Archivio del Tag ‘Shoah’
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Putin resiste al regime globalista che ha liquidato Trump
Chi ci guadagna, nel trascinare verso terreni ignoti una crisi come quella ucraina? Posso dire chi ci perde: innanzitutto il popolo ucraino, sacrificato per coprire gli interessi di una élite che ha come unico obiettivo quello di accerchiare Putin, buttarlo fuori dai giochi ed escluderlo, come player, dal processo in corso, cioè il malaugurato Nuovo Ordine Mondiale. Questo è il disegno: sfruttare l’Ucraina come casus belli per assediare Putin e costringerlo a una fuoriuscita dalla scena politica internazionale, per poi probabilmente sostituirlo con qualcuno che possa adeguarsi all’Agenda 2030 e quindi alla realizzazione di un New World Order al di sopra degli interessi nazionali, al di sopra dei popoli e delle loro tradizioni e identità. E’ una specie di élite dominante, non eletta da nessuno, che si arroga il potere di regolare le sorti del mondo. C’è qualcuno che evidentemente non cede, rifiutandosi di accettare questo. E allora, così come hanno eliminato Trump dalla scena politica con i brogli del 2020, oggi stanno cercando di portare Putin a una situazione di esasperazione.Spaccano in due l’Ucraina e alimentano lo scontro con la vecchia logica del “divide et impera”. Chi ci guadagna è l’élite globalista, anche se forse sta tirando un po’ troppo la corda. Credo che la Cina, probabilmente, avrà un ruolo fondamentale nella mediazione di questa crisi, che purtroppo in questi giorni sta volgendo al peggio. Riusciranno a rovesciare Putin? Così come il Deep State ha cercato di tessere la sua ragnatela negli Stati Uniti e in Europa, c’è sicuramente un Deep State anche in Russia, che è collegato agli stessi centri di potere ai quali appartengono gli altri Deep State, quello americano e quello europeo: la matrice è la medesima. Chiaramente, il tentativo – attraverso le sanzioni – di portare la Russia in una condizione di crisi economica profonda, e quindi il tentativo di portare il popolo russo – attraverso il bisogno e la paura – a cacciare il proprio leader in virtù della fame, è una strategia subdola che, purtroppo, nella storia è stata sempre utilizzata, dalla matrice globalista che, nel corso dei decenni, è arrivata a imporre il suo progetto di Nuovo Ordine Mondiale, che include l’annientamento delle identità e delle culture nazionali, soprattutto quella cristiana.Se oggi il mondo conosce le dinamiche del Deep State è perché, in quattro anni, Donald Trump ha svolto un lavoro certosino nel cercare di illustrare, all’umanità intera, che cosa fosse questo Stato Profondo, questo “potere nel potere” fatto di gente mai eletta da nessuno, se non all’interno di una specie di “cabala planetaria” di autoproclamatisi potenti, in grado di regolare la vita delle nazioni al di là della volontà popolare. Una delle organizzazioni all’origine della crisi tra Ucraina e Russia è il World Economic Forum di Davos, di cui il signor Zelensky è membro. Proprio a Davos, Trump disse che il futuro appartiene ai patrioti, non all’élite globalista: questo, evidentemente, causò panico e terrore tra le fila dei potenti, che fino ad allora erano abbastanza occulti. Agivano attraverso svariate organizzazioni, ma i loro nomi e cognomi (le facce, i volti) erano ancora sconosciuti, ai più. Trump li ha esposti alla luce del sole, o oggi tutti noi sappiamo chi sono gli Schwab, i Rothschild, i Rockefeller, i Gates, i Biden, i Clinton.Questa specie di Spectre, che domina su tutto e tutti, oggi si sta muovendo quasi a carte scoperte: Zelensky, il Beppe Grillo ucraino, è stato “costruito” dall’oligarca ashkenazita Igor Kolomiosky, produttore della serie Tv che ha reso popolare l’attore, ora presidente ucraino. Un po’ la stessa dinamica che, in Italia, ha portato al potere il Movimento 5 Stelle. Oggi, quindi, vediamo all’opera un personaggio che sta guidando un paese, sacrificando il proprio popolo, per i piani oscuri di qualcun altro: e questo è piuttosto triste. Io credo che l’Ucraina abbia il diritto di essere una nazione indipendente, così come credo che le due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, nel Donbass, abbiano parimenti il diritto (visto che c’è stato un referendum, anche lì) di avere la loro autonomia, sia pure all’interno dell’Ucraina. Intervistato dal “Tempo”, lo stesso generale Paolo Inzerilli (già a capo del Sismi e di Gladio, struttura nata proprio per contrastare l’Urss) conferma che stiamo rischiando grosso, anche come Italia, in nome di interessi che vanno ben oltre gli apparenti scopi di questa guerra, cioè ben oltre l’indipendenza dell’Ucraina.Putin ha semplicemente richiesto a Kiev un disarmo e la garanzia che l’Ucraina non entri nella Nato. Anch’io penso sia opportuno che l’Ucraina diventi una nazione neutrale, uno Stato-cuscinetto, dove la parte russofona (nel Donbass e in Crimea) possa avere la propria autonomia, pur restando entro i confini statali ucraini, senza però essere discriminata. Ricordiamoci che questa guerra è iniziata nel 2014, sono otto anni che si trascina: questo è l’epilogo della guerra, la sua fine. E purtroppo ci siamo caduti anche noi, in questa guerra, probabilmente perché Joe Biden, vista la scarissima popolarità che sconta negli Usa, specie dopo la débacle afghana, sta cercando di spostare all’esterno l’attenzione del mondo, utilizzando l’arena ucraina come campo da gioco per dare in pasto all’opinione pubblica internazionale il nuovo cattivone di turno, il nuovo pazzo, il guerrafondaio. In realtà, negli ultimi anni, la Nato si è espansa verso Est in modo massiccio: Romania, Bulgaria, Lettonia, Lituania, Estonia. E la Russia, che ha accettato tutto questo storcendo il naso, non può pensare di avere a 180 chilometri da casa propria le batterie missilistiche puntatele addosso da un nuovo membro della Nato, che confina con essa.Chi sta pagando il prezzo più alto, purtroppo, oggi è il popolo dell’Ucraina, che è strumentalizzato e usato, da una parte e dall’altra, per rivendicare ognuno la propria egemonia. O meglio, Putin sta cercando di rifiutare l’egemonia del Nuovo Ordine Mondiale sulla Russia, e l’Ucraina viene utilizzata come terreno di scontro tra queste due visioni del mondo: una identitaria e nazionale, l’altra globalista e trasnazionale, oltre che realmente comunista. Paradossalmente, il comunismo oggi non è quello di Putin, ma è quello di Klaus Schwab, del Forum di Davos, della sinistra globalista europea della Fabian Society, quella che nasce dalla London School of Economics. Parla da solo il logo della Fabian Society, il lupo travestito da agnello: quello che stanno facendo (e l’abbiamo appena visto anche con il Covid) è il controllo sociale e l’annientamento progressivo della proprietà privata. Non a caso, con la scusa della pandemia, in Italia hanno chiuso 400.000 aziende. E ora, con la scusa della “green economy”, le proprietà che non si adegueranno verranno colpite dal governo.Lentamente, la nostra sovranità di cittadini viene meno: e c’è sempre qualcuno che pensa per noi e ci dice quando respirare, quando uscire di casa, quando poter andare a lavorare e quando no (non ci vai se non sei un cittadino modello, cioè se non hai il passaporto verde). Questo è il modello comunista cinese, il modello del lasciapassare per l’espatrio che era in vigore nella Ddr, la Germania Est. Oggi, purtroppo, i comunisti sono a Occidente. Non sottovalutiamo neppure i segnali di malcontento che emergono anche dai nostri vertici militari e da generali come Inzerilli e Marco Bertolini, alti ufficiali che hanno fatto la storia dell’intelligence italiana. Oggi, vedono che l’attuale primo ministro (mai eletto neppure come assessore in un piccolo Comune, ma paracadutato dalla finanza a guidare una nazione in un momento critico come questo), non osserva lo spirito dell’articolo 11 della Costituzione e non difende gli interessi dell’Italia, anche sul piano dei rapporti con la Russia e dell’energia, che per noi è necessaria.Berlusconi fece un ottimo lavoro, nel cercare di rendere l’Italia sempre più forte e più indipendente, sul piano energetico. Con la fine di quel governo, pian piano, ci siamo sottomessi agli interessi di qualcun altro: abbiamo ceduto alla Francia la leadership in Libia, abbiamo progressivamente perso tono, e oggi siamo un paese che non ha più quasi niente: soprattutto dopo due anni di cosidetta pandemia, ci troviamo in una condizione di disastro economico. Per rendersene conto basta fare un salto alla pompa di benzina, o dare un’occhiata alle bollette: tutto è aumentato, da quando Super-Mario è arrivato alla guida del paese. Mi domando: chi ce l’ha mandato, e perché? Ci stiamo giocando la democrazia e la libertà, mentre il governo – anziché quelli nazionali – fa gli interessi di qualcun altro. Oggi più che mai, si contrappongono due visioni del mondo: chi crede nella libertà, nell’identità dei popoli in una logica di cooperazione fra Stati indipendenti e sovrani, e chi invece vuole imporre un Nuovo Ordine Mondiale nelle mani di un’élite finanziaria di potenti che, attraverso la paura e il bisogno, dominano sul resto del mondo.Ecco perché oggi la Russia è il target da eliminare: è una spina nel fianco, perché impedisce il completamento del progetto, che – filosoficamente – è davvero “luciferino”, e adotta sempre gli stessi metodi. Berlusconi, ad esempio, fu tolto di mezzo – con la storia delle doninne – proprio dopo la crisi in Libia: occasione d’oro, per Francia e Germania, per liberarsi del vicino scomodo. E vogliamo parlare di come è stato liquidato Trump, che alle presidenziali aveva ottenuto 15 milioni di voti in più, rispetto a quattro anni prima? Conteggiando più volte le stesse schede elettorali è stato insediato Joe Biden, il cui figlio – Hunter Biden – è nel Cda di Burisma, il colosso dell’energia ucraina. E oggi il mondo rischia di dover affrontare una guerra su vasta scala: ma per chi? Per Schwab? Per Biden? Per gli interessi di un comico messo lì a sacrificare il proprio popolo in nome del potere di qualcun altro? Dobbiamo ricominciare a ripensare agli interessi nazionali. Vorrei tanto che ci fosse una classe politica come quella di un tempo: nonostante tutto, aveva il senso delle istituzioni nazionali.Mai prima d’ora, da parte italiana, c’era stata tanta determinazione nel sostenere una guerra – alla faccia della nostra Costituzione, più volte calpestata anche durante l’intera gestione Covid. Ancora una volta, lo stato d’emergenza conferisce i super-poteri a Super-Mario, che ha super-incasinato il nostro paese: ha super-fatto fallire 400.000 imprese e ha super-favorito i grandi centri finanziari transnazionali. Quindi mi domando: a chi giova, tutto questo? Sicuramente non al popolo italiano, tantomeno a quello ucraino. Dunque chi ne beneficia, se non un’élite di mascalzoni che vorrebbero dominare il mondo sul sangue, sul dolore e sul sacrificio dei popoli? Per tornare all’Agenda: di verde, la “green economy” non ha niente, esattamente come il Green Pass. Si punta esclusivamente alla sottommissione, delle persone e dell’economia reale, alle logiche di potere dell’alta finanza: l’unica cosa “green”, in questa storia, è il loro portafoglio. Il punto è questo: stiamo erodendo il tessuto sociale delle nazioni Ue. Stiamo rinunciando ai nostri diritti, alla nostra libertà, al nostro denaro (siamo arrivati al punto in cui non si può entrare in banca o in Posta senza il passaporto sociale).Stiamo arrivando a un lento e progressivo annientamento della proprietà privata, frutto del lavoro onesto (non della speculazione, che infatti non viene toccata: anzi, beneficia della crisi in cui viene gettata la maggioranza dei cittadini). Tutto questo è contro l’umanità. Quando si parla di geoingegneria, in nome del cosiddetto “global warming” (altra leggenda metropolitana) per ammettere che si vorrebbe “oscurare il Sole”, significa che siamo arrivati alla presunzione, da parte di questa élite di satrapi, di potersi “sostituire a Dio” e ridisegnare non solo l’economia e la vita delle persone, ma persino il creato, a loro immagine e somiglianza: e questo è inaccettabile. Io credo che servirebbe un soprassalto di dignità e di sano patriottismo, al di là di ogni schieramento ideologico: credo che ogni italiano dovrebbe amare il proprio bellissimo paese, a prescindere da come la pensa politicamente. Dovremmo riscoprire la nostra storia, la nostra cultura: per ritrovarci uniti, anziché divisi. Bisogna riscoprirsi italiani: e capire quanto stiamo perdendo, in nome del nulla.Persino durante la Guerra Fredda, l’Italia ha svolto un importante ruolo diplomatico di mediazione e pacificazione: a quello dovremmo tornare, abbandonando l’attuale linea (stupida, se non criminale) di asservimento agli interessi altrui. Noi dovremmo pensare, innanzitutto, a difendere il nostro paese e proteggere la nostra gente da chi ci vuole usare come agnello sacrificale per i suoi interessi. Ci si domanda se Putin sia consapevole, del fatto che la sua iniziativa lo esponga al rischio di essere defenestrato. Il problema è uno solo: probabilmente, la tenuta del potere di Putin è strumentale al fatto di non doversi inginocchiare davanti al totem del Nuovo Ordine Mondiale. Alla fine, credo che anche la lunga permanenza di Putin alla guida della Federazione Russa sia necessaria a tenere duro, di fronte al tentativo di sottomettere anche la Russia all’adorazione di Moloch, cioè al dominio dell’élite globalista. Lo scenario che viviamo è molto pericoloso: forse mai, dal dopoguerra, abbiamo rischiato tanto. Una guerra totale, su scala mondiale.Se la situazione precipitasse davvero, rischierebbero di saltare gli storici trattati sul controllo reciproco degli armamenti atomici. L’Europa dovrebbe essere la prima a mediare, invece – stranamente – sta soffiando sulla brace, invece di provare a spegnere l’incendio. Anziché operare fine diplomazia, l’Europa – con l’inasprimento delle sanzioni, con l’invio di armamenti – sta aumentando la tensione. Mi domando: cui prodest? Purtroppo, i ruoli si sono invertiti: oggi il comunismo ce l’abbiamo in casa, qui in Europa. Con questo non dico che Putin sia un santo. Dico che ha le sue ragioni, specie per le aree della Crimea e del Donbass. Non solo: non è stato rispettato il Trattato di Minsk, non è stata rispettata l’autonomia di Donetsk e Lugansk. E i morti del Donbass, chissà perché, non fanno rumore: non hanno mai surriscaldato le coscienze di nessuno. Ripeto: il popolo ucraino ha tutta la mia solidarietà. Ma attenzione: gli ucraini non stanno combattendo per la loro indipendenza nazionale, cui hanno certamente diritto; stanno combattendo per il Nuovo Ordine Mondiale, che è nemico giurato di qualsiasi identità, compresa la loro.Gli ucraini sono l’agnello sacrificale nelle mani del New World Order, che sfrutta il legittimo nazionalismo ucraino, strumentalizzandolo. Kira Raduk, una deputata ucraina vicina a Zelensky, si è fatta riprendere mentre imbraccia un kalashnikov e dice: non stiamo combattendo solo per la nostra indipendenza, ma anche per il Nuovo Ordine Mondiale. Lo ha ammesso: ma il Nuovo Ordine è nemico di qualsiasi indipendenza e di qualsiasi sovranità. Lo vedete, il paradosso? Si lasciano strumentalizzare facilmente, gli ucraini. Vale anche per l’uso (sempre strumentale) di un’ideologia come il nazismo, ormai condannata dalla storia. Prendiamo il famigerato Battaglione Azov: è stato messo in piedi dello stesso finanziatore di Zelenzy, cioè Igor Kolomiosky. Dunque a finanziare i neonazisti del Battaglione Azov è stato un ebreo (ashkenazita): è assurdo, ma è così.Le stesse insegne dell’Azov si richiamano direttamente al nazismo: in questo modo, purtroppo, si insultano persino le vittime della Shoah. Questi miliziani potrebbero compiere operazioni di pulizia etnica nel Donbass. Se si macchiassero di gravi colpe, però, proprio la loro etichetta “nazista” metterebbe al riparo i loro finanziatori. Le bandiere del Battaglione Azov rappresentano un utilizzo un po’ infantile della simbologia nazista. Ma, anche in questo caso, diventa comodo far ricadere su organizzazioni di ispirazione neonazista colpe che in realtà appartengono all’apparato. Strano, che un presidente come Zelensky tolleri il Battaglione Azov. Anche Zelenzky, tra l’altro, è lui ebreo ashkenazita: come Kolomiosky e la stessa deputata Raduk. Questi signori dovrebbero vergognarsi, in nome della memoria degli ebrei perseguitati dal regime nazista. Mi chiedo come possano utilizzare strumentalmente certi personaggi e certe simbologie, per fini che non sono assolutamente chiari. Dovrebbero vergognarsi perché, prima di tutto, sono ebrei: e dovrebbero avere più rispetto, per i propri antenati perseguitati.(Gianluca Sciorilli, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “La guerra dei mondi”, l’8 marzo 2022. Sciorilli è un analista indipendente esperto in intelligence, sicurezza e studi strategici).Chi ci guadagna, nel trascinare verso terreni ignoti una crisi come quella ucraina? Posso dire chi ci perde: innanzitutto il popolo ucraino, sacrificato per coprire gli interessi di una élite che ha come unico obiettivo quello di accerchiare Putin, buttarlo fuori dai giochi ed escluderlo, come player, dal processo in corso, cioè il malaugurato Nuovo Ordine Mondiale. Questo è il disegno: sfruttare l’Ucraina come casus belli per assediare Putin e costringerlo a una fuoriuscita dalla scena politica internazionale, per poi probabilmente sostituirlo con qualcuno che possa adeguarsi all’Agenda 2030 e quindi alla realizzazione di un New World Order al di sopra degli interessi nazionali, al di sopra dei popoli e delle loro tradizioni e identità. E’ una specie di élite dominante, non eletta da nessuno, che si arroga il potere di regolare le sorti del mondo. C’è qualcuno che evidentemente non cede, rifiutandosi di accettare questo. E allora, così come hanno eliminato Trump dalla scena politica con i brogli del 2020, oggi stanno cercando di portare Putin a una situazione di esasperazione.
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I pro-vax e il complotto di oggi, annunciato 100 anni fa
Lo ammetto. Essendo un complottista, appena annunciarono il primo lockdown, la prima cosa che pensai è che volevano distruggere l’economia, e che il virus era una scusa. Ma essendo un complottista positivo, mi dicevo che non sarebbero arrivati ad imporre un vaccino a tutta l’umanità, come prevedeva Steiner 100 anni fa, né a imporre lockdown e misure restrittive a vita, come aveva previsto David Icke, il re dei complottisti. Come avrebbero fatto, mi dicevo a marzo dell’anno scorso, ad imporre un vaccino di cui sarebbero stati sconosciuti gli effetti a lungo termine? La gente non ci sarebbe cascata. E invece si sono avverate le peggiori previsioni. Il vaccino lo stanno imponendo a tutti; incuranti dello sfascio economico provocato da queste misure, i vari governi del mondo si preparano a nuovi lockdown, e nuove restrizioni che dureranno ancora anni, a colpi di varianti e di accuse ai non vaccinati di essere i nuovi untori di questa epoca.Insomma, per me la presa per il culo globale in cui stiamo vivendo è un’ovvietà. Non a caso le persone che stimo da anni, quelle con cui condivido idee, esperienze, percorsi, la pensano tutti come me. Una prima osservazione che io trovo decisiva, e addirittura dirimente, nel senso che basterebbe questo per far capire che siamo di fronte ad un immenso complotto globale, è il fatto che la cura per il Covid ci sarebbe, eccome. Attualmente, alcuni scienziati inascoltati, dicono che è sufficiente vitamina D3, vitamina C, vitamina K2, lattoferrina, quercetina, ma anche farmaci come Ivermectina e Idrossiclorochina, per curare senza problemi questo virus, a casa, senza affollare gli ospedali. Queste cure, a bassissimo costo e di efficacia dimostrata, se diffuse, renderebbero questo virus più innocuo di una normale influenza. Non è sufficiente questo dato, per concludere che i vari governi non hanno nessuna intenzione di combattere davvero il virus? Questo a me non sembra un discorso complottista, ma proprio un discorso medico. Scientifico.Le risposte sono varie. Alcuni ammettono candidamente che non ne ne avevano mai sentito parlare. Altri ti dicono che la scienza ufficiale (che dipende dalle case farmaceutiche, che finanziano le ricerche) non ha ancora accettato l’Ivermectina (ma è falso). E se gli fai notare che i 200 medici di Ippocrateorg.org (è solo una delle associazioni che hanno proposto le cure domiciliari) sono, appunto medici, e quindi scienziati (Fabio Burigana, presidente dell’associazione, si adopera per la diffusione di questa terapia, è uno scienziato molto apprezzato anche all’estero per i suoi studi) ti rispondono che queste terapie non sono validate dalla “scienza” (in realtà è falso, perché in altri paesi tali cure sono riconosciute come valide; l’India, ad esempio, vende in farmacia un Covid Kit a base di Zinco, Doxycilina, Ivermectina). Inoltre, è ovvio che nessuno abba testato a livello ufficiale la validità della vitamina C e D3, dato che sono prodotti che esistono da sempre; ma decine di migliaia di casi curati in Italia con questo metodo saranno pur un risultato scientifico. O no? No. Per il pro vax questo discorso non attacca.A questo punto cerco di capire cosa si intende per “scienziato”. Siccome si sono pronunciati contro l’utilità di questo vaccino diversi Premi Nobel e ricercatori di fama internazionale (Rault, Tarro, Montagnier, Massimo Citro, ecc.) la risposta è abbastanza sorprendente. Montagnier si è rincoglionito per l’età; Citro non ha vinto manco un Premio Nobel; Tarro ha ricevuto non so quali denunce, e via discorrendo con attacchi alla persona, non alle teorie che divulgano. Senza contare che anche Burigana, ad esempio, è un ricercatore di fama internazionale, noto nel suo ambiente per gli studi che ha portato avanti. Ma quando cito Fabio Burigana, la risposta è «Chi cazzo è Fabio Burigana?». Ora, quali sono questi scienziati di fama internazionale che promuovono il vaccino, francamente non sono riuscito a capirlo, a meno di non considerare tali Burioni, Fauci e persone famose solo per le comparse in televisione. E devo dire la verità, non sono proprio riuscito a capire il concetto di “scienza” cui fa riferimento il pro vax.Per quale motivo imporre il vaccino a tutti, e perché questo accanimento verso chi non vuole vaccinarsi? Perché solo se si vaccinano tutti, il virus sarà sconfitto, è la risposta. A quel punto fai notare che in Israele (dove erano tutti vaccinati) e in Islanda (dove la percentuale dei vaccinati era il 100 per cento) ci sono stati altri focolai, il che è la prova che il vaccino non funziona come metodo di prevenzione. Qui le risposte sono molto sofisticate, e sono di due tipi: 1) In realtà il problema è che la copertura del vaccino va da 4 ai 6 mesi e i governi dovrebbero imporre la cosiddetta terza dose dopo 4 mesi. Il fallimento della politica vaccinale quindi dipende dal fatto che le dosi dovrebbero essere somministrate con minor intervallo temporale. 2) Ad ogni modo, anche se il virus circola lo stesso, la gente si ammala meno e, se si muore, i morti sono molti meno. E gli effetti collaterali del vaccino? Soprattutto quelli a lungo termine, di cui non sappiamo nulla. Perché, se quelli a breve termine sono già evidenti, e in alcuni casi gravi molto gravi, figuriamoci quelli sul lungo periodo.In questa situazione internazionale, i principali governi del mondo sono allineati sul fronte vaccinista e pro lockdown; ora, considerato che non mi risulta che i singoli governi abbiamo mai pensato veramente al bene della popolazione, non trovate sospetto che per la prima volta nella storia dell’umanità tutti i governanti siano d’accordo per imporre le stesse misure? E che alcuni di quelli non allineati siano morti (come il presidente di Haiti, ucciso addirittura da un commando nella sua abitazione, insieme alla moglie?). Alla mia amica Solange (un tempo straordinaria studiosa di poteri occulti, ma oggi perfettamente allineata al pensiero mainstream) si scalda addirittura il cuore a sentire i discorsi di Mattarella, che invita alla vaccinazione come dovere civico e morale. Ma al centro di tutto il dibattito, al di là delle statistiche con cui si può dimostrare tutto e il contrario di tutto, c’è la scienza. E’ la scienza che ci dice che il vaccino funziona. Ed è la scienza che dice che i metodi restrittivi, come il lockdown, servono a prevenire il contagio. E chi siamo noi per contraddire la scienza?Inutile ricordare, a chi osanna la scienza, che la scienza ai tempi del nazismo spiegava con teorie di illustri scienziati la superiorità della razza ariana, ed è grazie alla scienza che si è perpetrato lo sterminio degli ebrei; che ai tempi dello schiavismo, molti scienziati dimostravano, teorie alla mano, che i neri erano inferiori ai bianchi ed erano nati per lavorare sodo, ed è grazie alla scienza che abbiamo massacrato milioni di africani che morivano durante i viaggi, ammassati nelle stive delle navi, e quelli che sopravvivevano venivano venduti, frustati, umiliati. Inutile ricordare che spesso la scienza ha dichiarato innocui farmaci rivelatisi dannosi se non addirittura mortali (ricordate il caso del Talidomide, tanto per citarne uno? Farmaco dichiarato sicuro, ma che poi, si riuscì a dimostrare, provocava aborti o la nascita di bambini malformati).Anche personaggi noti, nonostante la loro cultura, sostengono che il problema al centro del dibattito è la scienza. Il virus è il problema, e il vaccino la soluzione, scrive Beppe Servegnini in un recente articolo sulla logica del no vax. Mentre Samantha Cristoforetti dichiara beatamente che lei e la sua famiglia si sono vaccinate non perché ha acquisito informazioni che tutt’ora non ha, ma perché si fida delle istituzioni. Il reale problema, secondo lei, è «recuperare la fiducia nelle istituzioni». Mica si è informata su quello che le iniettano in corpo. Lei si fida. La situazione mi ricorda quella ai tempi di Nostradamus e Paracelso; imperversava spesso la peste, a quei tempi, ed entrambi sostenevano un cosa assai banale, ma derisa dal mondo scientifico di allora: che per non ammalarsi di peste bastava lavarsi di più e curare la propria igiene personale e quella del luogo in cui si viveva. Ma siccome la scienza non l’aveva ancora accertato ufficialmente, le loro teorie rivoluzionarie (cioè curare l’igiene) rimasero nel vuoto ancora per molto tempo.In conclusione: la logica del no vax è che il virus non sarebbe un problema (perchè le cure ci sono) e il vaccino non è la soluzione. Anche a me sembra logico affidarmi alla scienza. E infatti, non avendo elementi per capire efficacia e componenti di un vaccino, mi affido a scienziati di cui mi fido, oltre che al mio spirito di osservazione. Quello che trovo senza logica è il ragionamento di molti pro vax; non capisco di quale scienza parlano. Non capisco perché hanno paura di un virus e preferiscano veder distruggere l’economia e rischiare gli effetti collaterali di un vaccino sconosciuto, piuttosto che prendere in considerazione altre cure. Non ho proprio capito il criterio alla base dei loro ragionamenti e non credo che lo capirò mai (dò la mia spiegazione nell’articolo dedicato alle eggregore, le entità e la pandemia).E la mia amica Solange Manfredi, esperta di guerre psicologiche, che sostiene che siamo di fronte alla più grande operazione di guerra psicologica di tutti i tempi? Come si concilia questo con il suo postare continuamente i discorsi di Mattarella sul dovere civico e morale di vaccinarsi? Nulla. Impossibile – almeno per me – capire il suo pensiero, al di fuori dei suoi appelli a vaccinarsi e a rispettare il lockdown. Perché lei è un’esperta, insegna al master di intelligence, e – come consiglia un professore americano da lei citato – non parla con le menti deboli come la mia. Insomma, è la scienza a consigliarle di non parlare con gli idioti come me. E se lo dice la scienza, chi sono io per contraddirla?(Paolo Franceschetti, estratti da “La logica dei pro vax”, post pubblicato sul blog “Petali di Loto” il 22 agosto 2021).Lo ammetto. Essendo un complottista, appena annunciarono il primo lockdown, la prima cosa che pensai è che volevano distruggere l’economia, e che il virus era una scusa. Ma essendo un complottista positivo, mi dicevo che non sarebbero arrivati ad imporre un vaccino a tutta l’umanità, come prevedeva Steiner 100 anni fa, né a imporre lockdown e misure restrittive a vita, come aveva previsto David Icke, il re dei complottisti. Come avrebbero fatto, mi dicevo a marzo dell’anno scorso, ad imporre un vaccino di cui sarebbero stati sconosciuti gli effetti a lungo termine? La gente non ci sarebbe cascata. E invece si sono avverate le peggiori previsioni. Il vaccino lo stanno imponendo a tutti; incuranti dello sfascio economico provocato da queste misure, i vari governi del mondo si preparano a nuovi lockdown, e nuove restrizioni che dureranno ancora anni, a colpi di varianti e di accuse ai non vaccinati di essere i nuovi untori di questa epoca.
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“Bogre”, Fredo Valla: il mio film sul massacro dei Catari
«I perseguitati non hanno sempre ragione, ma i persecutori hanno sempre torto», sono parole di Pierre Bayle (1647-1706), filosofo francese contemporaneo di Spinoza, che, perseguitato per la sua fede ugonotta, si rifugiò a Rotterdam nei Paesi Bassi. Parole che mi sono state di ispirazione nella realizzazione del mio ultimo film documentario “Bogre – la grande eresia europea”. Film dedicato alla storia dei “bogre” (si legge bugre), ossia dei Bogomìli bulgari, cristiani dualisti, e della loro filiazione in Occidente, i Catari della Francia del Midì (l’Occitania dei Trovatori), dell’Italia settentrionale e centrale, delle Fiandre, della Germania e della Bosnia. Tra loro non si dicevano Catari, né Bogomìli, ma buoni uomini o buoni cristiani. Tuttavia, in Occitania, in segno di disprezzo, li dissero “bogre”, che significa bulgaro, per la derivazione dall’eresia sorta nel X secolo nelle terre balcaniche.In Italia, il catarismo trovò terreno fertile a partire dal XI secolo, con forti comunità di buoni uomini a Desenzano, Concorezzo (Milano), Piacenza, Cremona, Sirmione, Verona, Marca Trevigiana, Firenze, Spoleto, Orvieto e, in Piemonte, a Monforte d’Alba, Roccavione, Cuneo e Acqui. Alcuni studiosi pensano che ai tempi di Farinata degli Uberti, una buona percentuale di fiorentini fosse catara. I rapporti fra le chiese catare d’Occitania, Italia e Bosnia con i bogomili di Bulgaria furono frequenti, perlomeno fino al XIII secolo, con un flusso dai Balcani di libri dottrinali e la partecipazione ai concili, favorito dai commerci e dal passaggio delle crociate verso la Terrasanta. A testimonianza della ricchezza di contatti e scambi in un’Europa medievale che siamo abituati a pensare chiusa e isolata.In Occidente il catarismo si propose come alternativa alla Chiesa di Roma. Per questo motivo nel 1209 Papa Innocenzo III scatenò contro i Catari una crociata di cristiani contro cristiani, chiamando a raccolta baroni e cavalieri del nord della Francia, coraggiosi ma spiantati – un po’ come i conquistadores spagnoli in Messico e Perù – promettendo loro la salvezza eterna e i ricchi feudi della Linguadoca. Il colpo più duro lo diede nuovamente il Papa nel 1230, con l’istituzione dei tribunali dell’Inquisizione, che crearono un clima di terrore e di delazione, che non può non portare alla mente il terrore staliniano. Ultima a resistere fu la Bosnia, dove il catarismo si estinse nella seconda metà del XV secolo con la conquista ottomana, quando la dottrina originaria già si stava esaurendo in un sincretismo religioso compromesso col potere.In che cosa credevano Bogomìli e Catari? Essenzialmente distinguevano fra Spirito e Materia. Tutto ciò che appartiene allo Spirito è stato creato dal Dio Buono, mentre tutto ciò che è Materia (quindi anche i corpi umani) sono creatura di un Demiurgo, Dio del Male o Demonio a seconda del nome che gli si voleva attribuire. In questo modo essi rispondevano alla domanda delle domande: Unde malum? Perché il Male? Il Male esiste – dicevano – perché esiste un Dio del Male. Sono anni che faccio documentari e mi occupo di lingua e di cultura occitana, quindi la vicenda dei Catari ha attraversato la mia vita. Poi nel 2005 ho avuto l’occasione di cominciare una collaborazione con Antonio e Pupi Avati, che producevano una serie di puntate sui paesi dell’Est per “Tv2000″. A me fu assegnata la Bulgaria. Là conobbi Axinia Dzurova, studiosa di testi slavi e glagolitici.Axinia, allieva di Ivan Dujcev, tra i maggiori studiosi dei Bogomili, mi rivelò – e fu una vera rivelazione – le relazioni fra Bogomìli e Catari. Da qui l’idea del film, per raccontare un’eresia europea che nessun film aveva mai raccontato. Tra il 2016 e il 2017 ho lavorato alla scrittura. Le prime riprese sono state in Bulgaria, nell’autunno del ’17, là dove la vicenda di questi eretici ha preso le mosse. A marzo di quest’anno, “Bogre” ha esordito con successo al Film Festival Internazionale di Sofia ed è un po’ come se si fosse chiuso un cerchio, come se il film cominciasse la sua strada da dove tutto è iniziato. Ma “Bogre” ha una storia particolare anche per ciò che riguarda il reclutamento della troupe, composta da ex allievi e collaboratori de “l’Aura”, la scuola di cinema che ho fondato col mio sodale Giorgio Diritti a Ostana, paese delle Alpi occitane davanti al Monviso. Girare è stato come fare scuola sul campo. Una bella soddisfazione, per me e per gli allievi che sono cresciuti facendo.“Bogre – la grande eresia europea” si presenta come un evento anche a partire dalla durata, 200 minuti, in cui chiedo allo spettatore di essermi complice, di entrare con me nella bolla e abbandonarsi alle immagini e alle parole del racconto. Per questo il film va visto al cinema e non in tivù. Duecento minuti che sono una scelta di linguaggio, in cui il film si dipana e si mostra nel suo farsi, con la mia troupe in scena, o io e il mio montatore, Beppe Leonetti che è anche co-produttore con Chambra d’Oc e Lontane Province, in sala montaggio. Ho sempre pensato che un film dura quanto deve durare. Questa volta mi sono sentito libero: come i Catari e i Bogomili. “Bogre” è un film sulla libertà di pensiero, sul diritto di scegliere (eresia significa scelta), su un’idea di giustizia in opposizione ai poteri intolleranti. Le vicende di questi eretici trovano un parallelo in storie a noi più vicine, come la Shoah, il genocidio armeno, l’intolleranza verso chi è diverso da noi e viene a “invadere” l’Occidente civilizzato. I “bogre” di oggi! Una storia estirpata dai libri di storia che ritorna, perché, ahimé, il male non finisce.(Fredo Valla, “Bogre, il mio film sulla libertà di pensiero, sul diritto di scegliere, su un’idea di giustizia contro i poteri intolleranti”, da “La Stampa” dell’8 giugno 2021. Autore, regista e sceneggiatore, Fredo Valla ha curato il copione di film come “Il vento fa il suo giro” e “Un giorno devi andare”, diretti da Giorgio Diritti. E’ un instancabile difensore della minoranza linguistica occitanica e della sua antica cultura, che sopravvive nelle valli alpine cuneesi e nel Sud della attuale Francia).«I perseguitati non hanno sempre ragione, ma i persecutori hanno sempre torto», sono parole di Pierre Bayle (1647-1706), filosofo francese contemporaneo di Spinoza, che, perseguitato per la sua fede ugonotta, si rifugiò a Rotterdam nei Paesi Bassi. Parole che mi sono state di ispirazione nella realizzazione del mio ultimo film documentario “Bogre – la grande eresia europea“. Film dedicato alla storia dei “bogre” (si legge bugre), ossia dei Bogomìli bulgari, cristiani dualisti, e della loro filiazione in Occidente, i Catari della Francia del Midì (l’Occitania dei Trovatori), dell’Italia settentrionale e centrale, delle Fiandre, della Germania e della Bosnia. Tra loro non si dicevano Catari, né Bogomìli, ma buoni uomini o buoni cristiani. Tuttavia, in Occitania, in segno di disprezzo, li dissero “bogre”, che significa bulgaro, per la derivazione dall’eresia sorta nel X secolo nelle terre balcaniche.
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Glazerson: “fine dei tempi” e messia ebraico nel 2021
Alcuni studiosi sostengono che sarebbe stato scoperto un codice biblico nascosto, che conterrebbe una imminente profezia sulla “fine del mondo” nel 2021 (o meglio, sulla fine dell’attuale sistema-mondo). E nel cuore di quei codici, scrive Henry Holloway sul sito inglese “Keep The Faith”, ci sarebbero anche le immancabili previsioni di Nostradamus: sempre sulla “fine del mondo”, inclusa però la venuta del messia ebraico, in arrivo proprio nel 2021. L’esegesi biblica tende a “smontare” il carattere profetico dell’Antico Testamento, dimostrando – sulla base della datazione dei testi – che si tratta invariabilmente di false profezie, scritte post-eventum. Ma non manca chi è pronto a vedere, tra quei versetti, anche avvenimenti recenti, come la tragedia della Shoah o addirittura gli attentati dell’11 Settembre e l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. La chiave di lettura per decodificare i messaggi cifrati sarebbe quella ghematrico-cabalistica, che permette di ricostruire gli eventuali messaggi nascosti assegnando precisi valori numerici a ogni parola, o meglio ad ogni singola lettera ebraica.A fare notizia – anche su YouTube – è oggi un venerando rabbino, Matityahu Glazerson, secondo cui proprio la Torah (riletta applicando l’informatica al metodo cabalistico) rivelerebbe ciò che sta per accadere. «Utilizzando l’algoritmo del computer – scrive Holloway – rabbi Glazerson afferma che la “fine dei tempi” è prevista per il 2021, dopo un “conto alla rovescia” iniziato nel 2016». Letteralmente: «La fine dei giorni, per il giudaismo, annuncia la venuta del messia ebreo che inaugurerà il regno di Dio: governerà durante l’Era Messianica, che vedrà la fine del mondo come lo conosciamo». Per il rabbino, la fonte “rivelatrice” sarebbe il Libro del Levitico. La testimonianza di Glazerson è stata raccolta anche nel documentario “Torah Codes” diretto da Richard Shaw, da poco scomparso. «Il testo biblico sembra quasi un codice informatico, a causa del modo in cui è stato scritto», ha detto il regista. «Con i computer di oggi, possiamo decodificare alcuni dei suoi misteri».Non ha nulla di cabalistico, invece, il rivoluzionario Quantum Financial System promosso da Trump e ora in dirittura d’arrivo: fissando il valore della moneta a quello dell’oro, spiazzerebbe l’attuale sistema delle banche centrali. In altre parole: moneta “gratuita”, tracciabile con la blockchain e non più soggetta a speculazione parassitaria. Fine del dominio finanziario? In teoria, questa sarebbe una vera “fine del mondo”, come conferma un economista come Luca La Bella su “Database Italia”. Testualmente: sarebbe l’altro “reset”, che Gunther Sonnenfeld chiama “Real and Better Reset”, stavolta dalla parte dei popoli. Accoppiando la fisica quantistica all’economia tramite l’intelligenza artificiale, il Qfs promette di «abolire i vecchi sistemi di debito e credito, che tradizionalmente ci hanno incatenato a coloro che hanno posseduto e controllato la nostra offerta di moneta». A farsene promotore è un cartello chiamato per ora “Alleanza”. La premessa: risorse monetarie illimitate, e a costo zero, per uscire dalla crisi Covid senza più l’incubo del debito.Quanto all’ipotetico messia ebraico, se ne fa un gran parlare: un influente gruppo ebraico come Regavim, che valuta imminente l’effettiva comparsa dell’atteso “salvatore del popolo ebraico”, ha denunciato il Comune di Gerusalemme dopo la scoperta di tunnel e scavi (non autorizzabili, secondo Regavim) tra il sottosuolo della cattolica Chiesa della Dormizione di Maria e il Monte Sion, dove sarebbero custodite le reliquie di David, leggendario sovrano ebraico. L’accusa ha dell’incredibile: qualcuno (a Roma) vorrebbe “clonare” i resti di Davide, per “fabbricare” geneticamente un nuovo messia cristiano. Tutto ciò accade nel 2021, con il mondo intero in preda all’ipnosi dell’emergenza Covid utilizzata per devastare l’economia e sospendere la democrazia.Alcuni studiosi sostengono che sarebbe stato scoperto un codice biblico nascosto, che conterrebbe una imminente profezia sulla “fine del mondo” nel 2021 (o meglio, sulla fine dell’attuale sistema-mondo). E nel cuore di quei codici, scrive Henry Holloway sul sito inglese “Keep The Faith“, ci sarebbero anche le immancabili previsioni di Nostradamus: sempre sulla “fine del mondo”, inclusa però la venuta del messia ebraico, in arrivo proprio nel 2021. L’esegesi biblica tende a “smontare” il carattere profetico dell’Antico Testamento, dimostrando – sulla base della datazione dei testi – che si tratta invariabilmente di false profezie, scritte post-eventum. Ma non manca chi è pronto a vedere, tra quei versetti, anche avvenimenti recenti, come la tragedia della Shoah o addirittura gli attentati dell’11 Settembre e l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. La chiave di lettura per decodificare i messaggi cifrati sarebbe quella ghematrico-cabalistica, che permette di ricostruire gli eventuali contenuti nascosti assegnando precisi valori numerici a ogni parola, o meglio ad ogni singola lettera ebraica.
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Vaccino, o niente più libertà: non è la Cina, è Israele
Pass vaccinale e schedatura a punteggio: per premiare i cittadini più obbedienti, esattamente come in Cina. Lo afferma la scrittrice americana Naomi Wolf, già consulente di Al Gore e Bill Clinton, in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”: lo Stato ebraico è diventato un laboratorio a cielo aperto per i passaporti-Covid. «Israele sta rapidamente diventando uno “Stato di bio-sicurezza”, dove solo lo status di persona vaccinata permette di partecipare alla vita normale, avvertendo che il mondo intero potrebbe rapidamente seguirne l’esempio». I passaporti vaccinali che attestano l’avvenuta vaccinazione contro il Covid-19 sono attualmente in discussione in vari paesi di tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: una strategia del genere rende i vaccini “genici”, a tutti gli effetti, delle iniezioni obbligatorie, poiché rifiutare il “vaccino” (sperimentale) significa l’immediata la messa al bando dalla società. «E’ una tecnica ben precisa: e ogni “comunità chiusa” la utilizza per creare una società dentro la società: favorire coloro che si adeguano e limitare i posti di lavoro, l’avanzamento professionale e l’accesso scolastico di chi non si vuole sottomettere».Per la Wolf, «è il classico esempio dell’edificazione di una cultura fascista e di un’economia fascista». Per molti aspetti, Israele è il terreno di prova di questa metodologia, con un sistema di Green Pass che permette ai vaccinati di accedere alla società, limitandone invece la partecipazione a chi ha evitato di vaccinarsi. «E’ la distruzione della società: qualcosa che mina i diritti dei cittadini e crea uno “Stato di sorveglianza”». Per la Wolf, si tratta di un lancio globale: l’esperimento israeliano è stato imitato dalla Danimarca. Pessime notizie: «In soli 4 mesi, Israele ha distrutto la sua società civile». Sembra in corso una guerra: «Gli attivisti si trovano ora sotto una sorveglianza a 360 gradi, nessuno può fare a meno del lasciapassare, e ai genitori viene detto che i loro passaporti verranno ritirati se non acconsentiranno anche alla vaccinazione dei loro figli». Con questo sistema, aggiunge la Wolf, in Israele è limitato ai soli vaccinati anche l’accesso ai negozi di alimentari.«Israele è il primo test di laboratorio di Pfizer, perfettamente in simbiosi con il governo Netanyahu, per l’instaurazione di uno stato di bio-vigilanza attraverso i passaporti vaccinali», afferma Naomi Wolf. «Per questo motivo, gli israeliani devono continuamente esibire il proprio passaporto vaccinale, che è digitale». Tel Aviv come Pechino: «Il passaporto vaccinale è come il famigerato sistema di credito sociale che ha la Cina». Ci stiamo arrivando anche noi: «Basterà collegare allo status vaccinale i servizi telematici di Google Wallet, Apple Pay o PayPal». Gli avvertimenti della Wolf non sono affatto isolati, scrive Michael Haynes nel post citato da “Come Don Chisciotte”: sono in continua crescita le segnalazioni su come Israele stia limitando la libertà dei propri cittadini attraverso i passaporti vaccinali, anche se queste storie non finiscono sui media tradizionali. A febbraio, il Parlamento israeliano «ha approvato una legge che permette che le informazioni personali di coloro che hanno rifiutato i vaccini sperimentali Covid-19 siano raccolte e condivise con gli organi competenti dal ministero della salute».Questa raccolta di “nomi, codici fiscali, indirizzi e numeri di telefono” verrà attuata per “incoraggiare” l’assunzione dei vaccini sperimentali. Di recente, Celeste McGovern (attivista per la difesa della salute dei bambini) ha riferito di cittadini israeliani che hanno parlato di una vera e propria “apartheid medica” derivante dai passaporti vaccinali. Un video, dalla pagina Facebook di “Radiant Israel” del 18 febbraio, mostra un cittadino israeliano, Gilad Rosinger, che descrive il sistema dei Green Pass come una «agenda pre-Olocausto», spiegando: «Se non ti sottometti a questa malvagia, demoniaca e tirannica agenda, se cioè scegli di dire “non sono pronto a partecipare a questo programma sperimentale”, allora in Israele vieni considerato un cittadino di seconda classe». Aggiunge Rosinger: «Mio nonno era stato l’unico sopravvissuto all’Olocausto di tutta la sua famiglia, e questo è esattamente come era iniziato: con la discriminazione, con le attività commerciali differenziate fra “essenziali” e “non essenziali”, con la gente che diceva che gli ebrei erano cittadini di seconda classe».La corrispondente da Gerusalemme del “New York Times” – scrive Haynes – ha involontariamente confermato la gravità delle parole di Rosinger, quando ha descritto la vita nello “Stato vaccinale” di Israele. Una cittadina come Isabel Kershner ha ammesso di essere «un membro di una nuova classe privilegiata: quella dei completamente vaccinati», il cui status è comprovato dal Green Pass. Simili misure, nel mese di febbraio, hanno spinto “Business Insider” a descrivere il paese come «in guerra contro i non vaccinati». La situazione è oggettivamente molto seria. Al 12 aprile – riassume Haynes – il 58,7% degli israeliani aveva ricevuto la prima dose del vaccino, e il 54,4% la seconda. La fulminea e super-promossa campagna vaccinale del paese, che ha spinto personaggi come l’americano Anthony Fauci a definire la risposta di Israele alla vaccinazione come «straordinariamente buona», è stata lodata da tutti i media globali.La ragione di questo rapido e aggressivo lancio, aggiunge Haynes, è dovuta al fatto che il primo ministro, Benjamin Netanyahu, aveva offerto di utilizzare il suo paese come cavia per il test di massa del vaccino Pfizer-Biontech. L’accordo prevede che Israele fornisca rapporti settimanali sullo stato di avanzamento della campagna vaccinale, compresi i casi di infezione, i ricoveri e le morti, con i i dettagli completi sui vaccinati e il grado di efficacia dell’inoculo. La “Deutsche Welle” conferma che questo sistema fornisce alle aziende produttrici «molti più dati, sui vaccini, di quelli che avrebbero ricavato da qualsiasi altro studio». In cambio di queste informazioni, Pfizer ha garantito a Israele un numero enorme di vaccini (milioni di dosi), con diritto di prelazione rispetto ad altri paesi. Lo stesso patron di Pfizer, Albert Bourla, ringraziando il «caro amico» Netanyahu, in un’intervista alla “Nbc” ha definito Israele «laboratorio del mondo» per l’utilizzo sperimentale delle terapie geniche introdotte come profilassi per il Covid.Tutto questo – scrive ancora Michael Haynes – ha portato la commissione israeliana per i diritti umani e il Comitato di Helsinki ad accusare il governo di condurre esperimenti clinici senza l’approvazione della commissione, rendendo così illegale l’accordo con Pfizer. Successivamente, è stata presentata una denuncia alla Corte Penale Internazionale contro il governo israeliano ed altri funzionari da “Anshei Emet”, un gruppo di avvocati, medici, attivisti pubblici e ufficiali delle forze armate israeliane che hanno fatto la scelta di esercitare il loro diritto democratico di non ricevere il trattamento medico sperimentale, nonostante «le gravi, dure e illegali pressioni» del governo israeliano. «Il gruppo ha accusato il governo di crimini contro l’umanità e della violazione del Codice di Norimberga, a causa delle forti pressioni per la realizzazione di un programma vaccinale coercitivo, benché basato su farmaci ancora sperimentali». Lo stesso ministero della salute, aggiunge “Anshei Emet”, «ha ammesso apertamente che il 41% del personale di polizia, militare, educativo e medico vaccinato ha subito gravi effetti collaterali e complicazioni pericolose per la vita».L’alto tasso di mortalità connesso alle vaccinazioni sembrerebbe supportato dall’analisi effettuata dal dottor Hervé Seligmann (università di Aix-Marseille) e dall’esperto informatico Haim Yativ. Esaminando le reazioni avverse finora riscontrate, i ricercatori temono che il vaccino Pfizer, negli anziani, possa avere «un tasso di mortalità 40 volte superiore a quello della malattia stessa», e 260 volte più alto del rischio-Covid per i giovani. «Lo scopo del rapido lancio di questo vaccino sperimentale – hanno spiegato – era quello di consentire l’introduzione del passaporto vaccinale e di promuovere le vendite di Pfizer». Durissimo il giudizio di Seligmann e Yativ: «Le vaccinazioni hanno causato più morti di quante ne avrebbe causate il coronavirus nello stesso periodo, e hanno sottoposto Israele a un nuovo Olocausto».Pass vaccinale e schedatura a punteggio: per premiare i cittadini più obbedienti, esattamente come in Cina. Lo afferma la scrittrice americana Naomi Wolf, già consulente di Al Gore e Bill Clinton, in un post tradotto da “Come Don Chisciotte“: lo Stato ebraico è diventato un laboratorio a cielo aperto per i passaporti-Covid. «Israele sta rapidamente diventando uno “Stato di bio-sicurezza”, dove solo lo status di persona vaccinata permette di partecipare alla vita normale, avvertendo che il mondo intero potrebbe rapidamente seguirne l’esempio». I passaporti vaccinali che attestano l’avvenuta vaccinazione contro il Covid-19 sono attualmente in discussione in vari paesi di tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: una strategia del genere rende i vaccini “genici”, a tutti gli effetti, delle iniezioni obbligatorie, poiché rifiutare il “vaccino” (sperimentale) significa l’immediata la messa al bando dalla società. «E’ una tecnica ben precisa: e ogni “comunità chiusa” la utilizza per creare una società dentro la società: favorire coloro che si adeguano e limitare i posti di lavoro, l’avanzamento professionale e l’accesso scolastico di chi non si vuole sottomettere».
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Kennedy: chi si vaccina è perduto, rovinato per sempre
Il nipote dell’ex presidente John Fitzgerald Kennedy ha recentemente rilasciato una dichiarazione pubblica esortando le persone di tutto il mondo a evitare il vaccino Covid-19 a tutti i costi, perché contiene una nuova tecnologia non testata nota come l’mRna, i cui effetti collaterali a lungo termine sono completamente sconosciuti. L’mRna altera direttamente il materiale genetico di coloro che lo ricevono, proprio come accade quando gli “scienziati” ingegnerizzano geneticamente (Ogm) colture alimentari come la soia o il mais per renderle resistenti agli insetti o alla siccità. «Questo intervento può essere paragonato agli alimenti geneticamente modificati, che sono anch’essi molto controversi», dice Kennedy. A differenza di tutti gli altri vaccini, il cui danno genetico non è necessariamente permanente, il danno genetico dell’mRna è «irreversibile e irreparabile», osserva Kennedy. «Anche se i media e i politici stanno attualmente banalizzando il problema e persino chiedendo scioccamente un nuovo tipo di vaccino per tornare alla normalità, questa vaccinazione è problematica in termini di salute, moralità ed etica, ma anche in termini di danno genetico»,A differenza dei vecchi vaccini, molti dei quali possono essere “disintossicati” dopo l’iniezione, i vaccini mRna Covid-19 vivono per sempre all’interno del corpo. Il danno che causano, in altre parole, è per sempre. «Dovrai convivere con le conseguenze perché non sarai più in grado di essere curato semplicemente rimuovendo le tossine dal corpo umano», spiega Kennedy, confrontando il danno genetico con il tipo che causa la sindrome di Down o la fibrosi cistica. L’mRna è quasi come un “motore” di vaccino continuo, che vaccina ripetutamente una persona per il resto della sua vita. Per questo motivo, non è possibile “risolvere” o “curare” i problemi che si presentano. «Questo significa chiaramente: se un sintomo di vaccinazione si sviluppa dopo un inoculo con mRna, né io né nessun altro terapista saremo in grado di aiutarti, poiché il danno causato da questa vaccinazione sarà geneticamente irreversibile», avverte Kennedy.Dall’ultimo Olocausto, nulla di così malvagio è stato imposto al mondo in nome della “salute pubblica”. I vaccini Covid-19 non sono solo pericolosi, sostiene Kennedy, ma rappresentano «un crimine contro l’umanità che non è mai stato commesso in modo così significativo nella storia». Come ha detto un medico dell’esperienza del dottor Wolfgang Wodarg, «in realtà, questo ‘vaccino promettente’ per la stragrande maggioranza delle persone dovrebbe essere vietato, perché è ingegneria genetica». In altre parole, farsi vaccinare per Covid-19 significa che una persona diventerà una sorta di “zombie Ogm”, senza alcuna possibilità di tornare al suo vecchio sé. Suona molto come il “marchio della bestia” del Libro dell’Apocalisse, non siete d’accordo? In passato, Kennedy aveva avvertito che i vaccini tradizionali sono già abbastanza dannosi, dato che causano gravi danni al cervello, che per molti sono irreversibili. E i vaccini contro il coronavirus di Wuhan (Covid-19) sono di gran lunga peggiori, dice: motivo per cui nessuno, in nessuna circostanza, dovrebbe prenderli.(”Robert Kennedy Jr., avviso: non fatelo, per nessuna ragione!”, da “Database Italia” del 14 aprile 2021).Il nipote dell’ex presidente John Fitzgerald Kennedy ha recentemente rilasciato una dichiarazione pubblica esortando le persone di tutto il mondo a evitare il vaccino Covid-19 a tutti i costi, perché contiene una nuova tecnologia non testata nota come l’mRna, i cui effetti collaterali a lungo termine sono completamente sconosciuti. L’mRna altera direttamente il materiale genetico di coloro che lo ricevono, proprio come accade quando gli “scienziati” ingegnerizzano geneticamente (Ogm) colture alimentari come la soia o il mais per renderle resistenti agli insetti o alla siccità. «Questo intervento può essere paragonato agli alimenti geneticamente modificati, che sono anch’essi molto controversi», dice Kennedy. A differenza di tutti gli altri vaccini, il cui danno genetico non è necessariamente permanente, il danno genetico dell’mRna è «irreversibile e irreparabile», osserva Kennedy. «Anche se i media e i politici stanno attualmente banalizzando il problema e persino chiedendo scioccamente un nuovo tipo di vaccino per tornare alla normalità, questa vaccinazione è problematica in termini di salute, moralità ed etica, ma anche in termini di danno genetico».
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Kazari ashkenaziti, l’ebraismo asiatico su cui Israele tace
C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.Le fonti collocano l’origine della tradizione ebraica in Medio Oriente, in Palestina, in parte anche in Egitto. Ci sono connessioni dirette tra il popolo ebraico e figure come il faraone Akhenaton e personaggi come Mosè. E’ stata invece volutamente occultata l’origine storica di quella grande parte dell’ebraismo che appartiene alla cultura ashkenazita. Le origini non risalgono all’area siro-palestinese (il Regno di Giudea), ma ad un’area geografica diversa e distante, identificabile con il territorio di quello che è storicamente conosciuto come l’Impero Kazaro. Numerose le fonti: cronache arabe, persiane, bizantine e russe (Principato di Kiev). E’ un argomento raramente studiato, cui si tende a non dare risalto, anche per una serie di ragioni politiche. L’Impero Kazaro si sviluppò in un’aera che va dal Caucaso all’odierna Ucraina, la Crimea, le steppe del Kazakhstan e l’Uzbekistan settentrionale: un territorio vastissimo. Trae origini dalle migrazioni di una serie di popoli che, nei primi secoli della nostra era, abitavano l’area della cosiddetta Asia Centrale.Erano popolazioni in una certa misura discendenti dall’antico popolo degli Sciti, storicamente stanziato sull’odierna costa dell’Ucraina e in Crimea, e in parte da popolazioni turcomanne, inizialmente nomadi, stanziate in quest’area già dal III-IV secolo dopo Cristo. Popolazioni storicamente note come Göktürk (”turchi blu”: una caratteristica totemica). Questo ramo delle popolazioni turcomanne, molto affine agli attuali ungheresi e agli unni (che molto interagirono con gli ultimi secoli dell’Impero Romano), attorno al V secolo dette origine a una prima grande forma statale, una struttura organizzata che venne chiamata Kaganato, che deriva dal termine Kagan (”Re dei Re”). Questo primario Kaganato dei Göktürk entrò inizialmente in guerra con tutte le potenze vicine, specie la Cina. Tutta la parte orientale del Kaganato venne sottomessa dai cinesi e annessa ai territori del Celeste Impero. La parte occidentale, destinata a sopravvivere più a lungo, conobbe varie traversie, fino a che non cadde sotto l’egemonia di una particolare dinastia, quella degli Hashina: nome identificato da importanti linguisti americani come derivante dall’antica lingua scita.Risolti i problemi col potente e ingombrante vicino cinese, il Kaganato entrò in rotta di collisione con altre potenze, in primis l’Impero Bizantino (cristiano), e poi con la nascente e preponderante potenza islamica. Siamo ormai nel VII secolo: l’Islam aveva appena iniziato la sua opera di espansione e dominio, e il territorio dei kazari (particolare civiltà turcomanna, di religione politeista con caratteristiche sciamaniche) fu progressivamente attaccato dagli arabi, che avevano già occupato la Persia. Dell’affascinante mitologia di fondazione del clan degli Hashina parla Diego Marin, nel libro “Il sangue degli Illuminati”. Quel clan «era considerato il prescelto dal dio celeste Tengri, associabile all’antico dio delle tempeste Teshup», o anche allo stesso Zeus.Gli Hashina veneravano i propri antenati con cerimonie annuali, che si concludevano in un luogo particolare, chiamato “la Caverna Ancestrale”, da cui si riteneva che lo stesso clan Hashina fosse fuoriuscito. «Il mito racconta la storia di un bambino, l’unico sopravvissuto a un massacro tribale. Famiglia e amici erano stati sterminati. Lui solo era riuscito a scappare, rifugiandosi in una grotta nelle vicinanze. Qui aveva incontrato una lupa, di nome Hasena». La lupa lo aveva adottato (come Romolo e Remo, allattati e salvati). «Una volta cresciuto, il bambino ebbe un’unione sessuale con la lupa, che avrebbe dato alla luce ben 10 figli, tutti gemelli, uno dei quali poi passato alla storia come il capostipite degli Hashina». La lupa Hasena è ancora ben viva, nella tradizione mitologica di tutti i popoli di origine turcomanna, dalla Turchia all’Asia Centrale (Turkmenistan, Tagikishan, Uzbekistan, Kazakhstan, fino agli uiguri dello Xinjang cinese).Ancora oggi, la lupa Hasena è il simbolo di partiti nazionalisti turchi: oggi musulmani, non hanno mai rinunciato a questa raffigurazione mitologica ancestrale che vede nella lupa Hasena l’origine dei turchi, la loro madre. Tornando ai kazari: erano in continuo stato di guerra coi vicini bizantini e arabo-persiani. Poi nell’VIII secolo vengono attaccati attraverso la Persia, vengono sottomessi, e il Kagan dell’epoca, Bulan, accetta di convertirsi formalmente all’Islam. La tregua però dura poco: i kazari contrattaccano, battono gli arabo-persiani e recuperano il loro territorio. Bulan abiura alla fede islamica e, simultaneamente, avviene un fatto incredibile, probabilmente ispirato da ragioni geo-strategiche e interessi commerciali: nel 740 dopo Cristo decide di convertirsi all’ebraismo, imponendo la conversione anche ai sudditi. Un fatto che ha segnato la storia, perché questo impero (che aveva svariati milioni di abitanti) diventa di religione ebraica, pur restando molto lontano dalla culla dell’ebraismo – l’area siro-palestinese – essendo esteso tra il Caucaso, la Crimea e le steppe del Kazakhstan.Sempre scondo le ricerche di Diego Marin, questa conversione sarebbe stata suggellata dal matrimonio tra il principe Bihar Sabriel (figlio di Bulan) e una donna di tradizione ebraica, di nome Serak, che sarebbe stata figlia di Juda Zachai, rabbino di Babilonia, appartenente al casato reale di Marsutra e quindi discendente del primo “esiliarca” di Babilonia. Sarebbe dunque stato questo ramo della tradizione ebraica a favorire la misteriosa conversione dei kazari. Divenuto ebraico, il Kaganato prospera per un po’, soprattutto grazie al commercio, ma poi va a scontrarsi nuovamente con tutti i vicini: bizantini, Impero Arabo e soprattutto con il recente Principato dei Rus’. Quella del Principato di Kiev, primo nucleo embrionale della futura Russia, non è un’origine slava, ma nordica (vichinga, norrena): furono soprattutto mercanti norreni (o variaghi, che dir si voglia) a insediarsi nell’attuale Russia settentrionale, per poi fondare – calando verso sud – l’embrione della futura potenza russa.Il Principato di Kiev, peraltro, era legato a tradizioni sciamaniche. Eppure, Kiev venne appoggiata subito da Bisanzio, nel tentativo di contrastare il Kaganato kazaro. E alla fine, dopo una serie di guerre, con personaggi come Oleg di Kiev e Sviatoslav I, l’Impero Kazaro venne sconfitto: furono occupate le fortezze principali e la stessa capitale, e il vastissimo territorio si disgregò attorno al 960. Da lì, nacquero le prime migrazioni dei kazari verso l’Europa, e il loro insediamento nella valle del Reno. Si dice che “ashkenazita” significhi “tedesco”, e che Ashkenaza fosse una regione franco-tedesca nella Renania. Subito, l’ex Impero Kazaro venne sottomesso dal nascente Stato russo, che non era ancora cristiano: la cristianizzazione della Russia (fatto curioso) fu concomitante con la caduta dell’Impero Kazaro. Il principe Vladimir di Kiev (figlio si Sviatoslav, conquistatore dell’Impero Kazaro) fu il primo regnante russo – in realtà, di origine vichinga – a convertirsi formalmente al cristianesimo. Conversione molto esaltata dai cristiani ortodossi: Vladimir fu santificato, in quanto fondatore del cristianesimo in quella che era la Rus’.Dopo aver sconfitto il potente Impero Kazaro, Vladimir venne avvicinato dagli emissari della Kazaria, che gli suggerirono di convertirsi all’ebraismo. Rifiutò, perché non voleva convertirsi alla religione di un popolo che aveva appena sottomesso. Al che, emissari dell’Impero Arabo (sempre in cambio di alleanze) gli proposero di convertirsi all’Islam. Vladimir rifiutò ancora, spiegando che non avrebbe potuto imporre al suo popolo di rinunciare alle bevande alcoliche. Il principe di Kiev sarebbe poi invece rimasto folgorato dagli emissari bizantini – si racconta – di fronte allo splendore delle chiese cristiane di Costantinopoli. Un racconto chiaramente agiografico. In realtà queste curiose conversioni, da quella del kazaro Bulan all’ebraismo a quella di Vladimir al cristianesimo, sono sempre state frutto di accordi geopolitici: la motivazione non era esattamente spirituale. Così la Russia divenne cristiana, e quello che era il primo, grande impero ebraico (al di fuori del territorio siro-palestinese) si disperse.Iniziò una prima diaspora della popolazione. Ma la vera diaspora non fu causata dal Principato russo di Kiev, che coi kazari mantenne relazioni commerciali e quindi non aveva alcun interesse a disperdere quelle popolazioni appena sottomesse. Qualche secolo dopo, nel 1200, i kazari vennero attaccati dall’Orda d’Oro di Gengis Khan: furono i mongoli, a fare terra bruciata. Travolsero lo stesso Principato di Kiev e sottomisero buona parte del mondo allora conosciuto. Non si limitavano a conquistare e assoggettare: radevano al suolo le città e sterminavano tutti gli abitanti. L’impressionante invasione mongola ha cambiato la storia, e ha stravolto la nascente potenza islamica: la Baghdad dell’epoca era la culla mondiale della conoscenza, l’Islam illuminato aveva fondato una delle più importanti biblioteche della storia, pari a quella di Alessandria d’Egitto. La famosa Casa della Sapienza di Baghdad conteneva l’intera letteratura del mondo, e venne distrutta dai mongoli.Di fronte all’urto dei mongoli, quindi, solo dopo il 1200 i kazari cominciarono a emigrare in massa verso la Russia, la Polonia, la Germania e l’intera Europa orientale, dove cominciarono a chiamarsi ashkenaziti, fino a raggiungere poi anche paesi dell’Europa occidentale, come l’Italia e la Francia. Gli ebrei di origine ashkenazita sono riconoscibili: hanno la carnagione molto chiara e parlano lo yiddish anziché l’ebraico. Nata proprio nell’Est Europa, quella yiddish è una lingua interessantissima, tuttora molto parlata. Ha avuto influenze slave e germaniche, e al suo interno conserva moltissimi vocaboli di origine turcomanna. L’yiddish è la lingua madre di un grande artista come Marc Chagall, reinterpretata da un grande musicista come Moni Ovadia.Invece, gli ebrei sefarditi sono in buona parte di origine spagnola, però hanno una diretta connessione con l’aria siro-palestinese. In più, a cavallo dei Pirenei (col disfacimento dell’Impero Romano) era nato anche il Principato di Settimania, importante realtà statale ebraica con caratteristiche sefardite. Dopo la cacciata degli ebrei dalla penisola iberica, a opera della cattolica dinastina castigliana, ci fu un’altra diaspora (sefardita). Una “diaspora di ritorno”, che interessò tutto il Nord Africa e tutta l’Europa. Quanto agli ashkenaziti, arrivati in epoca medievale in Italia e in Germania, generarono importanti famiglie che – si dice – oggi dominano il pianeta. E’ un’ipotesi da molti sostenuta, tutt’altro che infondata. Ancora all’inizio del 1300, comunque, gli ashkenaziti costituivano solo il 3% della popolazione ebraica mondiale. Raggiunsero il massimo dell’espansione agli inizi del ‘900: nei primi anni Trenta erano diventati il 92% degli ebrei, che oggi in tutto il mondo sono 12-13 milioni.Agli albori del ‘900, avviene un fatto curioso, citato da Mauro Biglino. La grande stampa internazionale anglosassone comincia ad “annunciare” l’imminente strage, in Europa, di 6 milioni di ebrei. Ne scrivono insistenza il “Sun”, il “New York Times”, l’”Atlanta Constitution”, la “Gazzetta di Montreal”. Si chiede ospitalità, in Palestina, per 6 milioni di ebrei che, specie nell’Est Europa, sarebbero allo stremo e starebbero soffrendo un “olocausto europeo”. Dal 1915, quindi, quando Hitler era ancora un ragazzotto, c’era chi “sapeva” che 6 milioni di ebrei sarebbero morti? Poi arriva Hitler, che nel “Mein Kampf” parla di “due stirpi”, quella degli Ariani e quella del Serpente, e infine la Shoah stermina 6 milioni di ebrei. E’ un dato che deve fare riflettere, anche se si tratta di cifre simboliche che hanno una valenza esoterica (parlo dei dati citati da Biglino, cioè i 6 milioni evocati dalla stampa prima della Shoah).Questo utilizzo di numeri è chiaramente funzionale alla nascita e allo sviluppo del movimento sionista, che ha sempre avuto interesse a catalizzare questi dati, per poi agire politicamente fino a creare l’attuale Stato di Israele, che rappresenza la realizzazione del programma politico di Theodor Herzl. Certo è curiosa, all’inizio del ‘900, la ripetizione di quella cifra (6 milioni), che secondo me ha proprio una valenza simbolico-esoterica. Indubbiamente, nella Russia zarista non c’era una situazione felice, per le popolazioni ebraiche ashkenazite, perseguitate dal potere imperiale. Ci furono molti pogrom, ma certo non massacri dall’estensione paragonabile alla Shoah. Oltretutto, in alcune aree come l’attuale Bielorussia, la maggior parte della popolazione era di origine ebraica: sarebbe stato un controsenso, l’annientamento completo di una consistente fetta della popolazione.Insomma, sono questioni su cui riflettere: ma anche facilmente strumentalizzabili. Io poi mi occupo prevalentemente di storia antica, e non voglio entrare nel merito delle cifre: ci sono storici che se ne sono occupati in modo autorevole. Certo, resta il fatto che la stampa internazionale è andata avanti per cinquant’anni, prima di Hitler, a parlare di quei famosi 6 milioni. Qualcuno si stupisce che la popolazione ebraica sia sopravvissuta in modo quasi stabile, sia alle persecuzioni pre-hitleriane che alla stessa Shoah. Ma ripeto: quelli evocati a inizio ‘900 sono numeri “anti-storici”, essenzialmente simbolici. Oggi si sostiene che una parte degli ebrei ashkenaziti sia riuscita, tramite la finanza, a costituire veri e propri imperi, arrivando a condizionare la politica economica di tutti gli Stati del mondo, a partire dagli Usa fino all’ultima creazione europea, l’euro? Ora, si ripete, potenze come quella incarnata da Soros sono impegnate in manipolazioni finanziarie globali. E se ieri la stampa dava conto di certi fenomeni, oggi del mondo ebraico si parla poco, specie dal punto di vista della finanza. Soprattutto, non si approfondisce.Io consiglio un libro inattaccabile, scritto da un professore di religione ebraica di un’università americana, uno storico: si chiama Norman Finkelstein. Il suo libro, “L’industria dell’Olocausto”, storicamente ben documentato, spiega esattamente, nel dettaglio, come la questione della Shoah sia stata interpretata e utilizzata per finalità tutt’altro che religiose o morali – ma per finalità politiche ed economiche – dal movimento sionista. Chiaramente, viene utilizzata una discriminante storica, che giocoforza si è venuta a creare. Nel 1945, in modo simbolico, questa discriminante opera una divisione: il mondo prima della Shoah e il mondo dopo la Shoah. I giornali degli anni Venti e Trenta avevano un’altra libertà di espressione, perché dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale è nata una sorta di tabù storico, di velo, di ininterpretabilità. Norman Finkelstein questa cosa la denuncia in modo molto forte. E spiega come poi, in realtà, nell’immediato dopoguerra non vi fosse tutta questa retorica dell’Olocausto: è una retorica, dice, che è stata portata avanti dalla politica israeliana in concomitanza con le prime guerre con il mondo arabo, in particolare la Guerra dei Sei Giorni (giugno 1967).Fu allora che la vulgata dell’Olocausto, in una chiave molto particolare, è stata spinta e accelarata, fino a diventare una sorta di dogma intoccabile. In realtà la storia è fatta di interpretazioni e ricerche: uno storico dovrebbe sempre avere le mani libere, per analizzare i documenti e confrontarsi. In questo caso, invece, sono stati imposti dei tabù, come fossero dogmi di fede. E questo è sinceramente anti-storico, anti-scientifico: non ha senso. Tutto questo, però, non è assolutamente dovuto alla cultura ebraica, che è una delle culture più belle da studiare (una delle più interessanti, con cui confrontarsi). Questo atteggiamento di chiusura è invece dovuto all’azione di alcuni gruppi di famiglie, che hanno utilizzato a proprio uso e consumo determinate tradizioni, decidendo che cosa dovesse diventare storico e che cosa dovesse diventare un tabù storico. Hanno utilizzato queste questioni per propri fini, politici ed economici: il che, come si vede, non rappresenta affatto la variegata ricchezza culturale del mondo ebraico, che è fatto di voci diversissime tra loro.Il problema semmai è il sionismo: un movimento anche pericoloso, creato e fondato da ashkenaziti, che ha preteso anche la manipolazione della storia a proprio vantaggio. Esistono moltissimi ebrei che sono fortemente anti-sionisti, e addirittura temono il sionismo. Nello stesso Stato di Israele gli ebrei sefarditi sono una minoranza, oggi, e in alcuni casi vengono addirittura discriminati, anche se in Occidente non se ne parla. La stessa rimozione storica dell’Impero Kazaro, che per secoli controllò enormi estensioni di territorio, è dovuta al fatto che tutte le popolazioni che da esso sono derivate, e che poi hanno portato alla nascita dell’ebraismo ashkenazita, non hanno una diretta discendenza dall’area siro-palestinese. La mancanza di un filo diretto con la Palestina è diventata un altro tabù storico: un’altra questione da non affrontare, perché va a delegittimare la nascita dello Stato di Israele.(Nicola Bizzi, video-intervento “L’Impero Kazaro e le origini dimenticate”, da “Come Don Chisciotte” del 1° novembre 2020. Storico, autore di saggi sorprendenti come “Da Eleusi a Firenze”, Bizzi è l’editore di Aurora Boreale).C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.
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Riaprite l’Italia: anche Montesano a Campo dei Fiori
«Che brutta parola, negazionisti: erano quelli che negavano l’Olocausto. Noi non neghiamo proprio niente: ci permettiamo solo di dubitare di quanto ci viene raccontato, sul Covid. Sono loro, semmai, che negano l’evidenza: la mascherina è inutile e dannosa. La impongono anche ai bambini, a scuola: dobbiamo liberarli». Così parla Enrico Montesano: c’era anche lui a salutare l’esordio della Milizia Rooseveltiana, ai piedi della statua di Giordano Bruno, arso vivo il 17 febbraio del 1600. «Mi sembra di buon auspicio, un governo che ottiene la fiducia il 17 febbraio dopo aver giurato il giorno 13, altro numero significativo», dice Gioele Magaldi, reduce dalla “cena rivoluzionaria” organizzata dal Movimento Roosevelt al ristorante “L’Habituè”, in violazione del “lockdown serale” imposto ai ristoratori. Poco dopo, in piazza Campo dei Fiori, è intervenuta la polizia per identificare i dimostranti, contestando loro l’infrazione del divieto di circolare dopo le ore 22. «Voglio ricordare – annota Roberto Hechich – che il Cts si era limitato a consigliarla, l’adozione di un coprifuoco, ma solo a partire dalla mezzanotte, e a raccomandare “severi controlli” sulle norme anti-Covid a cena: a far chiudere i locali quindi non è stato il Comitato Tecnico-Scientifico, ma il governo Conte».
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Post antisemita: Torino, s’indigna l’impero delle bugie
Non una riga sulle grandi manovre della dinastia Agnelli-Elkann, ma fiumi di inchiostro per lo scivolone “antisemita” di una consigliera comunale di Torino, che veicola incautamente un post nel quale si associa l’antica spazzatura nazi-razzista alla (sacrosanta) denuncia della mega-concentrazione editoriale nelle mani del sempre più potente gruppo Gedi. Succede nell’Italia del 2021, reduce da un anno di lavaggio del cervello – teoria e pratica del terrorismo sanitario, grazie alla banda Conte – in cui, a parte il totalitarismo informativo sul virus, la casata torinese ha compiuto atti epocali, nel silenzio generale: la storica cessione dell’ex Fiat ai francesi e la trattativa per sbolognare anche Iveco (ai cinesi), dopo aver incassato i miliardi ottenuti da “Giuseppi” col pretesto della crisi pandemica, in realtà utilizzati da Exor per confluire in Stellantis. Da notare, soprattutto, la clamorosa requisizione del gruppo “Espresso”, a cominciare da “Repubblica”, senza il minimo accenno di allarme da parte della politica, o dallo stesso Ordine dei Giornalisti con le sue articolazioni sindacali, un tempo vigili di fronte alla creazione di trust dominanti come quello berlusconiano.
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Vaccinatevi, negazionisti: la scomunica del Papa “cinese”
Un grande influencer, all’occorrenza anche pontefice: dopo il via libera all’immigrazione illimitata dall’Africa e alle teorie di Greta Thunberg sulle cause del surriscaldamento terrestre, Jorge Mario Bergoglio si allinea fortemente al pensiero unico del mainstream anche sui vaccini e su Donald Trump. In uno speciale del Tg5 condotto da Fabio Marchese Ragona, redattore del “Giornale”, Bergoglio condanna l’assalto dei manifestanti a Capitol Hill (senza accennare alle motivazioni che lo hanno determinato) e criminalizza in modo esplicito i cittadini italiani che volessero sottrarsi al vaccino anti-Covid. Non stupisce più di tanto, l’atteggiamento di Papa Francesco: nella primavera 2020 aveva approvato il massimo rigore del severissimo e disastroso lockdown imposto da Conte, ignorando persino le proteste di alcuni coraggiosi sacerdoti per la chiusura delle chiese e la proibizione di celebrare le funzioni religiose. Bargoglio è arrivato a “silenziare” anche il Natale, rinunciando senza battere ciglio alla tradizionale messa di mezzanotte, in ossequio al coprifuoco. E ora attacca chi manifesta dubbi sui vaccini Rna approntati in pochi mesi, senza la consueta sperimentazione: chi si sottrae al vaccino, in pratica, sarebbe un cittadino socialmente irresponsabile. Addirittura un «negazionista».«C’è un negazionismo suicida – ha infatti dichiarato il pontefice sudamericano al telegiornale di Mediaset – che non saprei spiegare: il vaccino si deve prendere». E ancora: «Io credo che eticamente tutti debbano prendere il vaccino: è un’opzione etica, perché tu ti giochi la salute, la vita, ma ti giochi anche la vita di altri». Messaggi impliciti: il Covid è un grandissimo pericolo, estremamente letale (il che è falso) e il vaccino è l’unico rimedio: un farmaco che per giunta è assolutamente sicuro, per chi lo assume. Soprattutto, Bergoglio presenta come verità assoluta la sua tesi più insidiosa: i free-vax – sintetizza il “Giornale” – comprometterebbero anche la salute degli altri, oltre che la loro. E’ la posizione, ideologica, dei propagandisti di Big Pharma: chi è vaccinato dovrebbe temere i non-vaccinati. Come se il vaccino (che si dà per scontato che sia sicuro, senza rischi per chi lo riceve) non fosse affatto efficace: se un soggetto fosse vaccinato, infatti, che motivo avrebbe di avere timore di contrarre il virus?Eppure, è il refrain della nuova pedagogia “zootecnica” imposta dal sistema-Covid: quello che ha esasperato i toni dell’emergenza “pandemica” per poi arrivare esattamente a questo, cioè all’imposizione di vaccini estremamente controversi, temuti da molti degli stessi medici. Non solo: con anche il placet del Papa, il vaccino viene presentato come unico rimedio possibile, ignorando completamente le valide terapie del frattempo messe a punto. Bergoglio, aggiunge il “Giornale”, ha anche ripercorso la storia delle vaccinazioni, aderendo alla tesi (non sottoscritta dall’intera comunità scientifica) secondo cui l’introduzione del vaccino avrebbe storicamente comportato il declino di alcune gravissime malattie, come la poliomelite. Non solo: il Papa ha citato anche il morbillo tra le patologie pericolose, sottoscrivendo quindi le pressioni di Big Pharma che hanno recentemente introdotto l’obbligo dello stesso vaccino contro quella che resta una comune malattia infantile, normalmente contratta (senza conseguenze) durante l’infanzia.Sottinteso: per il pontefice, il “terrorismo sanitario” scatenato con il Covid, che ha sospeso libertà e diritti, è sacrosanto. Giusta, quindi, la decisione di instaurare la “dittatura sanitaria”, gonfiando i numeri dell’emergenza e ostacolando l’adozione di normali, efficaci terapie. L’unico orizzonte resta quello previsto fin dall’inizio: il vaccino. E chi si mostra refrattario è addirittura “negazionista”: sconcerta, qui, il fatto che il Papa cattolico accetti di utilizzare in modo tanto inopportuno un termine (negazionismo) con il quale, storicamente, si indica chi osa ridimensionare, o persino negare, la tragedia della Shoah. Esplicita, da parte di Bergoglio, l’adozione della neolingua orwelliana imposta dal pensiero unico e dal nuovo regime, non più democratico, che esercita il suo potere a vocazione totalitaria proprio utilizzando la paura del Covid. L’orizzonte è quello illuminato da Bill Gates e dagli altri “padroni dell’universo”, che profetizzano una riformulazione dell’umanità (e della socialità) a misura di pandemia: distanziamento eterno, smart working, pass vaccinale e controllo “cinese” sulla vita delle persone.Lo scorso dicembre, Bergoglio aveva stipulato in Vaticano un’alleanza con il Council for Inclusive Capitalism, organismo promosso da Lynn Forester de Rothschild, grande amica di Hillary Clinton. Due mesi prima era stato Mike Pompeo, segretario di Stato di Donald Trump, ad attaccare frontalmente Bergoglio per la decisione, senza precedenti, di concedere al governo di Pechino il potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina. Un patto che, secondo Pompeo, mina «l’autorità morale della Chiesa», compromessa con la dittatura che opprime i cinesi e ora ricatta il mondo, con l’esplosione dell’epidemia di Wuhan. Puntuale la vendetta di Bergoglio, dopo la caduta di Trump in seguito alle gravissime irregolarità che hanno segnato le presidenziali 2020, alterate da estesi brogli: fingendo di ignorare completamente le ragioni dell’esasperazione dei manifestanti pro-Trump, che il 6 gennaio hanno contestato la certificaziobe della vittoria di Biden arrivando a invadere in modo sconcertante il Parlamento, Bergoglio dichiara il suo stupore per un fatto tanto grave, per «un popolo così disciplinato nella democrazia», denunciando chi «prende una strada contro la comunità, contro la democrazia, contro il bene comune».Un grande influencer, all’occorrenza anche pontefice: dopo il via libera all’immigrazione illimitata dall’Africa e alle teorie di Greta Thunberg sulle cause del surriscaldamento terrestre, Jorge Mario Bergoglio si allinea fortemente al pensiero unico del mainstream anche sui vaccini e su Donald Trump. In uno speciale del Tg5 condotto da Fabio Marchese Ragona, redattore del “Giornale”, Bergoglio condanna l’assalto dei manifestanti a Capitol Hill (senza accennare alle motivazioni che lo hanno determinato) e criminalizza in modo esplicito i cittadini italiani che volessero sottrarsi al vaccino anti-Covid. Non stupisce più di tanto, l’atteggiamento di Papa Francesco: nella primavera 2020 aveva approvato il massimo rigore del severissimo e disastroso lockdown imposto da Conte, ignorando persino le proteste di alcuni coraggiosi sacerdoti per la chiusura delle chiese e la proibizione di celebrare le funzioni religiose. Bargoglio è arrivato a “silenziare” anche il Natale, rinunciando senza battere ciglio alla tradizionale messa di mezzanotte, in ossequio al coprifuoco. E ora attacca chi manifesta dubbi sui vaccini Rna approntati in pochi mesi, senza la consueta sperimentazione: chi si sottrae al vaccino, in pratica, sarebbe un cittadino socialmente irresponsabile. Addirittura un «negazionista».
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Lockdown eterno e campi di detenzione: voci dal Canada
«Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui» (Primo Levi, “Se questo è un uomo”). Lo chiamano The Great Reset, ne hanno parlato a Davos a giugno, al World Economic Forum. Lo sostengono varie lobby internazionali, la fintech, Bill Gates con il suo Id2020, digitalizzazione degli umani, il suo Gavi, attraverso le vaccinazioni a tutti gli umani, Msn con il brevetto di rilevazione dei dati biometrici, con la criptovaluta a mining umano. Soros con il Bretton Woods II e la moneta digitale mondiale. La Rockefeller Foundation che sta promuovendo la sperimentazione del common pass, un passaporto sanitario che si sta sperimentando anche in Svizzera e in Canada, e presto ovunque. Ma di cosa si tratta esattamente? Cos’è questo reset? E’ il vecchissimo – vecchio come Matusalemme – “tabula rasa” di babilonica memoria: in un sistema di moneta debito, inventato 5.000 anni fa con la creazione della scrittura – onore all’autore David Graeber morto recentemente, che ha scritto “Cinquemila anni di debito” – la moneta debito, regolarmente, dev’essere cancellata – tabula rasa – perché quando il debito diventa insostenibile vanno condonati i debiti di tutti i cittadini, altrimenti rischiano di scappare al controllo dell’organizzazione del lavoro. E così i sumerobabilonesi facevano un giubileo ogni 49 anni.Ma questo inizialmente. Poi, con il passare dei secoli tale pratica fu abbandonata per una più cruenta e spietata: la guerra. Con la guerra si rimettono a zero i debiti incagliati e li si ristrutturano a vantaggio dei creditori guerrafondai che solitamente aizzano le due parti. Con la guerra i grands argentiers si garantiscono il bottino e l’indebitamento per la ricostruzione del paese per le future generazioni, fino a quando ritorna la necessità di reset, provocata dal debito circolante + gli interessi: aumento esponenziale, matematicamente parlando. E ricomincia la giostra. Anche le pestilenze del passato hanno assolto a quel ruolo di far crollare le banche dei Bardi e Peruzzi – dopo il fallimento della banca dei Bonsignori – che avevano indebitato i sovrani di mezzo mondo; fallimenti che avvennero anche con la complicità dei Veneziani, che ritirarono l’oro dai loro depositi presso i banchi fiorentini. Per inciso, la peste del 1349 arrivò dalla Cina attraverso la Via della Seta, controllata da Mongoli e Veneziani. Giusto per fare un parallelismo. E oggi, che il mondo è arrivato al necessario reset del debito, che cosa fanno i grands argentiers, i Veneziani di oggi?Con l’aiuto di una pandemia dai contorni inquietanti e dubbi, proveniente da un laboratorio di Wuhan – inaugurato dalla Francia, finanziato dall’Ue, gemellato con un laboratorio di Francoforte e facente parte di programmi di ricerca dell’Oms – si vuole azzerare il debito ma in un modo quanto mai cruento e spietato: schiavizzando con la fintech l’umanità intera. La scusa sarebbe il vaccino Covid, e il regime economico: il comunismo. Il cavallo di Troia? Il reddito universale per tutti, o almeno per quasi tutti. I dissidenti nel gulag. Anzi tutti tra il lockdown e i campi prima di potersi “liberare” con il chip o i dot quantici nel vaccino. A proposito di gulag, un’ipotesi che sta prendendo forma, si sta concretizzando. Ce lo dice l’interrogazione ufficiale di un deputato canadese dell’Ontario. Che chiede spiegazioni al ministro sul piano di costruzione di una rete di campi di detenzione e isolamento nella sua provincia – ma che riguarda il paese intero e il mondo itero – poi il microfono viene tagliato sul più bello. «A settembre il governo federale ha pubblicato un avviso di manifestazione di interesse destinato agli imprenditori per fornire, costruire e gestire campi di quarantena-isolamento in tutte le province e in tutti i territori del Canada. Ma questi campi di isolamento non sono destinati solo alle persone con il Covid, bensì a tutta una serie di altre categorie di persone».«Sicuramente il governo è al corrente dell’intenzione di costruire questi campi di isolamento in tutto il paese e la mia domanda al ministro è: quanti campi saranno costruiti e quante persone ha l’intenzione questo governo di detenere in questi campi?». Questa la prima domanda di Randy Hillier, a cui risponde il premier dell’Ontario. Risposta: «E’ vero che quando i cittadini lasciano il paese e poi ritornano, le province e il governo federale suggeriscono che si auto-isolino, questa è stata la pratica ed è stata efficiente non solo nell’Ontario ma in tutto il paese. E faremo in modo di raddoppiare gli sforzi perché i cittadini dell’Ontario siano messi in sicurezza. Quindi, se l’onorevole si riferisce al fatto che quando un cittadino esce dalla provincia o dal paese debba rimanere isolato per due settimane, al ritorno, rispondo che è stata una buona pratica e che ha funzionato. Anche questa Camera ha fatto la stessa cosa da quando siamo tornati. Quindi faremo tutto quanto è possibile per fare in modo che queste Camere lavorino e che i cittadini dell’Ontario siano messi in sicurezza».Risposta dell’onorevole Hillier: «Signor speaker, qua c’è il capitolato del bando di gara, e in questo capitolato è impiegato un linguaggio chiaro per esprimere che questi campi possono essere utilizzati per una serie di persone, che non si limitano ai viaggiatori, anzi i viaggiatori internazionali non sono neanche citati. Parla solo di “una vasta categoria di persone”. Vi invio la copia del capitolato. Quindi, il vostro governo sta negoziando ed è consapevole di questi piani per detenere e isolare cittadini e residenti del nostro paese e della nostra provincia. Signor speaker, chiedo al primo ministro dove saranno costruiti questi campi, quante persone saranno detenute e per quali ragioni potranno le persone essere detenute in questi campi di isolamento, e vorrei che il premier garantisse al popolo di Ontario…». E qua il microfono viene bruscamente tagliato. Censura. E poi, sempre dal Canada, c’è questa seconda fuga di notizie, che chiarisce con una luce sinistra l’interrogazione del deputato dell’Ontario. Si tratta di un documento che descrive una riunione avvenuta al gabinetto del primo ministro canadese Trudeau, in cui si prevede un secondo lockdown, e i campi di detenzione per chi rifiuta.L’informazione proviene da un deputato insider, che fa parte del partito liberale canadese e le informazioni provengono da una riunione nel Comitato di pianificazione strategica dal gabinetto del premier. «Lo faccio per i miei bambini e tutti gli altri, dice, per un futuro migliore». Il 30% del Comitato di pianificazione, pur non essendo soddisfatto delle politiche del governo e della direzione presa dal Canada, è stato ignorato dagli altri membri del Comitato. La tabella di marcia impartita dal Comitato di pianificazione del governo del Canada, è la seguente: istituire progressivamente un secondo lockdown su base continua prima nelle metropoli e poi nelle periferie entro novembre 2020; accelerare la costruzione dei campi di isolamento/quarantena entro dicembre 2020; è previsto l’aumento esponenziale dei casi e dei decessi, per fine novembre 2020; un secondo lockdown completo e totale molto più severo del primo, per fine dicembre 2020 e inizio gennaio 2021; la riforma e la trasformazione del sistema di sussidi di disoccupazione per la transizione verso un reddito universale, previsto per il primo trimestre 2021; la programmazione di una mutazione del virus Covid-19 con un altro virus chiamato Covid-21 che porterà a una terza ondata con un tasso di infezione e di decessi molto più elevato, per febbraio 2021.I nuovi casi di ricovero per Covid-19 e Covid-21 supereranno le capacità ospedaliere, per il primo e secondo trimestre del 2021. Restrizioni di lockdown migliorativo, chiamate “terzo lockdown”, saranno attuate con il divieto totale di viaggio anche tra città e paesi, secondo trimestre 2021. L’inserimento nel progetto di reddito universale, per il secondo trimestre 2021. L’interruzione programmata delle catene di rifornimento e degli stock, con grande instabilità economica, prevista per la fine del secondo trimestre 2021. Dispiegamento di militari nelle metropoli e nelle principali strade per instaurare posti di blocco e limitare gli spostamenti, al terzo trimestre 2021. Parallelamente a questo programma si è parlato di una transizione economica senza uguali in cui forzare i cittadini. Per compensare il crollo economico internazionale, il governo federale offrirà un taglio del debito, dei debiti personali, dei prestiti e delle ipoteche, grazie al Fmi, nell’ambito del programma mondiale di reset del debito; in cambio, i cittadini perderanno per sempre la proprietà privata di qualsiasi bene e dovranno partecipare al programma di vaccinazione Covid-19 e Covid-21 grazie al quale potranno viaggiare anche in pieno lockdown con un pass sanitario per il Canada. La stessa cosa vale per tutti i paesi del mondo.I membri del Comitato hanno chiesto chi saranno i proprietari dei beni confiscati, e cosa succederà agli istituti di credito: la risposta è stata solo che il programma di reset del debito del Fmi si incaricherà di tutti i dettagli. Il nulla assoluto. Altri membri si sono chiesti cosa succederà ai cittadini che rifiuteranno di partecipare al World Debt Reset del Fmi e al passaporto sanitario Health Pass, e la risposta è stata che i membri del Comitato devono elaborare un piano per fare di tutto perché non si produca mai il rifiuto, e che ne va nell’interesse di tutti i cittadini partecipare. Chi rifiuta vivrà indefinitamente rinchiuso, e quelli che rifiutano il programma di World Debt Reset saranno considerati come un rischio per la salute pubblica, e saranno rinchiusi per sempre se non accettano il programma di cancellazione del debito. Questo è quanto è stato diffuso da un membro del partito liberale canadese che ha partecipato ad una riunione del Comitato di programmazione tecnica del governo canadese. Questo è il programma per tutti i paesi del mondo intero. Tutti i membri che si sono opposti o che hanno fatto domande, sono stati ignorati. Quando vi dicevo che il punto di cui nessuno vuole parlare è la moneta, ma che è questa che muove il male? E che è questa che va riformata in senso di cassa, distributivo, e non debito verso parti terze. Adesso lo sapete.(Nicoletta Forcheri, “Fughe di notizie dal Canada sul grande reset: campi di detenzione e tabella di marcia”, da “Scenari Economici” del 26 ottobre 2020. Glottologa e traduttrice formatasi tra Olanda, Belgio e Regno Unito, la Forcheri ha lavorato per tribunali, Europol e Interpol, polizia giudiziaria, comitati e multinazionali, studi legali internazonali; a lungo attiva presso l’agenzia di stampa Agence Europe, ha operato anche al Parlamento Europeo e alla Commissione Europea).«Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui» (Primo Levi, “Se questo è un uomo”). Lo chiamano The Great Reset, ne hanno parlato a Davos a giugno, al World Economic Forum. Lo sostengono varie lobby internazionali, la fintech, Bill Gates con il suo Id2020, digitalizzazione degli umani, il suo Gavi, attraverso le vaccinazioni a tutti gli umani, Msn con il brevetto di rilevazione dei dati biometrici, con la criptovaluta a mining umano. Soros con il Bretton Woods II e la moneta digitale mondiale. La Rockefeller Foundation che sta promuovendo la sperimentazione del common pass, un passaporto sanitario che si sta sperimentando anche in Svizzera e in Canada, e presto ovunque. Ma di cosa si tratta esattamente? Cos’è questo reset? E’ il vecchissimo – vecchio come Matusalemme – “tabula rasa” di babilonica memoria: in un sistema di moneta debito, inventato 5.000 anni fa con la creazione della scrittura – onore all’autore David Graeber morto recentemente, che ha scritto “Cinquemila anni di debito” – la moneta debito, regolarmente, dev’essere cancellata – tabula rasa – perché quando il debito diventa insostenibile vanno condonati i debiti di tutti i cittadini, altrimenti rischiano di scappare al controllo dell’organizzazione del lavoro. E così i sumerobabilonesi facevano un giubileo ogni 49 anni.
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Covid: il silenzio dello spettacolo e la lezione di Montesano
«Adesso basta. Io non sono un negazionista, perché un negazionista è quello che nega l’Olocausto, e io all’Olocausto ci credo. E ogni volta che usano questo termine a sproposito, offendono tutti i morti che ci sono stati: ebrei, omosessuali, Rom, Sinti. Avessero più rispetto per questa parola, che ricorda una immane tragedia umana!». Così Enrico Montesano si ribella alla barbarie del maninstream, che ormai usa impunemente la parola “negazionista” per criminalizzare chiunque osi contestare le (disastrose) politiche adottate, in Italia e non solo, per contenere il Covid, su indicazione dell’Oms: lockdown, distanziamento indiscriminato e colpevolizzazione dei cittadini, fino all’assurdità estrema dell’imposizione delle mascherine anche all’aperto. Mattatore dello spettacolo italiano, showman televisivo e attore teatrale e cinematografico (63 film all’attivo), negli ultimi mesi Montesano si è distinto dai colleghi: è stato uno dei pochissimi a dire la sua, nel silenzio imbarazzante a cui si sono consegnati attori, registi e cantanti. «Lungi da me negare l’esistenza del Covid. Io sono critico, semmai: che è cosa molto diversa. E il diritto di esserlo non me lo toglieranno di certo».«Io non ho mai negato che esista il Sars-Cov-2, perché purtroppo c’è», dichiara Montesano all’agenzia “Adn Kronos” il 9 ottobre, alla vigilia della “Marcia della Liberazione” (a cui ha aderito) promossa per il 10 ottobre a Roma da Sara Cunial e associazioni come Alleanza Italiana Stop 5G e Movimento 3V. Montesano esprime la sua posizione in modo netto: «Mi metto la mascherina nei posti al chiuso e mantengo la distanza di sicurezza, ma so anche che ora i medici hanno molti strumenti in più, e che nonostante ciò lo Stato ci sta togliendo assurdamente alcune libertà fondamentali. La mia è disobbedienza civile, pacifica, la stessa che metteva in pratica Martin Luther King». Ecco il punto: a differenza della scorsa primavera, oggi i sanitari sanno come affrontare il virus, ma il governo Conte si comporta come se non lo sapessero. «Non ho mai messo in pericolo la sicurezza dello Stato, né la sicurezza dei cittadini italiani», assicura Montesano, che protesta: «Sono indignato: io non posso abbracciare una persona che conosco, non posso darle la mano, e la gente accetta questo passivamente». Altra verità desolante, infatti, la rassegnazione di milioni di italiani.«Dissentire da tutto questo non è né “di destra” né “di sinistra”, tantomeno “fascista”», insiste Montesano: «Basta, dividere gli italiani: ancora non hanno capito che la divisione non è “destra-sinistra”». La faccenda è serissima, infatti: «La divisione e longitudinale, orizzontale, tra chi sta sopra e chi sotto». Riflessione squisitamente intellettuale, politica, sul vero volto della realtà di oggi: ma perché i colleghi di Montesano continuano a tacere? Possibile che a sciorinare tante verità sia un grande attore di 75 anni, mentre moltissimi altri – giovani e meno giovani – non osano fiatare di fronte allo scempio quotidiano della disinformazione? «Ci sono tanti medici, esperti, da Montagnier alla dottoressa Gatti, a Tarro, a Citro, a Tirelli, che dicono che la mascherina all’aperto è inutile e dannosa», ribadisce Montesano. «E io ho più fiducia in questi professionisti, che non appaiono mai in televisione, piuttosto che nel virologo da Tv». Chiosa Montesano, sarcastico: «Questo posso dirlo, o se lo dico sono “fascio-negazionista”, e ora anche no-mask? Non c’è scampo».Quanto alla “marcia” indetta da Sara Cunial e dalle associazioni civiche (ribattezzate “negazioniste” dai disinformatori), Montesano spiega: «Ho detto che aderivo alla manifestazione perché concordo con molto dei punti per i quali si svolge». Puntualizza: «Aderire non vuol dire partecipare, e infatti non sarò presente». La spiegazione non tarda: «Non parteciperò perché queste manifestazioni di piazza, che nascono bene e con tutte le migliori intenzioni, poi non si sa come vanno a finire e da chi vengono prese in mano, e io non voglio condividere la mia presenza con gruppi che non mi piacciono». Peraltro, aggiunge, «aderisco anche a molti dei punti che ha enunciato Marco Rizzo del Partito Comunista alla manifestazione ai Santi Apostoli», sempre prevista per il 10 ottobre nella capitale. In sintesi, conclude l’attore, «credo di avere tutto il diritto di esprimere la mia opinione di dissenso su alcune cose». La generosità civile di Montesano è palesemente offerta agli italiani, specie ai “dormienti” che non hanno ancora ben capito cosa stia davvero succedendo, alla loro democrazia.«C’è modo e modo di imporre divieti», ha detto qualche sera fa in televisione il presidente della Regione Friuli, Massimiliano Fedriga, rispondendo al professor Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano, protagonista di uno scontro polemico con Nicola Porro nella trasmissione “Stasera Italia” condotta da Barbara Palombelli su “Rete 4″. «Anch’io all’inizio dell’emergenza ho firmato ordinanze discutibili», ha ammesso Fedriga, leghista, «ma poi mi sono impegnato affinché lo sforzo di protezione dei cittadini fosse condiviso al massimo, da tutti». Morale: «Se guardate i dati del Friuli, scoprite che siamo tra le Regioni con meno problemi: ma il merito non è mio, è dei fiuliani». Politica, infatti: coinvolgere e spiegare, rinunciando a imporre in modo autoritario. Non si tratta di “negare” nulla, sostiene Fedriga, ma di trattare i cittadini per quello che sono: adulti responsabili, non bambini da spaventare. Verità semplicissima da afferrare (e da applicare), se vivessimo in un paese diverso. Avrebbe un forte impatto, sull’opinione pubblica, se a rilanciarla fossero gli artisti. Tacciono? A maggior ragione si staglia, nella desolazione del silenzio generale, tutto il valore del coraggio civile di Enrico Montesano.«Adesso basta. Io non sono un negazionista, perché un negazionista è quello che nega l’Olocausto, e io all’Olocausto ci credo. E ogni volta che usano questo termine a sproposito, offendono tutti i morti che ci sono stati: ebrei, omosessuali, Rom, Sinti. Avessero più rispetto per questa parola, che ricorda una immane tragedia umana!». Così Enrico Montesano si ribella alla barbarie del maninstream, che ormai usa impunemente la parola “negazionista” per criminalizzare chiunque osi contestare le (disastrose) politiche adottate, in Italia e non solo, per contenere il Covid, su indicazione dell’Oms: lockdown, distanziamento indiscriminato e colpevolizzazione dei cittadini, fino all’assurdità estrema dell’imposizione delle mascherine anche all’aperto. Mattatore dello spettacolo italiano, showman televisivo e attore teatrale e cinematografico (63 film all’attivo), negli ultimi mesi Montesano si è distinto dai colleghi: è stato uno dei pochissimi a dire la sua, nel silenzio imbarazzante a cui si sono consegnati attori, registi e cantanti. «Lungi da me negare l’esistenza del Covid. Io sono critico, semmai: che è cosa molto diversa. E il diritto di esserlo non me lo toglieranno di certo».