Archivio del Tag ‘sincerità’
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“Mai a Est”, così la Nato mentì a Gorbaciov. Ecco le prove
Prima di perdere il potere, Gorbaciov ricevette ampie e ripetute assicurazioni, tra il 1990 e il 1991, sul fatto che la Nato non sarebbe stata estesa ai paesi est-europei. È la verità che emerge dalla pubblicazione, all’inizio dello scorso dicembre, di documenti desecretati contenuti nell’archivio della Sicurezza Nazionale depositato nella George Washington University, spiega Giulietto Chiesa. «Qui è dimostrato che l’Occidente mentì, come si suol dire, per la gola», e cioè: promise ai dirigenti sovietici che la sicurezza nazionale dell’Urss non sarebbe stata minacciata, ma – una volta incassato il bottino politico – non tenne fede alla parola data. I documenti, resi pubblici da due ricercatori (Svetlana Savranskaja e Tom Blanton) svelano questa verità storica in modo inequivocabile: «Fu una congiura, perché a promettere non fu uno solo: lo fecero tutti». E questo, scrivono i due, «è basato sulla fondatezza di documenti scritti e di dispacci scambiati ai più alti livelli». Aveva dunque le sue ragioni Vladimir Putin quando, durante la conferenza di Monaco sulla sicurezza, nel 2007, chiese: «Cosa ne è delle assicurazioni che i nostri partner europei diedero dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia? Dove sono finite quelle dichiarazioni? Sembra che nessuno se ne ricordi, ma mi permetto di ricordare a questo pubblico ciò che venne detto allora».Putin, ricorda chiesa in un post su “Sputnik News”, citò una precisa dichiarazione del segretario generale della Nato di quel momento, Manfred Woerner. A Bruxelles, il 17 maggio 1990, Woerner aveva detto, testualmente: «L’Unione Sovietica ha una solida garanzia di sicurezza dal fatto che non siamo intenzionati a dislocare un esercito della Nato al di fuori del territorio tedesco». Davvero? «Dove sono oggi queste garanzie?», aveva esclamato Putin, tra lo scandalo dei massimi leader europei e americani. «Tutti sembravano avere dimenticato che già nel 1997 la Nato aveva offerto a Ungheria, Polonia e all’allora Cecoslovacchia di entrare nella Nato», annota Chiesa. Storica la frase che il segretario di Stato Usa, James Baker, rivolse a Gorbaciov il 9 febbraio 1990: «La Nato non si espanderà ad est nemmeno di un centimetro». Per la verità, scrive Giulietto Chiesa, Baker usò la misura inglese dell’inch, «ma adesso è noto che qualche miliardo di inches è già stato percorso a est dalle truppe e dagli armamenti della Nato». Una grande menzogna, fin dall’inizio: «L’elenco dei bugiardi che seguirono le orme, in inches, di James Baker è davvero lungo, a leggere gli archivi della Washington University. Ne fecero parte il presidente George Bush padre, il ministro degli esteri tedesco Genscher, il cancelliere Kohl, il presidente francese Mitterrand, Margaret Thatcher, il premier inglese John Major, il capo della Cia Robert Gates, il ministro degli esteri britannico Douglas Hurd».In base al trattato siglato con la sconfitta tedesca della Seconda Guerra Mondiale, Gorbaciov avrebbe avuto nelle sue mani il diritto di veto per impedire la riunificazione tedesca, ricorda Chiesa. E invece, grazie alle bugie sulla Nato, l’ultimo leader dell’Urss «fu indotto ad accettare un patto con l’Occidente, che l’Occidente non ha rispettato». E non si tratta soltanto di documenti d’archivio, precisa Chiesa: in alcuni casi c’è la testimonianza di partecipanti diretti, autori di quelle “promesse da marinaio”. Come Rodric Braithwaite, allora ambasciatore inglese a Mosca, che riferisce di un colloquio tra il premier britannico Major e lo stesso Gorbaciov, avvenuto il 5 marzo 1991, in cui il primo disse al secondo: «Io penso che i suoi sospetti sul ruolo della Nato nella presente situazione siano il risultato di un fraintendimento». Noi non stiamo pensando a un rafforzamento della Nato, giurò il diplomatico inglese: stiamo solo «coordinando gli sforzi per migliorare i rapporti tra l’Unione Europea e la Nato». Secondo le memorie di Robert Gates, allora assai critico verso il trattamento cui veniva sottoposto Gorbaciov, il leader sovietico fu «indotto a credere» alle promesse «mentre si stava preparando in gran fretta e in segreto l’estensione a est della Nato».Due le opzioni occidentali: attendere che l’Urss si afflosciasse da sola o costringerla subito alla resa. Giulietto Chiesa definisce la prima ipotesi «abbastanza sincera». Il suo più convinto sostenitore? Bush. «Non voleva accentuare le dimensioni del crollo sovietico, anche nel timore che una troppo grande umiliazione avrebbe potuto provocare contraccolpi nazionalistici in Russia». Meglio dunque «lasciare la Nato dove stava, accontentandosi di una Germania unificata dentro la Nato, ma senza andare oltre». Tesi che, peraltro, «Kohl e Genscher nettamente preferivano». L’altra opzione era invece «dettata dall’uso spregiudicato dei rapporti di forza», e dunque: rapido allargamento a Est della Nato. «Ma la differenza tra le due opzioni era assai labile», secondo Chiesa: «Era una questione di tempi di realizzazione dello stesso disegno», perché «quelli che oggi definiremmo i “moderati” dell’Occidente» erano semplicemente convinti che l’Unione Sovietica non sarebbe crollata così velocemente, come poi invece avvenne alla fine del 1991. «Erano disposti ad aspettare più a lungo, ma avrebbero fatto la stessa cosa che i secondi (i falchi di Washington) volevano fare subito». L’unico a dirlo a Gorbaciov fu Valentin Falin, dirigente del Pcus: «L’Occidente ci sta prendendo in giro». Avvertimento tardivo e inutile: «I rapporti di forza erano già definiti. E, quando l’Urss crollò, fu ovvio dimenticare le promesse fatte a Gorbaciov, che non era più sulla scena».Prima di perdere il potere, Gorbaciov ricevette ampie e ripetute assicurazioni, tra il 1990 e il 1991, sul fatto che la Nato non sarebbe stata estesa ai paesi est-europei. È la verità che emerge dalla pubblicazione, all’inizio dello scorso dicembre, di documenti desecretati contenuti nell’archivio della Sicurezza Nazionale depositato nella George Washington University, spiega Giulietto Chiesa. «Qui è dimostrato che l’Occidente mentì, come si suol dire, per la gola», e cioè: promise ai dirigenti sovietici che la sicurezza nazionale dell’Urss non sarebbe stata minacciata, ma – una volta incassato il bottino politico – non tenne fede alla parola data. I documenti, resi pubblici da due ricercatori (Svetlana Savranskaja e Tom Blanton) svelano questa verità storica in modo inequivocabile: «Fu una congiura, perché a promettere non fu uno solo: lo fecero tutti». E questo, scrivono i due, «è basato sulla fondatezza di documenti scritti e di dispacci scambiati ai più alti livelli». Aveva dunque le sue ragioni Vladimir Putin quando, durante la conferenza di Monaco sulla sicurezza, nel 2007, chiese: «Cosa ne è delle assicurazioni che i nostri partner europei diedero dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia? Dove sono finite quelle dichiarazioni? Sembra che nessuno se ne ricordi, ma mi permetto di ricordare a questo pubblico ciò che venne detto allora».
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Un boom dei 5 Stelle inguaierebbe i padrini occulti di Grillo?
Vuoi vedere che, votando in massa per i 5 Stelle, si finisce per mettere nei guai gli sponsor occulti di Grillo e Casaleggio? «La condotta dei vertici pentastellati rivela un disegno ormai palese, interamente organico al potere. Ma non bisogna dimenticare gli elettori, i militanti e molti degli stessi parlamentari: sono brave persone, convinte di impegnarsi davvero per migliorare l’Italia». Se per ipotesi andassero al governo, «alla fine qualcosa di buono dovrebbero pur fare, pena il crollo del consenso interno e la perdita della fiducia dei loro elettori». Ragionamento in libertà che porta la firma di Fausto Carotenuto, già “allievo” di Mino Pecorelli, giornalista assassinato durante gli anni di piombo. Per molti anni analista geopolitico dei servizi segreti italiani e consulente dell’intelligence Nato, Carotenuto – ora promotore del network “Coscienze in Rete” – ha sviluppato una sua teoria, spiritualista, sulla filosofia che reggerebbe il mondo: il potere sarebbe saldamente nelle mani di “piramidi oscure” (sempre le stesse, «gesuitico-massoniche»), le cui malefatte però produrrebbero il risultato di «risvegliare gradualmente le coscienze, proprio attraverso le sofferenze inflitte».Carotenuto è un teorico del “risveglio”: sostiene che ormai, anche in Italia, un cittadino su tre non si fidi più del mainstream politico-mediatico. Al quale, a suo parere, il Movimento 5 Stelle appartiene a pieno titolo, nel ruolo di “gatekeeper”: sarebbe un controllore del dissenso, da convogliare verso forme innocue per l’establishment. «Basta vedere chi sono gli assessori romani, tutti suggeriti dallo studio legale di Previti da cui la Raggi proviene, o le frequentazioni di Di Maio nei peggiori circuiti finanziari internazionali, che si è premurato di rassicurare, spiegando che – con lui a Palazzo Chigi – il potere non avrebbe nulla da temere: non per niente, i ministri non sarebbero grillini, ma tecnici, cioè provenienti da quel mondo che Grillo, nel 2013, aveva promesso di “aprire come una scatola di sardine”». Ai microfoni di “Forme d’Onda”, Carotenuto sostiene che non c’è da farsi illusioni, anche nell’eventualità – praticamente impossibile, sondaggi alla mano – di un governo pentastellato. «I Casaleggio non piovono dal cielo: qualcuno ce li ha mandati», ben sapendo che serviva qualcosa di nuovo per “smontare” la rabbia popolare contro i vecchi partiti, «sostanzialmente pedine, tutti quanti, delle stesse “piramidi oscure”».Secondo Carotenuto, «ogni partito ha in sé entrambe le componenti», ovvero «la destra egoistica», incarnata da personaggi come Bush, Trump e Berlusconi, e la controparte più farisaica, «che a parole si richiama all’umanesimo massonico dei diritti ma solo per attrarre consenso», finendo poi per fare la stessa politica del socio occulto, l’ala destra. «Due facce della stessa medaglia». I 5 Stelle? «Sono espressione di questa seconda categoria, quella degli “amici del popolo”». Obiettivo: «Manipolare i buoni sentimenti di milioni di cittadini, sinceramente democratici». Però attenzione: «Di questo, i grillini nemmeno si accorgono: non sanno di essere manipolati». Il bicchiere mezzo pieno? «Intanto esistono, sono lì, e hanno nobili aspettative di giustizia sociale, di rispetto dell’ambiente e dei territori. Sognano una società più giusta: non sarà facile liquidarli». Come dire: se il Movimento 5 Stelle è stato fabbricato dal potere per neutralizzare il dissenso, non è detto che poi la comunità grillina non possa incidere, al di là dei piani dei fondatori, cioè dei loro presunti mandanti rimasti nell’ombra.E’ vero, finora Grillo e i Casaleggio «li hanno gestiti in modo osceno», con pratiche da caserma, «buttando fuori chiunque osasse alzare la mano per dire la sua». Così, dal programma sono spariti gli accenti originari e più radicali». Uno su tutti, la contestazione dell’euro e dell’Unione Europea. «Per non parlare della pagina, pietosa, dei vaccini: anziché attaccarli, come gli elettori 5 Stelle si sarebbero aspettati, hanno evitato di fare la guerra al decreto Lorenzin: adesso, di fronte alle proteste di milioni di famiglie, Di Maio dice che eliminerebbe l’obbligo vaccinale, ma i vaccini continuerebbe a consigliarli caldamente», fingendo di non sapere cosa significhino, per la salute, e che tipo di business alimentino. Con ciò, conclude Carotenuto, «bisogna però ammettere che il programma dei 5 Stelle, anche privo di molti temi originari, è comunque pieno di buoni spunti: siamo sicuri che non verrebbero attuati, nell’ipotesi in cui dovessero davvero andare al governo?».Vuoi vedere che, votando in massa per i 5 Stelle, si finisce per mettere nei guai gli sponsor occulti di Grillo e Casaleggio? «La condotta dei vertici pentastellati rivela un disegno ormai palese, interamente organico al potere. Ma non bisogna dimenticare gli elettori, i militanti e molti degli stessi parlamentari: sono brave persone, convinte di impegnarsi davvero per migliorare l’Italia». Se per ipotesi andassero al governo, «alla fine qualcosa di buono dovrebbero pur fare, pena il crollo del consenso interno e la perdita della fiducia dei loro elettori». Ragionamento in libertà che porta la firma di Fausto Carotenuto, già “allievo” di Mino Pecorelli, giornalista assassinato durante gli anni di piombo. Per molti anni analista geopolitico dei servizi segreti italiani e consulente dell’intelligence Nato, Carotenuto – ora promotore del network “Coscienze in Rete” – ha sviluppato una sua teoria, spiritualista, sulla filosofia che reggerebbe il mondo: il potere sarebbe saldamente nelle mani di “piramidi oscure” (sempre le stesse, «gesuitico-massoniche»), le cui malefatte però produrrebbero il risultato di «risvegliare gradualmente le coscienze, proprio attraverso le sofferenze inflitte».
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E bravo Di Maio, l’aspirante massone che spara sui massoni
Bella faccia di bronzo, Luigi Di Maio: spara contro la massoneria dopo aver bussato, ripetutamente, alle porte più esclusive dei peggiori club supermassonici internazionali, quelli reazionari dell’ultra-destra finanziaria. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che svela la geografia segreta del super-potere massonico mondiale. La frase “incriminata”, di Di Maio l’ha pronunciata in televisione, davanti alle telecamere de “La7”: «Chi urla odio razziale, chi usa espressioni omofobe, chi è iscritto alla massoneria, chi nella propria vita ha portato azioni indecenti non si può candidare col Movimento 5 Stelle». Immediata la replica di Stefano Bisi, leader del Grande Oriente d’Italia: «Mi sono chiesto innanzitutto come un politico che aspira a diventare il futuro presidente del Consiglio, e quindi a rappresentare democraticamente tutti gli italiani senza barriere precostituite, possa usare in maniera irresponsabile e violenta certe affermazioni gratuite». Disse Voltaire: «Disapprovo ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il tuo diritto di dirlo». L’esatto contrario della “dottrina Di Maio”, che ricorda le infauste leggi fasciste che nel 1925 portarono alla persecuzione dei massoni. Ma peggio: magari Di Maio fosse solo fuori strada. E’ anche clamorosamente ipocrita, dice Magaldi, perché il primo a voler entrare in massoneria è proprio lui.«L’ipocrisia e la doppiezza di Luigi Di Maio si fanno addirittura iperboliche, perché il giovanotto ha bussato al gotha delle aristocrazie massoniche neoaristocratiche, non di quelle progressiste», scrive Magaldi su “Grande Oriente Democratico”. Il leader grillino «per poco non è stato preso a pernacchie», in quei salotti di Londra e di Washington, «ma la vicenda ha un carattere tristemente esemplare, perché illustra efficacemente il modus operandi del personaggio in questione e di certa massonofobia militante la quale, privatamente, anela proprio a ciò che in pubblico demonizza e discrimina». E poi c’è un diffuso meccanismo, aggiunge Magaldi, che «induce determinati soggetti politici a scagliarsi contro i massoni che si presentino ufficialmente come tali, senza paludamenti», per poi invece «accogliere a braccia aperte chi conservi un profilo massonico accuratamente segretato». Attenzione: la sortita anti-massonica di Di Maio non è stata casale, ma premeditata: «In quelle parole del candidato premier pentastellato c’è molta ambiguità e ambivalenza». Ovvero: «C’è un messaggio polivalente, rivolto a diversi interlocutori nazionali e internazionali». Un intervento «odioso e ipocrita, apparentemente massonofobico», rivolto – in codice – a soggetti ai quali Di Maio di sta probabilmente ancora rivolgendo. Morale: «Il Movimento 5 Stelle merita un leader migliore».«Una volta che sarà stato celebrato l’ingannevole rito elettorale del 4 marzo, Luigi Di Maio non solo non avrà vinto le elezioni, ma avrà dimostrato di essere stato la peggiore scelta possibile, come “frontman”», scrive Magaldi sul blog del Movimento Roosevelt. Il giorno dopo le elezioni, quindi, «sarà bene che l’intero Movimento 5 Stelle – garante e padre fondatore Beppe Grillo in testa – ripensi alcune modalità comunicative e strutturali dell’avventura pentastellata», anche perché «chi si candida a governare una grande nazione democratica e repubblicana come l’Italia non può permettersi il lusso di discriminare pregiudizialmente la partecipazione politica al proprio movimento di categorie di persone – i massoni – tra le fila dei quali si annoverano peraltro i maggiori eroi del Risorgimento e i più autorevoli padri della Costituzione del 1948». Più in generale, l’asserita interdizione ai liberi muratori («evidentemente a quelli che non fanno mistero di essere tali») di partecipare alla vita politica del M5S e/o di essere candidati tra le sua fila, «non solo viola il testo costituzionale italiano e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma favorisce semmai l’infiltrazione tra i pentastellati di massoni segreti e coperti, cui nessuno potrà contestare l’appartenenza latomistica ed escluderli da liste elettorali, proprio in quanto segreti e coperti».Perciò, conclude Magaldi, «lunga vita e in bocca al lupo ai tanti ottimi candidati sinceramente democratici e progressisti delle liste M5S (in primis a Pino Cabras, giornalista e intellettuale di grande pregio e spessore), ma qualcuno si prenda la briga di sottoporre Luigi Di Maio a un corso accelerato di etica costituzionale e di principi democratici, liberali e libertari, sottraendolo alle pessime figure e alla sicura débâcle cui lo condurrà la sua insipiente, pretestuosa e insincera massonofobia». Dalle parole di Di Maio, secondo Magaldi, emerge «un abisso di ipocrisia». Intanto, sparando contro “i massoni” come categoria, attenta ai diritti costituzionali degli aderenti alla massoneria. «E sarebbe lo stesso se costui avesse usato parole discriminatorie e liberticide contro altre categorie socio-antropologiche: cattolici, ebrei, musulmani, simpatizzanti di tale o talaltra dottrina filosofica, religiosa o sapienziale, inquadrati o meno in associazioni, come la massoneria, perfettamente legali, legittime e costituzionali, e anzi all’origine della nascita stessa delle Costituzioni democratiche moderne e contemporanee». Ma, appunto, il leader grillino non è neppure sincero: «Non si può trascurare il fatto che Luigi Di Maio (al pari di Matteo Renzi, che lo ha preceduto in termini quasi identici), da mesi, stia cercando di trovare a Londra e a Washington qualcuno che gli apra le porte di templi massonici prestigiosi».Bella faccia di bronzo, Luigi Di Maio: spara contro la massoneria dopo aver bussato, ripetutamente, alle porte più esclusive dei peggiori club supermassonici internazionali, quelli reazionari dell’ultra-destra finanziaria. Lo afferma Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che svela la geografia segreta del super-potere massonico mondiale. La frase “incriminata”, Di Maio l’ha pronunciata in televisione, davanti alle telecamere de “La7”: «Chi urla odio razziale, chi usa espressioni omofobe, chi è iscritto alla massoneria, chi nella propria vita ha portato azioni indecenti non si può candidare col Movimento 5 Stelle». Immediata la replica di Stefano Bisi, leader del Grande Oriente d’Italia: «Mi sono chiesto innanzitutto come un politico che aspira a diventare il futuro presidente del Consiglio, e quindi a rappresentare democraticamente tutti gli italiani senza barriere precostituite, possa usare in maniera irresponsabile e violenta certe affermazioni gratuite». Disse Voltaire: «Disapprovo ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il tuo diritto di dirlo». L’esatto contrario della “dottrina Di Maio”, che ricorda le infauste leggi fasciste che nel 1925 portarono alla persecuzione dei massoni. Ma peggio: magari Di Maio fosse solo fuori strada. E’ anche clamorosamente ipocrita, dice Magaldi, perché il primo a voler entrare nei grandi circuiti delle superlogge è proprio lui.
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Myss: il segreto della prostituta che vive in ognuno di noi
La prima idea che a molti viene in mente udendo la parola “prostituzione” è l’immagine di qualcuno che venda il proprio corpo per fini sessuali. Tuttavia la prostituzione a cui mi riferirò in questo articolo non ha a che fare con il sesso a pagamento. La Prostituta interiore è invece una tendenza presente in ognuno di noi. Nel suo libro “Sacred Contracts”, Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come ad un archetipo capace di influenzare la nostra vita in un certo numero di modi. Un archetipo è un’immagine, un modello, un simbolo universale codificato all’interno della psiche umana ed ereditato di generazione in generazione. In ognuno di noi è presente in qualche misura la Prostituta interiore; tanto negli uomini quanto nelle donne. La Prostituta interiore si manifesta nella nostra vita tutte le volte che “vendiamo” metaforicamente una parte di noi per ottenere in cambio un tornaconto personale. Come funziona la Prostituta interiore? Si nutre delle paure connesse alla sopravvivenza e all’incolumità. L’energia di questo archetipo è ascrivibile principalmente al chakra della radice (Primo Chakra), il quale può bloccarsi o danneggiarsi come conseguenza dello sviluppo di determinate credenze o dell’influsso di alcune particolari esperienze di vita.Spesso coloro i quali lottino costantemente con la loro Prostituta interiore sono reduci da infanzie fisicamente o emotivamente precarie. L’individuo guidato dalla Prostituta interiore persegue ad ogni costo una condizione di sicurezza e protezione, anche se ciò significhi rinunciare a diverse prerogative umane. Ad esempio: sacrifica i propri sogni in cambio del comfort; subordina i propri valori ai trend sociali; sgisce a scopo di lucro e non sulla spinta di passione o convinzione; si svende al fine di guadagnare popolarità piuttosto che restare ignoto, ma fedele a se stesso e alla propria unicità; mantiene in vita rapporti malsani per non rinunciare alla sicurezza emotiva, sociale o economica; tende a comportarsi gentilmente solo per ottenere qualcosa in cambio; scende a compromessi con i propri principi etici; manipola gli altri per perseguire un tornaconto personale. L’atteggiamento che caratterizza la Prostituta interiore si può sintetizzare nel mondo seguente: “Sono disposto a dare tutto ciò che mi si chiede (anche in violazione della mia fede, della mia autostima e della mia integrità) in cambio di un’adeguata contropartita”.L’archetipo della Prostituta può indurre a sacrificare qualsiasi cosa in cambio della ricerca della sicurezza e della protezione. Nessun luogo è considerato “terra santa”. Tutto è in vendita al giusto prezzo. Ciò detto, non importa quanto la Prostituta possa apparire “cattiva” o “negativa”. Essa è in realtà una forza del tutto neutra. La Prostituta diventa un problema solo quando non si sia coscienti del suo influsso nella nostra vita. Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come al “guardiano della fede”, in quanto è grazie ad essa che possiamo realizzare fino a che punto siamo inclini a vendere una parte di noi stessi in cambio di un tornaconto. L’archetipo della Prostituta dovrebbe insegnarci a sviluppare l’integrità, il rispetto e la fiducia in noi stessi, e la fede nel Divino. Se compresa e controllata, la Prostituta può aiutarci a scoprire i luoghi della nostra vita in cui abbiamo deciso di venderci.La fiducia è la lezione fondamentale impartita dall’archetipo della Prostituta. Per avere fiducia dobbiamo credere fermamente nella nostra capacità di sperimentare la forza, il benessere e l’abbondanza. Quando dubitiamo di noi stessi, il vuoto che si crea viene riempito dalla ricerca della ricchezza esteriore, degli agi del comfort e da facili gratificazioni che possano compensare il nostro senso di insicurezza. Tutto ciò naturalmente genera ulteriore auto-disistima e insicurezza che alimenta nuovi comportamenti compulsivi dettati dalla Prostituta interiore. L’unico modo di neutralizzare la Prostituta interiore apprendendone gli insegnamenti è rafforzare la nostra fiducia in noi stessi. Il modo migliore di farlo è rendendosi conto che ciò che siamo si estende oltre le nostre personalità, i nostri titoli, le nostre occupazioni lavorative, i nostri corpi e i nostri pensieri. Come possiamo fidarci di ciò che non è realmente “noi”? Ciò che siamo stati condizionati a identificare con “noi” non potrà mai infonderci alcun comfort o senso di sicurezza. Come può una personalità in continuo mutamento, un corpo che invecchia, un lavoro temporaneo, una famiglia transitoria, infondere fiducia in se stessi?Per imparare l’insegnamento della Prostituta e riappropriarci della nostra integrità dobbiamo ristabilire il contatto con l’unico luogo immutabile presente in noi: la nostra Coscienza. Ciò che definiamo “Lavoro dell’Anima”, presente praticamente in ogni tradizione o percorso spirituale, definisce il nostro impegno e la nostra volontà di riconnetterci con la nostra anima. La nostra anima è la nostra essenza, la verità alla radice della nostra esistenza; in altre parole è il nostro flusso di Coscienza. La nostra anima è illimitata, grande, infinitamente saggia e amorevole; è il nostro personale collegamento con lo Spirito, il quale è la radice di ogni cosa. La Prostituta interiore non è un nemico, né è qualcosa di cui vergognarsi. Si tratta invece di un normale istinto di difesa presente in ognuno di noi e a vari livelli. Non si tratta di un “problema” da risolvere cercando di curarlo o farlo magicamente sparire; è invece necessario prendere realmente atto della sua esistenza. Quando comprendiamo la sua essenza possiamo perfino arrivare ad amarla e al tempo stesso impedirle di prendere il controllo delle nostre decisioni ed azioni.Vado ad elencare alcune domande da porsi per accrescere la consapevolezza di quanto le nostre esistenze siano influenzate dalla Prostituta: in quali aree della mia vita ho scelto di sacrificare le mie autentiche esigenze in cambio di denaro, beni materiali, popolarità, protezione, sicurezza, comfort e ammirazione? Vivo rapporti personali o di lavoro manifestamente tossici per il mio benessere? Quali componenti della mia identità ho venduto agli altri? (Esempi: l’allegria, l’affettività, la sincerità, la fantasia…). Ho venduto o sacrificato la mia moralità in cambio di un tornaconto personale? Quante volte mi capita di mentire per ottenere un tornaconto personale? Ho mai indotto qualcuno a “vendersi” per il mio tornaconto personale? Cosa sono disposto a digerire pur di raggiungere o conservare la “sicurezza”? Per lavorare proficuamente con la propria Prostituta interiore occorre raggiungere la ferma consapevolezza che la Coscienza / Dio è sempre qui per supportarci, dal momento che tutti noi siamo parte di Essa / Egli.(Aletheia Luna, “L’archetipo della prostituta”, da “Anticorpi.info” del 16 novembre 2017, ripreso dal blog “La Crepa nel Muro”).La prima idea che a molti viene in mente udendo la parola “prostituzione” è l’immagine di qualcuno che venda il proprio corpo per fini sessuali. Tuttavia la prostituzione a cui mi riferirò in questo articolo non ha a che fare con il sesso a pagamento. La Prostituta interiore è invece una tendenza presente in ognuno di noi. Nel suo libro “Sacred Contracts”, Carolyn Myss si riferisce alla Prostituta interiore come ad un archetipo capace di influenzare la nostra vita in un certo numero di modi. Un archetipo è un’immagine, un modello, un simbolo universale codificato all’interno della psiche umana ed ereditato di generazione in generazione. In ognuno di noi è presente in qualche misura la Prostituta interiore; tanto negli uomini quanto nelle donne. La Prostituta interiore si manifesta nella nostra vita tutte le volte che “vendiamo” metaforicamente una parte di noi per ottenere in cambio un tornaconto personale. Come funziona la Prostituta interiore? Si nutre delle paure connesse alla sopravvivenza e all’incolumità. L’energia di questo archetipo è ascrivibile principalmente al chakra della radice (Primo Chakra), il quale può bloccarsi o danneggiarsi come conseguenza dello sviluppo di determinate credenze o dell’influsso di alcune particolari esperienze di vita.
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Giulietto Chiesa: così Beppe Grillo ha ingannato gli italiani
Avevo creduto alle promesse di Grillo, ma mi ero sbagliato: che se ne rendano conto o meno, i grillini non hanno nessuna possibilità di cambiare l’Italia. E nemmeno nessuna intenzione di farlo, stando a come si comportano i leader: nessuna proposta vera su niente di importante, né la crisi economica né quella geopolitica. «Fanno le pulci alle spese dei parlamentari, ma tacciono sui fiumi di soldi che spendiamo per la difesa militare: 60 milioni di euro al giorno, contro i 44 di finanziamento pubblico a cui i parlamentari grillini hanno rinunciato, dal 2013». Parola di Giulietto Chiesa, direttore di “Pandora Tv” e promotore – con Antonio Igroia – del progetto “Lista del Popolo”, definito anche “La Mossa del Cavallo”. In sintesi: «Metà degli italiani non vanno più a votare, l’altra metà votano per partiti in cui non credono più, in gran parte, e intanto l’Italia va a rotoli: quindi che facciamo, stiamo a guardare?». Chiesa punta su una lista che si rivolga all’oceano dell’astensionismo, per portare in Parlamento un nucleo di opposizione radicale al mainstream politico: «Fra cinque anni sarà tardi, perché i cartelli bancari avranno finito di privatizzare il paese e per l’Italia non ci sarà più niente da fare», dice, ai microfoni di “Border Nights”.A motivare Chiesa rispetto al progetto elettorale con Igroia, anche la cocente delusione rappresentata dai 5 Stelle: «Li ho votati, sperando che la loro spallata sarebbe stata molto utile, ma poi alla spallata non è seguita un’azione». Beppe Grillo? «Mi aveva telefonato, promettendomi che ci saremmo risentiti, per parlare di contenuti. Invece è sparito». Peccato, si rammarica il giornalista, autore di saggi come “La guerra infinita”, sul terrorismo “false flag” dell’11 Settembre. Giulietto Chiesa è tra quanti avevano sperato che, dopo i “vaffa” iniziali, i grillini potessero accettare di crescere e confrontarsi con altri interlocutori sui temi più decisivi. Errore: continuano a ripetere che non faranno alleanze con nessuno. «Hanno ottenuto un grande risultato, dovuto alla genialità spettacolare di Beppe Grillo», ammette. Ma poi, aggiunge, «sostanzialmente hanno ingannato milioni di persone, perché non si può cambiare l’Italia con il 25%». Onestamente: è impensabile cambiare un paese complesso come l’Italia rappresentando solo un elettore su quattro. Si erano illusi di poter conquistare il 51% per cento? «Qualcuno ha addirittura scritto, stupidamente, che tutti si dovrebbero iscrivere al M5S». Altra sciocchezza: «Nel paese ci sono sensibilità diverse, esperienze, storie. Non puoi chiedere alla gente di cancellare il proprio passato. Non esiste una maggioranza della totalità».Nel frattempo, aggiunge Chiesa, «i leader sono andati dietro a Grillo, il deus ex machina che li aveva portati, tra virgolette, al potere. Hanno creduto che, essendo entrati in Parlamento, fossero entrati nel potere: e ci sono stati comodi». Volevano moralizzare il paese? «Ma la moralizzazione che avevano concepito, adesso si vede con tutta chiarezza: era la lotta contro i politici. Sembravano (e sembrano) non rendersi conto che i politici sono solo dei maggiordomi. E’ un errore di analisi», sottolinea Chiesa. «I veri guastatori della democrazia sono state le banche, i grandi imprenditori che hanno venduto le loro imprese all’estero». Un nome su tutti, la Fiat. «Come mai non si parla mai dei grandi imprenditori ladri? Come mai non si parla dei politici che, insieme a loro, hanno cambiato le leggi dello Stato? Non le hanno mica fatte i politici: le hanno fatte i ricchi banchieri che hanno deciso chi doveva scrivere quelle leggi». Giulietto Chiesa non ha mai smesso di parlare con gli elettori grillini, anche su Facebook. «Qualcuno mi ha detto: ma perché non ti iscrivi al M5S? Io ci ho persino provato, ma sono stato respinto: perché ero troppo ingombrante, per questi signori, a cominciare da Beppe Grillo, e a quel punto ho cominciato a pensare che non era un uomo sincero. E adesso lo penso con cognizione di causa».Racconta Chiesa: «A Grillo ho offerto aiuto. Gratis, senza nessun impegno. Gli ho offerto documenti, analisi. Una volta mi telefonò, ero a Mosca, mi ringraziava per aver invitato a votare 5 Stelle in Sicilia. Mi disse: forse dovremmo parlarci. E io: bene, lo farò molto volentieri, al mio rientro in Italia. Mai più sentito». Aggiunge Giulietto Chiesa: «Io sono stato espulso, virtualmente, probabilmente perché sapevano che si sarebbero trovati in grave difficoltà a rispondere a mie obiezioni, che erano tutte amichevoli». Assicura: «Non ho niente contro il Movimento 5 Stelle. Anzi, al contrario: penso che in gran parte sia composto da persone arrabbiate, che non hanno il quadro della situazione ma sono arrabbiate, come milioni di italiani. E io sono arrabbiato esattamente come loro, ma ho capito che senza una linea politica chiara, senza aver individuato il nemico, non si vince. Ecco la differenza». In altre parole: inutile sparare sui politici, meglio individuare i veri “mandanti”. E magari, fare proposte concrete: «Il loro programma 2018 è inconsistente, pari a quello del 2013. Nessun impegno sostanziale sull’economia, sull’Europa, sulla Nato».C’è chi sospetta che i 5 Stelle non siano nient’altro che “gatekeeper”, specchietti per allodole. Missione: deviare l’indignazione popolare verso binari non pericolosi per il potere. Giulietto Chiesa non lo crede: «Ho l’impressione che all’inizio non ci fosse nessun disegno. Credo che né Grillo né gli altri avessero qualche secondo fine. Semplicemente, non essendo in politica, hanno saputo percepire gli umori popolari, e li hanno interpretati. Un fatto spontaneo, quindi, senza un disegno per imbrigliare la spinta popolare». Del resto, qualcosa del genere è avvenuto un po’ in tutta Europa: «Chi ha capito al volo la sfiducia verso i partiti tradizionali ha raccolto questa protesta». Poi, ovvio, i poteri forti hanno strumenti formidabili per imbrigliarla: «Riescono a corrompere, distorcere, inquinare la spinta del nemico. Quindi qualcuno adesso può benissimo aver pensato a questa forza nuova, che però è molto primitiva, non conosce la situazione, non ha esperienza. Qualcuno quindi può aver pensato: ok, dirottiamola su fenomeni secondari. Così il nemico è diventato la classe politica, tutto il resto non è stato visto».Secondo Giulietto Chiesa, «l’Italia è ridotta a colonia dell’America», al guinzaglio della Nato che minaccia la pace in mezzo mondo. «Ma se tu non ti poni il problema di chi è il padrone che ti ha colonizzato, come diavolo puoi pensare di rivoltare l’Italia come un calzino?». I grillini, insiste Chiesa, si sono scatenati contro il finanziamento pubblico ai partiti, rinunciando finora a 44 milioni di euro. «Ma 44 milioni fanno ridere: la nostra difesa militare ci costa 60 milioni di euro al giorno». Grillo dispone di 170, tra deputati e senatori, che si limitano a fare le pulci al conti dei parlamentari: il problema della spesa militare Nato «dovrebbero sollevarlo in Parlamento e gridarlo ai quattro venti», dice Chiesa. «Almeno, quei 44 milioni dovrebbero usarli fare una televisione, che lo dica tutti i giorni dove finiscono quei soldi. Allora sì, ci sarebbe stato un rilancio del movimento: e invece, su queste questioni, silenzio». A quattro anni dalle elezioni 2013, «il Movimento 5 Stelle non solo non dice “uscire dalla Nato”, ma dice “ci voglio rimanere, nella Nato”». E il suo nuovo leader, Di Maio, «va negli Stati Uniti per dire agli americani: state tranquilli, noi non metteremo in discussione il nostro essere una vostra colonia». E allora, conclude Chiesa, «è la fine del Movimento 5 Stelle, e mi dispiace». Può anche darsi che vadano bene, a queste elezioni, «e io glielo auguro». Ma non hanno più nessuna chance di salvare l’Italia.Avevo creduto alle promesse di Grillo, ma sbagliavo: che se ne rendano conto o meno, i grillini non hanno nessuna possibilità di cambiare l’Italia. E nemmeno nessuna intenzione di farlo, stando a come si comportano i leader: nessuna proposta vera su niente di importante, né la crisi economica né quella geopolitica. «Fanno le pulci alle spese dei parlamentari, ma tacciono sui fiumi di soldi che spendiamo per la difesa militare: 60 milioni di euro al giorno, contro i 44 di finanziamento pubblico a cui i parlamentari grillini hanno rinunciato, dal 2013». Parola di Giulietto Chiesa, direttore di “Pandora Tv” e promotore – con Antonio Igroia – del progetto “Lista del Popolo”, definito anche “La Mossa del Cavallo”. In sintesi: «Metà degli italiani non vanno più a votare, l’altra metà votano per partiti in cui non credono più, in gran parte, e intanto l’Italia va a rotoli: quindi che facciamo, stiamo a guardare?». Chiesa punta su una lista che si rivolga all’oceano dell’astensionismo, per portare in Parlamento un nucleo di opposizione radicale al mainstream politico: «Fra cinque anni sarà tardi, perché i cartelli bancari avranno finito di privatizzare il paese e per l’Italia non ci sarà più niente da fare», dice, ai microfoni di “Border Nights”.
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Pareggio di bilancio, Orlando: mi vergogno, la Bce ci ricattò
«Se non inserite il pareggio di bilancio nella Costituzione, vi tagliamo i viveri: restate a secco, senza stipendi». Così la Bce di Mario Draghi ricattò il governo, che dovette piegarsi: la norma ammazza-Italia fu varata l’8 maggio 2012 dall’esecutivo guidato dal super-tecnocrate Mario Monti, per avere effetto a partire dal 2014. A rivelarlo è il ministro della giustizia, Andrea Orlando. Lo ricorda “ByoBlu”, il video-blog di Claudio Messora, che rende pubblico un frammento della conversazione tra Orlando, il giurista Gustavo Zagrebelsky e la giornalista Silvia Truzzi, durante la festa del “Fatto Quotidiano” il 2 settembre 2016. «Speriamo che questa confessione muova gli elettori e i cittadini verso la scelta di governi più decisi nella tutela dei loro interessi», scrive “Scenari Economici”, riproponendo le dichiarazioni rese dal ministro, esponente del Pd. «Oggi noi stiamo vivendo un enorme conflitto tra democrazia ed economia. Oggi, sostanzialmente, i poteri sovranazionali sono in grado di bypassare completamente le democrazie nazionali», dice Orlando, in modo esplicito: «I fatti che si determinano a livello sovranazionale, i soggetti che si sono costituiti a livello sovranazionale, spesso non legittimati democraticamente, sono in grado di mettere le democrazie di fronte al fatto compiuto».Aggiunge Orlando: «La modifica – devo dire abbastanza passata sotto silenzio – della Costituzione per quanto riguarda il tema dell’obbligo di pareggio di bilancio non fu il frutto di una discussione nel paese». Quella decisione, continua il ministro, «fu il frutto del fatto che a un certo punto la Banca Centrale Europa, più o meno – ora la brutalizzo – disse: “O mettete questa clausola nella vostra Costituzione, o altrimenti chiudiamo i rubinetti e non ci sono gli stipendi alla fine del mese”». Nessuno aveva mai rivelato questo retroscena, perlomeno in termini così chiari. E spicca, anche nel passaggio seguente, la sincerità politica di Andrea Orlando: «Io devo dire che è una delle scelte di cui mi vergogno di più, mi vergogno di più di aver fatto». E insiste: «Io penso che sia stato un errore approvare quella modifica. Non tanto per il merito, che pure è contestabile, ma per il modo in cui si arrivò a quella modifica di carattere costituzionale». Commenta “Scenari Economici”, il newsmagazine di Antonio Maria Rinaldi: «Vi rendete conto del peso di queste parole? Un’entità non eletta da nessuno può ricattare e piegare un governo democraticamente eletto!».E’ la drammatica verità, confessata – con insolita franchezza, per un politico – da un esponente del governo italiano: un’ammissione di completa impotenza. «I governi nazionali appaiono deboli fantocci nelle mani di poteri superiori», sintetizza “Scenari Economici”: «Nessun rispetto del popolo, nessun rispetto della Costituzione, solo sopraffazione e applicazione della legge del più forte! I politici appaiono solo come piccoli burattini senza coraggio». Il pareggio di bilancio è notoriamente una norma “suicida”, figlia dell’ideologia neoliberista e imposta per amputare, deliberatamente, la capacità di spesa, cioè di investimento. «Il deficit pubblico è, al netto, la ricchezza reale dei cittadini, imprese e famiglie», sottolinea Paolo Barnard. «Al contrario, il pareggio di bilancio prefigura un “saldo zero”: lo Stato non spende per i cittadini più di quanto i cittadini stessi non versino in tasse». Risultato: la morte clinica dello Stato come motore finanziario dell’economia nazionale privata. «E’ perfettamente inutile tagliare le tasse – ricorda l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt – se prima non si aumenta la spesa pubblica, senza la quale va in sofferenza il comparto economico privato».Tra i silenziosi “approvatori” della norma-killer, per l’economia italiana, figura anche Pierluigi Bersani, allora leader del Pd, che impose al suo gruppo parlamentare di piegare la testa di fronte al ricatto dell’oligarchia eurocratica, pur sapendo che il pareggio di bilancio avrebbe compromesso quella stessa Costituzione in nome della quale, lo scorso 4 dicembre, si alzarono barricate contro la proposta renziana di porre fine al bicameralismo perfetto, sopprimendo il Senato elettivo. Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, ha più volte denunciato l’ipocrisia bersaniana: «Com’è possibile oggi appellarsi esplicitamente all’articolo 1 della Costituzione “fondata sul lavoro”, se si è votato per lesionarla, quella Carta costituzionale, impedendole di garantire posti di lavoro?». Dopo lo strappo con Renzi, Bersani e Speranza hanno dato vita a Mdp insieme a D’Alema, cioè l’uomo che si vantò – da premier – di aver fatto registrare il record europeo nelle privatizzazioni. Oggi, di fronte allo sbando generale della politica – nessun vero programma salva-Italia da Pd, Berlusconi e 5 Stelle – non può che stupire la franchezza di un politico come Andrea Orlando: abbiamo sbagliato, dice, e me ne vergogno.«Se non inserite il pareggio di bilancio nella Costituzione, vi tagliamo i viveri: restate a secco, senza stipendi». Così la Bce di Mario Draghi ricattò il governo, che dovette piegarsi: la norma ammazza-Italia fu varata l’8 maggio 2012 dall’esecutivo guidato dal super-tecnocrate Mario Monti, per avere effetto a partire dal 2014. A rivelarlo è il ministro della giustizia, Andrea Orlando. Lo ricorda “ByoBlu”, il video-blog di Claudio Messora, che rende pubblico un frammento della conversazione tra Orlando, il giurista Gustavo Zagrebelsky e la giornalista Silvia Truzzi, durante la festa del “Fatto Quotidiano” il 3 settembre 2016. «Speriamo che questa confessione muova gli elettori e i cittadini verso la scelta di governi più decisi nella tutela dei loro interessi», scrive “Scenari Economici”, riproponendo le dichiarazioni rese dal ministro, esponente del Pd. «Oggi noi stiamo vivendo un enorme conflitto tra democrazia ed economia. Oggi, sostanzialmente, i poteri sovranazionali sono in grado di bypassare completamente le democrazie nazionali», dice Orlando, in modo esplicito: «I fatti che si determinano a livello sovranazionale, i soggetti che si sono costituiti a livello sovranazionale, spesso non legittimati democraticamente, sono in grado di mettere le democrazie di fronte al fatto compiuto».
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Weidmann: voi italiani più ricchi dei tedeschi, come osate?
Dev’essere proprio un mondo schifoso quello che mi costringe a dare ragione ad Enrico Letta. Eppure, dichiarando che sarebbe un disastro se il capo della Bundesbank Weidmann dovesse sostituire Draghi, l’ex premier ha perfettamente ragione. Da qualche tempo i tedeschi hanno fatto trapelare l’ipotesi e l’interessato stesso non ha smentito questa possibilità nell’intervista appena rilasciata alla Rai. Già il fatto che l’unica intervista rilasciata da Weidmann sia stata ai media italiani la dice lunga sull’avanzamento del progetto, e infatti Weidmann ha lanciato un messaggio piuttosto chiaro su cosa dovrebbe essere fatto nei nostri confronti. E cosa diamine avrà mai il presidente della Bundesbank che non va? La fiatella? Gli puzzano i piedi? Ha le chiappe chiacchierate? Strozza le vecchiette per hobby? Se fosse solo per queste cosucce non sarebbe tanto diverso da un Brunetta qualsiasi, il guaio è che Jens Weidmann conserva dell’Italia l’immagine stereotipata trasmessa dai film americani degli anni Cinquanta (pizza, mafia e mandolino), ma soprattutto non si capacita di come questi cialtroni mediterranei possiedano una ricchezza privata media superiore a quella di un tedesco.Weidmann lo dice col sorriso tirato tipico dei primi della classe, ma lo dice chiaramente e proprio nell’intervista messa in onda ieri da RaiUno nella trasmissione di Lucia Annunziata. «Sa che è stata fatta una ricerca tra i paesi dell’area euro, nella quale si evidenzia che le famiglie italiane hanno più patrimonio delle famiglie tedesche? Non penso però che qualcuno auspichi un trasferimento di patrimoni dall’Italia alla Germania…». Così ha detto Weidmann all’intervistatrice, sfoggiando un bel sorriso sarcastico. I passaggi dell’intervista sono piuttosto lunghi e numerosi e tutti i giornalisti, in queste ore, si stanno soffermando sulle dichiarazioni del presidente della Bundesbank con riferimento al quantitative easing di Mario Draghi, che per Weidmann è stato un fallimento, o sulla necessità che l’Italia provveda quanto prima a ridurre il debito pubblico. Invece, il punto chiave è quello evidenzaito dal sottoscritto: “Le famiglie italiane hanno più patrimonio di quelle tedesche!”.E’ di assoluta evidenza, per uno studioso del fenomeno capitalistico, che l’ultracapitalismo non può reggersi a lungo quando consente alla maggior parte della popolazone di tutelarsi attraverso il risparmio. Se ci facciamo caso, i paesi maggiormente capitalistici, come gli Stati Uniti, promuovono la spesa dei privati tramite carte di credito, tramite i “pagherò”, ma non certo tramite il risparmio. E persino la prima casa è molto più tassata che in Italia. Lasciamo perdere le faraoniche idiozie che ha raccontato Berlusconi per anni, la verità è che nei paesi capitalistici i patrimoni sono riservati ai ricchi e che anche gli alti stipendi della middle class vengono puntualmente sputtanati in tasse, assicurazioni e cianfrusaglie da comprare (tipo il suv coi rostri per i bufali, anche se abiti a New York City). Per gli americani, avere una casa di proprietà (e non essere in affitto) vuol dire veramente avercela fatta nella vita. Difatti, a parte i ricchi ricchi, praticamente nessuno ne ha un’altra, la famosa seconda casa.Bene, ora guardatevi un po’ attorno: quanti impiegati e operai conoscete, in Italia, che hanno una seconda casa? Io abito in Veneto e, oserei dire, almeno una famiglia su tre. Ma al di là delle impressioni personali, quel che è certo è che i tedeschi non sono nelle nostre stesse condizioni e non si capacitano del perchè, nonostante il loro efficentismo e i loro (ex) alti stipendi, siano più poveri degli italiani come beni-rifugio accumulati. Ma Weidmann lo sa (welfare e tasse basse sul patrimonio) ed è lì che andrà a picchiare se diventerà il nuovo inquilino della Bce a Francoforte. Con Weidmann al posto di Draghi il debito italiano non avrà più alcuna copertura e diventerà facile occasione di vendite allo scoperto per gli speculatori. Il governo italiano, qualsiasi esso sia, dovrà porvi rimedio attraverso alte tasse sui patrimoni della classe media italiana, trasferendo di fatto quella ricchezza alle banche tedesche, finalmente monopolio del board della Bce. Se c’è una cosa bella dei tedeschi è che non sanno mentire. Purtroppo, troppi italiani non capiscono e non sanno trarre le conclusioni politiche dalle confessioni d’oltralpe.(Massimo Bordin, “Il capo della Bundesbank si lascia scappare cosa vogliono i tedeschi dall’Italia”, dal blog “Micidial” del 25 settembre 2017).Dev’essere proprio un mondo schifoso quello che mi costringe a dare ragione ad Enrico Letta. Eppure, dichiarando che sarebbe un disastro se il capo della Bundesbank Weidmann dovesse sostituire Draghi, l’ex premier ha perfettamente ragione. Da qualche tempo i tedeschi hanno fatto trapelare l’ipotesi e l’interessato stesso non ha smentito questa possibilità nell’intervista appena rilasciata alla Rai. Già il fatto che l’unica intervista rilasciata da Weidmann sia stata ai media italiani la dice lunga sull’avanzamento del progetto, e infatti Weidmann ha lanciato un messaggio piuttosto chiaro su cosa dovrebbe essere fatto nei nostri confronti. E cosa diamine avrà mai il presidente della Bundesbank che non va? La fiatella? Gli puzzano i piedi? Ha le chiappe chiacchierate? Strozza le vecchiette per hobby? Se fosse solo per queste cosucce non sarebbe tanto diverso da un Brunetta qualsiasi, il guaio è che Jens Weidmann conserva dell’Italia l’immagine stereotipata trasmessa dai film americani degli anni Cinquanta (pizza, mafia e mandolino), ma soprattutto non si capacita di come questi cialtroni mediterranei possiedano una ricchezza privata media superiore a quella di un tedesco.
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Tino Aime, il timido maestro che ha fatto parlare l’invisibile
Quando un maestro trasloca, tace il rumore e l’aria si popola di parole sospese, che restano lì e non se ne andranno. Tino Aime, riconosciuto caposcuola ed elegantissimo incisore, cresciuto nella Torino del dopoguerra, quella di Casorati, fu iniziato alla Libera Accademia sotto la guida di Idro Colombi. Era nato a Cuneo 86 anni fa. Discendeva da una stirpe di pastori annidata sulle impervie alture di Roaschia, valle Gesso, zona Nuto Revelli. Memorabile il primo incontro tra i due, in alta val Maira: lo scrittore a caccia di sopravvissuti in carne e ossa, il pittore in cerca di altre sopravvivenze, ancora più impalpabili. Nuto Revelli e poi anche Davide Lajolo, Nico Orengo, Massimo Mila, finissimi cantori come Francesco Biamonti. Tutti innamorati del segno inimitabile dell’ex ragazzo di Roaschia. Fino al grande Mario Rigoni Stern, vera e propria anima gemella, accomunato dallo stesso amore per i silenzi del bosco, la montagna scabra e nuda, la lingua nitida e sincera della neve. Il vero nome di Aime, Battista, rivela quasi una vocazione: un battesimo della luce, fatto di nuovi occhi per scrutare l’orizzonte e scoprire che, volendo, la meraviglia abita ovunque.Chi l’ha conosciuto ha potuto constatare la perfetta coincidenza tra l’opera e la vita: stessa capacità di dire tutto, con pochissimo, senza parlare quasi mai. Arte figurativa, in apparenza, ma con dentro le stimmate del vasto Novecento, il codice cifrato dei Sironi, dei Morandi. Le tele degli esordi raccontano periferie desolate, urbane, travolte dall’industria. Lo spirito del tempo: un carotaggio nel dolore, tra le macerie della guerra appena spentasi – tanto più vivo nell’artista giovanissimo, scampato con terrore (per due volte, da bambino) alle bombe degli alleati. Poi, però, Tino ha lasciato la città. Ha scelto la montagna, seguendo l’istinto: il ritorno alla terra magra degli antenati. E non ne ha fatto un’elegia, ma un cantico, riuscendo sempre a far vibrare l’aria. Schivo e ritroso, timidissimo, si è avventurato nel sua homeland che non ha confini, ha per frontiera solo il cielo. Niente alpinismo, nessuna cartolina. Terra vissuta, scura e primordiale, dentro un’archeologia di case diroccate, un’antropologia di assenze. Un viaggio nel silenzio, rischiarato dalla luna. Un’armonia di essenze indecifrabili e misteri, oltre il fraseggio elementare della geografia, dell’apparenza.Vedere quello che non c’è. Mostrare quel che c’è, ma non si vede. Una missione: condotta fino in fondo, per tutta la vita, come un dovere segreto, una promessa impossibile da estinguere. Tutto nasce da una strana confidenza, che avvicina all’invisibile. Narrazioni sottili, la finezza laconica dell’haiku. Ovunque espressa: nella solarità mediterranea del Ponente ligure, nei deserti spagnoli dell’Estremadura, nel bianco abbacinante dell’Andalusia. E tra le lande dell’amatissima Provenza dove Tino, ancora giovane, fu scelto – per elezione – dalla chiassosa banda dei gitani, il favoloso popolo migrante, alle prese coi festeggiamenti della loro regina, sulla spiaggia che ricorda il leggendario sbarco delle Marie venute dal mare, appena dopo il supplizio del Calvario. Tra i misteri di Tino Aime, il Battista cuneese, la passione con la quale – da laico irriducibile – ha offerto la sua arte alla simbologia spirituale, religiosa, con Cristi crocefissi – plastici, inteneriti – che adornano abbazie, chiese, cappelle di montagna.Si è spinto in Romania, tra le selve dei germani, nella laguna di Venezia – ricamando l’intarsio dei palazzi che si specchiano in un cielo d’acqua. Ma la sua vera casa è stata soprattutto la montagna piemontese, dalle natìe vallate d’Occitania fino alla patria di più recente acquisizione, la tormentata val di Susa, esplorata in profondità e fatta parlare in modo insospettabile, sciorinando storie e lingue sconosciute. Un’epica silente, che ricorda le cadenze di Neruda, l’attitudine domestica alla gioia, là dove non l’aspetti. Compaiono giganti, ma sono solo pettirossi, merli, ortensie. E tutto è misteriosamente sacro, in Tino Aime. Le sue notti incantate, i suoi inverni. L’impenetrabile splendore delle cose, recitato col cuore, rispondendo a una chiamata antica.Era anche amaro, a volte, il vecchio Tino. Scoraggiato, dalla barbarie incorreggibile del mondo. Siate onesti, ha mandato a dire – di recente – a una scolaresca di artisti in erba. E state in guardia: non fidatevi di quel che vi raccontano. Tino ha ascoltato tutti, ma poi ha sempre scelto in solitudine. Sapeva cosa fare, dove andare. Che verità evocare, sapendole tacere. Usava specchi, per incidere le lastre. Come Leonardo, conosceva l’arte del contrario – certo che il tutto, poi, si rivelasse alla distanza, senza strappi. Niente e nessuno in prima fila, mai, nel suo mosaico: parti dell’armonia, l’insieme risuonante. Amava lavorare a suon di musica, spesso sceglieva Bach. Ha frequentato – in buona compagnia, la sua – il gran paese da cui scendono silenzi e sogni. Quelli rimasti qui non svaniranno, grazie a lui.Quando un maestro trasloca, tace il rumore e l’aria si popola di parole sospese, che restano lì e non se ne andranno. Tino Aime, riconosciuto caposcuola ed elegantissimo incisore, cresciuto nella Torino del dopoguerra, quella di Casorati, fu iniziato alla Libera Accademia sotto la guida di Idro Colombi. Era nato a Cuneo 86 anni fa. Discendeva da una stirpe di pastori annidata sulle impervie alture di Roaschia, valle Gesso, zona Nuto Revelli. Memorabile il primo incontro tra i due, in alta val Maira: lo scrittore a caccia di sopravvissuti in carne e ossa, il pittore in cerca di altre sopravvivenze, ancora più impalpabili. Nuto Revelli e poi anche Davide Lajolo, Nico Orengo, Massimo Mila, finissimi cantori come Francesco Biamonti. Tutti innamorati del segno inimitabile dell’ex ragazzo di Roaschia. Fino al grande Mario Rigoni Stern, vera e propria anima gemella, accomunato dallo stesso amore per i silenzi del bosco, la montagna scabra e nuda, la lingua nitida e sincera della neve. Il vero nome di Aime, Battista, rivela quasi una vocazione: un battesimo della luce, fatto di nuovi occhi per scrutare l’orizzonte e scoprire che, volendo, la meraviglia abita ovunque.
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Pastor Talent, il prete-star che parla con Dio: al telefono
«Pronto, chi parla?». «Sono io, Dio». Non è uno scherzo telefonico, ma una storia vera. Quella di un prete africano, Paul Sanyagore, che si fa chiamare “Pastor Talent” e vive in Zimbabwe. Sostiene di essere in linea con l’Altissimo: non solo Dio sarebbe dotato di un cellulare, ma addirittura avrebbe lasciato il suo numero a pochi eletti, che lo possono chiamare in qualsiasi momento. “Pastor Talent”, a cui certo il talento non manca, afferma di averlo sentito più di una volta, il “principale”, chiedendogli consiglio su qualche questione e chiacchierandoci piacevolmente. «Di certo per molti fedeli è bello pensare di poter parlare con Dio, ma nessuno ha mai creduto di poterlo fare veramente, almeno non con un cellulare», scrive “Supereva”. Pastor Talent invece è convinto di avercelo davvero, quel benedetto numero di telefono. E giura di poterlo sentire ogni volta che ha bisogno di aiuto. «Semplicemente lui digita il numero e Dio risponde». Roba da far impallidire tutta la saga delle famose apparizioni mariane, da Lourdes a Medjugorje: perché ricorrere a incerte visioni diafane in qualche grotta, se si può telefonare direttamente al Numero Uno?Tutto sarebbe iniziato qualche tempo fa, racconta “Supereva”, quando Paul Sanyagore stava pregando. Una “voce” gli avrebbe sussurrato un numero di telefono, chiedendogli di chiamare. «Il prete avrebbe ubbidito e dall’altro capo della cornetta avrebbe sentito la voce di Dio», nientemeno. «Ho un canale diretto», ha raccontato in un’intervista. «Ho il suo numero di cellulare e posso chiamarlo quando ce n’è bisogno». Insiste: «È possibile parlare con Dio: perché dubitate che gli parli al telefono?». Strana, la gente: a volte stenta a crederti, se racconti di aver vissuto un’esperienza così comune, quasi banale. Telefonare a Dio? E che ci vuole: «Ho il numero diretto, dove chiamarlo e avere istruzioni su cosa fare». Facile, elementare. La cosa più naturale del mondo. Potenza della telefonia mobile, si direbbe: ora persino Dio può parlare con noi (o meglio, con “Pastor Talent”) e senza scatto alla risposta.«Se le affermazioni di Sanyagore vi sembrano davvero surreali, sappiate che moltissime persone gli credono e in Zimbabwe è diventato una vera star». Chi l’avrebbe mai detto. «Da quando ha svelato di poter chiamare al telefono Dio, i fedeli nella sua chiesa sono aumentati a dismisura». Di solito, gli “unti dal Signore” a questo punto provano un’attrazione irresistibile per il medium per eccellenza. E infatti: «L’uomo ha addirittura creato un proprio canale televisivo, chiamato “Victory Tv”. «In tanti, comunque sia – chiosa “Supereva” – hanno messo in dubbio la sua sincerità». Al che, Paul Sanyagore si è deciso a promettere che avrebbe presto svelato il famoso numero di telefono di Dio. «Sino ad ora però la sua promessa non ha avuto seguito». Che peccato.«Pronto, chi parla?». «Sono io, Dio». Non è uno scherzo telefonico, ma una storia vera. Quella di un prete africano, Paul Sanyagore, che si fa chiamare “Pastor Talent” e vive in Zimbabwe. Sostiene di essere in linea con l’Altissimo: non solo Dio sarebbe dotato di un cellulare, ma addirittura avrebbe lasciato il suo numero a pochi eletti, che lo possono chiamare in qualsiasi momento. “Pastor Talent”, a cui certo il talento non manca, afferma di averlo sentito più di una volta, il “principale”, chiedendogli consiglio su qualche questione e chiacchierandoci piacevolmente. «Di certo per molti fedeli è bello pensare di poter parlare con Dio, ma nessuno ha mai creduto di poterlo fare veramente, almeno non con un cellulare», scrive “Supereva”. Pastor Talent invece è convinto di avercelo davvero, quel benedetto numero di telefono. E giura di poterlo sentire ogni volta che ha bisogno di aiuto. «Semplicemente lui digita il numero e Dio risponde». Roba da far impallidire tutta la saga delle famose apparizioni mariane, da Lourdes a Medjugorje: perché ricorrere a incerte visioni diafane in qualche grotta, se si può telefonare direttamente al Numero Uno?
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Schulz e Juncker, l’amico dei migranti e il finto populista
«Non dormo più da dieci giorni. Ho 52 anni, tra qualche mese 53, da ieri sono ufficialmente un esubero». Parola di Iacopo Savelli, giornalista di “Sky”. «A Savelli voglio solo dire quanto segue: la situazione che lei vive da una decina di giorni, tanti la vivono dalla nascita; tantissimi dalla nascita dell’Ue e dell’euro», replica Vincenzo Bellisario sul blog del Movimento Roosevelt, che cita il programma, sintetizzato in un Tweet, del candicato cancelliere Martin Shulz per “riformare” l’Ue: «I rifugiati rappresentano il “sogno europeo” e valgono più dell’oro», dice l’ex presidente del Parlamento Europeo, in corsa per sfidare Angela Merkel, con cui finora ha governato. In effetti, sottolinea Bellisario, «considerando il notissimo progetto Ue di abbassamento dei salari», ben espresso dalla “lettera riservata della Bce al governo italiano” del 2011, Schulz ha perfettamente ragione: i migranti contribuiscono alla svalutazione interna indotta dall’euro, con il crollo del costo del lavoro (e del reddito medio europeo). Oro che cola, i rifugiati: «Nessun contratto di ingaggio, 10-12 ore di lavoro al giorno, 300 euro al mese». Nemmeno l’affitto è un problema: «Vivono anche in 20 persone all’interno di 60-70 metri di casa».Ha dunque “ragione” Martin Schulz, «esattamente come avevano ragione i vari D’Alema», quando affermavano di volere «almeno altri 30-50 milioni di extraeuropei nei prossimi anni all’interno Ue». Ovvio che poi esploda il “populismo”, che – per inciso – secondo Dario Fo non è un’esaltazione demagogica del popolo, anzi: «Il populista è colui che intende migliorare la posizione del popolo permettendogli di sfuggire alle violenze della classe dominante, ai ricatti e allo sfruttamento». Attenzione, però, al populista che non t’aspetti: come il maggiordomo dell’élite europea, Jean-Claude Juncker, che ora parla di “reddito minimo di base”, cercando di scippare ai “populisti” (quelli veri) il loro principale cavallo di battaglia. «Chi ottiene un reddito fisso mensile dall’Ue, difficilmente sarà spinto ad abbandonarla», scrive Bellisario. «Insomma, dopo 25 anni di “macelleria sociale” targata Ue ed euro, hanno capito che l’unico modo per battere il “populismo” è quello di trasformarsi in “populisti”». Bellisario cita l’Eurispes, secondo cui il 48,3% delle famiglie italiane non arriva alla fine del mese, mentre in Grecia una famiglia su due sopravvive grazie alla pensione di un familiare.L’allarme lanciato da Savelli, il giornalista di “Sky”, è decisamente illuminante: la catastrofe della crisi sta entrando anche nelle case dei “protetti” che mai avrebbero pensato di finire nei guai. Bellisario consiglia di non fidarsi né del solidarismo di Schulz, né di quello di Juncker: sono entrambi insinceri e provengono da due alti responsabili del disastro, che oggi provano a travestirsi da “amici del popolo”. In realtà stanno cercando di cambiare “canzone”, incalzati dai sondaggi e frastornati dagli ultimi risultati. Nell’ordine: Brexit, Trump, il No al referendum italiano. Attenti a quei due: sotto sotto, Schulz e Juncker la pensano sempre come il “maestro” Mario Monti, fiero del «grande successo dell’euro», la moneta creata «per convincere la Germania che attraverso l’euro e i suoi vincoli la cultura della stabilità tedesca si sarebbe diffusa a tutti». E dunque, per il cinico tecnocrate, «quale caso di scuola si sarebbe potuto immaginare milgiore di una Grecia che è costretta a dare peso alla cultura della stabilità e sta trasformando se stessa?». Con Schulz e Juncker, l’intera Europa scivola verso la Grecia “esemplare” di Monti, alla velocità della luce.«Non dormo più da dieci giorni. Ho 52 anni, tra qualche mese 53, da ieri sono ufficialmente un esubero». Parola di Iacopo Savelli, giornalista di “Sky”. «A Savelli voglio solo dire quanto segue: la situazione che lei vive da una decina di giorni, tanti la vivono dalla nascita; tantissimi dalla nascita dell’Ue e dell’euro», replica Vincenzo Bellisario sul blog del Movimento Roosevelt, che cita il programma, sintetizzato in un Tweet, del candicato cancelliere Martin Schulz per “riformare” l’Ue: «I rifugiati rappresentano il “sogno europeo” e valgono più dell’oro», dice l’ex presidente del Parlamento Europeo, in corsa per sfidare Angela Merkel, con cui finora ha governato. In effetti, sottolinea Bellisario, «considerando il notissimo progetto Ue di abbassamento dei salari», ben espresso dalla “lettera riservata della Bce al governo italiano” del 2011, Schulz ha perfettamente ragione: i migranti contribuiscono alla svalutazione interna indotta dall’euro, con il crollo del costo del lavoro (e del reddito medio europeo). Oro che cola, i rifugiati: «Nessun contratto di ingaggio, 10-12 ore di lavoro al giorno, 300 euro al mese». Nemmeno l’affitto è un problema: «Vivono anche in 20 persone all’interno di 60-70 metri di casa».
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Le truffe della “spiritualità” e il Manuale del Partigiano Zen
Ti si sono aperti tutti i chakra e stai fluendo in sincronia perfetta con l’esistenza? Senti l’amore cosmico che ti fa salire la kundalini? Sei certo di essere a un passo dall’illuminazione? Senti energeticamente, dici che tutto è Uno, vedi le vite passate, hai preso 23 livelli di Reiki e hai 5 nomi sannyasin? Sei convinto che il mondo sia un’illusione e te ne freghi di tutto? O hai davvero qualcosa da insegnarci, o com’è più probabile, ci sei davvero dentro fin sopra il collo. Sei infettato dall’ego spirituale, un altro astuto nemico sulla strada verso la vittoria. L’ego spirituale è una delle più astute maschere dell’Io. È l’uso e il consumo di tutto ciò che è “spirituale” per la gratificazione dell’ego. È il nuovo vestito di quel vecchio ego che prima faceva classifiche mondane e misurava chi era il più figo, ma ora vuole accumulare cose nel mondo dello spirito. Però la puzza dell’ego è sempre la stessa. Solo che adesso vuole farsi bello con conquiste interiori, cambiamenti metafisici, seminari che danno i superpoteri, terapie che guariscono da tutti i problemi, ricette belle e fatte sulla felicità permanente.L’ego spirituale non guarda in faccia a nessuno, anche se spesso le sue prede preferite sono le persone sensibili, idealiste, sognatrici. L’ego spirituale è subdolo e pericoloso, perché meno visibile, molto astuto e più difficile da smascherare. Cerca di pompare la tua presunta intelligenza e la tua cosiddetta saggezza spacciandoli per verità e alla fine ci caschi anche tu. Le persone in preda all’ego spirituale sono in genere anime belle che cercano rifugio dal loro disagio in quello che ritengono il mondo dello spirito. Non bisogna dimenticare che la stragrande maggioranza delle persone arriva a un percorso “spirituale” perché avverte sofferenza e disagio, perché è in crisi, perché è confusa; e questo è sacrosanto, naturale. Essere in crisi è la porta di accesso al cambiamento e all’evoluzione, e tutti, prima o poi, passiamo di lì. Ma a volte ci si attacca forzatamente anche alle nostre presunte conquiste interiori per paura di restare vuoti e senza appigli. Dopo che hai sofferto trovi un insegnamento o qualcosa che ti fa stare bene: pensi di essere arrivato, di aver trovato la chiave, “the secret”, e ti dici: finalmente, ora ho capito! Così rischi di cristallizzarti in una nuova identità spirituale.Dietro c’è il bisogno di considerazione e di approvazione, e la voglia di fuggire dalle cose che non hai risolto. Indossare il nuovo vestito spirituale è una nuova bellissima e illusoria sicurezza: ti senti maggiormente accettato, ti piace avere un certo tipo di potere (io ti posso guarire!), di conoscenza, di amicizie, o un nuovo nome spirituale; senti che puoi avere le risposte, ti senti più utile, figo, sicuro, protetto, arrivato. Non c’è niente di male, ma è sempre il giochino dell’ego che prima o poi si romperà, e tu dovrai fare i conti con quelle cose che ti hanno legato all’ego spirituale: la ricerca di sicurezza, di potere, la paura di non essere accettato, il bisogno d’amore, la mancanza di senso, il dolore e l’angoscia, il desiderio di essere visto. Ecco che il mondo spirituale ti offre una meravigliosa occasione: prendi otto iniziazioni, fai diecimila corsi diversi cercando di risolverti, vuoi l’illuminazione in tre giorni, cerchi nelle presunte coincidenze la conferma a una tua credenza, leggi 10.000 frasi spirituali senza metterne in pratica nemmeno una. Vuoi diventare qualcuno nel mondo dello Spirito, ma attento, perché se incontri un vero Maestro diventerai Nessuno.Il grande pericolo di tutte le esperienze mistiche – esperienze di illuminazione, liberazione, e così via – è che verranno utilizzate dall’ego e trasformate in materiale usato dall’ego per i suoi fini. Quando il contesto della vita di un individuo è l’auto-referenzialità egoica – vale a dire che l’identificazione è con l’ego come unità separata – le esperienze mistiche, i momenti di illuminazione, le credenziali spirituali, diventano tutti beni potenzialmente pericolosi. La “valuta” della verità può essere velocemente scambiata per la valuta dell’ego, e tali esperienze ben presto diventano un altro ancora dei mezzi dell’ego per rafforzare il suo potere nella sua lotta contro la vera liberazione. L’ego può tentare e tenterà di trasformare tutto a suo beneficio. Ecco perché l’ambito delle esperienze mistiche e di illuminazione è così pericoloso. È proprio perché il loro valore è così alto per il sé essenziale che tali esperienze sono così interessanti, e anche minacciose, per l’ego.L’ego vuole fortificarsi, e vuole anche bloccare efficacemente la liberazione che percepisce come la propria fine. Perciò, diventare un “ego spirituale” è un travestimento geniale attraverso cui infiltrarsi nella vita spirituale sincera dell’individuo e sedurre la sua attenzione distogliendola dalla Verità o da Dio (M. Caplan). Anche l’esperienza della cosiddetta illuminazione (così ambita dall’ego spirituale) è sostanzialmente un’illusione egoica. Non che non esista l’illuminazione, ma l’ego non si può illuminare, quindi da questo punto di vista tu in quanto identità non ti illuminerai mai. Il tuo ego vuole una cosa per la quale è necessaria la sua morte e quindi volersi illuminare è una contraddizione in termini. La parola “spirituale” è una parola molto pericolosa, che ha creato spesso divisioni e fraintendimenti, e che io a questo punto abolirei e la sostituirei con naturale. Ecco, non mi diventare spirituale, diventa naturale! Scopri il tuo essere vero, autentico, selvaggio, musicale, libero, incondizionato, ignoto. Non ti atteggiare da quello che ci ha capito qualcosa. Lo sappiamo tutti che non sai niente! Sii quel niente!Una autentica ricerca spirituale ti mostra l’illusione dell’identità personale, ma allora come farai a far cadere la tua identità spirituale? Se sei un praticante spirituale, un maestro di meditazione, un grande ricercatore della via, un terapeuta dello spirito, un facilitatore olistico, un sannyasin o un religioso fervente, sei potenzialmente più nei casini che se fossi uno spazzino o un pizzaiolo. A un certo punto il giudice interiore ti romperà le scatole dicendoti: ma sono anni che ti occupi di queste cose, e guarda: non ti sei illuminato, ogni tanto stai da culo, a volte non sai che pesci pigliare, dio non sai dove sta di casa, e pretendi di aiutare gli altri e di mostrare loro la via? Oppure sarai così su di giri al pensiero di essere su un percorso spirituale da pompare l’ego finché non scoppia come un palloncino. Spesso si fugge dal dolore e dalla sofferenza attraverso qualcosa di spirituale, ma a volte proprio il dolore e la sofferenza sono “spirituali’’, nel senso che possono essere preziosi strumenti per comprendere, evolvere, amare. Stare con quello che c’è non è facile, ma è prezioso, disarmante, ed è la chiave del vero cambiamento.Se smettiamo di cercare, cosa ci resta? Ci resta ciò che è sempre stato qui, al centro. Dietro alla ricerca c’è l’angoscia, c’è il disagio. Quando lo capiamo, vediamo che il punto non è la ricerca, ma l’angoscia e il disagio che spingono a cercare. Capire che cercare all’esterno non è la via, è un momento magico. Ci rendiamo conto che qualunque cosa cerchiamo, saremo sempre delusi (C. Joko Beck). Se vai alla radice, se hai il coraggio di non prenderti per il culo, se vai a guardare come ti manipoli, se riconosci con coraggio come e quanto ti sei voluto ingannare, se lasci bruciare il tuo cuore in fiamme, se attraversi con pienezza quel dolore… allora diventi sempre più leggero e la luce inizia a filtrare. Io sono stato in India, ho fatto gruppi di terapia, ho conosciuto il mondo di Osho, ho conosciuto Maestri e persone meravigliose, mi hanno dato un nome spirituale, ho studiato tecniche di meditazione, ho girato in tondo come i sufi, ho recitato mantra, ho fatto viaggi sciamanici, e tante altre cose.Senza portare nessuna bandiera e senza sposare nessun credo, volevo e dovevo esplorare tutto questo perché in questa ricerca c’è sicuramente qualcosa che vale la pena. E ancora non ho finito. E quindi? Cosa ho compreso di essenziale? Quello che non ho mai perso e non potrò perdere. Questo semplice spazio di non sapere, questo cuore vulnerabile, questo lasciar andare quello che non sono. La Vita che spinge per riconoscere se stessa. Non c’è altro. E’ bellezza. E più comprendo e più non so. E’ tutto qui, per fortuna. L’unica Vera spiritualità è la totale autenticità verso ciò che sta accadendo nella tua Vita in questo momento. Alleluia.(“Ricerca spirituale a chi?! Cazzi e mazzi della ricerca spirituale”, estratto dal “Manuale del Partigiano Zen”, 22 agosto 2016).Ti si sono aperti tutti i chakra e stai fluendo in sincronia perfetta con l’esistenza? Senti l’amore cosmico che ti fa salire la kundalini? Sei certo di essere a un passo dall’illuminazione? Senti energeticamente, dici che tutto è Uno, vedi le vite passate, hai preso 23 livelli di Reiki e hai 5 nomi sannyasin? Sei convinto che il mondo sia un’illusione e te ne freghi di tutto? O hai davvero qualcosa da insegnarci, o com’è più probabile, ci sei davvero dentro fin sopra il collo. Sei infettato dall’ego spirituale, un altro astuto nemico sulla strada verso la vittoria. L’ego spirituale è una delle più astute maschere dell’Io. È l’uso e il consumo di tutto ciò che è “spirituale” per la gratificazione dell’ego. È il nuovo vestito di quel vecchio ego che prima faceva classifiche mondane e misurava chi era il più figo, ma ora vuole accumulare cose nel mondo dello spirito. Però la puzza dell’ego è sempre la stessa. Solo che adesso vuole farsi bello con conquiste interiori, cambiamenti metafisici, seminari che danno i superpoteri, terapie che guariscono da tutti i problemi, ricette belle e fatte sulla felicità permanente.
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Maggiani: mi manca Pertini, la sua fede onesta nel futuro
Sono passati trent’anni e più e Pertini è ancora lì che mi manca. Ho amato quell’uomo come lo hanno amato milioni di suoi concittadini, l’ho amato per le loro stesse ragioni, per le ragioni del suo antipodo Indro Montanelli, “Non è necessario essere socialisti per amare Sandro Pertini. Tutto ciò che egli dice e fa odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Ma non è questo che me lo fa mancare in modo così struggente, colmo di nostalgia. Mi manca di Sandro Pertini la sua giovinezza. Certo che era vecchio di anni, ma quello anagrafico è stato un particolare di nessuna importanza, ha “preso” il Quirinale che era ancora un ragazzo, a quel tempo lo ero anch’io. Aveva addirittura il portamento della giovinezza, e dietro quei suoi occhialacci aveva il suo sguardo. Aveva della giovinezza la sfacciata sincerità, la sincerità come una sfida, come un gesto di baldanza anche contro l’evidenza, e il candore della malizia proprio come un ragazzo.E la forza, la prestanza, delle idee, mai troppo complicate o ombreggiate, mai troppo prudenti; naturalmente era irascibile, scontroso e affettuoso in modo grandioso, nel modo gradasso dei ragazzi che fa così innamorare le ragazze. Naturalmente fumava come una ciminiera, fumava come se non ci fosse domani, perché per un ragazzo in effetti non c’è domani se il domani è quello dei vecchi, di decadenza e malattia e estinzione, il domani della gioventù è l’avvenire. L’ottuagenario Sandro Pertini era madido di avvenire, aveva tanto di quell’avvenire per le mani che gliene avanzava abbastanza anche per me e per la Repubblica intera. Ecco quello che mi manca di più di quell’uomo, e di me, che la sua, e la mia, gioventù avesse un tale potere da essere la gioventù della Nazione, che la Repubblica potesse ancora essere la giovane repubblica colma di avvenire.Disse Sandro Pertini nel suo ultimo discorso da presidente ai giovani cittadini d’Italia: …E se non volete che le vostre giornate scorrano grigie e monotone, date una nobile ragione alla vostra esistenza. Scegliete voi liberamente, come liberamente scegliemmo noi nella nostra adolescenza. Fate la vostra scelta purché essa presupponga il principio di libertà, se non volete incamminarvi su una strada che vi porterebbe a rovina sicura.(Maurizio Maggiani, “Pertini”, da “Il Secolo XIX” del 25 settembre 2016, articolo ripreso dal sito ufficiale di Maggiani).Sono passati trent’anni e più e Pertini è ancora lì che mi manca. Ho amato quell’uomo come lo hanno amato milioni di suoi concittadini, l’ho amato per le loro stesse ragioni, per le ragioni del suo antipodo Indro Montanelli, “Non è necessario essere socialisti per amare Sandro Pertini. Tutto ciò che egli dice e fa odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Ma non è questo che me lo fa mancare in modo così struggente, colmo di nostalgia. Mi manca di Sandro Pertini la sua giovinezza. Certo che era vecchio di anni, ma quello anagrafico è stato un particolare di nessuna importanza, ha “preso” il Quirinale che era ancora un ragazzo, a quel tempo lo ero anch’io. Aveva addirittura il portamento della giovinezza, e dietro quei suoi occhialacci aveva il suo sguardo. Aveva della giovinezza la sfacciata sincerità, la sincerità come una sfida, come un gesto di baldanza anche contro l’evidenza, e il candore della malizia proprio come un ragazzo.