Archivio del Tag ‘sole’
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Giovagnoli: natura e bellezza, l’antidoto al virus della paura
Se la televisione dice “panico”, è panico. Se la televisione e i tanti strumenti utilizzati nel web dicono “panico”, è panico. Se la televisione dice “niente panico”, allora niente panico. Stiamo assistendo a un autentico esperimento sociale, che ci fa capire quanto l’informazione possa controllare le persone, e quanto il terreno delle persone sia stato reso fertile, affinché questa sostanza possa entrare dentro di noi e trasformare la gente. Il vero virus non è il coronavirus, è l’informazione che va ad alterare lo stato psico-fisico delle persone. Mi chiamo Michele Giovagnoli. Sono un amante dei boschi, un appassionato di natura. Da vent’anni opero in questo settore, e lavoro su di me: pratico un’alchimia interiore, che passa attraverso il contatto con gli elementi selvatici. E voglio darvi tutti gli strumenti possibili, quelli che sono riuscito ad apprendere, su come la natura può aiutarci a vivere meglio.
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Franco Prodi: Greta, abbaglio mondiale. Non è colpa nostra
Con Greta siamo di fronte a un abbaglio mondiale: perché questo movimento incanala nella direzione sbagliata, cioè la lotta al riscaldamento globale, quella che è in realtà un’urgenza giusta, ovvero la salvaguardia del pianeta. Al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell’uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato. Io non nego affatto che ci siano i cambiamenti climatici. La storia del nostro pianeta è anche la storia dei cambiamenti climatici che si sono susseguiti nel tempo. Nel tardo medioevo, intorno all’anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l’uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici. Come si può dire, dunque, che per il 95% è colpa dell’uomo?I dati che abbiamo a disposizione dicono che, dai primi anni dell’ottocento (quando sono state state impiantate le prime stazioni meteorologiche in diverse parti del mondo), la temperatura media globale è cresciuta ogni secolo di un decimo di grado. Questo è innegabile, nessuno lo contesta. Ciò che è in discussione, nella comunità scientifica, è la causa di questa crescita. Per certo si sa che il clima terrestre è il risultato dello scambio di due flussi di fotoni: uno che dal Sole va verso la Terra, e l’altro che sale dalla Terra verso l’esterno. Come sa, il Sole è un corpo che misura quasi 6.000 gradi kelvin. La Terra, invece, ha una temperatura di 300 gradi kelvin, circa 25,5 gradi centigradi. È come se da una parte ci fosse una lampada, e dall’altra una palla di vetro. In mezzo a esse, l’atmosfera. Significa che la temperatura della palla di vetro dipende da una molteplicità di fattori, tra cui la distanza che c’è tra la lampada e la palla di vetro. Una distanza che non è sempre costante, e che dipende da una molteplicità di fattori che non sono facilmente calcolabili. Per questo, non possiamo stabilire con esattezza quanto il riscaldamento climatico sia responsabilità dell’uomo e quanto, invece, dipenda da altri fattori.Perché la scienza è così incerta? Perché la scienza del clima è ancora nell’età dell’infanzia. È nata nel 1800. Prima non esisteva nulla di paragonabile. E con i modelli che ha a disposizione, può solo elaborare degli scenari incompleti. Incompleti, soprattutto, se qualcuno intende basare su di essi il destino dell’umanità. Farlo, non sarebbe un atto di coscienza ecologica. Piuttosto, di incoscienza scientifica. Sinceramente non mi allarmo, quando leggo che una parte del Monte Bianco si sta sciogliendo: sono fenomeni che abbiamo già conosciuto. La pianura padana, per dire, era un’enorme ghiacciaio. Poi, la vita è ripresa. Sono uno dei pochi scienziati a dire queste cose, ma non sono l’unico (sia in Italia, sia nel mondo). Peraltro, non è nella mia natura essere controcorrente. Confesso che, a volte, mi sento anche a disagio nel ruolo di grillo parlante. Però non posso fare a meno, quando parlo, di fare riferimento alle conoscenze scientifiche che abbiamo a disposizione, e che non dicono quello che il regime catastrofista che domina il discorso pubblico vorrebbe che dicessi. Tutto qui.(Franco Prodi, dichiarazioni rilasciate a Nicola Mirenzi per l’intervista “Con Greta siamo di fronte a un abbaglio mondiale”, pubblicata dall’”Huffington Post” il 7 febbraio 2020. Fisico e climatologo di fama mondiale, Franco Prodi è fratello di Romano Prodi).Con Greta siamo di fronte a un abbaglio mondiale: perché questo movimento incanala nella direzione sbagliata, cioè la lotta al riscaldamento globale, quella che è in realtà un’urgenza giusta, ovvero la salvaguardia del pianeta. Al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell’uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato. Io non nego affatto che ci siano i cambiamenti climatici. La storia del nostro pianeta è anche la storia dei cambiamenti climatici che si sono susseguiti nel tempo. Nel tardo medioevo, intorno all’anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l’uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici. Come si può dire, dunque, che per il 95% è colpa dell’uomo?
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Attorno a noi 10.000 pianeti, la Nasa: li stiamo scoprendo
Attorno a noi, a meno di 50 anni luce, ci sono più di 1.500 stelle. E attorno ad esse, orbitano migliaia di pianeti, molti dei quali con una struttura rocciosa e caratteristiche simili a quelle della Terra. Magari, qualcuno potrebbe persino ospitare la vita. Al momento non sappiamo neppure se esistono davvero: il 99% di questi “esopianeti” relativamente vicini non è ancora stato scoperto. Ma tutto starebbe per cambiare grazie a Tess, il telescopio spaziale della Nasa da poco in orbita sopra le nostre teste. A parlarne è un articolo pubblicato online dalla rivista “The Conversation” e scritto da due astrofisici, Daniel Apai (Università dell’Arizona) e Benjamin Rackham (Mit di Boston), entrambi convinti che nel giro di pochi anni il “Transiting Exoplanet Survey Satellite”, insieme agli altri telescopi da terra, riuscirà a scovare migliaia di mondi per ora ignoti. Lo spiega la giornalista Sabrina Pieragostini sul blog “Extremamente”: «Non solo gli studiosi avranno una comprensione migliore dei pianeti alieni che ci circondano, ma avranno anche dei precisi obiettivi sui quali puntare la loro attenzione (e le loro strumentazioni di ultima generazione) alla ricerca di segni di vita».In poco più di un anno, Tess ha già identificato oltre 1.200 potenziali corpi planetari: di questi, 29 sono già stati confermati. «Considerando l’eccezionale capacità del telescopio spaziale di analizzare in contemporanea decine di migliaia di stelle, gli scienziati pensano che entro la fine della missione il “cacciatore” della Nasa dovrebbe essere in grado di scovare almeno 10.000 nuovi mondi». Secondo Apai e Rackham, «questi sono tempi entusiasmanti, per gli astronomi e soprattutto per coloro che indagano sugli esopianeti». Scopo della ricerca: scovare mondi extrasolari, «per capire le loro proprietà e il loro potenziale per ospitare la vita». Tra le ultime scoperte c’è Proxima B, un pianeta che orbita attorno a Proxima Centauri (una piccola nana rossa, invisibile a occhio nudo: una degli oltre 100 miliardi di stelle della Via Lattea). Eppure, Proxima Centauri è importantissima per i ricercatori, perché è la più vicina al nostro Sole e sopratutto perché, come scoperto nel 2016, illumina e riscalda un mondo misterioso e affascinante, di cui gli scienziati conoscono ancora pochissimo.Proxima B non è mai stato visto da un telescopio. «Ma sappiamo che esiste – dicono gli astrofisici – a causa della sua attrazione gravitazionale sulla stella ospite, che la fa oscillare leggermente». Primi indizi: «Proxima B ha molto probabilmente una composizione rocciosa simile a quella terrestre, ma di massa superiore. Riceve circa la stessa quantità di calore che la Terra riceve dal Sole. E questo è ciò che rende questo pianeta così eccitante: si trova nella zona “abitabile” e potrebbe avere proprietà simili a quelle della Terra, come una superficie, acqua liquida e – chi lo sa? – forse anche un’atmosfera che porta i segni chimici rivelatori della vita». A dircelo potrebbe essere proprio Tess, che scandaglia lo spazio usando il metodo del transito: rileva i minimi cali di luminosità di una stella al passaggio di un pianeta. «Con questo sistema, a differenza di quello basato sull’oscillazione stellare, gli astronomi riescono a calcolare anche la dimensione del corpo in orbita, che può essere ulteriormente studiato per determinarne la densità e le composizioni atmosferiche, tutte informazioni preziose per stabilire la compatibilità con la vita».I candidati preferiti dai ricercatori sono i piccoli esopianeti in orbita attorno alle nane rosse, stelle con masse pari a circa la metà di quella del Sole. «Ognuno di questi sistemi è unico», spiegano Apai e Rackham. «Ad esempio, LP 791-18 è una nana rossa a 86 anni luce dalla Terra attorno alla quale Tess ha trovato due mondi. Il primo è una “super-Terra”, un pianeta più grande del nostro, ma probabilmente ancora per lo più roccioso, e il secondo è un “mini-Nettuno”, un pianeta più piccolo di Nettuno ma ricco di gas e ghiaccio. Nessuno di questi pianeti ha equivalenti nel nostro sistema solare». Finora il telescopio non ha trovato delle repliche perfette della Terra. Uno dei favoriti degli astronomi, LHS 3884B, si è rivelato un mondo infernale: dai dati di Hubble, risulta privo di atmosfera e con temperature che passano da 700 °C a mezzogiorno fino allo zero assoluto (-460 Fahrenheit) a mezzanotte. Probabilmente, i gemelli terrestri si nascondono vicino alle stelle più fredde, quelle con temperature di circa 2700 °C. Ma proprio l’estrema debolezza di questi astri rende la ricerca complicata, soprattutto per Tess e per i suoi piccoli quattro obiettivi con un diametro di 10 centimetri.Dove fallisce il telescopio spaziale, però, spesso hanno successo quelli terrestri, dotati di ottica e lenti molto più potenti». E’ il caso del sistema solare Trappist-1, scoperto dall’omonimo telescopio posizionato a La Silla, nel deserto cileno di Atacama. «Scansionando le più flebili tra le nane rosse alla ricerca di infinitesimali cali di luminosità – spiega Pieragostini – lo strumento utilizzato da un’équipe di astronomi belgi ha individuato il passaggio di ben sette pianeti di dimensioni più o meno simili a quella della Terra attorno a questa stella ultra-fredda a circa 40 anni luce da noi. Sulla scorta di questo precedente, ora una serie di telescopi posizionati in diversi paesi (uno anche in Italia), coordinati dai progetti Eden e Speculoos, come tanti occhi elettronici sempre puntati al cielo osservano continuamente le nane rosse alla ricerca dei mondi di dimensioni terrestri che transitano davanti ad esse». Attenzione: nel prossimo decennio, le scoperte dovrebbero moltiplicarsi: entro il 2025, si presume che Tess troverà tra i 5 e i 10.000 potenziali esopianeti. Entro il 2030, poi, i ricercatori ne prevedono 20-35.000 dalle missioni Gaia e Plato dell’Esa. «Molti di questi mondi possono essere studiati nei minimi dettagli, inclusa la ricerca di segni di vita», concludono Apai e Rackham.Attorno a noi, a meno di 50 anni luce, ci sono più di 1.500 stelle. E attorno ad esse, orbitano migliaia di pianeti, molti dei quali con una struttura rocciosa e caratteristiche simili a quelle della Terra. Magari, qualcuno potrebbe persino ospitare la vita. Al momento non sappiamo neppure se esistono davvero: il 99% di questi “esopianeti” relativamente vicini non è ancora stato scoperto. Ma tutto starebbe per cambiare grazie a Tess, il telescopio spaziale della Nasa da poco in orbita sopra le nostre teste. A parlarne è un articolo pubblicato online dalla rivista “The Conversation” e scritto da due astrofisici, Daniel Apai (Università dell’Arizona) e Benjamin Rackham (Mit di Boston), entrambi convinti che nel giro di pochi anni il “Transiting Exoplanet Survey Satellite”, insieme agli altri telescopi da terra, riuscirà a scovare migliaia di mondi per ora ignoti. Lo spiega la giornalista Sabrina Pieragostini sul blog “Extremamente“: «Non solo gli studiosi avranno una comprensione migliore dei pianeti alieni che ci circondano, ma avranno anche dei precisi obiettivi sui quali puntare la loro attenzione (e le loro strumentazioni di ultima generazione) alla ricerca di segni di vita».
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Il Seti: scienziati in ascolto, pronti a parlare con gli alieni
Riusciremo a parlare con gli alieni? «Sappiamo che le possibilità che esistano altre forme di vita sono letteralmente incommensurabili. E non abbiamo ancora iniziato a guardare, abbiamo ancora tanti posti da visitare». Inizia così un lungo servizio di “Bloomberg” dedicato a uno dei grandi interrogativi della nostra stessa esistenza: siamo soli? Esistono gli alieni o comunque altre forme di intelligenza con cui, prima o dopo, saremo in grado di metterci in contatto? O meglio: di capirci. C’è un gruppo di esperti, noto come Seti – Search for Extraterrestrial Intelligence – che da decenni punta dei potenti telescopi verso stelle o galassie “vicine” cercando degli specifici segnali radio che si crede possano essere prodotti solo da una qualche forma di tecnologia. D’altronde lo aveva ripetuto molto spesso anche Stephen Hawking, il grande cosmologo scomparso nel marzo dello scorso anno e pioniere degli studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo: «È il momento di impegnarci a cercare le risposte sulla vita oltre la Terra. Siamo vivi, siamo intelligenti, dobbiamo sapere», disse l’astrofisico di Oxford.Così questo gruppo di esperti ha deciso di mettersi davvero al lavoro, «invece di fare quel che abbiamo fatto per millenni, cioè chiedere ai preti e ai filosofi», come spiega nel doc l’astronoma Jill Tarter, presidente emerita dell’organizzazione scientifica. Una ricercatrice che ha dedicato la vita a questa missione e, curiosità, è anche l’esperta che ha ispirato il personaggio interpretato da Jodie Foster nel film “Contact” del 1997, diretto da Robert Zemeckis e basato sul libro di Carl Sagan pubblicato 12 anni prima che descrive appunto un ipotetico primo contatto fra esseri umani e alieni. Ma qual è esattamente il lavoro? Questo team internazionale è impegnato nella ricerca di radiazioni elettromagnetiche diverse dai segnali radio che otteniamo dagli oggetti naturali come stelle, galassie e quasar (i nuclei galattici attivi dalla natura controversa) e in qualche maniera corrispondenti a radiazioni emesse da strumentazioni tecnologiche. All’università di Berkeley, per esempio, una squadra guidata da Andrew Siemion è impegnata in un progetto decennale finanziato da privati per 100 milioni di dollari.«Le sorgenti tecnologiche hanno proprietà molto interessanti, possono cioè comprimere l’energia elettromagnetica nel tempo o nella frequenza – spiega Siemion – in questo modo si può ottenere molta energia in un singolo segnale: sono effetti che in natura tendono a non verificarsi». Sarebbe insomma la traccia di un qualche possibile contatto, anzi di un messaggio, tanto per rimanere dalle parti delle suggestioni cinematografiche. Anziché affidarsi a radiotelescopi, spesso pubblici o comunque appartenenti a governi e istituzioni, Seti ha deciso qualche tempo fa che occorreva un quartier generale, che alla fine è stato costruito a 280 miglia a nord-est di San Francisco. Il complesso si chiama Allen Telescope ed è di fatto un sistema di diversi tipi di strumentazioni più piccole che lavorano in collegamento fra loro e sono così in grado di osservare un’ampia porzione di spazio in contemporanea. L’Allen Telescope è ora dedicato quasi esclusivamente alle ricerche dell’organizzazione e a questo ascolto dell’ignoto.Una volta completato, queste parabole da sei metri di diametro dovranno essere 350. Al momento sono 42 e «la quantità di dati prodotta è impressionante», aggiungono gli esperti ai microfoni di “Bloomberg”. Una mole esplorata con l’aiuto di algoritmi alla ricerca di segnali, addestrati anche tramite tecniche di machine learning e intelligenza artificiale in grado di setacciare le informazioni significative e degne di approfondimento. «Quando mi sono laureata conoscevamo solo nove pianeti, quelli del nostro sistema solare – spiega Tarter – nulla sapevamo sui pianeti intorno ad altre stelle. Oggi invece sappiamo che ci sono più pianeti che stelle, perché ogni stella ha in media un pianeta e anche di più» che ruota intorno a essa. Questo è il punto centrale intorno al quale gira la ricerca del Seti: il fatto cioè che l’universo sia apparso nel corso dei più recenti decenni di ricerche sempre più come potenzialmente accogliente per altre forme vita.D’altronde, «nell’universo esistono più stelle che granelli di sabbia su tutte le spiagge del mondo, e se si guarda un solo granello e si assume che sia il Sole, e il terzo granello intorno a lui sia abitabile, e poi si torna a guardare alla spiaggia, ci si domanda perché dovrebbe accadere in un granello di sabbia e non anche in altri?», si domanda l’astrofisico Laurance Doyle. Il problema, insomma, siamo noi: non saremmo ancora in grado di riconoscere e decodificare complessi messaggi che sicuramente già sono stati trasmessi, spiega il principale responsabile della ricerca di Seti, già al lavoro con la Nasa sul telescopio spaziale Kepler. La missione dell’agenzia Usa punta proprio alla ricerca di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole. «Tutto comunica. Tutti gli animali e anche le piante comunicano. Si tratta solo di capire quanto sia complessa questa comunicazione», aggiunge Doyle. Per questo è tornato a volgere lo sguardo alla Terra e alle sue creature.Per approfondire i diversi metodi di comunicazione naturali – come quelli dei delfini, delle misteriose megattere, i cetacei dalle grandi pinne pettorali, o delle scimmie scoiattolo – per costruire qualcosa di simile a un filtro, cioè a un sistema per comprendere le regole dell’intelligenza, la sua sintassi, cogliere almeno ciò che ci perdiamo per strada e lavorare sull’assenza. I segnali delle scimmie scoiattolo toccano il secondo ordine di entropia, magari quelli extraterrestri potrebbero toccare un livello di entropia del ventesimo ordine: «Ma se lo scoprissimo, almeno sapremmo che la nostra posizione rispetto a quei segnali è come il nostro linguaggio visto dalla prospettiva di una scimmia scoiattolo», dice Doyle. Una sfida impossibile da decodificare, per adesso, ma non per il futuro. «Siamo collegati a questo cosmo gigantesco – conclude Jill Tarter – e vogliamo sapere cosa altro sia successo lì fuori». Di sicuro sappiamo che l’universo per molte volte ha dato vita a certi tipi di organismi come noi. Organismi che pensano e si fanno domande sullo stesso universo. Adesso è il momento di cercare di capirci, visto che la domanda è quasi sicuramente la stessa.(Simone Cosimi, “Il team di scienziati che sta cercando di parlare con gli alieni”, da “Esquire” del 12 novembre 2012).Riusciremo a parlare con gli alieni? «Sappiamo che le possibilità che esistano altre forme di vita sono letteralmente incommensurabili. E non abbiamo ancora iniziato a guardare, abbiamo ancora tanti posti da visitare». Inizia così un lungo servizio di “Bloomberg” dedicato a uno dei grandi interrogativi della nostra stessa esistenza: siamo soli? Esistono gli alieni o comunque altre forme di intelligenza con cui, prima o dopo, saremo in grado di metterci in contatto? O meglio: di capirci. C’è un gruppo di esperti, noto come Seti – Search for Extraterrestrial Intelligence – che da decenni punta dei potenti telescopi verso stelle o galassie “vicine” cercando degli specifici segnali radio che si crede possano essere prodotti solo da una qualche forma di tecnologia. D’altronde lo aveva ripetuto molto spesso anche Stephen Hawking, il grande cosmologo scomparso nel marzo dello scorso anno e pioniere degli studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo: «È il momento di impegnarci a cercare le risposte sulla vita oltre la Terra. Siamo vivi, siamo intelligenti, dobbiamo sapere», disse l’astrofisico di Oxford.
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Tellinger: noi, specie schiava degli Dei venuti dallo spazio
«Siamo stati creati o ci siamo evoluti? La verità sta probabilmente nel mezzo, ed è sconvolgente». Lo afferma UnoEditori, nell’annunciare l’uscita per l’Italia del libro di Michael Tellinger “Specie Schiava degli Dei” (titolo originale: “Slave Species of the Gods”) con la prefazione di Mauro Biglino. «Tellinger ci dimostra come l’uomo sia frutto di una manipolazione genetica effettuata da una specie aliena, gli Anunnaki, per realizzare la loro missione sulla Terra». Lo confermerebbero scoperte spiazzanti, come i fossili di “umanoidi”: quel che resta degli antichi Figli delle Stelle? Attraverso un’analisi meticolosa e comparativa di testi antichi (sumeri e biblici) con moderne conoscenze, secondo l’editore «emerge un affresco storico che ricostruisce l’epopea dell’uomo, la sua relazione di schiavitù con gli “dèi” e la sua possibile riscossa e liberazione». La deduzione è drastica: «La storia ufficiale è una menzogna necessaria a far sì che l’umanità rimanga nell’ignoranza per continuare a servire i creatori». Secondo Tellinger, la specie umana è il risultato di una manipolazione genetica: l’Homo Sapiens sarebbe un ibrido ottenuto dall’incrocio tra Anunnaki e Homo Erectus. Esiste una radice comune all’origine di tutte le civiltà della Terra, e i miti – è la tesi del libro – sono di fatto il riflesso archetipico di realtà storiche, di eventi realmente verificatisi. Quanto al denaro, «è stato inventato dagli Anunnaki come strumento di controllo della razza umana».
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La Nasa: vita extraterrestre su Marte, entro 2 anni lo choc
Ormai ci siamo. Entro pochi anni– forse due o poco più – sapremo se esiste la vita al di fuori della Terra. Ne è convinto James Green, capo scientifico della Nasa. La scoperta arriverà da Marte e cambierà per sempre la nostra idea dell’universo. «Sarà rivoluzionaria. È come quando Copernico affermò che siamo noi a girare attorno al Sole. Darà il via ad un modo di pensare del tutto nuovo», ha dichiarato l’astrofisico che dirige la Divisione Scienza Planetaria. In un’intervista pubblicata dal quotidiano britannico “Sunday Telegraph”, Green ha spiegato che il momento-clou inizierà il prossimo anno. Nel 2020, il Pianeta Rosso si troverà alla distanza minima dal nostro, e per questo sia l’ente spaziale americano sia quello europeo, l’Esa, hanno programmato due missioni molto importanti. “Mars 2020” e “ExoMars” hanno lo stesso, ambizioso obiettivo: scovare forme di vita marziane. Non solo tracce della loro esistenza in un passato remoto, ma magari attualmente presenti. Dove? Nel sottosuolo, protette dalle nocive radiazioni solari. «Il punto di partenza è questo, dove c’è acqua c’è vita», dice lo scienziato della Nasa.
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La cricca totalitaria delle bufale sul clima alterato dall’uomo
Il clima è sempre cambiato da un decennio all’altro. Ci sono state grandi oscillazioni durante gli anni ’30. Abbiamo avuto il “dust bowl” (serie di tempeste di sabbia) durante l’estate e nel 1936 un freddo record. Nel 1936 l’ondata di freddo del Nord America, che colpì anche il Giappone e la Cina, è ancora oggi una delle più intense mai registrate nella storia. Non possiamo dare la colpa di quanto avvenne alle mamme che portavano in macchina i ragazzini a giocare a calcio, bruciando combustibili fossili. Le automobili erano ancora un lusso negli anni ’30. Semplicemente, non esiste alcuna prova di cambiamenti climatici causati dall’uomo. Nessuno è disposto a denunciare questa assurdità semplicemente mostrando le marcate oscillazioni di temperatura registrate nei secoli. Si tratta di un segreto ben celato, ma il 95% dei modelli climatici che, come ci viene detto, provano il legame tra le emissioni umane di CO2 e il catastrofico riscaldamento globale si sono rivelati, dopo circa due decenni di stasi nelle temperature, sbagliati. Non dovrebbe sorprendere. Ci siamo dovuti sorbire le stramberie dei catastrofisti climatici per circa 50 anni. Nel gennaio 1970, la rivista “Life”, basandosi su “solide prove scientifiche”, sosteneva che entro il 1985 l’inquinamento atmosferico avrebbe ridotto della metà la luce del Sole che raggiunge la Terra.Di fatto, in quel periodo, la luce del Sole è diminuita tra il 3 e il 5%. In un discorso del 1971, Paul Ehrlich dichiarava: «Se fossi un giocatore d’azzardo, scommetterei che l’Inghilterra non esisterà più nel 2000». Spostiamoci velocemente al mese di marzo 2000 e a David Viner, scienziato ricercatore esperto presso l’Unità di Ricerca Climatica dell’Università East Anglia, che dichiarò a “The Independent”: «Le nevicate sono ormai una cosa che appartiene al passato». Nel dicembre 2010 il “Mail” online riferiva del «dicembre più freddo mai registrato, con temperature scese a meno 10 °C portando il caos in tutta la Gran Bretagna». Anche noi australiani abbiamo avuto le nostre previsioni sbagliate. Forse la più assurda è stata la dichiarazione dell’allarmista climatico Tim Flannery del 2005: «Se i tabulati del computer sono corretti, le attuali condizioni di siccità diventeranno permanenti nell’Australia dell’Est». Le precipitazioni successive e le gravi inondazioni hanno mostrato che i tabulati, o le sue analisi, erano sbagliati. Ci siamo bevuti una previsione sbagliata dopo l’altra. Inoltre, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc) è stato ripetutamente colto in flagrante per false rappresentazioni della realtà e metodi scadenti.Gli uffici metereologici sembrano aver dato una “aggiustatina” ai dati per adattarsi alla narrazione prevalente. L’affermazione della Nasa che il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato è stata rivista, dopo che era stata messa in discussione, a una probabilità di appena il 38%. Gli eventi meteorologici estremi, che una volta erano imputati al riscaldamento globale, non lo sono più, dal momento che la loro frequenza e intensità sono in diminuzione. E allora perché, vista la mancanza di prove, le Nazioni Unite insistono perché il mondo spenda centinaia di miliardi di dollari all’anno in futili politiche che hanno come obiettivo i cambiamenti climatici? Forse Christiana Figueres, segretario esecutivo della struttura dell’Onu del cambiamento climatico, ha la risposta? Lo scorso febbraio, la Figueres ha detto a Bruxelles: «È la prima volta nella storia dell’umanità che ci stiamo ponendo il compito di cambiare intenzionalmente, entro un determinato periodo di tempo, il modello di sviluppo economico che regna da almeno 150 anni dalla rivoluzione industriale». In altre parole, la vera agenda si concentra sull’autorità politica. Il riscaldamento globale è solo l’amo.Abbiamo anche avuto modo di ascoltare la Figueres affermare che la democrazia è un sistema di governo scadente per combattere il cambiamento climatico. La Cina comunista, ha detto, è il modello migliore. Non stiamo parlando di fatti o di logica. Parliamo di un nuovo ordine mondiale sotto il controllo dell’Onu. Quest’ordine si oppone al capitalismo e alla libertà e ha fatto del catastrofismo ambientale un argomento familiare per raggiungere il suo obiettivo. La Figueres dice che, al contrario della Rivoluzione Industriale, «quella che sta avvenendo è una trasformazione centralizzata». Dal suo punto di vista, la divisione nelle opinioni sul riscaldamento globale negli Usa è «molto deleteria». Naturalmente. Nel suo mondo autoritario, non è ammesso spazio per la discussione o il disaccordo. Capiamoci, il cambiamento climatico è il campo di una battaglia che i totalitaristi e i loro accoliti non possono perdere. Come dice Timothy Wirth, presidente della Fondazione Onu: «Anche se la teoria (del cambiamento climatico) è sbagliata, faremo la cosa giusta in termini di politica economica e ambientale».Dopo aver guadagnato così tanto terreno, gli eco-catastrofisti non ne cederanno un centimetro. Dopo tutto, hanno messo le mani sull’Onu e hanno a disposizione tanti soldi. Hanno un alleato enormemente potente alla Casa Bianca. Hanno arruolato con successo accademici conformisti e media mainstream obbedienti e ingenui (la “Abc” e “Fairfax” in Australia) per far loro portare avanti la narrazione a discapito delle prove. Continueranno a dipingere il movimento sul cambiamento climatico come nato dal consenso spontaneo e indipendente di scienziati, politici e cittadini preoccupati, che credono che l’attività umana sia “in maniera estremamente probabile” la causa dominante del riscaldamento globale (“in maniera estremamente probabile” è un termine scientifico?). E continueranno a mobilitare l’opinione pubblica, utilizzando la paura e gli appelli alla moralità. Il sostegno dell’Onu verrà assicurato attraverso la promessa di redistribuzione di ricchezza dall’Occidente, anche se le sue prescrizioni di politica anti-crescita prolungheranno inutilmente la povertà, la fame, le malattie e l’analfabetismo nei paesi più poveri del mondo.La Figueres ha dichiarato a un recente summit sul clima a Melbourne che lei «contava veramente sulla leadership dell’Australia» perché si assicurasse che gran parte del carbone rimanesse nel suolo. Speriamo che, come il primo ministro indiano Narendra Modi, Tony Abbot non la ascolti. L’India conosce l’importanza dell’energia a basso costo e si prevede che superi la Cina come il leader mondiale di importazione di carbone. Persino la Germania si accinge a mettere in marcia il maggior numero di centrali elettriche a carbone degli ultimi 20 anni. Esiste la possibilità concreta che Figueres e coloro che condividono la sua ambizione di un potere centralizzato riusciranno nel loro intento. Mentre si avvicina la conferenza Onu di dicembre sul cambiamento climatico, verrà messa pressione sull’Australia perché firmi ulteriori trattati sul cambiamento climatico, che distruggeranno posti di lavoro. Resistere sarà politicamente difficile. Ma resistere dovremmo. Stiamo già pagando un inutile prezzo sociale ed economico per gesti vuoti. Quando è troppo, è troppo.(Martin Armstrong, “Quando gli ambientalisti ignorano la storia”, articolo apparso su “Weekend Australian” il 30 settembre 2019 e ripreso da “Voci dall’Estero”).Il clima è sempre cambiato da un decennio all’altro. Ci sono state grandi oscillazioni durante gli anni ’30. Abbiamo avuto il “dust bowl” (serie di tempeste di sabbia) durante l’estate e nel 1936 un freddo record. Nel 1936 l’ondata di freddo del Nord America, che colpì anche il Giappone e la Cina, è ancora oggi una delle più intense mai registrate nella storia. Non possiamo dare la colpa di quanto avvenne alle mamme che portavano in macchina i ragazzini a giocare a calcio, bruciando combustibili fossili. Le automobili erano ancora un lusso negli anni ’30. Semplicemente, non esiste alcuna prova di cambiamenti climatici causati dall’uomo. Nessuno è disposto a denunciare questa assurdità semplicemente mostrando le marcate oscillazioni di temperatura registrate nei secoli. Si tratta di un segreto ben celato, ma il 95% dei modelli climatici che, come ci viene detto, provano il legame tra le emissioni umane di CO2 e il catastrofico riscaldamento globale si sono rivelati, dopo circa due decenni di stasi nelle temperature, sbagliati. Non dovrebbe sorprendere. Ci siamo dovuti sorbire le stramberie dei catastrofisti climatici per circa 50 anni. Nel gennaio 1970, la rivista “Life”, basandosi su “solide prove scientifiche”, sosteneva che entro il 1985 l’inquinamento atmosferico avrebbe ridotto della metà la luce del Sole che raggiunge la Terra.
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Inversione dei poli: il Sole potrebbe “bombardare” la Terra
La Terra potrebbe riscaldarsi in modo imprevedibile, colpita dall’azione diretta del sole a causa del clamoroso sommovimento magnetico che sarebbe in corso. L’inversione dei poli magnetici sta infatti avvendo più velocemente del previsto. Nel frattempo, si è stabilito che le particelle magnetiche rilavate all’interno di rocce sedimentarie in Siberia indicano che 500 milioni di anni fa il Nord e il Sud magnetici si sono invertiti circa 80 volte nell’arco di pochi milioni di anni. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters”, si deve alla ricerca coordinata da Yves Gallet, dell’università di Parigi e del Cnrs, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica. Analizzando i sedimenti raccolti nel fiume Khorbusuonka, nella Siberia nord-orientale – spiega l’agenzia Ansa – i ricercatori hanno trovato le prove dell’inversione dei poli magnetici nell’orientamento delle particelle di due minerali, la magnetite e l’ematite, il cui allineamento ai poli magnetici terrestri è rimasto “intrappolato” nelle rocce in modo permanente. I geologi hanno identificato 78 inversioni di polarità avvenute nell’arco di 3 milioni di anni. «Dal punto di vista magnetico, la Terra ha alternato fasi particolarmente stabili, come accaduto nel periodo compreso tra 118 e 83 milioni di anni fa, a fasi dinamiche, con frequenti inversioni del campo magnetico terrestre», dichiara all’Ansa Aldo Winkler, del laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.«Negli ultimi 20 milioni di anni – aggiunge Winkler – le inversioni del campo magnetico terrestre sono avvenute al ritmo di qualche centinaio di migliaia di anni, l’ultima circa 780.000 anni fa». Le inversioni, spiega lo scienziato, «avvengono durante periodi di bassa intensità del campo e dipendono dalle complicate dinamiche nel confine tra nucleo esterno e mantello». Non è affatto chiaro se questi eventi siano collegati o meno ad alcune estinzioni di massa, ma secondo l’esperto «non sono state trovate significative correlazioni, anche considerando che il genere umano è sopravvissuto a molte di queste inversioni». Il fenomeno oggi creerebbe problemi «soprattutto a satelliti e reti elettriche, che potrebbero essere bombardati da particelle solari e raggi cosmici perché il campo magnetico indebolito ha più difficoltà a fare da scudo». Per la vita sulla Terra e per la nostra stessa sopravvivenza, afferma il “Sole 24 Ore”, l’esistenza di un campo magnetico è essenziale, «perché devia particelle pericolosissime che arrivano dal sole, il vento solare, ma anche dagli spazi profondi, tutta materia che ammazzerebbe qualsiasi forma di vita».Il Polo Nord magnetico del nostro pianeta si sta muovendo molto velocemente, più di quanto abbia fatto nell’ultimo secolo, riassume il newsmagazine “NoGeoingegneria”: «Attualmente infatti sta andando dal Canada verso la Siberia alla velocità di oltre 50 chilometri all’anno, 55 per la precisione». Perché sta cambiando così velocemente? «Difficile fare previsioni su cosa accadrà al Polo Nord magnetico, o capire se manterrà la velocità attuale nella sua migrazione verso la Siberia», sottolinea Robyn Fiori, ricercatore del Natural Resources Canada. «L’unica cosa che sembra essere certa è la sua imprevedibilità». Phil Livermore, geofisico dell’università di Leeds, sostiene che «qualcosa di anomalo» sta succedendo a latitudini elevate. All’American Geophysical Union lo scienziato avanzò una sua teoria descrivendo le recenti “stranezze” riscontrate come un “braccio di ferro” del campo magnetico terrestre. Il Polo Nord magnetico sembrerebbe essere controllato da altre due sezioni di campo magnetico, una posta sotto il Canada settentrionale e l’altra al di sotto della Siberia, in Russia. La parte del Canada è sempre stata la più forte dal punto di vista magnetico, ma oggi le cose starebbero cambiando velocemente. A cosa è dovuto tutto questo?Una delle teorie è che un getto di ferro fuso presente al centro della Terra si stia spostando, indebolendo poco alla volta il campo magnetico presente al di sotto del Canada, scrive ancora “NoGeoingegneria”. Un’altra teoria vede in atto l’inversione dei poli. Le rocce ci raccontano che cose del genere sono avvenute molte volte durante la storia geologica terrestre. «L’inversione ha luogo una volta ogni 200-300mila anni circa». Il geofisico Ciaran Beggan sottolinea che la caduta provvisoria dello scudo terrestre ci esporrebbe totalmente al flusso di particelle cariche di vento solare, dannose per l’uomo e altri animali. E mentre Greta Thunberg e i suoi seguaci insistono nel sostenere che le variazioni climatiche sarebbero di esclusiva origine antropica, il mondo scientifico è preoccupato per una anomalia geologica considerata la vera responsabile della cosiddetta inversione dei poli. «Un team di ricercatori guidato da specialisti dell’università di Rochester – si legge ancora su “NoGeoingegneria” – ha infatti scoperto che, a circa 2.900 chilometri di profondità, sotto l’Africa meridionale, il campo magnetico terrestre sta subendo un importante indebolimento».Il fenomeno, geologicamente parlando, è stato improvviso. «Stando ai dati raccolti dai ricercatori, e pubblicati sulle pagine della rivista scientifica “Geophysical Review Letters”, i primi segnali di questa specifica anomalia risalirebbero a circa 160 anni fa». Una vasta area, caratterizzata da una roccia particolarmente densa conosciuta col nome tecnico di “African Large Low Shear Velocity Province”, starebbe influenzando il ferro fuso che genera il campo magnetico terrestre, provocando un indebolimento significativo della magnetosfera, nota anche come “Anomalia del Sud Atlantico”. «La vasta area rocciosa – evidenziano gli scienziati di Rochester – si troverebbe al confine tra il nucleo esterno (liquido) della Terra e il mantello soprastante, più freddo e rigido». Nonostante la Terra abbia già superato diverse volte l’inversione dei poli magnetici, «gli scienziati sono estremamente preoccupati, perché gli effetti sulla vita potrebbero esser potenzialmente catastrofici». Il campo magnetico terrestre, ibadiscono, è infatti importantissimo: «Un suo eccessivo indebolimento potrebbe esporre le forme di vita presenti sul pianeta alle particelle provenienti dal vento solare e ai letali raggi cosmici».La Terra potrebbe riscaldarsi in modo imprevedibile, colpita dall’azione diretta del sole a causa del clamoroso sommovimento magnetico che sarebbe in corso. L’inversione dei poli magnetici sta infatti avvenendo più velocemente del previsto. Nel frattempo, si è stabilito che le particelle magnetiche rilavate all’interno di rocce sedimentarie in Siberia indicano che 500 milioni di anni fa il Nord e il Sud magnetici si sono invertiti circa 80 volte nell’arco di pochi milioni di anni. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Earth and Planetary Science Letters”, si deve alla ricerca coordinata da Yves Gallet, dell’università di Parigi e del Cnrs, il Centro nazionale francese per la ricerca scientifica. Analizzando i sedimenti raccolti nel fiume Khorbusuonka, nella Siberia nord-orientale – spiega l’agenzia Ansa – i ricercatori hanno trovato le prove dell’inversione dei poli magnetici nell’orientamento delle particelle di due minerali, la magnetite e l’ematite, il cui allineamento ai poli magnetici terrestri è rimasto “intrappolato” nelle rocce in modo permanente. I geologi hanno identificato 78 inversioni di polarità avvenute nell’arco di 3 milioni di anni. «Dal punto di vista magnetico, la Terra ha alternato fasi particolarmente stabili, come accaduto nel periodo compreso tra 118 e 83 milioni di anni fa, a fasi dinamiche, con frequenti inversioni del campo magnetico terrestre», dichiara all’Ansa Aldo Winkler, del laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
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Previsioni eco-apocalittiche, 50 anni di bufale tutte smentite
Moriremo di freddo, anzi di caldo. Peggio: moriremo di sete, anzi no: sommersi dall’acqua. Come diceva Gramsci, «la storia insegna, ma non ha scolari». Infatti, ricorda “Voci dall’Estero”, è da almeno mezzo secolo che scienziati e politici «prevedono a comando catastrofi climatiche naturali a causa delle attività umane», ma queste «si rivelano sempre gravemente esagerate, quando non totalmente infondate». Nonostante ciò, i media attuali continuano a propagandare previsioni catastrofiche per portare avanti iniziative come il Green New Deal americano, «senza farsi scrupoli nell’utilizzare allo scopo bambini affetti da sindrome di Asperger». Secondo “Voci dall’Estero”, che cita una spettacolare ricognizione eseguita per il “Washington Examiner” da Myron Ebell e Steven Milloy, «non c’è motivo di credere che le ultime previsioni siano minimamente più credibili delle precedenti». I due ricercatori ringraziano Tony Heller, che ha contribuito alla ricerca storica delle “fake news” circuitate per decenni dai media, pubblicandole su “Real Climate Science”. «I moderni predicatori di sventura – premettono i due analisti – prevedono un disastro climatico e ambientale fin dagli anni ’60», e come sappiamo «continuano a farlo anche oggi». Problema: «Nessuna delle apocalissi previste con tanto di data di scadenza si è finora rivelata vera».Quella che propongono i due ricercatori è una impressionante collezione delle previsioni, decisamente estreme, esternate da personaggi accreditati in ambito scientifico e governativo. «Più che limitarsi a mettere in evidenza le previsioni fallite – spiegano Ebell e Milloy – questa collezione mostra che i creatori di previsioni apocalittiche sono spesso persone che ricoprono posizioni rispettate, nel governo e nella scienza». Anche se questi pronostici «sono stati e continuano a essere entusiasticamente riportati dai media, affamati di titoli ad effetto», il loro sistematico fallimento poi non viene affatto pubblicato. Nel 1967, il “Salt Lake Tribune” annuncia “una grave carestia entro il 1975”. «È ormai troppo tardi – scrive – perché il modo possa evitare un lungo periodo di carestia». La fonte citata è un biologo dell’Università di Stanford, Paul Ebrlichm, secondo cui «la stagione delle carestie è alle porte e sarà al suo culmine e al massimo della distruzione entro il 1975». Apocaliasse in vista: «La popolazione degli Stati Uniti è già eccessiva, e il controllo delle nascite potrebbe essere ottenuto introducendo sostanze sterilizzanti negli alimenti di base e nell’acqua potabile». Due anni dopo ci si mette il “New York Times”, che il 10 agosto 1969 titola: “Spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro il 1989”.Secondo il biologo Paul Ehrlich, «mentre aspettiamo di avere abbastanza prove per convincere la gente, moriremo». Testualmente: «Spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro 20 anni». Dall’inquinamento all’emergenza climatica, ma di segno opposto rispetto a quella denunciata dai “gretini”. Il 16 aprile 1970, il “Boston Globe” annuncia “un’era glaciale entro il 2000”. «Gli scienziati – si legge – prevedono una nuova era glaciale entro il ventunesimo secolo». Spiegazione: «L’inquinamento dell’aria può oscurare il sole e provocare una nuova era glaciale nei primi 30 anni del prossimo secolo». Orrore: «La richiesta di acqua di raffreddamento prosciugherà l’intero flusso dei fiumi e dei torrenti degli Stati Uniti». Sempre nel ‘70, il “Redlands Daily Facts” avverte: «L’America sarà sottoposta a razionamento dell’acqua entro il 1974 e a razionamento del cibo entro il 1980». Uno scenario spaventoso, venduto come certezza: «Gli oceani saranno morti come il Lago Erie in meno di dieci anni». Mel 1971, a parlare di “nuova era glaciale in arrivo” è il “Washington Post”, che il 9 luglio cita un esperto aerospaziale e la Columbia University: «Nei prossimi 50 anni le polveri sottili che gli uomini emettono costantemente nell’atmosfera a causa dei combustibili fossili potrebbero oscurare una parte così importante della luce del sole che le temperature medie potrebbero calare di sei gradi».Se il trend continuasse per diversi anni, da cinque a dieci, «tale abbassamento della temperatura potrebbe essere sufficiente a innescare un’era glaciale», assicura il quotidiano di Washington. Nel 1972, il Noaa sposta al 2020 l’inizio della “nuova era glaciale”, sempre di origine antropica: lo affermano scienziati che hanno rivolto un appello al presidente degli Stati Uniti. Passano due anni, e a rilanciare il pronostico del gelo polare è l’inglese “Guardian”, secondo cui «i satelliti spaziali mostrano che una nuova era glaciale si sta avvicinando velocemente». Anche la rivista “Time” si beve l’inferno di ghiaccio e lo serve ai lettori il 24 giugno 1974: «I segni sono ovunque – dall’inaspettata persistenza e spessore dei ghiacci nelle acque intorno all’Islanda alla migrazione verso sud di creature che amano il caldo come gli armadilli nel Midwest». Sempre nel ‘74 nasce una nuova paura mediatica, quella del buco dell’ozono: «Il consumo dell’ozono è un grave pericolo per la vita». Dal ‘74, ricordano Ebell e Milloy, il cosiddetto “buco dell’ozono” è enormemente aumentato, per poi stabilizzarsi verso gli anni 2000, «ma senza alcuna conseguenza catastrofica».Meglio insistere con la storiella del raffreddamento glaciale. Lo fa la “New York Times Book Review” nel 1976: Stephen Schneider, giovane climatologo del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica di Boulder, Colorado, spiega alla Casa Bianca perché le temperature caleranno in modo allarmante. A partire dal 1980 si apre un altro capitolo: le piogge acide. «La pioggia acida uccide la vita dei laghi», è la tesi ricorrente. Dieci anni dopo, il governo Usa smentisce: «Le piogge acide non rappresentano una crisi ambientale» (“Associated Press”). Ancora nel 1978, però, si insiste con l’imminenza dell’era glaciale: «Non si vede la fine del trend trentennale di raffreddamento dell’emisfero nord», scrive il “New York Times”, citando «un team internazionale di specialisti». Secondo i dati dei satelliti Nasa, invece – annotano Ebell e Milloy – a partire dal 1979 si osserva il contrario, cioè un piccolo trend di riscaldamento. Verso la fine degli anni ‘80, altro spettro: la carenza idrica. Nel 1988, sul “Miami News”, James Hansen prevede un aumento delle siccità regionali negli anni ‘90, nel Midwest. E invece, smentisce “Real Climate Science”, l’ultimo anno veramente secco del Midwest è stato il 1988, mentre gli anni recenti sono stati tra i più umidi registrati.Lo stesso Hansen, in forza alla Nasa, sul “Lansing State Journal” avverte i cittadini di Washington: «Preparatevi a estati lunghe e bollenti». I ricercatori smentiscono: «Il numero dei giorni “bollenti” nell’area di Washington ha raggiunto un picco nel 1911, e da allora sono in calo». Poi ci sono previsioni particolarmente spettacolari, del tipo: «Le Maldive saranno completamente sommerse entro 30 anni». Lo afferma nel 1988 l’agenzia “France Presse”: «Il livello dei mari minaccia di sommergere completamente questa nazione dell’Oceano». Attenzione: «La fine delle Maldive e dei loro 200.000 abitanti potrebbe avvenire anche prima, se la disponibilità di acqua potabile si dovesse prosciugare entro il 1992, come previsto». Per fortuna, l’oceano non ha sommerso le Maldive (dove l’acqua potabile non si è affatto prosciugata). Spara date precise anche la “Associated Press” nel 1989: «L’innalzamento dei mari ‘sommergerà’ le nazioni entro il 2000». Dalle isole alle vie di comunicazione: secondo l’allarme lanciato da “Salon” nel 1989, «l’autostrada Ovest di New York sarà sommersa dall’acqua entro il 2019». Fonte: sempre lui, Jim Hansen, il “profeta” che appena l’anno prima aveva vaticinato l’arrivo della siccità.Qualcuno, nel frattempo, comincia a coltivare dubbi. Il Competitive Enterprise Institute si accorge del fallimento dei modelli climatici adottati dal 1995 ad oggi: negli ultini 40 anni, la Terra si è surriscaldata di appena 0,3 gradi centigradi. Ma l’allarmismo è duro a morire. Il 20 marzo 2000, “The Independent” scrive: «Le nevicate sono ormai solo un ricordo del passato. I bambini semplicemente non sapranno che cosa sia la neve». Due anni dopo, nel 2002, il “Guardian” annuncia: «Avremo una carestia entro 10 anni». Nel 2004, lo stesso “Guardian” azzarda la seguente previsione: «L’Inghilterra avrà il clima della Siberia entro il 2020». Dal quotidiano, terribili certezze: «I cambiamenti climatici ci distruggeranno. L’inghilterra sprofonderà in un clima “siberiano” in meno di 20 anni. Conflitti nucleari, mega-siccità, carestie e rivolte diffuse emergeranno in tutto il mondo». Se per il quotiano inglese il problema è il freddo, per la “Associated Press” l’emergenza è il caldo: nel 2008, l’agenzia “spiega” che «l’Artico sarà privo di ghiaccio entro il 2018». Ci si mette anche Al Gore, peggiorando ulteriormente la previsione: «L’Artico non avrà più ghiaccio entro il 2013», addirittura. Invece, la calotta bianca è ancora lì.Arriva il 2009, e a parlare è il principe Carlo d’Inghilterra: «Abbiamo solo otto anni per salvare il pianeta». Testualmente: «Rimangono solo 96 mesi per salvare la Terra» (“The Independent”, 9 luglio). Gli fa eco l’allora premier, Gordon Brown, secondo cui però è ormai questione di minuti, per la fine del mondo: «Abbiamo meno di 50 giorni per salvare il pianeta dalla catastrofe». Dal canto suo, Al Gore rivede la sua profezia: il ghiaccio artico non sparirà più nel 2013, ma l’anno seguente (“Usa Today”). Per il “Guardian”, più ottimista, la fine della banchisa polare è rinviata al 2015. Il 14 maggio 2014, il ministro degli esteri francese Lauren Fabius si sbilancia: «Abbiamo solo 500 giorni prima del caos climatico». Ma la fine del mondo, a quanto pare, è rinviata. Il dato impressionante? La facilità con cui i media – sbagliando sempre – hanno annunciato la catastrofe, data ogni volta per imminente, nell’arco di mezzo secolo, accreditando le tesi di scienziati ed entità governative. Il guaio? Giornali, televisioni e agenzie di stampa non si premurano praticamente mai di controllare l’esattezza delle previsioni via via strombazzate, per nostra fortuna comicamente sballate.Moriremo di freddo, anzi di caldo. Peggio: moriremo di sete, anzi no: sommersi dall’acqua. Come diceva Gramsci, «la storia insegna, ma non ha scolari». Infatti, ricorda “Voci dall’Estero”, è da almeno mezzo secolo che scienziati e politici «prevedono a comando catastrofi climatiche naturali a causa delle attività umane», ma queste «si rivelano sempre gravemente esagerate, quando non totalmente infondate». Nonostante ciò, i media attuali continuano a propagandare previsioni catastrofiche per portare avanti iniziative come il Green New Deal americano, «senza farsi scrupoli nell’utilizzare allo scopo bambini affetti da sindrome di Asperger». Secondo “Voci dall’Estero”, che cita una spettacolare ricognizione eseguita per il “Washington Examiner” da Myron Ebell e Steven Milloy, «non c’è motivo di credere che le ultime previsioni siano minimamente più credibili delle precedenti». I due ricercatori ringraziano Tony Heller, che ha contribuito alla ricerca storica delle “fake news” circuitate per decenni dai media, pubblicandole su “Real Climate Science”. «I moderni predicatori di sventura – premettono i due analisti – prevedono un disastro climatico e ambientale fin dagli anni ’60», e come sappiamo «continuano a farlo anche oggi». Problema: «Nessuna delle apocalissi previste con tanto di data di scadenza si è finora rivelata vera».
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Zichichi: falso allarme, non siamo noi ad alterare il clima
Per circa 200 studiosi italiani, tra cui Antonino Zichichi, l’attuale riscaldamento globale non è causato dalle emissioni umane di CO2. E il clima sul nostro pianeta è cambiato più volte nel passato per ragioni naturali. Non la pensano così gli esperti reclutati dall’Onu nel gruppo intergovernativo Ipcc: nei prossimi anni, sostengono, si accentuerà l’innalzamento dei livelli del mare, che provocherà catastrofi sulle coste con milioni di persone sfollate. Secondo l’Ipcc, gli eventi climatici estremi colpiranno almeno una volta l’anno entro il 2050. Gli oceani vedranno un aumento senza precedenti della temperature e della acidificazione, un calo dell’ossigeno, ondate di calore sempre più forti e frequenti, piogge e cicloni devastanti e una costante diminuzione degli animali marini e dei coralli, che peraltro già sta avvenendo. Geologi, fisici e geofisici italiani hanno invece esposto le loro convinzioni – del tutto opposte – in una petizione sul riscaldamento globale antropico. L’appello è stato indirizzato ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera e del Senato. Tra i primi firmatari, Zichichi e Renato Ricci, già presidente della Società Europea di Fisica. La petizione ha raccolto la firma di oltre 500 accademici in tutto il mondo e si è evoluta in una “European Declaration: There is no Climate Emergency”.A partire dal primo firmatario, il geofisico olandese Guus Berkhout, i 500 scienziati negano che sia in corso un’emergenza climatica. Il loro dossier – in controtendenza, rispetto all’allarme ecologista che fa capo al movimento che appoggia Greta Thunberg – verrà presentato a Oslo il 18 ottobre e, in contemporanea, in Italia al Senato. «I modelli matematici sui quali è fondata la congettura del riscaldamento globale antropico – sostengono i firmatari – si sono rivelati errati alla prova sperimentale: il riscaldamento del pianeta negli ultimi 20 anni è stato fino a cinque o sei volte inferiore a quanto previsto dai modelli». Quindi, concludono, la “congettura” del riscaldamento globale è falsa. Infine, posto che oltre l’85% del fabbisogno energetico è soddisfatto dai combustibili fossili come il petrolio e il carbone, concludono che la loro riduzione può essere «disastrosa per l’umanità». Non è d’accordo Roberto Battiston, docente di fisica all’università di Trento e già presidente dell’Esa, l’Agenzia Spaziale Italiana. Per Battiston parlano chiaro, purtroppo, i dati storici sull’aumento delle temperature: «In tutta la storia del clima – dice, interpellato da “Repubblica” – non c’è mai stata una variazione così rapida come ai giorni nostri».Secondo Battiston, durante le glaciazioni la temperatura variava di 1 grado ogni mille anni, mentre nell’ultimo secolo è salita di 0,8 gradi (cioè otto volte di più) e oggi sta salendo di 0,15-0,20 gradi ogni dieci anni, «ben 20 volte di più». Il tema è diventato scottante: dopo le polemiche che dividono la comunità scientifica, l’Accademia dei Lincei ha annullato il convegno che aveva organizzato sull’argomento per il 12 novembre per ascoltare la versione dei “negazionisti”. Tra questi Franco Battaglia, chimico dell’università di Modena, il geologo Umberto Crescenti (ex rettore dell’università di Chieti-Pescara), il geologo Enrico Miccadei, l’ex preside della facoltà di economia sempre all’università di Chieti-Pescara. Ancora: sarebbero intervenuti Alberto Prestininzi, geologo alla Sapienza di Roma, i geofisici Franco Prodi e Giuliano Panza (quest’ultimo accademico dei Lincei e dell’Accademia Nazionale delle Scienze) e Nicola Scafetta, professore di climatologia all’università di Napoli. I punti controversi sono innumerevoli: gli scienziati si dividono anche sulla portata delle variazioni climatiche in corso. Gli anti-allarmisti ricordano che la Terra ha sempre subito cataclismi anche devastanti, mentre le voci maninstream (il cartello Greta-Ipcc) sostengono – senza però dimostrarlo – che siano le emissioni umane ad alterare in clima in modo pericoloso, come se il pianeta non fosse sottoposto anche ai poderosi sbalzi dovuti ad esempio all’attività solare.Per circa 200 studiosi italiani, tra cui Antonino Zichichi, l’attuale riscaldamento globale non è causato dalle emissioni umane di CO2. E il clima sul nostro pianeta è cambiato più volte nel passato per ragioni naturali. Non la pensano così gli esperti reclutati dall’Onu nel gruppo intergovernativo Ipcc: nei prossimi anni, sostengono, si accentuerà l’innalzamento dei livelli del mare, che provocherà catastrofi sulle coste con milioni di persone sfollate. Secondo l’Ipcc, gli eventi climatici estremi colpiranno almeno una volta l’anno entro il 2050. Gli oceani vedranno un aumento senza precedenti della temperature e della acidificazione, un calo dell’ossigeno, ondate di calore sempre più forti e frequenti, piogge e cicloni devastanti e una costante diminuzione degli animali marini e dei coralli, che peraltro già sta avvenendo. Geologi, fisici e geofisici italiani hanno invece esposto le loro convinzioni – del tutto opposte – in una petizione sul riscaldamento globale antropico. L’appello è stato indirizzato ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Camera e del Senato. Tra i primi firmatari, Zichichi e Renato Ricci, già presidente della Società Europea di Fisica. La petizione ha raccolto la firma di oltre 500 accademici in tutto il mondo e si è evoluta in una “European Declaration: There is no Climate Emergency”.
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Su Marte nel 2024: cosa nascondono le fake news ufficiali?
Siete pronti? Tra poco atterriamo su Marte: alla peggio nel 2024, cioè fra cinque anni. Chi l’ha detto? Donald Trump, nientemeno. Prima esternazione: un anno fa. «Il succo della missione sarebbe questo: si manderebbero su Marte alcuni astronauti», scrive Paolo Franceschetti, che in due distinti post sul blog “Petali di Loto”, intitolati “Bufale su Marte”, riassume l’ultima epopea fanta-spaziale che i media fingono di prendere sul serio, dopo aver trionfalmente celebrato l’anniversario del presunto allunaggio del 1969. E in quanti sarebbero a sbarcare sul Pianeta Rosso? «Quattro astronauti, pare. Oppure 6, a seconda dei progetti. Ma ne esistono alcuni che prevedono ben 80.000 persone». Caspita: «Impianterebbero una prima colonia, per poi far venire altri coloni negli anni successivi». La cosa non è nuova, ricorda Franceschetti: «Già Bush aveva lanciato l’idea e un piano di studi che prevedesse la fattibilità del progetto, nei primi anni ‘90. Una storia a cui, credo, non ha abboccato nessuno». I giornali hanno dato la notizia in modo asettico, senza approfondimenti. Sicchè, «la maggior parte dei complottisti avrà sicuramente odorato aria di balle spaziali».
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Saba Sardi: Gesù Cristo inventato da chi ci volle sottomessi
Autore di un libro “blasfemo”, considerato scomodo da alcuni e geniale da altri, ha raccontato le origini del concetto di divinità e la sua evoluzione dalle prime manifestazioni preistoriche fino alle attuali concezioni. Chi è, e come nasce dunque un dio? Perché la Chiesa nega la sessualità del messia? E se il potere mistico fosse stato gestito dalla donna? Francesco Saba Sardi spiega la sua visione della religione intesa solo come sistema di potere sui popoli. Spregiatore di dogmi, assertore della libera fecondità della parola, Saba Sardi nasce a Trieste, vive e lavora a Milano. La sua è una vita spesa nelle terre di tutto il mondo nella conoscenza di etnie cosiddette primitive o nuove e misconosciute. Traduce in sei lingue e pubblica oltre 40 libri affrontando temi che spaziano dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia ai viaggi. E’ considerato una delle menti più prestigiose del XX secolo. “Il natale ha 5000 anni” è una delle sue opere più note. Il libro racconta la vicenda della nascita e della diffusione del Natale cristiano e illumina sulle radici della religiosità in un momento storico di cristallizzazione e integralismo.“Il natale ha 5000 anni” è popolato di vicende e personaggi che prendendoci per mano ci fanno percorrere il cammino dell’uomo: dodicimila anni fa l’umanità dell’Eurasia ha inventato le divinità, ma è nella crisi generale di 5000 anni fa, nell’età neolitica, che Francesco Saba Sardi individua il sorgere della necessità di speranza che porta l’uomo a desiderare la comparsa del Salvatore, del redentore capace di ricondurci alla fratellanza dei primordi. La speranza nei Figli del Cielo apparsi in maniera straordinaria, uscendo da grotte, rocce o nascendo da madri vergini, si diffonde per millenni lungo tutti i territori eurasiatici. Il Cristianesimo è solo uno dei Natali dei Figli del Cielo, ma chi è questa volta il Figlio del Cielo? Sempre lo stesso di 5000 anni fa? E cosa rappresenta per noi oggi la religione, la fede, la credenza in entità sovrumane? Abbiamo incontrato l’autore di questo complesso studio per cercare nuove risposte e maggiore chiarezza su un tema dagli echi ancestrali.Il Natale ha 5000 anni viene pubblicato per la prima volta nel 1958 per essere poi ritirato dalle librerie. La pubblicazione del 2007 dell’editore Bevivino è in realtà la seconda edizione. Cosa accadde nel 1958?Nel ’58 il mio libro fu accolto molto bene dal pubblico e molto male dalla “Civiltà Cattolica”, che dedicò un intero numero, ben 25 pagine, alla confutazione della tesi esposta nel mio libro, confutazione a cura di Padre Rosa.Che cosa ha fatto e cosa può fare paura del suo libro?Varie cose. Ad esempio, ha fatto paura il fatto che io affermassi che il Cristianesimo è un mitema, ma il mito non è bugia. Il mito è un’affermazione che sorge spontaneamente. Il Natale è un mito che sorge nell’impero eurasiatico quando nell’età neolitica l’umanità passa dal nomadismo alla stanzialità. La società stanziale inventò l’agricoltura, l’allevamento di bestiame, il maschilismo e il potere. La necessità di una società organizzata richiese l’istituzione di una gerarchia che veniva ordinata soprattutto dal cielo con l’idea della divinità.Su quali elementi basò la sua confutazione Padre Rosa?La mia tesi è inconfutabile. Padre Rosa basò la sua confutazione sul fatto che Gesù è una realtà storica e non una figura mitica. Ma anche se Gesù fosse una realtà storica questo non avrebbe nessuna importanza perché fu Paolo di Tarso il fondatore del Cristianesimo e non Cristo.Il Cristianesimo nasce e si diffonde seguendo vari rami, varie tesi come, ad esempio, la gnostica, per poi arrivare alle edizioni Paoline, e gli scritti di Paolo di Tarso diventano la base su cui si fonda il cattolicesimo per come noi oggi lo conosciamo. Come interpreta questo percorso?E’ chiaro che quando è giunto il momento di scegliere tra i vari rami del Cristianesimo si è pensato di scegliere il Dio monoteista che più conveniva a chi in quel momento gestiva il potere, in questo caso l’imperatore Costantino. Insomma, Paolo di Tarso è stato un autore che ha trovato nell’imperatore Costantino un formidabile editore.Quindi l’imperatore Costantino potendo scegliere tra diversi autori decide di editare Paolo di Tarso?Sì, e da quel momento il Cristianesimo sostituisce la Trinità Capitolina formata da Giove, Marte ed Ercole. Bisogna sottolineare il fatto che le figure e le qualità degli Dei Capitolini non soddisfacevano più gli intellettuali romani dell’epoca. Costantino unificò l’Impero donando al popolo romano un Figlio del Cielo, monoteista e nato da un Dio sensibile e più raffinato degli Dei a cui i romani erano abituati fino ad allora.Qual è secondo Lei la grande forza del Cristo?La grande forza del Cristo, così come per tutti gli Apparsi, per tutti i Figli del Cielo, consiste soprattutto nell’essere maschio. La gerarchia è maschile. Il potere maschile, il Tyrannos (in lingua turca e in latino: il pene duro), il Tiranno. Nessun potere può affermarsi se non è incarnato, così il potere si materializza in una parte del corpo e, sesso e potere diventano tutt’uno. Non c’è mai stata un’Apparsa. Mai una donna venuta a rivelare il Nuovo Mondo a promettere l’Età dell’Oro. Da quando sono stati inventati gli Dei, le Dee, le Ninfe, le Valchirie sono sempre al servizio del Signore degli Dei, il Grande Maschio.Il potere è maschio in una civiltà dominata dai maschi, ma se l’Umanità avesse camminato sulla scia dell’energia femminile, questo avrebbe fatto differenza nella nostra evoluzione?Moltissima differenza. Il potere non è donna. La donna è madre. Nella nebulosità dei nostri ricordi ancestrali si è persa l’idea delle Dee che si auto-generavano senza il ricorso dell’inseminazione maschile come la Madre Terra, metafora del suolo che risorge continuamente da se stesso. Nell’età neolitica la donna venne “domesticata”, ridotta alla condizione di inferiorità e sudditanza. Il Neolitico è stata una tragedia per l’umanità; l’invenzione della stanzialità, nel tempo ha cambiato tutto: il modo di mangiare, la concezione dello spazio. Abbiamo cessato di divertirci. Andare a caccia è divertente, il selvaggio si diverte. Zappare non è divertente, come non è divertente fare l’impiegato. Abbiamo cessato di divertirci e abbiamo inventato la guerra. La parola ha cessato di essere spontanea, non è la parola che inventa il mondo ma sono gli oggetti che iniziano ad imporre le parole.Il suo libro percorre la storia dei Figli del Cielo, dei Mitema. Quali elementi uniscono queste figure al Cristo?Come abbiamo già detto, la maschilità. Il fatto che devono affrontare dei pericoli, ad esempio, il Dio egizio Amon Ra – il Sole – deve affrontare il pericolo della notte, come il Cristo deve affrontare il buio, il Diavolo. Il fatto che sono Apparsi, il Natale è Apparso. Non è sempre necessaria una madre vergine, ma una nascita straordinaria: Mitra nasce da una roccia. Poi, l’Apparso trionfa nell’aldiquà o nell’aldilà; quello che conta è il trionfo attuale o futuro, dopo aver “rinominato” il mondo non più con la parola spontanea, ma come conseguenza dell’essersi impadronito del mondo.Quindi questi Dei nel momento in cui privano della parola spontanea diventano dei tiranni ed esercitano il loro potere dandoci le parole per comprendere il mondo?Il potere consiste nel darci il pensiero, che è parola.Tutti i profeti raccontano del ritorno dell’Età dell’Oro, anche se ognuno chiama con le proprie parole questo tempo che ci attende. Secondo Lei cosa rappresenta questa visione?Nostalgia e speranza. Speranza che ritorni il tempo felice. Il tempo in cui non si consumava la propria vita lavorando, perché cacciare o raccogliere delle radici nei boschi non è un lavoro. La civiltà per come l’abbiamo costruita ora è un disastro. Abbiamo distrutto la natura, abbiamo ucciso noi stessi. Lei crede che si possa tornare indietro? E come? Tornando alla caccia?Perché lei non crede che l’uomo possa avere tale nostalgia dei tempi felici da arrivare a distruggere quello che ha costruito fino ad ora per tornare indietro?Sì, è possibile: ma come? E’ più probabile che ci penserà la Terra stessa a ripulire l’uomo. L’Apocalisse è la fine del mondo per ricominciare. L’Età dell’Oro è apocalittica. Ci sarà un’epoca di felicità futura perché la nostalgia e la speranza sono tutt’uno. Tutti gli Apparsi, tutti i Figli del Cielo parlano di questo momento, tutti.Quindi, figure simili a Cristo esistono almeno da 5000 anni. Presumo che lei si sia documentato utilizzando testi e informazioni disponibili a chiunque…Il fatto è che abbiamo troppa informazione, e avere troppa informazione non serve a nulla. Nel Neolitico avviene la rivoluzione razionale, la ratio; il cognito prende il posto del mitema e sostituisce la poesis, l’invenzione, la poesia – che è immediatezza e spontaneità: è ciò che sopravvive ancora nei bambini.Quindi le informazioni le abbiamo, ma a causa della nostra razionalità non riusciamo ad utilizzarle?No, non riusciamo. Tutte le informazioni da cui siamo invasi nella nostra società sono composte da due parti: la prima è costituita da dogmi. Dogma è la fede e l’affermazione fideistica non ha nulla a che fare con la razionalità. La seconda parte dell’informazione è composta dalla giustificazione, la riprova. Il Vaticano, ad esempio, informa utilizzando la razionalità dell’informazione religiosa. Ratzinger non dice di continuo che il Cristianesimo è razionale? I preti non fanno altro che dare dimostrazione di Dio e delle sue manifestazioni hanno bisogno della riprova. Stiamo attraversando il grande capitolo storico della riprova, ma c’è una differenza tra religione e scienza: la scienza parte da ipotesi che debbono essere provate; la stessa cosa fa la religione, ma al posto delle ipotesi la religione mette delle certezze aprioristiche. Infatti, mentre la ricerca scientifica tenta di comprovare o smentire le ipotesi, nella religione ci sono certezze, dei dogmi che non possono essere smentiti perché smentire i dogmi significa essere degli eretici.La storia dell’Uomo è comunque piena di eretici, di uomini che hanno tentato con tutte le loro forze di smentire questi dogmi. Molti di loro, come Giordano Bruno, ad esempio, sono stati disposti a pagare con la vita. Secondo Lei, in questo momento un Giordano Bruno che tipo di opposizione incontrerebbe?Incontrerebbe un Padre Rosa che gli darebbe pubblicamente del bugiardo. Ma la chiesa è in contraddizione con se stessa: ad esempio, dichiara Cristo una realtà storica, quindi non nega l’incarnazione, ma dell’incarnazione nega la sessualità.Infatti, il suo libro mostra le immagini di antichi dipinti in cui la sessualità di Cristo non veniva negata, ma mostrata.I dipinti di cui parla sono esistiti fino al Concilio di Trento. Il Concilio di Trento è da considerarsi l’antirinascimento. La copertina del libro, ad esempio, mostra la Sacra Famiglia di Hans Baldung Grien, datata 1511. L’immagine che ha suscitato, a più riprese, scandalo mostra il Bambino Gesù sottoposto a manipolazioni genitali. A toccarlo è la nonna, Sant’Anna, mentre il bambino tende una mano al mento della madre, Maria, e l’altra scopre l’orecchio dal quale è entrato il Verbo. Da cattolici e protestanti si è cercato in vari modi di spiegare, o meglio esorcizzare, l’atto erroneamente considerato un gesto di libertà senza precedenti nell’arte cristiana, ma le erezioni di Gesù sono illustrate da una folla di dipinti rinascimentali, in più di un dipinto l’erezione è talmente palese da aver indotto più volte i censori a mascherarla con pennellate o drappeggi, quando non si è arrivati a distruggere i dipinti “incriminati”. La virilità di Gesù è una componente fondamentalissima nella concezione cristiana. Negare questa evidenza, negare la sessualità del Cristo, equivale a negare l’Ensarcosi, l’incarnazione del Figlio del Cielo, e dunque a negare il dogma stesso del Dio-uomo, questo equivale dunque a pronunciare una bestemmia.Visto che l’esistenza stessa di questi dipinti testimonia il fatto che la Chiesa non ha da sempre negato la sessualità di Cristo, come siamo arrivati alla negazione?Nel Cristianesimo possiamo distinguere tre fasi: nella prima fase, la fase Agostiniana, Dio è Padre, severo e unilaterale. Dio concede la grazia ai suoi figli ma chi non è nelle sue grazie va all’inferno. La seconda è la fase del Rinascimento: in questa fase Dio Padre viene sostituito dal figlio che ha ha doti di spontaneità e umanità, ed è davvero di carne e sangue. Il Concilio di Trento apre la terza fase del Cristianesimo, fase in cui si torna alla figura del Padre severo e indiscutibile. Naturalmente un residuo del Dio che si incarna nel Figlio, della fase rinascimentale, ha continuato a sopravvivere resistendo fino a Giovanni XXIII, ma adesso si sta tornando a Pio IX, al Sillabo. Perché la concezione dell’uomo che può e deve scegliere è impossibile da conciliare per la Chiesa, quindi si torna al Sillabo: così si pensa, così si parla, così si scrive.Come viene giustificato questo ritorno al passato della chiesa cattolica?C’è una grande giustificazione a cui partecipano anche tutti i partiti politici: “In nome della democrazia io devo scegliere per tutti”. La poesis è pericolosa. Il poeta è pericoloso perché non rispetta i dettami del potere; quindi, tutti devono essere ridotti al comune denominatore: il Sillabo e i suoi derivati. I giornali sono il Sillabo, la produttività è il Sillabo. Il poeta è la negazione del Sillabo.Lei non crede che chiunque legga ad esempio la sua intervista possa essere improvvisamente colto da una scintilla che lo renda poeta?Spero-Dispero.(Sonia Fossi, “Francesco Saba Sardi, il poeta della non-fede”, intervista pubblicata fa “Hera Magazine” e ripresa sul blog di Gianfranco Carpeoro il 27 luglio 2016. Scomparso nel 2012 ormai novantenne, Saba Sardi era stato scomunicato per “Il natale ha 5000 anni”. E’ l’autore del principale volume italiano sulla storia delle religioni, pubblicato da Mondadori. Filologo e antropologo, ha firmato opere di narrativa e saggistica, libri d’arte e diari di viaggio, mettendo insieme 50 titoli. Sterminata la schiera dei volumi da lui curati, tradotti e commentati – oltre 600 – tra i cui autori si possono citare Herman Melville, Thomas Mann, Miguel de Cervantes, Calderón de la Barca, Luis de Góngora, Victor Hugo, Hermann Hesse, Tolkien e Goethe, George Bernard Shaw, Doris Lessing, Erich Fromm. Ha tradotto dal tedesco, dal francese, dall’inglese, dal danese, dallo spagnolo e dal portoghese, dal serbocroato. Era stato scelto personalmente, come traduttore, da Georges Simenon, Gabriel Garcia Marques e Fernando Pessoa. Di Pablo Picasso scrisse l’unica biografia autorizzata dall’artista. La sua ultima opera, il saggio “Dominio”, mette a fuoco la genesi della religione, che nasce insieme alla guerra e all’improvvisa necessità di possedere territori, con la scoperta dell’agricoltura: un nuovo potere, sconosciuto ai primitivi nomadi, configurato sotto forma di dominio).Autore di un libro “blasfemo”, considerato scomodo da alcuni e geniale da altri, ha raccontato le origini del concetto di divinità e la sua evoluzione dalle prime manifestazioni preistoriche fino alle attuali concezioni. Chi è, e come nasce dunque un dio? Perché la Chiesa nega la sessualità del messia? E se il potere mistico fosse stato gestito dalla donna? Francesco Saba Sardi spiega la sua visione della religione intesa solo come sistema di potere sui popoli. Spregiatore di dogmi, assertore della libera fecondità della parola, Saba Sardi nasce a Trieste, vive e lavora a Milano. La sua è una vita spesa nelle terre di tutto il mondo nella conoscenza di etnie cosiddette primitive o nuove e misconosciute. Traduce in sei lingue e pubblica oltre 40 libri affrontando temi che spaziano dalla narrativa alla saggistica, dalla poesia ai viaggi. E’ considerato una delle menti più prestigiose del XX secolo. “Il natale ha 5000 anni” è una delle sue opere più note. Il libro racconta la vicenda della nascita e della diffusione del Natale cristiano e illumina sulle radici della religiosità in un momento storico di cristallizzazione e integralismo.