Archivio del Tag ‘sequestro’
-
Rosa Rossa: quei simboli svelano la verità indicibile su Moro
Da via Fani a via Caetani, passando per via Montalcini. Nomi e date, segni e simboli a cui pochissimi hanno fatto caso. Racconterebbero l’atroce “operazione Moro” – italiana e internazionale, politica e geopolitica – riletta secondo il codice segreto di un disegno meno evidente, ma forse decisivo: capace di cioè di “firmare”, in modo occulto, il sanguinoso sequestro e poi il calvario del presidente “eretico” della Dc, fino alla sua spietata uccisione. Messaggio: quell’assassinio è stato l’atto d’inizio di una nuova epoca di dominazione mondializzata. Ne parlò la giornalista Gabriella Carlizzi, indagatrice atipica e indipendente dei misteri italiani, così come Solange Manfredi, avvocato e saggista. Ne accenna lo storico Giuseppe De Lutiis nel libro “Il lato oscuro del potere” (Editori Riuniti). Ne parla diffusamente Sergio Flamigni nel romanzo “La tela del ragno” (Kaos). L’argomento lo sfiora lo stesso Giovanni Fasanella, autore di bestseller come “Il golpe inglese”, che nel recentissimo libro-indagine “Il puzzle Moro” (Chiarelettere) ricostruisce il ruolo di Londra nella strategia della tensione in Italia, mettendo anche l’accento sul Vaticano, dopo le dirompenti conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Giuseppe Fioroni: per il blitz di via Fani sarebbe stata usata una palazzina di via Massimi di proprietà dello Ior, la banca vaticana.
-
Gallino: dittatura Ue, cosa aspettiamo a denunciarla?
«Quel che sta accadendo è una rivoluzione silenziosa», annunciò José Manuel Barroso a Firenze nel 2010: «Un più forte governo dell’economia realizzato a piccoli passi». Gli Stati membri «hanno accettato di attribuire importanti poteri alle istituzioni europee riguardo alla sorveglianza, e un controllo molto più stretto delle finanze pubbliche». Barroso non parlava a caso, avverte Luciano Gallino: sin dal 2010, la Ue e il Consiglio Europeo avevano avviato un piano di trasferimento di poteri dagli Stati membri alle principali istituzioni comunitarie, che per la sua ampiezza «rappresenta una espropriazione inaudita, non prevista nemmeno dai trattati Ue, della sovranità degli Stati stessi». Non è solo questione di economia: si prevedeva l’intervento d’autorità, parte di funzionari di Bruxelles, per sanzionare chi uscisse rai ranghi, cioè dagli “indicatori” «elaborati secondo criteri sottratti a ogni discussione». Piano perfettamente eseguito: «Il ministero delle Finanze degli Stati membri potrebbe essere eliminato: del bilancio se ne occupa la Commissione Europea».Il culmine del sequestro della sovranità economica e politica dei nostri paesi da parte della Ue, scrive Gallino su “Repubblica”, è stato toccato nel 2012 con l’imposizione del Fiscal Compact, che prevede l’inserimento nella legislazione del pareggio di bilancio, “preferibilmente in via costituzionale”. «I nostri parlamentari, non si sa se più incompetenti o più allineati sulle posizioni di Bruxelles, hanno scelto la strada del maggior danno – la modifica dell’articolo 81 della Costituzione». Sequestri di sovranità e potere: «Non sono motivati, come sostengono le istituzioni europee, dalla necessità di combattere la crisi finanziaria». Per Gallino, i tecnocrati dell’Ue, del Fmi e della Bce sembrano «dilettanti allo sbaraglio», visto che i loro diktat hanno fatto esplodere il debito pubblico nell’Eurozona, salito dal 66% del 2007 all’86% del 2011. In realtà non è il super-potere “sbagli”. La realtà è ancora peggiore: il super-potere centrale mente, sapendo di mentire. Perché il suo piano è oligarchico: colpire lo Stato fino a smantellarlo, per lasciare senza più difese lavoratori, aziende e cittadini.La Troika, infatti, imputa la crisi economica al «peso eccessivo della spesa sociale» nonché al «costo eccessivo del lavoro». La loro unica ricetta? Tagliare. Christine Lagarde, direttrice del Fmi, insiste sulla necessità di tosare le pensioni italiane, visto che rappresentano la maggior spesa dello Stato, «dando mostra di ignorare, la dotta direttrice, che i 200 miliardi della ordinaria spesa pensionistica sono soldi che passano direttamente dai lavoratori in attività ai lavoratori in quiescenza». Il trasferimento all’Inps da parte dello Stato, circa 90 miliardi l’anno, «non ha niente a che fare con la spesa pensionistica, bensì con interventi assistenziali che in altri paesi sono a carico della fiscalità generale», precisa Gallino. Il problema è che «dinanzi ai diktat di Bruxelles, il governo italiano in genere batte i tacchi e obbedisce». Le prescrizioni contenute nella lettera del 2011 con cui Olli Rhen, allora commissario all’economia dell’Ue, esigeva riforme dello Stato sociale, sono state eseguite. La “riforma” del lavoro, il Jobs Act di Renzi, «potrebbe essere stata scritta a Bruxelles». Morale: «Nessuno di questi interventi ha avuto o avrà effetti positivi per combattere la crisi; in realtà l’hanno aggravata».Combattere la crisi, aggiunge Gallino, non è nemmeno il loro obiettivo: «Lo scopo perseguito dalle istituzioni Ue è quello di assoggettare gli Stati membri alla “disciplina” dei mercati. Oltre che, più in dettaglio, convogliare verso banche e compagnie di assicurazione il flusso dei versamenti pensionistici; privatizzare il più possibile la sanità; ridurre i lavoratori a servi obbedienti dinanzi alla prospettiva di perdere il posto, o di non averlo». Il vero nemico delle istituzioni Ue? «E’ lo stato sociale e l’idea di democrazia su cui si regge: è questo che esse sono volte a distruggere». L’Unione Europea sembra ormai diventata «una dittatura di finanza e grandi imprese, grazie anche all’aiuto di governi collusi o incompetenti». Si parla di “fine della democrazia” nella Ue, di “democrazia autoritaria” o “dittatoriale” o di “rivoluzione neoliberale” condotta per attribuire alle classi dominanti il massimo potere economico. «Il termine potrà apparire troppo forte», ma basta dare un’occhiata ai fatti: «I poteri degli Stati membri, di cui le istituzioni europee si sono appropriati, sono superiori a quelli dei quali gode in Usa il governo federale nei confronti degli Stati federati».Di fatto, continua Gallino, «le persone che decidono quali poteri lasciarci o toglierci, sono sì e no alcune dozzine: sei o sette commissari della Ce su trenta; i componenti del Consiglio Europeo (due dozzine di capi di Stato e di governo); i membri del direttivo della Bce; i capi del Fmi, e pochi altri». Tutti, beninteso, sono «immersi in trattative con esponenti del mondo politico, finanziario e industriale», che dettano loro le nuove regole a cui i cittadini dovranno sottoporsi. «Non esiste alcun organo elettivo – nemmeno il Parlamento Europeo – che possa interferire con quanto tale gruppo decide». Sicché, «pare evidente che la Ue abbia smesso di essere una democrazia, per assomigliare sempre più a una dittatura di fatto, la cui attuazione – come vari giuristi hanno messo in luce – viola perfino i dispositivi già scarsamente democratici dei trattati istitutivi».Al limite, «la dittatura Ue potrebbe essere tollerabile se avesse conseguito successi economici: italiani e tedeschi hanno applaudito i loro dittatori per anni perché procuravano lavoro e prestazioni da stato sociale. Ma le politiche economiche imposte dal 2010 in poi hanno provocato solo disastri». Una tragedia politica, prima ancora che economica: la denuncia del “golpe”, forte e chiara, non è mai stata pronunciata da nessun soggetto politico con visibilità istituzionale, ma solo da analisti indipendenti, Paolo Barbard fra i primi. Si domanda Gallino: «Quali sciagure debbono ancora accadere, quali insulti l’ideale democratico deve ancora subire, prima che si alzi qualche voce – meglio se sono tante – per dire che di questa Ue dittatoriale ne abbiamo abbastanza, e che se uscirne oggi può costare troppo caro è necessario rivedere i trattati, prima di assicurarci decenni di recessione e di servitù politica ed economica?».«Quel che sta accadendo è una rivoluzione silenziosa», annunciò José Manuel Barroso a Firenze nel 2010: «Un più forte governo dell’economia realizzato a piccoli passi». Gli Stati membri «hanno accettato di attribuire importanti poteri alle istituzioni europee riguardo alla sorveglianza, e un controllo molto più stretto delle finanze pubbliche». Barroso non parlava a caso, avverte Luciano Gallino: sin dal 2010, la Ue e il Consiglio Europeo avevano avviato un piano di trasferimento di poteri dagli Stati membri alle principali istituzioni comunitarie, che per la sua ampiezza «rappresenta una espropriazione inaudita, non prevista nemmeno dai trattati Ue, della sovranità degli Stati stessi». Non è solo questione di economia: si prevedeva l’intervento d’autorità, parte di funzionari di Bruxelles, per sanzionare chi uscisse rai ranghi, cioè dagli “indicatori” «elaborati secondo criteri sottratti a ogni discussione». Piano perfettamente eseguito: «Il ministero delle Finanze degli Stati membri potrebbe essere eliminato: del bilancio se ne occupa la Commissione Europea».
-
Ustica, strage impunita e cimitero di testimoni scomodi
Un caccia francese che “si nasconde” dietro un aereo di linea italiano e lo colpisce per errore con un missile, in realtà indirizzato contro un altro velivolo: il Mig libico a bordo del quale poteva esserci Gheddafi. Lo disse Francesco Cossiga nel 2007, accreditando una possibile ricostruzione definitiva della strage di Ustica, 27 giugno 1980, quando il Dc-9 dell’Itavia decollato da Bologna e diretto a Palermo esplose in volo e finì in fondo al Tirreno, 81 vittime tra equipaggio e passeggeri. Ma la strage infinita ha continuato a uccidere. Misteri e depistaggi: più di 20 testimoni scomodi, per lo più militari, tutti scomparsi. Strani malori, suicidi apparenti, omicidi, incidenti stradali e aeronautici. Fascicolo riaperto il 23 febbraio 2013 – dopo milioni di pagine giudiziarie – su esposto dell’associazione antimafia “Rita Atria”. Il sospetto: forse non fu un incidente aereo, ma un attentato, quello che nel ’92 costò la vita all’ex pilota militare Alessandro Marcucci, caduto vicino a Cecina a bordo del velivolo anticendio pilotato da un collega, Silvio Lorenzini, anch’esso rimasto ucciso.Rosario Priore, il pm che più di ogni altro ha indagato sul disastro di Ustica, parla di testimoni «venuti a conoscenza di fatti diversi dalle ricostruzioni ufficiali». Piloti e controllori radar che «rivelano la loro conoscenza in ambiti strettissimi», ma non così riservati. Al punto che la loro verità viene «percepita da ambienti che li stringono od osteggiano anche in maniera pesante, e così ne restano soffocati». Impossibile non convincersene: molti dei morti all’indomani della strage «erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato, e da questo peso sono rimasti schiacciati». Lo scenario mette paura, perché quella notte sul mare e nel cielo tra Ponza e Ustica c’erano navi militari italiane e americane, caccia libici, aerei da guerra francesi, italiani e statunitensi. Un’esercitazione aeronavale della Nato, in grande stile, sconvolta dall’abbattimento incidentale del Dc-9. Dopodiché: tracce radar cancellate, silenzi e depistaggi. E naturalmente, omicidi.Il primo a morire, già il 3 agosto 1980, è il colonnello pilota Pierangelo Tedoldi: incidente stradale. Tedoldi era a capo dell’aeroporto di Grosseto, competente su uno dei radar coinvolti, quello di Poggio Ballone. Un anno dopo, il 9 maggio 1981, lo segue un collega, il capitano Mario Gari: “infarto”. Quattro mesi più tardi, il 2 settembre, ci rimette la pelle in un’esercitazione il colonnello dell’aeronautica Antonio Gallus. Era amico dei due piloti delle Frecce Tricolori, Mario Naldini e Ivo Nutarelli, che cadranno nella strage di Ramstein nel 1988. Li seguirà un altro amico, il tenente medico Giampaolo Totaro, trovato impiccato nella base friulana di Rivolto, nel ‘94. Era convinto che gli aerei dei piloti della squadra acrobatica fossero stati sabotati. Ma già all’inizio degli anni ’80, cioè poco dopo Ustica e i primi tre decessi anomali – Tedoldi, Gari e Gallus – fa scalpore un’uccisione eccellente: quella di Aldo Semerari, criminologo e collaboratore del Sismi, legato all’ultra-destra, trovato decapitato nella sua auto a Ottaviano il 25 marzo 1982 (lo seguirà a pochi giorni di distanza la segretaria, Maria Fiorella Carrara).Secondo il giornalista Gianni Lannes, autore del blog “Su la testa”, il professor Semerari – coinvolto nella strage di Bologna e nei casi Cirillo e Pecorelli, oltre che nelle trame “depistate” dalla Banda della Magliana – “non poteva non sapere” di Ustica. E’ invece un secondo incidente stradale, il 23 gennaio 1983, a uccidere il sindaco di Grosseto, il socialista Giovanni Battista Finetti. Aveva raccolto confidenze da ufficiali dell’aviazione: la sera della strage di Ustica, due caccia italiani F-104 si erano levati in volo dalla base toscana per intercettare un Mig-23 libico. Quello in effetti ritrovato sulla Sila il 18 luglio, due settimane dopo la strage di Ustica, con accanto il cadavere del pilota? Quattro anni dopo la morte del sindaco di Grosseto, il 20 marzo 1987 cade a Roma – crivellato di proiettili – il generale di squadra Licio Giorgeri, assassinato da un commando «per le responsabilità da lui esercitate in seguito all’adesione italiana al progetto delle guerre stellari». Firma il comunicato una sigla fantomatica: “Unione combattenti comunisti”.Per Giovanni Spadolini, «Giorgieri non aveva nessun rapporto diretto con l’iniziativa di difesa strategica». Attentato anomalo. All’epoca di Ustica, ricorda Lannes, il generale triestino faceva parte dei vertici del Rai, il Registro aeronautico italiano, responsabile del quale era il generale Saverio Rana, morto “per infarto”. Proprio Rana fu il primo a parlare di missili, scartando le altre ipotesi su Ustica (bomba terrorista a bordo, collisione o cedimento strutturale del velivolo). Dettaglio: dall’amico Giorgieri, racconta Lannes, il generale Rana – convinto socialista e, ai tempi, pilota personale di Pietro Nenni – aveva ricevuto tre fotocopie di tracciati radar e, subito dopo la strage, riferì al ministro Formica la presenza di un caccia vicino al Dc-9 dell’Itavia.Dieci giorni dopo Giorgieri, cominciano a morire i marescialli dell’arma azzurra: il 30 marzo viene trovato impiccato sul greto del fiume Ombrone il sottufficiale Mario Alberto Dettori, nell’80 controllore della difesa aerea al centro radar di Poggio Ballone. Era di turno proprio la sera della strage. Tornò a casa sconvolto: «E’ successo un casino», disse alla moglie, «qui vanno tutti in galera». E l’indomani, alla cognata: «Siamo stati a un passo dalla guerra, c’era di mezzo Gheddafi». Un altro maresciallo, Ugo Zammarelli, muore investito da una moto il 12 agosto 1988, a Gizzeria Marina. Niente autopsia, mentre i bagagli spariscono dall’albergo. In forza alla base Nato di Decimomannu, in Sardegna, Zammarelli non era in Calabria in vacanza: stava conducendo un’inchiesta personale sul Mig libico, afferma Lannes. Tempo due settimane, e nel cielo di Ramstein di schiantano le Frecce Tricolori di Naldini e Nutarelli. La sera maledetta, quella di Ustica, i due si erano alzati in volo a bordo dei loro F-104 con il compito di intercettare il Mig libico. Al giudice Priore, l’imprenditore Andrea Toscani ha rivelato le confidenze di Naldini: «Quella notte c’erano tre aerei. Uno autorizzato, due no. Li avevamo intercettati, quando ci dissero di rientrare».Si entra negli anni ’90, ma la strage dei testimoni continua. Il 1° febbraio 1991 cade un altro maresciallo dell’aeronautica, Antonio Muzio, freddato con tre colpi di pistola a Pizzo Calabro. Nel 1980 era in servizio alla torre di controllo dell’aeroporto di Lamezia Terme. Un anno dopo, precipita – esploso in volo? – il ricognitore antincendio di Silvio Lorenzini con accanto Alessandro Marcucci, tenente colonnello dell’aviazione e nell’80 pilota militare a Pisa. Marcucci aveva indagato su Ustica, attingendo a fonti indirette. Aveva scoperto qualcosa? L’indagine riaperta – salme riesumate per l’autopsia – proverà a stabilire se sia stato effettivamente ucciso. L’aereo è caduto il 2 febbraio ’92. Stesso giorno della morte dell’ennesimo maresciallo dell’aeronautica, Antonio Pagliara: incidente stradale, ancora. Nell’80, Pagliara era controllore della difesa aerea a Otranto. Un anno dopo, a Bruxelles, qualcuno uccide invece a coltellate un vero e proprio teste-chiave, l’ex generale Roberto Boemio, consulente dell’Alenia presso la Nato. Il Belgio, che non ha ancora risolto il caso, vede coinvolti «servizi segreti internazionali».Su Ustica, il generale Boemio aveva cominciato a collaborare con la magistratura: il suo nome, ricorda Lannes, compare tra i riscontri di innumerevoli contestazioni processuali fatte ai generali allora responsabili dell’aeronautica. Nell’80, proprio da Boemio dipendevano la base strategica di Martinafranca in Puglia e i centri radar di Jacotenente, Marsala e Licola, coinvolti nell’allarme per la presenza di caccia non identificati nel cielo di Ustica e di una portaerei in navigazione nel Tirreno al momento dell’esplosione del Dc-9. «Boemio – aggiunge Lannes nella sua ricostruzione – s’era anche occupato di uno dei due Mig-23 fatti ritrovare da Cia e Sismi sulla Sila proprio il 18 luglio ’80». Sempre Lannes include nella lista dei possibili testimoni “suicidati” anche il colonnello del Sismi Mario Ferraro, trovato morto in circostanze inverosimili il 16 luglio 1995 nella sua casa di Roma, impiccato con la cintura dell’accappatoio a un appendi-asciugamano che non avrebbe potuto reggere al suo peso.Esperto di terrorismo e traffico d’armi, Ferraro era l’uomo che a Beirut ricevette l’ordine di attivare contatti con le Br tramite l’Olp “per la liberazione di Moro”, ben 14 giorni prima che Moro venisse sequestrato. Sempre nel ’95, a fine anno (21 dicembre) ancora un maresciallo dell’aeronautica viene trovato morto, anche lui impiccato: è Franco Parisi, rinvenuto appeso a un albero alla periferia di Lecce. Nel maledetto 1980 era controllore della difesa aerea al centro radar di Otranto, di turno il 18 luglio – giorno in cui sarebbe avvenuto il fantomatico incidente del Mig. Il giudice Priore l’aveva interrogato, riscontrando «palesi contraddizioni» nella sua deposizione, probabilmente frutto di «minacce nei suoi confronti». Non c’è stato il tempo di riascoltarlo: gli hanno trovato strane lesioni alla nuca, mentre il cadavere (nonostante la corda al collo) aveva i piedi che poggiavano sul terreno. Strano suicidio anche quello di Michele Landi, consulente informatico della Guardia di Finanza oltre che del Sisde, trovato impiccato «con le ginocchia sul divano» il 4 aprile 2002 nella sua casa vicino a Guidonia.Per Umberto Rapetto, il generale delle Fiamme Gialle che ha denunciato la maxi-evasione miliardaria delle slot machines, è un gesto inspiegabile: «Landi era gioioso, non soffriva assolutamente di depressione». Però aveva confidato agli amici di conoscere novità compromettenti su Ustica. «L’hanno suicidato i servizi segreti, come storicamente in Italia sanno fare», ha detto agli inquirenti il magistrato Lorenzo Matassa, a cui Landi avrebbe «riferito di sapere molte cose su Ustica». In passato, rileva Lannes, il tecnico aveva lavorato sui sistemi di puntamento missilistici ed era stato in contatto con la società Catrin, «la stessa con cui collaborava Davide Cervia, il tecnico di guerra elettronica, misteriosamente scomparso il 12 settembre ’90». Ad abbattere il Dc-9 dell’Itavia fu un missile: lo prova la grandine di sferule d’acciaio conficcate nell’aereo, esplose da un razzo a frammentazione. Ma, dopo 33 anni, ancora non si sa chi l’abbia sparato. Per non parlare di tutte le altre strane morti, successive alla strage. Un vero e proprio cimitero di testimoni.Un caccia francese che “si nasconde” dietro un aereo di linea italiano e lo colpisce per errore, con un missile in realtà indirizzato contro un altro velivolo: il Mig libico a bordo del quale poteva esserci Gheddafi. Ne parlò Francesco Cossiga nel 2007, accreditando una possibile ricostruzione definitiva della strage di Ustica, 27 giugno 1980, quando il Dc-9 dell’Itavia decollato da Bologna e diretto a Palermo esplose in volo e finì in fondo al Tirreno, 81 vittime tra equipaggio e passeggeri. Ma la strage infinita ha continuato a uccidere. Misteri e depistaggi: più di 20 testimoni scomodi, per lo più militari, tutti scomparsi. Strani malori, suicidi reali o apparenti, omicidi, incidenti stradali e aeronautici. Fascicolo riaperto il 23 febbraio 2013 – dopo milioni di pagine giudiziarie – su esposto dell’associazione antimafia “Rita Atria”. Il sospetto: forse non fu un incidente aereo, ma un attentato, quello che nel ’92 costò la vita all’ex pilota militare Alessandro Marcucci, caduto vicino a Cecina a bordo del velivolo anticendio pilotato da un collega, Silvio Lorenzini, anch’esso rimasto ucciso.
-
Beha, il funerale del Pd: no democratic, no party
Ma sì, parliamo del Pd, il partito “che non proietta l’ombra” per manifesta inconsistenza identitaria mentre siamo costretti dalla realtà illegal-precipitosa a parlare ogni giorno del soi dicent Re Sole e della sua corte. Parliamo di un partito “mai nato” parafrasando il fallaciano Rutelli da venticinque anni in sala parto della partitocrazia italiana a fianco della “Morgue” della politica, mentre il mondo ci dice della immane tragedia indonesiana, dei 40 morti di cancro a Praia a Mare per aver respirato coloranti in una fabbrica tessile secondo la Procura di Paola, della richiesta del pm di 13 anni per Pollari per il sequestro Abu Omar di cui lo stesso Rutelli parla assai meno volentieri…
-
Arctic Sea, il Mossad e i missili russi per l’Iran
Sarebbe stato sequestrato dal Mossad, e non dai pirati, perché carico di missili destinati all’Iran, il cargo russo “Arctic Sea”, scomparso a luglio al largo della Manica e ritrovato a metà agosto a Capo Verde. Lo hanno sostenuto diverse fonti, rivelando che il premier israeliano Netanyahu avrebbe compiuto un viaggio-lampo a Mosca il 7 settembre per chiedere al Cremlino di rinunciare a dotare Teheran di avanzati sistemi di difesa missilistica, destinati alla protezione delle installazioni nucleari iraniane da eventuali raid aerei da parte dei jet di Tel Aviv. Ne dà notizia in Italia il network “PeaceReporter”, che rileva «gli ingredienti per la sceneggiatura di un film o per un libro noir».