Archivio del Tag ‘reticenza’
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Hanno spento ByoBlu: oscurato mezzo milione di italiani
Mezzo milione di lettori? Possono solo sognarseli, oggi, i grandi quotidiani: anche se occupano militarmente la televisione a reti unificate, coi loro giornalisti ospiti degli info-talk 24 ore su 24. Giornalisti scambiati per esperti e intervistati da colleghi, a chiudere il cerchio di un cortocircuito informativo, basato su una regola d’oro: non infrangere mai il dogma della verità ufficiale, quella ammissibile. Lo disse apertamente l’allora neo-direttore della “Stampa”, Massimo Giannini, a proposito della tempesta Covid: per ragioni di sicurezza è giusto perderla, una quota di libertà. Ed è esattamente per questo – la rinuncia collettiva a dire le cose come stanno – che il maggior video-blog italiano, “ByoBlu”, dall’inizio della crisi pandemica ha visto letteralmente esplodere i suoi numeri: tutti italiani ansiosi di avere informazioni finalmente attendibili, sull’emergenza in corso. Numeri enormi: 525.000 iscritti, che hanno garantito oltre 200 milioni di visualizzazioni ai duemila video pubblicati, nel corso di ormai 14 anni. Troppa gente, troppe spiegazioni: per questo, Google ha deciso di chiudere il canale YouTube di “ByoBlu”, il mezzo di informazione indipendente più seguito dagli italiani.In pratica, uno schiaffo a mezzo milione di cittadini. Un atto d’imperio che ricorda lo stile di governo dell’alto medioevo: il sovrano punisce chi vuole, senza legge e senza processo. Su “Visione Tv”, Enzo Pennetta sintetizza: ecco che cosa sono, davvero, questi nostri social. Servono a monitorare il dissenso, scoprendo l’identità di chi veicola informazioni scomode. A una condizione: che quella platea non cresca troppo, perché allora finisce per costituire una massa critica che può dare veramente fastidio. I conti sono presto fatti: oggi, da soli, gli iscritti di “ByoBlu” equivalgono alla somma dei lettori di tutti i quotidiani italiani, messi assieme. E quindi: muoia, Claudio Messora. Venga strangolato in silenzio, il suo newsmagazine, anche se nel frattempo è diventato una regolare testata giornalistica, con un direttore responsabile in grado di rispondere, per legge, di qualsiasi eventuale reato. Che equivoco: la legge – come nel far west – è ormai Big Tech a dettarla, scavalcando lo Stato nonostante l’oceanica elusione fiscale (enormi introiti pubblicitari intascati, a fronte di una tassazione letteralmente ridicola).Già, lo Stato: dov’è finito? Non avrebbe il diritto-dovere di esercitare almeno un’ombra di sovranità, tutelando le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione? E’ informato, Mario Draghi, dello scempio condotto ai danni di mezzo milione di cittadini? Perché certo, la prima vittima della implacabile, medievale “ghigliottina” di YouTube è Messora, il fondatore di “ByoBlu”, insieme alla sua giovane redazione; ma le vere vittime sono i 525.000 italiani che, dal 30 marzo 2021, non potranno più informarsi attraverso la fonte in cui riponevano fiducia. In un solo istante, scrive Messora in un messaggio, sono stati rimossi 14 anni di contenuti, tra i quali molti di altissimo livello, realizzati insieme a magistrati, presidenti della Corte Costituzionale, intellettuali, filosofi, economisti, politici, avvocati, scienziati. Messora definisce l’operato di ByoBlu «una fotografia cangiante delle trasformazioni che si sono avvicendate nella società da 14 anni a questa parte, viste con gli occhi dei cittadini e non con quelli dei media», spesso reticenti e sempre docilissimi con il potere.Scandaloso, anche in questo caso, il silenzio di un organo come l’obsoleto, anacronistico Ordine dei Giornalisti, residuato storico corporativo risalente all’epoca fascista (un organismo che ormai esiste solo in Italia). Scandaloso il silenzio dei grandi media: zitti, di fronte al massacro della libertà d’informazione, anche quando il governo di Giuseppe Conte fece istituire a Palazzo Chigi (sotto la guida di Andrea Martella, Pd) una orwelliana “task force contro le fake news”, cioè una commissione in grado di “depurare” il web da qualsiasi notizia scomoda, per il nuovo regime psico-terroristico di stampo sanitario. Scandaloso, a maggior ragione, lo stesso silenzio dei 5 Stelle, di cui Messora era stato portavoce parlamentare: e proprio sul web (il blog di Grillo) era nato, letteralmente, il movimento che si era candidato a mettere fine agli abusi della “casta” autoreferenziale di un potere politico stagnante, sottomesso al vero potere, che è economico-finanziario. L’abuso contro “ByoBlu” (e il mezzo milione di italiani che lo seguivano) è incommentabile: un atto barbarico, degno dei fasti dell’Inquisizione, sinistro come un monito minaccioso verso qualsiasi altra voce libera. Chiaro il messaggio: se superate una certa soglia di audience, il vostro destino è già scritto.In che girone infernale siamo finiti? Sul tema, la più celebre delle Cassandre italiane – Giulietto Chiesa – aveva condotto battaglie profetiche: ci faranno a pezzi, ripeteva, se non ci doteremo di mezzi di autodifesa, a livello di informazione, visto che il mainstream ha spento il radar, smettendo di raccontare quel che succede davvero. Caccerei dalle redazioni 9 giornalisti su 10, ha detto un cavallo di razza come Seymour Hersh, vincitore del Premio Pulitzer, all’epoca in cui il giornalismo esisteva ancora. Oggi siamo nel pianeta in cui Twitter “spegne” il presidente degli Stati Uniti (Donald Trump, quand’era ancora in carica), esibendo la sua onnipotenza impunita, che sta al di sopra di qualsiasi diritto. E’ un potere sfrontato, quello della menzogna: e si avvale della piena complicità di milioni di cretini, politicamente decerebrati, che semplicemente non capiscono che le vere vittime sono loro. Oggi tocca a Messora, ma domani toccherà a chiunque altro proverà a dire la verità proprio ai neo-sudditi “mascherati” che si piegano a qualsiasi diktat, ignari della sorte che li attende.L’ultima sfida di Messora – riparare sul digitale terrestre, acquistando un canale televisivo per mettersi al riparo della censura – è insieme titanica e perdente. Eroica, per l’impegno economico e la mobilitazione popolare che presuppone: possibile che “ByoBlu” riesca nell’impresa, se il suo mezzo milione di italiani darà una mano, offrendo un obolo di anche solo un euro a testa. Al tempo stesso, la “fuga” nella televisione classica (cioè nell’informazione unilaterale, monodimensionale, senza più le interazioni delle chat) rappresenta una clamorosa sconfitta: la rivelazione della reale identità del sistema web per come è oggi, interamente dominato dai grandi gruppi che – attraverso la globalizzazione mercantilista – hanno schiacciato le economie locali e plasmato, anche con l’aiuto del panico da virus, la nuova antropologia post-umana delle cavie da laboratorio, terrorizzate e distanziate, condannate a rassegnarsi a discutibili trattamenti sanitari obbligatori e alle strettoie quotidiane di una non-vita che fa tanto comodo ai padroni del discorso.Massimo Mazzucco, altro pioniere italiano dell’informazione libera, ragiona in questi termini: la platea del dissenso che si esprime sul web era letteralmente irrisoria, qualche anno fa. Oggi, invece – pur restando minoritaria – è diventata una maxi-nicchia in forte crescita: in un certo senso, i colpi di mannaia della censura (che prima non c’erano) oltre che “medaglie al valore” rappresentano un successo: dimostrano che l’informazione – quella vera – riesce a disturbare il sistema dominante. E’ un fatto: milioni di cittadini, finalmente, dispongono di conoscenze preziose, offerte in tempo reale dalla rete indipendente, che dà la parola a voci autorevoli e ormai escluse dal mainstream. Manca il punto di approdo (una piattaforma politica, in grado di rappresentare certe istanze) e manca anche una piattaforma informativa unificata, che possa fungere da moltiplicatore, incrementando l’impatto della diffusione di verità autentiche. Certo, il bavaglio a “ByoBlu” è una cannonata contro l’ammiraglia italiana della libertà di informazione. E’ il segno che la “guerra” non è più fatta solo di minacce (sospensioni, demonetizzazioni), ma ormai usa le maniere forti, il metodo antico della sopraffazione più plateale.E’ qualcosa di estremamente pericoloso, e al tempo stesso ambivalente: il potere oggi ha paura, persino di “ByoBlu”? E’ un potere così fragile, quello mediatico, se non sa più tollerare nemmeno la presenza di una semplice voce dissonante? C’è un che di apocalittico, negli sviluppi dell’attualità mondiale, a partire dalla sordida congiura del silenzio che ha coperto le sconcertanti manomissioni del risultato elettorale americano. Falsità a catena, a cascata, anche nella psico-narrazione del mostro epidemico che si è letteralmente impossessato del pianeta: uno spettro utilizzato come clava per imporre il cambiamento epocale delle abitudini delle persone, ancora ignare – in maggioranza – della vera posta in gioco. Diceva Giulietto Chiesa: senza informazione, non ci può essere nemmeno democrazia. Cosa aspettarsi, di buono, se la gente non sa quello che sta succedendo, davvero, perché i media hanno smesso di raccontarlo? Che fine abbia fatto, la democrazia, lo spiega il burocratese dei Dpcm. Al resto provvedono gli algoritmi di Google e Twitter, le censure di Facebook, gli oscuramenti medievali imposti da YouTube. E siamo solo all’inizio, a quanto pare. Se non altro, il re è nudo: il nemico si è dichiarato. E’ in guerra, contro di noi.(Giorgio Cattaneo, “YouTube spegne ByoBlu: oscurato mezzo milione di italiani”, dal blog del Movimento Roosevelt del 31 marzo 2021).Mezzo milione di lettori? Possono solo sognarseli, oggi, i grandi quotidiani: anche se occupano militarmente la televisione a reti unificate, coi loro giornalisti ospiti degli info-talk 24 ore su 24. Giornalisti scambiati per esperti e intervistati da colleghi, a chiudere il cerchio di un cortocircuito informativo, basato su una regola d’oro: non infrangere mai il dogma della verità ufficiale, quella ammissibile. Lo disse apertamente l’allora neo-direttore della “Stampa”, Massimo Giannini, a proposito della tempesta Covid: per ragioni di sicurezza è giusto perderla, una quota di libertà. Ed è esattamente per questo – la rinuncia collettiva a dire le cose come stanno – che il maggior video-blog italiano, “ByoBlu”, dall’inizio della crisi pandemica ha visto letteralmente esplodere i suoi numeri: tutti italiani ansiosi di avere informazioni finalmente attendibili, sull’emergenza in corso. Numeri enormi: 525.000 iscritti, che hanno garantito oltre 200 milioni di visualizzazioni ai duemila video pubblicati, nel corso di ormai 14 anni. Troppa gente, troppe spiegazioni: per questo, Google ha deciso di chiudere il canale YouTube di “ByoBlu”, il mezzo di informazione indipendente più seguito dagli italiani.
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Il piano: noi, Mario Draghi e il grande cimitero dei sogni
E’ notte fonda, e qualcuno passeggia: muove i suoi passi solitari nel cimitero dei sogni, tra i nomi di illustri caduti. Aldo Moro e la lira italiana, il Craxi di Sigonella, l’ultimo Andreotti che tentò di difendere l’Italia dal sacrificio rituale imposto dalla Germania come contropartita, in cambio della rinuncia al marco, onde ottenere dalla Francia il via libera all’agognata riunificazione di Berlino e Bonn. La Francia è ancora quella che lucra sottobanco la rendita imbarazzante del franco Cfa, sulla pelle di 14 paesi africani. Idem la Germania, col suo debito pubblico truccato e l’imbroglio della Kfw, banca pubblica travestita da banca privata, abilitata quindi a finanziare il governo all’infinito, alla faccia dell’Ue e della Bce, specie se anche al Reich mercantile di Angela Merkel toccano le spese extra dell’emergenza Covid. Là in fondo c’è l’Italia, con i suoi eroi come il presidente di Confindustria, che il martedì elegge l’oscuro Gualtieri a stratega del secolo e il mercoledì si genuflette all’altro genio, quello vero, chiedendogli da subito di tagliare le pensioni. L’establishment, lo chiamano. Il back office, il Deep State. L’élite, l’oligarchia. La crema di Davos, gli infidi scienziati del Grande Reset bio-politico, bipartisan e green, politically correct, psico-sanitario e orwellianamente zootecnico.Non sono facili da ricordare, i nomi degli abitanti del piccolo acquario zoo-politico nazionale: si tratta di esemplari comuni di ittiofauna minore e destinata a estinguersi senza lasciare traccia, pur avendo ingombrato le televisioni con la loro non-politica regolarmente emergenziale, vuota e cieca, orientata solo dagli umori volatili dai sondaggetti settimanali. Un copione sempre più increscioso ma in voga da decenni, cioè sin da quando i sogni sparirono dalla politica e finirono, uno dopo l’altro, nel loro speciale cimitero. Il primo grande ospite del mausoleo, secondo Bob Dylan, si chiamava John Kennedy: se viene ucciso come un cane l’Imperatore del Mondo, significa che il piano è partito da molto in alto, e con l’intento di fare moltissima strada. Del resto, un killer lo si trova sempre. E il piano dispone di un intero armadio di passaporti: da quello del Cile, dove assassinare Salvador Allende, a quello della Svezia, il paese in cui freddare il primo ministro Olof Palme sorpreso sottobraccio alla moglie, all’uscita di un cinema, come un cavaliere senza scorta. Un leader a cui non piaceva, la piega che stavano prendendo gli eventi: troppe ingiustizie, troppe bugie.Il piano eliminò il grande sindacalista panafricano Thomas Sankara, profeta della sovranità economica grazie a cui il continente nero avrebbe smesso di essere preda di razziatori e terra di emigranti. Nel cimitero lo seguì l’eroe di guerra Yitzhak Rabin, trasformatosi in campione della pace per spegnere un incendio durato mezzo secolo, usato come alibi da tutti gli incendiari, sotto qualsiasi bandiera. Il piano si era messo a correre, quando Bill Clinton aveva liberato da ogni vincolo la finanza speculativa, cancellando il Glass-Steagall Act con il quale Roosevelt aveva separato le banche d’affari dal credito ordinario. L’appetito degli arconti si fece smisurato: sfrattarono Gorbaciov e fecero un sol boccone della Russia, ma ancora non bastava. C’erano due torri, gemelle, da buttare giù: soffiò così forte, il Re dei Venti, da abbatterne anche una terza, neppure sfiorata da alcun aereo. Bastò a lordare di guerra mezzo mondo, inventando terrorismi tragicamente sanguinosi e pronti a fare strage persino nel cuore dell’Europa, il continente nel frattempo sottomesso con il più antico degli stratagemmi, il monopolio privato del denaro un tempo pubblico.In realtà, il germe primitivo del piano potrebbe essere antichissimo, stando alle memorie del plenipotenziario vaticano Giacomo Rumor, raccolte dal figlio Paolo nel saggio “L’altra Europa”: un’unica filiera scelta per esercitare un potere pressoché dinastico, ereditato addirittura 12.000 anni fa nella terra dei Sumeri, dai misteriosi rifondatori del pianeta. E architettato per dominare – attraverso regni, imperi e religioni, fino alla politica moderna – l’intera umanità post-diluviana, quella che ieri ascoltava il verbo di Greta Thunberg e oggi ha appena finito di assistere allo spettacolo madornale dell’elezione notturna di Joe Biden, dopo aver sentito raccontare che la peste del millennio sarebbe stata trasmessa all’uomo da un maledetto pipistrello. Non si scherza, coi signori del piano: una delle tombe più famose, nel cimitero dei sogni, è quella di Ernesto Che Guevara. E’ a due passi da quella di un altro comunista, Patrice Lumumba, fatto assassinare dal mercenario Moise Ciombé. Si può morire da idealisti, ma la mano del killer non risparmia nemmeno chi ha creduto di proteggersi ricorrendo anche al più spietato cinismo: ne sa qualcosa Muhammar Gheddafi.Poco importa che gli ordini vengano da Ur o da Washington, da Tel Aviv o da Betlemme, da Teheran o da Pechino: dovrebbe essere chiaro a tutti, ormai, che il piano non ha patria. Vuole il mondo, e non da oggi. Lo vuole a qualsiasi costo: ieri facendo morire anche i bambini, in Grecia, rimasti senza medicine, e ora costringendo miliardi di individui a vivere nel terrore, faccia a terra, rinunciando per sempre alla loro relativa libertà. Quando accade qualcosa di mostruoso, il monitor va regolarmente fuori fuoco: lo racconta in modo impareggiabile Dino Buzzati, evocando un nemico incombente – i tartari – che in realtà non si vedono mai. Dove siamo finiti, se siamo arrivati al punto in cui è vietato pensare? Dove siamo, se – per decreto – è vietato anche respirare? Non avrai altro orizzonte che il mio vaccino, dice l’intruso che si è impadronito del pianeta con l’aiuto dei consueti avventurieri, a loro agio tra Wuhan e Parigi, New York e Riad. Dove siamo, se i cosiddetti social media tolgono la parola al presidente degli Stati Uniti, nell’agghiacciante indifferenza di giornali, televisioni e magistrati?Qui, siamo: nel cimitero dei sogni. Che però non è deserto, come potrebbe sembrare. C’è chi passeggia, in piena notte, tra quelle sepolture. Cammina e medita: sa che il piano non è una fantasia, purtroppo, ma non è neppure l’unico. Non c’è mai un solo piano, ce ne sono svariati. E non è detto neppure che i grandi decisori siano così unanimi, nell’attuare quello che appare il disegno dominante, coi suoi risvolti francamente tenebrosi. La storia – scrisse Montale – non è poi la devastante ruspa che si dice: lascia sottopassaggi, cripte, nascondigli. E’ bene non dimenticarlo mai, specie quando il cielo è così minaccioso da far temere il peggio, in mezzo alla desolazione di una dismisura che sembra irreparabile, letteralmente inaffrontabile come una misteriosa malattia, una peste terminale da fine della storia. Qualcuno può farlo deragliare, il piano, senza però che lo si sappia in giro: provvederanno i soliti storyteller, a piccole dosi, a somministrare caramelle ai bambini, il bacio della buonanotte. Si tratta anche di non turbarla troppo, la pace mortale dell’acquario: tutti quei pesci devono continuare a poter fingere di esistere.Smisero, i loro nonni – come ricorda Paolo Barnard – quando i grandi azionisti del piano scomodarono l’avvocato d’affari Lewis Powell, perché approntasse un vademecum. Istruzioni precise, su come intrappolare i sognatori in entrambi i modi, cioè stroncando brutalmente gli irriducibili e comprando tutti gli altri, uno alla volta. Nel mappamondo, la piccola Italia restava un osso duro: c’era da demolire l’Iri, il maggiore aggregato industriale dell’intera Europa, motore (pubblico) del ruggente boom privato. C’era da lavorare molto, per fabbricare una prigione scintillante, senza democrazia, i cui ospiti – italiani e francesi, tedeschi e inglesi – ricominciassero a guardarsi in cagnesco, facendosi le scarpe. C’erano narrazioni favolose, da inventare: sommi tecnocrati, filibustieri e capitani coraggiosi, tutta una classe politica da mandare al macero, o in esilio in Tunisia. C’erano eroi di latta, da lanciare in pista, a dire a tutti: rassegnatevi, d’ora in avanti avrete sempre di meno. E giù applausi scroscianti, anche se poi – incidentalmente – il tritolo disintegrava i giudici antimafia.Quando il fiato si è fatto pesante, sono arrivati infine i saltimbanchi a recitare le loro parodie, le piccole rivoluzioni da operetta. Gli hanno lasciato la scena, per qualche tempo, gli uomini del piano. Ma, al segnale convenuto, hanno ripreso il controllo e accelerato, spingendosi ben oltre l’immaginabile: segregazione obbligatoria e coprifuoco, come in guerra, grazie allo zelo di opportune marionette. Nessuna terapia: il copione prescrive la paura, come medicina unica. E il risultato – l’obbedienza – deve aver sbalordito gli stessi strateghi dell’azzardo: al punto da incoraggiarli a non avere più freni, osando l’inosabile, nel progettare il nuovo inferno per le pecore. Deve saperlo, chi cammina fra le tombe: non sarà facile trovare le parole per cambiare il piano. Serviranno trucchi, l’artificio creativo dell’affabulazione. Non c’è altro linguaggio, alla portata dell’acquario: bisognerà giocare con le stesse antiche frottole, riconvertendole in qualcosa di spendibile, titoli e slogan per l’eventuale nuova era, dando tempo ai frastornati e ai creduloni. Armarsi di pazienza è l’unico sistema, per chi davvero vuol provare a fare uscire i sogni dal loro cimitero.(Giorgio Cattaneo, 5 febbraio 2021)E’ notte fonda, e qualcuno passeggia: muove i suoi passi solitari nel cimitero dei sogni, tra i nomi di illustri caduti. Aldo Moro e la lira italiana, il Craxi di Sigonella, l’ultimo Andreotti che tentò di difendere l’Italia dal sacrificio rituale imposto dalla Germania come contropartita, in cambio della rinuncia al marco, onde ottenere dalla Francia il via libera all’agognata riunificazione di Berlino e Bonn. La Francia è ancora quella che lucra sottobanco la rendita imbarazzante del franco Cfa, sulla pelle di 14 paesi africani. Idem la Germania, col suo debito pubblico truccato e l’imbroglio della Kfw, banca pubblica travestita da banca privata, abilitata quindi a finanziare il governo all’infinito, alla faccia dell’Ue e della Bce, specie se anche al Reich mercantile di Angela Merkel toccano le spese extra dell’emergenza Covid. Là in fondo c’è l’Italia, con i suoi eroi come il presidente di Confindustria, che il martedì elegge l’oscuro Gualtieri a stratega del secolo e il mercoledì si genuflette all’altro genio, quello vero, chiedendogli da subito di tagliare le pensioni. L’establishment, lo chiamano. Il back office, il Deep State. L’élite, l’oligarchia. La crema di Davos, gli infidi scienziati del Grande Reset bio-politico, bipartisan e green, politically correct, psico-sanitario e orwellianamente zootecnico.
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Comunisti, cioè santi: sul Pci, frottole lunghe 100 anni
Antonio Gramsci era un santo. Palmiro Togliatti un fior di riformista, sulla scia del socialista Filippo Turati. Il Partito comunista era non solo del Migliore (Togliatti, appunto), ma anche dei migliori, essendo i suoi elettori colti e moralmente irreprensibili. La svolta della Bolognina e la trasformazione in Partito democratico della sinistra fu una geniale intuizione di Giorgio Napolitano, e non di Achille Occhetto. Botteghe Oscure prese le distanze da Mosca un poco alla volta, ma con decisione, fin dal dopoguerra, quando scelse di partecipare al processo democratico. Budapest non è mai esistita. La Primavera di Praga, neppure. I Gulag sono un’invenzione della propaganda. L’Unione Sovietica era pacifista, a differenza dei guerrafondai statunitensi. I dissidenti erano fascisti sotto mentite spoglie. Questo, a sommi capi, è il ritratto del Partito comunista italiano, nato cento anni fa con la scissione di Livorno, che abbiamo potuto leggere sui quotidiani, in pratica tutti, spesso in articoli firmati da… (ex?) comunisti.Massì. Non facciamo i bastian contrari a tutti i costi. È stupido ricordare fatti sgradevoli. San Gramsci disse che la piccola e media borghesia erano «la barriera di umanità corrotta, dissoluta, putrescente, con cui il capitalismo difende il suo potere economico e politico, umanità servile, abietta, umanità di sicari e di lacchè». Quindi proseguiva, con divino afflato, che la classe sociale in questione bisognava «espellerla dal campo sociale, come si espelle una volata di locuste da un campo semidistrutto, col ferro e col fuoco». Col ferro e col fuoco, che carino. Sul riformismo di Togliatti, sarebbe proprio cercare il pelo nell’uovo il voler ricordare queste parole del Migliore: «Nella persona e nell’attività di Filippo Turati si sommano tutti gli elementi negativi, tutte le tare, tutti i difetti che sin dalle origini viziarono e corruppero il movimento socialista italiano, che lo condannarono al disastro, al fallimento, alla rovina. Per questo la sua vita può bene essere presa come simbolo e, come un simbolo, anche la sua fine. L’insegna sotto cui questa vita e questa fine possono essere poste è l’insegna del tradimento e del fallimento. Nella teoria Turati fu uno zero».Uno zero? Dai, Palmiro, non fare l’invidioso, sappiamo tutti (?) che in realtà Turati fu il tuo maestro. Quanto alla guerra di Liberazione, chiedere informazioni nel triangolo rosso e lungo il confine orientale: regolamento di conti a mano armata (quella comunista), brigate tradite e sotterrate (dai gappisti), infoibamenti (dai gappisti e dai compagni titini). La “svolta” democratica era tatticismo, voluto e ordinato da Mosca, che stava rafforzando la presa sull’Europa dell’Est e non poteva permettersi l’apertura di un fronte in Italia. In quanto alle posizioni del Partito comunista davanti all’ingresso dei carri armati in Ungheria, sono limpide. Ecco qua cosa scriveva Giorgio Napolitano: «L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo». Secondo “l’Unità”, gli insorti non erano socialisti in cerca di riforme ma «teppisti, spregevoli provocatori e fascisti».Beh, direte voi, però a Praga nel 1968… No, signori, davanti alla repressione, il Partito comunista, con Berlinguer in ascesa a fianco di Luigi Longo, non riuscì ad andare oltre un «forte dissenso». Ah, il dissenso. Vogliamo parlare del tentativo, andato a vuoto, di impedire la pubblicazione del “Dottor Zivago” di Boris Pasternak? Rossana Rossanda si prese la briga di far capire all’editore Giangiacomo Feltrinelli che quel romanzo era brutta propaganda anti-comunista. Darlo alle stampe significava «passare il segno». Non solo Rossana Rossanda. Scese in campo tutta la prima linea della dirigenza: Pietro Secchia, Paolo Robotti, Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Mario Alicata. E quando il Premio Nobel per la letteratura Aleksandr Solgenitsin fu esiliato? I comunisti di casa nostra giudicarono l’atto proporzionato, una dimostrazione di responsabilità da parte dei sovietici. Certo, l’esilio era una misura restrittiva dei diritti individuali, ma Solgenitsin aveva sfidato lo Stato e sostenuto aberranti tesi controrivoluzionarie.Sì, però dopo… a un certo punto le cose saranno cambiate. Nel 1977, non ancora. Quello fu l’anno della Biennale del dissenso voluta da Carlo Ripa di Meana. Ordine diretto di Mosca, subito raccolto dai compagni italiani: boicottate la mostra veneziana. Inutilmente cercherete notizia di questi o analoghi fatti. Prevale, nella stampa e nell’editoria, l’adorazione per la storia formidabile del comunismo italiano, senza macchia e senza paura. D’altronde, il comunismo ha perso come sistema politico ma ha vinto come sistema culturale, come mentalità di massa. Facciamo un esempio. Chi ha pagato il conto più salato in questi mesi piagati dalla pandemia? La piccola o media borghesia, impossibilitata a lavorare e ingannata dai mitici ristori, ovvero soldi a pioggia che non arriveranno mai nella misura necessaria e promessa. D’altro canto, come potrebbe lo Stato italiano, che non ha un centesimo, provvedere davvero a tutto? Bene, ricordate le parole di Gramsci da cui siamo partiti? La borghesia «da espellere… col ferro e col fuoco»?(Alessandro Gnocchi, “Il Pci celebra cento anni di menzogne”, dal “Giornale” del 19 gennaio 2021).Antonio Gramsci era un santo. Palmiro Togliatti un fior di riformista, sulla scia del socialista Filippo Turati. Il Partito comunista era non solo del Migliore (Togliatti, appunto), ma anche dei migliori, essendo i suoi elettori colti e moralmente irreprensibili. La svolta della Bolognina e la trasformazione in Partito democratico della sinistra fu una geniale intuizione di Giorgio Napolitano, e non di Achille Occhetto. Botteghe Oscure prese le distanze da Mosca un poco alla volta, ma con decisione, fin dal dopoguerra, quando scelse di partecipare al processo democratico. Budapest non è mai esistita. La Primavera di Praga, neppure. I Gulag sono un’invenzione della propaganda. L’Unione Sovietica era pacifista, a differenza dei guerrafondai statunitensi. I dissidenti erano fascisti sotto mentite spoglie. Questo, a sommi capi, è il ritratto del Partito comunista italiano, nato cento anni fa con la scissione di Livorno, che abbiamo potuto leggere sui quotidiani, in pratica tutti, spesso in articoli firmati da… (ex?) comunisti.
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Paura e delirio senza fine: quanto manca alla mezzanotte?
Dopo un anno esatto di Covid, eccoci nel nuovo Impero della Paura. A regnare è il caos, in ogni campo, persino tra le analisi: c’è chi ancora non vede (o almeno, dice di non vedere) la regia mondiale di quanto sta avvenendo, e chi – al contrario – sostiene che un giorno ringrazieremo questa catastrofe, una medicina (amarissima, ma salutare) per uscire dalla Matrix delle finzioni, dove i buoni in realtà sarebbero i veri cattivi. Eterogenesi dei fini: tanto peggio, tanto meglio. L’ascia del Covid è spietata: falcia diritti e libertà, ma tanti bravi cittadini preferiscono tacere e subire, all’infinito, in attesa di non si sa cosa, fingendo di non aver mai sentito nominare l’espressione Grande Reset, formulata nel santuario di Davos. Quando tutte le notizie scomode diventano complottismo negazionista, ci si ritrova in una pessima sala d’aspetto: a separarci dalla dittatura sono ormai poche parole in libertà, sempre più clandestine, ostracizzate “worldwide” da chi criminalizza il diritto alla verità. Ad accecare gli ipovedenti sono, ancora una volta, le maschere teatrali della politica: «Se l’ha detto quel cretino, allora non è vero. Preferisco l’usato sicuro, i leader affidabili». Quali? Quelli che da quasi 12 mesi tengono i consimili “faccia a terra”, in attesa della seconda ondata e poi della terza, della quarta, della centesima?Attenti alle parole: “lockdown” viene dal lessico carcerario, “coprifuoco” da quello bellico. Lo ha ricordato lo scrittore Roberto Quaglia, in un video di fine anno in cui constata il trionfo, per via pandemica, della Decrescita Infelice vaticinata e invocata da Greta Thunberg. Detto fatto: solo in Italia hanno già chiuso i battenti trecentomila aziende, e la flessione paurosa del Pil preannuncia lacrime e sangue per il 2021. “Andrà tutto bene”, belavano le pecore dai balconi, mentre i medici – a cui era stato impedito di effettuare autopsie – finivano col causare la morte di molti pazienti, in terapia intensiva, trattandoli con ossigeno anziché con eparina. Tuttora manca un protocollo nazionale che metta i sanitari in condizione di intervenire tempestivamente e sistematicamente, a domicilio, con farmaci efficaci (nel frattempo individuati), come se l’emergenza non dovesse finire mai. Anziché Plaquenil e cortisonici, dal cielo sono piovuti tamponi: servivano a gonfiare il panico e i numeri da sciorinare a reti unificate, giustificando sia il “carcere” per i cittadini che la “guerra” contro di noi, cioè il lockdown e il coprifuoco. Misure insensate, feroci, ingiuste e disperatamente inutili, inefficaci e vane sul piano sanitario, ma provvidenziali per ottenere il vero risultato atteso dal Grande Reset, il genocidio socio-economico dello zoo a beneficio dei supremi gestori dell’allevamento.Sul piano estetico, a spiegare l’inguardabilità dello spettacolo italiano bastano i nomi: Conte e Casalino, Arcuri e Ricciardi, Di Maio, Speranza, Renzi, Zingaretti. Non una denuncia, forte e chiara, dai colleghi Salvini, Meloni e Berlusconi: solo variazioni sul tema, pigolii e flebili distinguo, mentre Big Tech fa a pezzi quel che resta della privacy e, insieme al mainstream cartaceo e radiotelevisivo, getta nella spazzatura persino l’uomo della Casa Bianca, trasformato in delinquente seriale e trattato come si sarebbe fatto in altre epoche, giustiziato senza processo e senza diritto di parola. Brutta anticamera, quella in cui stiamo scivolando, in cui una fanfara alza il volume per coprire gli ultimi, disperati muggiti umani. Il microfono viene invece lasciato aperto per i ragli del complottismo terrapiattista, quello vero, che vaneggia di uomini-lucertola e giustizieri altrettanto favolosi. Si scandalizzano e si meravigliano, i millenaristi del neo-catastrofismo apocalittico, come se non sapessero che fine fece Giordano Bruno il 17 febbraio dell’anno 1600. Un caso troppo lontano? Niente paura: parlano da sole le morti di Martin Luther King, Salvador Allende, Olof Palme, Thomas Sankara, Yitzhak Rabin. Un mondo perfetto, capace di macellare in diretta Tv il presidente degli Stati Uniti d’America, a Dallas, nel 1963.Il campionato di calcio è l’unica fonte di notizie che, in Italia, riesca a competere con il dominio psico-sanitario dell’Agenda del Terrore. Fantasmi mascherati nelle strade, fantocci imbavagliati persino alla guida dell’auto, lemuri impauriti che rincasano rigorosamente entro le 22. Fino a quando? Non se lo domandano? Credono ancora che basti un attimo di pazienza in più, come quando – nel marzo scorso – si illusero che tutto finisse, come solennemente promesso, in una manciata di settimane? E allora avanti così, per sempre: didattica a distanza, lavoro a distanza, vita a distanza. Ravvicinatissimo, invece, l’ago della siringa per il fatale inoculo della Salvezza. Incubi? No: fotografie. Istantanee quotidiane, della nuova zootecnia regimata dall’intelligenza artificiale, dalle onde millimetriche del wireless satellitare, dalle fantomatiche molecole sperimentali interattive. Fake news? Magari, lo fossero. La maggior disonestà dei censori, reticenti e faziosi, consiste in questo: fingere di non sapere che Antigone, in realtà, si augura sempre che i suoi infausti presagi possano essere fallaci.Al netto dei bullismo dei cospirazionisti, che vivono di esibizionismo sensazionalistico basato su indizi travisati e allarmi infondati, una rilevante quota di umanità condivide preoccupazioni serie, basate su informazioni ormai reperibili soltanto negli scantinati: quelli che Big Web sta sprangando, uno ad uno, nel timore che possano illuminare verità imbarazzanti e dare coraggio ai naufraghi dispersi, rassegnati alla morte civile della politica. In simili frangenti, l’inerzia dei ciechi – il loro ottuso egoismo, la loro pavidità individuale e sociale – rischia di fare più danni dei governi: trascina in basso l’asticella della dignità, il minimo sindacale del vivere comune, incoraggiando progressivamente i maggiori abusi. Non a tutti capita di vivere, in prima persona, tornanti storici come questo: sono i momenti in cui un gesto vale una vita. Chi si volta dall’altra parte, e chi invece accende il cervello. E’ come se l’umanità si stesse fatalmente dividendo, in modo drammatico e forse definitivo. Da una parte la paura, madre dell’odio e della menzogna, e dall’altra la resistenza. Chi teme, vive sperando: e così resta inerte e si vota alla disfatta, la sua e quella altrui.Nessuno insorge, per ora: in compenso, si susseguono risvegli. Rassegnarsi a sopravvivere come topi? No, grazie. Neppure di fronte alla dose quotidiana di magime che gli scienziati del Grande Reset garantirebbero, giusto per scongiurare disordini. E’ una ricetta antica, quella di Friedrich von Hayek: meglio che il povero non cada nella disperazione, perché la ribellione renderebbe instabile il sistema che i poveri li produce in batteria, a milioni. Nella Bibbia, è Yahweh a stabilire il valore monetario di ciascuno. Nel libro “L’altra Europa”, Paolo Rumor – nipote del cinque volte primo ministro – parla di una “Struttura”, sempre la stessa, che gestirebbe il bestiame umano, da millenni. Papa Bergoglio, quello che ha concesso alla dittatura di Pechino il potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina, ha appena stipulato in Vaticano un accordo con il Council for Inclusive Capitalism, organismo promosso da Lynn Forester de Rothschild. Fa politica, Bergoglio: accetta di oscurare il Natale, ma in compenso promuove i vaccini. Arriva a sostenere che chi non si vaccina mette in pericolo la vita degli altri: come se il siero, quindi, non bastasse di per sé a proteggere il soggetto vaccinato.Dove arriveremo, di questo passo? Alla chiusura terminale della recinzione attorno allo zoo, o alla liberazione dei prigionieri? Il carceriere parte in vantaggio. O meglio, il suo vantaggio è smisurato: ha connesso in rete il pianeta, dunque può sottoporlo in modo simultaneo a qualsiasi trattamento (politico, economico, finanziario, culturale, sanitario, ecologico, climatico). Gli ottimisti dicono che le zampate del drago testimoniano una sua recondita paura: il timore del mitico, grande risveglio collettivo, ormai imminente. Sbirciando l’Italia, non si direbbe: la televisione propone il solito menù dell’ipnosi, tra virologi e ordinari nientologi. Lo schianto planetario non arriva ancora nei salotti: si ferma alla rivolta dei ristoranti, all’esasperazione di chi ha già perso tutto. Quanto manca, alla mezzanotte? A che ora si spegnerà la luce, seppellendo la farsa dell’odio e della paura? L’enormità avanza, dilagando: ha una dimensione mostruosa, planetaria, psicologica. E’ in atto una mutazione dell’antropologia: sta crollando un intero sistema di credenze, di stili di vita, e non è la popolazione ad aver votato per il crollo. La popolazione non sceglie: subisce. Alla conta, manca la risposta alla domanda principale: perché. Perché così, perché proprio adesso.(Giorgio Cattaneo, 17 gennaio 2021).Dopo un anno esatto di Covid, eccoci nel nuovo Impero della Paura. A regnare è il caos, in ogni campo, persino tra le analisi: c’è chi ancora non vede (o almeno, dice di non vedere) la regia mondiale di quanto sta avvenendo, e chi – al contrario – sostiene che un giorno ringrazieremo questa catastrofe, una medicina (amarissima, ma salutare) per uscire dalla Matrix delle finzioni, dove i buoni in realtà sarebbero i veri cattivi. Eterogenesi dei fini: tanto peggio, tanto meglio. L’ascia del Covid è spietata: falcia diritti e libertà, ma tanti bravi cittadini preferiscono tacere e subire, all’infinito, in attesa di non si sa cosa, fingendo di non aver mai sentito nominare l’espressione Grande Reset, formulata nel santuario di Davos. Quando tutte le notizie scomode diventano complottismo negazionista, ci si ritrova in una pessima sala d’aspetto: a separarci dalla dittatura sono ormai poche parole in libertà, sempre più clandestine, ostracizzate “worldwide” da chi criminalizza il diritto alla verità. Ad accecare gli ipovedenti sono, ancora una volta, le maschere teatrali della politica: «Se l’ha detto quel cretino, allora non è vero. Preferisco l’usato sicuro, i leader affidabili». Quali? Quelli che da quasi 12 mesi tengono i consimili “faccia a terra”, in attesa della seconda ondata e poi della terza, della quarta, della centesima?
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Strategia del terrore: la vera barbarie, nell’anno del Covid
La pandemia è stata una prova generale di quel che può succedere se l’emergenza sanitaria diventa o viene usata come la priorità assoluta: libertà sospese, diritti elementari negati, arresti domiciliari per un popolo intero, strategie del terrore per tenere sotto scacco e sotto coperta un paese. Prima tutti accusavano Salvini di farsi impresario della paura (dei migranti); il governo Conte è diventato col Covid-19 impresario della paura del contagio, e ha costruito su quello il suo consenso e la sua permanenza al potere. Ma il discorso della dittatura sanitaria, naturalmente, va al di là del governo italiano, riguarda un pericolo latente d’involuzione delle democrazie, di sospensione della libertà, di democrazia sorvegliata e irregimentata, sul modello cinese. Nel timore di rischiare la pelle, siamo disposti a perdere ogni libertà e ogni dignità: qualcuno in futuro potrà veicolare le pandemie o usarle in questo modo per imporre regimi di sorveglianza. La pandemia ha assegnato al mondo scientifico un primato che la politica ha ceduto volentieri.
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Covid, disastro Italia: dossier, l’Oms nel mirino dei giudici
Adesso che i riflettori puntano dritti sull’Organizzazione Mondiale della Sanità, qualche testa rischia di saltare. I fatti ormai sono tristemente noti. E non riguardano solo il mancato aggiornamento del Piano pandemico, fattore che ha sicuramente contribuito ad affrontare in modo caotico la pandemia lo scorso marzo e ha portato a livelli di mortalità impressionanti, ma anche (e soprattutto) il rapporto che la divisione europea dell’ente ha redatto sulla risposta dell’italia alla pandemia. Risposta che Francesco Zambon, coordinatore degli autori del documento pubblicato l’11 maggio e fatto sparire nel giro di poche ore, definisce «caotica» e «improvvisata». Cosa è successo in quelle settimane? Nessuno lo vuole dire. Le versioni sono tante e non combaciano. E quando i pm di Bergamo hanno provato a vederci chiaro, ecco che l’Oms ha silenziato la verità obbligando i ricercatori a usare l’immunità. Non solo. Nelle ultime ore, secondo quanto apprende l’agenzia “LaPresse” da fonti vicine al dossier, il responsabile europeo, Hans Henri Klug, sarebbe pronto a ritirare le deleghe all’attuale vice presidente della sezione europea, Ranieri Guerra. Sin dall’inizio, come ricostruito nel “Libro nero del coronavirus”, l’Organizzazione mondiale della sanità non ha fatto altro che fare passi falsi nella gestione del coronavirus.C’è il tweet del 14 gennaio in cui nega la trasmissione del virus da uomo a uomo. Ci sono le inesattezze contenute nel report redatto dopo aver mandato i propri delegati a Wuhan per capire contro quale nemico avevamo iniziato a combattere. Ci sono pacchi di documenti sull’uso delle mascherine che non hanno fatto altro che creare malintesi e imbarazzi. E poi ci sono le ombre che, come già anticipato nei giorni scorsi dal “Giornale.it”, hanno portato i nomi dei vertici di Ginevra a finire non solo sul tavolo dei magistrati bergamaschi, ma anche su quello di altre procure del Belpaese. Nel mirino degli inquirenti ci sarebbe il rapporto intitolato “Una sfida senza precedenti: la prima risposta al Covid-19″. A incuriosire inizialmente era stata la frettolosa cancellazione dal sito dell’Oms dopo essere stato messo online solo poche ore prima. Il perché di questo passo indietro potrebbe essere spiegato da alcuni passaggi scottanti. Tra questi il mancato aggiornamento del “piano pandemico”. Nonostante le normative europee ed internazionali, l’Italia si è trovata ad affrontare la pandemia con linee guida vecchie che risalivano a quattordici anni fa. Per vederci chiaro lo scorso 5 novembre ha convocato Guerra per una audizione. Il direttore aggiunto dell’Oms si è presentato davanti ai pm, ma “a titolo personale”. Questa presa di posizione ha probabilmente iniziato a far sgretolare il muro di silenzi che si è costruito attorno al palazzo di Ginevra.Tra le accuse che gli vengono mosse c’è anche quella di aver fatto pressioni per cancellare il rapporto. A inchiodarlo ci sarebbero anche delle mail che “Report” ha reso pubbliche e su cui ora balla una querela. «Se anche l’Oms si mette in veste critica non concordata con la sensibilità politica del ministro che è certo superiore alla mia non credo che facciamo un buon servizio al paese», avrebbe scritto. «Ricordati che hanno appena dato 10 milioni di contributo volontario sulla fiducia e come segno di riconoscenza per quanto fatto finora, dopo sei anni di zero». Cosa c’è davvero dietro al rapporto censurato? Cosa ha spinto l’Oms a “spubblicarlo” in fretta e furia? Il ministro della salute Roberto Speranza ne era davvero a conoscenza? Ma soprattutto: perché non è mai stato aggiornato il piano pandemico? Se lo avessero fatto si sarebbe evitata l’ecatombe dello scorso marzo? Molto probabilmente sono queste le domande che i pm di Bergamo avrebbero voluto fare agli undici ricercatori dell’European Office for Investment for Health and Development di Venezia per vederci chiaro. Ma nei giorni scorsi i vertici di Ginevra hanno invocato l’immunità diplomatica, impedendo loro di presentarsi di fronte ai magistrati guidati dal procuratore Antonio Chiappani.«Ho ricevuto pressioni e minacce di licenziamento affinché modificassi il rapporto e scrivessi che il Piano pandemico risale al 2016 e non al 2006, come invece è». Zambon, che coordina la sede veneziana che ha redatto il documento, non si fa troppi problemi a dirlo. E probabilmente lo avrebbe anche detto davanti ai pm di Bergamo che lo hanno già convocato almeno tre volte (l’ultima il 10 dicembre). Il problema è che i vertici dell’Oms non glielo lasciano fare. Nelle scorse ore è intervenuta anche la Farnesina. Sabato scorso, secondo quanto anticipato da Massimo Giletti a “Non è l’Arena”, infatti, il ministro degli esteri Luigi Di Maio avrebbe chiesto all’Organizzazione Mondiale della Sanità di «considerare la possibilità di permettere a funzionari ed esperti di acconsentire alla richiesta del procuratore di essere sentiti come persone informate sui fatti». A Ginevra, però, la procedura non ha sortito grandi effetti. E se da una parte l’Oms ha assicurato che il documento è stato rimosso dopo che «sono state riscontrate inesattezze fattuali» e che l’obiettivo era di «di correggere gli errori e ripubblicarlo», dall’altra ha già preso i primi provvedimenti facendo saltare l’incarico a Guerra che, oltre a lavorare per l’organizzazione, fa anche parte del Comitato Tecnico-Scientifico ed è, quindi, a stretto contatto con il ministero della salute.(Andrea Indini, “Un terremoto ora investe l’Oms, l’uomo del Cts rischia di saltare”, dal “Giornale” del 14 dicembre 2020).Adesso che i riflettori puntano dritti sull’Organizzazione Mondiale della Sanità, qualche testa rischia di saltare. I fatti ormai sono tristemente noti. E non riguardano solo il mancato aggiornamento del Piano pandemico, fattore che ha sicuramente contribuito ad affrontare in modo caotico la pandemia lo scorso marzo e ha portato a livelli di mortalità impressionanti, ma anche (e soprattutto) il rapporto che la divisione europea dell’ente ha redatto sulla risposta dell’italia alla pandemia. Risposta che Francesco Zambon, coordinatore degli autori del documento pubblicato l’11 maggio e fatto sparire nel giro di poche ore, definisce «caotica» e «improvvisata». Cosa è successo in quelle settimane? Nessuno lo vuole dire. Le versioni sono tante e non combaciano. E quando i pm di Bergamo hanno provato a vederci chiaro, ecco che l’Oms ha silenziato la verità obbligando i ricercatori a usare l’immunità. Non solo. Nelle ultime ore, secondo quanto apprende l’agenzia “LaPresse” da fonti vicine al dossier, il responsabile europeo, Hans Henri Klug, sarebbe pronto a ritirare le deleghe all’attuale vice presidente della sezione europea, Ranieri Guerra. Sin dall’inizio, come ricostruito nel “Libro nero del coronavirus”, l’Organizzazione mondiale della sanità non ha fatto altro che fare passi falsi nella gestione del coronavirus.
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La Francia: virus “sfuggito” a Wuhan. Ma i media tacciono
Cina e Oms tornano a collaborare, almeno sulla carta, per capire le origini del Covid-19. Una collaborazione che doveva partire già lo scorso maggio, ma il governo cinese si oppose perché temeva una «estrema politicizzazione» e «indagini fondate sulla presunzione di colpevolezza». La Cina aveva paura di essere incolpata: «Una responsabilità che ormai tutti denunciano, anche enti del tutto non politicizzati e assolutamente non complottisti», spiega il sociologo Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Cesnur, intervistato da Paolo Vites per il “Sussidiario”. A puntare il dito su Wuhan è il Centro nazionale delle ricerche scientifiche francese, «considerato dagli stessi cinesi il secondo più autorevole al mondo». Secondo il Cnrs, il coronavirus sarebbe stato creato in laboratorio per studi sul salto genetico, producendo virus alterati: qualcosa di legittimo, fatto anche dai francesi stessi, ma sfuggito per le scarse capacità di sicurezza dei cinesi. «Qualcosa che la Cina non ammetterà mai, visto che la notizia non è stata riportata praticamente da nessuno», dice Introvigne, sottolineando la denuncia francese: «Non dicono che il virus sia stato portato fuori appositamente, ma che un incidente è possibile in un laboratorio che produce virus alterati per studiarne il salto».I francesi chiedono una moratoria su questi esperimenti, e hanno smesso di collaborare con Wuhan proprio perché non ci sarebbero le necessarie condizioni di sicurezza. «Questo rapporto sarebbe stato una bomba mediatica, ma – come si dice – è finito in cavalleria», accusa Introvigne: «Senza la collaborazione cinese ci saranno molte illazioni, ma poche parole». Si sa da tempo – osserva Vites – che l’Oms è gravemente compromessa con la Cina, che annovera molti suoi uomini all’interno della struttura. Che senso ha questo nuovo annuncio di collaborazione? «Potranno portare avanti la nuova favola complottista che li discolpa, come avevano già fatto con il salmone norvegese importato in Cina». A cosa si attaccano adesso? «Hanno ideato una nuova favola, appunto, portata avanti con molta più convinzione, tanto che ne hanno parlato in una conferenza stampa il viceministro degli esteri e tutti i quotidiani del partito comunista: il Covid sarebbe giunto in Cina tramite cibo congelato proveniente da non si sa quale paese occidentale». La cosa interessante, aggiunge Introvigne, è che ricercatori dell’Ue “specializzati in fake news” hanno identificato “Sputnik”, rete televisiva russa, come il soggetto che lanciato la notizia, subito ripresa dai cinesi.«La cosa più grave è che un funzionario dell’Oms ha rilasciato interviste in Cina dicendo che è una storia credibile e che indagheranno su di essa», sottolinea Introvigne. Russi e cinesi starebbero lavorando insieme per produrre false informazioni sul virus? «Esatto. C’è stato recentemente un incontro tra ministri della propaganda russo e cinese in cui è stata messa a punto questa strategia». Nel frattempo, si domanda Paolo Vites, l’Oms continua quindi a recitare una sorta di commedia? «Molte attenzioni sono da tempo concentrate sul segretario etiope Ghebreyesus, amico della Cina». Ma prima di lui, aggiunge Introvigne, bisogna ricordare che – per due mandati – l’Oms ha avuto una segretaria generale cinese: «Molti dei funzionari sono persone assunte durante quel periodo». Dopo quei due mandati, «la Cina ha poi manovrato perché ci fosse comunque un amico, come l’attuale segretario». Sempre secondo Introvigne, se gli Usa saranno guidati da Joe Biden faranno bene, come annunciato, a rientrare nell’Oms, proprio per condizionarla e “correggerla” dall’interno. Quanto all’Italia, le cose si complicano: a quanto pare, la Penisola è sempre più al centro delle mire cinesi.Una relazione approvata dal Copasir – ricorda Vites – sostiene che, da quando è cominciata la pandemia, la penetrazione commerciale e finanziaria cinese in Italia è aumentata moltissimo: e questo grazie al Movimento 5 Stelle, da sempre filo-cinese. «È un problema molto grave – conferma Introvigne – ma va al di là dei Cinquestelle». Attraverso il Cesnur, Introvigne si occupa anche di rifugiati cinesi che chiedono asilo politico in Italia, e su questo tema «ci sono sentenze eccellenti». Di recente, però, sarebbe stata emessa «una sentenza palesemente costruita», in favore del governo di Pechino. Sempre secondo Introvigne, l’episodio «dimostra che sull’Italia c’è uno sforzo capillare, da parte della Cina: su giornali di seconda fila, si leggono spesso articoli che sembrano veline dell’ambasciata cinese». E i 5 Stelle? «Sono stati richiamati all’ordine e Di Maio un po’ si è moderato, ma esiste un capillare lavoro cinese nel mandare veline ai giornali».Cina e Oms tornano a collaborare, almeno sulla carta, per capire le origini del Covid-19. Una collaborazione che doveva partire già lo scorso maggio, ma il governo cinese si oppose perché temeva una «estrema politicizzazione» e «indagini fondate sulla presunzione di colpevolezza». La Cina aveva paura di essere incolpata: «Una responsabilità che ormai tutti denunciano, anche enti del tutto non politicizzati e assolutamente non complottisti», spiega il sociologo Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Cesnur, intervistato da Paolo Vites per il “Sussidiario“. A puntare il dito su Wuhan è il Centro nazionale delle ricerche scientifiche francese, «considerato dagli stessi cinesi il secondo più autorevole al mondo». Secondo il Cnrs, il coronavirus sarebbe stato creato in laboratorio per studi sul salto genetico, producendo virus alterati: qualcosa di legittimo, fatto anche dai francesi stessi, ma sfuggito per le scarse capacità di sicurezza dei cinesi. «Qualcosa che la Cina non ammetterà mai, visto che la notizia non è stata riportata praticamente da nessuno», dice Introvigne, sottolineando la denuncia francese: «Non dicono che il virus sia stato portato fuori appositamente, ma che un incidente è possibile in un laboratorio che produce virus alterati per studiarne il salto».
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Il mistero di Franco Battiato, la strana eclissi di un genio
Ma in quale altro mondo è andato ad abitare Franco Battiato? Di lui non si sa più nulla da anni, ha intrapreso un viaggio in quel paese che gli somiglia tanto, per citare una sua canzone con le parole di Manlio Sgalambro che fanno il verso a Baudelaire. Dopo un paio d’incidenti è entrato in un misterioso nascondiglio, una specie di penombra sacra, forse di oscuramento della mente, che la pietà dei suoi cari proteggono da ogni sguardo curioso. Anche Aldo Nove, che gli ha dedicato ora una bella biografia che è poi un atto d’amore (”Franco Battiato”, Sperling & Kupfer), pare reticente sul passaggio all’ombra di Battiato, per rispettare il suo silenzio, per non oltraggiare la sua solitudine. O forse neanche lui sa davvero cosa sia successo. Non è la morbosità di sapere che ci spinge a scrivere di Battiato, ora 75enne: ma è per rendere onore a un cantautore d’eccezione, “un essere speciale”; una voce davvero unica, diversa, nel panorama della canzone. E non sto parlando solo di gusti musicali ma di una rarità assoluta: quello di Battiato è un canto spirituale.So quante ironie ha destato il suo linguaggio e la sua buffa stravaganza, a cominciare dai suoi conterranei, da Fiorello che ne fece gustose parodie all’antico re della tv, Pippo Baudo. Tre cannoni siciliani, anzi catanesi, di provincia. Ma l’aura delle sue canzoni, il tono della sua voce, l’atmosfera della sua musica, hanno un fascino evocativo, luminoso e arcano, che ti portano in un altrove. Sono esperienze spirituali, alcune si cimentano col mondo reale, con gli amori, la vita, il proprio tempo, i sentimenti e perfino la rabbia e lo sdegno; ma si avverte anche in quelle canzoni una presa di distanza, un passo diverso, come un respiro di altri mondi. A dividere e congiungere il sacro e il profano c’è in Battiato la sottile linea dell’ironia, che si fa talvolta auto-ironia, e stempera il tono ieratico nel tono ludico, si fa beffe dell’avida frenesia e ignoranza dei contemporanei. Sappiamo il retroterra di Battiato: René Guénon e Gurdjieff, i sufi, i dervisci. C’è un suo libretto, “Il silenzio e l’ascolto” (Castelvecchi), in cui conversa con Raimon Panikkar, Alejandro Jodorowsky, Gabriele Mandel e Claudio Rocchi. Ma altre pubblicazioni recano la sua impronta e accompagnano insieme alla sua pittura, come ali leggere, il suo cammino musicale.Tra i mondi che abita Battiato c’è pure quello magico della sua Sicilia. Fu proprio il filo della nostalgia per l’infanzia che mi fece conoscere Battiato. Lo seguivo da anni, avevo pubblicato come editoriale su “L’Italia Settimanale” il testo di “Povera Patria”. Ma fu la sua lettura di un mio libro dedicato alla nostalgia dell’infanzia che mi avvicinò a lui. Venne a presentarlo a Roma insieme a Giorgio Albertazzi e Pupi Avati. Arrivò per ultimo, in volo da Catania, e appena finì il suo intervento riprese il volo. Come se avesse parcheggiato l’aereo ancora rombante fuori dalla sala… Ritrovai poi consonanze d’infanzia e ricordi di controre d’estate al sud nel suo film autobiografico “Perdutoamor”. Difficile dire a quale canzone di Battiato si è più legati… Il centro di gravità permanente, Il vuoto, L’ombra della luce, l’Oceano di silenzio, Lode all’Inviolato, Pasqua etiope, E ti vengo a cercare, Le nostre anime, l’incanto multiplo dei Fleurs… E la più bella canzone d’amore che io conosca, La Cura, che commuove alle lacrime Aldo Nove, e non solo lui.Poi le voci straordinarie che a lui si accompagnano, di Giuni Russo, di Alice, di Antonella Ruggiero. Se Lucio Battisti esprime l’incanto perenne dell’adolescenza e Mina evoca la potenza struggente degli amori sfioriti, Franco Battiato canta la grazia dell’altrove, in una visione oltre la vita. “Via via via da queste sponde / portami lontano sulle onde”. Mi pento di aver ironizzato anni fa su un suo intervento sconcertante in tv dalla Gruber nella sua breve parabola di assessore alla cultura della regione siciliana; un dialogo dada, per non dire demenziale, con pause e malintesi imbarazzanti che forse era la spia di uno stato mentale che stava alterandosi. Il suo impegno in politica fu un errore, e non perché abbia scelto quel versante. La via dei canti di Battiato è al di là della destra o della sinistra, e succedanei. A spiegare la sparizione di Battiato ci soccorre Sgalambro, che scriveva in “Teoria della Sicilia”, premessa al libretto dell’opera di Battiato “Il cavaliere dell’intelletto”: «La volontà di sparire è l’essenza esoterica della Sicilia. Poiché ogni isolano non avrebbe voluto nascere, egli vive come chi non vorrebbe vivere; la storia gli passa accanto con i suoi odiosi rumori».La notazione di Sgalambro forse non vale per tutti i siciliani, in cui la tendenza a sparire gareggia con la tendenza teatrale a ostentare, anche il dolore e la magnificenza. Ma certo vale per lui e per Battiato. Forse fu quella la molla del loro incontro tra siciliani “a latere”. Un cantautore che frequentava altri orienti, in sintonia col mistico coautore Giusto Pio, s’incontra col filosofo più nichilista ed empio dei nostri tempi. «Mi capitò tra i piedi Battiato – raccontava Sgalambro da Lentini – ed è stato uno di quegli incontri che ti portano fuori strada». Me li ricordo insieme a cena dopo un suo strepitoso concerto a Segesta. Erano le tre di notte, eravamo sul mare a San Vito Lo Capo, ero a tavola di fronte a lui e Sgalambro che fingevano di mangiare, entrambi con lenti nere e silenzi tombali. Alle tre di notte. Di recente è arrivato dal suo iperuranio un corpo celeste in forma di canzone, dal titolo evocativo e l’atmosfera struggente, “Torneremo ancora”, che allude all’Eterno ritorno, alla reincarnazione, al tempo circolare e alla potenza evocativa del tornare. Ritorni presto l’era del Cinghiale Bianco.(Marcello Veneziani, “Il mistero di Franco Battiato”, da “La Verità” del 18 novembre 2020).Ma in quale altro mondo è andato ad abitare Franco Battiato? Di lui non si sa più nulla da anni, ha intrapreso un viaggio in quel paese che gli somiglia tanto, per citare una sua canzone con le parole di Manlio Sgalambro che fanno il verso a Baudelaire. Dopo un paio d’incidenti è entrato in un misterioso nascondiglio, una specie di penombra sacra, forse di oscuramento della mente, che la pietà dei suoi cari proteggono da ogni sguardo curioso. Anche Aldo Nove, che gli ha dedicato ora una bella biografia che è poi un atto d’amore (”Franco Battiato”, Sperling & Kupfer), pare reticente sul passaggio all’ombra di Battiato, per rispettare il suo silenzio, per non oltraggiare la sua solitudine. O forse neanche lui sa davvero cosa sia successo. Non è la morbosità di sapere che ci spinge a scrivere di Battiato, ora 75enne: ma è per rendere onore a un cantautore d’eccezione, “un essere speciale”; una voce davvero unica, diversa, nel panorama della canzone. E non sto parlando solo di gusti musicali ma di una rarità assoluta: quello di Battiato è un canto spirituale.
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“Ho ucciso per molto meno”: la pandemia vista da Rasputin
«Ho ucciso per molto meno», è il refrain del sulfureo Rasputin nelle storie di Corto Maltese, pensate e disegnate dal genio iniziatico di Hugo Pratt. Quante volte saremmo stati “uccisi per molto meno”, ultimamente? Per una questione di decimali, il Berlusconi distratto dalle “cene eleganti” fu ricattato con lo spread e detronizzato brutalmente. Oggi, l’accelerazione esponenziale del famosissimo debito pubblico farebbe impallidire quello di allora, presentato come pietra tombale del sistema-paese. A ruota, Madame Fornero s’incanaglì – con tanto di lacrime di coccodrillo preventive – contro gli anziani lavoratori esausti, a fine corsa, trasformando l’agognata pensione in un miraggio inafferrabile. E ora? S’è perso il conto delle deroghe alle restrizioni imposte al welfare: le facce di latta dell’Unione Europea, i Guardiani del Rigore, hanno svelato che i divieti (presentati allora come limiti assoluti, fisiologicamente invalicabili) sono invece mere convenzioni politiche: tranquillamente stracciabili, all’occorrenza. «Ho ucciso per molto meno», ringhierebbe Grigorij Rasputin, anche di fronte all’ultimo dogma platealmente crollato: che fine avrebbe fatto, il Salvini che straparlò di “pieni poteri”, se avesse osato impugnare anche solo il 10% dei poteri (pienissimi) esercitati in modo ferreo dal mini-premier venuto dal nulla e mai votato da nessuno?La prima cosa che noterebbe, il vecchio Rasputin, è la labilità della nostra memoria, purtroppo cortissima. Davvero è così facile raccontarci qualsiasi storia? Quella della cosiddetta pandemia, com’era prevedibile, ha cancellato in un battibaleno tutte le altre. Ulteriore prodigio, grazie al sapiente uso della paura – maneggiata manipolando i numeri reali della crisi sanitaria – la narrazione corrente non ha spento solo le memorie, ma anche molte altre risorse umane, legate alle capacità collettive di raziocinio. Se ne ricava uno spettacolo spaventoso, il peggiore possibile: da un lato la sceneggiatura omette in modo sistematico l’esistenza delle terapie ormai praticate con successo, dall’altro la platea seguita a dividersi in opposte tifoserie, il plaudente “popolo delle mascherine” contro gli “irresponsabili” che osano protestare, declassati al rango di dementi “negazionisti”. La canzone in voga ormai un secolo fa era semplicissima: “Io resto a casa”. La si cantava da migliaia di balconi, in soave letizia, come se si trattasse di una faccenda di qualche settimana: la classica quarantena. Poi si vide che il copione fiduciosamente illustrato era tutt’altro che attendibile: paura e speranza non erano esattamente gli ingredienti adatti a uscire dai guai. Semplice imperizia italica o colossale imbroglio, cinicamente progettato lontanissimo dai soliti palazzi?«Ho ucciso per molto meno», ripeterebbe il nerissimo “Raspa”, di fronte al devastante show planetario: la reticenza dei sapienti e la censura imposta agli scienziati dissidenti, il bavaglio alle verità scomode (vulgo, “fake news”), l’apparente stato confusionale della politica, i governi in bambola. E le moltitudini annientate nella loro dignità ordinaria di studenti, lavoratori ed esercenti, imprenditori, pensionati, esseri umani. Cittadini del mondo trasformati in pecorelle da zittire, causa forza maggiore, non si sa fino a quando, nell’attesa vagamente umoristica di un vaccino salvifico, sfuggente come la genetica mutevole del virus Rna. Forse, quello che va accadendo inesorabilmente lo si vedrebbe meglio dalla Luna, con un telescopio: la devastazione planetaria finirà per spalancare, uno alla volta, tutti gli occhi che ancora si ostinano a fissare solo l’indice puntato verso il cielo? Alla fine, il senso degli oscuri avvenimenti in corso servirà a riconquistare l’accesso a una nuova dimensione terrestre, orientata dalla luce? In altri termini: era “necessario” un infarto globale di questa portata, per mostrare all’intera famiglia umana l’inderogabile urgenza – a quale prezzo, lo si comincia a vedere – di gettare nella spazzatura il vecchio mondo?E’ nel naufragio, spiega Coleridge, che l’umana stirpe offre sempre il peggio di sé. Quale esito sortirà, dunque, questo naufragio così ferocemente inquinato dalla follia di tante dicerie? Davvero c’è chi crede ancora all’incidente, alla fatalità malata di una piaga senza soluzioni? Davvero c’è chi ancora pensa che, domani, il mare tornerà tranquillo e il campionato ricomincerà? Di fronte agli scettici, Giulietto Chiesa ripeteva: non crediate che un collasso del pianeta non sia da prendere in considerazione, pensate solo a cosa dev’esser stato, all’epoca, il crollo dell’Impero Romano. Negli ultimi decenni c’era chi temeva seriamente per la tenuta dell’ecosistema, e un giorno s’è trovato di fronte la piccola Greta. C’era chi paventava il pericolo di guerre nucleari, e invece ha dovuto fare i conti con terroristi esotici, gente con il turbante e il Rolex d’oro al polso. Altri ancora, inascoltati, segnalavano la stranissima insistenza, da parte di famosi personaggi, sull’improvvisa necessità di un trattamento sanitario obbligatorio, universale, reso letteralmente inevitabile da un’imminente pandemia. Se fosse come Astolfo a cavalcioni della Luna, riuscirebbe l’immortale Rasputin a recitare, ancora – persino da lassù – quella sua mitica battuta, che sembra scritta oggi. Davvero siete conciati così male? Per molto meno – direbbe il furfante – io avrei messo mano alla pistola. E non mi dite, aggiungerebbe, che non è colpa vostra, se non sapete più a chi credere.(Giorgio Cattaneo, “Ho ucciso per molto meno: la pandemia vista da Rasputin”, dal blog del Movimento Roosevelt del 17 ottobre 2020).«Ho ucciso per molto meno», è il refrain del sulfureo Rasputin nelle storie di Corto Maltese, pensate e disegnate dal genio iniziatico di Hugo Pratt. Quante volte saremmo stati “uccisi per molto meno”, ultimamente? Per una questione di decimali, il Berlusconi distratto dalle “cene eleganti” fu ricattato con lo spread e detronizzato brutalmente. Oggi, l’accelerazione esponenziale del famosissimo debito pubblico farebbe impallidire quello di allora, presentato come pietra tombale del sistema-paese. A ruota, Madame Fornero s’incanaglì – con tanto di lacrime di coccodrillo preventive – contro gli anziani lavoratori esausti, a fine corsa, trasformando l’agognata pensione in un miraggio inafferrabile. E ora? S’è perso il conto delle deroghe alle restrizioni imposte al welfare: le facce di latta dell’Unione Europea, i Guardiani del Rigore, hanno svelato che i divieti (presentati allora come limiti assoluti, fisiologicamente invalicabili) sono invece mere convenzioni politiche: tranquillamente stracciabili, all’occorrenza. «Ho ucciso per molto meno», ringhierebbe Grigorij Rasputin, anche di fronte all’ultimo dogma platealmente crollato: che fine avrebbe fatto, il Salvini che straparlò di “pieni poteri”, se avesse osato impugnare anche solo il 10% dei poteri (pienissimi) esercitati in modo ferreo dal mini-premier venuto dal nulla e mai votato da nessuno?
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Niente processo alle toghe: seppellite le verità di Palamara
La Procura generale della Cassazione è intervenuta pesantemente nel processo del Csm a Luca Palamara e ha chiesto che siano tagliati via 127 testimoni della difesa su 133. Comunque che non sia chiamato a testimoniare nemmeno un magistrato. Eppure tutta la difesa di Luca Palamara, si sa, consiste nel far raccontare ai suoi colleghi come funzionavano le nomine e il controllo della magistratura da parte delle correnti e del partito dei Pm. È chiaro che queste cose non possono raccontarle i cinque ufficiali della Finanza ammessi al banco dei testimoni. Non possono perché loro non sanno niente di come si nomina un procuratore, o un aggiunto, o un presidente di tribunale, ed eventualmente di come si patteggia una sentenza favorevole al Pm in cambio della nomina di un giudice. La Procura generale ha chiesto al Csm di affermare un principio che resti saldo come il cemento. Il principio che nessuno può processare la magistratura, nemmeno la magistratura.
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Magaldi: e dopo Bergoglio, ora Mike Pompeo striglierà Conte
Non che si diverta, Gioele Magaldi, a fare il profeta. E comunque sarebbe bello se, una volta tanto, le sue anticipazioni (previsioni, non profezie) ottenessero l’onore della cronaca, nel silente mainstream italico. Avrebbero tutto da guadagnare, i giornali, a dare – in anticipo – certe notizie. Per esempio: il clamoroso passaggio del “fratello” Mario Draghi al fronte progressista, da cui il rivoluzionario intervento keynesiano, sul “Financial Times”, con le sue istruzioni “rooseveltiane” su come uscire dall’emergenza economica scatenata dal coronavirus. Oppure: l’annuncio dell’intervento decisivo a favore all’Italia, in termini finanziari (acquisto di titoli di Stato, da parte della Bce) garantito dalla “sorella” Christine Lagarde, altro pezzo da novanta – fino all’altro ieri – dell’élite reazionaria, ora in forza (come Draghi e altri) allo schieramento massonico-democratico, di cui fanno parte anche Bob Dylan e Robert Kennedy Junior. Una galassia che appoggia Trump e contesta la gestione oligarchica della crisi, nonché la pericolosa manipolazione psico-terroristica del Covid, innescata utilizzando una Oms ormai finanziata soprattutto da Pechino e da Bill Gates.Ed è proprio la Cina l’argomento della terza, recente “profezia” di Magaldi, ignorata dai media e puntualmente confermata dai fatti: Mike Pompeo verrà a Roma per strigliare Bergoglio e Conte, considerati esponenti del partito “cinese” che starebbe sovragestendo il governo italiano, con fortissimi agganci anche in Vaticano. «Nella stampa italiana ho qualche nemico», ammette Magaldi, polemico con molte redazioni per l’ostinato silenzio con cui nel 2014 è stato accolto il suo besteller “Massoni”, un saggio scomodissimo che mette in piazza le malefatte occulte delle superlogge “neoaristocratiche”, coi loro terminali anche italiani. In questi anni, non si contano le previsioni azzecate da Magaldi, dall’improvviso declino di Renzi all’inattesa vittoria di Trump. Il giornalismo italiano sembra non aver ancora voluto fare i conti con le rivelazioni contenute nel libro “Massoni”, seguitando anche a ignorarne molto spesso l’autore. Così, non fanno esattamente un figurone i media che oggi – a reti unificate – sono costretti a dire, in ritardo, quello che Magaldi aveva anticipato la scorsa settimana.Impossibile continuare a tacere, di fronte al tweet con cui il segretario di Stato americano strattona ruvidamente nientemeno che il Papa, colpevole di contiguità col governo cinese. «Come avevo annunciato, nella sua imminente visita a Roma, Mike Pompeo non farà sconti a nessuno: apprezzo la franchezza con cui ha richiamato Papa Bergoglio, senza complimenti, sull’impegno verso il rispetto dei diritti umani». All’establishment politico, aveva anticipato Magaldi, Pompeo chiederà di ridimensionare il peso del partito trasversale “cinese”, funzionale agli interessi di Pechino, che tanto condiziona l’Italia. Idem il discorso rivolto al Vaticano, che due anni fa concesse al regime di Pechino la facoltà di designare i vescovi cattolici in Cina. «Squisitamente massonico, da parte di Pompeo – dice Magaldi – l’appello al Papa, laddove il “fratello” Pompeo avverte la Chiesa che, cedendo al partito comunista cinese, rischia di compromettere la sua autorità morale in materia di diritti umani». Diritti che «un tempo la Chiesa stessa calpestava, ma che oggi dichiara di difendere». E dunque, «come si concilia, questo, con l’amicizia con una brutale dittatura come quella di Pechino?».E dopo il Vaticano, toccherà al governo: «Giuseppe Conte si prepari a ricevere una robustra strigliata», avverte Magaldi: «Per gli Usa, è inammissibile lo stato comatoso dell’economia italiana, ridotta in ginocchio dal lockdon “cinese”, modello Wuhan, imposto al paese». Anche secondo il presidente del Movimento Roosevelt, sono catastroficamente inefficaci le misure finora adottate dall’esecutivo durante l’emergenza: «E’ stato speso un fiume di miliardi, ma senza risultati. E in una situazione come questa – aggiunge Magaldi – i cialtroni della classe politica italiana non hanno esitato a farci perdere altro tempo e denaro per un referendum demenziale, che propone l’ennesimo taglio (quello del Parlamento, cioè della democrazia), quando invece avrebbero dovuto preoccuparsi di ben altre riforme della Costituzione, cominciando dall’eliminazione dell’obbligo del pareggio di bilancio, misura sciagurata introdotta per compiacere Mario Monti e anche Giorgio Napolitano, altro personaggio veramente oscuro».Monti e Napolitano? Due supermassoni reazionari, per chi ha letto “Massoni”. «Avevo chiarito che, di fronte a chiunque si fosse sentito diffamato dal mio libro, avrei esibito pubblicamente e prove delle mie affermazioni, contenute in migliaia di dossier riservati. Ma nessuno si è fatto avanti, per contestarmi». Pochissimo spazio, nel mainstream, anche alle analisi alternative a quelle correnti, che danno per inevitabile la gestione “panica” del Covid, condotta in Italia a spese delle libertà individuali, insieme alle misure draconiane (e probabilmente tardive) per arginare il contagio, la scorsa primavera. Magaldi è tra quanti ritengono che la pandemia sia stata impugnata come un’arma politica dall’élite neoliberista che per prima sdoganò la Cina, come possibile modello per un futuro Occidente con meno democrazia e meno diritti. Ancora più drastico un grande cantautore come Bob Dylan, Premio Nobel per la Letteratura, che in piena emergenza, attraverso il brano “Murder Most Foul”, ha lanciato una potente suggestione: i “falsi profeti” del Covid (e del vaccino universale) sono gli eredi politici del clan che assassinò John Kennedy a Dallas.Tornando al Belpaese: per Magaldi, la visita di Pompeo segnerà un punto di svolta nei rapporti politici fra Casa Bianca e Palazzo Chigi, e in generale tra gli Usa e larghi strati dell’establishment italiano, finora assai arrendevole rispetto all’espansione cinese. Sempre secondo Magaldi, Pompeo tratterà da posizioni di forza, visto che sembra scontata la rielezione di Donald Trump alle presidenziali di novembre. «Si confermerà un buon presidente anche nel prossimo quadriennio: l’America ha ancora bisogno di Trump», che è sostenuto dai circuiti massonici progressisti. «Poi, dalle elezioni successive – profetizza Magaldi – si potrà finalmente pensare a un candidato progressista “doc” come Robert Kennedy Junior, che nel suo recente discorso a Berlino ha riaperto un orizzonte che mette al centro la libertà: esattamente il contrario della sottomissione al “terrorismo psicologico” dell’Oms, di marca cinese, al quale si è finora allineato lo stesso governo Conte. Tutte cose che a Trump non sono piaciute, e che ora Mike Pompeo – in pubblico, e soprattutto in privato, a muso duro – non mancherà di ribadire all’attuale presidente del Consiglio, l’increscioso Conte».Non che si diverta, Gioele Magaldi, a fare il profeta. E comunque sarebbe bello se, una volta tanto, le sue anticipazioni (previsioni, non profezie) ottenessero l’onore della cronaca, nel silente mainstream italico. Avrebbero tutto da guadagnare, i giornali, a dare – in anticipo – certe notizie. Per esempio: il clamoroso passaggio del “fratello” Mario Draghi al fronte progressista, da cui il rivoluzionario editoriale keynesiano, sul “Financial Times”, con le sue istruzioni “rooseveltiane” su come uscire dall’emergenza economica scatenata dal coronavirus. Oppure: l’annuncio dell’intervento decisivo a favore all’Italia, in termini finanziari (acquisto di titoli di Stato, da parte della Bce) garantito dalla “sorella” Christine Lagarde, altro pezzo da novanta – fino all’altro ieri – dell’élite reazionaria, ora in forza (come Draghi e altri) allo schieramento massonico-democratico, di cui fanno parte anche Bob Dylan e Robert Kennedy Junior. Una galassia che appoggia Trump e contesta la gestione oligarchica della crisi, nonché la pericolosa manipolazione psico-terroristica del Covid, innescata utilizzando una Oms ormai finanziata soprattutto da Pechino e da Bill Gates.
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Tacito, Seneca e Giuseppe Flavio: gli Ufo nell’antica Roma
Cari negazionisti, rassegnatevi all’evidenza: gli Ufo esistono. Parola di Joe Gradisher, il portavoce dell’Us Navy, che il 18 settembre 2019 – per la prima volta nella storia – ha ammesso che i piloti militari osservano continuamente astronavi e velivoli non terrestri, ribattezzati Uap (Unidentified Areial Phenomena). A parlare sono le immagini: foto e video ufficiali, realizzati dalle telecamere dei caccia dell’aviazione navale americana. Proprio alla vigilia della pandemia di coronavirus che ha paralizzato il mondo, viene così a cadere il più longevo dei “segreti di Pulcinella”, custodito dai tempi di Roswell, quando – il 2 luglio 1947 – fu visto un disco volante (incendiato) precipitare nelle campagne del New Mexico. Le autorità si affrettarono a depistare i testimoni, esibendo i rottami di un pallone sonda, ma – una volta in congedo – un ufficiale come Jesse Marcel ammise di esser stato costretto a mentire, dai superiori, per nascondere la verità sulla piccola nave spaziale piovuta dal cielo. Settant’anni di silenzi, reticenze e bugie ufficiali. E ora, la confessione: gli Ufo esistono, eccome. Uno smacco, per i tanti affabulatori televisivi (su tutti, in Italia, Piero Angela) che hanno sempre negato l’esistenza di avvistamenti non spiegabili come terrestri, ignorando peraltro le tracce inequivocabili degli Ufo presenti già nella letteratura latina.