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Quasi un italiano su due rifiuta l’idea del vaccino anti-Covid
Oltre 4 italiani su 10 sarebbero poco propensi a vaccinarsi. È quanto emerge da una recente ricerca dell’Università Cattolica di Milano, scrive Andrea Pegoraro sul “Giornale”. Lo studio evidenzia che il 41% degli individui intervistati ritiene tra il “per niente probabile” o a metà tra “probabile e non probabile” la possibilità di una futura vaccinazione. L’indagine è stata condotta tra il 12 e il 18 maggio su un campione di 1000 persone, rappresentativo di tutta la popolazione italiana, ed è stata realizzata attraverso interviste web assistite da computer. La ricerca si è svolta nell’ambito del progetto Craft della Cattolica, campus di Cremona, ed è stata coordinata dalla professoressa Guendalina Graffigna insieme a Greta Castellini, Lorenzo Palamenghi, Mariarosaria Savarese e Serena Barello. Lo studio analizza la propensione al vaccino da un punto di vista territoriale, di età e di professione, senza dimenticare l’aspetto psicologico. A livello geografico le differenze non sono così marcate. Basti pensare che rispetto al dato nazionale, l’orientamento a non vaccinarsi risulta leggermente maggiore nel Centro Italia (43%).Qualche dato in più emerge incrociando il dato di base con i fattori socio-demografici. «In generale – spiega la profesoressa Graffigna, docente di psicologia dei consumi e direttore del centro di ricerca EngageMinds Hub dell’Università Cattolica – i più giovani (34% contro il 41% del totale campione) e i più anziani (29% contro il 41% del totale campione) sono meno esitanti nei confronti della vaccinazione. Più cariche di dubbi, invece, risultano le persone tra i 35 e i 59 anni (48% contro il 41% del totale campione)». La professoressa sottolinea poi che i pensionati e gli studenti si confermano più fiduciosi verso il vaccino, mentre gli operai e nella media impiegati e imprenditori sono più perplessi. «Arrivano informazioni interessanti dal profilo psicologico, in particolare dal giudizio sulla vaccinazione come atto di responsabilità sociale», osserva il “Giornale”: «Dalla ricerca emerge che chi ha un atteggiamento individualista nella gestione della salute e non considera il vaccinarsi come atto responsabile, tende a essere ancora più scettico verso un futuro programma vaccinale per il coronavirus (71% contro 41% del totale campione)».Al contrario, appaiono decisamente più propensi della media quanti ritengono che i loro comportamenti abbiano un valore importante per la salute collettiva. «Questi dati sono un campanello di allarme di cui tenere conto», conclude Graffigna, che è favorevole alla prospettiva del vaccino, «soprattutto perché segnalano la necessità di iniziare sin da subito con una campagna di educazione e sensibilizzazione dedicata alla popolazione in cui aiutare a comprendere l’importanza di vaccinarsi contro la Covid-19». Ipotesi che peraltro è caldamente sconsigliata da autorevoli clinici, per almeno due ragioni. La prima: non è affatto scontato che si possa sperimentare l’efficacia di una vaccinazione contro un virus così mutevole come quello che ha originato la sindrome Covid. La seconda: non si vede la ragione di ricorrere al vaccino per un problema che ormai – da moltissimi medici – è stato ridimensionato, come patologia perfettamente curabile con tranquillità: lo certifica implicitamente la stessa Oms, che ha appena convalidato l’efficacia delle cure con farmaci cortisonici. Una terapia inutilmente segnalata al ministro Speranza, due mesi fa, da 30 medici italiani. Se basta il cortisone per scacciare l’incubo-Covid, perché mai vaccinarsi?Oltre 4 italiani su 10 sarebbero poco propensi a vaccinarsi. È quanto emerge da una recente ricerca dell’Università Cattolica di Milano, scrive Andrea Pegoraro sul “Giornale“. Lo studio evidenzia che il 41% degli individui intervistati ritiene tra il “per niente probabile” o a metà tra “probabile e non probabile” la possibilità di una futura vaccinazione. L’indagine è stata condotta tra il 12 e il 18 maggio su un campione di 1000 persone, rappresentativo di tutta la popolazione italiana, ed è stata realizzata attraverso interviste web assistite da computer. La ricerca si è svolta nell’ambito del progetto Craft della Cattolica, campus di Cremona, ed è stata coordinata dalla professoressa Guendalina Graffigna insieme a Greta Castellini, Lorenzo Palamenghi, Mariarosaria Savarese e Serena Barello. Lo studio analizza la propensione al vaccino da un punto di vista territoriale, di età e di professione, senza dimenticare l’aspetto psicologico. A livello geografico le differenze non sono così marcate. Basti pensare che rispetto al dato nazionale, l’orientamento a non vaccinarsi risulta leggermente maggiore nel Centro Italia (43%).
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Immuni? No, grazie. Gli italiani snobbano l’App che li traccia
Gli italiani sono sempre più incerti rispetto all’utilizzo di Immuni, l’applicazione di tracciamento dei movimenti personali creata per localizzare e isolare i possibili nuovi focolai di coronavirus in Italia. Ad oggi l’app Immuni è stata scaricata da circa 3,3 milioni di italiani (poco più del 6% della popolazione adulta). Ma cala la fiducia nell’approccio tecnologico alla lotta al coronavirus: solo il 39% del campione rappresentativo della popolazione maggiorenne si dichiara disponibile a scaricare e dunque utilizzare (era il 44% a fine maggio, poco prima dell’avvio della sperimentazione in alcune Regioni). Questi i risultati di un sondaggio realizzato da Emg Acqua per conto di Public Affairs Advisors. Per l’istituto demoscopico guidato da Fabrizio Masìa cresce la quota di coloro i quali affermano che «certamente la scaricheranno» (il 22% invece del 16% registrato il 29 maggio) ma cala di parecchio la quota di coloro i quali «probabilmente la scaricheranno» (dal 28% di fine maggio al 17% registrato oggi), mentre la percentuale di coloro i quali «probabilmente non la scaricheranno», sale dal 16% al 24%.«Gli italiani sono ancora scettici sull’uso di Immuni», dichiara Giovanni Galgano, managing director di Public Affairs Advisors: «Il campione è sostanzialmente spaccato a metà ma dal panel completo di risposte trapela tanta incertezza». Non giova certo la storia di una 63enne barese che era stata messa in quarantena dall’Asl, dopo che aveva avvisato il suo medico di aver ricevuto la notifica da parte dell’App Immuni di un contatto sospetto con un positivo al coronavirus. Il tampone è risultato negativo è di nuovo “in libertà”, ma sulle pagine de “La Gazzetta del Mezzogiorno” è stato pubblicato il suo sfogo in cui assusa di essere stata posta ai domiciliari «senza ragione». Lo ha confermato il professor Pierluigi Lopalco, a capo della Task Force Epidemiologica della Regione Puglia, nel corso del programma “Centocittà” in onda su Rai Radio1 e condotto da Gianluca Semprini e Duccio Pasqua. Lopalco ha spiegato che ci sono state anche altre segnalazioni errate nei giorni: «In un caso – dice – si trattava di un messaggio di Android scambiato per messaggio di avvenuto contagio, in un altro caso ci hanno detto che si trattava di un errore tecnico».«In una fase di rodaggio come questa è importante mantenere sul telefonino il messaggio, possibilmente fare lo screenshot in maniera da verificare ogni volta che si tratti di un vero positivo e di un errore di interpretazione». L’epidemiologo, nel corso del programma, ha anche spiegato la situazione epidemiologica in Italia, dopo la fase acuta dell’epidemia: «Grazie a tutte le misure di prevenzione – dice – il virus oggi circola in un’altra popolazione. Quindi non è oggi che il virus attacca il giovane, ma abbiamo messo in sicurezza gli anziani, gli ospedali, la popolazione più fragile e quindi il virus trova spazio per circolare, ormai a bassa intensità, in una popolazione più sana, che è quella più giovane. Quindi – ha aggiunto Lopalco – ecco perché oggi il virus sembra indebolito, è perché questa è la coda dell’epidemia, effetto delle misure di prevenzione». Di conseguenza molti positivi hanno «una carica bassa» e molto spesso, rimarca l’epidemiologo, «si tratta di persone che non sono nemmeno contagiose».(”Immuni, italiani sempre più scettici: «Io in quarantena con una notifica»”, da “Today” del 22 giugno 2020).Gli italiani sono sempre più incerti rispetto all’utilizzo di Immuni, l’applicazione di tracciamento dei movimenti personali creata per localizzare e isolare i possibili nuovi focolai di coronavirus in Italia. Ad oggi l’app Immuni è stata scaricata da circa 3,3 milioni di italiani (poco più del 6% della popolazione adulta). Ma cala la fiducia nell’approccio tecnologico alla lotta al coronavirus: solo il 39% del campione rappresentativo della popolazione maggiorenne si dichiara disponibile a scaricare e dunque utilizzare (era il 44% a fine maggio, poco prima dell’avvio della sperimentazione in alcune Regioni). Questi i risultati di un sondaggio realizzato da Emg Acqua per conto di Public Affairs Advisors. Per l’istituto demoscopico guidato da Fabrizio Masìa cresce la quota di coloro i quali affermano che «certamente la scaricheranno» (il 22% invece del 16% registrato il 29 maggio) ma cala di parecchio la quota di coloro i quali «probabilmente la scaricheranno» (dal 28% di fine maggio al 17% registrato oggi), mentre la percentuale di coloro i quali «probabilmente non la scaricheranno», sale dal 16% al 24%.
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Stati Generali solo per evitare il voto e blindare il Quirinale
Avviso a Conte, direttamente dal Quirinale: non cerchi di menare il can per l’aia, col teatrino degli Stati Generali, solo per prendere tempo ed evitare la resa dei conti delle elezioni. «Più chiaro di così, Sergio Mattarella non poteva essere: la riflessione avviata in questi giorni deve saper arrivare a risultati concreti», scrive Anselmo Del Duca sul “Sussidiario”, commentando le parole di Mattarella pronunciate nelle stesse ore in cui si avviava l’assise di Villa Pamphili. Parole che «possono avere un’unica lettura», ovvero: «Il Quirinale teme di trovarsi davanti a tanto fumo e a niente arrosto». E per chi avesse dubbi sull’interpretazione del pensiero del presidente della Repubblica, Del Duca invita a riflettere sulla richiesta «che l’impegno sia corale, autentico, aperto», e che «abbia lo sguardo rivolto al futuro, e non a effimeri interessi personali o di parte, a rendite di posizione, a stasi o rinunzie frutto di timore». Senza dubbio, scrive Del Duca, a Giuseppe Conte sono fischiate le orecchie: «È lui il primo destinatario del richiamo, anche se non l’unico, perché di certo c’era anche un invito all’opposizione a non sottrarsi al confronto, sotto forma di auspicio alla partecipazione. Al contrario, la richiesta di dialogo e ascolto era senza dubbio rivolta al premier di un governo che sinora, alla minoranza, non ha concesso assolutamente nulla».Ma ancor prima dei contenuti, secondo Del Duca, il discrimine è il fattore tempo: «Mattarella teme che quella “attesa esigente” che sente nel paese vada delusa. In troppi vedono negli Stati Generali un artificio per prendere tempo». Per quale ragione? «Due, essenzialmente». La prima, scrive sempre Del Duca, consiste nel cercare di allungare la vita del governo «mettendo una quantità esagerata di carne al fuoco, partorendo (con calma) un programma enciclopedico, un libro dei sogni tanto vasto quanto irrealizzabile». E allungando il brodo «si ottiene l’altro effetto, chiudere ogni finestra a possibili crisi di governo che possano scivolare verso il voto». Fantapolitica? «Tirarla per le lunghe adesso, nel definire il piano di rilancio del paese, ha l’effetto di chiudere l’ipotetica finestra elettorale di settembre, guarda caso – annota Del Duca – quella che con grande ritardo il centrodestra ha provato a reclamare, per la verità con poca convinzione e senza serie carte in mano per ottenerla». Il 20 e 21 settembre (la data è ormai pressoché certa) non si voterà quindi per il rinnovo del Parlamento, ma per sei consigli regionali, più un migliaio di comuni, e soprattutto per il referendum confermativo della riforma costituzionale che prevede il taglio del numero dei parlamentari.Dando per scontata una larga affermazione del Sì, si apre quindi una fase di adeguamento della legge elettorale ai nuovi numeri, 400 deputati e 200 senatori. «Vanno come minimo ridisegnati i collegi elettorali, ma la maggioranza è intenzionata a riprendere in mano la riscrittura sostanziale del Rosatellum». Secondo Del Duca «potrebbe esserci addirittura un’accelerazione intorno al “Brescellum”, dal nome del presidente della commissione Affari Costituzionali, il pentastellato Giuseppe Brescia, su cui la maggioranza aveva trovato un’intesa politica alla vigilia del lockdown». Si andrebbe nella direzione di un sistema proporzionale con sbarramento nazionale al 5% e senza coalizioni. «Un sistema che sembra fatto su misura per sbarrare la strada a una vittoria al centrodestra, che resta saldamente in testa secondo tutti i sondaggi, con almeno sei punti di vantaggio sull’area di governo». Numeri larghi, che il Rosatellum potrebbe trasformare in una comoda maggioranza parlamentare. E poco conta – aggiunge Del Duca – che sia in corso dentro questo schieramento una cospicua redistribuzione dei consensi fra Lega e Fratelli d’Italia.La fase di riscrittura della legge elettorale, fra dibattito parlamentare e definizione dei collegi, potrebbe per mesi rendere impossibile il ricorso alle urne, rendendo di fatto ineluttabile la prosecuzione dell’esperienza di governo giallorossa. «La data chiave a quel punto diventa il 3 agosto 2021, quando comincerà l’ultimo semestre della presidenza Mattarella, quel “semestre bianco”, in cui il Capo dello Stato perde il potere di sciogliere le Camere». A questo Parlamento, con gli equilibri del 2018, «toccherebbe quindi eleggere nel gennaio 2022 il futuro inquilino del Quirinale, con il centrodestra ininfluente». Un doppio risultato, quindi, a tutto danno dell’opposizione: «Sbarrare la strada tanto di Palazzo Chigi, quanto del Quirinale, forse per un lungo periodo, forse per sempre». Basta poco, osserva Del Duca: «Basta perdere ancora un po’ di tempo, mentre l’Italia attende decisioni urgenti su una ripartenza che non può aspettare».Avviso a Conte, direttamente dal Quirinale: non cerchi di menare il can per l’aia, col teatrino degli Stati Generali, solo per prendere tempo ed evitare la resa dei conti delle elezioni. «Più chiaro di così, Sergio Mattarella non poteva essere: la riflessione avviata in questi giorni deve saper arrivare a risultati concreti», scrive Anselmo Del Duca sul “Sussidiario“, commentando le parole di Mattarella pronunciate nelle stesse ore in cui si avviava l’assise di Villa Pamphili. Parole che «possono avere un’unica lettura», ovvero: «Il Quirinale teme di trovarsi davanti a tanto fumo e a niente arrosto». E per chi avesse dubbi sull’interpretazione del pensiero del presidente della Repubblica, Del Duca invita a riflettere sulla richiesta «che l’impegno sia corale, autentico, aperto», e che «abbia lo sguardo rivolto al futuro, e non a effimeri interessi personali o di parte, a rendite di posizione, a stasi o rinunzie frutto di timore». Senza dubbio, scrive Del Duca, a Giuseppe Conte sono fischiate le orecchie: «È lui il primo destinatario del richiamo, anche se non l’unico, perché di certo c’era anche un invito all’opposizione a non sottrarsi al confronto, sotto forma di auspicio alla partecipazione. Al contrario, la richiesta di dialogo e ascolto era senza dubbio rivolta al premier di un governo che sinora, alla minoranza, non ha concesso assolutamente nulla».
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Magaldi: avviso a Conte, in autunno la Rivoluzione Italiana
E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».«E’ vero, le élite le progettano: ma poi le rivoluzioni le fa la gente, se capisce che deve scendere in strada al momento giusto. Che nel nostro caso si sta rapidamente avvicinando», assicura Magaldi. «Parlo di un riscatto nazionale, civile ed economico: in palio c’è l’Italia, esattamente come nel Risorgimento, di cui il 20 settembre 1870 rappresenta l’epilogo, con la conquista di Roma». Premessa: il presidente del Movimento Roosevelt, entità metapartitica nata nel 2015 per tentare di rimettere insieme i cocci della politica italiana, di massoneria se ne intende. «Il mondo in cui viviamo è stato interamente progettato da massoni: lo Stato diritto, le istituzioni laiche, il suffragio universale. La democrazia non ce l’ha portata la cicogna: è stata un’idea dei massoni che nel ‘700 rovesciarono l’Ancien Régime, in Francia e in America, dando inizio alla modernità politica». Queste cose, Magaldi le ha ricordate nel saggio “Massoni”, edito nel 2014 da Chiarelettere. Un bestseller italiano, trasformatosi in long-seller e – dice l’autore – costato il trono a Giorgio Napolitano, nientemeno, indicato come appartenente alla superloggia “Three Eyes”.Grande regista, Napolitano, dell’imbarazzante operazione (interamente massonica) che portò il “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi con l’incarico di inguaiare il paese, tagliando la spesa sociale e quindi determinando deliberatamente una crisi terribile, tale da far crollare il gettito fiscale fino a far esplodere il debito pubblico. Obiettivo: rendere l’Italia sempre più debole, facile preda dei suoi avidi “becchini”. Francia e Germania? «Non esattamente: si tratta di gruppi apolidi, supermassonici, che usano in modo cinico le istituzioni – Ue, singoli paesi – per i loro scopi inconfessabili, speculativi e privatistici. E’ un’élite sovranazionale, economicamente neoliberista e politicamente reazionaria, post-democratica». Di fronte a questo, avverte Magaldi, le antiche distinzioni ideali (destra-sinistra) non contano più niente, da quando – archiviate le ideologie – i politici della sinistra si sono rassegnati, proprio come quelli della destra, ad eseguire ordini impartiti dall’alto: dalla stessa élite senza patria che, dagli anni Settanta in poi, ha cominciato a “smontare” la democrazia sociale dei diritti in tutto l’Occidente, attraverso entità paramassoniche come la Trilaterale, fino ad arrivare, oggi, a guardare alla Cina come modello.Una società autoritaria, quella cinese, basata sulla sorveglianza orwelliana del cittadino-suddito. «Non a caso – fa osservare Magaldi – il disastro Covid è esploso a Wuhan all’indomani della cocente umiliazione inflitta a Xi Jinping dall’unico politico capace di opporsi al dilagare dell’egemonia di Pechino: Donald Trump, oggi infatti assediato dai manifestanti antirazzisti alla vigilia delle elezioni, e alle prese con la drammatica crisi economica indotta dal lockdown, che ha cancellato gli ottimi risultati ottenuti dalla Casa Bianca nel far volare l’economia americana». Beninteso: «Trump farebbe meglio ad ascoltare i manifestanti genuinamente indignati per lo scandalo del razzismo che serpeggia tra i poliziotti stratunitensi: una piaga rispetto alla quale, peraltro, lo stesso Barack Obama, primo presidente “nero”, in otto anni non ha fatto assolutamente niente». Ma attenzione: «I manifestanti violenti sono manipolati: imputano assurdamente a Trump l’omicidio di George Floyd».Ecco perché, aggiunge Magaldi, sarebbe da ciechi non scorgere i manovratori: a loro, del razzismo non importa nulla. «Vogliono solo impedire che Trump venga rieletto, perché ha osato sfidare la loro “creatura”, la Cina, e anche l’opaca Oms foraggiata da Pechino, braccio operativo del “terrorismo sanitario” che ha usato il Covid come un’arma», con obiettivi plurimi: mettere ko l’economia per indebolire i politici, e confiscare – in modo inaudito, in Occidente – le libertà democratiche nelle quali siamo cresciuti. E’ una specie di inferno, quello che si sta spalancando: qualcuno sta cercando di far apparire “normale” il coprifuoco, il distanziamento, la chiusura irreparabile di aziende e negozi. Scenario che in Italia si sta traducendo nella morte civile di interi settori strategici, come il turismo. «E se domani qualcuno si inventa un altro virus, fabbricandolo in laboratorio? Che facciamo: richiudiamo tutto?». Il primo a sentire puzza di bruciato è stato Bob Dylan: con la canzone “Murder Most Foul”, il grande cantautore (Premio Nobel per la Letteratura) a fine marzo ha messo in relazione la pandemia – e i “falsi profeti” del vaccino universale – con la cupola di potere che nel 1963 assassinò John Kennedy a Dallas. Addirittura?Ebbene sì. «Un’unica filiera – dice Magaldi – collega la fine dei Kennedy al manifesto “La crisi della democrazia”, promosso dalla Trilaterale di Kissinger: il primo a sdoganare il regime cinese con l’idea di farne un’alternativa, mostruosa, per un Occidente non più libero, e oggi infatti ricattato dalla paura grazie a un virus “cinese” che, in questo, è ancora più efficace del terrorismo “islamico”, anch’esso coltivato da menti massoniche». Magaldi sa di cosa parla: già “venerabile” della prestigiosa loggia romana Monte Sion del Grande Oriente d’Italia, oggi è il “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, circuito massonico progressista collegato con le superlogge sovranazionali più avanzate, sul piano dell’impegno sociale democratico, come la “Thomas Paine”. Altra notizia: a quel circuito appartiene lo stresso Dylan, «massone ultra-progressista, oggi sceso in campo in prima persona perché il pericolo che stiamo correndo è veramente grande: il mondo rischia di non essere più lo stesso, se gli oligarchi avranno mano libera nel gestire l’emergenza Covid a modo loro».La sensazione è che l’attacco sferrato – l’imposizione del lockdown “cinese”, l’avvento della nuova polizia sanitaria – sia un riflesso di autodifesa, da parte di un’élite che teme di perdere il potere. Parlano da sole le clamorose diserzioni in atto, ai piani alti, tutte annunciate con largo anticipo proprio da Magaldi: Mario Draghi e Christine Lagarde hanno abbandonato il fronte reazionario (dominio finanziario, privatizzazioni) e oggi parlano un’altra lingua, insieme alla stessa dirigenza del Fmi, fino a ieri schierata dalla parte del rigore. «Fine dell’austerity», raccomandò Draghi, a marzo, sul “Financial Times”: se non si inonda l’economia di miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito, il nostro sistema produttivo crollerà. «Oggi, gli unici soldi veri che l’Italia sta ricevendo sono quelli della Bce assicurati dalla “sorella” Lagarde», sfidando i falchi tedeschi. E’ così l’importante, l’Italia? Eccome: «Ci crediate o meno, è il luogo in cui si combattono e si combatteranno alcune battaglie decisive per la democrazia e la libertà, per il futuro della globalizzazione», assicura Magaldi.Spiegazione: fuggita la Gran Bretagna, in Ue – a parte il Belpaese – restano solo due grandi player, Germania e Francia: ma i rigidi assetti politici di Berlino e Parigi non consentono margini di manovra. Che l’Italia fosse l’unico laboratorio possibile, per riformare la governance continentale, lo si era già visto nel 2018, col Parlamento nel caos dopo il voto: il boom dell’incognita 5 Stelle, il Pd umiliato tra le macerie del renzismo (riformatore solo a chiacchiere) e l’impennata della Lega, ad archiviare l’obsoleto centrodestra. Come sarebbe andata a finire lo si capì da subito: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare», proclamò l’eurocommissario tedesco Günther Oettinger, «massone reazionario», mentre lo spread saliva prontamente. Poteri forti: «Fu Bankitalia – dice Magaldi – a convincere Mattarella a negare il ministero dell’econonia a Paolo Savona, che era lì apposta per provare a cambiare le regole che ci penalizzano da decenni». Il resto è cronaca: lo stesso Salvini la buttò in caciara enfatizzando il problema-migranti, per nascondere il fallimento gialloverde. «Lui e Di Maio dovettero ingoiare il rospo: a loro, Bruxelles non concesse neppure un irrisorio incremento del deficit».Unico accenno di riforma, l’alleggerimento fiscale vagheggiato dal leghista Armando Siri, messo però fuori gioco da un semplice avviso di garanzia. «Salvini si arrese, staccando la spina». Elezioni? Macché: i 5 Stelle – pur di non perdere la poltrona – si aggrapparono al «partito di Bibbiano», abbracciando uno Zingaretti che, fino a tre giorni prima, giurava: «Mai, con quei populisti». Cambiarono i suonatori, ma non lo spartito: ancora e sempre rigore, vigilato dall’emissario di turno dei soliti poteri (Roberto Gualteri, Pd, forgiato dall’eterna tecnocrazia di Bruxelles). Obiettivo: tirare a campare, in un’Italia sempre più precaria e impoverita, senza nessuna speranza nell’unica svolta politico-economica ormai drammaticamente indispensabile: la rottamazione della grande bugia neoliberista, del debito pubblico come colpa nazionale. «Il “fratello” Draghi si è ricordato delle sue origini, citando il New Deal di Roosevelt: senza un massiccio intervento statale, l’economia frana nella spirale della crisi». E’ la lezione di Keynes, oggi rispolverata dal fronte massonico progressista che si oppone alle restrizioni catastrofiche imposte con l’alibi del Covid, tra le mille opacità della gestione italiana della pandemia più strana e più sospetta della storia. Un disastro, per gli italiani. Ma per “Giuseppi”, una grande occasione.Il piccolo, oscuro “avvocato del popolo” – mai sentito nominare da nessuno, prima del 2018 – si è trasformato di colpo in mini-dittatore, miracolato dal coronavirus proprio quando il suo governicchio incolore stava per cadere. «Conte ha sbagliato tutto quello che poteva: ha agito in ritardo nel creare zone rosse e ha permesso la grande “fuga” dalla Lombardia contaminata, poi ha chiuso gli italiani in casa facendo crollare l’economia e in più li ha lasciati senza aiuti: c’è ancora chi aspetta la cassa integrazione». Su che pianeta vive, il Conte che l’11 giugno si è stupito di essere accolto in piazza al grido di “buffone”? Ci tiene proprio, a replicare le gesta delle varie Maria Antonietta della storia? Non si era accorto, che l’esaperazione popolare sta per esplodere? Cattive notizie, per “Giuseppi”: un sondaggio di inizio giugno svela che è Mario Draghi l’italiano che oggi riscuote più fiducia. «Credo che a volte la storia sia sarcastica, ironica, beffarda», commenta Magaldi. «Il Conte che convoca gli Stati Generali, richiamando la Francia del ‘700, non sa che quell’assemblea portò direttamente alla rivoluzione contro chi l’aveva convocata?».«La storia dell’appello agli Stati Generali non andrà a finire bene nemmeno stavolta», dice Magaldi in web-streaming su YouTube. Una pessima suggestione storica: «Chi li aveva convocati nel 1789 credeva di poter manipolare il popolo, fingendo di concedere una consultazione vasta per il bene collettivo: in realtà si volevano propinare le solite ricette, che non concedevano significative riforme – economiche, politiche e sociali». La storia si ripete? «A un sempre più stralunato Giuseppe Conte (e ai suoi consigliori ancor più stralunati, tanto per le questioni comunicative che per quelle economiche e legislative), quella storia avrebbe dovuto consigliare di scegliersi un altro titolo, per questa convocazione», aggiunge Magaldi. «Ma credo ci sia una sorta di “cupio dissolvi”: ognuno persegue il proprio destino – e questo vale anche per Giuseppe Conte e i suoi, che avranno un destino di disfatta. Dunque, se ci sono gli Stati Generali, andranno a finire come nel caso della Rivoluzione Francese. E’ davvero uno scivolone clamoroso: significa quasi attribuirsi in partenza un esito catastrofico, come quello degli Stati Generali parigini».Magaldi annuncia un ultimatim che il Movimento Roosevelt presenterà a Conte entro una decina di giorni: «Faremo una proposta precisa, facile da attuare in tempi brevissimi, per ognuno degli attuali ministeri: c’è bisogno di sostenere gli italiani, subito, con azioni chiare e immediate». Precisa Magaldi: «Noi siamo laici, non “tribali”: non ci interessa chi fa le cose che servono, l’importante è che le faccia». Conte? «Deve liberarsi – testualmente – di tutte le pervicaci e rapaci cazzate che vengono anche dal piano Colao». Privatizzare quel che ancora ci resta: «Tutte storie già viste, stroncate molto bene da Giulio Sapelli, ottimo economista italiano che tiene alta la fiaccola keynesiana: Sapelli ha ricordato che le proposte di Colao assomigliano alle cose che si insegnano nelle scuole per manager, mal digerite e certamente poco adatte alla realtà concreta». Se il governo si libererà «dalle elaborazioni irrisorie che verranno da questi Stati Generali», tanto meglio: «Non ci sarà bisogno, il 5 ottobre, di scendere in piazza». Il problema è anche come affrontarla, la piazza: Magaldi sta creando la Milizia Rooseveltiana, qualcosa che in Italia non sè ancora visto.«Sarà un teatro nonviolento ma fermo, scomodo e inflessibile nel denunciare quello che non va e nel proporre soluzioni ragionevoli». Milzia? Ovvio il riferimento, autoironico, al fascismo delle origini, specularmente capovolto a partire dallo slogan: “Dubitare, disobbedire, osare”, anziché “Credere, obbedire e combattere”. «Mobilitare il popolo è un’operazione complicata, difficile: la maggior parte dei manifestanti sono irrisori, nelle loro dimostrazioni di piazza». Magaldi pensa ai Gilet Arancioni di Pappalardo: «I media li sfottono, come se ormai fosse una follia il solo fatto di protestare civilmente. Ma gli obiettivi che indicano – riforme costituzionali, uscita dall’Ue e dalla Nato – richiedono decenni, a prescindere da come li si giudichi». Sul fronte opposto, c’è l’increscioso modello-Sardine: «Molto rumore per nulla: proposte irrisorie se non pericolose per la democrazia, come la pretesa della censura sui social per i ministri». Magaldi ha le idee chiare: «Non è più tempo di analisi, ma neppure di manifestazioni inutili: si sfila e si intonano cori, ma non si porta a casa niente. Vedrete: finiranno nel nulla anche le manifestazioni contro Trump».Da dove deriva, Magaldi, le sue sicurezze? Ovvio, dalle informazioni riservate di cui dispone: il back-office del grande potere, che oggi è spaccato in due. Da una parte il “partito del lockdown” e della polizia sanitaria, dall’altra i partigiani della democrazia. Gli uni hanno usato il sistema-Cina per forzare la mano e deformare l’Occidente, mentre i loro avversari hanno investito sul più impensabile degli alleati – l’orco Donald Trump – per sfrattare dai piani alti i supermassoni “golpisti”, travestiti da democratici. Esempi? I Clinton: Bill ha relagato i pieni poteri a Wall Street, stracciando il Glass-Steagall Act (voluto da Roosevelt mezzo secolo prima) che impediva alla finanza speculativa di mettere in pericolo in risparmio privato. Quanto a Hillary, ha orchestrato le bolle di sapone dei vari Russiagate, obbedendo al “partito della guerra”. Di mezzo c’è stata la strategia della tensione planetaria gestita, secondo Magaldi, dalla superloggia “Hathor Pentalpha” creata dai Bush: roba loro, l’11 Settembre. Bottino: il saccheggio del Medio Oriente, grazie all’alibi del terrosismo islamico.«Osama Bin Laden – ricorda Magaldi – fu reclutato da Zbigniew Brezisinski in funzione antisovietica ai tempi dell’invasione dell’Afghanistan. Quello che pochi sanno – aggiunge l’autore di “Massoni” – è che Bin Laden fu iniziato alla superloggia “Three Eyes”, la stessa di Brzesinki e Kissinger». Poi i Bush lo dirottarono nella “Hathor”, «che più tardi affiliò anche Abu-Bakr Al Baghdadi, a cui venne dato il compito di mettere in piedi l’Isis, le stragi in Iraq e in Siria, i sanguinosi attentati in Europa». Fu lì, dice sempre Magaldi, che la piramide del potere occulto iniziò a incrinarsi: allo stesso saggio “Massoni”, forte di 6.000 pagine di documenti riservatissimi, hanno contribuito “grandi pentiti” del fronte oligharchico. Massonicamente, Magaldi li comprende: «Se sei consapevole del fatto che è stata la tua organizzazione, a fondare la modernità a colpi di rivoluzioni, un bel giorno puoi anche pensare di farne quello che vuoi, del mondo che hai fabbricato». Grave errore: «Noi progressisti li chiamiamo contro-iniziati: hanno tradito l’impegno massonico, che è per il bene di tutti, non di pochi. La loro è una filosofia: si sentono appartenenti a una sorta di “aristocrazia dello spirito”, si credono gli unici autorizzati a decidere i destini dell’umanità».Per questo, Magaldi li definisce neoaristocratici: «Vorrebbero ereditare il potere assoluto dell’aristocrazia di un tempo, che proprio i massoni abbatterono – in Francia, peraltro, anche con il contributo di elementi della stessa aristocrazia, e persino del clero: le logge del ‘700 erano davvero interclassiste». Discorsi che potrebbero sembrare lunari, non avessimo di fronte un tizio come “Giuseppi”, che qualcuno continua a scambiare per un politico dotato di un qualche spessore, e che ora s’è messo in testa di convocare a settembre gli Stati Generali, come quelli che nel 1789 scavarono la fossa alla corte di Parigi. Magaldi è drasticamente esplicito: «C’è un lavoro possente, condotto ai piani alti: aspettatevi di tutto, nelle prossime settimane». Qualcosa, a dire il vero, s’è già visto: in tempo di pace, non sarebbero mai circolate intercettazioni come quelle che imbarazzano Renzi (i servizi italiani utilizzati per fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate) e che travolgono il capo dell’Anm, Palamara, impegnato a trescare col Pd per tagliare le gambe a «quella merda di Salvini», in una palude maleodorante di favori. Ma il bello deve ancora arrivare, assicura Magaldi: crolleranno pezzi interi di establishment.La partita italiana ha rilievo mondiale, insiste Magaldi: solo da qui si può pensare di scardinare l’attuale euro-sistema, che lascia Conte in mutande e gli italiani in bolletta persino di fronte al Covid. «Il governo va incalzato con proposte che non potrà rifiutare: soluzioni ragionevoli, da attuare subito». Giorno per giorno, gli italiani vedono la reale dimensione del dramma: il Mes è un piccolo imbroglio, il Recovery Fund resta un miraggio. Serve qualcuno che, finalmente, prenda il toro per le corna e pretenda quello che ci spetta: miliardi, per uscire dal coma. E non solo: va sfidato, una volta per tutte, il regime bugiardo dell’austerity. Nessuna legge economica vita di metter mano a una super-spesa pubblica, in tempi di crisi. Occorre agire. Se non ora, quando? «Il 5 ottobre, se Conte non ci avrà ascoltato, scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana», annuncia Magaldi. «Le nostre idee devono camminare sulle baionette (nonviolente) della nostra capacità rivoluzionaria, pacifica e gandhiana, che però si esercita in piazza».«Occorre mobilitare sempre più persone, in modo costante e veemente, che gridino il loro “basta”. Persone accigliate, severe. Persone che non hanno più voglia di ridere, perché c’è poco da ridere. Questo è un momento gravissimo, per le sorti dell’umanità e del popolo italiano». Non è più tempo di blog e video su YouTube, di manifestazioni innocue e velleitarie, di analisi acute e controcorrente. «Il punto vero è che poi, queste cose, devono diventano azione (nonviolenta), perché solo nell’azione ci si unisce, e si diventa popolo sovrano». L’azione vera – scandisce Magaldi – è quella di chi dice, «di fronte al potere, al popolo e a quei giornalisti che hanno ancora la schiena diritta», quali sono le cose che si potrebbero fare in uno, due o tre mesi. «La soluzione, oggi, non è nell’infinita analisi e nell’infinito racconto: arriva un momento, che è quello dell’azione». Per inciso: mezzo mondo sta osservando l’Italia, che finora a subito ogni imposizione ma sta cominciando ad agitarsi. Gli Stati Generali a settembre? Brutta storia: per Conte e Colao finirà malissimo, profetizza Magaldi. A una condizione: che a scendere in campo, finalmente, siano gli italiani. Non bastano, le élite democratiche: serve il popolo, per rivoluzionare la governance. Per chi non l’avesse ancora capito: la sgangherata Italia è l’epicentro di questo terremoto mondiale.E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».
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Il Governo della Paura e l’Apocalisse che abbiamo di fronte
Prima il Covid, poi l’App per tracciare tutti. Poi il vaccino, atteso come il Messia, anche se insigni scienziati sostengono che è impossibile “inseguire” un virus Rna, velocemente mutante. E dopo il vaccino si pensa al microchip sottopelle, rilevato e monitorato metro per metro dalle antenne del wireless di quinta generazione installate in modo silenzioso, abbattendo gli alberi nei centri abitati perché le fronde (piene d’acqua, come il corpo umano) ne assorbono le frequenze. Sei mesi fa, si sarebbe potuto derubricare tutto questo alla voce complottismo, per la serie: alieni e scie chimiche. A proposito di presunti alieni: lo scorso ottobre, la Us Navy ha ammesso che i suoi caccia scorrazzano spesso in compagnia degli Ufo (ribattezzati Uap, Unidentified Aerial Phenomena). Quanto alle scie bianche che negli ultimi 15 anni rigavano il cielo fino a diventare nubi, erano letteralmente sparite durante il lockdown universale. Il cospirazionismo le considera parte di un piano genocida per la riduzione della popolazione mondiale, mentre una parte della scienza le ascrive alla neo-disciplina della cosiddetta geoingegneria, tra qualche sporadica ammissione. Tecnici Nasa parlarono di litio diffuso in atmosfera sotto forma di aerosol; un dirigente del Cnr accennò all’esistenza di un imprecisato esperimento planetario di controllo climatico; e paesi come la Cina ammettono di disporre di intere flotte aeree incaricate di “ingravidare” le nuvole con ioduro d’argento per aumentare le precipitazioni.A prescindere dall’impossibilità di verificare molte di queste informazioni, in un mondo in cui il mainstream pratica il silenzio sistematico rispetto a qualunque notizia potenzialmente fastidiosa per l’establishment, resta il fatto che nel paese di Conte, Grillo e Zingaretti è diventato tabù qualsiasi argomento di ordine pratico, a partire dall’economia che il Governo della Paura ha paralizzato, esponendo il paese alla crisi più grave della sua storia repubblicana. Proprio ora, che ci sarebbe bisogno di allargare l’orizzonte, ci si affanna a tenere gli occhi rasoterra: lo zoo politico e mediatico locale perde ancora tempo con Conte e Salvini, le mascherine, le fumose promesse europee, le liti da pollaio pro o contro la Regione Lombardia, senza che nessuno spieghi perché il maledetto Covid ha colpito così duramente il solo Nord-Est. Nessuno, per la verità, spiega mai niente: nemmeno il motivo per cui – nonostante esista un governo pienamente in carica – si sia sentita la necessità di affidare a terzi la cosiddetta “ripartenza”. Qualcuno (chi?) ha imposto a Conte il finanziere Colao, che ora ha presentato il suo piano: svendere tutto quel che resta dell’hardware statale italiano, da Leonardo-Fincantieri a Fs, fino alla riserva aurea. Non suona antico, tutto questo? Sembra una riedizione dei tragici anni ‘90, quando si svendevano i gioielli di famiglia, i magistrati antimafia saltavano per aria, i vecchi politici finivano alla gogna e quelli nuovi sacrificavano il paese sull’altare di Maastricht, funerea premessa di un trentennio di vacche magre e rigore metafisico, presentato come inevitabile castigo di Dio.Nessuno spiega niente, ecco il punto: nessuno spiega perché Zingaretti ha imposto ai laziali il discutibile vaccino antinfluenzale (spaventando i medici), o perché ha vietato nel Lazio la sperimentazione anti-Covid condotta con successo a Mantova. Un caso mondiale, quello di Giuseppe De Donno: perché il ministro della sanità non si è precipitato a Mantova, Pavia e Padova, ospedali dove di Covid non muore più nessuno? E se esiste davvero una cura per declassificare il morbo, semplice malattia ormai curabile come tante altre, perché insistere nell’imporre il micidiale Distanziamento? Perché recitare a reti unificate il mantra del vaccino salvifico, se dal Covid ci si salva con una semplice trasfusione di plasma? Perché i media non discutono di questo, anziché dei ridicoli sondaggi che ripropongono l’altalena del consenso virtuale conteso da partiti identici o simili, nessuno dei quali in questi mesi ha suggerito una terapia radicalmente alternativa per curare il paese? Perché ridursi a tifare Conte o Salvini, anziché pretendere risposte, come se Conte e Salvini avessero la consistenza risolutiva, la statura e l’autonomia dello statista? Perché ridursi a intonare Bella Ciao, da prigionieri, nel giorno della Liberazione, sprecando l’eredità della Resistenza, anziché incalzare i sordomuti spingendoli a concedere finalmente qualche risposta?L’Apocalisse in corso, la cui durezza non è ancora visibile per intero (ma non tarderà a manifestarsi, nei prossimi mesi), sembra la premessa per un drammatico risveglio. Un giorno ci si domanderà com’è stato possibile rallentare il mondo (e paralizzare l’Italia) per un virus che secondo l’Istituto Superiore di Sanità ha ucciso meno del 4% delle vittime frettolosamente archiviate come “caduti del Covid”, inceneriti senza neppure un’autopsia in ossequio alle sconcertanti direttive ministeriali. La fragilità del sistema globale è emersa in modo scioccante: in poche settimane, un virus (di oscura provenienza, tuttora) ha potuto mettere in crisi il pianeta. Dunque la nostra economia è così vulnerabile da non potersi permettere dieci settimane di pausa. Mezza Italia trema, pensando al domani; l’altra metà si illude di passarla liscia, di fronte al collasso del commercio, del turismo, della piccola impresa. Siamo un paese che ha accettato di subire, di punto in bianco, l’imposizione di 10 vaccini obbligatori non motivati da alcuna emergenza sanitaria. Poco dopo, la maggioranza della popolazione si è rassegnata al Governo della Paura, che le ha ordinato di chiudersi in casa. Rumori lontani annunciano battaglie già in corso, ma come al solito le spiegazioni languono. Gli addetti ai lavori fingono di trovare normale il fatto che a dettar legge sia un ex magnate dei computer, convertitosi all’industria lucrosissima dei vaccini fino a trasformarsi in “ministro mondiale della sanità”, dopo essersi comprato l’Oms in società con Pechino. Di normale non c’è più niente, in un mondo in cui milioni di persone si adattano a scambiare per normalità una mostruosa follia quotidiana, gravida di minaccia, senza neppure domandarsi cosa potrebbe accadere domani, se da qualche altro sperduto laboratorio scappasse l’ennesimo virus, l’ennesima arma a disposizione del Governo della Paura.(Giorgio Cattaneo, “Il Governo della Paura e l’Apocalisse che abbiamo di fronte”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 giugno 2020).Prima il Covid, poi l’App per tracciare tutti. Poi il vaccino, atteso come il Messia, anche se insigni scienziati sostengono che è impossibile “inseguire” un virus Rna, velocemente mutante. E dopo il vaccino si pensa al microchip sottopelle, rilevato e monitorato metro per metro dalle antenne del wireless di quinta generazione installate in modo silenzioso, abbattendo gli alberi nei centri abitati perché le fronde (piene d’acqua, come il corpo umano) ne assorbono le frequenze. Sei mesi fa, si sarebbe potuto derubricare tutto questo alla voce complottismo, per la serie: alieni e scie chimiche. A proposito di presunti alieni: lo scorso ottobre, la Us Navy ha ammesso che i suoi caccia scorrazzano spesso in compagnia degli Ufo (ribattezzati Uap, Unidentified Aerial Phenomena). Quanto alle scie bianche che negli ultimi 15 anni rigavano il cielo fino a diventare nubi, erano letteralmente sparite durante il lockdown universale. Il cospirazionismo le considera parte di un piano genocida per la riduzione della popolazione mondiale, mentre una parte della scienza le ascrive alla neo-disciplina della cosiddetta geoingegneria, tra qualche sporadica ammissione. Tecnici Nasa parlarono di litio diffuso in atmosfera sotto forma di aerosol; un dirigente del Cnr accennò all’esistenza di un imprecisato esperimento planetario di controllo climatico; e paesi come la Cina ammettono di disporre di intere flotte aeree incaricate di “ingravidare” le nuvole con ioduro d’argento per aumentare le precipitazioni.
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Magaldi: psicologo gratis, per gli italiani rovinati da Conte
E’ come se l’Italia avesse due problemi. Uno ce l’hanno in tanti: si chiama coronavirus. L’altro ce l’abbiamo solo noi, in esclusiva, e risponde al nome di Giuseppe Conte. L’ultima trovata, quella delle “ronde” anti-assembramenti, non si capisce se faccia più ridere o piangere. «Ha l’aria di qualcosa di fascistoide, questa ennesima vessazione nei confronti dei cittadini: prima non protetti adeguatamente dal contagio, poi costretti in casa per oltre due mesi, lasciati senza aiuti economici e ora anche colpevolizzati come untori, criminalizzati come responsabili di un disastro nazionale che invece è interamente imputabile all’incresciosa incapacità dell’esecutivo». Fa sul serio, Gioele Magaldi: «Se questa storia degli “assistenti civici” non è uno scherzo di pessimo gusto, alle ipotetiche “ronde” diamo appuntamento in tribunale, e prima ancora nelle strade: a contrastarle provvederà la Milizia Rooseveltiana, la formazione nonviolenta che stiamo approntando per vigilare su ogni violazione dei diritti democratici». Il Movimento Roosevelt ha già messo in campo il servizio di Sostegno Legale per i cittadini colpiti da sanzioni ingiuste durante il lockdown: vengono difesi, gratis, da avvocati volontari. «E adesso – avverte il presidente – attiveremo anche un servizio di Sostegno Psicologico, per supportare i troppi cittadini traumatizzati dalla scandalosa gestione italiana dell’emergenza».In effetti, sottolinea il leader “rooseveltiano”, non c’è solo la catastrofe economica innescata dal lockdown: accanto al disastro dell’economia serpeggia anche l’immenso disagio psicologico di milioni di italiani, rinchiusi per mesi tra le pareti domestiche e ormai preda di ansia, insicurezza e paura. Sono tante, le vittime dello sconcertante “coprifuoco” disposto (in ritardo) da Conte: «Si pensi all’angoscia di chi è costretto a chiudere la propria attività, licenziando i dipendenti», in settori come il turismo e la ristorazione, «letteralmente devastati dalle misure decise da un governo incapace di dare la necessaria assistenza economica ai cittadini». E a soffrire di malesseri psicologici sono anche quegli italiani non colpiti direttamente dalle restrizioni: «Molti sono profondamente scossi dall’accaduto e spaventati dalle conseguenze della crisi: alcuni manifestano anche tensioni e paure decisamente preoccupanti». Insiste Magaldi: «Questi concittadini hanno bisogno di supporto, perché anche in questo caso sono stati lasciati completamente soli: a loro sarà quindi assicurato un aiuto volontario e gratuito da parte degli psicologi mobilitati dal Movimento Roosevelt».Gioele Magaldi condanna senza riserve il governo Conte: «Non ha saputo contrastare il contagio in modo tempestivamente adeguato, né assistere i cittadini costretti a casa: un fallimento catastrofico, che ha innescato una crisi sociale ed economica di gravità inaudita, con inquietanti riflessi sulla vita democratica di un paese che ora si è visto sospendere le proprie libertà costituzionali». Siamo in piena emergenza democratica, sostiene Magaldi, grazie a un esecutivo incapace che non ha ancora trovato una via d’uscita: «Un balletto penoso, tra chiacchiere inconcludenti sul Mes e i coronabond, mentre i mesi passano e l’Italia muore, economicamente». Per Magaldi è indispensabile un cambio della guardia: «Se ne esce solo con un governo a termine, di unità nazionale, presieduto da Mario Draghi». Un governo di scopo, con il compito di reperire risorse finanziarie immediate. Come? «Azzerando l’austerity europea, che è un vicolo cieco: servono centinaia di miliardi, che non si trasformino in debito». In altre parole, «occorre cambiare il paradigma della governance: e solo un governo Draghi potrà capovolgere tutto, in Italia e in Europa, mettendo fine a questa crisi che sembra eterna, determinata da un’élite neoliberista che resta indifferente persino di fronte all’immane tragedia del coronavirus».Frontman italiano della massoneria sovranazionale progressista che si batte contro la “mala gestione” del Covid, usata come pretesto per confiscare diritti democratici, Magaldi espone una visione a tutto campo del problema: l’aspetto sanitario, sostiene, è solo un alibi per tentare di ridurre l’Occidente a qualcosa che assomigli al sistema-Cina, dove i cittadini sono sorvegliati h-24 in modo “orwelliano”. Da più parti, anche in Italia, c’è chi paventa il rischio che l’evidente enfatizzazione del coronavirus – ben oltre la reale pericolosità dell’epidemia – sia solo l’anticamera di un piano di dominio, orientato alla sottomissione delle popolazioni, attraverso i passaggi ulteriori, come il vaccino obbligatorio e il microchip sottopelle. Magaldi preferisce un approccio storicistico e politologico, come quello presentato nel saggio “Massoni”, edito nel 2014 da Chiarelettere. In sintesi: l’élite massonica reazionaria e post-democratica ha puntato sulla Cina come modello alternativo per un Occidente più controllabile. La premessa: permettere al gigante asiatico di sviluppare un boom economico planetario, ovviamente con regole truccate. A Pechino è stato infatti permesso di entrare nel grande gioco della globalizzazione senza prima democratizzarsi, senza introdurre diritti sindacali né norme a tutela dell’ambiente. Risultato: merci a bassissimo costo, che hanno conquistato i mercati, facendo della Cina il primo player commerciale del mondo.«Con Xi Jinping, Pechino ha allungato il passo, contendendo la leadership agli Usa anche attraverso un’espansione subdola, fondata su iniziative come la Nuova Via della Seta che spesso, per i partner, si trasforma in un pesante fardello debitorio». Attenzione, avverte Magaldi: tutto questo è avvenuto grazie a complicità strategiche, in Occidente, da parte dell’oligarchia “neoaristocratica” che ha scommesso sulla globalizzazione delle merci, ma non dei diritti. Una corsa che era sembrata inarrestabile, fino all’avvento della presidenza Trump, che ha imposto uno stop all’espansionismo cinese. A quel punto, con un tempismo più che sospetto (quasi fosse una contromossa geopolitica), è scattata l’emergenza Covid – che ha rivelato un intreccio opaco tra la Cina e le lobby Usa che fanno capo ad Anthony Fauci e Bill Gates. Collante internazionale, l’Oms (che in Italia ha praticamente “commissariato” il ministero della sanità). Di fatto, è il Belpaese – per intero – a esser stato messo al guinzaglio: parlano da sole le troppe “task force” messe in piedi dal governo Conte, in un paese il cui mainstream ha gonfiato in modo acritico i numeri del Covid, nell’attesa messianica di un ipotetico vaccino, ignorando dati essenziali come la bassissima letalità della patologia.Lo sottolinea l’Istituto Superiore di Sanità: meno del 4% le vittime senza altre malattie gravi. I media trascurano la presenza di risposte efficaci, dall’eparina al Plaquenil fino alla rivoluzionaria sieroterapia sperimentata a Mantova da Giuseppe De Donno. Ai medici, il Covid-19 non fa più così paura, ma guai a dirlo: verrebbe meno il “movente” per tenere sulla corda 60 milioni di italiani, nel frattempo scivolati sull’orlo di una catastrofe storica, grazie al tracollo dell’economia. «Se finora si è evitato il peggio – dice Magaldi – lo si deve alla Bce guidata dalla “sorella” Christine Lagarde, già esponente delle filiere oligarchiche della massoneria sovranazionale ma ora passata, come Draghi, al circuito progressista». Nessuna speranza che Conte e Gualtieri possano cavare un ragno dal buco: le loro richieste si infrangono a Bruxelles contro i “niet” opposti dalla governance neoliberista dell’Ue, che ha trasformato l’Europa – virtualmente, il continente più ricco del mondo – in una specie di malato cronico. Nella visione di Magaldi, proprio l’Italia è il terreno prescelto per uno scontro destinato a cambiare l’orizzonte. Ed è questo che spiega, anche, la “guerra” scatenata contro Salvini da magistrati che oggi – intercettati – rivelano la loro malafede. «Uno spettacolo in cui lo squallore prevale sull’indignazione».Ieri, il governo gialloverde si era limitato a indicare obiettivi, senza riuscire a raggiungerli. Devastante il dietrofront dei 5 Stelle, pronti a disattendere tutte le promesse elettorali, fino all’elezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue, nel segno dell’eterno ordoliberismo “teutonico”. «Quando si è accorto che lo stesso Conte faceva da tappo, rispetto a qualsiasi riforma (compreso lo sgravio fiscale invocato dalla Lega), Salvini ha staccato la spina, collocandosi giustamente in posizione di attesa». Sorretto dal Pd, Conte ha trascorso mesi vendendo promesse europee fondate solo sulle chiacchiere. E ora, fallimento dopo fallimento, lo stesso Conte s’è ridotto a sperare che l’emergenza Covid duri in eterno. «Gli stessi sondaggi, finalmente, documentano la verità: gli italiani esigono risposte, e capiscono che non è Conte a poterle dare». E’ tutta qui la contesa italiana dietro le quinte: i veri nemici della gestione “cinese” del Covid, fondata sulla paura di massa, puntano su Mario Draghi: intanto per salvare l’Italia dalla depressione, e poi per smontare l’ipocrisia Ue e dar vita a una stagione keynesiana basata sul massiccio intervento dello Stato nell’economia, pena la morte delle aziende. In questo senso, spiega Magaldi, il Movimento Roosevelt è pronto a fare la sua parte, in mille modi: anche con i flash-mob della Milizia Rooseveltiana e con il Sostegno Legale ai multati. Iniziative cui ora si aggiunge il Sostegno Psicologico agli italiani traumatizzati dalla “cura” Conte, il classico rimedio peggiore del male.E’ come se l’Italia avesse due problemi. Uno ce l’hanno in tanti: si chiama coronavirus. L’altro ce l’abbiamo solo noi, in esclusiva, e risponde al nome di Giuseppe Conte. L’ultima trovata, quella delle “ronde” anti-assembramenti, non si capisce se faccia più ridere o piangere. «Ha l’aria di qualcosa di fascistoide, questa ennesima vessazione nei confronti dei cittadini: prima non protetti adeguatamente dal contagio, poi costretti in casa per oltre due mesi, lasciati senza aiuti economici e ora anche colpevolizzati come untori, criminalizzati come responsabili di un disastro nazionale che invece è interamente imputabile all’incresciosa incapacità dell’esecutivo». Fa sul serio, Gioele Magaldi: «Se questa storia degli “assistenti civici” non è uno scherzo di pessimo gusto, alle ipotetiche “ronde” diamo appuntamento in tribunale, e prima ancora nelle strade: a contrastarle provvederà la Milizia Rooseveltiana, la formazione nonviolenta che stiamo approntando per vigilare su ogni violazione dei diritti democratici». Il Movimento Roosevelt ha già messo in campo il servizio di Sostegno Legale per i cittadini colpiti da sanzioni ingiuste durante il lockdown: vengono difesi, gratis, da avvocati volontari. «E adesso – avverte il presidente – attiveremo anche un servizio di Sostegno Psicologico, per supportare i troppi cittadini traumatizzati dalla scandalosa gestione italiana dell’emergenza».
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La verità è clandestina: non chiamatela controinformazione
Vent’anni fa, in Italia, il primo a sollevare dubbi sull’equazione tra verità e giornalismo fu un certo Giulietto Chiesa. La domanda: se il pubblico non viene più informato dei fatti principali, e men che meno delle loro cause, come si fa a parlare ancora di libertà? Su cosa lo misura, il proprio giudizio, il lettore-spettatore lasciato all’oscuro di quel che accade veramente? In altre parole: dove va a finire, la democrazia? Dov’è finita oggi lo si è visto: ci ha pensato “Giuseppi”, con la sua coorte di tecnocrati e consiglieri-ombra, pronti a rimodellare la Costituzione su misura per la gestione panica del coronavirus. E come ha reagito, la stampa? Balbettando, o supportando l’Autorità senza fiatare. E’ potuto accadere anche per via dello stato comatoso del giornalismo nazionale, cartaceo e radiotelevisivo, dopo anni di omissioni, reticenze e manipolazioni: fake news, truccate da notizie. Ora siamo al trionfo orwelliano: è il Grande Fratello ad accusare l’informazione libera di produrre bufale. Di più: ormai si passa anche alle vie di fatto, coi video rimossi da YouTube come nel caso di “ByoBlu”, colpevole di dar voce a chiunque la pensi in modo diverso dal mainstream. E tutto questo, purtroppo, accade senza conseguenze: «Il guaio è che nessuno controlla i controllori», protesta l’avvocato Andrea Lisi, specialista in diritti dell’informazione.Le parole del legale si mescolano con quelle degli altri ospiti della diretta web-streaming “Big Data is Watching You”, proposta il 15 maggio da Marco Moiso (Movimento Roosevelt) con Gioele Magaldi e altri ospiti qualificati. Come Fabio Frabetti, di “Border Nights”, che obietta: «Anziché preoccuparsi di sanzionare Vittorio Feltri per i suoi titoli, segnalandolo all’Ordine dei Giornalisti, perché tanti colleghi non si preoccupano di cose ben più serie?». E a proposito di serietà e correttezza: il 6 maggio, il quotidiano “La Stampa” ora diretto da Massimo Giannini ha permesso al medico Mauro Salizzoni (ex primario alle Molinette di Torino) di definire “fake news” molte notizie attorno alle guarigioni ottenute a Mantova con la sieroterapia sperimentata da Giuseppe De Donno, e “lestofanti” chi le diffonde. E tutto questo, senza precisare che lo stesso Salizzoni – voce autorevole della medicina – è anche un illustre consigliere regionale del Pd (dunque un politico filogovernativo). Dorme sonni beati, l’Ordine dei Giornalisti? E, tra parentesi: trova normale che il Signor Fiat, proprietario della “Stampa”, si sia comprato anche “Repubblica” e “L’Espresso”? Se lo domanda Margherita Furlan di “Pandora Tv”, stretta collaboratrice di Giulietto Chiesa. «Vi sembra rassicurante – insiste Margherita – il fatto che i principali giornali italiani siano nelle mani dello stesso soggetto?».Una quindicina di anni fa, in una memorabile performance al Salone del Libro di Torino, il suo maestro Giulietto Chiesa sventolò un foglietto. Quando lo lesse, il pubblico ammutolì: erano i tabulati delle telefonate con cui Boris Berezovskij, noto oligarca a lungo nelle grazie di Boris Eltsin, ordinava all’uomo del Kgb in Cecenia, il colonnello Shamil Basaev (futuro “martire della resistenza cecena”), di reclutare criminali comuni e attaccare a freddo le caserme dell’esercito federale russo, a Grozny e Gudermes, per provocare ad arte la finta “rivolta indipendentista” della regione ribelle. Nei calcoli del Cremlino, doveva essere una breve fiammata, da spegnere subito con una guerra-lampo destinata a risollevare i sondaggi traballanti dello Zar, in vista della più taroccata delle rielezioni. «Avete mai letto qualcosa di simile, sui giornali italiani?». Domanda retorica, quella di Chiesa, di lì a poco – ancora a Torino – alle prese con il World Political Forum presieduto da Mikhail Gorbaciov. In un’intervista, all’ultimo leader dell’Urss fu chiesto della guerra cecena (durata anni, e terminata solo grazie Putin). «I famosi indipendisti ceceni? Li conosco, eccome», rispose Gorbaciov. «Ho scoperto che erano i miei vicini di ombrellone, in Costa Azzurra». Ad ascoltare Gorby c’erano televisioni e giornaloni: ma non una di quelle notizie fu lasciata filtrare, per dar modo al pubblico di constatare che, molto spesso, niente è come sembra.Ora siamo all’ossimoro permanente: verso e falso vanno a braccetto, con la massima disinvoltura. E il falso d’autore diventa vero, se a spacciarlo è il mainstream. «Per questo – dice ancora Margherita Furlan – sarebbe ora di archiviare espressioni come “controinformazione”», che forse avevano senso quando un’informazione dignitosa esisteva ancora. «Oggi la differenza è tra informazione – e quindi serietà, verifica, ricerche indipendenti – e tutto quello che “informazione”, francamente, non è più». Propaganda, sarebbe il termine più adatto a definire il mestiere di quelli che Marcello Foa, ora presidente della Rai, ha definito “stregoni della notizia”. Certo – ammette Frabetti – le verdi praterie del web si sono trasformate in una specie di far west, dove chiunque può mettersi a contrabbandare anche le bufale più inverosimili del peggior complottismo. E la Costituzione – sottolinea l’avvocato Lisi – non è pronta a normare questo magma: «Forse andrebbe arricchita, per disciplinare meglio un ambito così recente e tuttora sfuggente». L’unica cosa da evitare, aggiunge, è la soluzione che invece il governo Conte ha prontamente adottato: una bella task force di censori, non legittimati da null’altro che il potere politico dell’esecutivo, per giuntra forzato dallo stato d’emergenza.E’ il sottosegretario Andrea Martella, naturalmente del Pd, ad aver voluto l’imbarazzante Ministero della Verità. La scusa? Impedire che al pubblico arrivassero voci pericolose (ovvero dissonanti, rispetto alla camomilla governativa dispensata a proposito del Covid). Una pagina di vergogna nazionale, che si aggiunge a quelle che sempre l’avvocato Lisi considera le inquietanti incognite dell’App Immuni, progettata soprattutto per tracciare usi e costumi (ma soprattutto consumi) del popolo italiano, peraltro già abbondamente monitorato via smartphone tramite Google e i social. A proposito, osserva Frabetti: ve lo vedete, in Italia, un padreterno come Zuckerberg messo alla corda dal Parlamento? Già, perché lo spettacolo americano delle ultime ore è sensazionale: balbetta, il fondatore di Facebook, di fronte alla commissione istituzionale che lo incalza in modo spietato, chiedendogli perché mai il suo network planetario ha deciso di oscurare voci e notizie scomode, in merito al coronavirus. Dopo l’esternazione-bomba di Sara Cunial in aula, con le accuse esplosive rivolte alla “banda del Covid” capitanata da Bill Gates, sul suo blog – “Luogo Comune” – Massimo Mazzucco (altro nemico pubblico del Ministero della Verità) si domanda: ve l’immaginate, se anziché 300 passacarte, i parlamentari 5 Stelle fossero 300 Sara Cunial?Vent’anni fa, in Italia, il primo a sollevare dubbi sull’equazione tra verità e giornalismo fu un certo Giulietto Chiesa. La domanda: se il pubblico non viene più informato dei fatti principali, e men che meno delle loro cause, come si fa a parlare ancora di libertà? Su cosa lo misura, il proprio giudizio, il lettore-spettatore lasciato all’oscuro di quel che accade veramente? In altre parole: dove va a finire, la democrazia? Dov’è finita oggi lo si è visto: ci ha pensato “Giuseppi”, con la sua coorte di tecnocrati e consiglieri-ombra, pronti a rimodellare la Costituzione su misura per la gestione panica del coronavirus. E come ha reagito, la stampa? Balbettando, o supportando l’Autorità senza fiatare. E’ potuto accadere anche per via dello stato comatoso del giornalismo nazionale, cartaceo e radiotelevisivo, dopo anni di omissioni, reticenze e manipolazioni: fake news, truccate da notizie. Ora siamo al trionfo orwelliano: è il Grande Fratello ad accusare l’informazione libera di produrre bufale. Di più: ormai si passa anche alle vie di fatto, coi video rimossi da YouTube come nel caso di “ByoBlu”, colpevole di dar voce a chiunque la pensi in modo diverso dal mainstream. E tutto questo, purtroppo, accade senza conseguenze: «Il guaio è che nessuno controlla i controllori», protesta l’avvocato Andrea Lisi, specialista in diritti dell’informazione.
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Conte va bloccato ora, prima che finisca di demolire l’Italia
I mass media sono impegnati a nascondere tutte le manifestazioni di dissenso contro Conte e a farlo falsamente apparire come gradito alla maggioranza del paese. Conte sta portando avanti due linee di azione: l’eversione costituzionale per instaurare una dittatura tecnocratica; e la rovina economica del paese per consentire il suo saccheggio da parte dei capitali internazionali, che sono i suoi patron politici. Solo tenendo accesi i riflettori sui suoi soprusi si può bloccarlo, impedirgli manovre come inscenare un ritorno del contagio per chiudere nuovamente il paese e dargli la mazzata finale, specialmente in agosto o settembre, quando da un lato si concretizzeranno i danni economici del lockdown e dall’altro la Bce, secondo la recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca, dovrà cessare il Qe. Quindi potrà esplodere una bella crisi sociale e una protesta di popolo. Parliamo dei patron politico-economici del governo. Vi è un’industria farmaceutica che paga una ricerca e una divulgazione presentate come scientifiche ma sempre meno credute tali, perché sempre più percepite, pagate e dirette dal business nonché contraddittorie, incerte e regolarmente smentite nelle loro affermazioni.Questa industria gestisce i laboratori dove si elaborano virus e batteri, da uno dei quali pare sia uscito il Covid-19; e al contempo elabora e venderà ai governi un promesso vaccino per debellare il virus, nascondendo che questo tipo di virus è mutevole, quindi il vaccino non può essere la soluzione. Conte ha già detto sì a Bill Gates. Altre esigenze premono sul governo: quelle della mafia, che vuole non solo la liberazione dei suoi boss, ma soprattutto una grave e generale crisi di liquidità delle imprese, specie al Sud, per poterle rilevare coi suoi soldi sporchi; quindi vuole più lockdown e niente sovvenzioni alle imprese; quelle di investitori stranieri, pure interessati a che imprese private e pubbliche entrino in crisi, per poterle rilevare; e a partecipare a privatizzazioni necessitate dai bisogni finanziari dello Stato; quelle dei fondi di investimento stranieri, interessati a che si produca una diffusa insolvenza onde poter acquisire a prezzi irrisori i crediti in sofferenza e gli assets immobiliari posti a loro garanzia.Quelle della grande distribuzione, che ha interesse a che le piccole e piccolissime imprese italiane, iniziando dai bar e dai ristoranti, chiudano, onde poter occupare il loro spazio di mercato assorbendo i lavoratori ex autonomi con contratti precari e poco remunerati; quelle della Germania, che mira da un lato ad assicurarsi la continuità della collaborazione subalterna dell’industria italiana nelle sue filiere produttive, e dall’altro a spogliare l’Italia come già ha fatto con la Grecia (assieme alla Francia); quelle della pubblica amministrazione, che deve giustificare o coprire il fatto che ha speso centinaia di milioni e sospeso per mesi molti trattamenti diagnostici e terapeutici negli ospedali per allestire centri Covid-19 basati sulla terapia intensiva e i ventilatori: centri che sono rimasti quasi inutilizzati, anche perché la malattia non è respiratoria ma circolatoria e raramente richiede terapia intensiva; e anche deve nascondere il fatto che quasi tutti i decessi sono dovuti ad errore diagnostici e terapeutici.L’obbedienza ai predetti interessi potrebbe essere la ragione per la quale il governo italiano, in clamorosa differenza da altri governi, non eroga o ritarda i sostegni alle imprese e alle famiglie, mandandole in crisi. Darebbe conto altresì della costituzione della Commissione Colao da parte del governo, in pratica sostituzione del Parlamento, composta da esperti fiduciari dei capitali sovranazionali interessati ad approfittare della situazione, come detto sopra. Potrebbe anche essere la ragione per la quale il governo insiste che concederà la normalità solo quando vi sarà il vaccino, e al contempo manda i Nas a inquisire i medici di Mantova che hanno messo a punto una cura sierologica che minaccia i profitti di Big Pharma. Analogamente spiegherebbe perché il governo italiano non ha preso le misure più ovvie a tutela della salute pubblica: prescrivere l’assunzione di vitamina D e la chiusura degli impianti che emettono polveri sottili, che predispongono alla malattia.Potrebbe spiegare anche il fatto che il governo italiano, per giustificare provvedimenti sospensivi della Costituzione e di diritti costituzionali inviolabili, ha ritardato di circa due mesi gli interventi anticontagio e in seguito ha sempre diffuso dati statistici privi di valore scientifico, esagerati per creare terrore, in quanto riportanti come dovuti al virus tutti i decessi, anche quelli dovuti ad altre malattie – vedasi i dati autoptici, quelli dell’Iss, quelli dell’Istat, dai quali risultano meno morti quest’anno che l’anno scorso, nei primi 4 mesi, anche per malattie respiratorie. Soprattutto bisogna prevenire che Mattarella, da qui a uno, due o tre mesi, quando Conte avrà completato la sua opera a danno del paese, se la possa cavare mandandolo a casa, lasciando addossare a lui la colpa del disastro, mettendo su un nuovo governo e dicendoci: cari italiani, l’Europa ci ha lasciato soli, Conte ha sbagliato a fidarsi, il danno è fatto, mi dispiace, ora dovete pagare, fidatevi del mio nuovo governo. No, venerando Presidente, così non va: sapendo che cosa ha in cantiere, Conte e i suoi decreti incostituzionali vanno fermati adesso, prima che sia troppo tardi. Dopo, nessuno se ne potrà lavare le mani. Presidente, noi vi teniamo d’occhio. Uno per uno.(Marco Della Luna, “Presidente, vi teniamo d’occhio”, dal blog di Della Luna del 10 maggio 2020).I mass media sono impegnati a nascondere tutte le manifestazioni di dissenso contro Conte e a farlo falsamente apparire come gradito alla maggioranza del paese. Conte sta portando avanti due linee di azione: l’eversione costituzionale per instaurare una dittatura tecnocratica; e la rovina economica del paese per consentire il suo saccheggio da parte dei capitali internazionali, che sono i suoi patron politici. Solo tenendo accesi i riflettori sui suoi soprusi si può bloccarlo, impedirgli manovre come inscenare un ritorno del contagio per chiudere nuovamente il paese e dargli la mazzata finale, specialmente in agosto o settembre, quando da un lato si concretizzeranno i danni economici del lockdown e dall’altro la Bce, secondo la recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca, dovrà cessare il Qe. Quindi potrà esplodere una bella crisi sociale e una protesta di popolo. Parliamo dei patron politico-economici del governo. Vi è un’industria farmaceutica che paga una ricerca e una divulgazione presentate come scientifiche ma sempre meno credute tali, perché sempre più percepite, pagate e dirette dal business nonché contraddittorie, incerte e regolarmente smentite nelle loro affermazioni.
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Carpeoro: il guaio non è Bill Gates, ma il consenso a Conte
Bill Gates è peggio dei Rothschild, che almeno non fanno beneficenza coi soldi degli altri. Ho l’impressione che Bill Gates voglia diventare presidente degli Stati Uniti, prima o poi. E comunque, il solo fatto di aspettarsi che sia lui a trovare il vaccino contro il Covid è una cosa che, di per sé, mostra l’attuale livello dell’opinione pubblica. Il vero problema non sono neppure i governanti, ma chi li vota, eleggendo sempre gli stessi. Contineremo a leggere di tutto, se le persone non capiscono che devono parlarsi e mettersi d’accordo per cambiare completamente la grammatica. A essere scarsa è la preoccupazione delle persone rispetto a quello che hanno fatto finora – o meglio, quello che finora non hanno fatto (che nessuno di noi ha fatto). Se la gente è indifesa, deve prendere coscienza del fatto che si deve difendere da sola. E questo salto, la gente non lo sta facendo. Il protagonismo di Bill Gates è solo una conseguenza di questa nostra passività: lui o un altro, sarebbe la stessa cosa. Chiunque oggi sia protagonista, è protagonista di un’opinione pubblica malata e mediocre. E quindi non può che essere un personaggio come quello.Beninteso: io non do tutte le colpe al popolo. Dico che il popolo ha la possibilità di cambiare le cose, e non lo fa. Ma non attribuisco al popolo la colpa delle porcherie che fanno i politici. Il popolo, semmai, ha la colpa di non fare nulla per cambiare le cose. Certo, ci sono leggi elettorali fatte apposta per poi dare vita ai governi Monti, ai governi Conte. Abbiamo allegramente fatto morire tutta una serie di possibilità e di partiti. Per esempio il Partito Radicale (com’era all’epoca, non quello che vorrebbe la Bonino). Quanto alle entità socialiste, prima abbiamo permesso che le pigliassero a monetine, e poi che sparissero e fossero consegnate ai mediocri. Abbiamo consentito che nella sinistra (intesa come Pd) emergesse una specie di conformismo democristiano, che l’ha uccisa. Abbiamo permesso e continuato a votare tutto questo. Il popolo ha anche la possilità di crearle, le alternative: perché la gente non si deve assumere le sue responsabilità? Invece andiamo appresso alle Sardine, ai girotondi. Andiamo appresso anche a una destra che non è una vera destra, che ha vene di superficialità che si esprimono in quel suo sovranismo becero. Perché c’è anche un sovranismo nobile; il sovranismo becero, invece, si allea con l’Ungheria.Si sta profilando un governissimo, forse presieduto da Draghi? In questo momento, il fatto che cada il governo è meno all’ordine del giorno. Se cade, quella non sarà la soluzione – a meno che i numeri del contagio non aumentino a tal punto da avere per forza una soluzione d’emergenza. Renzi ha attaccato Conte? Sì, ma poi è tornato subito nel branco, come sempre. Queste sue sparate, evidentemente, le fa pensando solo ai sondaggi. Il problema del governo è che ha bisogno di nascondere la vera emergenza, che è quella economica, causata dal governo stesso. E il governo Conte la sta nascondendo con delle prese per il culo straordinarie. Devo dire che Conte ha mostrato veramente di essere un personaggio di una meschinità eccezionale. Una specie di prestigiatore da piazza, di quelli che fanno trucchi che tutti capiscono. Questa è la situazione: prese per il culo, abusi e incostituzionalità, mettendo in ginocchio l’unica categoria – piccoli imprenditori, partite Iva, lavoratori autonomi – che in Italia è ritenuta pericolosa, per il “verbo unico”.Gustavo Zagrebelsky ha difeso i decreti di Conte, sostenendo che non violano la Costituzione? Non me ne stupisco: Zagrebelsky è, storicamente, un lacchè di un certo sistema di potere cattocomunista (Prodi, lo stesso Bersani), cioè di una certa sinistra. E’ una star delle Sardine invecchiate. E quindi ha fatto quello che mi aspettavo, da lui. Non ha mai assunto una posizione (politica, ma anche tecnico-giurisdizionale) contro le posizioni ufficiali di questo blocco di potere. Si dice che i casi di Covid stiano crollando? Io posso solo dire che, fin dall’inizio, le misure di restrizione erano assolutamente ingiustificate. Si sono inserite altre motivazioni, in questa conduzione? Non ne ho idea, ma so che il problema di questi politici è la loro incapacità. C’è la tentazione di imporre vaccinazioni di massa, a tutti? Le vaccinazioni sono un business, ormai. Sicuramente, quindi, le motivazioni di business sono alla base di alcune motivazioni inerenti le politiche sanitarie. Ma non sono l’unico problema.Io trovo che ci sia un problema generale, di esercizio del potere, che in Italia fa paura. Non essendoci mai una strategia di governo, la gestione del potere è talmente casuale, a macchia di leopardo, a volte guidata dal business e a volte dall’ambizione individuale e dalla voglia di mettersi in mostra, che il paese sta andando a rotoli. Quello dell’opinione pubblica che non sui sveglia è un problema culturale, di pigrizia, di ignavia e di totale asservimento alla narrazione televisiva. Oggi, Conte ha il consenso del 63% degli italiani. Direte: i sondaggi sono falsi. Non lo so, io ho l’impressione che siano veri. In Italia, l’opposizione non esiste: i personaggi all’opposizione hanno la stessa magagna, nel sistema e nel metodo, che hanno le forze al governo. E oggi, con questa opinione pubblica, non c’è spazio per forze nuove. E’ per questo che, prima, deve cambiare l’opinione pubblica. Se la gente la aiutasse, una forza nuova, in questo momento non sarebbe possibile fermarla.Denunciare Conte in tribunale, come qualcuno propone? Conte ha il 60% del consenso, nel paese: più di quanto abbia mai avuto Craxi, in vita sua. E ho detto tutto. Perché la gente si lascia convincere così facilmente? «O tempora, o mores», diceva Cicerone. Questo è il livello morale, politico e civile delle persone. E a questo ci dobbiamo rassegnare, per ora (cercando di cambiarlo). In Italia succederanno delle cose solo quando esploderà il problema economico. Non sono in grado di dire quando esploderà, perché finché ci sarà una gestione emergenziale potrebbe non esplodere. Ma, quando esploderà, saranno problemi seri. Questo momento potrebbe anche essere vicino: dipende da una serie di fattori. Draghi? Potrebbe farsi dare più soldi dall’Europa, e non è che la cosa mi faccia schifo. E avrebbe tutto l’interesse, a farlo, anche per via delle sue attuali ambizioni. Draghi, quei soldi, saprebbe anche farceli spendere in modo adeguato. Poi a lui piace, passare per salvatore di qualcosa. Comunque, i soldi li farebbe arrivare nel modo giusto, a fondo perduto. Quand’era alla Bce ha mostrato di saperli far arrivare, i soldi, quando vuole.Da dove è uscito, invece, Conte? Dalla baronia universitaria, che è quanto di peggio esista, in questo paese: è la categoria più nepotista. Concorsi vinti per raccomandazione: la baronia universitaria è il peggio del paese. Le entrature di Conte in Vaticano? Be’, le baronie universitarie ce le hanno eccome, le entrature in Vaticano. E oggi il Vaticano conta, come tutto ciò che ha una diffusione capillare sul territorio. Mai come in questo momento, l’Italia dovrebbe alzare la voce, in Europa, e far capire a tutti che i cimiteri sono pieni, di persone indispensabili, e i cimiteri della civiltà sono pieni di enti ritenuti indispensabili. L’Europa è indispensabile se è un’Europa vera; se è un’Europa così, non è indispensabile. Non si vede chi potrebbe alzarla, la voce? E’ quello, il problema. Anche perché la maggioranza dell’opinione pubblica non sosterrebbe chi alzasse la voce, visto che sostiene Conte. La piccola impresa italiana, la più colpita dalle misure del governo, è anche quella che potrebbe essere protagonista del grande cambiamento. Se iniziasse a ragionare correttamente, la piccola impresa farebbe paura. Sciopero fiscale? Certo, non pagare le tasse sarebbe una forma di protesta sicuramente efficace. Ma dovrebbe essere praticata da tutti. E di quel 60% che appoggia Conte, non so quanti lo farebbero.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming “Carpeoro Racconta”, su YouTube il 3 maggio 2020).Bill Gates è peggio dei Rothschild, che almeno non fanno beneficenza coi soldi degli altri. Ho l’impressione che Bill Gates voglia diventare presidente degli Stati Uniti, prima o poi. E comunque, il solo fatto di aspettarsi che sia lui a trovare il vaccino contro il Covid è una cosa che, di per sé, mostra l’attuale livello dell’opinione pubblica. Il vero problema non sono neppure i governanti, ma chi li vota, eleggendo sempre gli stessi. Contineremo a leggere di tutto, se le persone non capiscono che devono parlarsi e mettersi d’accordo per cambiare completamente la grammatica. A essere scarsa è la preoccupazione delle persone rispetto a quello che hanno fatto finora – o meglio, quello che finora non hanno fatto (che nessuno di noi ha fatto). Se la gente è indifesa, deve prendere coscienza del fatto che si deve difendere da sola. E questo salto, la gente non lo sta facendo. Il protagonismo di Bill Gates è solo una conseguenza di questa nostra passività: lui o un altro, sarebbe la stessa cosa. Chiunque oggi sia protagonista, è protagonista di un’opinione pubblica malata e mediocre. E quindi non può che essere un personaggio come quello.
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Sanders in vantaggio: come lo fermerà il Deep State dem?
I falchi guerrafondai dei servizi segreti e del complesso militare industriale – chiamati in gergo “Deep State” – hanno un grave problema: gli manca un canditato valido da contrapporre a Trump nelle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Purtroppo per loro, il candidato che avevano prescelto – Joe Biden – sta perdendo colpi in maniera vistosa, e difficilmente riuscirà a vincere la nomination dei democratici. Biden sarebbe stato il perfetto continuatore della politica espansionistica di Obama. Una politica che, travestita da progressismo globalista, incarna invece i peggiori aspetti dell’imperialismo americano. Ma Biden, come dicevamo, sta deludendo i suoi sostenitori. Dopo aver perso malamente le primarie in Iowa, ha raddoppiato la sconfitta, facendo ancora peggio nel New Hampshire. E, stando alle statistiche, nessun candidato ha mai vinto la nomination che non avesse vinto almeno una delle due primarie iniziali. Ora Biden cercherà di rifarsi in Nevada e South Carolina, ma ormai è evidente che la sua reputazione è stata fortemente danneggiata dalla guerra con Trump.Il semplice fatto che Trump abbia chiesto al presidente Zelensky di indagare sulle attività oscure del figlio di Biden in Ucraina – anche senza ottenere niente di concreto – deve aver influito negativamente sulla percezione che gli americani hanno di Joe Biden. E, come sappiamo, in politica la percezione è tutto. Nel frattempo è emerso per i democratici un altro grave problema, che porta il nome di Bernie Sanders. Anzi, è riemerso un vecchio problema. Come molti ricordano infatti, Sanders aveva già avuto un’ottima partenza nelle primarie democratiche di quattro anni fa, ma poi fu lo stesso Dnc (la dirigenza del partito democratico) a mettergli i bastoni fra le ruote, boicottandolo in ogni modo possibile per favorire la candidata “moderata” Hillary Clinton. Riuscirono così a far vincere la Clinton e fare fuori Sanders, anche se poi la Clinton venne sconfitta da Trump. Ora il problema si ripete: il candidato Sanders è ripartito in quarta, vincendo il New Hampshire e sfiorando la vittoria nello stesso Iowa, e ora si trova nettamente in testa nei sondaggi nazionali.Ma i democratici sanno bene che Sanders farebbe molta fatica a battere Trump a livello nazionale, perché è troppo “di sinistra” per convincere la famosa fetta di indecisi, che sono quelli che ogni quattro anni determinano le elezioni presidenziali. E ora che Biden perde i pezzi, ai democratici resta soltanto il giovane Buttigieg per presentare all’America del Mid-West un volto rassicurante per le presidenziali di novembre. E Buttigieg non ha certo il peso politico né il carisma necessari per portare a casa una vittoria contro Donald Trump. Ci si domanda quindi cosa faranno a questo punto i democratici, che in realtà rappresentano il volto pubblico del Deep State. Si rassegneranno a riconsegnare la Casa Bianca a Trump per altri quattro anni, oppure cercheranno di fare un altro sgambetto a Sanders, inventandosi all’ultimo momento un candidato alternativo, come ad esempio Michael Bloomberg?(Massimo Mazzucco, “Deep State, we have a problem”, da “LuogoComune” del 13 febbraio 2020).I falchi guerrafondai dei servizi segreti e del complesso militare industriale – chiamati in gergo “Deep State” – hanno un grave problema: gli manca un canditato valido da contrapporre a Trump nelle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Purtroppo per loro, il candidato che avevano prescelto – Joe Biden – sta perdendo colpi in maniera vistosa, e difficilmente riuscirà a vincere la nomination dei democratici. Biden sarebbe stato il perfetto continuatore della politica espansionistica di Obama. Una politica che, travestita da progressismo globalista, incarna invece i peggiori aspetti dell’imperialismo americano. Ma Biden, come dicevamo, sta deludendo i suoi sostenitori. Dopo aver perso malamente le primarie in Iowa, ha raddoppiato la sconfitta, facendo ancora peggio nel New Hampshire. E, stando alle statistiche, nessun candidato ha mai vinto la nomination che non avesse vinto almeno una delle due primarie iniziali. Ora Biden cercherà di rifarsi in Nevada e South Carolina, ma ormai è evidente che la sua reputazione è stata fortemente danneggiata dalla guerra con Trump.
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I nostri leader nani: durano poco perché sono senza storia
Da una parte Andreotti e Fanfani, Moro e Craxi, La Malfa e Berlinguer, Almirante e Malagodi, Pannella e Spadolini. Dall’altra Berlusconi e Renzi, Grillo e Di Maio, Conte e Monti, Zingaretti e Gentiloni, Salvini e Meloni. Provate a paragonare alla fine di un ventennio cominciato nel duemila, dieci protagonisti della prima repubblica con dieci protagonisti dei nostri ultimi anni. E ditemi, senza nessuna preferenza di natura ideologica o politica, se non provate difficoltà anche solo a stabilire paragoni. Voi direte, ma quelli erano giganti, almeno rispetto a questi, qualunque giudizio abbiamo di ciascuno di loro; ma forse non è neanche così, molti di loro furono duramente criticati nel loro tempo e qualcuno di loro non fu o non parve all’altezza del proprio compito, e furono comunque considerati minori rispetto ai padri. Da De Gasperi a Saragat, da Nenni a Togliatti e indietro nel tempo, incluso L’Escluso per antonomasia, Mussolini. No, non credo alla teoria involuzionista, per cui i figli sono sempre minori e peggiori rispetto ai padri. Non è questo. La vera differenza è un’altra. Di tutti quei dieci protagonisti citati a proposito della prima repubblica ti accorgi di una cosa: non erano solo eminenti protagonisti in sé ma erano portatori, rappresentanti, eredi di una tradizione, di una storia, di un movimento.Venivano da qualcosa, in loro vedevi riflessa una storia, anche una storia collettiva, che magari era controversa, non ti piaceva, ti urtava o ti spaventava, ma c’era: la storia dei partiti e dei movimenti popolari di massa, la storia dei cristiano-democratici e dei socialisti e dei comunisti, dei missini o neofascisti e dei liberali e dei repubblicani; poi c’era la storia dei socialdemocratici, dei monarchici e di altre famiglie politiche e culturali, altre comunità con altri eroi, autori e simboli. Ciascuno non era giudicato a sé, in sé, ma come proveniente da una storia, ed erede di una cultura politica. Dietro di loro vedevi un simbolo, un tragitto, il riassunto di un albero genealogico. Invece, i dieci protagonisti odierni che abbiamo citato vengono praticamente da se stessi, non hanno storia e movimento politico; fanno parziale eccezione Zingaretti e la Meloni, che derivano quantomeno da tradizioni politiche seppur rifratte, di cui erano rappresentanti giovanili; ma gli altri no, sono parvenu o apolitici, apolidi, apatridi, self made man, mutanti, o come altro volete definirli. Pensate che sia una differenza da poco? Pensate che non conti nulla essere e sentirsi eredi e continuatori di una storia, di un modo di pensare, di un’ideologia, perfino, o comunque di una tradizione sociale, oltre che politica, di una comunità vivente oltre che di una collettività di interessi e valori? O solitari interpreti di una fase, attori che recitano a soggetto, personaggi in cerca d’autore e di target?Questa è la vera differenza e il vero salto nel buio che abbiamo fatto. La cosiddetta seconda repubblica fu ancora una via di mezzo, c’erano tradizioni politiche, storie di partiti che si spegnevano, si piegavano, mutavano nome e fattezze; ma qualche eredità ancora s’intravedeva di una storia comune venuta dal Pci, dalla Dc, dal Msi, e via dicendo. E restava in piedi sotto l’egida del bipolarismo, qualche richiamo alla destra o centro-destra e alla sinistra o centro-sinistra. Il primo parvenu della politica fu Berlusconi, che aveva, si, bazzicato molti leader ma da imprenditore, in cerca di protezioni, sponde, benefici reciproci per le sue aziende private. Con lui c’era Umberto Bossi, contro di lui ci fu Tonino Di Pietro. Ma la collocazione in un quadro bipolare rendeva riconoscibile la loro posizione e per certi versi risaltava un’appartenenza e una derivazione. Poi tutti gli altri avevano qualche precedente storico: D’Alema e Veltroni, Fini e Casini, in parte lo stesso Prodi, solo per citare i più eminenti; provenivano dal Novecento, perlomeno.Ora, invece, i leader sono autoreferenziali, traggono legittimazione da se stessi e dalle condizioni del momento, dai loro movimenti nuovi o sempre differenziati da ogni passato. I partiti aggiornano continuamente la loro app politica, cambiano ciclicamente nome, mission, struttura. Ma anche i leader devono rigenerarsi, hanno la durata di uno smartphone. Anzi è un male avere un curriculum, provenire da una storia, rivelare un’antichità. Preferibile essere marziani, extraterrestri, vergini, parvenu. Io sono il Nuovo. Ma è un’affermazione suicida nel medio periodo, perché il Nuovo invecchia in fretta e viene presto scavalcato dal più Nuovo. Per durare, il Nuovo deve scommettere sull’oblio, ovvero sulla perdita di memoria collettiva.Il populismo a questo punto diventa un’ancora per approdare nel presente e restare a tiro, in pole-position: non rappresento una storia ma un’opinione corrente, non rappresento radici ma umori diffusi. Il popolo tramite il sondaggio diventa il sostituto della tradizione e ben si sposa con la logica mercantile del nostro tempo riassunta nella formula “il cliente ha sempre ragione”. Ancor peggio del populismo è il suo nemico, il settarismo correttivo, ovvero l’assunzione di un canone ideologico obbligato rispetto a cui attenersi, che non deriva né dall’esperienza, cioè dalla realtà, dalla storia e dalla tradizione, né dal consenso popolare. Ma è mero bigottismo radical-progressista. Al di là delle specifiche stature dei dieci piccoli indiani citati come protagonisti della stagione politica in corso, a loro volta assai differenti, il paragone è disastroso perché non rappresentano altro che se stessi, in un determinato momento. Ed è questa la ragione per cui la loro parabola è breve, non lascia tracce, non si inscrive in nessuna storia ma solo in un presente che passa in fretta. Il precariato della politica, con i suoi fuochi fatui.(Marcello Veneziani, “Nani sulle spalle dei giganti”, da “Il Borghese” del febbraio 2020; articolo ripreso dal blog di Veneziani).Da una parte Andreotti e Fanfani, Moro e Craxi, La Malfa e Berlinguer, Almirante e Malagodi, Pannella e Spadolini. Dall’altra Berlusconi e Renzi, Grillo e Di Maio, Conte e Monti, Zingaretti e Gentiloni, Salvini e Meloni. Provate a paragonare alla fine di un ventennio cominciato nel duemila, dieci protagonisti della prima repubblica con dieci protagonisti dei nostri ultimi anni. E ditemi, senza nessuna preferenza di natura ideologica o politica, se non provate difficoltà anche solo a stabilire paragoni. Voi direte, ma quelli erano giganti, almeno rispetto a questi, qualunque giudizio abbiamo di ciascuno di loro; ma forse non è neanche così, molti di loro furono duramente criticati nel loro tempo e qualcuno di loro non fu o non parve all’altezza del proprio compito, e furono comunque considerati minori rispetto ai padri. Da De Gasperi a Saragat, da Nenni a Togliatti e indietro nel tempo, incluso L’Escluso per antonomasia, Mussolini. No, non credo alla teoria involuzionista, per cui i figli sono sempre minori e peggiori rispetto ai padri. Non è questo. La vera differenza è un’altra. Di tutti quei dieci protagonisti citati a proposito della prima repubblica ti accorgi di una cosa: non erano solo eminenti protagonisti in sé ma erano portatori, rappresentanti, eredi di una tradizione, di una storia, di un movimento.
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Nessuno cresce per caso: la Meloni piace all’establishment
Nessuno cresce per caso. O meglio, non basta essere bravi politici per crescere in punti percentuali. Questa è la prima regola delle democrazie occidentali. Per capire l’evoluzione dello scenario partitico italiano occorre leggere tra le righe delle geometrie nazionali e internazionali. Così da non illudersi troppo facilmente per alcuni, o scandalizzarsi troppo istericamente per altri. Facciamo un passo indietro negli anni. Quando Matteo Salvini diventò segretario, era dicembre del 2013, la Lega era al 4 per cento, mentre il Movimento 5 Stelle già rompeva la dicotomia destra/sinistra diventando il partito più votato dagli italiani col 25 per cento di consensi dopo le elezioni di febbraio (sempre del 2013). Insomma la cavalcata del “Capitano” – aldilà della sua non ordinaria capacità di calarsi fisicamente nei luoghi, a una velocità supersonica, tra un comizio, una fiera locale o una sagra di paese – serviva in quel momento storico ad arginare l’ascesa dirompente del M5S ma soprattutto a fermare l’emorragia dei voti di centro-destra. Col tempo, Matteo Salvini sfrutta il vuoto mediatico lasciato dai diktat di Beppe Grillo che costringono i suoi a non andare in televisione, diventa uomo di copertina e da talk show, abbandona la “secessione”, avvia un progetto di architettura “nazionale” e introduce il “sovranismo” nel suo manifesto politico in contrapposizione al “populismo civico pentastellato”.Con questa strategia riesce a portare la Lega dal 4 al 17 (marzo 2018), al 34 per cento (maggio 2019), con una parentesi di governo “nazional-populista” durata 15 mesi che spiazzò tutte le centrali cultural-finanziarie, al punto ora da concorrere per la prima volta della storia repubblicana con il Partito Democratico in Emilia Romagna, e da conquistare in Calabria la prima regione del Sud Italia. Incredibile ma vero. Matteo Salvini gode di consenso popolare ma è isolato all’estero. Se non fosse per la sua animalità politica – la campagna elettorale in Emilia Romagna, dettata da un’agenda dell’ubiquità, è da manuale – avremmo potuto annunciare la sua fine, eppure dobbiamo aspettare ancora un po’ di tempo. In compenso esiste una seconda regola nelle democrazie occidentali. Per governare in Italia non basta il consenso popolare ma occorre anche avere una sponda all’estero molto forte. Il leader della Lega dovrebbe impararla a memoria perché a furia di stare tra le folle – impressionanti, dovremmo aggiungere per onestà intellettuale – ha trascurato i tavoli internazionali, laddove si decidono anche le sorti dell’Italia. Dopo essere stato più o meno scaricato da Donald Trump che in fase di consultazioni fece un endorsement a “Giuseppi”, nonché dal Cremlino dopo il caso “moscopoli”, ora cerca con ritardo e in modo sconclusionato di incassare un sostegno da Israele e dai suoi circoli in Italia.Chi ha capito questa regola è appunto Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, che in maniera chirurgica e silenziosa tesse la sua ragnatela negli spazi che contano, laddove Matteo Salvini è stato marginalizzato o si è auto-marginalizzato: Washington e Bruxelles. Aderendo al Parlamento Europeo al Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei ha scelto un percorso riformista e moderato, e senza scattarsi fotografie con il berretto rosso con scritto “Make America Great Again” già prepara una missione alla Casa Bianca per parlare direttamente con Donald Trump o in alternativa con il vicepresidente Mike Pence. Proprio di questo si sarebbe parlato martedì 12 novembre in un incontro super riservato a Villa Taverna rivelato da “Repubblica”, con l’ambasciatore statunitense Lewis Eisenberg. E non è un caso che di recente, in una prospettiva avveniristica di consolidamento dell’asse anglo-americano con la rielezione di Trump e la Brexit già annunciata da Boris Johnson, anche il “Times” l’abbia inserita tra le 20 persone che potrebbero cambiare il mondo nel 2020. In sintesi, il blocco anglo-americano ha bisogno dell’Italia per tenere un piede in Europa, e Giorgia Meloni sembrerebbe molto più affidabile di Matteo Salvini. E’ quando sei tra le “stelle nascenti” del “Times” che devi domandarti se stai facendo la cosa giusta.Ad aver intuito queste dinamiche sono i nemici di Matteo Salvini, i quali hanno capito di non poterlo sfidare frontalmente, così hanno deciso di indebolirlo portando lo scontro nel suo campo, dall’interno, alimentando la crescita di Fratelli d’Italia al fine di ridimensionare i rapporti di forza nel centro-destra. Non è un caso infatti che i sondaggi danno Fdi in crescita, proporzionalmente al calo della Lega, e sui mezzi d’informazione riceve più inviti di tutti gli altri. Stando all’ultimo studio di Mediamonitor.it sulle presenze dei politici italiani nei principali tv nazionali (Rai, Mediaset, La7, SkyTg24), che ha diviso gli ultimi sei mesi in due periodi distinti (gli ultimi tre mesi dell’esecutivo Conte I; e i primi tre mesi del Conte II), Giorgia Meloni è infatti quella che cresce di più in fatto di ospitate: +58,8 per cento. Chi dice che è merito del tormentone musicale “Io sono Giorgia” o del suo social media manager (come dicono a “L’Espresso”), non ha capito che le partite non si giocano in superficie ma in profondità, oppure a un livello molto più alto. Dipende dai punti di vista, ma la sostanza è la stessa. Le logiche dell’establishment sono molto più potenti dei semplici algoritmi. Vallo a spiegare ai “giovani coglioni” (direbbe Céline) che perseguitano la “Bestia”.(Sebastiano Caputo, “L’ascesa di Giorgia Meloni”, da “L’Intellettuale Dissidente” del 20 gennaio 2020).Nessuno cresce per caso. O meglio, non basta essere bravi politici per crescere in punti percentuali. Questa è la prima regola delle democrazie occidentali. Per capire l’evoluzione dello scenario partitico italiano occorre leggere tra le righe delle geometrie nazionali e internazionali. Così da non illudersi troppo facilmente per alcuni, o scandalizzarsi troppo istericamente per altri. Facciamo un passo indietro negli anni. Quando Matteo Salvini diventò segretario, era dicembre del 2013, la Lega era al 4 per cento, mentre il Movimento 5 Stelle già rompeva la dicotomia destra/sinistra diventando il partito più votato dagli italiani col 25 per cento di consensi dopo le elezioni di febbraio (sempre del 2013). Insomma la cavalcata del “Capitano” – aldilà della sua non ordinaria capacità di calarsi fisicamente nei luoghi, a una velocità supersonica, tra un comizio, una fiera locale o una sagra di paese – serviva in quel momento storico ad arginare l’ascesa dirompente del M5S ma soprattutto a fermare l’emorragia dei voti di centro-destra. Col tempo, Matteo Salvini sfrutta il vuoto mediatico lasciato dai diktat di Beppe Grillo che costringono i suoi a non andare in televisione, diventa uomo di copertina e da talk show, abbandona la “secessione”, avvia un progetto di architettura “nazionale” e introduce il “sovranismo” nel suo manifesto politico in contrapposizione al “populismo civico pentastellato”.