Friedman, Robert Nozick e Friedriech von Hayek, figli di una concezione neo-feudale della società. Di qui la politica post-democratica dell’ordoliberismo Ue: predisporre la scarsità artificiosa della moneta, sostanzialmente “privatizzata”, per ricattare gli Stati (leggasi spread) togliendo loro sovranità democratica e capacità di spesa, a esclusivo vantaggio della grande finanza speculativa. I rottami di questa lunghissima stagione, aperta in Italia dallo storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia (retta allora dal massone Ciampi), sono sotto i nostri occhi. Il dramma dell’Ilva non è che l’ultimo capitolo di una tragedia a puntate, avviata dallo smembramento dell’Iri affidato a Romano Prodi (che Magaldi definisce “globalizzatore in grembiulino”). Sintomatico l’episodio del Britannia, 2 giugno ‘92, col massone Draghi raccontato come grande protagonista occulto della presunta cospirazione finanziaria anglosassone per la svendita del paese. «Più che le suggestioni complottistiche – avverte Magaldi – pesano i lunghi anni in cui Draghi, da direttore generale del Tesoro, agevolò le disastrose privatizzazioni all’italiana che minarono il futuro del paese».Qualche anno dopo, Massimo D’Alema (per Magaldi, altro supermassone neoaristocratico) si vantò di aver trasformato Palazzo Chigi in una merchant bank, realizzando il record europeo delle privatizzazioni. Ma D’Alema non era un leader della sinistra? Se è per questo lo erano anche Bill Clinton, Tony Blair e Gerhard Schroeder, fautori della “terza via” teorizzata dall’inglese Anthony Giddens come formula a metà strada tra capitalismo e socialismo. In realtà, i “terzisti” erano arruolati nella supermassoneria reazionaria – e tra questi anche Napolitano, iniziato alla superloggia “Three Eyes”, quella di Kissinger, Rockefeller e Brzezinski. Un uomo di cui Magaldi offre un ritratto piuttosto ruvido: «Negli anni ‘50, il comunista Napolitano era stalinista e difese la repressione sovietica della rivolta ungherese, e ancora negli anni ‘70 era un ostinato avversario della prospettiva europeista». Cambiò idea su tutto, capovolgendo le sue posizioni politiche: «Nel 2011, insieme a Draghi, predispose il “golpe bianco” di Mario Monti, eseguendo le direttive della supermassoneria oligarchia e post-democratica europea». Oggi tocca a Draghi cambiare bandiera, stavolta in direzione opposta?C’è chi lo indica candidato al Quirinale addirittura dalla Lega, in cambio del suo appoggio a un eventuale governo Salvini, qualora il Conte-bis saltasse per aria nei prossimi mesi. In molti diffidano del super-banchiere, solo ieri osannato dai peggiori esponenti dell’euro-sistema, Macron e Merkel in testa. Da parte sua, Magaldi ribalta il ragionamento: proprio per il prestigio di cui Super-Mario gode, da Bruxelles a Berlino, chi potrebbe smentire altrettanto autorevolmente i suoi ex sodali? Del resto, far passare dalla tua parte un generale nemico può essere il modo migliore per vincere una guerra. Non c’è bisogno di scomodare il paragone con la lotta alla mafia, dove sono stati i pentiti a svolgere un ruolo decisivo. Proprio la compravendita di colonnelli è lo sport nel quale ha primeggiato il fronte neoliberista, reclutando leader della sinistra e dirigenti sindacali. Era una prescrizione del geniale memorandum scritto nel 1971 da Lewis Powell: “comprare” i capi della sinistra riformista, lasciando a loro il compito di spiegare all’elettorato che l’austerity sarebbe stata cosa buona e giusta. Nel caso di Draghi, in realtà, saremmo di fronte a un ripensamento spontaneo: si è ricordato dell’antico insegnamento progressista del maestro Federico Caffè? In ogni caso, Magaldi è ottimista: gli oligarchi dell’euro-sistema, dice, hanno capito perfettamente che la loro “teologia” del rigore non potrà durare, viste le sofferenze sociali che sta infliggendo ai popoli europei.Pensateci: chi meglio di Mario Draghi, per smontare il rigore eurocratico? Se fosse sinceramente pentito dei suoi trent’anni di neoliberismo privatizzatore, e non più orientato da una visione neoaristocratica della politica, l’ex presidente della Bce potrebbe fare molto, per l’Italia, specie nel caso in cui, ad esempio, fosse eletto al Colle dopo Mattarella. Gioele Magaldi, frontman italiano del circuito massonico progressista mondiale, conferma: insieme a Christine Lagarde, che ora ne ha ereditato la poltrona al vertice dell’Eurotower, lo stesso Draghi ha bussato alle porte della massoneria rivale, promotrice dei diritti sociali e ostile al rigore Ue. Tradotto: lui e la Lagarde offrirebbero la loro piena collaborazione per cominciare a rimediare ai disastri che l’élite oligarchica (di cui sono stati leader) ha finora combinato, mettendo alla frusta gli Stati e creando a tavolino una crisi che sembra senza vie d’uscita. L’altra notizia – che Magaldi affida a una video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – è che fu proprio lui, con il libro “Massoni” edito da Chiarelettere a fine 2014, a costringere alle dimissioni Giorgio Napolitano all’inizio del 2015, avendone svelato l’imbarazzante cifra massonica occulta e il ruolo di vettore strategico di nefasti poteri extra-italiani.
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Salvini a Palazzo Chigi, prenotando il Quirinale per Draghi
Possibile intesa tra Salvini e Draghi: il leghista a Palazzo Chigi e l’ex capo della Bce al Quirinale dopo Mattarella. Se invece l’ipotesi salta, potrebbe tornare in corsa addirittura Prodi: gli stessi 5 Stelle, alla scadenza del mandato di Napolitano, lo avrebbero votato volentieri. Lo ricorda il saggista Gianfranco Carpeoro, nel monitorare la crisi del Conte-bis: come ampiamente previsto dallo stesso Carpeoro già a inizio settembre, l’esecutivo giallorosso sembra avere le ore contate, grazie anche al disastro dell’Ilva. «Servirebbero miliardi per rimediare innanzitutto al problema ambientale di Taranto, ma quei soldi non li abbiamo: sarebbe urgente ripristinare l’Iri e riprenderci le partecipazioni statali, il patrimonio nazionale che le multinazionali ci hanno portato via grazie a uomini come Prodi, che poi – dopo aver eseguito gli ordini – è stato infatti premiato, finendo a Palazzo Chigi». Il guaio? Come paese, l’Italia non esiste quasi più: «Negli anni Ottanta eravamo la quarta forza del mondo, oggi ci facciamo dettare la linea dal giustizialista Marco Travaglio». Del resto, al governo siedono «ectoplasmi» come Di Maio e Zingaretti. Così Salvini ha gioco facile, e già si scalda in panchina: vorrebbe le elezioni anticipate in primavera per diventare primo ministro. E per farlo si copre le spalle, “candidando” Draghi al Quirinale.L’ipotetico connubio Salvini-Draghi, dice Carpeoro in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, è il frutto di una raffinata operazione condotta dal leghista Giancarlo Giorgetti, da sempre in buoni rapporti con il super-banchiere. In cambio dell’appoggio della Lega verso il Colle, Draghi potrebbe indurre il grande potere a cessare le ostilità nei confronti di Salvini? A condizione, probabilmente, che lo stesso leader leghista scenda a più miti consigli: come al solito, sostiene Carpeoro, il potere non fa altro che provare a “disinnescare” politici teoricamente antagonisti, “normalizzandoli” e portandoli dalla sua parte. Finirebbe così anche Salvini, nel caso si realizzasse il disegno di Giorgetti? Peraltro sono in pochi a credere al “pentimento” dell’ultraliberista Draghi, massone reazionario, gran signore dell’austerity europea. Un uomo pragmatico: ha fatto ricorso al quantitative easing quando ha capito che gli conveniva. «Non c’è niente di più duttile del potere, nel cambiare rapidamente posizione a seconda delle circostanze». Che Draghi ambisca a diventare presidente della Repubblica, poi, non è un mistero. Né si vede come il Pd o Renzi potrebbero votargli contro.«In ogni caso, sembra che per l’Italia la situazione sarebbe a saldo zero», sintetizza Frabetti, sia che nasca il tandem Salvini-Draghi, sia che rispunti Romano Prodi. Elezioni anticipate o meno, non si vedono le premesse per nessuna vera svolta politica: nessun partito italiano (nemmeno la Lega) sembra attrezzato per un cambio di passo. «E così – dice Carpeoro – agli italiani non resta che tentare di galleggiare, come accade da decenni», mentre il paese viene spolpato. All’annosa crisi dell’Ilva si aggiunge, tanto per gradire, la perdita definitiva della Fiat: gli Elkann cedono sostanzialmente il timone ai francesi del gruppo Psa. Dalla politica italiana, silenzio di tomba. Dettagli incresciosi: il partito più rappresentato in Parlamento, il Movimento 5 Stelle, è sulla via dell’estinzione. Ha già perso metà dei voti, e potrebbe perdere anche l’altra metà: alle regionali umbre, si è fermato appena sopra il 7%. Con questo tipo di consenso, è impossibile scommettere sul futuro del Conte-bis. Salvini e Draghi, dunque? «Intanto, Draghi ha fatto sapere di aver apprezzato la proposta», dice Carpeoro. E a gennaio incombono le regionali in Emilia: salvo miracoli, è difficile che Di Maio e Zingaretti possano sopravvivere a un’eventuale sconfitta.Possibile intesa tra Salvini e Draghi: il leghista a Palazzo Chigi e l’ex capo della Bce al Quirinale dopo Mattarella. Se invece l’ipotesi salta, potrebbe tornare in corsa addirittura Prodi: gli stessi 5 Stelle, alla scadenza del mandato di Napolitano, lo avrebbero votato volentieri. Lo ricorda il saggista Gianfranco Carpeoro, nel monitorare la crisi del Conte-bis: come ampiamente previsto dallo stesso Carpeoro già a inizio settembre, l’esecutivo giallorosso sembra avere le ore contate, grazie anche al disastro dell’Ilva. «Servirebbero miliardi per rimediare innanzitutto al problema ambientale di Taranto, ma quei soldi non li abbiamo: sarebbe urgente ripristinare l’Iri e riprenderci le partecipazioni statali, il patrimonio nazionale che le multinazionali ci hanno portato via grazie a uomini come Prodi, che poi – dopo aver eseguito gli ordini – è stato infatti premiato, finendo a Palazzo Chigi». Il guaio? Come paese, l’Italia non esiste quasi più: «Negli anni Ottanta eravamo la quarta forza del mondo, oggi ci facciamo dettare la linea dal giustizialista Marco Travaglio». Del resto, al governo siedono «ectoplasmi» come Di Maio e Zingaretti. Così Salvini ha gioco facile, e già si scalda in panchina: vorrebbe le elezioni anticipate in primavera per diventare primo ministro. E per farlo si copre le spalle, “candidando” Draghi al Quirinale.
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Matolcsy No-Euro, Magaldi: chi vuole quest’Europa debole
«Dobbiamo ammettere che l’euro è stato un errore. È giunto il momento di cercare una via d’uscita». Nel giorno del primo discorso della neopresidente della Bce, Christine Lagarde, fanno rumore le parole di György Matolcsy, governatore della banca centrale ungherese, che dalle colonne del “Financial Times” chiede l’introduzione di un meccanismo di uscita dalla «trappola dell’euro». Per Matolcsy, come riporta l’“Huffinfton Post”, è necessario liberarsi dal «dogma nocivo» secondo cui l’euro sarebbe stato un passo “naturale” verso l’unificazione dell’Europa occidentale. «Due decenni dopo il lancio dell’euro, mancano ancora i pilastri necessari per una moneta globale di successo: uno Stato comune, un budget che copra almeno il 15-20% del Pil dell’Eurozona e un ministro delle finanze dell’area euro». Tra chi plaude alla sortita di Matolcsy (che giunge dopo la dichiazione della stessa Lagarde, secondo cui la moneta andrebbe “restituita” al popolo), c’è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: «Le parole del banchiere centrale ungherese sono musica, per le nostre orecchie: piuttosto che restare in questa Disunione Europea, tanto vale tornare alla sovranità nazionale per poi ripensare da zero, in modo democratico, la prospettiva confederale degli Stati Uniti d’Europa».Rompere con Bruxelles? A un patto: che si dica tutta la verità. Anche quella che Matolcsy per ora non inquadra. Ovvero: alla Russia – cui l’Ungheria guarda – questa Ue disastrosa sta benissimo così, litigiosa e debole, in crisi perenne. «Sia in Russia che negli Usa esistono ambienti massonici conservatori che lavorano perché l’Europa resti prigioniera dei suoi problemi», afferma Magaldi, esponente dei circuiti massonici progressisti sovranazionali. Gran maestro del Grande Oriente Democratico e autore del saggio “Massoni” (Chiarelettere), Magaldi accusa: «La Bce è gestita in modo privatistico da quegli stessi ambienti massonici che operano affinché l’Europa, di fatto, continui a non esistere, a non avere una politica estera autonoma né un budget federale». Occorrerebbe una svolta radicale: «Fine dell’austerity, investimenti robusti per l’occupazione senza paura di ricorrere al deficit. Servirebbero gli eurobond, per far sparire il ricatto dello spread. E ci vorrebbe una Costituzione europea finalmente politica». Viceversa, stando così le cose, l’Ue continua a non esistere, se non come “fiction”.«È giunto il momento di svegliarsi da questo sogno dannoso e infruttuoso», dice Matolcsy. «Un buon punto di partenza sarebbe riconoscere che la moneta unica è una trappola praticamente per tutti i suoi membri – per ragioni diverse – e non una miniera d’oro». Gli Stati dell’Ue, fuori e dentro l’Eurozona, «dovrebbero ammettere che l’euro è stato un errore strategico». L’obiettivo di costruire una valuta occidentale globale che competesse con il dollaro «era una sfida verso gli Stati Uniti», secondo il banchiere centrale ungherese. «La visione europea degli Stati Uniti d’Europa – aggiunge – negli ultimi due deceni ha portato a una guerra americana, aperta e nascosta, contro l’Ue e l’Eurozona». Magaldi non concorda: purtroppo, sostiene, i vecchi occhiali con cui osservare la geopolitica non bastano più. Dietro a espressioni come “l’America”, “la Russia” e “l’Europa” si nascondono fazioni precise e contrapposte, interamente massoniche: massoni progressisti e reazionari. «Proprio la componente neoaristicratica, incarnata da uomini come Mario Draghi, ha finora gestito Ue e Bce, in perfetto accordo con i circoli oligarchici – russi e americani – contrari a uno sviluppo sostanziale e democratico dell’Europa».Il vento sta cambiando? Lo lascerebbero supporre le recenti uscite di massoni come Draghi e la Lagarde, per decenni personaggi-simbolo della massoneria neoaristicratica: alla “moneta del popolo” della tecnocrate francese si aggiunge l’evocazione della Mmt da parte del super-banchiere italiano. Ora, a sparigliare le carte si aggiunge Matolcsy: «Dobbiamo capire come liberarci da questa trappola», dice. «I membri dell’Eurozona dovrebbero essere autorizzati a lasciare la zona di valuta nei prossimi decenni, e quelli rimanenti dovrebbero costruire una valuta globale più sostenibile». Da Matolcsy, una provocazione che lascerà il segno: nel 2022, per il trentesimo anniversario del Trattato di Maastricht, propone di «riscrivere il patto che ha generato l’euro». Magaldi l’aveva preannunciato: tutto sta per cambiare, perché il vecchio blocco di potere massonico (incarnato da politici come Merkel e Macron) è entrato in crisi. «Il neoliberismo ha un ben misero bilancio da vantare, e il malessere dei popoli europei sta crescendo». Possibile aspettarsi colpi di scena, in una situazione sempre più instabile in cui ora anche l’Ungheria sembra pronta a dire la sua.«Dobbiamo ammettere che l’euro è stato un errore. È giunto il momento di cercare una via d’uscita». Nel giorno del primo discorso della neopresidente della Bce, Christine Lagarde, fanno rumore le parole di György Matolcsy, governatore della banca centrale ungherese, che dalle colonne del “Financial Times” chiede l’introduzione di un meccanismo di uscita dalla «trappola dell’euro». Per Matolcsy, come riporta l’“Huffington Post”, è necessario liberarsi dal «dogma nocivo» secondo cui l’euro sarebbe stato un passo “naturale” verso l’unificazione dell’Europa occidentale. «Due decenni dopo il lancio dell’euro, mancano ancora i pilastri necessari per una moneta globale di successo: uno Stato comune, un budget che copra almeno il 15-20% del Pil dell’Eurozona e un ministro delle finanze dell’area euro». Tra chi plaude alla sortita di Matolcsy (che giunge dopo la dichiazione della stessa Lagarde, secondo cui la moneta andrebbe “restituita” al popolo), c’è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: «Le parole del banchiere centrale ungherese sono musica, per le nostre orecchie: piuttosto che restare in questa Disunione Europea, tanto vale tornare alla sovranità nazionale per poi ripensare da zero, in modo democratico, la prospettiva confederale degli Stati Uniti d’Europa».
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Formica: si torna a votare tra poco, lo sa anche Mattarella
L’esperimento dell’alleanza Pd-M5S è fallito ancora prima di nascere. Questo complica i piani di Zingaretti, Di Maio, Renzi. Sono tutti rottamati o rottamabili. Qualsiasi cosa dovesse nascere, da domani in poi, nascerà senza e contro di loro. L’assenza di pensiero ha reso le classi dirigenti burocrati di nomenklature in estinzione. Mattarella ha un giusto orientamento: dopo questo governo non c’è un altro incarico di governo sostitutivo. Ci sono le elezioni, che sono inevitabili in caso di crisi del Conte-2, che può ancora galleggiare qualche mese al massimo. Poi, i problemi interni e internazionali imporranno una guida politica che non sia carente di pensiero politico. Il problema è che il presidente della Repubblica, cioè la massima istituzione garante (che ha anche la forza morale per poterlo fare), deve decidersi a fare un quadro dello stato di salute del paese davanti al Parlamento. È il suo dovere costituzionale, non è una richiesta alla persona. Nel caso decidesse in tal senso, il paese sarà scosso; ma forze vitali nel paese ci sono, ciò che manca è il pensiero organizzato. Il Movimento 5 Stelle è nato morto, perché è nato senza pensiero politico, anche se apparentemente, con le elezioni del marzo 2018, aveva avuto una ventata favorevole.Quel risultato faceva leva sugli istinti anti-sistema che attraversavano il paese. Se il M5S era anti-sistema, vuol dire che non aveva il pensiero per sostituire il sistema con un altro sistema, perché nelle società moderne non si può essere anti-ordine per il disordine. Nessuna società moderna può accettare il disordine; tutt’al più un diverso ordine. La debolezza di questo governo non è che si fonda su una forza parlamentare del 33% che oggi non è più tale perché indebolita dalle urne; finalmente si è scoperto che non esisteva, come pensiero politico nel paese. È stata un’illusione. L’alleanza con una forza di sistema come il Pd? Il Pd si è trovato ad aver accettato dal 1994 in poi di nascondere il proprio pensiero, di non aggiornarlo; e non poteva non seguire la sorte delle forze che vedevano esaurirsi il proprio pensiero politico. Pensate al paradosso: dove il Pd sopravvive con una certa vivacità è legato al fatto che prende motivazioni esistenziali della destra reazionaria. Prendiamo il caso dell’immigrazione. Vi sembra che fosse pensabile, anche solo pochissimo tempo fa, che la Ocean Viking venisse tenuta 10 giorni in mare in attesa che ci fossero le elezioni in Umbria per poi farla attraccare a Pozzallo? È una cosa che non avrebbe fatto nessuna sinistra.Le forze vitali sono dovunque e in nessun luogo. Dovunque, dove c’è una persona pensante, e ce ne sono tante; in nessun luogo, perché non ci sono luoghi di coagulo. Ma il Big Bang crea il punto di aggregazione. È evidente a tutti questa necessità di un’operazione-verità, e le forze politiche non possono non cogliere questa esigenza di avere respiro sulle grandi questioni di politica economica, sociale, estera. Dov’è la politica economica di questo paese, che è un obbligo costituzionale avere, come prevede l’articolo 41 della nostra Carta? Ci si domanda: che ruolo potrebbe giocare Draghi? Noi abbiamo già una posizione istituzionale europea importante, di presidio e di osservazione, con Gentiloni nella Commissione Ue. Poi abbiamo una persona che ha guadagnato grande prestigio internazionale e ora è libero di esprimere giudizi di ordine sistemico. Il problema non è andare a ricercare una collocazione funzionale a Draghi, ma utilizzare un arbitraggio morale: può essere interrogato ed esprimere un parere su quello che si fa o non si fa per la costruzione dell’area geopolitica europea, visto che nei suoi 8 anni alla Bce ha cercato di mantenere l’essenziale della coesione europea.Il ruolo viene dopo, se si presenta la necessità. Ma il primo passo è rianimare il pensiero politico, visionario, di un paese: qual è la funzione dell’Italia nel mondo, piccola o grande non importa? Noi abbiamo avuto una funzione nel mondo fino a 20 anni fa. Oggi no, abbiamo cessato di produrre posizioni di iniziativa autonoma; lavoriamo solo sugli interstizi, sugli spazi residuali. Anziché avere una posizione autonoma attiva di costruzione di una linea europea, ci si è immiseriti nel tentativo di utilizzare gli spazi che i litigi altrui creano. Dombrovskis ha manifestato serie preoccupazioni sulla manovra del governo Conte-2. Dobbiamo aspettarci da qui a dicembre un pesante condizionamento della Ue? No. L’Italia ha scelto con questo governo una linea disciplinata alle decisioni dell’Europa. Il vero prodotto della mancanza di pensiero politico è che si sceglie di non avere margini di autonomia nel contrastare situazioni non favorevoli. È la nostra debolezza. Quando non si hanno una politica industriale, una politica economica, una politica estera e di difesa, giocando solo di rimessa su tutto, se la palla arriva, va bene, altrimenti si sta in mezzo al campo come un broccolo. Ma non è un problema solo di questo governo o di quello passato. È una situazione che dura da almeno vent’anni.Siamo al punto terminale di una lunga fase che ha visto l’istinto prevalere sul pensiero, la reazione sulla riflessione. È agli sgoccioli tutto quello che poteva produrre un sistema senza pensiero politico e di carattere generale, che da 25 anni si è riversato sulle istituzioni e sull’intero equilibrio del sistema politico italiano. Con quali effetti? Il disperdersi sugli aspetti più minuti di ciò che sta avvenendo, sia nell’attività di governo che nell’attività dei partiti, è fuorviante. C’è un distacco impressionante tra la valutazione delle questioni quotidiane minori nelle quali siamo immersi e le questioni di carattere generale, interne e internazionali. È successo qualcosa di politica estera molto più importante che stabilire se in Umbria si è spostato un gruppo sociale a favore di un altro gruppo sociale. In Gran Bretagna, dopo tre anni di guerriglia parlamentare in un paese investito dallo stesso male del populismo che ha colpito l’Europa, il Parlamento si è riappropriato della sua funzione e ha detto: andiamo alle urne e chiediamo al popolo se noi abbiamo forza politica nazionale tale da poter essere presenti nella nuova prospettiva che rende necessaria la ricomposizione di un ordine mondiale.Ciò che avverrà in Gran Bretagna, da oggi al 12 dicembre, interessa o non interessa l’Italia e l’Europa? In Gran Bretagna si voterà anche per il futuro non solo del nostro paese, ma dell’Europa. Le nostre forze politiche e le nostre istituzioni, invece di occuparsi del dettaglio se si dovranno tassare le sigarette o lo zucchero, seguiranno da vicino il dibattito politico e le elezioni inglesi? In Italia siamo al dettaglio di ciò che residua della nostra possibilità di influire sugli equilibri economico-sociali e ci dimentichiamo che il 90% delle nostre decisioni dipenderanno da ciò che succede fuori dal nostro paese. Siamo in presenza di una decadenza e di un immiserimento della nostra classe dirigente da paura. Il problema non è se noi giochiamo un ruolo di secondo o di terzo piano sulla scena mondiale, il problema è: abbiamo un nostro pensiero sul futuro dell’Europa? Le nostre istituzioni, sfornite del pensiero politico, sono diventate sterili. Non pulsa il cuore, non funziona il cervello; come possono funzionare le gambe e le braccia?(Rino Formica, dichiarazioni rilasciate a Marco Biscella per l’intervista “Qualche mese e poi si vota, lo sa anche Mattarella”, pubblicata da “Il Sussidiario” il 31 ottobre 2019. Spirito indipendente, socialista e più volte ministro nella cosiddetta Prima Repubblica, Formica è noto per l’acutezza delle sue analisi e per le previsioni regolarmente confermate dai fatti).L’esperimento dell’alleanza Pd-M5S è fallito ancora prima di nascere. Questo complica i piani di Zingaretti, Di Maio, Renzi. Sono tutti rottamati o rottamabili. Qualsiasi cosa dovesse nascere, da domani in poi, nascerà senza e contro di loro. L’assenza di pensiero ha reso le classi dirigenti burocrati di nomenklature in estinzione. Mattarella ha un giusto orientamento: dopo questo governo non c’è un altro incarico di governo sostitutivo. Ci sono le elezioni, che sono inevitabili in caso di crisi del Conte-2, che può ancora galleggiare qualche mese al massimo. Poi, i problemi interni e internazionali imporranno una guida politica che non sia carente di pensiero politico. Il problema è che il presidente della Repubblica, cioè la massima istituzione garante (che ha anche la forza morale per poterlo fare), deve decidersi a fare un quadro dello stato di salute del paese davanti al Parlamento. È il suo dovere costituzionale, non è una richiesta alla persona. Nel caso decidesse in tal senso, il paese sarà scosso; ma forze vitali nel paese ci sono, ciò che manca è il pensiero organizzato. Il Movimento 5 Stelle è nato morto, perché è nato senza pensiero politico, anche se apparentemente, con le elezioni del marzo 2018, aveva avuto una ventata favorevole.