Archivio del Tag ‘Salvatore Buzzi’
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Piramide schiavista: gli “amici” dei migranti sono i loro killer
Si dice spesso che quello dell’immigrazione sia “un problema complesso”, e che non lo si possa quindi risolvere con una semplice formula di due righe. Questo è verissimo, ma quando poi si cerca di analizzare questa complessità ci si trova davanti ad un garbuglio intricato di concetti che tendono a mescolarsi continuamente fra di loro. Forse un piccolo grafico può aiutare, se non altro a separare fra di loro i vari livelli del problema. Al livello più basso ci sono sicuramente i migranti stessi. Ovvero la carne umana, l’oggetto del contendere, la cristallizzazione fisica del problema reale. Centinaia di migliaia di disperati che lasciano le loro terre vuote di promesse alla ricerca di un futuro migliore. Queste masse si spingono istintivamente verso nord, attratte dal miraggio del benessere europeo. Ma fra loro e questo miraggio si frappone un problema: il viaggio. I paesi europei infatti non accettano un’immigrazione libera, da qualunque parte del mondo. E’ quindi necessario arrivare in Europa con metodi illegali. E qui subentrano gli schiavisti, che si approfittano del desiderio di queste persone di raggiungere l’Europa, e ne traggono un notevole vantaggio economico.I migranti vengono raccolti in veri e propri lager sulle coste africane, e vengono spediti con mezzi di fortuna attraverso il mare, dopo essere stati torturati, schiavizzati e sfruttati, e dopo che a loro è stato spremuto dalle tasche fino all’ultimo soldo che possedevano. In mezzo al mare ci sono ad attenderli le navi delle Ong, che rappresentano il “lato buono” dello schiavismo. Mentre i negrieri africani sfruttano apertamente i migranti prima di mandarli in mezzo al mare, coloro che li raccolgono lo fanno – almeno ufficialmente – per motivi umanitari. Chi paghi il costo di queste navi, chi paghi lo stipendio ai suoi marinai, chi paghi le tonnellate di viveri che trasportano non è mai stato molto chiaro, perché a quanto pare queste Ong non sono obbligate ad una particolare trasparenza finanziaria. Ma diciamo, almeno per adesso, che siano tutti motivati da puro spirito umanitario, e andiamo avanti. Una volta che le navi hanno raccolto in mare i naufraghi li rifocillano, li curano se ne hanno bisogno, e li scaricano in qualche porto europeo, quasi sempre italiano (o almeno fino a ieri le cose funzionavano così).A questo punto entrano in scena i popoli europei, ovvero coloro che si vedono riversare queste masse di migranti nelle loro strade e nelle loro piazze, e che non sono quasi mai contenti di assistere a questo spettacolo. Un po’ perché la presenza di questi migranti crea un senso di insicurezza fisica nelle popolazioni, un po’ perché si teme una lenta ma irreversibile “colonizzazione” del nostro sistema culturale (curioso, vero? I colonizzatori di una volta temono oggi di essere colonizzati). I popoli europei lamentano la loro insoddisfazione per questa “invasione” di popoli africani, e quindi si rivolgono alla politica perché metta un freno a questo fenomeno. E così i politici, che traggono la loro linfa vitale dallo stesso consenso popolare, cercano di agire in modo da ottenere un ampliamento del loro supporto elettorale. Ma c’è anche un altro aspetto della faccenda, che impedisce ai politici di viaggiare tutti nella stessa direzione: i migranti infatti creano problemi, ma rendono anche dei soldi. Molti soldi. Per ogni migrante presente sul suolo nazionale, lo Stato eroga 35 euro a testa al giorno. E di questi 35 euro soltanto due vanno direttamente nelle tasche dei migranti. Tutti gli altri vengono dati alle cooperative che li gestiscono, e che – teoricamente – dovrebbero mantenerli in modo dignitoso.Ma tutti sappiamo che buona parte di quei soldi rimangono invece nelle tasche delle cooperative stesse. Il guadagno è proprio lì, nel non dover rendere conto allo stato di come vengono spesi i soldi ricevuti. E a questo punto sarebbe stupido pensare che queste cooperative non abbiano un legame, diretto o indiretto, proprio con quella politica che determina da una parte i flussi migratori, e dall’altra i flussi di denaro verso di loro. La famosa frase di Buzzi, «c’è più da guadagnare con i migranti che con la droga», sintetizza il problema in maniera esemplare. Abbiamo quindi, da una parte, una classe politica che vorrebbe soddisfare le necessità di sicurezza e tranquillità della propria popolazione, ma dall’altra una classe politica che è anche inevitabilmente tentata di fare affari con l’immigrazione stessa. Nascono così i due partiti: quello del “tutti a casa”, e quello dell’“accogliamoli a braccia aperte, siamo tutti fratelli su questo pianeta”. Ovvero, il cosiddetto “razzismo xenofobo” da una parte, e il cosiddetto “buonismo universale” dall’altra. Ma, fra i politici che incarnano queste diverse posizioni e la popolazione che tende a polarizzarsi su di esse, esiste una categoria intermedia, che è quella dei giornalisti. Sono loro infatti a rimestare nel calderone, e a fare continuamente leva – nei loro infiniti talk-show – sulle varie emozioni della popolazione. A volte calcano in modo quasi terroristico sul senso di insicurezza diffuso, altre volte promuovono in modo disgustoso il buonismo a 360°.E fin qui abbiamo descritto solo quella che può essere la parte visibile del problema, e cioè la catena di interessi concorrenti che ci ha portato allo scontro sociale a cui siamo assistendo in questi giorni. Poi però c’è il lato nascosto del problema, ovvero le élites finanziarie. “Quelli che hanno i soldi”, tanto per capirci, ovvero quelli che detengono il vero potere nel mondo di oggi. Sono infatti le stesse élites finanziarie, nella forma di inappuntabili corporations, che hanno invaso e depauperato il continente africano nell’ultimo secolo, e che non esitano a causare guerre e genocidi pur di trarre un vantaggio economico per i propri azionisti. E’ quindi lo sfruttamento macro-economico dei grandi capitali che sta alla base dell’impulso migratorio dall’Africa verso l’Europa. E nel cedere a questo impulso, gli stessi africani vengono ad alimentare, nel micro, tutta una catena di sub-economie che rendono denaro a schiavisti, mafiosi e forse alle stesse organizzazioni “umanitarie” che gestiscono il fenomeno migratorio. Pensate che bello: a generare il problema all’ultimo livello sono quelli del primo livello. E in mezzo ci sono tutti gli altri – ci siamo noi, e ci sono loro – a scannarci gli uni contro gli altri per un tozzo di pane dal mattino alla sera.(Massimo Mazzucco, “La piramide del fenomeno migratorio”, dal blog “Luogo Comune” del 13 giugno 2018).Si dice spesso che quello dell’immigrazione sia “un problema complesso”, e che non lo si possa quindi risolvere con una semplice formula di due righe. Questo è verissimo, ma quando poi si cerca di analizzare questa complessità ci si trova davanti ad un garbuglio intricato di concetti che tendono a mescolarsi continuamente fra di loro. Forse un piccolo grafico può aiutare, se non altro a separare fra di loro i vari livelli del problema. Al livello più basso ci sono sicuramente i migranti stessi. Ovvero la carne umana, l’oggetto del contendere, la cristallizzazione fisica del problema reale. Centinaia di migliaia di disperati che lasciano le loro terre vuote di promesse alla ricerca di un futuro migliore. Queste masse si spingono istintivamente verso nord, attratte dal miraggio del benessere europeo. Ma fra loro e questo miraggio si frappone un problema: il viaggio. I paesi europei infatti non accettano un’immigrazione libera, da qualunque parte del mondo. E’ quindi necessario arrivare in Europa con metodi illegali. E qui subentrano gli schiavisti, che si approfittano del desiderio di queste persone di raggiungere l’Europa, e ne traggono un notevole vantaggio economico.
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Sofri consulente alla giustizia: arrivati al fondo, si scava
Renzi non è un inetto. Renzi ha alcuni obiettivi da perseguire. Alcuni mandati, alcuni compiti da eseguire. La distruzione del tessuto sociale, la distruzione dell’assetto democratico e la distruzione dello Stato di Diritto. Era già chiaro dall’inizio, con la revisione dell’articolo 416 ter del Codice Penale. Una norma “perfetta” l’avrebbe definita il Procuratore Generale Lombardi. Così, almeno, continua a ripetere la presidente della Commissione Antimafia Bindi. Cieca e sorda rispetto agli effetti che questa “riforma” sta producendo. Una riforma che costringe alla scarcerazione indagati per voto di scambio. Era chiaro dall’inizio, con la cosidetta “depenalizzazione dei reati minori”: 112 reati che non costituiscono più reato penale. Alcuni odiosissimi, come lo stalking, lo stupro e ovviamente evasione fiscale e falsi in bilancio. Nel volgere di un anno sono stati più volte “attenzionati” gli argomenti “evasione fiscale” e “falso in bilancio”. Ogni volta alleggerendo ora la pena e ora il reato per arrivare alla nuova “legge anticorruzione” e alla fine è stato creato un sistema per cui, di fatto, il falso in bilancio non esiste più.Ovviamente non può mancare l’antiriciclaggio. La storia della impunibilità se l’autoriciclaggio avviene per “utilità personale” è tutta da ridere. E mentre per i “reati da poveracci” nulla cambia, i “colletti bianchi” e la casta politica sono al sicuro. Per buona misura, poi, viene introdotta la responsabilità civile diretta dei giudici. Uno strumento perverso per cui chi ha disponibilità di denaro, di fatto condiziona la libertà di giudizio del giudice. Una giustizia sempre più elitaria che i continui aumenti dei contributi unificati rendono inaccessibile al cittadino comune che chiede giustizia. Il contributo aumenta con la “legge di stabilità 2015”, ma era già aumentato a giugno 2014. Una condizione medioevale in cui sussistono diversi piani di giustizia. Una giustizia riservata ai potenti e un’altra (quasi vessatoria, basti pensare al sistema tributario e a Equitalia, che di “equo” non ha nulla) che investe (è il caso di dirlo) i comuni cittadini. Ma non è sufficiente. Occorre, adesso, rimuovere anche il “senso di Giustizia”. Occorre instillare il convincimento (fondato, peraltro) di vivere in un paese in cui è l’ingiustizia ad essere premiata.Ecco, quindi, parlamentari indagati e per i quali viene richiesta autorizzazione all’arresto e sottosegretari indagati, in faccende estremamente contigue a “mafia capitale”, attorno ai quali si sollevano muri di ipocrita garantismo. Ecco Poletti che “legittimamente” va a cena con Buzzi e capi mafia sostenendo che “non sapeva”. Ecco le candidature della Paita in Liguria, di De Luca in Campania, che viene candidato CONTRO legge, ma per il quale, pur rischiando blocchi istituzionali inimmaginabili vengono studiati metodi per consentirgli l’insediamento per consentirgli di nominare la Giunta e governare per il tramite di un vice presidente fantoccio. E non dimentichiamo Poziello (candidato e poi eletto sindaco di Giugliano) anch’egli rinviato a giudizio e sostenuto, manco a dirlo, da De Luca.Quando pensi di aver toccato il fondo, ecco che dal cappello renziano esce un altro coniglio che fa apparire acqua fresca lo scandalo precedente. Serve ad abituarci, a costruire una cultura della illegalità. Con un decreto del 19 giugno, infatti, il ministro Orlando ha nominato Adriano Sofri “consulente” per la riforma carceraria: “Responsabile di istruzione e cultura negli Stati generali delle carceri”. Adriano Sofri consulente del Ministero di Giustizia. Chi sia Adriano Sofri lo spiega il “Corriere.it”. Sofri. Il mandante dell’omicidio del commissario Calabresi. Sofri. È il “renzismo bellezza”. Adriano Sofri, infatti, è il suocero di Daria Bignardi. Il padre di quel Luca Sofri che appella Matteo Renzi con “ciao, capo”.(Stefano Ali, “Sofri consulente del ministero Giustizia, giunti al fondo si scava”, dal blog “Il Capello Pensatore” del 24 giugno 2015).Renzi non è un inetto. Renzi ha alcuni obiettivi da perseguire. Alcuni mandati, alcuni compiti da eseguire. La distruzione del tessuto sociale, la distruzione dell’assetto democratico e la distruzione dello Stato di Diritto. Era già chiaro dall’inizio, con la revisione dell’articolo 416 ter del Codice Penale. Una norma “perfetta” l’avrebbe definita il Procuratore Generale Lombardi. Così, almeno, continua a ripetere la presidente della Commissione Antimafia Bindi. Cieca e sorda rispetto agli effetti che questa “riforma” sta producendo. Una riforma che costringe alla scarcerazione indagati per voto di scambio. Era chiaro dall’inizio, con la cosidetta “depenalizzazione dei reati minori”: 112 reati che non costituiscono più reato penale. Alcuni odiosissimi, come lo stalking, lo stupro e ovviamente evasione fiscale e falsi in bilancio. Nel volgere di un anno sono stati più volte “attenzionati” gli argomenti “evasione fiscale” e “falso in bilancio”. Ogni volta alleggerendo ora la pena e ora il reato per arrivare alla nuova “legge anticorruzione” e alla fine è stato creato un sistema per cui, di fatto, il falso in bilancio non esiste più.