Archivio del Tag ‘scimpanzé’
-
Verità o menzogna: siamo a un bivio, nella storia del mondo
Vent’anni fa, in Uruguay, una persona mi raccontò che sarebbe accaduto esattamente quello che stiamo vivendo adesso: le antenne wireless, le schedature, le limitazioni nei movimenti delle persone. Quella persona mi parlava come se avesse sottomano una sorta di calendario, di programma. Io obiettavo: ma dove le prendi, queste informazioni? Lui mi fece capire che sono alla portata di chi ha raggiunto una certa libertà mentale, e sa vedere che, all’uomo ordinario, “la storia” viene proposta come qualcosa che è già successo; mentre la storia – per chi gestisce l’essere umano, trattandolo come uno schiavo – si scrive prima ancora che accada. E in questa storia di oggi sono previsti tanti passaggi: quelli che abbiamo visto e altri passaggi, a venire, piuttosto scontati. Lo vedete, infatti? Non mollano: il loro piano procede spedito, tra un’emergenza e l’altra. Loro perseguono un disegno preciso, contro di noi: e sappiamo benissimo dove vorrebbero arrivare. Siamo appena usciti da due anni in cui ci hanno fatto vivere “come sorci”, e ci hanno già buttato dentro l’altro calderone, quello della guerra. Il loro progetto va ben oltre l’attualità: ben oltre il profilo sanitario, ben oltre i carri armati.Che fare, dunque? Qualcosa che sia proporzionato alla nostra possibilità operativa. Se arriva l’inverno, non puoi bloccarlo: devi difenderti dal freddo. Questo tempo richiede una estrema resilienza. Il più grande risultato ottenibile – preservarci integri – lo abbiamo già raggiunto, anche se abbiamo le ossa rotte: nel resto del mondo si balla e si canta, solo in Italia c’è chi ancora non può lavorare. Siamo di fronte a uno scenario che, comunque, non è ancora definitivamente chiuso: e pretendiamo giustizia, alla fine, per tutte le vessazioni, le discriminazioni e le persecuzioni che abbiamo subito. Un po’ alla volta, vedrete, la magistratura interverrà: è giusto reclamare una giustizia rapida. Ora, con l’irruzione della guerra, lo scenario di ieri sembra scomparso: e invece non è finito proprio niente. Noi intanto abbiamo combattuto contro un mostro enorme: volevano cambiarci anche fisicamente, farci genuflettere, abituarci alla sottomissione. E noi questa battaglia l’abbiamo vinta, a testa alta: abbiamo detto “no” alla crudeltà e “sì” alla vita. Ci abbiamo messo la faccia, senza mai cedere a nessun compromesso. Volevano cambiarci? Con noi non ce l’hanno fatta.Il nostro avversario – nazionale, vassallo del grande avversario sovranazionale – questa battaglia l’ha persa, nel nostro caso. Adesso, poi, il fronte è ancora più ampio: perché l’azione di quelli che come noi, che hanno mantenuto vivo il desiderio di verità, ha costretto questa operazione a diventare molto cattiva: anche a livello internazionale, mondiale. Erano otto anni che c’era la guerra, in Ucraina, mentre mille altre guerre tormentano il mondo: ma oggi l’Ucraina diventa di colpo l’epicentro di una proiezione mondiale, proprio perché il disegno è più ampio e va oltre la storia. E questo disegno ha un protagonista: noi, gli esseri umani. Poi c’è chi gli esseri umani li ha creati e indottrinati: da sempre, siamo quello che ci dicono di essere. Quando mai abbiamo avuto la possibilità di avere dei nostri veri rappresentanti, a certi livelli? Quei livelli sono oltre la gestione ordinaria dell’umanità. Guardate il Movimento 5 Stelle: appena è salito di livello, è letteralmente trasmutato. E ora, proprio come gli altri partiti, ha votato tutte le misure che hanno comportato la nostra persecuzione.L’essere umano è la vera risorsa, il grande “animale d’allevamento” di questo pianeta. Siamo un’anomalia, e a livello inconscio viviamo sempre questo duplice dramma: ci sentiamo orfani e clandestini, come se non avessimo genitori. La volpe, nel bosco, si sente a casa. E così lo squalo nell’oceano. Per loro, il bosco e l’oceano sono il mondo. Noi invece siamo l’unica specie che si isola dal mondo: l’unica specie che, per poter esistere, è costretta a distruggerlo, il mondo. Siamo l’unica specie che teme il mondo: l’immagine archetipica del terrore, per eccellenza, è proprio il bosco di notte, la “selva oscura”. E questo non è normale. Abbiamo il 98% del Dna dello scimpanzé, è vero. Però abbiamo un Rna (che codifica il Dna) che ha una capacità impressionante, molto maggiore di quella dello scimpanzé. E questo ci ha permesso di svilupparci così tanto. Ma, a monte: chi ha sviluppato il nostro Rna? Oltre 270 dichiarazioni scientifiche ufficiali lo confermano: l’uomo non discende dalla scimmia. Non veniamo dai primati: dentro di noi c’è qualcosa di strano.Essendo un’anomalia, l’uomo non ha autonomia: è stato sempre “gestito”. Stando sempre ai libri di storia, fino a poche migliaia di anni fa, vivevamo ancora nelle caverne. Poi invece abbiamo scoperto che l’uomo delle caverne viveva a due passi da piramidi antichissime, realizzate in modo perfetto e allineate con le stelle. Il che presuppone conoscenze sterminate, che non si possono neppure comprendere, a meno che non si utilizzino strumenti di codifica che non appartegono alla scienza ufficiale. Quindi è evidente che c’è qualcosa che non va, in quello che ci hanno raccontato. E questo tempo che stiamo vivendo oggi è davvero straordinario: perché è come se il grande disegno, quello che c’è dietro, non potesse più essere tenuto nascosto. Ve ne sarete accorti: fino a qualche anno fa, le questioni erano essenzialmente nazionali. Oggi, invece, sempre più Stati, nel mondo, presentano dei leader che, tra loro, vanno perfettamente d’accordo. Il mondo non è più composto da centinaia di Stati: è costituito da due schieramenti. Solo due, capite? E questo tempo lo sta mettendo il luce: la realtà è ben diversa, da come viene presentata.In tanti non la reggono, questa conoscenza: hanno ancora bisogno della fomentazione della rabbia, si perdono nei dettagli, non riescono a spingere lo sguardo oltre l’orizzonte. Quindi, almeno noi, cerchiamo di guardare alla Luna, non al dito che la indica. Siamo “esseri solari”, dobbiamo spingerci oltre la deformazione spazio-temporale. E quindi usiamolo bene, questo tempo: è lì la via di fuga. Si sta delinenando un quadro sempre più netto e preciso. E tutta la strumentazione che viene utilizzata è la stessa che veniva impiegata a livello locale, nazionale. Questo dimostra che, a livello internazionale, erano già tutti d’accordo fin dall’inizio. Guardate cos’è successo a chi ha rifiutato il Tso: è stato emarginato, perseguitato e incolpato di tutto. E guardate cosa succede oggi con i russi: stesso trattamento, identico. Adesso non puoi più essere nemmeno un artista, un ballerino: se sei russo, vieni cacciato. Quindi la narrativa è la stessa. E dunque, lo si comprende: chi gestisce questa operazione è un solo soggetto. E per poterlo vedere, non possiamo più concentrarci solo sul fatto specifico: occorre alzare gli occhi al di sopra di questo pianeta.Dall’alto, oltre le forme, coglieremo due protagonisti, al di là delle bandiere terrestri. Cristiani e musulmani, bianchi e neri: non conta, dobbiamo cogliere ciò che anima la materia, oltre il packaging esistenziale. Il “piano del cuore” lo senti quando vai oltre il contenitore. Dobbiamo cogliere quella che è una volontà di fondo: perché è proprio la volontà a creare il protagonista. Con questa logica, è più facile scoprire che esistono forze che operano nella luce e poi altre forze, che operano nell’ombra. Tantissime scritture antiche, alcune ritenute sacre, di questo nostro tempo parlano perfettamente. Lo stesso Libro dell’Apocalisse descrive i passaggi attuali con precisione impeccabile. Nell’Antico Testamento – non interpretato, ma tradotto alla lettera – si trova la cronaca, scritta in anticipo, di questi tempi. E tutti convergono su questo: siamo arrivati a un punto-limite. Sì, un piano esistenziale è giunto al limite.Abbiamo sempre vissuto pensando che ci fosse una grande umanità, e adesso scopriamo che una grande umanità non c’è: ci sono tante forme di umanità. Una di queste, se ne avesse avuto la possibilità, ci avrebbe già eliminati. Poi c’è una forma di umanità che, se non prende ordini, non riesce neanche ad alzarsi dal letto la mattina. C’è un’altra parte di umanità che si sta svegliando e sta acquisendo consapevolezza. E poi c’è una parte di umanità – alla quale apparteniamo anche noi – composta di individui che, fin da quand’erano bambini, sospettavano che ci fosse qualcosa che non quadrava. Ci facevamo quella famosa domanda: che cosa ci siamo venuti a fare, qui? Ecco, molte di queste domande ormai prendono forma: e siamo chiamati, anche, a costruire risposte. Da una parte c’è la spinta della luce, l’espressione “solare” che vuole sostenere un’evoluzione inarrestabile, e dall’altra c’è un esercito dell’ombra. Tutto evolve: liberarci, emanciparci, è un’espressione d’amore. Le forze del buio, invece, questo processo evolutivo vogliono bloccarlo e deviarlo.Quando ti propongono di cambiarti il Dna, non stanno facendo quello che farebbe la natura (e la natura si muove nella luce: è il Sole ad aprire il fiore, in primavera). Ora lo vediamo: all’improvviso, le forze delle tenebre hanno una gran fretta. Tutti spingono: secondo questa narrazione, i “buoni” hanno un potere supremo, mentre i “brutti e cattivi” (ieri noi, oggi i russi) sono isolati. Ma se il potere dei “buoni” è così totale, perché ha proprio bisogno di toglierci la nostra libertà? Questa è una guerra, contro di noi. Ma non siamo venuti qui per sopravvivere: siamo qui per cogliere un senso superiore e diventarne i costruttori. Non siamo gli abitanti del nostro corpo: ne siamo gli imperatori. Spetta a noi, quindi, decidere che cosa essere – a differenza di una fetta di umanità che deve sempre ricevere ordini, perché non sa darseli. A cosa siamo chiamati, oggi? A discernere, a riconoscere la luce e le tenebre. Se durante la stagione Covid dovevamo preservare il nostro corpo, adesso dobbiamo preservare le nostre emozioni: dobbiamo proteggere la nostra capacità di sentire.Il disegno è molto più ampio: è miope, chi si ferma all’Ucraina. Il seme non conosce la pioggia, ma sa che pioverà. Non abbiamo il controllo di tutti i dettagli, ma sentiamo che c’è dell’altro, in arrivo. E questo gesto di ricerca fornisce anche l’atteggiamento migliore, per sopravvivere a questo tempo così faticoso. Andiamo a cogliere il senso superiore, dentro a quello che stiamo vivendo. Perché stiamo soffrendo così tanto? Perché siamo stati attaccati così violentemente, e in modo così vile? Perché noi abbiamo chiesto di tornare in un mondo ben diverso da questo. Perché non apparteniamo a quella specie lì: e questa è una grande verità, esplicitamente dichiarata. Siamo diversi dalla maggioranza dell’umanità: la nostra sostanza esistenziale va oltre la mera sopravvivenza. Siamo qui per raccogliere il segreto dell’esistenza. E questo ci porta a conoscere. Siamone forti, allora, anche davanti a certe notizie. Oggi, ad esempio, spiegano che la fornutura energetica della Russia non è sostituibile, quindi andremo incontro ad anni di razionamento. E’ insopportabile, certo: ma ha un senso. Perché, in questa situazione, cominci a creare l’oltre.Ha un tempo, questa operazione: non è infinita. Certo, non finisce domani: finisce quando sei pronto. Prepariamoci a navigare in un mare che rimarrà in tempesta ancora per un po’. Impariamo a navigare così: ogni volta che l’onda ti strattona, tu diventi qualcosa che è oltre te stesso. Ed è proprio questa la ragione per cui siamo qui. Ora fingono di apprestarsi a un ritorno alla normalità ordinaria? Stentiamo ad accostarcisi: sentiamo che sarebbe come entrare nel nostro passato, e tornare indietro è contro natura. La guerra? I nostri vogliono farla a tutti i costi, senza mai ascoltare le ragioni della controparte, che erano lì da vent’anni. E quindi: andiamo oltre tutto questo. Il mondo è impazzito: riuscire a vederlo, questo delirio, diventa davvero il momento in cui, finalmente, si può vivere qualcosa di superiore. Finalmente si può dare un senso a tutta la forza che si ha. Si può cominciare a giocare il gioco per il quale ci si è allenati così a lungo. E si cominciano a costruire, finalmente, i contenitori in cui allocare, con grazia, le tessere di un mosaico di verità.Lo so, questo mondo non ci risuona dentro. Non può essere naturale il fatto che una persona, dalla nascita, abbia già un codice fiscale, appartenga a uno Stato e magari anche a una religione. Non è naturale essere alienati dalla natura, lavorare come merce e come carne da macello fino a settant’anni, per poi essere spremuti nella sofferenza fino alla fine. Non è normale: c’è un senso superiore, che va colto, perché l’essere umano non sta vivendo la sua vita. E’ stato creato, ma ora ne ha consapevolezza: ed è letteralmente in ostaggio. E dunque, dico: consegnateci la verità, è ora. E così, un po’ alla volta, anche sopravvivere diventerà più semplice. Ricordate quanto ci hanno ricattato, per imporci il Tso? Bene: ma noi lo abbiamo evitato lo stesso, il Tso. Superata la paura, abbiamo capito che le nostre priorità esistenziali erano altre: e non soffrivamo più. A un certo punto abbiamo sviluppato una sorta di insensibilità, rispetto a quella forma di dolore. Ancora oggi ti sparano addosso, ti tolgono ogni diritto e ogni libertà, ogni istinto alla verità: ma tu sei ancora lì, e non soffri più.Io ho girato più di cento piazze italiane, e le persone mi dicevano: io adesso sono molto più forte di prima; ho mille difficoltà e devo fare i conti con tante scomodità, ma sto molto meglio di prima. E adesso, se ci voltiamo indietro e guardiamo a quello che abbiamo fatto, capiamo che abbiamo scritto una delle pagine più belle, per le nostre anime. Abbiamo mantenuto la nostra posizione: come un noce in inverno, che viene spogliato di tutto ma non si spegne, avendo trasferito le sue energie sotto terra. Non si spegne, il noce: ed è pronto a ripartire. Non finirò mai di ringraziarvi: ci siamo dati la possibilità di vivere, insieme, questo viaggio, quest’avventura, questo passaggio sull’orlo dell’impossibile. Ed è successo qui, nel nostro piccolo, in Italia. Ecco, adesso questo orizzonte si allarga. E ci ritroviamo accanto agli spagnoli, ai canadesi: avevano capito che era una farsa, quello che ci stavano raccontando. C’è gente che vive nel Gabon, che sa che è tutta una farsa. Anche i russi lo hanno colto, il disegno superiore: la vita umana non è spontanea, è indirizzata. L’uomo non è libero di espandersi, resta un animale d’allevamento.E così abbiamo fatto un salto, siamo saliti: preservandoci, oggi possiamo stringere un’alleanza che va oltre le bandiere e le appartenenze, per arrivare a creare una saldatura aurea tra le varie anime che stanno spingendo per solcare questo tempo. Se il cuore è sintonizzato, la testa poi sa cogliere la verità. Abbiamo imparato a non credere più a quello che ci raccontano. E’ così che si penetra, si solca questo tempo: e si incide la strada. Come diceva Nietzsche: diventate duri, fino al punto di riuscire a incidere. Non siete venuti qui per rotolare, ma per lasciare un segno. Siete venuti qui per scriverla, una storia: non perché qualcuno la scriva su di voi, raccontandola poi sempre come pare a lui. La storia è sempre stata scritta da chi ha vinto. E chi le ha vinte, le battaglie? Chi le ha create. Chi ne ha avuto bisogno, per raccontare una storia agli esseri umani, affinché credessero che fosse tutto così. Dunque, andiamo oltre: cogliamo, della realtà, l’identità superiore. Allora, sarà tutto più chiaro: e sarà molto più facile affrontare la situazione, dando finalmente un senso al nostro essere qui.(Michele Giovagnoli, “Luce e buio”, video su Facebook il 14 marzo 2020).Vent’anni fa, in Uruguay, una persona mi raccontò che sarebbe accaduto esattamente quello che stiamo vivendo adesso: le antenne wireless, le schedature, le limitazioni nei movimenti delle persone. Quella persona mi parlava come se avesse sottomano una sorta di calendario, di programma. Io obiettavo: ma dove le prendi, queste informazioni? Lui mi fece capire che sono alla portata di chi ha raggiunto una certa libertà mentale, e sa vedere che, all’uomo ordinario, “la storia” viene proposta come qualcosa che è già successo; mentre la storia – per chi gestisce l’essere umano, trattandolo come uno schiavo – si scrive prima ancora che accada. E in questa storia di oggi sono previsti tanti passaggi: quelli che abbiamo visto e altri passaggi, a venire, piuttosto scontati. Lo vedete, infatti? Non mollano: il loro piano procede spedito, tra un’emergenza e l’altra. Loro perseguono un disegno preciso, contro di noi: e sappiamo benissimo dove vorrebbero arrivare. Siamo appena usciti da due anni in cui ci hanno fatto vivere “come sorci”, e ci hanno già buttato dentro l’altro calderone, quello della guerra. Il loro progetto va ben oltre l’attualità: ben oltre il profilo sanitario, ben oltre i carri armati.
-
Bizzi: Cro-Magnon, l’Uomo di Atlantide venuto dalle stelle
Chi siamo? Da dove veniamo? Sono domande che ci interpellano da sempre. «La maggior parte dell’umanità è predisposta alla sottomissione: gente inconsapevole, gestita completamente». Lo scrive in un libro il biologo Giovanni Cianti, in una considerazione erroneamente attribuita a Carlos Castaneda. «Chi ha capito, ha capito: non ha bisogno di consigli. Chi non ha capito, non capirà mai. Io non biasimo queste persone», scrive Cianti: «Sono strutturate per vivere, e basta: mangiare, bere, respirare, partorire, lavorare, guardare la televisione e mangiare la pizza il sabato sera, andare a vedere una partita. Il mondo, per loro, finisce lì: non sono in grado di percepire altro. C’è invece un piccolissimo gruppo di esseri umani, che possono essere definiti “difetti di fabbricazione”. Sono sfuggiti al “controllo qualità” della linea di produzione. Sono pochi, sono eretici e sono guerrieri». Mi piace molto, questa frase, forse perché anch’io sento di appartenere a questa minoranza. Ma non è solo questione di rifiutare i dogmi, le imposizioni, e di sentirsi guerrieri. E’ anche una questione di sensibilità. Si tratta di porsi domande, di chiedersi sempre il perché delle cose.
-
Ecco Danuvius, scimmia bipede: nostro antenato terrestre
Battezzato il primo uomo-scimmia della preistoria: si chiama Danuvius Guggenmosi. Era alto circa un metro e pesava circa 30 chili. Il nome gli è stato attribuito in onore di un dio celtico del grande fiume europeo, il Danubio, che nasce non lontano dal sito del ritrovamento dei fossili, nella regione montuosa dell’Allgäu (Algovia), tra Baviera e Baden-Württemberg, attorno al Lago di Costanza. Risale a circa 11,6 milioni di anni fa lo scheletro fossile di questa scimmia “eretta”, che getta una luce su come si sarebbero evoluti verso il bipedismo i nostri ipotetici, antichi progenitori. Descritto in un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” da Madelaine Böhme della Eberhard-Karls-Universität di Tubinga, il reperto è stato attribuito a una nuova specie, che poteva sia sospendersi sui rami degli alberi con le braccia sia muoversi senza problemi sul terreno con le gambe. La nuova scoperta sfida l’idea, finora accettata, che il cammino bipede si sia evoluto solo molto più tardi negli antenati degli umani moderni, cioè 5-7 milioni di anni fa. Danuvius invece “camminava” già da milioni di anni, secondo i suoi scopritori.I fossili (quattro individui: un maschio, due femmine e un giovane) sono stati portati alla luce dalla fossa di argilla Hammerschmiede in Baviera tra il 2015 e il 2018. I ricercatori pensano che Danuvius fosse una scimmia “dryopithecine”, un antenato estinto di grandi scimmie eurasiatiche e africane che vivevano nell’epoca del Miocene. L’analisi, osserva “Le Scienze”, s’inserisce nel dibattito su quando e come i nostri antenati scimmieschi abbiano iniziato a camminare regolarmente su due zampe: un comportamento segnato da precisi adattamenti scheletrici, riscontrabili in molti fossili attribuiti a varie specie di ominidi, evolutivamente più vicine agli esseri umani che agli scimpanzé e ai bonobo, le scimmie attuali più simili a noi. «I paleoantropologi collocano questo cruciale passaggio evolutivo tra 7 e 5 milioni di anni fa». Sul come, c’è invece molta incertezza, «al punto che non si sa se i primi ominidi bipedi si siano evoluti da specie che vivevano per lo più sugli alberi o che camminavano sul terreno ma a quattro zampe». I resti rinvenuti nella Germania meridionale comprendono ossa degli arti completi e in buono stato di conservazione, che consentono di fare alcune ipotesi sul suo comportamento locomotorio.«L’avambraccio era lungo rispetto alla gamba, e di forma simile a quello di un bonobo. Le ossa delle mani indicano la presenza di un pollice opponibile e dita ricurve, segno di una presa potente e quindi di un’abitudine alla sospensione sugli alberi, come in tutte le grandi scimmie viventi». La forma delle articolazioni del femore e della tibia, aggiunge “Le Scienze”, suggerisce però una notevole differenza rispetto alle scimmie africane attuali, che di tanto in tanto camminano in modo bipede sul terreno: «La parte superiore della tibia è robusta e l’articolazione della caviglia è stabile: queste due proprietà sono adattamenti per resistere al carico più elevato posto sulla parte inferiore della gamba quando ci si sposta su due arti anziché quattro». Nel complesso, dunque, l’anatomia degli arti inferiori è più simile a quella degli esseri umani che a quella delle grandi scimmie attuali. «Secondo le conclusioni degli autori, Danuvius Guggenmosi indica che i nostri antichi antenati hanno iniziato a camminare sulle zampe posteriori prima di cominciare a vivere in modo stabile al suolo, e fornisce un valido modello anatomico e comportamentale per gli antenati comuni a grandi scimmie ed esseri umani».Secondo “La Stampa”, addirittura, dalle montagne bavaresi sarebbe emerso «quello che potrebbe essere considerato l’anello mancante tra gli esseri umani e i nostri antenati». Basandosi sulla forma delle ossa di Danuvius, gli esperti hanno concluso che l’animale si muoveva in un modo unico: si arrampicava e poteva oscillare da un ramo all’altro ma poteva anche camminare su due piedi. «È stato sorprendente, per noi, renderci conto di quanto certe ossa siano simili a quelle degli umani, a differenza di quelle delle grandi scimmie», spiega Madelaine Böhme dell’Università di Tubinga. «Personalmente – aggiunge – sono rimasta molto sorpresa dalla grande somiglianza di Danuvius nella parte posteriore e nelle ossa dello stinco, in contrasto con le scimmie. Questo è stato inaspettato per tutti noi. Danuvius è una scimmia e un essere umano in un solo corpo».Battezzato il primo uomo-scimmia della preistoria: si chiama Danuvius Guggenmosi. Era alto circa un metro e pesava circa 30 chili. Il nome gli è stato attribuito in onore di un dio celtico del grande fiume europeo, il Danubio, che nasce non lontano dal sito del ritrovamento dei fossili, nella regione montuosa dell’Allgäu (Algovia), tra Baviera e Baden-Württemberg, attorno al Lago di Costanza. Risale a circa 11,6 milioni di anni fa lo scheletro fossile di questa scimmia “eretta”, che getta una luce su come si sarebbero evoluti verso il bipedismo i nostri ipotetici, antichi progenitori. Descritto in un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” da Madelaine Böhme della Eberhard-Karls-Universität di Tubinga, il reperto è stato attribuito a una nuova specie, che poteva sia sospendersi sui rami degli alberi con le braccia sia muoversi senza problemi sul terreno con le gambe. La nuova scoperta sfida l’idea, finora accettata, che il cammino bipede si sia evoluto solo molto più tardi negli antenati degli umani moderni, cioè 5-7 milioni di anni fa. Danuvius invece “camminava” già da milioni di anni, secondo i suoi scopritori.
-
Anche Sanders evoca gli Ufo. Cercano di dirci qualcosa?
Non furono gli alieni a mettere fuori gioco Bernie Sanders nel 2016, ma – secondo l’accusa – i falsari del partito democratico, che avrebbero truccato gli esiti delle primarie a favore di Hillary Clinton. Ora però che l’anziano leader “socialista” americano sembra volerci riprovare, stavolta per sfidare Trump l’anno prossimo, è proprio di extraterrestri che si mette a parlare: «Se sarò eletto, mia moglie mi obbligherebbe a dirvi tutto sugli Ufo», ha detto, rispondendo a una domanda rivoltagli in un noto podcast di informazione condotto dal giornalista Joe Rogan. «Già da semplice senatore – ha aggiunto Sanders – la mia consorte pretendeva che facessi rivelazioni, in proposito. Purtroppo però non ho mai avuto accesso a documenti del genere». Poco più che una battuta, dall’anziano ex sindacalista: nell’eventualità di una sua presidenza, ciò che dovesse emergere sugli alieni e sugli Ufo lo annuncerà proprio al “The Joe Rogan Experience”. Alieni tutti da ridere? Nel 2012 fu l’allora premier russo Dmitrij Medvedev a scatenare i giornali, con un fuori-onda che fece il giro del mondo: «Non posso dirvi quanti extraterrestri ci sono tra noi, perché questo provocherebbe il panico». Prima ancora, l’ex ministro canadese della difesa, Paul Hellyer, era andato oltre: «Due di loro siedono persino nel Congresso Usa. E’ ora che la gente lo sappia».“Chi comanda il mondo?”, recitava una canzone dell’italiano Povia. E se un giorno saltasse fuori che a tirare le fila – al di sopra degli arsenali, missilistici e finanziari – c’è qualcuno che proprio terrestre non è? Che figura ci farebbero, i padreterni come Trump, Putin e Xi-Jinping? O meglio: quel giorno si capirebbe “per chi lavorano, davvero”. Fantascienza? Peggio: complottismo da strapazzo. Così almeno strepitano, prontamente, tutti i debunker del globo. Carina, la barzelletta degli alieni: ideale per assolvere comodamente i peggiori politici. Ma appunto, chi comanda il mondo? Non certo i cittadini tramite i governi: si vede che fine fanno, più o meno ovunque, le promesse elettorali (senza contare i paesi – non pochi – dove la democrazia formale neppure esiste). Chi c’è dietro, cioè sopra? Elenco sterminato di poteri forti. Le banche, Wall Street, la Trilaterale, i signorotti che ogni anno concedono passerelle rituali a beneficio dei riflettori, da Davos al Bilderberg. Poi ci sono i decisori veri, il Gruppo dei Trenta, la Ert. Ma il Group of Thirty si occupa di finanza, e la European Roundtable of Industrialists di leggi e agevolazioni strategiche per incrementare i profitti industriali. Chi, allora, lassù?Spiccano ad esempio onnipotenze geopolitiche come la Chatham House, alias Royal Institute of International Affairs, e il suo omologo super-salotto statunitense Cfr, Council on Foreign Relations. Va bene, ma chi stabilisce chi può accedere a quei sommi santuari del potere? Il gotha massonico mondiale, risponde Gioele Magaldi: un’élite di matrice iniziatica, che seleziona accuratamente i suoi adepti. Alcuni dei quali, ha ammesso di recente lo stesso Magaldi, vantano rapporti privilegiati con “entità extraterrestri”. Dall’alto della presidenza del Cun, Centro Ufologico Nazionale, e dei suoi storici rapporti con l’aeronautica, l’italiano Roberto Pinotti afferma: il vero problema, per gli alieni, è trovare adeguati interocultori terrestri. I capi delle superpotenze? Spettacolo sconsolante: sono ancora lì a minacciarsi a vicenda, mentre la Terra sta per implodere a causa dell’inquinamento. Forse, aggiunge Pinotti, gli unici portavoce credibili potrebbero essere i leader religiosi. Davvero? Torna alla mente lo sconcertante racconto di monsignor Loris Capovilla, “cameriere segreto” di Giovanni XXIII. Raccontò alla stampa estera che, nel luglio del 1961, un disco volante atterrò nel parco di Castel Gandolfo. Dall’astronave scese un individuo che si appartò a parlare col pontefice. Una volta decollato, il Papa era in lacrime: «I figli di Dio sono dappertutto», si limitò a dire all’esterrefatto segretario.Di “fratelli dello spazio” parla anche l’astrofisico Josè Gabriel Funes, gesuita argentino come Papa Francesco, direttore della Specola Vaticana, potente osservatorio astronomico installato dalla Compagnia di Gesù sul Mount Graham, in Arizona. A “Tv 2000”, padre Funes ha dichiarato che non avrebbe difficoltà a battezzarli, gli eventuali “fratelli dello spazio”. Quante cose sa, padre Funes? Perché si occupa così intensamente di esobiologia, cioè di vita extraterrestre? E perché i gesuiti spendono milioni di dollari per sondare lo spazio, in proprio, “rubando il mestiere” alla Nasa? Stanno cercando di dirci qualcosa di importante? Vogliono prepararci a un evento forse imminente, ormai? Viceversa, non si capisce perché un pezzo da novanta del Vaticano si metta, di punto in bianco, a parlare di marziani. Siamo arrivati alla fine di un lungo “Truman Show” allestito per depistare il pubblico, che non avrebbe retto alla notizia? A domandarselo è un fenomeno editoriale come Mauro Biglino, che entro fine anno debutterà anche come attore nel kolossal “Creators, the past”, con Gerard Dépardieu e William Shatner, il “capitano Kirk” della serie televisiva “Star Trek”. La tesi: siamo stati “fabbricati” dagli alieni, che – da millenni – ci controllano a distanza, tramite i loro fiduciari terrestri.Prima di pubblicare libri di successo (trecentomila le copie vendute solo in Italia, senza contare le versioni per l’estero), Biglino ha tradotto 19 libri dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, destinate agli studenti universitari. Nella sua rilettura strettamente letterale della Bibbia, Biglino sposta il problema di Dio molto più in là di Yahwè: senza mai escludere la possibilità dell’esistenza di una divinità superiore, l’autore dimostra che il protagonista biblico non era onnisciente, né onnipotente, né immortale. Era solo uno dei tanti Elohim, una ventina, presentati nel testo antico coi loro nomi: individui potenti e temuti, molto longevi, tecnologicamente evoluti e dotati di velivoli rumorosi. La loro specialità? Governare popoli, l’un contro l’altro armati. La Bibbia è un libro di guerra, identico ai testi antichi di tanti altri popoli, dalla Mesopotamia all’India. Si narra che la nozione filosofica di spiritualità sia nata coi Veda, ma il ricercatore Enrico Baccarini, giornalista della “Bbc”, smentisce: i libri indiani, antichissimi, non contengono tracce religiose. Sono solo cronache, che narrano le gesta dei Deva, anch’essi potentissimi ma non onnipotenti, estremamente longevi ma non immortali. Chi erano? Gli stessi che i sumeri chiamavano Anunnaki, gli egizi Netheru, i peruviani Viracochas, i greci Theoi, gli irlandesi Túatha Dé Dànann.Ogni popolo della Terra – per iscritto, mediante incisioni nella roccia o tramite racconti orali – ci ha tramandato la memoria dello stesso tipo di incontri, dalla Cina all’Africa, passando per il Medio Oriente, l’America e l’Europa: secondo i nuovi ricercatori come Biglino, la memoria dell’umanità porta impressa nel suo Dna quell’impronta decisiva, che secondo i genetisti odierni (ed esempio Pietro Buffa, del King’s College di Londra) spiegherebbe anche il “salto quantico”, l’anello mancante tra noi e la scimmia. Abbiamo sbagliato tutto, scrisse Alfred Russel Wallace, co-autore con Charles Darwin della teoria evoluzionistica: «Con l’uomo non funziona», disse Wallace all’illustre collega. «Nel nostro caso è evidente l’intervento di un’intelligenza superiore». Venuta da dove? Dalla Terra o dallo spazio? Dalla nostra galassia? Da Orione, come dicono le fonti indiane? Dalle Pleiadi? Per i Veda, l’universo è popolato da non meno di 400.000 specie umanoidi, alcune delle quali comparse anche sulla Terra. Se neppure Darwin l’ha mai trovato, il “missing link” tra noi e lo scimpanzè, i nuovi studiosi – archeologi, paleontologi, fisiologi – sembrano propensi a identificarlo, l’anello mancante, collegando i testi antichi alla fantascienza, così spesso anticipatice di tanta tecnologia poi divenuta d’uso comune. Profezie visionarie o vere e proprie anticipazioni, quelle di “Guerre stellari” e “Star Trek”?Cos’è cambiato, negli ultimi anni, riguardo alle nostre conoscenze in materia? Moltissimo. Gruppi di scienziati, spesso giovani, si stanno concentrando proprio su questo: la possibile coerenza storica delle fonti letterarie antiche, alla luce dei più recenti ritrovamenti. Che si succedono a cascata, a valanga: nel 2014, i geofisici Richard Firestone e James Kennett hanno accertato che la Terra è stata sconvolta in due round, attorno a 12.000 anni fa, da una pioggia di comete. Risultato: tsunami, esplosione di vulcani, buio e gelo, glaciazione, estinzioni di massa, disgelo e “diluvio universale”, con innalzamento degli oceani fino a ridisegnare la geografia dei continenti. Dai bassi fondali dell’Oceano Indiano ora emergono rovine di città sommerse. Le date coincidono: il cantiere archeologico che ha messo a nudo il complesso di Göbekli Tepe, in Turchia (interrato nel 9.500 avanti Cristo) costringe a retrodatare di migliaia di anni l’introduzione dell’agricoltura. E mentre l’egittologia continua a raccontare che le piramidi erano tombe monumentali erette dai faraoni 5.000 anni fa, geologi e climatologi spiegano che hanno almeno 15.000 anni. Fisici di tutto il mondo, intanto, compiono test ogni notte nella piramide di Cheope, scoprendone le doti di stupefacente concentratore energetico capace di provocare l’abbattimento di particelle subatomiche.Sui giornali è circolata la seguente notizia: il sofisticato schema tecnologico della grande piranide di Giza potrebbe ispirare nuove celle fotovoltaiche decisamente avveniristiche e ultra-potenti. Altre piramidi, intanto, sono emerse in Bosnia: immense, a lungo scambiate per colline, e datate 30.000 anni in base al radiocarbonio. Costruite da chi? Lo scopritore, l’antropologo Sam Osmanagich, già in forza all’università di Houston, protesta: l’archeologia ufficiale non le classifica ancora come manufatti, benché siano state costruire con giganteschi mattoni di calcestruzzo. Sono percorse da chilometri di sotterranei, come quelle egizie, ed emettono un’energia di cui gli studiosi non hanno ancora rilevato l’origine. La storia è interamente da riscrivere, sostiene un pioniere come lo scozzese Graham Hancock: quelli che gli antichi chiamavano dei, dice il professor Graziano Baccolini dell’università di Bologna, erano chiaramente astronauti. L’orizzonte della civiltà, di colpo, sembra allungarsi a dismisura: in Sudafrica, Michael Tellinger ha rilevato le tracce di una vera e propria “metropoli”, a due passi dalle miniere d’oro più antiche del pianeta. Una città imnmensa, che oggi avrebbe addirittura 200.000 anni. Ancora più enigmatica la scoperta della “mappa del creato”, in Russia, sugli Urali: un lastrone che riproduce perfettamente, dall’alto, la geografia russa. Dettaglio: molluschi ora fossili, ma intrappolati ancora vivi fra uno strato e l’altro dell’opera all’epoca della sua misteriosa realizzazione, si estinsero non meno di 120 milioni di anni fa.Informazioni frammentarie e sconcertanti: un po’ troppe, e tutte emerse nel giro di pochi anni. Si affacciano sui media come curiosità esotiche, ma non riescono ancora a essere metabolizzate dal sapere accademico, completamente spiazzato. E’ partita una specie di corsa, affidata a scienziati coraggiosi. Vuoi vedere che la nostra storia è infinitamente più lunga di quella finora tracciata dalla storiografia? E se si accertasse che la nostra vera origine è davvero extraterrestre? Nel libro “L’altra Europa”, l’avvocato vicentino Paolo Rumor, nipote del più volte premier Mariano Rumor, parla di un’unica dinastia di potere saldamente al comando da 12.000 anni, dietro al paravento di imperi e Stati. Fonte: l’esoterista francese Maurice Schumann, massone e gollista, tra gli ispiratori dell’Ue. Schumann la chiama “La Struttura”. Dalla Mesopotamia avrebbe conquistato il Mediterraneo, quindi il resto del mondo. Lo stesso Biglino cita un padre della Chiesa, il vescovo Eusebio di Cesarea, che dà credito al greco Filone di Byblos quando cita l’opera del fenicio Sanchuniathon, che nel 1200 avanti Cristo scrive: le divinità vivevano tra noi ed erano prepotenti, la loro mitologia mistica è stata poi costruita a tavolino dai sacerdoti antichi, che hanno velato la verità inventando la categoria del mistero.Fausto Carotenuto, già analista dei servizi segreti, nel saggio “Il mistero della situazione internazionale” sintetizza: i “poteri oscuri” che dominano il pianeta sono costituiti da due grandi catene di comando, una massonica e l’altra religiosa. In realtà sono “forze dell’ostacolo”, che – scatenando guerre e seminando ingiustizie – costringono l’umanità ad evolversi. La sua è una lettura quasi consolante e spiritualistica, di marca steineriana. Il concetto di spiritualità, però, nella nostra storia – almeno, quella leggibile – è stato introdotto solo in epoca recente, dal platonismo. Prima, c’erano solo “divinità” aliene, in carne e ossa, generose come l’indiano Krishna o spietate come Yahwè e colleghi. Unica eccezione, la teologia mazdea che la tradizione attribuisce a Zoroastro, 1400 avanti Cristo: l’uomo, di origine celeste, “intrappolato” sulla Terra dal perfido Ahriman, principio del male, antagonista del signore della luce Ahura Mazda. Extraterrestri ante litteram? Suggestioni ricorrenti, se ora ci si mettono anche i politici – con un’inistenza francamente sorprendente. Diversi presidenti americani avrebbero promesso, in campagna elettorale, di dire “tutta la verità” sugli Ufo. Nel 2009, Mikhail Gorbaciov ha ricordato che lui e Reagan si promisero reciproco aiuto, nel 1985 a Ginevra, in caso di “invasione aliena”. Scherzavano soltanto?Il 2 luglio 1947, un oggetto volante non identificato – ma in panne, vistosamente infuocato – precipitò a Roswell, in New Mexico. Ai testimoni oculari, le autorità mostrarono giorni dopo un pallone-sonda caduto: non era l’oggetto che avevamo avvistato, dissero i contadini. Il caso venne rapidamente archiviato. Ma nei 12 mesi seguenti, stranamente, l’ufficio brevetti degli Stati Uniti fu assediato da innovazioni avioniche, da cui poi si svilupparono rapidamente i moderni jet. Coincidenze? Di extraterrestri si parla sempre più spesso: gli X-Files sbancano sempre il botteghino. Ma perché ora l’argomento finisce in modo insistente nel menù della politica? Nel 2015 ha fatto il giro del mondo la nota del ministero della difesa russo, che annunciava l’attracco di una nave di Mosca nel porto saudita di Gedda. I russi avrebbero imbarcato l’Arca di Gabriele, per poi “tombarla” in Antartide, dopo che la strana cassa d’oro, custodita alla Mecca, avrebbe scatenato una tempesta energetica capace di uccidere migliaia di pellegrini. Vero o falso? I media sauditi attribuirono la strage a una crisi di panico tra la folla, mentre un’équipe di tecnici, nel sottosuolo, avrebbe tentato di raggiungere la misteriosa reliquia, donata a Maometto e gemella di quella affidata da Yahwè a Mosè.Per inciso: l’Arca biblica – alla lettera – era un oggetto pericoloso, da maneggiare con cura, affidato a personale specializzato e debitamente abbigliato. Una sorta di potente generatore energetico. Sta davvero per accadere qualcosa di rivoluzionario? Domani, magari grazie a qualche capo di Stato (o anche solo alla signora Sanders), emergeranno come verità ufficiali gli indizi che i testi antichi sembrano metterci sotto il naso da migliaia di anni? Sarebbe un colpo sensazionale, dopotutto: crollerebbe l’intera costruzione del potere terrestre. Tutti burattini inconsapevoli, manovrati da pochissimi eletti in contatto coi signori della galassia? Un po’ troppo, per la mente umana: inaccettabile, per popolazioni afflitte da grane ordinarie come lo spread, i migranti e le crisi geopolitiche, tra un campionato di calcio e la messa cantata dal religioso di turno, col ditino alzato, impegnato a lanciare severi ammonimenti morali. L’epifania sarebbe un capolavoro comico: salve, vengo da Marte e ho due o tre cose da dirvi, come peraltro i vostri capi già sanno. Tra chi non ride affatto, di fronte all’ipotesi che la fantascienza si decida a venirci finalmente a trovare, c’è proprio l’ufologo Pinotti: storicamente, dice, l’incontro improvviso tra civiltà diversissime comporta la fine, anche traumatica, della società meno avanzata. Della nostra, peraltro, non c’è di che vantarsi. Ma non tutti sono pessimisti, riguardo agli incontri ravvicinati. “Extraterrestre, portami via”, cantava Finardi, quasi fiducioso – già allora, 1978 – in un aiuto dal cielo.Non furono gli alieni a mettere fuori gioco Bernie Sanders nel 2016, ma – secondo l’accusa – i falsari del partito democratico, che avrebbero truccato gli esiti delle primarie a favore di Hillary Clinton. Ora però che l’anziano leader “socialista” americano sembra volerci riprovare, stavolta per sfidare Trump l’anno prossimo, è proprio di extraterrestri che si mette a parlare: «Se sarò eletto, mia moglie mi obbligherebbe a dirvi tutto sugli Ufo», ha detto, rispondendo a una domanda rivoltagli in un noto podcast di informazione condotto dal giornalista Joe Rogan. «Già da semplice senatore – ha aggiunto Sanders – la mia consorte pretendeva che facessi rivelazioni, in proposito. Purtroppo però non ho mai avuto accesso a documenti del genere». Poco più che una battuta, dall’anziano ex sindacalista: nell’eventualità di una sua presidenza, ciò che dovesse emergere sugli alieni e sugli Ufo lo annuncerà proprio al “The Joe Rogan Experience”. Alieni tutti da ridere? Nel 2012 fu l’allora premier russo Dmitrij Medvedev a scatenare i giornali, con un fuori-onda che fece il giro del mondo: «Non posso dirvi quanti extraterrestri ci sono tra noi, perché questo provocherebbe il panico». Prima ancora, l’ex ministro canadese della difesa, Paul Hellyer, era andato oltre: «Due di loro siedono persino nel Congresso Usa. E’ ora che la gente lo sappia».
-
A Creta il nostro primo antenato: visse 6 milioni di anni fa
Lo studio sulle impronte fossili scoperte sull’isola di Creta, pubblicato su “Proceedings of the Geologists’ Association”, potrebbe portare a una revisione delle teorie che identificano nella Rift Valley (Africa orientale) la culla dell’umanità. Le impronte sono state ritrovate da un team di ricercatori europei a Trachilos, sull’isola di Creta. Si tratta di una serie di 29 orme attribuibili a qualcuno che camminava in posizione eretta. Le impronte hanno una dimensione compresa tra i 94 e i 223 millimetri (10-20 cm) e hanno una forma molto simile a quella degli antenati della nostra specie. La sorpresa è arrivata con la datazione. «Ciò che rende controversa l’interpretazione sono l’età stimata e il luogo di ritrovamento», afferma Per Ahlberg, paleontologo dell’Università di Uppsala (Svezia), che in una frase esprime i dubbi della comunità scientifica. Le impronte sono state datate studiando la presenza nel terreno di particolari microrganismi marini (i foraminiferi, una classe di protozoi) fossilizzati e la struttura dei sedimenti rocciosi. I minerali che compongono i gusci dei protozoi consentono loro di fossilizzare facilmente nelle rocce sedimentarie di origine marina: ecco perché i fossili di foraminiferi sono considerati un buon indicatore dell’età dei ritrovamenti.Questa tecnica ha portato a una prima datazione tra 8,5 e 3,5 milioni di anni fa. È stato però considerato anche un altro evento: sul finire del Miocene, circa 5,6 milioni di anni fa, il Mediterraneo si prosciugò (regressione marina). Un evento che ha lasciato chiare tracce nei sedimenti, e in ultima analisi di stimare in 5,7 milioni di anni l’età delle impronte. Se a lasciare quelle impronte non fosse stata una specie appartenente alla nostra linea evolutiva, chi potrebbe essere stato? I ricercatori si interrogano sulle possibili interpretazioni dei risultati raccolti. Il piede umano presenta caratteristiche pressoché uniche: l’alluce è poco mobile, la superficie plantare è piatta e le prime due dita sono più lunghe delle altre. L’albero degli Hominini è molto fitto di ramificazioni, Nel genere Homo, l’ultimo arrivo è l’Homo Naledi. Tra gli australopitechi c’è Lucy (A. afarensis): per alcuni studiosi uno di loro ha portato a Homo, per altri sono solo un ramo laterale con antenati comuni.I Paranthropus, noti anche come australopitecine robuste, erano bipedi, con denti e mandibole robuste. Il genere Pan (scimpanzé) si sarebbe separato dalla linea che ha portato a Homo attorno a 6,3-5,4 milioni di anni fa, secondo una stima genetica. Gli Ardipithecus sono infine le forme più ancestrali, bipedi sul terreno e con piccolo cranio (300-350 cm cubi) e il Sahelanthropus potrebbe essere un antenato di uomini e scimpanzé, secondo alcuni. Queste e altre “unicità” della camminata in posizione eretta hanno fatto sì che sì che si possa utilizzare proprio la forma del piede per classificare gli ominidi. Per le impronte ritrovate a Creta i ricercatori non possono però escludere altre ipotesi. Ad esempio, è possibile che l’anatomia del piede umano possa essersi evoluta anche in altri primati – finora sconosciuti – poi estinti. Si tratterebbe di un caso di convergenza evolutiva. In pratica, specie diverse sviluppano, indipendentemente, caratteri morfologici che li rendono simili. Lo studio sulle orme di Trachilos non è dunque conclusivo: bisognerà attendere nuove analisi e, anche, sperare in altri ritrovamenti prima di poter mettere al suo giusto posto questo nuovo mistero dell’evoluzione.(Andrea Rubin, “Le impronte fossili che potrebbero cambiare la storia dell’evoluzione umana”, da “Focus” del 5 settembre 2017).Lo studio sulle impronte fossili scoperte sull’isola di Creta, pubblicato su “Proceedings of the Geologists’ Association”, potrebbe portare a una revisione delle teorie che identificano nella Rift Valley (Africa orientale) la culla dell’umanità. Le impronte sono state ritrovate da un team di ricercatori europei a Trachilos, sull’isola di Creta. Si tratta di una serie di 29 orme attribuibili a qualcuno che camminava in posizione eretta. Le impronte hanno una dimensione compresa tra i 94 e i 223 millimetri (10-20 cm) e hanno una forma molto simile a quella degli antenati della nostra specie. La sorpresa è arrivata con la datazione. «Ciò che rende controversa l’interpretazione sono l’età stimata e il luogo di ritrovamento», afferma Per Ahlberg, paleontologo dell’Università di Uppsala (Svezia), che in una frase esprime i dubbi della comunità scientifica. Le impronte sono state datate studiando la presenza nel terreno di particolari microrganismi marini (i foraminiferi, una classe di protozoi) fossilizzati e la struttura dei sedimenti rocciosi. I minerali che compongono i gusci dei protozoi consentono loro di fossilizzare facilmente nelle rocce sedimentarie di origine marina: ecco perché i fossili di foraminiferi sono considerati un buon indicatore dell’età dei ritrovamenti.
-
Monbiot: di crescita si muore, stiamo esaurendo la Terra
Immaginiamo che nel 3030 avanti Cristo tutte le ricchezze del popolo egiziano potessero entrare in un metro cubo, e supponiamo che questa ricchezza sia cresciuta del 4,5% all’anno: quanto sarebbe diventata grande al tempo della battaglia di Azio, tre milleni dopo? Dieci volte il volume delle piramidi? Tutta la sabbia del Sahara? L’Oceano Atlantico? Il volume di tutto il pianeta? Macché. Secondo il banchiere Jeremy Grantham, avremmo avuto bisogno di 2.5 miliardi di miliardi di sistemi solari. «Una volta compreso il significato e le proporzioni di questa conclusione – dice George Monbiot – non dovreste metterci molto ad arrivare alla paradossale posizione che l’unica salvezza sta nel crollo del sistema». Matematico: «Per continuare a far funzionare il sistema attuale dovremmo distruggerci da soli, ma se il sistema non funziona sarà il sistema stesso a distruggerci: questa è la spirale che abbiamo creato».Non possiamo certo ignorare il cambiamento climatico, il crollo della biodiversità, l’esaurimento di acqua, suolo, minerali e petrolio. Ma anche se, per miracolo, tutti questi problemi dovessero svanire, scrive Monbiot in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”, la semplice regola della “crescita composta” rende comunque impossibile la continuità del sistema. L’attuale crescita economica? E’ un artificio, dovuto all’uso dei combustibili fossili. «Prima che si cominciassero a estrarre grandi quantità di carbone, ogni aumento della produzione industriale coincideva con una flessione della produzione agricola, come avvenne quando il carbone e la forza motore necessari per far espandere l’industria ridussero la quantità di terreno disponibile per la coltivazione di cibo. Ogni rivoluzione industriale ha causato il crollo della situazione precedente, perché la stessa crescita non poteva essere più sostenuta. Ma il carbone ha rotto questo ciclo e ha reso possibile – per qualche centinaio di anni – quel fenomeno che oggi chiamiamo crescita sostenibile».Secondo Monbiot, a scatenare il progresso (e le sue patologie moderne: guerra totale, concentrazione della ricchezza globale, distruzione del pianeta) non sono stati né il capitalismo né il comunismo: è stato il carbone, seguito dal petrolio e dal gas. Il filo conduttore di questa espansione? L’ideologia della crescita. E ora che si stanno esaurendo le riserve accessibili, «dobbiamo saccheggiare gli angoli più nascosti del pianeta pur di sostenere la nostra proposta impraticabile». Mentre gli scienziati annunciano il crollo della calotta antartica occidentale, il governo ecuadoriano decide di consentire la trivellazione petrolifera del parco nazionale Yasuni. Il povero Ecuador, che ha chiesto 3,6 miliardi di dollari, ha invece ricevuto solo 13 milioni. Risultato: «Petroamazonas, una compagnia con un medagliere pieno di record di distruzione e rovina, ora potrà entrare in uno dei luoghi dove esiste la maggior concentrazione di biodiversità del pianeta, dove si dice che un ettaro di foresta pluviale contenga più specie di quante ne esistano nell’intero continente nordamericano».Piove sul bagnato: i petrolieri inglesi della Soco sperano di riuscire a penetrare nel Virunga, il più antico parco nazionale africano, in Congo. Il Virunga, sottolinea Monbiot, è una delle ultime roccaforti dei gorilla di montagna e degli okapi, degli scimpanzé e degli elefanti delle foreste. In Gran Bretagna, dove è stato appena idendificato un probabile giacimento di 4.4 miliardi di barili di “shale oil”, «il governo fantastica di trasformare una verdeggiante periferia in un nuovo Delta del Niger: a tal fine sta cambiando le leggi anti-dispersione per consentire la perforazione del terreno senza nessun consenso ma offrendo ricche tangenti alla popolazione del posto». Tutto vano, in ogni caso: «Lo sfruttamento di queste nuove riserve non risolverà comunque niente», dice Monbiot: «Non metteranno fine alla nostra fame di risorse, la esarbeceranno solamente».Si sta infatti avvicinando il pericolo maggiore: «La traiettoria della crescita composta (scalare) mostra che l’isterilimento del pianeta è appena iniziato. Quando il volume dell’economia globale si espande, in tutto il mondo qualsiasi cosa contenga materiale concentrato, insolito, prezioso, sarà scoperta e sfruttata, le sue risorse saranno estratte e disperse», con buona pace delle ultime meraviglie del mondo. Qualcuno, aggiunge Monbiot, ha provato a risolvere questa “equazione impossibile” con il mito della dematerializzazione, sostenendo cioè che i processi stanno diventando più efficienti e gli oggetti sempre più piccoli. Errore: «Non c’è nessun segnale che questo stia accadendo veramente. La produzione di minerale di ferro è aumentata del 180% in 10 anni. I dati commerciali delle Forest Industries dicono che il consumo di carta globale è ad un livello record e continuerà a crescere». Paradossale: «Se nell’era digitale non riusciamo nemmeno a ridurre il consumo di carta, che speranza possiamo avere per le altre materie prime?».Sembra che nessuno se ne accorga, ma una superficie sempre più vasta del pianeta viene utilizzata per le estrazioni di materiali che servono a produrre oggetti inutili, merci di lusso o destinate a trasformarsi istantaneamente in rifiuti. «Forse è sorprendente che le nostre fantasie di colonizzare lo spazio – che ci fanno capire che potremmo esportare i problemi invece di risolverli – stanno riemergendo». Secondo il filosofo Michael Rowan, l’inevitabilità della “crescita scalare” significa che, se fosse sostenibile la crescita globale prevista lo scorso anno per il 2014 (3.1%), «anche se miracolosamente riducessino il consumo di materie prime del 90%, ritarderemmo l’inevitabile di solo 75 anni». Morale: «L’efficentamento non serve a nulla se la crescita continua. Il fallimento inevitabile di una società basata sulla crescita e sulla distruzione dei sistemi viventi della Terra sono i fatti che opprimono la nostra esistenza. Come risultato, non se ne parla quasi mai». E’ il tabù del ventunesimo secolo, blindato dalla disinformazione.Immaginiamo che nel 3030 avanti Cristo tutte le ricchezze del popolo egiziano potessero entrare in un metro cubo, e supponiamo che questa ricchezza sia cresciuta del 4,5% all’anno: quanto sarebbe diventata grande al tempo della battaglia di Azio, tre milleni dopo? Dieci volte il volume delle piramidi? Tutta la sabbia del Sahara? L’Oceano Atlantico? Il volume di tutto il pianeta? Macché. Secondo il banchiere Jeremy Grantham, avremmo avuto bisogno di 2.5 miliardi di miliardi di sistemi solari. «Una volta compreso il significato e le proporzioni di questa conclusione – dice George Monbiot – non dovreste metterci molto ad arrivare alla paradossale posizione che l’unica salvezza sta nel crollo del sistema». Matematico: «Per continuare a far funzionare il sistema attuale dovremmo distruggerci da soli, ma se il sistema non funziona sarà il sistema stesso a distruggerci: questa è la spirale che abbiamo creato».