Archivio del Tag ‘serietà’
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Ma Greta è antica come Malthus, l’infelice profeta dell’élite
Siamo stati “creati” da antiche divinità o invece “fabbricati” dagli Elohim biblici come Yahvè, dunque “clonati” da entità forse extraterrestri? L’unica certezza è che, intanto, siamo qui a giocarcela: sta a noi provare a raddrizzare il mondo, anzitutto cercando di scoprire come ci siamo capitati. La teoria dell’evoluzione? Non spiega tutto, neppure quella. Ma viene usata nel modo peggiore, da chi ha rimpiazzato la Bibbia con Darwin per instaurare una nuova dominazione, quella del forte che prevale sul debole, con l’alibi della selezione naturale. Bisogna che qualcuno lo spieghi, alla giovanissima attivista svedese Greta Thunberg, trasformata in icona planetaria della mobilitazione culturale contro il cambiamento climatico, presentato come calamitoso prodotto delle sole, irresponsabili attività umane. Tutto comincia alla fine del ‘700 con l’economista e demografo inglese Thomas Robert Malthus: nel suo “Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società”, Malthus sostiene che l’incremento demografico produrrà penuria di cibo, dato che l’umanità – questa la sua tesi – cresce più in fretta della disponibilità di alimenti. Vero o falso?Rigido pastore anglicano, Malthus raccomandava il controllo delle nascite, mediante il ricorso alla “castità”. Oggi la popolazione mondiale è esplosa: siamo sette miliardi e mezzo, eppure buttiamo via il 43% del cibo e dei beni che produciamo. Non siamo mai stati così ricchi, eppure ci stiamo impoverendo. Cosa manca? Non le risorse, ma la loro ragionevole distribuzione, se è vero che 800 milioni di persone soffrono la fame. Malthus non poteva sospettare che saremmo stati così abili nel rivoluzionare i mezzi di produzione con la tecnologia, riducendo in modo impensabile il consumo proporzionale delle materie prime. Dieci anni fa, l’allarmismo ecologista evocava l’incubo del “picco del petrolio”, di cui non si parla più dopo che sono stati scoperti immensi giacimenti. Scienziati russi sostengono che il petrolio non sia affatto una risorsa non rinnovabile, ma che si generi costantemente in tempi rapidi. Carlo Rubbia, Premio Nobel per la Fisica, avverte che la Terra negli ultimi anni si sta addirittura raffreddando. Quanto alla CO2, responsabile solo in minima parte dell’effetto serra, Rubbia propone di risolvere il problema attingendo alla nuovissima tecnologia che permette di usare il gas naturale a impatto zero, senza alcun residuo di anidride carbonica.La verità più scomoda di tutte, spiega l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, è che nel secolo scorso siamo definitivamente usciti dal paradigma della scarsità: al punto da svincolare la moneta dalla zavorra del “gold standard”, il valore dell’oro – metallo prezioso perché raro – imposto come limite per evitare l’inflazione, cioè l’eccesso di valuta circolante rispetto alla quantità di merci disponibili. «Si assaltavano i forni perché mancava il pane, non essendovi abbastanza grano. Scenari oggi impensabili, impossibili – dice Galloni, su “ByoBlu” – perché la scarsità è stata storicamente sconfitta». Tranne che per un aspetto: la moneta. E’ detenuta da pochi, ed elargita col contagocce per nutrire l’usura finanziaria, da cui derivano le attuali sofferenze sociali. Ecco il punto, sottolinea Gioele Magaldi, che del Movimento Roosevelt è il presidente: è sempre meglio pesare con cautela le parole di chi predica sciagure imminenti. Non che l’atmosfera terrestre non sia fortemente alterata, o che quella dell’ecologia non sia una reale emergenza. Ma siamo sicuri che la soluzione sia proprio il freno ai consumi (cioè il taglio del welfare e del benessere diffuso) anziché invece, anche qui, l’acceleratore esponenziale della tecnologia, che poi è quello che ci ha permesso – in barba a Malthus – di crescere dieci volte tanto, imparando a produrre a bassissimo costo quantità immense di beni e merci, che infatti finiamo per gettare nella spazzatura?Beninteso, sappiamo perfettamente che le risorse dell’ecosistema-Terra non sono illimitate, precisa Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Ma siamo certi che sia davvero la piccola Greta a doverci spiegare dove stia, esattamente, il punto di non ritorno, ammesso che esista? Un consiglio: la problematica ecologica, a partire dall’inquinamento generato dalle fonti energetiche “sporche” come il petrolio e il carbone, è materia complessa: «Forse è il caso di adottare un approccio un po’ più serio». Le manifestazioni di massa? «Fa piacere vedere l’impegno di tanti giovani». Ma il punto è un altro: c’è qualche proposta precisa, sul tappeto, che non sia la decrescita infelice del 99% dell’umanità, a fronte dell’imperterrita super-crescita (felicissima) dell’élite planetaria che ha innescato tutti i nostri disastrosi squilibri, sociali e ambientali, fino a imbarcare disperati su carrette del mare verso le nostre coste? Tutti migranti che poi scoprono, amaramente, che in Italia e in Europa oggi si vive molto peggio di vent’anni fa, essendo scomparsa la mobilità sociale su cui era basata la grande prosperità di un intero continente, alimentata anche dalla scandalosa razzia coloniale a spese della stessa Africa.Quello che Greta non sa, probabilmente, è che il baby-retropensiero di cui è imbevuta non è attuale, è addirittura antico. Un presupposto ideologico completamente sbagliato, smentito nel modo più clamoroso già nell’800 dal filosofo statunitense Ralph Waldo Emerson, che scrisse: «Affermando che le bocche si moltiplicano geometricamente e il cibo solo aritmeticamente, Malthus dimenticò che la mente umana era anch’essa un fattore nell’economia politica, e che i crescenti bisogni della società sarebbero stati soddisfatti da un crescente potere di invenzione». E’ per questo, in fondo, che siamo ancora qui, e che siamo così tanti. Vogliamo dichiararci sconfitti? Tornare indietro, come propone Greta? Il dibattito è vasto: persino l’invincibile Impero Romano un bel giorno crollò, ricorda Giuletto Chiesa, autore di saggi spesso basati sulle previsioni catastrofistiche dell’influente Club di Roma. Siamo sicuramente a un bivio, sostiene anche Magaldi: ma il problema non è se crescere o decrescere. Seriamente: siamo stati noi, negli ultimi decenni, a decidere le sorti del mondo? Ci siamo espressi con dei referendum per approvare questa globalizzazione forsennata e per mettere in piedi l’attuale, orrenda Disunione Europea? No, certo. E allora perché saltare l’ostacolo, fingendo di poter incidere sul destino climatico della Terra, senza prima essere riusciti a ristabilire innanzitutto la democrazia a casa nostra, dove persino i bilanci vengono imposti dalle “divinità” di Bruxelles, che nessuno ha mai eletto?Spiegate a Greta che il darwinismo sociale, quello che spinge il povero alla rassegnazione di fronte al potere “fisiologico” del ricco, è il più grande veleno mentale che sia stato immesso nella nostra società neoliberista, sintetizza Magaldi, che propone un antidoto chiamato John Maynard Keynes. Era il maggiore economista del ‘900, e ispirò il New Deal con il quale Roosevelt tirò fuori l’America dalla Grande Depressione, facendone la superpotenza mondiale che conosciamo. Come riuscì nella storica impresa? Tagliando le unghie alle banche speculative, padrone della “scarsità di moneta”, e spingendo lo Stato a investire fiumi di dollari, a deficit, per creare lavoro. Dai tempi di Nixon, la moneta – svincolata dall’oro – è tecnicamente illimitata, virtualmente a costo zero. Ma nel 1999 fu il “progressista” Bill Clinton a restituire a Wall Street l’antico potere, abrogando il Glass-Steagall Act, cioè la legge con la quale Roosevelt aveva separato le banche d’affari da quelle al servizio dell’economia reale. Da allora, è esplosa la follia finanziaria: secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, il debito finanziario (titoli tossici) è 54 volte il Pil mondiale. E facciamo le pulci all’Italia perché il suo debito pubblico è 1,3 volte il suo prodotto interno lordo?C’è scienza, in questo delirio. E ha un nome odioso: si chiama dominio. Ha idea, la piccola Greta, di come uscirne? O pensa che, schioccando le dita e cantando “Bella Ciao” in inglese, gli ex cittadini (e ora sudditi, italiani e non) possano davvero cambiare di una virgola il futuro del pianeta, addirittura nella certezza teologica che persino il clima – mutato più volte, catastroficamente, dall’età della pietra – dipenda davvero al 100% dalla demenziale comunità umana? Gioele Magaldi non teme neppure di misurarsi con la parola consumismo, distinguendo: perché mai condannare quello dei poveri, fingendo che non esista quello dei ricchissimi? Inoltre: se fin qui ci ha sospinto l’innovazione, per quale motivo dovremmo escludere che la tecnologia possa arginare sensibilmente anche i guai dell’effetto serra? Lo dicono economisti autorevoli: continuiamo a chiamare “rifiuti” quelle che sono risorse riciclabili. Il problema? L’economia circolare è abbondanza, distrugge l’idea di scarsità di moneta con cui il potere ci incatena tuttora. Ma Malthus sta per perdere un’altra volta, di fronte all’avvento della rivoluzione cibernetica: anziché strapparci i capelli perché i robot cancelleranno vecchi mestieri, dice Magaldi, perché non pensare che avremo più tempo per inventare nuovi lavori, meno pesanti e ripetitivi? A una condizione: prima, bisogna tornare sovrani. E non sarà una passeggiata. Ma non si scappa: senza la riconquista della democrazia, potremo solo intonare “Bella Ciao” insieme a Greta.Siamo stati “creati” da antiche divinità o invece “fabbricati” dagli Elohim biblici come Yahvè, dunque “clonati” da entità forse extraterrestri? L’unica certezza è che, intanto, siamo qui a giocarcela: sta a noi provare a raddrizzare il mondo, anzitutto cercando di scoprire come ci siamo capitati. La teoria dell’evoluzione? Non spiega tutto, neppure quella. Ma viene usata nel modo peggiore, da chi ha rimpiazzato la Bibbia con Darwin per instaurare una nuova dominazione, quella del forte che prevale sul debole, con l’alibi della selezione naturale. Bisogna che qualcuno lo spieghi, alla giovanissima attivista svedese Greta Thunberg, trasformata in icona planetaria della mobilitazione culturale contro il cambiamento climatico, presentato come calamitoso prodotto delle sole, irresponsabili attività umane. Tutto comincia alla fine del ‘700 con l’economista e demografo inglese Thomas Robert Malthus: nel suo “Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società”, sostiene infatti che l’incremento demografico produrrà penuria di cibo, dato che l’umanità – questa la sua tesi – cresce più in fretta della disponibilità di alimenti. Vero o falso?
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Salvini sia statista: pensi agli italiani, non alla Torino-Lione
Salvini sa benissimo che quelli per il traforo Tav Torino-Lione sono 10 miliardi buttati dalla finestra: abbia il coraggio di essere uno statista, capace di parlare con franchezza anche al suo stesso elettorato. Meglio usare quei soldi per i tantissimi cantieri utili, di cui l’Italia ha un disperato bisogno. Lo scrive Davide Gionco su “Scenari Economici”: possibile che il leader della Lega voglia ridursi a fare il mestierante della politica, come gli “eroi” che trascinarono l’Italia nella catastrofe dell’Eurozona? «Ciò che deve distinguere uno statista dai troppi politicanti che hanno fatto disastri in Italia negli ultimi decenni – scrive Gionco – dev’essere la capacità di confrontarsi con la realtà, andando oltre alle proprie posizioni ideologiche o alle proprie convenienze personali e avendo la capacità, se il caso, di spiegarlo ai propri elettori». Per intenderci: politicanti, sostiene Gionco, sono quelli che hanno ingannato gli italiani, raccontando loro che l’euro sarebbe stato un paradiso. «I vari Prodi, D’Alema, Berlusconi, Ciampi (ma anche Bossi) lo hanno fatto per convinzione ideologica o, se in mala fede, per convenienza personale, politica o economica (lascio a voi giudicare). Se avessero analizzato dal punto di vista tecnico l’opzione politica “moneta unica” – dice Gionco – avrebbero dovuto, anche con coraggio, sostenere pubblicamente che si trattava di una opzione non conveniente per gli italiani».Invece, come noto, chi allora gestiva il paese non avvertì dei pericoli connessi con la moneta unica, di cui ancora oggi stiamo pagando il prezzo. «Nel caso della linea Tav Torino-Lione la situazione è stata del tutto simile», osserva Gionco. «Per diversi lustri, tutte le forze politiche sono state favorevoli al progetto, pur in assenza di uno studio costi-benefici serio e indipendente». Lo erano per convinzione ideologica, o magari per convenienza politica o economica. Dopo di che, è arrivata al governo una forza politica – i 5 Stelle – che ha avuto fra i propri sostenitori il movimento NoTav, «costituito da cittadini che da 25 anni manifestano le proprie ragioni di contrarietà all’opera, peraltro con il sostegno di persone competenti in materia». Ed ecco il fatto politico sostanzialmente nuovo, per l’Italia: «Per la prima volta viene effettuata un’analisi tecnica costi-benefici sulla convenienza dell’opera». Scrive Gionco: «Se Prodi & c. avessero fatto lo stesso nei primi anni ’90, oggi forse l’Italia vivrebbe una situazione economica molto diversa». Ora, l’analisi costi-benefici della Commissione Ponti «dimostra che l’opera non solo non è conveniente, ma è molto lontana dall’esserlo». E questo, principalmente a causa dello scarso traffico (di merci e passeggeri) sulla tratta Torino-Lione, ormai ridottosi in modo inesorabile, nonostante il quasi mezzo miliardo speso negli ultimi anni per rendere transitabile l’attuale traforo valsusino del Fréjus anche da parte di treni a con a bordo Tir e grandi container “navali”.La decisione di realizzare l’opera, ricorda Gionco, fu presa sulla base di previsioni di crescita del traffico merci: una prima previsione del 1999, una seconda del 2004 e una terza del 2012. L’andamento reale del traffico merci – che sarebbe dovuto aumentare – non ha fatto invece che calare, fino a rendere quasi semideserta la ferrovia internazionale Torino-Modane che già oggi collega Torino a Lione attraverso la valle di Susa. Davide Gionco sa bene che la decisione di realizzare un’opera del genere deve essere innanziutto politica, ma i dati tecnici – avverte – dovrebbero «aiutare gli statisti a decidere in nome degli interessi degli italiani e non di altri interessi (personali o di partito)». Altrimenti, si rischia di fare la fine toccata a francesi e spagnoli con l’alta velocità che collega Montpellier a Barcellona: un catastrofico buco nell’acqua. La tratta Perpignan-Girona fa anch’essa parte dell’ex “Corridoio 5” Lisbona-Kiev, ora declassato a “Corridoio Mediterraneo”. Qualche anno fa, i media francesi esaltavano la possibilità di “filare” da Montpellier a Barcellona in sole 2 ore e 45 minuti entro la fine del 2013. Peccato però che Francia e Spagna avessero “dimenticato” di realizzare uno studio costi-benefici indipendente: l’unico disponibile era quello prodotto dai costruttori dell’opera.Due anni dopo l’inaugurazione, nel 2015, la società franco-spagnola Tp Ferro è finita sotto amministrazione giudiziaria, per i troppi debiti accumulati. La colpa? Troppo scarso il traffico di merci e passeggeri. Dopo aver costruito la Barcellona-Mompellier, nel 2016 la Tp Ferro ha dichiarato il fallimento. E i debiti? Finiti «a totale carico dei contribuenti francesi e spagnoli». Ora, anche dopo il fallimento di Tp Ferro – continua Gionco – la tratta (Perpignan-Girona) risulta essere fortemente sottoutilizzata, con soli 4.800 treni sui 34.000 attesi nei primi anni di esercizio. «Si tratta quindi di un’opera costantemente in perdita», anche perché «coloro che vogliano andare da Parigi a Barcellona o da Milano a Barcellona, ma anche da Lione e da Marsiglia, ci vanno comodamente in aereo». Il traffico merci? «Non decolla, causa le politiche di austerità sia lato francese che spagnolo». Ma poi: «Per quale ragione i francesi dovrebbero aumentare a dismisura il consumo di merci spagnole e viceversa? Il consumo di merci non è una funzione matematica (come quelle che insegnano alla Bocconi), ma è la conseguenza dei bisogni delle persone, che non crescono indefinitamente». In altre parole: il trend è questo, e non c’è grande opera che possa invertirlo. Vale, a maggior ragione, per l’improbabilissima Torino-Lione.«Davvero Matteo Salvini – si domanda Gionco – vuole assumersi la responsabilità politica e storica di buttare via 10 miliardi di euro (o quanti sono) per realizzare un’opera la cui utilità concreta è molto dubbia, se la si guarda senza preconcetti ideologici?». Salvini ha ragione, ovviamente, a sostenere che per rilanciare l’economia del paese abbiamo bisogno di realizzare opere pubbliche. «Noi di “Scenari Economici” diciamo da anni che dalla crisi economica si esce rilanciando gli investimenti pubblici – conferma Gionco – senza farsi imporre le stupide e criminali politiche di austerità». Ma, aggiunge: «Perché investire in un’opera “poco utile”, quando in tutta Italia non abbiamo nemmeno le risorse per riparare le buche delle strade?». Mancano soldi per mettere in sicurezza le scuole e per la sistemazione idrogeologica del territorio (a proposito, «a quando i prossimi morti?»). Non ci sono risorse «per investire sull’efficientamento energetico di edifici pubblici e privati, per garantire trasporti pubblici locali funzionanti, per far funzionare gli ospedali». L’elenco di lavori urgenti da realizzare subito in Italia è sterminato. «In Svizzera effettivamente realizzano tunnel ferroviari per l’alta velocità, come il San Gottardo, il Monte Ceneri o il Lötschberg, ma se lo possono permettere – dice Gionco – dopo che tutte le infrastrutture pubbliche di base ci sono già e funzionano bene. Non è questa la situazione dell’Italia».Gionco si augura che Salvini «non voglia dimostrarsi come uno dei tanti politicanti che hanno fatto danni all’Italia». E’ il caso degli attuali partiti di opposizione come il Pd, Forza Italia e Leu: «Con la loro incompetenza e i loro conflitti di interessi, hanno messo l’Italia in balia dei poteri finanziari internazionali, facendo pagare sempre il conto ai (sempre più poveri) cittadini italiani». Questi 10 miliardi del Tav Torino-Lione, insiste Gionco, «spendiamoli in altre opere utili, urgenti e necessarie». Tanto per cominciare, si creerebbero più posti di lavoro di quelli destinati alla realizzazione del tunnel, «dato che una parte rilevante dei costi di realizzazione delle opere del Tav è consumo di energia per forare le montagne». In altre parole, «senza Tav risparmiamo energia e investiamo gli stessi importi per impiegare più personale in altre opere, utili». Conclude l’analista di “Scenari Economici”: «Ci auguriamo che Salvini dimostri di essere uno statista, comprendendo che la questione del Tav è del tutto irrilevante per portare l’Italia fuori dalla crisi economica». Piuttosto, Gionco considera determinante il fatto che l’attuale governo vada avanti, «per sottrarre l’Italia al giogo dell’Unione Europea e delle politiche di austerità». Sintetizzando: «Personalmente, non mi interessa nulla guadagnare un’ora per andare da Torino a Lione fra vent’anni, mentre mi interessa molto porre fine – ora – alla crisi economica in Italia».Salvini sa benissimo che quelli per il traforo Tav Torino-Lione sono 10 miliardi buttati dalla finestra: abbia il coraggio di essere uno statista, capace di parlare con franchezza anche al suo stesso elettorato. Meglio usare quei soldi per i tantissimi cantieri utili, di cui l’Italia ha un disperato bisogno. Lo scrive Davide Gionco su “Scenari Economici”: possibile che il leader della Lega voglia ridursi a fare il mestierante della politica, come gli “eroi” che trascinarono l’Italia nella catastrofe dell’Eurozona? «Ciò che deve distinguere uno statista dai troppi politicanti che hanno fatto disastri in Italia negli ultimi decenni – scrive Gionco – dev’essere la capacità di confrontarsi con la realtà, andando oltre alle proprie posizioni ideologiche o alle proprie convenienze personali e avendo la capacità, se il caso, di spiegarlo ai propri elettori». Per intenderci: politicanti, sostiene Gionco, sono quelli che hanno ingannato gli italiani, raccontando loro che l’euro sarebbe stato un paradiso. «I vari Prodi, D’Alema, Berlusconi, Ciampi (ma anche Bossi) lo hanno fatto per convinzione ideologica o, se in mala fede, per convenienza personale, politica o economica (lascio a voi giudicare). Se avessero analizzato dal punto di vista tecnico l’opzione politica “moneta unica” – dice Gionco – avrebbero dovuto, anche con coraggio, sostenere pubblicamente che si trattava di una opzione non conveniente per gli italiani».
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Giannini: ci crediate o no, il governo sta riparando l’Italia
Non sparate sul governo gialloverde: sta facendo molte più di quanto non si veda, specie sui grandi media (tutti schierati all’opposizione). Lo sostiene Marco Giannini, studioso di economia, un tempo vicino ai 5 Stelle. Sbagliano, giornali a televisioni, a descrivere l’azione dell’esecutivo come fallimentare: da una parte fanno leva sullo spread – che non misura l’economia ma solo la speculazione finanziaria, complice la Bce (ai tempi della lira, infatti, lo spread non esisteva) – e dall’altra scaricano lo smottamento industriale su una compagine in carica da meno di un anno. La produzione industriale ha perso il 5,5%: solo un cretino potrebbe non capire che un simile cedimento è dovuto a «questi 8 anni di lunga, controproducente e immotivata austerità», scrive Giannini, in una riflessione ripresa da “Come Don Chisciotte”. Rigore immotivato? Ma certo: perché l’Italia – ricorda Giannini – è in avanzo primario da anni. Cioè: lo Stato intasca, in termini di tasse, più di quanto non spenda, in servizi, per i cittadini. Il famoso debito pubblico? Colpa dei tassi d’interesse. Potrebbero essere normalizzati? Certo: «Servirebbero circa sette anni per “ripulire” il debito da questo aspetto critico», se solo la Bce «operasse come le normali banche centrali». Per contro, l’Italia ha partite correnti invidiabili (ottimo equilibrio import/export). E il governo? Ci crediate e no, insiste Giannini, sta lavorando sodo – checché ne dicano i media, legati a Pd e Forza Italia, spodestati nel 2018.I bersagli preferiti dalla stampa, osserva Giannini, sono Di Maio e Toninelli, “colpevoli” di aver scelto come alleato la Lega e non il Pd, sottomesso a Francia e Germania (secondo uno studio tedesco, il giochetto è già costato 73.000 euro a ogni italiano, in favore di tedeschi e olandesi). Giornali e Tv esaltano i dissidenti 5 Stelle appena si distinguono da Salvini sul tema migranti? C’è puzza di Soros, avverte Giannini. Attaccare Di Maio in quanto succube del leader leghista? Sarebbe stato meglio «attivare i neuroni per creare piani programmatici accattivanti», alle prime avvisaglie di flessione nei consensi. Il vicepremier grillino? «E’ stato un uomo leale con il suo alleato, non certo un suddito: e credo che gli italiani questo lo abbiano capito e apprezzato – dice Giannini – al di là del risultato delle regionali». Quanto al ministro delle infrastrutture, Toninelli «è descritto come un principiante, ma nessuno chiarisce il perché». Se la motivazione sono le gaffe commesse nelle interviste, Giannini ricorda la mitica Gelmini, col suo tunnel per neutrini dal Cern di Ginevra fino al Gran Sasso, per non parlare del “milione di posti di lavoro” di Berlusconi o del leggendario “Enrico stai sereno” rivolto da Renzi al povero Letta. In confronto, Toninelli è un campione di serietà e correttezza.Stiamo ai fatti, raccomanda Giannini: è assai più densa di quello che sembra, l’agenda gialloverde, pur inevitabilmente mediata dai compromessi indispensabili tra Lega e 5 Stelle. Esempio: il reddito di cittadinanza (pur in versione “magra”) è stato comunque approvato, con salario minimo di 5 euro l’ora (cifra bassissima per volere della Lega). «Un po’ poco per il centro-nord dato il costo della vita, forse sufficiente per evitare esclusione sociale per il centro-sud». Se non altro, «le aziende che assumono un soggetto che sta ricevendo il reddito ottengono un bonus fino a 18.000, visto che alleggeriscono lo sforzo profuso dallo Stato». Per Giannini in reddito di cittadinanza «è un provvedimento sacrosanto, una misura anti-ciclica presente non a caso in tutta l’Ue». Troppo misero e troppo normato? Il problema vera si chiama euro, sottolinea Giannini: «L’italiano non vuole la disoccupazione, vuole salari più alti, vuole meno tasse, vuole la crescita, vuole un Rdc più esteso e vuole però anche la moneta unica, che queste conquiste preclude». Come dire: nell’Eurozona, è impossibile pretendere di più. E gli altri partiti? «Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia promettono di abolire il Rdc qualora vincessero le elezioni». Ed è singolare che un sindacato come la Cgil «dopo anni di silenzio di fronte a esodati, austerity, tagli indiscriminati e deflazione salariale» oggi manifesti contrarietà a questo provvedimento «che, giusto o sbagliato, estende i diritti sociali e certo non li restringe».Vogliamo parlare di pensioni di cittadinanza? Se un cittadino ha un assegno inferiore ai 780 euro raggiungerà questo ammontare mensile a patto che abbia una Isee inferiore a 9.360 euro, un patrimonio mobiliare inferiore a 6.000 euro e un patrimonio immobiliare (esclusa la prima casa) inferiore a 30.000 euro. «Dai calcoli Inps sono circa 500.000 le persone interessate al provvedimento». La “Quota 100” era presente nei programmi delle due forze di governo: «E’ stata approvata insieme al reddito di cittadinanza e rappresenta un primo passo concreto per superare la legge Fornero», ricorda Giannini. E sono oltre 100.000 le domande già inviate: tutti «posti di lavoro che si liberano». Salvini voleva la Flat Tax universale? L’ha ottenuta almeno per le partite Iva: aliquota al 15% fino ai 65.000 mila euro. Poi c’è il decreto Inail, con taglio medio del 32% del costo del lavoro (valore: 1,8 miliardi). «Dalla lotta agli sprechi della burocrazia (compreso il numero delle leggi, da ridurre) e della abolizione completa dei finanziamenti all’editoria – aggiunge Giannini – Di Maio ha promesso una ulteriore riduzione del cuneo fiscale, in favore di aziende e lavoratori, e sgravi aggiuntivi per le imprese che assumono». Insomma, le formichine gialloverdi lavorano: è avviato l’iter per ridurre i parlamentari da 945 a 600.Quanto alle pensioni d’oro, chi riceve più di centomila euro l’anno dovrà cedere dal 10 al 20% come contributo di solidarietà. Gli stessi vitalizi dei parlamentari «vengono ricalcolati con il metodo contributivo con un taglio medio del 20%», e il ricavato «dovrebbe riversarsi in un fondo per le pensioni minime» (norma approvata col voto favorevole della sola maggioranza). Quanto alla geopolitica, Giannini apprezza la neutralità dei gialloverdi (specie 5 Stelle) sulla crisi del Venezuela, dove l’Eni ha forti interessi dopo gli accordi col governo Maduro (meglio non ripetere l’autogoal della Libia). Capitolo migranti: gli sbarchi sono calati del 95%. Salvini, leale coi grillini, non ha però espulso nessun clandestino. Tra le novità maggiori, di cui non si parla, secondo Giannini c’è il problema idrogeologico: 11 miliardi di euro in tre anni stanziati per la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio. In altre parole, «finalmente usciamo dal medioevo». Volendo, si può parlare anche della legge anticorruzione, che «ha inasprito le pene per i reati di corruzione e ha modificato la prescrizione, rendendola meno “agevole”». Di fatto, «è stata aumentata la trasparenza su fondazioni e donazioni ai partiti».Nota dolente, il rapporto deficit-Pil: il governo ha ceduto a Bruxelles, calando dal 2,4 al 2,04%. Ma attenzione: Pd e Forza Italia avrebbero subito un semplice 0,8% senza battere ciglio. Siamo a un 2% pieno: «Il valore simbolico rappresentato da questo livello è importante – dice Giannini – sebbene non rappresenti la manovra espansiva di cui avremmo bisogno per uscire dalla crisi e per una efficace reindustrializzazione». I “paletti” di Bruxelles, come noto, vietano politiche di questo tipo. «Al contrario di ciò che viene detto dai media, sforando ci si indebita ma si permette all’economia di ripartire (e di rientrare dello sforamento con un surplus in sviluppo)». Purtroppo continua Giannini, la congiuntura mondiale – che vede anche la Germania col segno meno – si riflette sullo Stivale. L’analista già di area 5 Stelle cita anche il decreto sblocca-cantieri, che «renderà più trasparenti le gare d’appalto, semplificando la burocrazia che ne rallenta la realizzazione». Sta inoltre per essere attivato il Fondo Nazionale Innovazione, che rispetto ai precedenti 200 milioni destina un miliardo di euro all’anno per chi apre una startup.Sono infine stati stanziati 45 milioni in 3 anni per la blockchain, tecnologia che segnerà una rivoluzione paragonabile a Internet, «un database in cui verranno registrate transazioni di ogni tipo, che favorirà il flusso di informazioni dal commercio, alla medicina, dall’industria e alla finanza, riducendo la burocrazia». L’impressione generale, conclude Giannini, è che questo governo sia davvero un esecutivo “del fare” e che stia cercando coraggiosamente di impiegare le poche risorse a disposizione nel modo più “performante” e produttivo. «Assistendo ai molti dispositivi messi in gioco su trasparenza, semplificazione, riduzione del carico fiscale sulle imprese ed estensione dei diritti sociali – dice – mi sento di non rilevare un appiattimento sulla Lega da parte del M5S». Sembra tuttavia che questa falsa rappresentazione «sia dovuta in larga parte al frastuono da campagna elettorale di stampa e Tv», oltre che «all’enfatizzazione della questione migratoria rispetto alle questioni socio-economiche e giuslavoriste». Come dire: lasciamoli lavorare. Non hanno ancora risultati smaglianti da esibire, ma di problemi ne stanno risolvendo ogni giorno, e non pochi, grazie a una fatica che il più delle volte non affiora, sui soliti media.Non sparate sul governo gialloverde: sta facendo molte più di quanto non si veda, specie sui grandi media (tutti schierati all’opposizione). Lo sostiene l’antropologo Marco Giannini, studioso di economia, un tempo vicino ai 5 Stelle. Sbagliano, giornali a televisioni, a descrivere l’azione dell’esecutivo come fallimentare: da una parte fanno leva sullo spread – che non misura l’economia ma solo la speculazione finanziaria, complice la Bce (ai tempi della lira, infatti, lo spread non esisteva) – e dall’altra scaricano lo smottamento industriale su una compagine in carica da meno di un anno. La produzione industriale ha perso il 5,5%: solo un cretino potrebbe non capire che un simile cedimento è dovuto a «questi 8 anni di lunga, controproducente e immotivata austerità», scrive Giannini, in una riflessione ripresa da “Come Don Chisciotte”. Rigore immotivato? Ma certo: perché l’Italia – ricorda Giannini – è in avanzo primario da anni. Cioè: lo Stato intasca, in termini di tasse, più di quanto non spenda, in servizi, per i cittadini. Il famoso debito pubblico? Colpa dei tassi d’interesse. Potrebbero essere normalizzati? Certo: «Servirebbero circa sette anni per “ripulire” il debito da questo aspetto critico», se solo la Bce «operasse come le normali banche centrali». Per contro, l’Italia ha partite correnti invidiabili (ottimo equilibrio import/export). E il governo? Ci crediate e no, insiste Giannini, sta lavorando sodo – checché ne dicano i media, legati a Pd e Forza Italia, spodestati nel 2018.
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Magaldi: siamo in guerra, siate eroi o finirete come Renzi
Oggi, dalle parti del governo, ci si può ancora godere qualche buon sondaggio: qualunque manovra, ancorché modesta, è pur sempre meglio dell’esercizio provvisorio. Ma fra sei mesi o un anno, la gente guarderà le proprie scarpe. E se saranno rotte com’erano un anno fa o due anni fa, prima che arrivasse il governo gialloverde, quelle scarpe se le toglierà e inizierà a tirarle, insieme ai pomodori, addosso ai presunti eroi del cambiamento. Quindi attenzione, cari amici gialloverdi del governo Conte: o si fa sul serio, a partire dal 2019, oppure farete – purtroppo – la fine che hanno fatto i vostri predecessori, cioè tutti quelli che di cambiamento hanno solo e sempre parlato. I governi dell’ultimo quarto di secolo hanno governato secondo i dettami di oligarchie massoniche neo-aristocratiche: si sono appecoronati, lasciandosi comprare un tanto al chilo, e hanno eseguito copioni scritti per loro da altri. Adesso il governo gialloverde ha al suo interno anche dei massoni sedicenti progressisti, e all’esecutivo – dal mondo massonico progressista – arriva il seguente messaggio: abbiate il coraggio di essere degli eroi, anche perché ci guadagnereste pure in termini elettorali e di durata, sul palcoscenico politico.Non sappiamo se questi suggerimenti saranno accolti. Certo, qualcuno potrebbe dire che il governo si è barcamenato, tra suggerimenti di segno opposto. In una prospettiva di autentico cambiamento, Paolo Savona al Senato ha evocato l’esigenza di un nuovo corso rooseveltiano, recependo appieno la narrativa politico-economica proposta dal mondo massonico progressista. Purtroppo però la manovra varata non si traduce in massicci piani di rilancio delle infrasttrutture, dell’occupazione, della sicurezza idrogeologica. Si resta invece in balia di una sorta di timore reverenziale verso la minaccia di tirate d’orecchie da parte dell’Europa. E così, per evitare la procedura d’infrazione, si assottiglia il già magro piano di misure volte ad abbandonare il paradigma del rigore e dell’austerità. Sembra che il governo Conte, schiacciato tra istanze opposte e contrarie – quelle dei massoni progressisti e quelle dei massoni neo-aristocratici – cerchi di barcamentarsi. Però questa cosa non funziona: barcamenarsi significa, alla fine, dar ragione ai massoni neo-aristocratici, che (attraverso i propri maggiordomi e camerieri) occupano indebitamente le istituzioni dell’attuale Disunione Europea. Opporsi a questi signori, invece, significa andare verso una vera Europa, e impegnarsi – come Italia – a costruirla, questa vera Europa, da protagonisti.La manovra del governo Conte è molto al di sotto delle aspettative, ma molti esponenti dell’area gialloverde annunciano di volerla migliorare nel 2019. A noi del Movimento Roosevelt farebbe piacere vedere un’evoluzione del governo Conte, più in linea con quelle che erano le attese. Della Seconda Repubblica diamo un giudizio storico, di fallimento complessivo. La Terza Repubblica comincerà solo col ritorno allo spirito originario della Costituzione, eliminando le cattive modifiche introdotte e vivificando le parti della Carta non adeguatamente declinate (e magari introducendo anche qualche perfezionamento). Avremo una Terza Repubblica quando al governo ci sarà qualcuno che lancerà finalmente un paradigma alternativo a quello neoliberista, egemone da troppi decenni, e quando – da parte dei governanti – ci sarà un atteggiamento consapevole della grandezza dell’Italia, potenziale ma anche attuale. L’Italia è un grande paese, che vive rappresentato al di sotto delle sue possibilità. L’Italia potrebbe recitare un ruolo leader nel Mediterraneo, in Africa e nel Medio Oriente. E potrebbe recitare un ruolo importante nel continente europeo, per costruire un’Europa veramente forte, democratica e popolare – ma non lo fa. L’Italia potrebbe essere anche un ponte tra Oriente e Occidente: lo è stata storicamente, ma riesce a esserlo solo a intermittenza, senza lungimiranza e senza valorizzare queste sue attitudini.In una Terza Repubblica, avremmo discorsi dei presidenti della Repubblica meno fasulli, meno retorici, meno gonfi di fumo e poveri di arrosto. Avremmo discorsi in cui il capo dello Stato si farebbe carico di interpretare le esigenze della nazione, parlando una lingua riconoscibile dai cittadini, senza menare il can per l’aia ingannando la platea. Mattarella dovrebbe fare autocritica, anzitutto, per come ha gestito il suo rapporto con la formazione del governo Conte e per come ha mortificato ingiustamente una fugura come quella di Paolo Savona impedendo che accedesse al ministero dell’economia. Mattarella ha presentato se stesso come il garante di un atteggiamento appecoronato, del sistema-Italia, verso diktat che non sono europei, non sono europeisti: sono solo il frutto contingente di una pessima ideologia, quella neoliberista, che ha corrotto qualunque sogno di integrazione politica europea. Mattarella si è fatto ragioniere occhiuto, e ha partecipato allo spavento per i risparmi degli italiani – messi in discussione da cosa? Se fosse stato un vero europeista, semmai, il presidente della Repubblica si sarebbe dovuto adoperare per promuovere l’eliminazione del problema dello spread alla radice, puntando a un’integrazione dei buoni del Tesoro (eurobond). Avrebbe dovuto, semmai, chiedere un surplus di democrazia nelle istituzioni europee.Queste cose Mattarella non le fa, ma non le ha fatte nessun suo predecessore. Non solo: Mattarella e i costituzionalisti del Qurinale non hanno detto una parola su quei profili dubbi del “decreto sicurezza” di Salvini. Invece partecipano, Mattarella e altri, al fiume di delegittimazione di Salvini sul piano di presunte xenofobie – che non ci sono mai state: la Lega ha eletto il primo parlamentare di colore in Italia. In questo triste crepuscolo di Forza Italia, del Pd e di altri partiti ormai in putrefazione, tutti epigoni di quella che è stata la Seconda Repubblica, la credibilità è davvero ai minini termini. Lo confermano i sondaggi: magari aumentano i cittadini disillusi dal troppo poco che ha fatto il governo, ma non cresce certo il consenso delle forze che vi si oppongono. La situazione è tale, che un capo dello Stato serio dovrebbe dire, oggi, agli italiani: scusatemi, perché forse ho attentato alla Costituzione quando (per un mio pregiudizio politico e ideologico) ho impedito che diventasse ministro dell’economia un galantuomo come Paolo Savona. Scusatemi, dovrebbe dire Mattarella, perché non ho fatto i giusti rilievi costituzionali (e non ho rimandato quindi alle Camere) il “decreto sicurezza” di Salvini, che forse contiene elementi illiberali – e lo dico io, che difendo Salvini da ogni attacco strumentale, e credo ancora che Salvini possa maturare politicamente, con tutta la Lega, verso una cifra politica adeguata alle sfide del XXI Secolo.Il vero punto è questo: Salvini è stato più muscolare degli altri, ma solo a parole. Il governo Conte, la Lega e i 5 Stelle vanno spronati a fare di più e di meglio. Questa manovra è riuscita male, così come l’atteggiamento con l’Europa. Si vuol dire che ogni tanto bisogna anche saper ripiegare e essere diplomatici? Va bene, staremo a vedere. Ma attenzione ai cortigiani, che oggi sono adulatori anche di Salvini: ricordo la fine che ha fatto Renzi, che era corteggiato e adulato, osannato e presentato nei sondaggi come l’uomo dell’anno (e degli anni). Ecco un’altra cosa che il presidente della Repubblica dovrebbe dire: italiani, cessate di essere servili e cortigiani. Cessate di essere stupidamente tifosi, com’è accaduto negli ultimi raccapriccianti episodi attorno al mondo calcistico: se proprio uno deve avere il coraggio di andare incontro alla morte, lo faccia per degli ideali importanti, non per una sciarpa e il tifo per una squadretta di calcio – con tutto il rispetto per la grande passione sportiva italiana. Italiani, siate seri: così dovrebbe dire un presidente della Repubblica autentico (lo disse Garibaldi in una delle sue avventure eroiche, e l’ultima stagione eroica dell’Italia è stata proprio il Risorgimento, pur tra mille retoriche).Insomma, il presidente della Repubblica dovrebbe dire: forse ho sbagliato, in questi anni, ma vi prometto che d’ora in avanti il mio ruolo di garante delle istituzioni sarà quello, anche in sede europea e mediterranea, di chi si adopera per favorire un reale Piano Marshall per l’Africa e un ruolo importante dell’Italia nel Mediterraneo. Tanto più che Mattarella proviene da quella sinistra democristiana che aveva in Aldo Moro un grandissimo esponente e un uomo di Stato che – fino a che non l’hanno ammazzato – aveva sicuramente gestito da par suo, insieme ad altri, un ruolo importante del nostro paese in varie questioni mediorientali e internazionali. Mattarella dovrebbe dire: mi adopererò perché l’Europa sia vera, democratica, popolare, con istituzioni non post-democratiche, non oligarchiche, non tecnocratiche. Questo dovrebbe dire: mi adopererò perché in Italia tornino la giustizia e la mobilità sociale, perché si vada verso il diritto al lavoro inserito nella Costituzione, cosicché il dibattito non sia più arenato tra reddito di cittadinanza (farlocco) o redditi integrativi di incerta applicazione. Questo dovrebbe dire: mi adopererò, come presidente della Repubblica, per far fare un salto di qualità a questa nazione.Noto peraltro che le persone sono più attente, alla questione della “res publica”: ne parlano di più, sono più smaliziate. Anche tra le persone semplici le antenne sono ben ritte. Quindi bisogna essere ottimisti, per il 2019 e per gli anni che verranno, perché forse l’Italia potrà davvero riannodare i fili della sua storia, e gli italiani potranno forse tornare a vivere qualche stagione eroica, com’è accaduto in secoli passati. Il governo Conte? Se sceglie la via del barcamenarsi farà la fine di Matteo Renzi, un grande “barcamenatore”: faceva la voce grossa e parlava di rinnovamento ma non rinnovava niente; stava lì a tenere buoni tutti, lanciando speranze poi tutte disattese. I rappresentanti del governo Conte sanno bene cosa dicono gli uni e gli altri, i progressisti e i neo-aristocratici, ma la scelta di barcamenarsi non è possibile. Questa è una guerra: lo dico con mitezza, perché è una guerra che si può combattere pacificamente e democraticamente. Ma è una guerra, nella quale si scontrano due visioni diverse della società. Una è una visione democratica e progressista, imperniata sulla giustizia, sulla mobilità sociale e sulle prosperità diffusa. L’altra visione è invece imperniata sulla post-democrazia, cioè su una neo-aristocrazia (che va a braccetto, sul piano economico, con quella ideologia neoliberista che ha ammorbato l’orbe planetario negli ultimi decenni). Per il bene di tutti, l’Italia deve tornare a recitare un ruolo importante. E faccio questa previsione: il 2019 vedrà un’accelerazione di parecchi processi.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Gioele Magaldi Racconta” del 31 dicembre 2018. Autore del bestseller “Massoni”, nonché esponente del circuito massonico progressista internazionale, Magaldi annuncia per il 2019 un’intensa offensiva mediatica da parte del Movimento Roosevelt, di cui è presidente, e parallelamente prevede un’incisiva attività politica da parte del costruendo “Partito che serve all’Italia”, i cui attivisti torneranno a riunirsi a Roma il 10 febbraio, dopo l’assemblea prenatalizia alla quale hanno partecipato, a vario titolo, personalità come quelle di Nino Galloni, Claudio Quaranta, Antonio Maria Rinaldi e Ilaria Bifarini).Oggi, dalle parti del governo, ci si può ancora godere qualche buon sondaggio: qualunque manovra, ancorché modesta, è pur sempre meglio dell’esercizio provvisorio. Ma fra sei mesi o un anno, la gente guarderà le proprie scarpe. E se saranno rotte com’erano un anno fa o due anni fa, prima che arrivasse il governo gialloverde, quelle scarpe se le toglierà e inizierà a tirarle, insieme ai pomodori, addosso ai presunti eroi del cambiamento. Quindi attenzione, cari amici gialloverdi del governo Conte: o si fa sul serio, a partire dal 2019, oppure farete – purtroppo – la fine che hanno fatto i vostri predecessori, cioè tutti quelli che di cambiamento hanno solo e sempre parlato. I governi dell’ultimo quarto di secolo hanno governato secondo i dettami di oligarchie massoniche neo-aristocratiche: si sono appecoronati, lasciandosi comprare un tanto al chilo, e hanno eseguito copioni scritti per loro da altri. Adesso il governo gialloverde ha al suo interno anche dei massoni sedicenti progressisti, e all’esecutivo – dal mondo massonico progressista – arriva il seguente messaggio: abbiate il coraggio di essere degli eroi, anche perché ci guadagnereste pure in termini elettorali e di durata, sul palcoscenico politico.
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Mazzucco: Terra Piatta, super-bufala che fa felice il potere
Cari “terrapiattisti”, ma non l’avete ancora capito che la vostra strampalata teoria della Terra Piatta è un assist perfetto per il mainstream, pronto a mettere il bavaglio a qualsiasi verità scomoda? Che c’è di meglio di una bufala come quella, per consentire ai media di liquidare con una battuta – come fanno “Le Iene”, ad esempio – qualsiasi argomento a cui il potere è allergico, dall’11 Settembre alle scie chimiche? Perde la pazienza, Massimo Mazzucco, di fronte al fervore “teologico” dei teorici della Terra Piatta, secondo cui il globo terrestre sarebbe in realtà una specie di pizza, con al centro il Polo Nord, contornata per 40.000 chilometri da una crosta di ghiacci antartici. Fingendo per un attimo di sposare il credo “terrapiattista”, di gran voga ultimamente tra gli ambienti più complottistici del web, sul blog “Luogo Comune” Mazzucco commenta l’impresa di Colin O’Brady, il 33enne statunitense che ha appena annunciato di aver completato la prima traversata in solitaria dell’Antartide senza l’ausilio di vele o cani, in assenza di guide e rifornimenti. Nella notte del 26 dicembre l’atleta ha raggiunto, con uno scatto finale da record, la Barriera di Ross nell’Oceano Pacifico. Ha impiegato 54 giorni per compiere 1.500 chilometri, trainando una slitta da 135 chili contenente i viveri per il viaggio e lo stretto indispensabile per sopravvivere durante la traversata in totale autonomia.L’impresa, ribattezzata “The Impossible First”, è stata portata a termine dal giovane O’Brady battendo (in velocità e resistenza) l’ufficiale dell’esercito britannico Lou Rudd, 49 anni, il primo ad annunciare lo scorso aprile la sua intenzione di partire per un trekking in solitaria in Antartide, potenzialmente avvantaggiato da una precedente esperienza di esplorazione nel continente ghiacciato. Tutto questo, ovviamente, presupponendo che la Terra sia uno sferoide. Se invece fosse piatta, fa notare Mazzucco, l’impresa di O’Brady avrebbe del sovrumano: la distanza dal Messner Point al Ghiacciaio Leverett sarebbe di 20.000 chilometri. Vorrebbe dire che O’Brady avrebbe tenuto una media di circa 370 chilometri al al giorno. Tenendo conto che avrebbe trascorso circa metà del tempo a riposarsi, e metà a camminare, questo significa che O’Brady, dallo scorso 3 novembre, avrebbe «camminato per 54 giornate alla velocità media di 30 chilometri all’ora, per 12 ore al giorno». Praticamente sarebbe filato senza soste, per tutti quei giorni, quasi «alla velocità di Usain Bolt sui 100 metri piani». Il campione di atletica “vola” a 36 chilometri orari ma solo per cento metri, mentre O’Brady – a quella velocità – avrebbe continuato «senza stancarsi e senza fermarsi mai», per quasi due mesi, in più tirandosi dietro la sua slitta da oltre un quintale, “pattinando” sul ghiaccio battuto dal vento.Se invece la Terra “fosse” tonda, scherza Mazzucco, allora la distanza percorsa da O’Brady “sarebbe” di soli 1.500 chilometri, con una media quotidiana molto più ragionevole: 27 chilometri al giorno. «A parte la barzelletta su O’Brady – annuncia Mazzucco, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – nei prossimi giorni realizzerò un video serio, ragionato, per esaminare una volta per tutte la teoria della Terra Piatta». Autore di documentari di importanza capitale sull’11 Settembre, ripresi anche da Mentana a “Matrix” su Canale 5, Mazzucco è una voce autorevole nel mondo dell’informazione alternativa. Da video-reporter, ha firmato documentari impeccabili sulla franosità delle versioni ufficiali: non solo riguardo all’11 Settembre, ma anche sul presunto allunaggio del ‘69 e sull’omicidio di Bob Kennedy. Memorabili le video-inchieste di Mazzucco sulle cure alternative per il tumore e sulla scelta storica di criminalizzare la cannabis in favore del petrolio. Dopo gli esordi nella fotografia con Oliviero Toscani e molti anni trascorsi nel cinema di Hollywood alla Dino De Laurentiis, da tempo Mazzucco è impegnato in prima linea tra i diffusori di verità scomode. Sono rivolte a una platea che sta crescendo, e che inizia a preoccupare il potere. Al punto da contrastare in modo sistematico qualsiasi iniziativa di informazione assunta da Mazzucco.Contro di lui di scatenano i “debunker” come quelli del Cicap, in una sorta di persecuzione mediatica. Non mancano risvolti inquietanti, per mano anonima: «Ormai ho rinunciato a correggere il mio profilo pubblico su Wikipedia: se appena provo a eliminare gli errori, l’indomani ricompaiono puntualmente». Il Grande Fratello è in ascolto? E lo si può capire: «Sta crescendo a vista l’occhio il numero di persone che stanno aprendo gli occhi», sostiene Massimo, che si mostra persino ottimista: «Sono convinto che, se continueremo così – grazie all’impegno quotidiano di migliaia di attivisti – nel giro di 5-10 anni tante verità ufficiali cominceranno a crollare, fino a essere finalmente accantonate». A una condizione: che le indagini indipendenti vengano condotte con la massima serietà, cioè sulla base di prove e riscontri precisi. Coerenza logica, innanzitutto: dove trovarne, nella fiaba della Terra Piatta? «Qui semmai entriamo nel territorio tipico della fede religiosa», sostiene Mazzucco: «Il più delle volte, il tono dei “terrapiattisti” scivola nel fanatismo», nel dogma che non ammette di essere messo in discussione. «Errore: tutto va messo in discussione, sempre. Possibile che i “terrapiattisti” non si accorgano che il potere cavalca la loro teoria, approfittandone per mettere in ridicolo, abusivamente, qualunque altra versione non ufficiale?».Dal canto suo, Mazzucco comprende benissimo la tensione che anima, in assoluta buona fede, molti fan della Terra Piatta. «Pensano: se ci mentono sulla forma della Terra, allora ci mentono su tutto». Ma per accorgersi delle menzogne del mainstream, in realtà, basta molto meno: «A me è stato sufficiente scoprire le bugie sull’11 Settembre. Mi sono detto: chissà su quante altre cose mente, il potere, se è stato di capace di raccontare frottole su un’immane tragedia come quella». La situazione è più che seria: che bisogno c’è di inventarsi che la Terra sarebbe piatta come una pizza? Ed è qui che scatta la trappola: una teoria così campata per aria è perfetta, per screditare tutte le altre. Mazzucco torna a citare “Le Iene”: «Hanno sentito la necessità di smontare la teoria della Terra Piatta, e ci può stare. Ma che bisogno c’era di dire che chi crede alla Terra Piatta crede anche alle scie chimiche e al complotto dell’11 Settembre? Alle scie non c’è bisogno di credere: si vedono ogni giorno, nei nostri cieli. Quanto all’11 Settembre, basta informarsi: e si scopre che ormai è dimostrato universalemente che la versione ufficiale – le Torri Gemelle abbattute da aerei – è completamente falsa».Come dire: la sfida è impegnativa, con questo potere non si può scherzare. Perche mai, dunque, farsi prendere in giro a reti unificate con una storia come quella della Terra Piatta? Torniamo piuttosto alla realtà, insiste Mazzucco: ce n’è a sufficienza, di emergenze (vere) per le quali allarmarsi. Vogliamo parlare di vaccini? L’ha fatto Franco Bechis, nuovo direttore del “Tempo”: intervistando il presidente dell’ordine dei biologi, ha scoperto che sono stati somministrati vaccini “sporchi”, contenenti anche tracce di diserbante, e privi degli agenti immunizzanti. Dunque, vaccinazioni innanzitutto inutili, e forse anche nocive per la salute. Apriti cielo: Bechis è finito nella bufera, per aver osato infrangere il tabù dei vaccini perfetti. «Vediamo se fra tre mesi sarà ancora alla guida del suo quotidiano», azzarda Mazzucco. Che intanto mette a fuoco quello che gli pare il vero problema: «Introducendo l’obbligo vaccinale, l’autorità sottopone la popolazione a un ricatto pericoloso: devi vaccinare i figli, o non potranno andare all’asilo. Domani, temo, il ricatto sarà esteso agli adulti: o ti vaccini, o perdi parte dei tuoi diritti. In Argentina si sono inventati la revoca della patente di guida. Il problema non è il vaccino, ma il ricatto. E il guaio è che l’abbiamo sostanzialmente accettato, senza battere ciglio».Di questo passo, continua Mazzucco, dove andremo a finire? Se accetti di essere ricattato, dice, domani potrebbero costringerti a fare di tutto. Magari a metterti un microchip sottopelle, come succede in Svezia. Una pratica alla quale si sono già sottoposti almeno diecimila svedesi. La televisione presenta il fenomeno come una conquista. «Mi duole dirlo – aggiunge Mazzucco – ma gli svedesi si dimostrano i più cretini d’Europa. Certo, il chip sottopelle sarà anche comodo: ci puoi pagare il pranzo alla mensa aziendale. E’ tutto gratis? Vero. Ma, come dice un vecchio adagio: se è gratis, significa che il prodotto sei tu». Un mondo da incubo, post-orwelliano: tutti vaccinati, anche gli adulti, e tutti con il loro bravo chip sottopelle. Fine di qualsiasi privacy, di qualunque libertà, di ogni vera tutela della salute. Ognuno sarebbe controllato, 24 ore su 24. Perfettamente tracciato ogni istante della giornata. Zootecnia: bestiame, a cui inoculare qualsiasi sostanza. Magari anche gli erbicidi, riscontrati dai biologi in alcuni vaccini appena somministrati ai neonati italiani. E questi sono fatti, non leggende. Che bisogno c’è di mettersi a dire che la Terra, oltre che manipolata da un potere bugiardo, sarebbe anche piatta? Tanta insistenza su questa storia, da parte del mainstream, secondo Mazzucco alimenta più di un sospetto: «Temo che qualcuno, lassù, stia seriamente investendo proprio sulla teoria della Terra Piatta, per screditare chiunque cerchi di conquistare pezzi di verità».Cari “terrapiattisti”, ma non l’avete ancora capito che la vostra strampalata teoria della Terra Piatta è un assist perfetto per il mainstream, pronto a mettere il bavaglio a qualsiasi verità scomoda? Che c’è di meglio di una bufala come quella, per consentire ai media di liquidare con una battuta – come fanno “Le Iene”, ad esempio – qualsiasi argomento a cui il potere è allergico, dall’11 Settembre alle scie chimiche? Perde la pazienza, Massimo Mazzucco, di fronte al fervore “teologico” dei teorici della Terra Piatta, secondo cui il globo terrestre sarebbe in realtà una specie di pizza, con al centro il Polo Nord, contornata per 40.000 chilometri da una crosta di ghiacci antartici. Fingendo per un attimo di sposare il credo “terrapiattista”, di gran voga ultimamente tra gli ambienti più complottistici del web, sul blog “Luogo Comune” Mazzucco commenta l’impresa di Colin O’Brady, il 33enne statunitense che ha appena annunciato di aver completato la prima traversata in solitaria dell’Antartide senza l’ausilio di vele o cani, in assenza di guide e rifornimenti. Nella notte del 26 dicembre l’atleta ha raggiunto, con uno scatto finale da record, la Barriera di Ross nell’Oceano Pacifico. Ha impiegato 54 giorni per compiere 1.500 chilometri, trainando una slitta da 135 chili contenente i viveri per il viaggio e lo stretto indispensabile per sopravvivere durante la traversata in totale autonomia.
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Jack Folla: italiani mediocri e cialtroni come questi politici
«Rispetto a 20 anni fa oggi non ci sono più argini alla bestialità interiore, ciascuno tende a essere il peggio di quel che è. La generazione che giocava con i mostri da piccola lo è diventata». Giornalista, scrittore e autore tv, Diego Cugia sul finire degli anni Novanta ottenne un grande successo con il programma radiofonico “Alcatraz” e grazie al suo protagonista, Jack Folla, il dj evaso dal braccio della morte. Dietro un’esigenza morale assoluta di onestà, scrive Pasquale Rinaldis sul “Fatto Quotidiano”, attraverso il suo alter ego Jack, Cugia è stato per più d’una generazione «un fratello maggiore, anzi il Morpheus della “pillola rossa o pillola blu”, prima ancora del film Matrix. E invitava, contro le definitive salvezze, al rischio delle scelte, alla responsabilità della vita, alla serietà contro la retorica, alla saggezza contro la violenza». Dopo vent’anni di silenzio, Cugia è tornato con “Il Libro Nero”, con il quale prova a riannodare i fili di un discorso che era rimasto in sospeso. A Rinaldis, lo scrittore confida: la situazione è molto peggiorata. «Vent’anni fa, se avevi un fondo razzista, o se eri una bestia da terza elementare, un po’ te ne vergognavi. Oggi ne sei orgoglioso. Hai tre lauree? Sei un professore, scrivi libri, hai competenza nel tuo settore? Ti accuseranno di essere compromesso col ‘vecchio potere’, colluso con i corrotti, un privilegiato di merda. E questo anche se sei un intellettuale senza soldi e senza lavoro».Silenzio assoluto, oggi, all’uscita del nuovo libro di Cugia. L’autore se l’aspettava, anche perché, dice, non ha fatto il minimo passo perché ne parlassero: «Nessun critico, nessun direttore ha ricevuto da me la classica copia omaggio o una perorazione, una telefonata, un caffè». In questi anni, Cugia aveva ricevuto migliaia di email da parte degli ascoltatori di Jack: “Perché non torni? Dove sei finito?”. Dice Cugia: «Non hanno capito che l’Italia di 20 anni fa era più libera di quella di oggi. Che l’assenza di Jack non è stata una scelta, ma una condanna a vivere senza un microfono. Per raccontare loro come stanno le cose mi sono pubblicato da solo e ho aperto un canale su YouTube». Nell’Italia di oggi «i mediocri hanno vinto, hanno occupato tutto, come profetizzava Jack Folla». Continua Cugia: «Siamo comandati da un esercito di fronti basse, convinte di avere sempre diritto anche se non hanno fatto nulla per meritarsi la poltrona. È una delle più sconvolgenti illusioni ottiche della storia recente. Chi sa è ridotto a tacere, chi non sa sbraita e viene votato. Se questa è democrazia, io sono un ingegnere aerospaziale».C’è un capitolo del “Libro Nero” che s’intitola “La scintilla sacra”. «Inizio raccontando che mio papà mi insegnava da bambino i nomi delle stelle: Vega, Aldebaran, Deneb. Mi sono dimenticato la loro esatta collocazione nel cielo, sono una bestia da terza elementare anch’io, ma non dimenticherò mai la voce di mio padre che tremava dall’emozione e di rispetto per le stelle. Ce l’aveva anche per i vagabondi, gli oppressi e gli uomini fantastici. Quella vibrazione del cuore è l’imprinting, la scintilla sacra». Si domanda Cugia: «Chi contagia di bellezza i nostri giovani? Perché mai dovrebbero rialzare le loro giovani schiene già curve su smartphone tutti uguali? Nel mio piccolo ho fatto tornare Jack Folla per questo. Per donare ciò che ho ricevuto, ‘segnarli’ come io sono stato segnato. Tutti i libri che ho letto li devo a mio padre e alla sua voce che tremava di commozione per le stelle». Riguardo suo lungo esilio mediatico, lo scrittore parla di sé in terza persona: «Chi se ne frega di questo Cugia. Era benestante, ed è diventato un mendicante. Era famosetto e oggi non se lo ricorda quasi nessuno. Ha avuto una fortuna sfacciata, quel tipo: precipitare nel silenzio, nella solitudine, nel nulla. È qui che gli uomini si giocano le grandi partite. Bisogna ringraziare il proprio destino avverso. Non c’è propulsore più potente per slanciarsi verso il cielo». Aggiunge: «La partita la vinci se non ti arrendi mai, se ti rialzi dopo ogni caduta, ogni legnata. È meraviglioso».A Diego Cugia non piace l’habitat psicologico che spiega parte del consenso ai gialloverdi. «Gli italiani – dice – tendono a riconoscersi in massa in ometti autorevoli, in ‘capitani’ di piccolo corso, in ducetti. Credono di irrobustirsi identificandosi in loro. I ducetti li istigano a schierarsi contro qualcuno o qualcosa, li aizzano in tal senso e sdoganano il loro fascismo interiore, una piaga mai risolta. È l’esatto contrario di quello che dovremmo fare per migliorarci. Assumerci la totale responsabilità del mondo in cui viviamo, soprattutto se non abbiamo colpa, e unirci per contribuire a renderlo migliore, pensando ai figli dei nostri figli, e non a noi stessi». Secondo Cugia, «ci vuole una politica spirituale che guardi a fra 50 anni, non a fra mezz’ora cosa diranno i social. Ci vogliono le aquile in politica, io vedo solo tordi». Un appello: «Sveglia, fratelli, o ci faremo comandare dai maiali come nella Fattoria degli Animali di George Orwell». I “vaffa” di grillina memoria? «La storia ci insegna che quei “vaffa” lì tornano indietro: dal balcone di piazza Venezia al finire a testa in giù a piazzale Loreto». Dei 5 Stelle scrive: «Quelli che la scatoletta di tonno ora ce l’hanno in testa come un cappello».Beppe Grillo? «Un grande comico, conosce le masse e sa come esaltarle. Il suo movimento è stato anche salutare, ha dato una spallata al sistema, ha portato tanti giovani in Parlamento, è stato fantastico», dice Cugia. «Ma il potere è una brutta bestia», aggiunge. «Quando ho visto Luigi Di Maio scendere da un taxi col portabiti di Cenci a Campo Marzio, il sarto di Cesare Previti e del generone romano che bazzica in Parlamento, il sogno è finito». E’ furioso, Cugia: «Allearsi con Salvini, accettare la chiusura dei porti, rimangiarsi le promesse fatte in campagna elettorale? Maledetti. Mi avete fatto rimpiangere perfino la Dc e Kossiga che, da ragazzo, scrivevo sui muri con la kappa. Ma soprattutto mi manca l’intelligenza e lo stile di Enrico Berlinguer. Anche se l’ho votato una volta sola a 18 anni, mai stato comunista. Ma quelli erano statisti. Erano pochi già allora, oggi sembra non essercene rimasta traccia. Ma se ne stiamo parlando, vuol dire che, in qualche culla di un paesino sperduto, sta rinascendo un nuovo Antonio Gramsci. Io ci credo». Poi, certo, ci sono Salvini e Trump: «Salvini è un dittatore da operetta, Trump da game show». Un messaggio? «Volare da soli e controvento. Seguite la vostra intuizione, non il branco. E non alzate mai un muro. I muri vanno abbattuti, tutti».«Rispetto a 20 anni fa oggi non ci sono più argini alla bestialità interiore, ciascuno tende a essere il peggio di quel che è. La generazione che giocava con i mostri da piccola lo è diventata». Giornalista, scrittore e autore tv, Diego Cugia sul finire degli anni Novanta ottenne un grande successo con il programma radiofonico “Alcatraz” e grazie al suo protagonista, Jack Folla, il dj evaso dal braccio della morte. Dietro un’esigenza morale assoluta di onestà, scrive Pasquale Rinaldis sul “Fatto Quotidiano”, attraverso il suo alter ego Jack, Cugia è stato per più d’una generazione «un fratello maggiore, anzi il Morpheus della “pillola rossa o pillola blu”, prima ancora del film Matrix. E invitava, contro le definitive salvezze, al rischio delle scelte, alla responsabilità della vita, alla serietà contro la retorica, alla saggezza contro la violenza». Dopo vent’anni di silenzio, Cugia è tornato con “Il Libro Nero”, con il quale prova a riannodare i fili di un discorso che era rimasto in sospeso. A Rinaldis, lo scrittore confida: la situazione è molto peggiorata. «Vent’anni fa, se avevi un fondo razzista, o se eri una bestia da terza elementare, un po’ te ne vergognavi. Oggi ne sei orgoglioso. Hai tre lauree? Sei un professore, scrivi libri, hai competenza nel tuo settore? Ti accuseranno di essere compromesso col ‘vecchio potere’, colluso con i corrotti, un privilegiato di merda. E questo anche se sei un intellettuale senza soldi e senza lavoro».
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Tutta la verità, sempre. Grazie a Mazzucco, giornalista vero
«Ragazzi, ricordarvi di dare fastidio, sempre, a chi comanda». Furono le ultime parole che lo scrittore Nuto Revelli rivolse agli studenti delle scuole che spesso visitava. Autore di memorabili libri-denuncia come “La guerra del poveri” sulla ritirata di Russia e “Il mondo del vinti” sull’agonia delle valli alpini spopolate dall’era industriale, Revelli rappresentò una voce importante (e scomoda, quindi isolata) nella coscienza italiana del dopoguerra. Il suo lascito: cercare la verità, ad ogni costo. Quello che, in teoria, dovrebbe fare ogni giornalista degno di questo nome. Quanti ce ne sono, oggi, in circolazione? Pochissimi, secondo il Premio Pulitzer americano Seymour Hersh: «Se i reporter avessero fatto il loro dovere, in questi decenni, avremmo avuto meno guerre e meno stragi, perché il potere non avrebbe osato mentire così spudoratamente all’opinione pubblica». La madre di tutte le stragi, quella dell’11 settembre 2001, colse il milanese Massimo Mazzucco nella sua abitazione di Los Angeles, dove lavorava come sceneggiatore per la Dino De Laurentiis, dopo aver fatto la sua brava gavetta in Italia in qualità di fotografo, assistente di Oliviero Toscani. Quel giorno, Massimo vide – come tutto il resto del mondo – l’impatto del primo aereo. E vide che trascorse un intervallo interminabile prima che avvenisse l’urto del secondo velivolo, senza che nel frattempo si fosse levato in volo un solo caccia a presidiare i cieli.Quella mattina, infatti, l’intera difesa aerea degli Stati Uniti sulla costa orientale era affidata a due soli intercettori armati di missili e pronti a decollare, più altri due di riserva. Tutti gli altri – centinaia – erano impegnati in esercitazioni concomitanti in Canada, Alaska e California: fatto fino ad allora mai verificatosi, nella storia degli Usa, né più ripetutosi in seguito. Il cielo della superpotenza mondiale era più sguarnito di quello del Burkina Faso. Questo (e molto altro) ha messo insieme, Massimo Mazzucco, dopo anni di impegno ininiterrotto alla ricerca della verità. A partire dal primo documentario, “Inganno globale”, mandato in onda da Mentana a “Matrix” su Canale 5 in prima serata, nel 2006, di fronte a milioni di attoniti telespettatori, il video-reporter più scomodo d’Italia ha dedicato alla truffa dell’11 Settembre anche il maxi-documentario del 2013, “11 Settembre, la nuova Pearl Harbor”, raccogliendo prove e testimonianze che smentiscono la versione ufficiale sull’attentato alle Torri Gemelle. Tante le teorie: le Twin Towers abbattute da armi speciali ad energia, demolite con la nano-termite, incenerite con mini-atomiche? Mazzucco non sposa nessuna tesi: «Non spetta a me stabilire cosa sia stato usato per far crollare le Torri, a me basta dimostrare che non possono esser stati quegli aerei», ha ripetuto, anche in web-streaming su YouTube il sabato mattina con Fabio Frabetti di “Border Nights”.Anzi, aggiunge: «Il parteggiare per una tesi o per l’altra finisce per produrre contraddizioni tecniche utili solo a chi vuol farla dimenticare, quella storia, squalificando di fronte all’opinione pubblica chi ricerca la verità con serietà e impegno, come i tremila architetti e ingegneri americani che, mettendo a repentaglio il proprio posto di lavoro, sono riusciti a dimostrare in modo definitivo la “demolizione controllata” delle Torri Gemelle». Cercare la verità, appunto, senza trarre conclusioni affrettate: nel suo ultimo lavoro, “American Moon”, Mazzucco si avvale dei maggiori fotografi internazionali per dimostrare che le immagini del mitico allunaggio del ‘69 non sono state realizzate sulla Luna, ma in studio. «Il che non significa che non siamo mai stati sulla Luna: significa che le immagini mostrate al mondo erano false». Il potere statunitense è finito nel mirino di Mazzucco in svariate occasioni: nel 2007 ha firmato il documentario “L’altra Dallas – Chi ha ucciso Robert Kennedy?”. Un giallo tutt’altro che chiuso, quello che circonda la morte del fratello di Jfk, assassinato il 6 giugno 1968 nelle cucine dell’Hotel Ambassador di Los Angeles per fermare la sua corsa alla Casa Bianca: «Nonostante vi siano almeno venti persone che hanno visto Sirhan Sirhan sparare a Kennedy, sono emersi nel corso del tempo svariati elementi che tendono decisamente a scagionarlo».Lo chiamano Deep State, ed è qualcosa che affonda le sue radici nella nebulosa che tiene insieme esponenti della supermassoneria sovranazionale neo-oligarchica messa a nudo da Gioele Magaldi nel bestseller “Massoni”, con propaggini nella Cia e nell’Fbi, al Pentagono, alla Casa Bianca, in centri di comando assoluti come il Council on Foreign Relations. Da quegli ambienti scaturì il Pnac, Piano per il Nuovo Secolo Americano, attraverso cui i neocon – i Bush e Cheney, Wolfowitz, la Rice, Donald Rumsfeld – pianificarono apertamente la “guerra infinita” a cui il maxi-attentato dell’11 Settembre avrebbe spianato la strada. Massimo Maazzucco ne parla nel documentario “Il nuovo secolo americano”, uscito nel 2008 per illuminare «tutti i retroscena storici, politici, economici e filosofici che avrebbero portato agli attentati dell’11 Settembre per vie ben diverse da quelle che ci sono state raccontate». Non è possibile, infatti, comprendere gli attacchi alle Torri «se non si conosce la storia che c’è alle loro spalle». Ma lo sguardo di Mazzucco – giornalista vero – si estende anche oltre l’agenda geopolitica: nel video “I padroni del mondo”, uscito sempre nel 2008, esplora il territorio misteriosamente ibrido che comprende avvistamenti Ufo, ruolo dei militari e pericolo atomico.“I padroni del mondo”, spiega, non è un classico film sugli Ufo, ma «un film che cerca di comprendere il motivo per cui tutte le informazioni raccolte fino ad oggi sugli Ufo ci vengano tenute nascoste dai militari del Pentagono». E’ forse trovando questa risposta, ipotizza il video-reporter milanese, che si può scoprire qualcosa anche sull’esistenza di «esseri provenienti da altri pianeti, e sulle loro eventuali intenzioni». Tanto per essere espliciti: l’ufologo Roberto Pinotti, da decenni in contatto l’aeronautica militare italiana, ricorda che i gesuiti hanno speso milioni di dollari per allestire sul Mount Graham, in Arizona, un potente osservatorio astronomico dedicato allo studio dell’esobiologia, cioè la vita aliena. “L’extraterrestre è mio fratello”, titolò clamorosamente “L’Osservatore Romano” intervistando padre José Gabriel Funes, astronomo e gesuita, direttore della Specola Vaticana: un centro «che possiede anche un telescopio ad alta tecnologia e vanta un team di scienziati che fa invidia a quello della Nasa», ricorda Agnese Pellegrini su “Famiglia Cristiana”. Ma se padre Funes scruta il cielo in attesa dello sbarco dei “fratelli dello spazio”, Massimo Mazzucco – al solito – scava dietro le verità ufficiali, prendendo per le corna il toro del potere: perché i militari non ci raccontano tutto quello che sanno?Inutile sperare che sui giornali si riscontri altrettanto impegno, nella ricerca delle notizie che contano, anche – per dire – in un settore delicatissimo come quello della salute. E’ del 2009 la dirompente indagine sulle cure alternative per il tumore (“Cancro, le cure proibite”), nel quale Mazzucco mette a nudo il silenzio assordante che copre i clamorosi risultati già ottenuti da decine di medici, in tutto il mondo, per i quali il cancro non è più una malattia incurabile. Negli ultimi 100 anni, riassume il trailer del documentario, dozzine di scienziati, medici e ricercatori hanno trovato diverse cure valide per il cancro, spesso supportate anche da migliaia di testimonianze di pazienti guariti – ma noi non lo abbiamo mai saputo: perché? Statistiche: cent’anni fa si ammalava di cancro solo una persona su 20, oggi invece una su 3 (e negli Usa, un individuo su 4 muore di cancro). Chi sopravvive, viene semi-distrutto dalla chemio: dolori, gonfiore, febbre, nausea, vomito e svenimenti, senza contare l’abbattimento delle difese immunitarie e quindi il rischio elevatissimo di contrarre altri tumori, di cui l’organismo ormai indifeso diviene facile preda. Quando mai se ne parla, sui giornali, di cure di successo contro lo stramaledetto cancro?«Da cent’anni – dichiara Mazzucco – la medicina ufficiale nega che esista una cura risolutiva». Il video mostra sanitari come Max Gerson, che guarisce pazienti considerati “terminali”, così come il collega Harry Hoxsey. Medici per i quali il cancro non è più invincibile: da Tullio Simoncini a René Caisse. Racconta un anziano paziente: «Mi avevano detto che sarei morto in 24 ore, e invece eccomi qua». L’elenco di medici anti-cancro è lungo quasi quanto il Novecento: Chas Ozina e Josef Issels, Emanuel Revici, Royal Rife. E poi Gaston Naessens e Linus Pauling, senza contare Wilhelm Reich e Ryke Hamer. «Perché tutti coloro che hanno proposto una nuova cura, negli ultimi cento anni, sono stati sistematicamente ignorati, derisi, combattuti e spesso anche messi in prigione?». Nel video, rispondono operatori della sanità: «Il cancro è un grosso affare, uno dei più grandi che ci siano». Nel solo 2004, Big Pharma ha fatturato oltre mezzo “biliardo” (“550 billion”, cioè 550 miliardi di dollari). I medici intervistati da Mazzucco parlano di «inviti a pranzo, cene gratis, Champagne». Scandisce il norvegese Per Lonning, dell’Haukeland Hospital di Bergen: «Arriveremo a trovare la cura? La questione non è “se”, ma “quando”». Solo questione di volontà politica, in altre parole. E di soldi, tanto per cambiare.Dice Mark Abadi, psicologo: «La farmaceutica è l’industria di maggior successo nel mondo. Quello che non vogliono è che tu guarisca». Chiosa un’anziana, fissando la telecamera: «Se i medici sanno che c’è una cura, eppure mandano i pazienti a casa a morire, quella è un’atrocità peggiore dell’Olocausto». Tra i rimedi anti-cancro recentemente ammessi c’è anche la marijuana, le cui infiorescenze sono ricchissime di Tch, un principio attivo (già usato da Big Pharma in modo non dichiarato) che in molti casi distrugge le cellule tumorali, oltre ad alleviare le sofferenze dei pazienti. Mazzucco ne parla nel documentario “La vera storia della marijuana”, uscito nel 2010. Domanda: «Che cosa si nasconde dietro alla ossessiva, incessante e terrificante guerra alla droga?». La realtà che si cela sotto la proibizione di questa pianta è «qualcosa di assolutamente impressionante e sconvolgente, con una portata storica che condiziona in modo determinante la vita quotidiana di tutti noi, compreso chi non ha mai visto da vicino nemmeno uno spinello». Tanto per dire, in tutte le civiltà, la marijuana è stata la pianta più utile per l’intera umanità: se ne ricavano carta e tessuti per abiti, olio, corde, medicine. Dalla canapa è possibile produrre anche un’ottima plastica naturale. Ecco il punto: il boom della cannabis avrebbe tagliato le gambe all’industria (sanguinosa) del petrolio.La cannabis, aggiunge Mazzucco nel suo video, è stata usata fin dall’antichità per combattere malaria, reumatismi e dolori mestruali, epilessia, coliche e anche gastriti, anoressia e tifo. Non ci credete? Il medico personale della regina Vittoria, Sir John Russell Reynolds, nel 1890 la definì «una delle medicine più importanti a disposizione dell’uomo». Poi, da un giorno all’altro, questa pianta miracolosa è diventata il frutto proibito, la radice di ogni male: fonte di peccato, perversione e immoralità. Una pericolosa scorciatoia verso la devianza e la follia. Una demonizzazione devastante, improvvisa e sospetta, proprio in prossimità del boom del petrolio. Mazzucco ricorda che Harry Anslinger, del Federal Bureau of Narcotics, fece proibire la marijuana in tutto il mondo: chi lo finanziava? Lo spiega il suo filmato, ora proposto anche come strenna – in cofanetto – insieme a tutti gli altri: un’ottima occasione per fare scorta di informazioni serie, comprovate da documentazioni a prova di bomba.A Mazzucco, naturalmente, il mainstream dà del complottista: un modo facilotto per tentare di sbarazzarsene. Se c’è una dote nella quale l’autore eccelle è proprio la prudenza. Regola numero uno: verificare le notizie in modo da avere sempre almeno 3-4 conferme incrociate. Cosa che i giornalisti hanno smesso di fare da secoli, limitandosi per lo più a passare veline governative. A lettori e telespettatori rifilano quasi solo robaccia, semplice gossip politico, guardandosi bene dall’impensierire il potere. Mazzucco rimpiange il Mentana dei bei tempi, che a suo modo era coraggioso. «Poi, col tempo, si è integrato nel sistema. Arrivato a La7, poteva diventare “il primo degli ultimi”. Invece, si è accontentato di essere “l’ultimo dei primi”». A chi ha fame di notizie vere, naturalmente, resta il web: «Oggi sulla Rete troviamo informazioni impensabili, dieci anni fa, grazie al lavoro tenace e paziente di migliaia di attivisti». Lavoro che “dà fastidio”, come auspicava l’anziano Nuto Revelli, tant’è vero che la politica – italiana, europea – continua a tentare di imbavagliare i blog. E i giornalisti? Silenti, su tutta la linea. Si consolino: se vogliono scoprire come sono andate davvero le cose, in molti tornanti dell’attualità, possono sempre guardarsi i dvd di Massimo Mazzucco. Vere e proprie miniere di notizie.(Tutti i dvd ideati, prodotti e diretti da Massimo Mazzucco sono acquistabili singolarmente, on-line, attraverso il sito “Luogo Comune”. Per il Natale 2018, è anche possibile acquistarli in un’unica soluzione – versione cofanetto – al prezzo scontato di 49 euro).«Ragazzi, ricordatevi di dare fastidio, sempre, a chi comanda». Furono le ultime parole che lo scrittore Nuto Revelli rivolse agli studenti delle scuole che spesso visitava. Autore di memorabili libri-denuncia come “La guerra del poveri” sulla ritirata di Russia e “Il mondo del vinti” sull’agonia delle valli alpine spopolate dall’era industriale, Revelli rappresentò una voce importante (e scomoda, quindi isolata) nella coscienza italiana del dopoguerra. Il suo lascito: cercare la verità, ad ogni costo. Quello che, in teoria, dovrebbe fare ogni giornalista degno di questo nome. Quanti ce ne sono, oggi, in circolazione? Pochissimi, secondo il Premio Pulitzer americano Seymour Hersh: «Se i reporter avessero fatto il loro dovere, in questi decenni, avremmo avuto meno guerre e meno stragi, perché il potere non avrebbe osato mentire così spudoratamente all’opinione pubblica». La madre di tutte le stragi, quella dell’11 settembre 2001, colse il milanese Massimo Mazzucco nella sua abitazione di Los Angeles, dove lavorava come sceneggiatore per la Dino De Laurentiis, dopo aver fatto la sua brava gavetta in Italia in qualità di fotografo, assistente di Oliviero Toscani. Quel giorno, Massimo vide – come tutto il resto del mondo – l’impatto del primo aereo. E vide che trascorse un intervallo interminabile prima che avvenisse l’urto del secondo velivolo, senza che nel frattempo si fosse levato in volo un solo caccia a presidiare i cieli.
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Galloni: come sopravvivere se lo spread sale a quota 400
Ieri l’asta dei Btp è stata molto fiacca. Dicono i giornali perché lo spread è salito a quota oltre 330; insomma, se ci si aspetta che lo spread salga ancora (magari in funzione della procedura contro l’Italia preannunciata per il 22 novembre), gli investitori aspettano a comperare titoli a più lungo termine. Se è così – e, soprattutto gli investitori (grandi banche dealer) sono costrette a comperare titoli per l’immensa disponibilità liquida loro fornita dalle banche centrali che poi obbligano a depositi presso di esse con tassi negativi – perché non offrire bonds a breve e risparmiare sui tassi? Non si sa. Giornali, televisioni, politici e accademici dicono che l’aumento dello spread determina un impoverimento dei possessori di titoli: se anche io li voglio vendere anticipatamente, so che il prezzo cala, quindi, che li venderò (sempre che decida di rientrare in possesso della liquidità prima della scadenza) ad un valore più basso; ma, se me li tengo fino a scadenza, avrò il reddito pattuito e, infine, il rimborso del capitale originario.Casomai, se l’attesa di aumento dei rendimenti dei titoli futuri supera la svalutazione di quelli vecchi di cui si chiede il rimborso anticipato, allora sarà conveniente chiedere quest’ultimo e aspettare il momento buono per investire sul nuovo primario. Di qui due deduzioni: 1) agli speculatori serve che l’aumento delle spread sia seguito da un aumento dei tassi sulle nuove emissioni e, quindi, possono operare in tal senso (come è già accaduto qualche anno fa coi titoli greci); 2) bisogna offrire nuovi titoli a rendimenti e scadenze più corte.A quota 400 tutti – compreso il ministro dell’economia – pensano che il sistema non regga: certo questo sistema che, però, lo si dice da una vita, è intrinsecamente sballato. Occorrono, invece, quattro cose: 1) ridurre i tempi delle scadenze delle nuove emissioni per guadagnare dai tassi più bassi che la speculazione accetta in attesa delle nuove emissioni a lungo termine coi tassi più alti (e che determineranno tra non tantissimo tempo la crisi delle borse ed il rafforzamento dei ribassisti); 2) consentire agli Stati di immettere moneta non a debito a sola circolazione nazionale per finanziare attività nell’ambiente e l’occupazione soprattutto giovanile; 4) non interrompere il quantitative easing della Bce sul mercato secondario; 4) istituire un’agenzia di rating titolata a dare giudizi su basi serie e trasparenti.(Nino Galloni, “Come sopravvivere a quota 400”, da “Scenari Economici” del 20 novembre 2018).Ieri l’asta dei Btp è stata molto fiacca. Dicono i giornali perché lo spread è salito a quota oltre 330; insomma, se ci si aspetta che lo spread salga ancora (magari in funzione della procedura contro l’Italia preannunciata per il 22 novembre), gli investitori aspettano a comperare titoli a più lungo termine. Se è così – e, soprattutto gli investitori (grandi banche dealer) sono costrette a comperare titoli per l’immensa disponibilità liquida loro fornita dalle banche centrali che poi obbligano a depositi presso di esse con tassi negativi – perché non offrire bonds a breve e risparmiare sui tassi? Non si sa. Giornali, televisioni, politici e accademici dicono che l’aumento dello spread determina un impoverimento dei possessori di titoli: se anche io li voglio vendere anticipatamente, so che il prezzo cala, quindi, che li venderò (sempre che decida di rientrare in possesso della liquidità prima della scadenza) ad un valore più basso; ma, se me li tengo fino a scadenza, avrò il reddito pattuito e, infine, il rimborso del capitale originario.
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Perché Di Maio spacca il governo mentre l’Ue ci bombarda?
La situazione è grave, ma non seria. Ricorda da vicinissimo quella che ispirò il noto aforisma di Flaiano, modellato su misura per la politica bizantina, a doppio fondo, della Prima Repubblica. Ricapitolando: Di Maio prima congeda il decreto fiscale “leghista” in Consiglio dei ministri, poi cambia idea e s’inventa che il documento sarebbe stato manipolato durante il viaggio verso il Quirinale. Salvini s’infuria, sapendo che le cose non stanno affatto così. E il governo rischia di spezzarsi in due, proprio nel momento più difficile, cioè l’attesissimo braccio di ferro con Bruxelles. Uno scontro annunciato da due super-nemici dell’Italia, il francese Macron che “trasloca” migranti oltre il Monginevro e spedisce addirittura i suoi soldati a fermare cittadini italiani sul suolo italiano, e il tedesco Oettinger (quello secondo cui saranno “i mercati” a insegnare agli italiani come votare) che anticipa il roboante “niet” della Commissione, affidato a Moscovici: impossibile tollerare il Def con quel 2,4% di deficit previsto per il 2019. In pratica: il governo italiano, figlio di regolari elezioni, deve subire l’affronto di un potere “alieno”. Ma, anziché fare quadrato contro gli oligarchi di Bruxelles, Berlino e Francoforte, si mette a litigare al proprio interno, proprio adesso.
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Casalino e il Deep State. Mazzucco: che ingenui, i 5 Stelle
«Posso non commentare le parole di Rocco Casalino?». Sdegnoso silenzio, solo perché a Casalino si rinfaccia sempre di aver partecipato al “Grande Fratello”? «Appunto: chi si sarebbe accorto di lui, se non fosse stato al “Grande Fratello”? Una volta i dirigenti politici venivano da scuole serie: i comunisti dalle Frattocchie, i democristiani dalla Fuci». Gianfranco Carpeoro, opinionista e saggista, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” si rifiuta, per decenza, di intervenire sulla polemica innescata dall’improvvida sortita dell’ex comunicatore dei 5 Stelle, ora portavoce del premier Conte: in un fuori-onda ha preannunciato un repulisti, a tappeto, tra i funzionari del ministero dell’economia, chiamandoli «quei pezzi di merda». Nell’audio (rubato, in violazione della privacy), parlando con due giornalisti, Casalino li invita ad annunciare che, se le richieste dei 5 Stelle non verranno esaudite dal ministero di Tria, nel 2019 i pentastellati “bonificheranno” gli uffici dai tecnocrati che “remano contro” i gialloverdi, scatenando una terribile «vendetta». Apriti cielo: la tempesta ormai grandina a reti unificate su tutti i media. «Piuttosto ingenui, i 5 Stelle», osserva il documentarista Massimo Mazzucco, sempre in video-chat con Frabetti: «Possibile che non sapessero, fin dall’inizio, cosa li attendeva nei palazzi romani?».Mazzucco è un abile demistificatore: ben attento a non finire nel variopinto girone del complottismo “gridato”, si dedica da anni a studiare meticolosamente i complotti veri. E’ stato tra i primi a dimostrare che la versione ufficiale sull’11 Settembre fa acqua da tutte le parti. E nell’ultimo film, “American Moon”, certifica che le storiche immagini dell’allunaggio, purtroppo, non sono state affatto realizzate sulla Luna, ma in studi cinematografici o in teatri di posa. Fa sempre notizia il lavoro di Mazzucco, sia che si tratti della “nuova Peral Harbor” scatenata a Manhattan e comodamente attribuita ad Al-Qaeda, sia che sul monitor compaia una seria indagine sulle cure alternative per il cancro. E a proposito di salute: non certo ostile ai 5 Stelle, Mazzucco ha aspramente criticato il clamoroso voltafaccia sui vaccini, coi pentastellati prima tiepidi sul decreto Lorenzin e poi in confusione assoluta, ora che – con Giulia Grillo – avrebbero in mano le leve ministeriali del governo della sanità. Solo che, tra il dire e il fare, c’è appunto di mezzo la politica: «Me ne sono sempre tenuto alla larga, proprio perché temo quell’ambiente», confessa Mazzucco: «In passato ho anche rifiutato di impegnarmi personalmente, quando mi è stato chiesto di candidarmi, perché so che, per come sono fatto, essere costretto a confrontarmi con certe dinamiche mi farebbe perdere il sonno. Non fa per me, ecco tutto».Se però stiamo parlando di un soggetto politico come i 5 Stelle, aggiunge Mazzucco, le cose cambiano: «Nel momento in cui ti candidi a rivoluzionare l’Italia, non puoi non sapere che tipo di ostacoli incontrerai. I tuoi elettori, per primi, si aspettano che tu sappia perfettamente come muoverti. Bel guaio, se adesso scoprono che non sai bene che pesci pigliare». Un intero ministero che “rema contro” ostacolando lo stesso ministro, come nel caso di Tria, secondo la versione di Casalino? «Ma è ovvio, scusate», protesta Mazzucco: «Funziona così persino negli Usa», dove pure c’è un forte spoil-system e un robusto ricambio di funzionari, scelti dal politico che ha vinto le elezioni. «Il fatto è che puoi cambiare il ministro della difesa, non i generali: quelli restano. E se vogliono fare una guerra, prima o poi il ministro lo tirano dalla loro parte». Si chiama Deep State, ed è il potere che avrebbe bypassato lo stesso Bush durante la crisi dell’11 Settembre, per poi bivaccare alla Casa Bianca con Obama. Un potere, sempre lo stesso, che sta cercando di mettere in croce l’imprevedibile Donald Trump, finora sfuggito al suo controllo (e quindi braccato dal fantasma dell’impeachment). Come si può pensare che in Italia, a maggior ragione, non valgano le stesse regole? Come sperare che il Deep State euro-italico ceda docilmente il timone del dicastero dell’economia, teleguidato da Bruxelles?Appena quattro mesi fa, a fine maggio, Luigi Di Maio giunse ad annunciare ben altre dimissioni: non voleva mettere in stato di accusa oscuri funzionari, ma addirittura il capo dello Stato. La “colpa” di Mattarella? Aver impedito alla nascente alleanza gialloverde di insediare al ministero dell’economia Paolo Savona, fortemente avversato da Mario Draghi tramite il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. Proprio da Visco, irritualmente, Mattarella “spedì” in udienza l’allora premier incaricato, Conte, perché prendesse nota delle raccomandazioni della banca centrale: guai a sforare il tetto (più che esiguo) imposto alla spesa pubblica dai super-poteri europei, pena lo tsunami dello spread. Nel giro di ventiquattr’ore, Di Maio ingoiò il rospo: rinunciare a Savona, pur di far nascere il governo. Giovanni Tria? Lo stesso Savona fu tra quanti ne approvarono la designazione, rivela Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: «Massone, Tria si dichiarò di opinioni progressiste, disponibile a infrangere – dopo inziali rassicurazioni – l’assurdo vincolo di spesa imposto dall’élite neoliberista che manovra le sedicenti istituzioni europee». Ora però lo stesso Magaldi è perplesso, su Tria: «Si decida a operare nel senso inizialmente concordato, viceversa i gialloverdi dovranno scegliere: o lui, o gli italiani (a cui hanno promesso Flat Tax, reddito di cittadinanza e pensioni dignitose, cancellando la legge Fornero)».Il guaio? Lo scomodissimo endorsement che l’euro-tecnocrate numero uno, «il gran maestro Mario Draghi, supermassone neo-aristocratico», ha tributato a Tria: apertamente elogiato, dal presidente della Bce, per la prudenza sui conti pubblici, ancora una volta improntati alla linea di rigore pretesa da Bruxelles. La battaglia è proibitiva: a “remare contro” il cambio di paradigma – più spesa pubblica, per rianimare l’economia – non sono solo Draghi, Visco e i fantomatici funzionari del ministero di Tria: tutto il mainstream giornalistico sta sparando ad alzo zero contro il nuovo governo. Ogni scusa è buona, a cominciare dall’intransigenza di Salvini sull’allegro “caos all’italiana” nella non-gestione dei migranti. E in questo pozzo di veleni, l’audio di Casalino irrompe come un petardo, per la gioia di telegiornali e talkshow. Tutto fa brodo, pur di continuare a non ragionare. Personaggi come Ferruccio De Bortoli (assistito nientemeno che da Piero Angela, su “Rai News 24”) arriva a rimpiangere la formidabile “ripresa” assicurata all’Italia dai compianti governi Renzi e Gentiloni, con all’economia Pier Carlo Padoan, ennesimo yesman di quel potere europeo che predica le virtù metafisiche del digiuno (altrui). Brutta bestia, il neoliberismo. Il suo capolavoro letterario, basato su conti truccati? La teoria – genere fantasy – della “austerity espansiva”, spacciata da Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, da Harvard: fategli saltare i pasti, e l’affamato guarirà miracolosamente.L’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt e allievo del keynsiano Federico Caffè, interviene spesso nel dibattito pubblico per correggere le “fake news” immesse nel sistema da Carlo Cottarelli, tecnocrate di scuola Fmi e venerato dal Deep State (e dai media) come una sorta di vestale dei conti pubblici. Lo stesso Mattarella sventolò la “nomination” di Cottarelli a Palazzo Chigi per indurre a più miti consigli i gialloverdi, che all’economia volevano Savona. E’ semplicissimo, il ragionamento di Galloni, suffragato da prove incontrovertibili: ogni euro ben speso sotto forma di deficit “renderà” 3 o 4 volte tanto, l’anno seguente, in termini di lavoro, fatturato, assunzioni, gettito fiscale. E dato che la spesa pubblica produttiva fa crescere il Pil, il risultato è automatico: il debito pubblico, di colpo, farà meno paura (proprio perché supportato dalla famosa crescita, quella che forse – durante i governi Renzi e Gentiloni – De Bortoli avrà al massimo intravisto, lontana anni luce dall’Italia, solo grazie al potente telescopio di Piero Angela). Lo scomposto, imbarazzante Casalino? Perfetto, per permettere ai media di continuare – come sempre – a guardare il dito, anziché la Luna (quella vera, non la “American Moon” del film di Mazzucco). Tradotto: fino a quando un signore come Mario Draghi darà bei voti al nostro ministro dell’economia, per gli italiani saranno rogne. Meno soldi per tutti. “Austerity espansiva”: uno strano Ramadan, imposto da oligarchi che nessuno ha mai eletto. Una piovra tenace, con tentacoli ovunque – a partire dai ministeri economici. Appunto: possibile che i 5 Stelle non lo sapessero fin dall’inizio?«Posso non commentare le parole di Rocco Casalino?». Sdegnoso silenzio, solo perché a Casalino si rinfaccia sempre di aver partecipato al “Grande Fratello”? «Appunto: chi si sarebbe accorto di lui, se non fosse stato al “Grande Fratello”? Una volta i dirigenti politici venivano da scuole serie: i comunisti dalle Frattocchie, i democristiani dalla Fuci». Gianfranco Carpeoro, opinionista e saggista, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” si rifiuta, per decenza, di intervenire sulla polemica innescata dall’improvvida sortita dell’ex comunicatore dei 5 Stelle, ora portavoce del premier Conte: in un fuori-onda ha preannunciato un repulisti, a tappeto, tra i funzionari del ministero dell’economia, chiamandoli «quei pezzi di merda». Nell’audio (rubato, in violazione della privacy), parlando con due giornalisti, Casalino li invita ad annunciare che, se le richieste dei 5 Stelle non verranno esaudite dal ministero di Tria, nel 2019 i pentastellati “bonificheranno” gli uffici dai tecnocrati che “remano contro” i gialloverdi, scatenando una terribile «vendetta». Apriti cielo: la tempesta ormai grandina a reti unificate su tutti i media. «Piuttosto ingenui, i 5 Stelle», osserva il documentarista Massimo Mazzucco, sempre in video-chat con Frabetti: «Possibile che non sapessero, fin dall’inizio, cosa li attendeva nei palazzi romani?».
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Barnard: questo non è più giornalismo, io mi chiamo fuori
Il 14 agosto crolla il ponte Morandi. Il 14 settembre “Bloomberg” pubblica i dati economici sull’Irlanda, eccoli: è l’economia Ue che cresce meglio, al 9%; i consumi sono floridi a un più 4,4%; vola l’export con un più 11%. Due colossali quesiti si presentano al giornalista: cosa davvero è accaduto nella storia ingegneristica, amministrativa e politica di quel ponte? Com’è possibile che una delle nazioni più devastate dalle Austerità della Troika dell’euro, con crolli in povertà da Terzo Mondo nel periodo post crisi 2008, sia oggi un’oasi di crescita addirittura molto al di sopra della Germania o Stati Uniti? Morandi: il cronista riporta ciò che appare evidente, è crollato un ponte, morti, feriti, reazioni politiche e civili. Il reporter d’inchiesta inizia il suo lavoro con ricerca di documenti, di testimoni, di periti, possibilmente soffiate, quindi viaggia incessantemente, bivacca nelle strade del disastro, spia, attende (ripeto: attende), perché nell’immediato è ovvio che nessuno si fa avanti con nozioni cruciali. Poi mette assieme i pezzi, ma deve verificare tutto, incrociare, discuterne con la redazione, e solo dopo tutto questo scrivere o montare il pezzo finale. Passano settimane come minimo, meglio mesi.Irlanda: il cronista riporta ciò che appare evidente, dati, reazioni politiche e civili. Il reporter d’inchiesta inizia il suo lavoro, si reca sul posto, verifica presso aziende, famiglie, sindacati, Ong, tocca i maggiori settori di produzione ed impiego fin nelle campagne o porti di mare, poi sente la politica, poi i tecnocrati di almeno due parti avverse. Questo significa stare in Irlanda settimane, hotel, voli, una redazione che facilità i contatti con gli accrediti, e molto altro. Poi mette assieme i pezzi, ma deve verificare tutto, incrociare, discuterne con la redazione, e scrivere o montare il pezzo finale. Passano settimane come minimo. Questo è il giornalismo, e per essere tale esso richiede i 3 postulati che seguono, fate assoluta attenzione: A) Coraggio, intelligenza e saper attendere prima di “sparare”: B) Una segreteria di redazione “coi controcoglioni” che sappia lavorare 24/7, nel contesto di una testata almeno minimamente libera di aggredire i poteri; C) Mezzi economici a sostegno sia del reporter che dei costi di un’inchiesta, senza i quali mai e poi mai il lavoro avrà i minimi crismi di serietà.Oggi nel marasma allucinato e demenziale del “Facebook-journalism”, “Twitter-journalism” in “Google-journalism”, passati 120 minuti dal crollo di mezzogiorno del Morandi una calca impazzita di grotteschi personaggi, ragazzetti e ragazzine auto proclamatisi ‘esperti’ o commentatori, esaltati, semi-giornalisti con tanto di tessera, infarciti di Google search e ‘factoids’ avevano già pubblicato sui media online e sui Social i fatti, le indagini, le denunce, i nomi, i responsabilità e le sentenze. Centoventi minuti dopo il crollo. Idem per l’Irlanda: ecco i perché, i per come, e chi dice il vero su Austerità ed euro. Al loro seguito masse imbecilli di pubblico stolto che proclama “ecco la verità!”, parrocchie, sette, curve ultras, patetici monoteisti di verità inesistenti… Questo fa schifo, pari-pari, non ci sono altri termini, e sta al giornalismo come la pozione del Circo Barnum sta alla neurochirurgia.Io nacqui come giornalista e reporter negli anni’80, mi consolidai negli anni ’90 a “Report”, e nella mia vita ho messo assieme questo lavoro. Il pubblico mi ha giudicato in 30 anni. Fino al 2004 io beneficiai dei 3 postulati di cui sopra. Nel 2008 ripresi sui temi economici, con alle spalle almeno un team di esperti conclamati internazionali che validavano ciò che divulgavo. Dal 2016, per motivi che non sono qui pertinenti, ho perso anche quelli. In questi due anni sono stato ridotto anche io al “Google-journalism” da forze maggiori – nessuno mi pubblica o chiama più, né venivo pagato quando mi chiamavano, non ho reddito effettivo dal 2004, no redazione né rimborsi spese, zero. No, io così non ci sto più, io non nacqui “Google-Twitter-Social personaggino sbraitante”. Ero un giornalista. Ogni giorno mi sento morire davanti al pc, ma soprattutto ogni giorno sono perseguitato dall’idea che, in questo miserabile modo, anche io, Paolo Barnard con quel curriculum, finisco per ingannare chi mi legge e crede di star leggendo vero giornalismo. Non lo è.Ancora oggi vengo fermato in strada da fans che letteralmente mi osannano, per non parlare delle mail che ricevo da tutta Italia. Ogni singola volta mi sento sprofondare, vorrei gridargli che io non sono più, non posso più essere giornalista, basta attendervi ciò che non posso più darvi, mi vergogno a pubblicare in ’ste miserabili condizioni. Soprattutto, io non ho lavorato trent’anni e rischiato sia la mia pelle che di essere rovinato assieme a tutta la mia famiglia per ritrovarmi abbinato a ’sti pagliacci web oggi sgomitanti famosetti sbraitanti che si spacciano per giornalisti, che voi osannate e i cui nomi manco serve fare, visto che campeggiano 24/7 dappertutto. Basta. Io con molta lentezza continuerò a pubblicare idee, ma sia scolpito nella pietra che ciò che ogni tanto pubblicherò non è giornalismo. Tenetevi la marmaglia del ‘giornalismo’ web o Tv che sia, e la vostra demente idea di cosa sia essere informati. Io mi chiamo fuori.(Paolo Barnard, estratto dal post “Questo non è più giornalismo, io mi chiamo fuori”, pubblicato sul blog di Barnard il 15 settembre 2018).Il 14 agosto crolla il ponte Morandi. Il 14 settembre “Bloomberg” pubblica i dati economici sull’Irlanda, eccoli: è l’economia Ue che cresce meglio, al 9%; i consumi sono floridi a un più 4,4%; vola l’export con un più 11%. Due colossali quesiti si presentano al giornalista: cosa davvero è accaduto nella storia ingegneristica, amministrativa e politica di quel ponte? Com’è possibile che una delle nazioni più devastate dalle Austerità della Troika dell’euro, con crolli in povertà da Terzo Mondo nel periodo post crisi 2008, sia oggi un’oasi di crescita addirittura molto al di sopra della Germania o Stati Uniti? Morandi: il cronista riporta ciò che appare evidente, è crollato un ponte, morti, feriti, reazioni politiche e civili. Il reporter d’inchiesta inizia il suo lavoro con ricerca di documenti, di testimoni, di periti, possibilmente soffiate, quindi viaggia incessantemente, bivacca nelle strade del disastro, spia, attende (ripeto: attende), perché nell’immediato è ovvio che nessuno si fa avanti con nozioni cruciali. Poi mette assieme i pezzi, ma deve verificare tutto, incrociare, discuterne con la redazione, e solo dopo tutto questo scrivere o montare il pezzo finale. Passano settimane come minimo, meglio mesi.
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Strinati: una poesia per Mauro De Mauro, ucciso 48 anni fa
«Mauro De Mauro rappresenta quel modello di uomo a cui ho sempre aspirato nella vita:curioso, caparbio, onesto, giusto e anche molto preciso nel suo sguardo magnetico eperfetto. Aveva quella straordinaria capacità di andare oltre una parola o meglio, sapevafare l’uomo e sapeva interpretare il ruolo serio del giornalista, passando prima attraversol’uomo». Così il poeta Fabio Strinati introduce la poesia inedita “A Mauro De Mauro”, offerta al blog “Libreidee” per la sua pubblicazione nel quarantottesimo anniversario della scomparsa del grande giornalista siciliano, rapito da Cosa Nostra il 16 settembre 1970. Secondo il pentito Rosario Naimo, “l’ater ego di Riina in America”, interrogato nel 2011 dai magistrati palermitani Sergio Demontis e Antonio Ingroia, il cronista de “L’Ora” – prelevato sotto casa, testimone la figlia – fu portato a Fondo Patti, dietro al motovelodromo di Palermo, in una tenuta dove il boss Francesco Madonia aveva un allevamento di polli. Secondo Naimo fu ucciso subito, sul posto, e gettato in un pozzo. Sempre secondo il pentito, alcuni anni più tardi il pozzo fu “ripulito”, su disposizione dello stesso Madonia. Il corpo del giornalista, fratello del linguista e futuro ministro Tullio De Mauro, non è mai stato ritrovato. Probabile movente dell’omicidio: la fine di Enrico Mattei.Ottimo cronista, nel 1962 Mauro De Mauro aveva seguito la morte del presidente dell’Eni. E nel settembre del 1970 si stava nuovamente occupando del caso, in seguito all’incarico ricevuto dal regista Francesco Rosi per il suo film “Il caso Mattei”, che sarebbe uscito due anni dopo. A investigare sulla scomparsa di Mauro furono per i carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e per la polizia Boris Giuliano, entrambi a loro volta assassinati dalla mafia. Su “L’Ora” di Parlermo, De Mauro aveva pubblicato già nel 1962 un verbale di polizia risalente al 1937, in cui un medico siciliano – Melchiorre Allegra, affiliato a Cosa Nostra e poi dissociatosi dalla criminalità, elencava tutta la struttura del vertice malavitoso: gli aderenti, le regole, l’affiliazione, l’organigramma delle cosche. Davanti a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quindici anni dopo la morte del giornalista, il super-pentito Tommaso Buscetta dichiarò che «De Mauro era un cadavere che camminava», e che «avrebbe pagato, per quello scoop». La sentenza di morte fu eseguita otto anni dopo, quando Di Mauro stava per tornare sull’affare Mattei: il caso politico più scottante dell’Italia del dopoguerra, con l’uccisione del leader dell’Eni, protagonista della rinascita economica italiana grazie al petrolio, in aperta sfida al potere internazionale delle Sette Sorelle. Ed ecco il testo poetico che Strinati dedica al coraggioso, indimenticato De Mauro:A MAURO DE MAUROHanno spento il tuo cuoreinnamorato della vitae sepolto il tuo corposotto una montagna di terraconcimata coi fiori della morte.Hanno trafugato la tua animapiena di una luce chiara,frugato nel tuo sguardo vispocapace di esplorar le cosee di osservare oltre il buio lividodella notte.Ti hanno rapito il tempo,costretto allo strazioatroce di una sorte ingiustatogliendoti il respirodentro una colonna d’aria.(Fabio Strinati)Strinati (Esanatoglia, 1983 ) è poeta, artista visivo, compositore e fotografo. È presente in diverse riviste e antologie letterarie. Da ricordare “Il Segnale”, rivista letteraria fondata a Milano dal poeta Lelio Scanavini, la rivista “Sìlarus” fondata da Italo Rocco, e “Osservatorio Letterario – Ferrara e L’Altrove”. È stato inserito da Margherita Laura Volante nel volume “Ti sogno, Terra”, viaggio alla scoperta di Arte Bellezza Scienza e Civiltà, inserito nei “Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche”. Sue poesie sono state tradotte in romeno e in spagnolo. È inoltre il direttore della collana poesia per “Il Foglio Letterario” e cura una rubrica poetica dal nome “Retroscena”, proprio sulla Rivista trimestrale del “Foglio Letterario”. Pubblicazioni: “Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo” (2014); “Un’allodola ai bordi del pozzo” (2015); “Dal proprio nido alla vita” (2016); “Al di sopra di un uomo” e “Periodo di transizione” (2017), “Aforismi scelti Vol.2” e “L’esigenza del silenzio” (2018).«Mauro De Mauro rappresenta quel modello di uomo a cui ho sempre aspirato nella vita: curioso, caparbio, onesto, giusto e anche molto preciso nel suo sguardo magnetico e perfetto. Aveva quella straordinaria capacità di andare oltre una parola o meglio, sapeva fare l’uomo e sapeva interpretare il ruolo serio del giornalista, passando prima attraverso l’uomo». Così il poeta Fabio Strinati introduce la poesia inedita “A Mauro De Mauro”, offerta al blog Libreidee per la sua pubblicazione nel quarantottesimo anniversario della scomparsa del grande giornalista foggiano, trapiantato in Sicilia e rapito da Cosa Nostra il 16 settembre 1970. Secondo il pentito Rosario Naimo, “l’ater ego di Riina in America”, interrogato nel 2011 dai magistrati palermitani Sergio Demontis e Antonio Ingroia, il cronista de “L’Ora” – prelevato sotto casa, testimone la figlia – fu portato a Fondo Patti, dietro al motovelodromo di Palermo, in una tenuta dove il boss Francesco Madonia aveva un allevamento di polli. Racconta Naimo che il reporter fu ucciso subito, sul posto, e gettato in un pozzo. Sempre secondo il pentito, alcuni anni più tardi il pozzo fu “ripulito”, su disposizione dello stesso Madonia. Il corpo del giornalista, fratello del linguista e futuro ministro Tullio De Mauro, non è mai stato ritrovato. Probabile movente dell’omicidio: la fine di Enrico Mattei.