Archivio del Tag ‘Sergio Romano’
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Tutti i politici italiani che hanno sempre preso soldi stranieri
In Europa c’è un paese, Metternich avrebbe detto “un’espressione geografica”, che nel XIX secolo ha preso soldi dalle banche inglesi. Lo sostiene lo storico Aldo Mola, quando scrive che «nella spedizione dei Mille, il ruolo della massoneria inglese fu determinante, con un finanziamento di tre milioni di franchi e il monitoraggio costante dell’impresa»; ma lo ha affermato anche il ben più noto Sergio Romano, basandosi su testi di Arrigo Petacco, quando scriveva che «le ragioni dell’atteggiamento britannico furono in parte culturali, in parte strettamente politiche. I liberali inglesi erano favorevoli ai moti nazionali europei. Il loro leader, William Gladstone, scrisse un feroce pamphlet contro il Regno delle due Sicilie. Londra accolse generosamente Mazzini e contribuì a fare di lui un grande personaggio europeo. Il viaggio di Garibaldi a Londra fu un successo e suggerì alle aziende di ceramica dello Staffordshire la costruzione di statuette variopinte del generale che hanno decorato da allora i caminetti delle case del Regno Unito». Certo, direte voi, ma questa è roba vecchia, vecchissima, e che risale all’Ottocento. E poi, che male c’è? Gli inglesi ci hanno aiutato contro i Borbone e contro l’Imperatore d’Austria, e hanno fatto bene. Sì, ma…In Europa c’è un paese che si è fatto finanziare dagli stranieri anche dopo, ad Italia unificata. Il Duce d’Italia, Benito Mussolini, fu finanziato dagli inglesi e dagli americani, e chi lo ha seguito al governo del paese dopo la guerra lo fece in modo anche più esplicito. E’ il caso di un certo Alcide de Gasperi, trentino, che prese un aereo per gli Stati Uniti al fine di ottenere il placet e agevolazioni finanziarie. Poi arrivò il celeberrimo Piano Marshall, un fondo basato sul finanziamento in dollari, la cui “generosità” è oggi ampiamente contestata, dato che la ripresa in Europa “occidentale” si era già avviata da sola e la politica dei prezzi americana fu pilotata per indurre gli europei a vincolarsi al sostegno americano. Non sono nessuno per avvalorare questa linea storiografica; ma, anche volendola rifiutare, al mondo solo gli zulù non ammetterebbero che ci furono finanziamenti all’Italia. E non furono sempre trasparenti come il Piano Marshall. Sereno Freato, stretto collaboratore di Aldo Moro, negli anni Novanta dichiarava ad un giudice: «Mi meraviglio, è la scoperta dell’acqua calda: i finanziamenti del governo Usa alla Democrazia Cristiana ci sono sempre stati! Ho incassato di persona un assegno da 60 milioni dal capo-stazione della Cia a Roma, un assegno destinato alle casse dello scudo crociato nei primi anni ‘60».Vabbè, direte voi, ma questa era la Dc, il partito di maggioranza relativa che doveva combattere una guerra, seppur fredda. Va bene, come osservazione ci sta, peccato che in Europa c’è un paese ove anche le opposizioni si sono fatte finanziare dagli stranieri. E mica tanti anni fa. C’era l’Urss, e quindi parliamo di soli 30 anni or sono. In un libro del 1993 apparso presso Baldini e Castoldi (“L’oro di Mosca”), Gianni Cervetti racconta di essere stato per un certo periodo il procuratore del partito, incaricato di bussare ogni anno alla porta dell’ufficio di un omino magro, taciturno, con la testa pelata e la vivacità espressiva di un busto di marmo (la descrizione è mia) che si chiamava Boris Ponomariov. Cervetti gli rappresentava le esigenze del Pci e, dopo qualche considerazione sull’entità della cifra, incassava un assegno in dollari. La pratica durò sino alla fine degli anni Settanta quando Enrico Berlinguer, allora segretario del partito, decise di mettervi fine. Vi sarebbero stati altri contributi del Pcus (Partito comunista dell’Unione Sovietica) negli anni successivi, ma destinati al «membro della direzione del Partito comunista italiano compagno Cossutta», e sarebbero serviti ad ammonire il Pci che la definitiva rottura con Mosca avrebbe comportato un rischio di scissione.L’informazione su questi ultimi finanziamenti è in un altro libro, “Oro da Mosca”, di Valerio Riva, pubblicato da Mondadori qualche anno dopo l’apparizione del libro di Cervetti. Dunque, anch’io con questo breve (e parziale) excursus storico ho scoperto l’acqua calda: governi e partiti di “quel paese in Europa” (che si chiama Italia) si sono fatti sempre SEMPRE finanziare dagli stranieri. Ora si scopre che (forse) un altro partito italiano, la Lega, si sarebbe fatto finanziare da stranieri, precisamente da industriali russi. Ricalcando la propagadanda Usa contro Trump, anche in Italia si accendono i riflettori sul Russiagate, nonostante tutti i politici italiani di centro, di destra e di sinistra sempre SEMPRE si siano fatti finanziare dagli stranieri. Chiedo allora agli illustrissimi giuristi che si buttano per terra e si contorcono in preda agli spasmi quando leggono di industriali russi che avrebbero promesso fondi ad un partito filorusso: dove accidenti sta scritto che questa cosa non si possa fare? Siamo forse in guerra con la Russia? Non lo sapevo!Sapevo di italiani in guerra contro la Russia negli anni Quaranta, quando le presero di santa ragione sul Don, ma non sapevo che anche oggi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte avessero messo in piedi un’Armir. perché solo in caso di guerra con la Russia sarebbe scandaloso un finanziamento di russi a politici italiani. Ad inizio 2018 si è completata la transizione dal finanziamento pubblico a quello (quasi) totalmente privato, come previsto dal decreto Letta del 2013. La legge non pone alcun veto al finanziamento da parte di soggetti esteri, se non con alcuni limitati distinguo a partire dall’aprile 2019, quando il governo gialloverde (no, dico… il governo gialloverde!!!), ha ridimensionato questa possibilità limitandola a fondazioni e associazioni. La verità è che, in mancanza di euro, dovrebbero consentirci di ripagare il debito pubblico in bufale: lo avremo ripianato da un pezzo.(Massimo Bordin, “Russiagate, dove diavolo è scritto che non si può?”, dal blog “Micidial” del 23 ottobre 2019).In Europa c’è un paese, Metternich avrebbe detto “un’espressione geografica”, che nel XIX secolo ha preso soldi dalle banche inglesi. Lo sostiene lo storico Aldo Mola, quando scrive che «nella spedizione dei Mille, il ruolo della massoneria inglese fu determinante, con un finanziamento di tre milioni di franchi e il monitoraggio costante dell’impresa»; ma lo ha affermato anche il ben più noto Sergio Romano, basandosi su testi di Arrigo Petacco, quando scriveva che «le ragioni dell’atteggiamento britannico furono in parte culturali, in parte strettamente politiche. I liberali inglesi erano favorevoli ai moti nazionali europei. Il loro leader, William Gladstone, scrisse un feroce pamphlet contro il Regno delle due Sicilie. Londra accolse generosamente Mazzini e contribuì a fare di lui un grande personaggio europeo. Il viaggio di Garibaldi a Londra fu un successo e suggerì alle aziende di ceramica dello Staffordshire la costruzione di statuette variopinte del generale che hanno decorato da allora i caminetti delle case del Regno Unito». Certo, direte voi, ma questa è roba vecchia, vecchissima, e che risale all’Ottocento. E poi, che male c’è? Gli inglesi ci hanno aiutato contro i Borbone e contro l’Imperatore d’Austria, e hanno fatto bene. Sì, ma…
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L’atroce beffa del rigore: tutto inutile, dicono Ue e Fmi
Il titolo delle serate che ho fatto sul Golpe Finanziario era “Un Manicomio Criminale a piede libero. Come l’Eurozona distrugge l’Italia, le famiglie, e le aziende, e per il profitto di chi”. L’idea era di trasmettere al pubblico il grado di pazzia predatrice di cui è pregno il progetto dell’euro. Un titolo forte, sicuramente per alcuni sopra le righe. Posso immaginare un Sergio Romano scuotere il capo con austera disapprovazione e liquidarmi in meno di un secondo come un esagitato del web. Ora ve lo dico: no, sono stato troppo pacato, leggete qui sotto. Ciò che sta accadendo in Europa è oltre la psicopatologia finanziaria, molto oltre. Siamo arrivati a uno stato di grottesca follia allucinatoria. Il Re non è nudo, è morto e decomposto, pullula di vermi, perde liquami per strada, ma la folla grida: lunga vita al Re!
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La pace fredda del Nord: l’Islanda riconosce la Palestina
Ghiaccio, fuoco e vulcani. Ma anche notizie. La prima, il rifiuto del debito. La seconda: il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. La piccola Islanda «è il primo paese europeo a compiere questo passo», ha annunciato il ministro degli esteri islandese Össur Skarphéðinsson, dopo che il Parlamento ha approvato, con 38 voti a favore su 63, una mozione per il riconoscimento della Palestina “come Stato sovrano e indipendente”, entro i confini del 1967. Una decisione storica, che riconosce l’Olp come il rappresentante legittimo dello Stato palestinese: il voto risale al 29 novembre, cioè il giorno in cui nel mondo si celebra la “giornata di solidarietà con il popolo palestinese”.
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Strana guerra senza vincitori, unico sconfitto il Colonnello
Se la guerra di Libia come sembra è terminata, sappiamo chi l’ha perduta: il Colonnello, il suo clan familiare, i profittatori del regime, le tribù alleate, gli amici internazionali che hanno scommesso sulla sua vittoria. Non sappiamo invece chi l’ha vinta. I ribelli hanno combattuto coraggiosamente, ma sono una forza raffazzonata composta all’inizio da qualche nucleo islamista, senussiti della Cirenaica, nostalgici del regno di Idris, una pattuglia democratica. Le loro file si sono ingrossate quando l’intervento della Nato è sembrato garantire una vittoria sicura, ma molti notabili rimasti alla finestra per mesi hanno cambiato campo solo nelle ultime settimane: la prova che il risultato era incerto e che, nella migliore delle ipotesi, il Paese sarà ora governato da una coalizione di opportunisti post-gheddafiani, a lungo complici dell’uomo che ha dominato la Libia per 42 anni.
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Berlusconi resiste? Se Fini piange, Vendola ride
Con tre voti di maggioranza, strappati in extremis ai finiani «nell’ultima compravendita notturna», Berlusconi rimane a Palazzo Chigi: per fare che cosa? Quel margine precario, «appeso a mille promesse impossibili», secondo il direttore di “Repubblica”, Ezio Mauro, non consentirà al premier di far approvare più nulla. Gianfranco Fini, il grande sconfitto nella battaglia parlamentare sulla sfiducia, considera quella del Cavaliere una vittoria di Pirro e avverte che «ora ci divertiremo», preannunciando un Vietnam parlamentare che potrebbe accelerare il ricorso alle elezioni anticipate. Niente governo tecnico? A sinistra c’è un solo vincitore: Nichi Vendola.
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Un anno di Emergency? La Russa lo spende in due giorni
Restare in Afghanistan, nonostante le ultime perdite – i quattro alpini rimasti uccisi a Farah – e anche se niente va come vorremmo. Secondo l’ex ambasciatore Sergio Romano, ora editorialista del “Corriere della Sera”, è necessario che l’Italia, insieme alle altre forze europee, resti nel paese asiatico al fianco delle truppe statunitensi «per obbligo di lealtà verso un alleato, Barack Obama, che fa del suo meglio per uscire da una situazione di cui non è personalmente responsabile». Con quello che il ministro La Russa spende in due giorni, replica Maso Notarianni, direttore di “PeaceReporter”, «si mantiene per un anno l’intero programma di “Emergency” in Afghanistan: un modo migliore e più economico per “sconfiggere al-Qaeda”».
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Ferrero: referendum, per annullare le leggi-vergogna
«Mentre l’Italia affonda, il premier pensa solo a se stesso». Duecentomila persone in piazza del Popolo a Roma il 13 marzo per dire no al governo, puntando tutto sul test delle regionali, grande sondaggio anti-Berlusconi. Regole calpestate, leggi ad personam, giustizia, scuola, lavoro, nucleare, informazione. «E’ ora di cambiare l’agenda del paese», avverte dal palco il leader Pd, Pierluigi Bersani. E da Paolo Ferrero della Federazione della Sinistra arriva una proposta precisa per sancire la ritrovata unità del centrosinistra: nuovi referendum, per annullare tutte le «leggi vergogna» degli ultimi anni.
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Verso un Islam italiano, a scuola nell’ora di religione
La proposta di un’ora di religione islamica nelle scuole italiane non è né una novità né una provocazione. Al contrario. Ma ogni volta che se ne parla sembra che questo sia il pretesto per intromettere nella discussione politica un elemento estraneo. I numeri dell’immigrazione e della presenza di fedeli di religione musulmana nel nostro paese, invece, parlano di altro. Così come il cammino di questa proposta che negli anni ha visto politici, istituzioni e le stesse gerarchie cattoliche cercare di trovare un punto di accordo. Segno che il problema persiste e che non è stato ancora risolto.
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Romano: Gaza, chi ha iniziato e come giudicare la guerra
Vi sono almeno due modi per giudicare un conflitto e pesare le responsabilità dei contendenti.