Archivio del Tag ‘Stalin’
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“Ma Trump voleva solo appalti, non diventare presidente”
Il più grosso problema di Donald Trump? Essere diventato presidente degli Stati Uniti: mai più pensava di essere eletto, né tantomeno ci teneva. «Il suo obiettivo era un altro: ottenere appalti per le sue aziende, nella posizione privilegiata di grande sconfitto». Lo sostiene l’avvocato Gianfranco Carpeoro, giornalista e scrittore, autore del recente saggio “Dalla massoneria al terrorismo”. «E’ la verità: Trump sperava solo di ottenere appalti una volta che fosse stata eletta Hillary Clinton. Che poi non è stata eletta soprattutto per un incidente di percorso a due settimane dal traguardo: la fuga di notizie sulle sue condizioni di salute. E gli americani, con il loro culto dell’efficienza, mai avrebbero eletto una presidente malata». Ed è così che “The Donald” si è ritrovato alla Casa Bianca, forse anche anche suo malgrado. Ma perché si era candidato? «Perché persino l’élite non avrebbe più tollerato alla Casa Bianca un altro esponente della famiglia Bush, specie dopo le notizie sul ruolo di quella famiglia nell’11 Settembre e nella nascita dell’Isis. Trump è stato candidato tra i repubblicani proprio per quello, per tagliare la strada a Jeb Bush».Affermazioni clamorose, che Carpeoro affida alla diretta web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nighs” il 29 gennaio. Sul tappeto, le roboanti iniziative del neo-presidente in materia di immigrazione. «Il Muro alla frontiera col Messico? Pochi lo dicono, ma quel muro esiste già: lo eresse Bill Clinton. Trump si è solo ripromesso di completarlo». In altre parole: cambiano gli orchestrali, non lo spartito. «Per il potere è indifferente il pullman su cui salire». L’annuncio del trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme? «Non è un fatto epocale, come si pretende: Gerusalemme è già sotto il pieno controllo ebraico». Nel suo saggio sul rapporto fra massoneria e terrorismo, lo stesso Carpeoro racconta che, a Yalta, «due massoni e mezzo», cioè Roosevelt e Churchill, più Stalin, «negando la nascita di uno Stato palestinese accanto a quello ebraico stabilirono, già nel 1945, che in Medio Oriente la guerra sarebbe durata per sempre: questo era l’interesse del grande potere, che non ammette deroghe». La riprova? «Chiunque si sia opposto, scommettendo sulla pace, ha fatto una brutta fine: Arafat, Hussein di Giordania e lo stesso Rabin, ucciso da estremisti ebraici».Morale: «Non aspettiamo chissà cosa, da Trump. Il neoeletto vedrà il da farsi, volta per volta». Secondo Carpeoro, “The Donald” è alla Casa Bianca essenzialmente per via della defaillance di Hillary. Ed era stato candidato per opporsi, anche con l’aiuto inatteso della super-massoneria “progressista”, al pericoloso Jeb Bush, che Gioele Magaldi (nel libro “Massoni, società a responsabilità illimitata”) riconduce alla filiera della Ur-Lodge “Hathor Pentalpha”, creata da George Bush (padre) nel 1980, dopo la sconfitta subita per mano di Reagan alle primarie repubblicane. Magaldi la definisce «loggia del sangue e della vendetta», descrivendola come un circolo esclusivo e sanguinario, responsabile della strategia della tensione a livello internazionale, con il contributo di personaggi come George W. Bush, Nicolas Sarkozy, Tony Blair, Recep Tayyip Erdogan. «Quanto sta emergendo sul ruolo della “Hathor Pentalpha” in relazione al caso Bin Laden e all’Isis – afferma Carpeoro – ha motivato il sostegno a Trump per fermare Jeb Bush». E ora che Trump è alla Casa Bianca? Niente paura, conclude Carpeoro: «Come presidente non potrà più auto-assegnarsi appalti, ma li riceverà da Putin in Russia. E Trump contraccambierà, concedendo appalti a Putin in America».Il più grosso problema di Donald Trump? Essere diventato presidente degli Stati Uniti: mai più pensava di essere eletto, né tantomeno ci teneva. «Il suo obiettivo era un altro: ottenere appalti per le sue aziende, nella posizione privilegiata di grande sconfitto». Lo sostiene l’avvocato Gianfranco Carpeoro, giornalista e scrittore, autore del recente saggio “Dalla massoneria al terrorismo”. «E’ la verità: Trump sperava solo di ottenere appalti una volta che fosse stata eletta Hillary Clinton. Che poi non è stata eletta soprattutto per un incidente di percorso a due settimane dal traguardo: la fuga di notizie sulle sue condizioni di salute. E gli americani, con il loro culto dell’efficienza, mai avrebbero eletto una presidente malata». Ed è così che “The Donald” si è ritrovato alla Casa Bianca, forse anche anche suo malgrado. Ma perché si era candidato? «Perché persino l’élite non avrebbe più tollerato alla Casa Bianca un altro esponente della famiglia Bush, specie dopo le notizie sul ruolo di quella famiglia nell’11 Settembre e nella nascita dell’Isis. Trump è stato candidato tra i repubblicani proprio per quello, per tagliare la strada a Jeb Bush».
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Craig Roberts: gli uomini di Trump già si piegano al potere
«Uno dei motivi per cui la Russia ha salvato la Siria dai rovesci che voleva Washington è stato che la Russia ha compreso che il prossimo obiettivo di Washington sarebbe stato l’Iran; e che un terrorismo, sconfitto in Iran, si sarebbe spostato nella vicina Federazione Russa». Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan, lancia un allarme sulla demenziale propaganda anti-russa alla quale gli uomini di Trump si stanno piegando, forse anche solo in chiave tattica, per tranquilizzare la Cia e il Congresso, rassicurando l’establihsment sulla immutata vocazione “imperiale” della Casa Bianca. E’ comunque un errore grave, per Craig Roberts, quello commesso da Rex Tillerson e James Mattis: «Se il presidente della Exxon e un generale non sono in grado di tener testa a un Congresso imbecille, vuol dire che non sono adatti al compito che gli hanno assegnato». L’America non può scherzare col fuoco, perché «c’è un asse tra i paesi minacciati dagli Stati Uniti con il sostegno dato al terrorismo: Siria, Iran, Russia, Cina». Trump dice che vuole normalizzare le relazioni con la Russia, aprendo opportunità di business anziché conflitti? «Ma per normalizzare le relazioni con la Russia si devono anche normalizzazione i rapporti con l’Iran e con la Cina».A giudicare dalle dichiarazioni pubbliche, scrive Craig Roberts in un intervento su “Information Clearing House” che Bosque Primario ha tradotto per “Come Don Chisciotte”, il governo annunciato di Trump ha preso di mira l’Iran come paese da destabilizzare. «Tutti gli uomini nominati da Trump – il consigliere per la sicurezza nazionale, il segretario della difesa e il direttore della Cia – considerano l’Iran, in modo non corretto, uno Stato terrorista che deve essere rovesciato». Ma la Russia, aggiunge Craig Roberts, «non può permettere a Washington di rovesciare il governo di un Iran stabile, e non lo permetterà». E gli investimenti della Cina sul petrolio iraniano «portano alla conclusione che nemmeno la Cina permetterà un rovesciamento dell’Iran da parte di Washington». La Cina, ricorda Craig Roberts, ha già sofferto per i suoi investimenti persi nel petrolio libico, «come risultato del rovesciamento del governo libico fatto dal regime di Obama». Realisticamente parlando, quindi, «sembra che la presidenza Trump risulti già sconfitta dai suoi stessi uomini, indipendentemente dalla ridicola e incredibile propaganda mandata in giro dalla Cia e ritrasmessa da tutti i media negli Usa, nel Regno Unito e nel resto d’Europa».La “Reuters” riferisce che truppe americane composte da 2.700 soldati e da carri armati si stanno muovendo dalla Polonia verso il confine con la Russia. Il colonnello Christopher Norrie, comandante del 3° Armoured Brigade Combat Team, ha dichiarato: «L’obiettivo principale della nostra missione è deterrenza e prevenzione delle minacce». Una grossolana e pericolosa provocazione: l’Urss di Stalin fu colta di sorpresa ma seppe respingere il più grande esercito d’Europa, quello di Hitler, mentre «la Russia di Putin è pronta». Aggiunge Craig Roberts: «E’ incredibile che l’esercito americano stia portando avanti una esercitazione tanto provocatoria e tanto in contraddizione con la futura politica del presidente entrante. I militari americani, la Cia, e le loro puttane dei media Usa stanno anti-democraticamente seguendo una propria agenda, indipendente della politica che vorrà fare il presidente eletto». Secondo il quotidiano israeliano “Haaretz”, agenti dell’intelligence Usa hanno chiesto al governo israeliano di non condividere nessuna informazione di intelligence con l’amministrazione Trump, perché Putin avrebbe mezzi per far “pressione” su Trump e Trump dovrebbe svelare informazioni sensibili a Russia e Iran.«Possiamo vedere come tutto il complesso si muova per sabotare tutta la politica militare e della security di Trump», aggiunge Craig Roberts. «Accuse continue hanno costretto Trump a dire che forse i russi sarebbero stati coinvolti in un attacco che non c’è mai stato, né da parte della Russia né da parte di nessun altro». Il segretario di Stato designato, Tillerson, «ha dovuto dichiarare che la Russia è una minaccia nel corso della sua udienza di conferma per poter essere confermato». Idem il candidato di Trump al ruolo di segretario della difesa, Mattis: «Ha dovuto dire nella sua udienza di conferma che gli Stati Uniti devono essere pronti a confrontarsi militarmente con la Russia». Solo “un osso” gettato alla Cia? «E’ chiaro che il Congresso degli Stati Uniti è in balia dei soldi che vengono dalle donazioni del complesso militare e della security», da qui “l’obbligo” di decretare Russia “una minaccia”. Male: «L’establishment che domina gli Usa sta facendo perdere la speranza e sta mettendo dei dubbi nello stesso governo russo». Ma, si domanda Craig Roberts, dov’è finita la coscienza morale della sinistra “liberal”? «Per quale motivo questa sinistra liberale sta aiutando il complesso militare e la security pur di delegittimare Trump e di incastrarlo in modo che la sua agenda sia già morta in partenza e che la guerra termonucleare rimanga comunque una possibilità?».In altre parole: Trump è già finito? «Stiamo già perdendo fiducia, se non (ancora) in lui, in quelli che ha scelto per comporre il suo governo, ancora prima che si insedi ufficialmente». Gravissime, per Craig Roberts, le dichiarazioni di Tillerson, futuro ministro degli esteri, sulla Cina, identiche a quelle rese, a suo tempo, da Hillary Clinton, quando dichiarava che il Mar Cinese Meridionale è una zona di dominio degli Stati Uniti. Nella sua audizione di conferma, Rex Tillerson ha detto che l’accesso della Cina al proprio Mar Cinese Meridionale non sarà permesso: «Dobbiamo mandare alla Cina un chiaro segnale che, per prima cosa, devono fermare le loro costruzioni sulle isole e poi che nemmeno l’accesso a quelle isole sarà tollerato», ha detto. La risposta della Cina? Immediata, e a tono: «Tillerson – ha replicato il governo cinese – non dovrebbe essere indotto a pensare che Pechino avrà paura delle sue minacce. Se la diplomazia di Trump continuerà a mantenere i futuri rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina a livello attuale, sarà meglio che le due parti si preparino a uno scontro militare». Nel qual caso, «Tillerson farebbe meglio a cercare di capire cosa significhi strategia nucleare, se vuol provare a far ritirare una grande potenza nucleare dai propri territori».Così, scrive Craig Roberts, Trump non è nemmeno arrivato al suo insediamento che «un idiota che ha nominato segretario di Stato ha già creato un rapporto di animosità con due potenze nucleari capaci di distruggere completamente tutto l’Occidente per l’eternità». Forse, conclude l’analista statunitense, queste dichiarazioni non sono altro che fumo negli occhi: enunciano azioni che non saranno messe in atto. Ma perché piegarsi al Congresso, rinunciando completamente alle proprie idee, se diverse da quelle esposte? «Il fatto che non sappiano stare in piedi da soli – dice Craig Roberts degli uomini scelti dal neopresidente – è una chiara indicazione che non hanno quella forza di cui Trump ha bisogno, se vuole imporre un cambiamento dall’alto». E il pericolo è reale: «Se Trump non sarà in grado di cambiare la politica estera americana, una guerra termonucleare e la distruzione della Terra sono inevitabili».«Uno dei motivi per cui la Russia ha salvato la Siria dai rovesci che voleva Washington è stato che la Russia ha compreso che il prossimo obiettivo di Washington sarebbe stato l’Iran; e che un terrorismo, sconfitto in Iran, si sarebbe spostato nella vicina Federazione Russa». Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan, lancia un allarme sulla demenziale propaganda anti-russa alla quale gli uomini di Trump si stanno piegando, forse anche solo in chiave tattica, per tranquillizzare la Cia e il Congresso, rassicurando l’establihsment sulla immutata vocazione “imperiale” della Casa Bianca. E’ comunque un errore grave, per Craig Roberts, quello commesso da Rex Tillerson e James Mattis: «Se il presidente della Exxon e un generale non sono in grado di tener testa a un Congresso imbecille, vuol dire che non sono adatti al compito che gli hanno assegnato». L’America non può scherzare col fuoco, perché «c’è un asse tra i paesi minacciati dagli Stati Uniti con il sostegno dato al terrorismo: Siria, Iran, Russia, Cina». Trump dice che vuole normalizzare le relazioni con la Russia, aprendo opportunità di business anziché conflitti? «Ma per normalizzare le relazioni con la Russia si devono anche normalizzazione i rapporti con l’Iran e con la Cina».
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Massoni terroristi, quella dell’élite è una religione segreta
C’era una volta il massone. Un giorno indossò il cappuccio ma dimenticò squadra e compasso, fino a diventare qualcos’altro. Un paramassone: non più un iniziato che cerca la divinità, ma un contro-iniziato che si crede Dio. Sembra una fiaba nera, ma sta dando spettacolo: la grande crisi e il grande terrorismo non sono che due facce, entrambi atroci, dello stesso show. Ed è così potente, l’incantesimo, da incrinare la storia, compromettendo la pace sin dal dopoguerra, già da Yalta, quando i massoni Roosevelt e Churchill – insieme a Stalin – non accordano ai palestinesi la nascita di un loro Stato, in equilibrio col futuro Stato ebraico, innescando così il provvidenziale focolaio da cui nascerà il primo terrorismo dell’Olp. Quando il miracolo economico travolge anche l’Italia, spalancando orizzonti impensabili, viene fermato e “sacrificato” l’uomo che meglio incarnava un possibile futuro democratico anche per gli arabi, Enrico Mattei. Se ancora l’Europa crede in un modello diverso, democratico, in Svezia viene prontamente ucciso l’apostolo del welfare, Olof Palme. E in Israele finisce assassinato Rabin, colpevole di aver costruito una vera pace geopolitica, che coincide con «una autentica pax massonica». Morte a Rabin, dunque, perché l’odio deve continuare a vincere. Fino a quando?Può sembrare incredibile, ma Gianfranco Carpeoro – l’autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la matrice massonica della “sovragestione” del terrorismo, attraverso élite che controllano servizi segreti – sostiene che, in fondo, la colpa è nostra. O meglio: la nostra ignoranza consente al super-potere di manipolarci indisturbato, costruendo mostri. Capeoro cita il suo antico maestro, Francesco Saba Sardi, grande intellettuale inserito dal Quirinale tra le più eminenti personalità culturali della storia italiana: nel mini-saggio “Istituzione dell’ostilità”, riportato testualmente nel libro di Carpeoro, Saba Sardi (traduttore di Borges, Simenon, Pessoa, Joyce e Garcia Marquez, nonché biografo di Picasso) sostiene che solo la nostra disponibilità all’odio ci rende inconsapevoli “soldati” della causa altrui, nient’altro che docili strumenti. Siamo pigri, non ci accorgiamo di vivere in un Truman Show. Prendiamo per buono perfino l’Isis, il cui capo – il “califfo”Abu-Bakr Al Baghdadi – fu stranamente liberato nel 2009 dal centro di detenzione di Camp Bucca, in Iraq, dopo esser stato affiliato alla Ur-Lodge “Hathor Pentalpa”, nella quale (secondo Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni”) hanno militato George W. Bush e Condoleezza Rice, il politologo Michael Ledeen, Nicolas Sarkozy, Tony Blair, il leader turco Erdogan.Impressionante, nella ricostruzione di Carpeoro, l’affollamento dei messaggi simbolici che “firmano” i recenti attentati in Francia, affidati a manovalanza islamista: se la strage del Batalclan (13 novembre) è il “calco” della data-simbolo della persecuzione dei Templari, mentre quella di Nizza (14 luglio) colpisce al cuore i valori della Rivoluzione Francese, “sacri” per la massoneria democratica, devastando peraltro la città natale del massone progressista Garibaldi, anche gli attacchi di Bruxelles (aeroporto e metropolitana, “come in cielo, così in terra”) richiamano universi simbolici tutt’altro che islamici, «secondo un preciso schema operativo – scrive Carpeoro – che sceglie di utilizzare un linguaggio estraneo o addirittura “avverso” agli esecutori», giusto per inquinare le acque. Bruxelles, 22 marzo: stessa data del decreto di soppressione dei Templari, nel 1312. Giorno fatale, il 22 marzo: nel 1457, Gutenberg stampò la prima Bibbia. Nel 1831 venne fondata la Legione Straniera, in funzione anti-araba. Ancora: sempre il 22 marzo (del ‘45) nasceva la Lega Araba, «che l’Isis vede come il fumo negli occhi». E nel 2004 venne ucciso a Gaza lo sceicco Ahmed Yassin, leader spirituale di Hamas. Ma il fatidico 22 marzo “parla” anche ai cattolici osservanti: le letture liturgiche per la messa di quel giorno propongono la restaurazione del regno di Israele (Isaia), che abbreviato è “Is”, come “Islamic State”.Non è un gioco: per Carpeoro, la matrice massonica della “sovragestione” ricalca in modo quasi maniacale – ribaltandoli – gli insegnamenti di Vitruvio, «personaggio storico che ha avuto grande rilievo nella massoneria», perché nel “De Architectura” il grande architetto romano enuclea i principi-cardine, anche etici e spirituali, che devono orientare la scienza della costruzione, riflesso terreno della bellezza universale. Ebbene, i contro-iniziati che incarnano la “sovragestione” li ribaltano in modo puntuale e speculare, secondo lo stereotipo del satanismo: «Hanno utilizzato tutti gli strumenti descritti da Vitruvio: le lettere, per organizzare la disinformazione; il saper disegnare, per delineare il simbolismo dei loro atti; la geometria, per concatenare le distruzioni; l’ottica, per stabilire i punti di osservazione; l’aritmetica, per i tempi degli attentati; la storia, per il linguaggio simbolico delle date». I fantasmi della “sovragestione” «sono colti, sanno disegnare», padroneggiano matematica e filosofia, medicina e giurisprudenza, astronomia e astrologia». Chi sono, in realtà?Massoni, tutti. O forse no: si tratta di paramassoni, ma in fondo ormai «è solo questione di termini», ammette Carpeoro, che – massone lui stesso, già gran maestro dell’“obbedienza” di Palazzo Vitelleschi, poi dimissionario dopo aver disciolto la sua stessa loggia – accusa la massoneria di aver “perso l’anima”, riducendosi a mera struttura di potere. Nel suo libro accenna alle origini mistiche della libera muratoria (bibliche, egizie) come cemento culturale delle primissime corporazioni, quelle dei costruttori di cattedrali, gelosi custodi dei loro “segreti professionali”, basati sulla sacralizzazione del lavoro al servizio della bellezza. Poi, con la fine dei grandi edifici sacri, la nascita della massoneria “speculativa”, tra ortodossia metodologica e devianze, sbandamenti, infiltrazioni. Pietra miliare, il 1717: brucia Londra, ma l’architetto Chistopher Wren, leader della massoneria inglese, incaricato di riedificare la città, rifiuta di ricostruire il Tempio. «Il 1717 è considerato l’anno di nascita della massoneria moderna, ma in realtà segna l’inizio della fine della vera massoneria», network necessariamente cosmopolita che, come tale, faceva gola al potere: gli ex costruttori di cattedrali erano un’élite della conoscenza ben radicata in tutta Europa.Più che gli Illuminati di Baviera, il gruppo visionario creato sempre nel ‘700 da Jean Adam Weischaupt (nuovo ordine mondiale da costruire radendo al suolo il sistema, cominciando dall’abolizione della proprietà privata), secondo l’indagine di Carpeoro la malapianta della “sovragestione” che sta minacciando il pianeta va ricercata nel pensiero oligarchico di personalità più recenti e magari sconosciute ai più, come Joseph Alexandre Saint-Yves, marchese d’Alveydre, un medico francese di fine ‘800 che compare tra le figure di maggior rilievo dell’esoterismo del XIX secolo. Al sorgere del socialismo (e dell’anarchia), Saint-Yves contrappose la “sinarchia”: un modello di governo pre-ordinato, basato su schemi universali, con «ruoli e funzioni sociali secondo un ordine di strati e condizioni rigide, in una concezione piramidale della società». Il tutto, «legittimato da una mistica teocratica tipica delle società più antiche», Egitto e Persia, India. «Significa che alcuni sono naturalmente destinati a comandare». In altre parole, l’esoterista Saint-Yves (fervente cattolico, in strettissimi rapporti col Vaticano) «auspicava il governo di un’élite predestinata e piuttosto aristocratica».Pochissimi sanno “quel che si deve fare”, tutti gli altri devono sottostare alle indicazioni dell’élite. E’ qualcosa di davvero diverso dal pensiero che sembra promanare da Christine Lagarde del Fmi, che Magaldi dichiara affiliata alle Ur-Lodges “Three Eyes” e “Pan-Europa”? E’ tempo di sacrifici? Bisogna (“dovete”) soffrire? A parlare è il marchese Saint-Yves o Mario Monti (Gran Loggia di Londra e Ur-Lodge “Babel Tower”), o magari il “venerabile” Mario Draghi della Bce (“Edmund Burke”, “Pan-Europa”, “Compass Star-Rose”, “Three Eyes” e “Der Ring”)? La nascita delle superlogge internazionali era assolutamente ineluttabile, osserva Carpeoro: la stessa tensione civile e sociale che durante l’Illuminismo aveva condotto i massoni a battersi per «i valori democratici e libertari, propri della dottrina muratoria» condusse le logge di fine ‘800 a coordinarsi, «anche al di fuori dell’organizzazione rituale», affiliando – nelle Ur-Lodges – anche «presidenti, banchieri, industriali», non necessariamente passati per la tradizionale procedura iniziatica.Per quello spiraglio, sottolinea Carpeoro anche nell’articolata trattazione del capitolo italiano su Gelli e la P2 (dove emerge un’Italia di fatto tuttora “sovragestita” da una fantomatica P1, protetta da silenzi e omissioni), il potere avrebbe definitivamente svuotato il network massonico di ogni autentica valenza esoterica e libertaria. Tutto sarebbe ridotto a una piramide che parla una sola lingua, quella del denaro, imposta con la globalizzazione forzata del pianeta a beneficio di una casta di “eletti” che, della massoneria, mantengono solo il linguaggio cifrato, magari per “firmare” crisi, guerre e persino attentati terroristici, sanguinose tappe di una strategia della tensione progettata per imporre agli “inferiori” il dominio della paura. Cosa c’è nella testa dei fantasmi della “sovragestione”? Probabilmente, il verbo di Saint-Yves, la “sinarchia”, una filosofia addirittura mistica, secondo cui «l’élite è in armonia con le leggi universali è in pratica una classe sacerdotale». La “sinarchia”, conclude Carpeoro, è dunque «una forma di teocrazia, un governo di sacerdoti o di re-sacerdoti». Il dogma del rigore, imposto all’Europa, impossibile da discutere: «La “sinarchia” arriva a suggerire che quest’élite illuminata sia in diretto contatto con le intelligenze spirituali che governano l’universo e da cui riceve istruzioni». Per i comuni mortali, nessuna speranza. A meno che non si “risveglino”, nell’unico modo possibile: disertando, rifiutando la guerra che viene quotidianamente allestita.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Dalla massoneria al terrorismo”, sottotitolo “Come alcune logge massoniche sono divenute deviate e come con i servizi segreti vogliono controllare il mondo”, Revoluzione edizioni, 192 pagine, euro 13,90).C’era una volta il massone. Un giorno indossò il cappuccio ma dimenticò squadra e compasso, fino a diventare qualcos’altro. Un paramassone: non più un iniziato alla ricerca della divinità, ma un contro-iniziato che si crede Dio. Sembra una fiaba nera, ma sta dando spettacolo: la grande crisi e il terrorismo permanente non sono che due facce, entrambe atroci, dello stesso show. Ed è così potente, l’incantesimo, da incrinare la storia, compromettendo la pace sin dal dopoguerra, già da Yalta, quando i massoni Roosevelt e Churchill – insieme a Stalin – non accordano ai palestinesi la nascita di un loro Stato, in equilibrio col futuro Stato ebraico, innescando così il provvidenziale focolaio da cui nascerà il primo terrorismo dell’Olp. Quando il miracolo economico travolge anche l’Italia, spalancando orizzonti impensabili, viene fermato e “sacrificato” l’uomo che meglio incarnava un possibile futuro democratico anche per gli arabi, Enrico Mattei. Se ancora l’Europa crede in un modello diverso, socialista, in Svezia viene prontamente ucciso l’apostolo del welfare, Olof Palme. E in Israele finisce assassinato Rabin, colpevole di aver costruito una vera pace geopolitica, che coincide con «una autentica pax massonica». Morte a Rabin, dunque, perché l’odio deve continuare a vincere. Fino a quando?
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Proteste al soldo dell’1%, per deporre Trump (o ucciderlo)
Delegittimare Trump serve a indebolirlo, per poi magari arrivare a ucciderlo. Milioni di americani in piazza contro di lui? Non capiscono il pericolo che corrono: sono manipolati da organizzazioni criminali, le stesse che hanno organizzato il golpe in Ucraina pagando manifestanti (anche non ucraini) per abbattere il governo regolarmente eletto. I “progressisti” che contestano la vittoria di Trump, firmando la petizione eversiva di “Change.org” che chiede ai grandi elettori di scippare il risultato elettorale facendo eleggere Hillary presidente? Sono gli stessi che, ieri, condannavano Trump quando disse che non avrebbe accettato un verdetto elettorale a lui contrario, se fossero emersi sospetti di irregolarità. Quello che non comprendono, i manifestanti anti-Trump, è che stanno lavorando per l’oligarchia, per il famigerato 1% che aveva imposto Hillary come unica scelta possibile, con il concorso criminoso di tutti i grandi media. Questi i ragionamenti che un analista di primo piano come Paul Craig Roberts propone, di fronte alle clamorose agitazioni post-elettorali. Roberts cita il sociologo progressista Arthur Schlesinger Jr., che avvertiva: tutti i grandi scossoni «provocano sempre rabbia da parte di chi traeva profitto dal vecchio ordine». E Marx chiariva: nessuna rivoluzione ha successo, se la vecchia classe dirigente resta al suo posto.Per Craig Roberts, la colossale manipolazione in corso per tentare di “scippare” a Trump la vittoria è pericolosa, perché mina la tenuta democratica degli Stati Uniti – paese su cui pesano ombre gigantesche, dal coinvolgimento di settori dell’intelligence negli omicidi eccellenti della storia (i Kennedy, Martin Luther King) alle “inspiegabili” falle nella sicurezza in occasione di tutti i grandi attentati, dall’11 Settembre in poi. Tradotto: Donald Trump – chiunque sia davvero, politicamente – non può non sapere di essere in serio pericolo: potrebbe essere travolto dalle proteste o ricattato dagli organizzatori della “rivolta”, affinché accetti di “prendere a bordo” gli uomini-chiave di Hillary. E’ per loro, in ogni caso, che i manifestanti anti-Trump lavorano: alla guida della rivolta ci sono «teppisti prezzolati, pagati dall’oligarchia», proprio come «Washington e il German Marshall Fund pagarono gli studenti di Kiev per contestare il governo ucraino democraticamente eletto al fine di preparare il colpo di Stato». L’organizzazione “Change.org”, secondo Craig Roberts «sta distruggendo la reputazione di tutti i progressisti facendo circolare una petizione per chiedere all’Electoral College di annullare le elezioni».Tutto già visto nel 2014 a Kiev, dove «la paga era abbastanza buona da attirare persone che non erano nemmeno ucraine ma erano pagate per protestare come se lo fossero». Ci risiamo? Per la “Cnn”, moltissimi americani rifiutano di accettare la vittoria di Trump, e così hanno riempito le strade in non meno di 25 città statunitensi, dall’oggi al domani. «Spero che nessuno creda veramente che proteste simultanee in 25 città siano un evento spontaneo», sottolinea Craig Roberts nel suo blog, in un post ripreso da “Megachip”. «Gli stessi slogan e gli stessi simboli, la notte stessa dopo le elezioni? Quali interessi stanno servendo? E, come sempre si chiedevano gli antichi romani, “cui prodest”? C’è solo una risposta: l’oligarchia e solo l’oligarchia ne trae beneficio». La lettura di Roberts: «Trump è una minaccia per l’oligarchia, perché intende fermare la svendita all’estero dei posti di lavoro americani. Questa svendita, santificata come “libero mercato” dagli economisti-spazzatura neoliberisti, è una delle ragioni principali del peggioramento nel XXI secolo della distribuzione del reddito negli Usa».In altre parole, «i soldi che erano pagati come salario e stipendi per la classe media a impiegati dell’industria manifatturiera americana e ai diplomati, sono stati dirottati nelle tasche dell’Uno Percento. Quando le corporation americane spostano la loro produzione di merci e servizi venduti agli americani, nei paesi asiatici come la Cina e l’India, il loro costo in stipendi crolla. I soldi prima pagati come reddito per la classe media diventano invece bonus per gli executive, dividendi e profitti sui capitali per gli azionisti». Risultato: «La scala per la mobilità verso l’alto che ha fatto dell’America la terra delle opportunità è stata smantellata per il solo obiettivo di rendere multimiliardaria una manciata di persone». Inotre, Trump è «una minaccia per l’oligarchia», anche perché «vuole relazioni pacifiche con la Russia». Tutto si spiega: «Per rimpiazzare la tanto profittevole “minaccia sovietica”, l’oligarchia e i loro agenti neocon hanno lavorato incessantemente per creare la “minaccia russa” demonizzando la Russia». Craig Roberts sa di cosa parla: era al governo con Reagan, di cui è stato viceministro del Tesoro. «Abituato a molti decenni di profitti in eccesso dalla profittevole Guerra Fredda, il complesso militare-securitario si arrabbiò quando il presidente Reagan mise fine alla Guerra Fredda. Prima che queste idrovore di contribuenti americani riuscissero a prolungare la Guerra Fredda, l’Unione Sovietica collassò come risultato del colpo di Stato della destra contro il presidente sovietico Mikhail Gorbaciov».Al che, continua Craig Roberts, «il complesso militare-securitario e i suoi agenti neocon e sionisti cucinarono allora la “guerra al terrore” per continuare a far fluire i soldi all’Uno Percento. Ma per quanto duramente lavorassero i media “presstitute” per creare la paura del “pericolo musulmano”, persino gli americani indifferenti sapevano che i musulmani non possiedono migliaia di missili intercontinentali con testate termonucleari capaci di distruggere gli interi Stati Uniti in pochi minuti». Non ce l’avevano, i musulmani, «l’Armata Rossa capace di invadere l’Europa in un paio di giorni». Di fatto, i musulmani non avevano neppure bisogno di armate: «I rifugiati dalle guerre scatenate da Washington stanno invadendo l’Europa». Caduta l’Urss, comunque, «la scusa per il trilione di dollari annuale per il complesso militare-industriale non c’era più. Così l’oligarchia creò il “nuovo Hitler” in Russia. Hillary fu il principale agente dell’oligarchia per surriscaldare la nuova Guerra Fredda. Hillary è lo strumento, arricchito dall’oligarchia, il cui lavoro da presidente sarebbe stato quello di proteggere e aumentare il budget da un trilione di dollari al complesso militare-securitario. Con Hillary alla Casa Bianca, il saccheggio dei contribuenti americani, in nome dell’opulenza dell’Uno Percento, sarebbe andato avanti senza ostacoli. Ma se Trump mette fine alla “minaccia russa”, la rendita dell’oligarchia si prende un bel colpo».Inoltre, le proteste contro Trump sono sospette anche per un altro motivo: «Al contrario di Hillary, Obama e George W. Bush, Donald Trump non ha fatto a pezzi e disperso milioni di persone in sette nazioni, mandando milioni di rifugiati delle guerre dell’oligarchia a invadere l’Europa». Trump ha fatto fortuna «senza vendere l’influenza del governo degli Usa ad agenti stranieri, come invece hanno fatto Bill e Hillary». E allora, perché stanno protestando i contestatori? «Sono stati ingaggiati per protestare. Così come i contestatori di Maidan a Kiev erano ingaggiati per protestare dalle Ong finanziate dagli Usa e dalla Germania». In Ucraina, gli Usa riuscirono a infiltrare i loro agenti nel nuovo governo ucraino, così come ha confermato Victoria Nuland, una neocon piazzata al Dipartimento di Stato da Hillary Clinton col proposito di creare un conflitto con la Russia. Dunque, conclude Paul Craig Roberts, l’esplosione della protesta anti-Trump dimostra che l’oligarchia lo teme davvero, anche se «alcuni pensano che Trump sia uno stratagemma dell’oligarchia». Non ha senso: visto l’investimento su Hillary, per gli oligarchi era preferibile «vincere con la propria piattaforma», anziché «installare un presidente con una piattaforma opposta e poi cercare di rivoltarselo», anche perché «un’altra svendita aumenterebbe la rabbia del popolo».La dura verità, però, è che «Trump ha vinto la presidenza, ma l’oligarchia è ancora al potere», e questo «rende difficile ogni riforma». Aggiunge Craig Roberts: Marx comprese dall’esperienza storica un drammatico insegnamento che poi Lenin e Stalin impararono da lui. E cioè: «Il cambiamento non può avere successo se la classe dirigente scalzata è lasciata intatta dopo una rivoluzione contro di essa». Lo dimostra il Sud America: «Ogni rivoluzione degli indigeni ha lasciato senza fastidi la classe dirigente, e ogni rivoluzione è stata sconfitta dalla collusione tra la classe dirigente e Washington», che «ha cospirato con le élite tradizionali per rimuovere i presidenti eletti», come accaduto in Honduras «moltissime volte». Di recente, Washington «ha aiutato le élite a rimuovere le presidentesse dell’Argentina e del Brasile». I presidenti del Venezuela, dell’Ecuador e della Bolivia «sono a mezz’aria e probabilmente non sopravvivranno». In più, l’oligarchia «è determinata a mettere le mani su Julian Assange», il fondatore di Wikileaks. «A tal fine Washington intende abbattere il governo dell’Ecuador che, a scorno di Washington, ha dato a Julian Assange asilo politico». Ancora più cruento lo scontro in Venezuela, dove – secondo Craig Roberts – il presidente socialista Hugo Chavez è stato addirittura assassinato. Il suo errore? Aver graziato i golpisti che avevano cospirato contro di lui.«Secondo Marx, Lenin e Stalin, questo è il classico errore per un rivoluzionario: contare sulla buona volontà da parte della classe dirigente scalzata è il modo più sicuro per lasciar sconfiggere la rivoluzione». Secondo Craig Roberts, l’America Latina si è dimostrata incapace di capire questa lezione: le rivoluzioni non possono essere concilianti. Donald Trump? «E’ un uomo d’affari. L’oligarchia gli può permettere l’aura del successo in cambio di nessun cambiamento reale». Intendiamoci: «Trump non è perfetto. Potrebbe fallire da solo. Ma noi lo sosterremo sui suoi due punti del suo programma più importanti: ridurre le tensioni tra le due maggiori potenze nucleari e bloccare la politica di Washington che permette al globalismo di distruggere le prospettive economiche degli americani», insiste Craig Roberts. «La combinazione di un’economia svuotata dal globalismo ed immigrazione è un incubo. Che Trump lo abbia capito è una ragione per sostenerlo». E per temere per la sua incolumità: «Una volta che il presidente Trump sarà delegittimato, sarà facile per l’oligarchia assassinarlo, a meno che l’oligarchia possa nominare e controllare il suo governo». Per ora, comunque, «Trump è il primo candidato per un assassinio».Delegittimare Trump serve a indebolirlo, per poi magari arrivare a ucciderlo. Decine di migliaia di americani in piazza contro di lui? Non capiscono il pericolo che corrono: sono manipolati da organizzazioni criminali, le stesse che hanno organizzato il golpe in Ucraina pagando manifestanti (anche non ucraini) per abbattere il governo regolarmente eletto. I “progressisti” che contestano la vittoria di Trump, firmando la petizione eversiva di “Change.org” che chiede ai grandi elettori di scippare il risultato elettorale facendo eleggere Hillary presidente? Sono gli stessi che, ieri, condannavano Trump quando disse che non avrebbe accettato un verdetto elettorale a lui contrario, se fossero emersi sospetti di irregolarità. Quello che non comprendono, i manifestanti anti-Trump, è che stanno lavorando per l’oligarchia, per il famigerato 1% che aveva imposto Hillary come unica scelta possibile, con il concorso criminoso di tutti i grandi media. Questi i ragionamenti che un analista di primo piano come Paul Craig Roberts propone, di fronte alle clamorose agitazioni post-elettorali. Roberts cita il sociologo progressista Arthur Schlesinger Jr., che avvertiva: tutti i grandi scossoni «provocano sempre rabbia da parte di chi traeva profitto dal vecchio ordine». E Marx chiariva: nessuna rivoluzione ha successo, se la vecchia classe dirigente resta al suo posto.
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Magaldi: altro che Silvio e Gelli, il burattinaio è Napolitano
«Giorgio Napolitano? Ne penso molto male. Nello stesso anno in cui Berlusconi veniva iscritto alla P2, è stato iniziato alla Ur-Lodge “Three Eyes”, una superloggia internazionale antidemocratica, di cui la P2 non era altro che una succursale subalterna». Così Gioele Magaldi ai microfoni di “Colors Radio”, in una trasmissione dedicata all’approfondimento dell’attualità politica, italiana e internazionale. E il guaio è, aggiunge Magaldi, autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, che Napolitano è tuttora il grande manovratore della crisi italiana, apertamente a favore del Sì al referendum renziano. «Non mi piace l’idea di un Senato che permane, ma non è più eletto direttamente dal popolo sovrano», premette Magaldi, massone progressista, presidente del Movimento Roosevelt e gran maestro del Grande Oriente Democratico. «C’è qualcosa di grave», dice, nel Senato-fantasma della riforma renziana. Ovvero: «Abituare i cittadini, in modo sublimimale, all’idea che ci possano essere organi istituzionali di un certo peso che non sono eletti direttamente». E’ una legittimazione dell’orribile Europa dei tecnocrati. «Ed è l’idea, spregevole, offerta da un Eugenio Scalfari che, passati i 90 anni, ha gettato la maschera definitivamente, nelle sue pulsioni antidemocratiche».Di recente, il fondatore di “Repubblica” ha infatti rivendicato la convinzione che la democrazia non sia altro che una forma di oligarchia “illuminata”. «Scalfari – continua Magaldi – si inscrive benissimo in quell’ideologia propagata a partire dagli anni 70, di matrice “Three Eyes”, di organizzazione delle società lasciando formalmente esistere la democrazia ma svuotandola di sostanza e dando il vero potere a organi oligarchici e possibilmente anche tecnocratici». Fino a ieri, aggiunge Magaldi, Scalfari avrebbe dissimulato un pensiero del genere, come tuttora fanno i costruttori di questo ordine europeo e globale sostanzialmente non democratico. Ora invece Scalfari “non si tiene più”, parla senza infingimenti e senza veli: «Lo dice in faccia, al popolo: tu non sei sovrano, ed è bene che non sia sovrano. Se però il popolo mantiene la sua ignoranza, poi legittima anche questi cattivi maestri, che immginano di poter dire in modo impudente “viva l’oligarchia, abbasso la democrazia”». Cattivi maestri tra i quali Magaldi annovera con decisione lo stesso Napolitano, che definisce un uomo senza scrupoli, affiliato a una potentissima organizzazione oligarchica internazionale come la “Three Eyes”.Non regge neppure il paragone con un altro super-massone, Carlo Azeglio Ciampi, che – col divorzio di Bankitalia dal Tesoro – compromise il futuro della sovranità nazionale. «Ciampi ha molte gravi responsabilità riguardo al pessimo modo in cui l’Italia è entrata nell’Eurozona e la stessa Eurozona è stata costruita, insieme a questa Europa tecnocratica e antidemocratica», dichiara Magaldi. «Però poi, quando è stato presidente della Repubblica, è stato molto proficuo nel riportare i valori risorgimentali e unitari, e anche nell’arginare certe intemperanze un po’ sgangherate dell’allora presidente del Consiglio Berlusconi». Quindi Ciampi «ha fatto molto male fino all’elezione al Quirinale». Poi, quando diventò presidente «ormai il male era fatto». Però bisogna ammettere che «ha fatto anche qualcosina di buono». Napolitano, invece, no: «Ne penso tutto il male possibile, lo considero un avversario, un antagonista, di cui riconosco semmai la raffinata abilità». Fin dall’inizio della sua lunghissima carriera politica, continua Magaldi, Giorgio Napolitano «si è distinto per spregiudicatezza, cinismo e, francamente, per una sua vocazione autenticamente oligarchica e antidemocratica».Nella prima fase della sua storia «è stato fra i togliattiani filo-stalinisti che criticavano i compagni che protestavano per l’invasione sovietica dell’Ungheria». Poi, quando il vento gli sembrava cambiato, «è stato tra i protagonisti della cosiddetta corrente “migliorista” del Pci che dialogava anche ufficialmente con gli Stati Uniti e col mondo democratico occidentale». Napolitano è stato poi tante altre cose, «ma tutto quello che ha fatto l’ha fatto promuovendo se stesso, quindi con una grande cura del suo interesse e della sua ascesa personale». Non era nella P2, ma nella “Three Eyes” sì, dichiara Magaldi: fu affiliato proprio mentre il Cavaliere entrava nella rete di Gelli, che in Italia suscitò enorme scandalo. Peccato però che la P2 fosse solo la succursale italiana, e minore, della grande superloggia di Kissinger. Naturalmente, l’interessato non ha mai confermato: «Nonostante interrogazioni di parlamentari del Movimento 5 Stelle, non c’è mai stata risposta su questa affiliazione». Eppure, insiste Magaldi, «proprio in quanto rappresentante della “Three Eyes”, Napolitano ha favorito lo scandaloso avvento di Mario Monti al potere, un Monti insignito anche del ruolo di senatore a vita con relativa indennità».Monti? «Dovrebbe un giorno essere chiamato a rispondere dei danni gravissimi, economici e civili, che ha causato al nostro paese». Anche di questo, conclude Magaldi, bisogna ringraziare Napolitano, che «è stato il padre dell’operazione Monti». Poi è stato anche «il padre dell’operazione Enrico Letta», prima di dover «subire in qualche modo l’avvento di Matteo Renzi». E adesso, nonostante si sia dimesso da presidente della Repubblica, «continua a fare il grande burattinaio, il grande manovratore, come ha senpre fatto». Ma attenzione: «Un personaggio così non ha nemmeno bisogno di fare il presidente della Repubblica per avere questo tipo di potere, che gli deriva dalle sue ascendenze massoniche di segno neo-aristocratico». Non c’è da stupirsi, dunque, che resti in cabina di regia: evidentemente è il super-garante di poteri fortissimi, gli stessi peraltro che tifano per la vittoria di Renzi al referendum.«Giorgio Napolitano? Ne penso molto male. Nello stesso anno in cui Berlusconi veniva iscritto alla P2, è stato iniziato alla Ur-Lodge “Three Eyes”, una superloggia internazionale antidemocratica, di cui la P2 non era altro che una succursale subalterna». Così Gioele Magaldi ai microfoni di “Colors Radio”, in una trasmissione dedicata all’approfondimento dell’attualità politica, italiana e internazionale. E il guaio è, aggiunge Magaldi, autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, che Napolitano è tuttora il grande manovratore della crisi italiana, apertamente a favore del Sì al referendum renziano. «Non mi piace l’idea di un Senato che permane, ma non è più eletto direttamente dal popolo sovrano», premette Magaldi, massone progressista, presidente del Movimento Roosevelt e gran maestro del Grande Oriente Democratico. «C’è qualcosa di grave», dice, nel Senato-fantasma della riforma renziana. Ovvero: «Abituare i cittadini, in modo sublimimale, all’idea che ci possano essere organi istituzionali di un certo peso che non sono eletti direttamente». E’ una legittimazione dell’orribile Europa dei tecnocrati. «Ed è l’idea, spregevole, offerta da un Eugenio Scalfari che, passati i 90 anni, ha gettato la maschera definitivamente, nelle sue pulsioni antidemocratiche».
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Sovragestione: i padrini dell’Isis erano a Yalta nel 1945
Si credono Dio, anziché ricercare la propria spiritualità. Non sono più degli iniziati, ma dei contro-iniziati. Per il massone Gianfranco Carpeoro, è questa la profonda motivazione psicologica che spinge gli uomini del vertice-ombra dell’Occidente a organizzare il terrorismo più spietato, ieri affidato ad Al-Qaeda e oggi all’Isis. L’obiettivo strategico non cambia: mantenere il potere in pochissime mani, a qualsiasi costo, utilizzando l’intelligence per “fabbricare” leader islamisti adatti a reclutare kamikaze, figli di un mondo devastato dai dominus occidentali. Carpeoro la chiama “sovragestione”, ed è la chiave per capire di che morte stiamo morendo. I boss occulti della “sovragestione”? Si tratta di «un ristretto numero di persone, che fanno parte della finanza e della politica internazionale». A loro volta, «manovrano pezzi di governi, di amministrazioni, di servizi segreti, logge massoniche o paramassoniche, strutture religiose di varia estrazione, istituzioni bancarie, esponenti dell’economia o dell’imprenditoria». La struttura ricorda quella della ‘ndrangheta: «Una rete ad anelli, dove la regola aurea viene ampiamente rispettata: ogni anello conosce solo e soltanto l’anello che gli è immediatamente superiore e quello che gli è immediatamente inferiore e nulla più».Perché siamo finiti tra le spire della “sovragestione”, che ultimamente ha preso di mira l’Europa con gli attentati di Parigi, Bruxelles e Nizza, regolarmente targati Isis? Per Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), non si può capire molto se non si legge tra le righe: l’origine del potere occidentale moderno è interamente massonico (democrazia, laicisimo). Ma nel dopoguerra la massoneria internazionale ha partorito 36 super-strutture segrete, chiamate Ur-Lodges (logge madri), che hanno intrapreso una gestione monopolistica della politica, dell’economia, della finanza. Alcune di queste hanno espresso una tendenza neo-conservatrice, aristocratica, neo-feudale. Fino all’eccesso: la strategia della tensione, i golpe in mezzo mondo. Avverte Magaldi: anche questo va interpretato; se sei consapevole di averla “inventata” tu, la modernità, mettendo fine all’assolutismo monarchico con la Rivoluzione Francese e all’oscurantismo vaticano con il Risorgimento italiano, può accadere che ti consideri il padrone del mondo, il nuovo mondo che hai contribuito in modo determinante a creare, abbattendo l’Ancien Régime.Il che è aberrante, ma aiuta a “vedere” come ragionano i capi supremi dell’élite mondiale reazionaria che dagli anni ‘80 ha preso il sopravvento, dichiarando guerra alla democrazia e imponendo la sua globalizzazione a mano armata, gestita dalle multinazionali finanziarie. E a questo disegno appartiene anche l’ultimissima stagione: quella del terrore, che ci sta investendo. Non a caso, nel mirino è finita anche l’Europa, terremotata dall’austerity. Se da qualche anno il terrore “islamista” si rivolge contro l’Europa, scrive Gianfranco Carpeoro sulla sua pagina Facebook, «non è certamente perchè il “sovragestore” vuole distruggerla». Al contrario: l’élite occidentale che organizza il terrorismo-kamikaze «ha interesse che rimanga così», questa Unione Europea interamente in mano a loro, gli oligarchi della finanza. Ergo: «Il neoterrorismo deve impedire che l’Europa si liberi dal giogo monetario delle banche e dalla soggezione al potere finanziario». Sono sempre “loro”, gli uomini al comando dietro le quinte: ieri col Trattato di Maastricht che ha rovinato l’Italia, poi con i diktat della Troika che hanno ridotto la Grecia alla fame. Gli europei cominciano a ribellarsi? Ed ecco gli attentati “islamici”. Il regno della paura serve a questo: impedire che si evada dal “lager”. La violenza terroristica è in aumento? Altro segnale, aggiunge Carpeoro: qualcuno, davanti a tanto sangue, si sta sfilando dall’élite criminale. E allora, forse, il super-vertice comincia ad avere paura, a sua volta. Per questo preme sull’acceleratore delle stragi.Secondo Carpeoro, il male viene da lontano: è figlio del sistema economico attuale. Il capitalismo finanziario mondializzato è feroce, disumano: perché qualcuno stia meglio, bisogna che qualcun altro stia peggio. Mors tua, via mea. Da lì in poi, “vale” tutto. Anche la guerra. Fino al neoterrorismo della “sovragestione”. Guai, infatti, se dovessero trionfare gli ideali proclamati all’Onu, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. Erano il cardine della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, fortemene voluta dalla “libera muratrice” Eleanor Roosevelt, secondo la quale «nessun sistema, nessun regime politico, nessuna dottrina sociale può essere giusta se ogni individuo, fino all’ultimo pigmeo africano, fino al più sfruttato lavoratore cinese o coreano, non può vivere con dignità o senza poter aspirare alla sua porzione di spazio spirituale e vitale, cioè di felicità». E allora ecco il “terrorismo interno” di oggi, la nuova strategia della tensione, che «salda il rapporto tra il popolo e il potere con il collante della paura, com’era già accaduto ai tempi di Al-Qaeda e delle Torri Gemelle». Perché poi la manovalanza è islamica? Opera nostra, anche quella: a partire da Yalta, dalla scelta di non dare uno Stato ai palestinesi.Una decisione fatale, dice Carpeoro, che determinò il ritiro dalla scena della componente più ispirata del mondo esoterico occidentale, la “fratellanza” dei Rosacroce, delusa dal patto di spartizione mondiale firmato da Roosvelt, Churchill e Stalin. Attorno alla “leggenda storicamente accaduta” dei Rosacroce, di cui è un grande studioso, Carpeoro ha scritto anche un romanzo, “Il volo del Pellicano”, edito da Melchisedek. Avvocato e giornalista (all’anagrafe, Gianfranco Pecoraro), Carpeoro è stato gran maestro della massoneria più “indipendente” (33esimo grado del Rito Scozzese), a capo di una comunione massonica auto-scioltasi per scongiurare pericolose infiltrazioni di potere. Ai Rosacroce si sarebbero ispirate correnti “deviate” fino al satanismo e vicinissime alla super-élite del massimo potere, quella della “sovragestione” degli “uomini che si credono Dio”. Di ben altra caratura, invece, i veri Rosacroce, il cui ultimo “Ormùs” fu il pittore Salvador Dalì, con accanto personaggi come Picasso, Erik Satie, Jean Cocteau, il regista moldavo Emil Loteanu. Era stata proprio la “paramassoneria” di potere, scrive Carpeoro, a sabotare – a Yalta – il grande progetto rosacrociano per il dopoguerra: pace in Medio Oriente. Vinsero gli altri, i protagonisti delle future Ur-Lodges: niente pace, meglio la guerra. Opportuno, quindi, coltivare i focolai dell’odio, partendo proprio dalla Palestina, in mezzo agli emirati del petrolio.«Il tutto – scrive Carpeoro – si concluse con la istituzione del solo Stato di Israele». Sicché, «non risulta niente affatto avventato definire tale esito come la premessa del sorgere di un progenitore del neoterrorismo islamico, e cioè quello palestinese, nella prima versione dell’Olp». Dal Medio Oriente all’Italia: «Altrettanto accadde in occasione dell’omicidio del povero Enrico Mattei, reo di voler sottrarre il mondo del petrolio arabo alla gestione economica, ma anche culturale, della lobby delle Sette Sorelle, in nome della sua formazione socialista, scarsamente sensibile al perpetuarsi del potere di certi sceicchi e califfi». Tessere di un mosaico, nemico della democrazia, da sud a nord: «Il progetto europeo di caratura liberalsocialista veniva definitivamente sabotato tramite l’omicidio del suo leader politico e spirituale Olof Palme, mettendo le basi di questa disgraziata Europa attuale, burocratica e disumana, unione solo di banche e burocratica distruttrice di economie produttive a favore di una finanza ormai astratta, estranea da ogni legittima aspirazione di popoli e individui». E dopo la Svezia, la “sovragestione” colpì di nuovo in terra d’Israele con l’omicidio del leader ebreo Rabin, «protagonista di una pax massonica, stavolta nel senso autentico, in Medio Oriente, che tanto aveva preoccupato i Signori della Guerra e del Terrore».Come dire: solo gli sprovveduti possono pensare che il tragico carnevale dell’Isis nasca dal nulla. Passo su passo, di attentato in attentato, l’Occidente ha fabbricato «una polveriera che si chiama Islam», ma attenzione: «Darle questo nome è un abuso nei confronti della dottrina religiosa in questione», che infatti è stata «modificata, redatta, interpretata nell’ignoranza e nell’arretratezza, sponsorizzata dai satrapi del petrolio e dai potenti protetti dall’Occidente per incrementare odio e integralismo da utilizzare per la autoconservazione di un potere assoluto e cieco». Luoghi comuni: «Quando si dice Islam, automaticamente si pensa al mondo arabo, ma la logica delle divisioni etniche in questo caso non aiuta: il popolo turco non è arabo, quello afghano tanto meno, e neanche la quasi metà del popolo indiano islamico e di quello africano». In realtà, aggiunge Carpeoro, la grande religione islamica è stata «riadattata a strumento permanente di supporto a regimi politici integralisti e assoluti, neganti ogni diritto e ogni libertà democratica, fautori di sistemi sociali dove c’è chi ha tutto funzionalmente allo sfruttamento di chi non ha nulla». Solo così, quella religione «è diventata il collante di popolazioni quasi abbrutite dall’ignoranza e dal bisogno, tramite una rete di imam e presunti padri spirituali la cui presenza e la cui legittimazione era stata la prima cosa assolutamente proibita dal Profeta».I veri leader islamici sono stati emarginati, e la parte sana delle popolazioni travolte dal terremoto è «dormiente e passiva di fronte a questo scempio». E siamo ai giorni nostri: «Ecco che dalla disperazione del popolo palestinese, dai flagelli vari, siccità, malattie, povertà del popolo africano, dalle drammatiche divisioni tra popoli asiatici nasce e si diffonde una vera e propria figura antropologica: il terrorista». Al terrorista, per decine di anni, «viene offerta la prospettiva simbolica che gli ha consentito di accettare il rischio di sacrificare la sua vita: il riscatto sociale». E i terroristi di oggi, annidati nelle nostre città che si vantano si realizzare una vera integrazione? «Quella che noi chiamiamo “integrazione” è stata solo la trasmissione di schemi consumistici e disumanizzanti», sostiene Carpeoro. Questo processo, è vero, «ha soppiantato il potenziale esplosivo del vecchio terrorismo», ma ne ha anche fatto impallidire le motivazioni sociali e politiche, che almeno ne consentivano la comprensione, mantenendo «un minimo di possibilità di recupero umano e sociale».Ora è tardi: «Aiutata dalla sapiente diffusione di nuove droghe raffinate e di ulteriori adattamenti snaturanti della religione islamica, la mutazione antropologica del terrorista si è ulteriormente evoluta: da esseri comunque umani a macchine del terrore». L’Isis, appunto: uomini «addestrati e resi dipendenti da varie droghe in campi adeguatamente finanziati e organizzati». Questo esercito di neoterroristi «è oggi pronto a spargersi nelle nostre città come metastasi di un carcinoma, e noi siamo impotenti». Ma attenzione: «E’ un esercito “sovragestito”, anche se dubito molto che chi ne fa parte ne sia consapevole». Sono temi che lo stesso Carpeoro approfondirà in un saggio che si annuncia esplosivo, “Dalla massoneria al terrorismo”, che uscirà in autunno per i tipi di Uno Editori. Si scrive Isis, ma si legge “sovragestione”. Il problema siamo noi, il nostro sistema: che va radicalmente bonificato nella sua struttura occulta di potere. «La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo».Si credono Dio, anziché ricercare la propria spiritualità. Non sono più degli iniziati, ma dei contro-iniziati. Per il massone Gianfranco Carpeoro, è questa la profonda motivazione psicologica che spinge gli uomini del vertice-ombra dell’Occidente a organizzare il terrorismo più spietato, ieri affidato ad Al-Qaeda e oggi all’Isis. L’obiettivo strategico non cambia: mantenere il potere in pochissime mani, a qualsiasi costo, utilizzando l’intelligence per “fabbricare” leader islamisti adatti a reclutare kamikaze, figli di un mondo devastato dai dominus occidentali. Carpeoro la chiama “sovragestione”, ed è la chiave per capire di che morte stiamo morendo. I boss occulti della “sovragestione”? Si tratta di «un ristretto numero di persone, che fanno parte della finanza e della politica internazionale». A loro volta, «manovrano pezzi di governi, di amministrazioni, di servizi segreti, logge massoniche o paramassoniche, strutture religiose di varia estrazione, istituzioni bancarie, esponenti dell’economia o dell’imprenditoria». La struttura ricorda quella della ‘ndrangheta: «Una rete ad anelli, dove la regola aurea viene ampiamente rispettata: ogni anello conosce solo e soltanto l’anello che gli è immediatamente superiore e quello che gli è immediatamente inferiore e nulla più».
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Hitlery Clinton, dalla guerra fredda all’ecatombe atomica
La Guerra Fredda iniziò durante l’amministrazione Truman e durò durante le amministrazioni Eisenhower, Kennedy, Johnson, Nixon, Ford e Carter. Terminò col secondo mandato di Reagan, quando lui e Gorbachev trovarono un accordo sul fatto che il conflitto era pericoloso, costoso e inutile. La Guerra Fredda però non cessò per molto tempo – la tregua durò solo dal secondo mandato di Reagan al mandato di George H. W. Bush [padre]. Negli anni ’90 il presidente Clinton riavviò la Guerra Fredda infrangendo la promessa che l’America aveva fatto di non espandere la Nato nell’Europa dell’est. George W. Bush [figlio] riattizzò la nuova Guerra Fredda ritirando gli Stati Uniti dal Trattato Abm (anti missili balistici), e Obama proseguì su quella via con una retorica irresponsabile, posizionando i missili statunitensi a ridosso del confine russo e appoggiando il rovesciamento del governo ucraino. La Guerra Fredda fu una creazione di Washington. È stato il lavoro dei fratelli Dulles. Allen era a capo della Cia, John Foster era Segretario di Stato, posizioni che essi detennero per lungo tempo.I fratelli Dulles avevano degli interessi personali nella Guerra Fredda. Usarono la Guerra Fredda per difendere gli interessi dei clienti del loro studio legale e per aumentare il potere e il bilancio legato alle loro posizioni all’interno del governo. È decisamente interessante essere gli incaricati della politica estera e delle attività segrete durante periodi pericolosi. Ogni volta che un governo democratico riformista appariva in America Latina, i fratelli Dulles lo vedevano come una minaccia alle partecipazioni azionarie che i clienti del loro studio legale avevano in quel dato paese. Queste partecipazioni, talvolta acquisite tramite tangenti versate a governi non democratici, dirottavano le ricchezze e le risorse dei diversi paesi verso mani americane, e l’obiettivo dei fratelli Dulles era proprio di continuare a fare in modo che fosse così. Il governo riformista veniva a quel punto definito marxista o comunista, e la Cia e il Dipartimento di Stato collaboravano per rovesciarlo e riportare al potere qualche dittatore compiacente a Washington. La Guerra Fredda era insensata, eccetto che per gli interessi dei Dulles e del complesso militare.Il governo sovietico, al contrario del governo americano di oggi, non aveva aspirazioni all’egemonia globale. Stalin aveva dichiarato la dottrina del “socialismo in un solo paese” e si era liberato dei trotskysti, che volevano una rivoluzione a livello mondiale. Il comunismo in Cina e nell’Europa dell’est non erano prodotti dal comunismo internazionale sovietico. Mao era il padrone di se stesso, e l’Unione Sovietica mantenne l’Europa dell’est, che l’Armata Rossa aveva liberato dai nazisti, come zona cuscinetto contro un Occidente ostile. A quei tempi il termine “red scare” [“paura rossa”] era usata un po’ come la “paura del terrorismo musulmano” oggi – per spingere l’opinione pubblica ad allinearsi a un certo programma che non capisce, e senza che ci sia un dibattito. Considerate la costosa guerra in Vietnam, per esempio. Ho Chi Minh era un anticolonialista che guidava un movimento nazionalista. Non era un agente del comunismo internazionale, ma John Foster Dulles lo rese tale e disse che Ho Chi Minh doveva essere fermato o ci sarebbe stato un “effetto domino” che avrebbe portato alla caduta di tutto il sud-est asiatico verso il comunismo. Il Vietnam vinse la guerra e non lanciò affatto l’aggressione al sud-est asiatico che Dulles aveva previsto.Ho Chi Minh aveva implorato sostegno dal governo Usa contro il potere coloniale francese che dominava l’Indocina. Di fronte ad un rifiuto, Ho Chi Minh si rivolse alla Russia. Se Washington avesse semplicemente fatto presente al governo francese che il tempo del colonialismo era finito e la Francia doveva andarsene dall’Indocina, si sarebbe evitato il disastro della guerra in Vietnam. Ma gli spauracchi delle minacce inventate servivano ai gruppi d’interesse ieri come oggi, e Washington, come molti altri, fu succube dei propri mostri immaginari. La Nato non serviva perché non c’era nessun pericolo di un’invasione dell’Armata Rossa verso l’Europa occidentale. Il governo sovietico aveva già abbastanza problemi ad occuparsi dell’Europa dell’est e delle sue popolazioni ribelli. L’Unione Sovietica si trovò alle prese con una sollevazione nella Germania dell’Est nel 1953, poi in Polonia e Ungheria nel 1956, e poi da parte dello stesso partito comunista in Cecoslovacchia nel 1968. L’Unione Sovietica aveva sofferto un’enorme perdita demografica nella Seconda Guerra Mondiale e aveva bisogno di tutta la forza lavoro che le restava per la ricostruzione post-bellica. Era ben oltre le capacità sovietiche occupare l’Europa occidentale dopo avere occupato quella orientale.I partiti comunisti in Francia e in Italia erano forti nel periodo post-bellico, e Stalin poteva sperare che un governo comunista in Francia o in Italia spezzasse l’impero europeo stabilito da Washington. Questa speranza fu cancellata dalla Operazione Gladio. La Guerra Fredda ci fu perché serviva agli interessi dei fratelli Dulles e al potere e ai profitti del complesso militare. Non c’erano altre ragioni per la Guerra Fredda. La nuova Guerra Fredda è ancora più insensata della precedente. La Russia stava cooperando con l’Occidente, l’economia russa è integrata con quella occidentale come fornitore di materie prime. La politica economica neoliberale che Washington è riuscita a far implementare al governo russo era orientata a mantenere l’economia russa nel ruolo di fornitore di materie prime verso l’Occidente. La Russia non aveva espresso alcuna ambizione di ampliamento territoriale e aveva investito molto poco in spese militari. La nuova Guerra Fredda è il prodotto di una manciata di fanatici neoconservatori che credono che la storia abbia scelto gli Stati Uniti come potere egemone sul mondo intero. Alcuni di questi neocon sono figli di ex-trotskysti che hanno la stessa idea romantica di rivoluzione mondiale, solo che questa volta sarebbe una rivoluzione “democratico-capitalista” e non comunista.La nuova Guerra Fredda è ben più pericolosa della precedente, perché le rispettive dottrine di guerra delle potenze nucleari sono cambiate. La funzione delle armi nucleari non è più quella di rappresaglia. La certezza di una distruzione reciproca era la garanzia che quelle armi non sarebbero state usate. Nella nuova dottriva di guerra, le armi nucleari sono state elevate a strumento di attacco preventivo. Washington ha fatto questo passo per prima, costringendo la Russia e la Cina a seguirla. La nuova Guerra Fredda è ancora più pericolosa per un altro motivo. Durante la prima Guerra Fredda, i presidenti americani si concentravano sulla riduzione delle tensioni tra le potenze nucleari. Ma oggi Clinton, George W. Bush e Obama hanno fatto aumentare drammaticamente le tensioni. William Perry, segretario alla Difesa nell’amministrazione Clinton, ha parlato recentemente di pericoli di guerre nucleari lanciate per errore a causa di difetti nei circuiti dei computer.Per fortuna, quando situazioni di questo genere si sono verificate in passato, l’assenza di tensioni nelle relazioni tra potenze nucleari ha fatto in modo che le autorità delle due parti riconoscessero i falsi allarmi. Oggi però, con le continue accuse di imminenti invasioni russe, la demonizzazione di Putin come “nuovo Hitler”, e l’incremento delle forze militari Usa e Nato attorno ai confini russi, i falsi allarmi rischiano di essere creduti. La Nato ha cessato il suo scopo quando è crollata l’Unione Sovietica. Però ormai troppe carriere, troppi soldi a bilancio e troppi profitti sugli armamenti dipendenvano dalla Nato. I neoconservatori allora presero la Nato come un pretesto politico e un ausilio militare per le proprie ambizioni egemoniche. Lo scopo della Nato oggi è di coinvolgere tutta l’Europa nei crimini di guerra statunitensi. Dato che sono tutti colpevoli, i governi europei non possono più rivoltarsi contro Washington e accusare gli americani di crimini di guerra.Le altre voci in campo sono troppo deboli per avere delle conseguenze. Nonostante i suoi tanti crimini contro l’umanità, l’Occidente è ancora nella posizione di “luce del mondo”, difensore della verità, della giustizia, dei diritti umani, della democrazia e delle libertà individuali. Questa reputazione resiste nonostante la distruzione della Dichiarazione dei Diritti Usa e la repressione dello stato di polizia. L’Occidente non rappresenta affatto i valori che il mondo è stato forzato (col lavaggio del cervello) a credere che siano associati all’Occidente. Per dirne una, non c’era alcun motivo di attaccare con le armi atomiche i civili nelle città giapponesi, nel 1945. Il Giappone stava cercando di arrendersi e stava solo resistendo alla richiesta Usa di una resa incondizionata al fine di salvare il proprio imperatore dall’esecuzione per crimini di guerra, sui quali egli non aveva controllo. Come i sovrani britannici oggi, l’imperatore del Giappone non aveva potere politico ed era solo simbolo di unità nazionale. I condottieri giapponesi avevano paura che l’unità giapponese si sarebbe dissolta se l’imperatore, simbolo di quell’unità, fosse stato deposto.Certo, gli americani erano troppo ignoranti per capire la situazione, e così il piccolo Truman, che per tutta la vita era stato canzonato come una nullità, si glorificò del proprio potere e fece sganciare le bombe. Le bombe atomiche gettate sul Giappone erano potenti. Ma le bombe all’idrogeno che sono venute dopo sono ancora più potenti. L’uso di tali armi potrebbe distruggere la vita sulla Terra. Donald Trump ha detto ha detto l’unica cosa su cui sperare in tutta la campagna presidenziale. Ha messo in discussione la Nato e il conflitto orchestrato con la Russia. Non sappiamo se possiamo credergli e se un suo eventuale governo seguirebbe questa direzione. Ma sappiamo che “Hitlery” [neologismo che unisce il nome di Hillary Clinton a Hitler, NdT] è una guerrafondaia, un agente dei neoconservatori, del complesso militare, della lobby israeliana, delle banche “troppo grandi per fallire”, di Wall Street, e di qualsiasi interesse estero che dà mega-milioni di dollari di donazioni alla fondazione Clinton o un quarto di milione di dollari per un suo discorso.“Hitlery” ha dichiarato che il presidente russo è la più grande minaccia – il “nuovo Hitler”. Si potrebbe essere più chiari di così? Un voto a “Hitlery” è un voto per la guerra. Nonostante questo sia più che ovvio, i media statunitensi, a reti unificate, stanno facendo tutto ciò che è in loro potere per abbattere Trump e far eleggere “Hitlery”. Tutto ciò cosa ci dice sull’intelligenza del “Unipower”, “l’unica superpotenza del mondo”, il “popolo indispensabile”, la “nazione eccezionale”? Ci dice che sono scemi come la m**da. Gli americani, creature della “Matrix” creata dai loro propagandisti, vedono minacce immaginarie e non vedono quelle reali. Ciò che i russi e i cinesi vedono è un popolo troppo indottrinato e ignorante per essere di alcun aiuto nella pace. Vedono la guerra che arriva e si stanno preparando.(Paul Craig Roberts, “Ripensare la guerra fredda”, dal blog di Craig Roberts dell’11 agosto 2016, tradotto e ripreso da “Voci dall’Estero”. Economista e autorevole editorialista statunitense, Roberts è stato sottosegretario al Tesoro di Ronald Reagan).La Guerra Fredda iniziò durante l’amministrazione Truman e durò durante le amministrazioni Eisenhower, Kennedy, Johnson, Nixon, Ford e Carter. Terminò col secondo mandato di Reagan, quando lui e Gorbachev trovarono un accordo sul fatto che il conflitto era pericoloso, costoso e inutile. La Guerra Fredda però non cessò per molto tempo – la tregua durò solo dal secondo mandato di Reagan al mandato di George H. W. Bush [padre]. Negli anni ’90 il presidente Clinton riavviò la Guerra Fredda infrangendo la promessa che l’America aveva fatto di non espandere la Nato nell’Europa dell’est. George W. Bush [figlio] riattizzò la nuova Guerra Fredda ritirando gli Stati Uniti dal Trattato Abm (anti missili balistici), e Obama proseguì su quella via con una retorica irresponsabile, posizionando i missili statunitensi a ridosso del confine russo e appoggiando il rovesciamento del governo ucraino. La Guerra Fredda fu una creazione di Washington. È stato il lavoro dei fratelli Dulles. Allen era a capo della Cia, John Foster era Segretario di Stato, posizioni che essi detennero per lungo tempo.
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Craig Roberts: sembra Ue, ma è Cia. Il suo veleno? L’euro
“Un anello per domarli tutti… e nel buio incatenarli” (J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”). La Seconda Guerra Mondiale è finita con la conquista dell’Europa, non da parte di Berlino, ma da parte di Washington. La conquista era certa, ma non la si poteva ottenere tutta in una volta. La conquista di Washington dell’Europa è avvenuta grazie al Piano Marshall, alla paura dell’Armata Rossa di Stalin (che ha portato l’Europa a fare affidamento sulla protezione di Washington e a subordinare le forze armate europee agli Stati Uniti, all’interno della Nato), alla sostituzione della sterlina con il dollaro Usa come valuta di riserva mondiale e al lungo processo di subordinazione della sovranità dei singoli paesi europei verso l’Unione Europea, un’iniziativa della Cia attuata da Washington per controllare tutta l’Europa attraverso un solo e irresponsabile governo. Con poche eccezioni, principalmente il Regno Unito, l’adesione all’Unione Europea ha significato anche la perdita di indipendenza finanziaria. Dato che solo la Banca Centrale Europea è in grado di creare euro, quei paesi così sciocchi da accettarlo come valuta non hanno più avuto il potere di creare il proprio denaro per finanziare i deficit di bilancio.I paesi che hanno aderito all’euro devono fare affidamento su banche private per finanziare i loro deficit. Il risultato è che i paesi indebitati non possono più pagare i loro debiti con la creazione di denaro o sperare che questi debiti vengano abbassati a livelli che possono tenere sotto controllo. Invece, Grecia, Portogallo, Lettonia e Irlanda sono state saccheggiate dalle banche private. L’Ue ha costretto gli pseudo-governi di questi paesi a pagare le banche private del Nord Europa soffocando il tenore di vita delle loro popolazioni e privatizzando i beni pubblici svendendoli per due soldi rispetto al loro valore originale. Così le pensioni di anzianità, il pubblico impiego, l’istruzione e la sanità sono stati tagliati e il denaro reindirizzato alle banche private. Le aziende idriche municipali sono state privatizzate con il risultato che le bollette dell’acqua sono più elevate. E così via. Poiché non vi è alcuna ricompensa, solo punizioni, per essere un membro della Ue, perché i governi, nonostante i desideri espressi dei loro popoli, si uniscono?La risposta è che Washington ha voluto che non vi fossero altre possibilità. I fondatori europei della Ue sono creature mitiche. Washington ha utilizzato i politici pilotandoli nella creazione dell’Unione Europea. Alcuni anni fa sono stati rilasciati dei documenti della Cia che dimostrano che l’Ue è stata un’iniziativa della Cia stessa. Nel 1970 il presidente per la discussione della tesi del mio dottorato di ricerca, divenuto poi un funzionario di alto rango a Washington addetto al controllo degli affari di sicurezza internazionale, mi ha chiesto di intraprendere una missione delicata all’estero. Ho rifiutato. Tuttavia, egli ha risposto alla mia domanda: «Come fa Washington a fare in modo che i paesi stranieri facciano ciò che Washington vuole?». «Soldi», ha detto. «Diamo ai loro leader borse piene di soldi. Appartengono a noi». E’ chiaro che l’Ue serve gli interessi di Washington, non gli interessi dell’Europa. Ad esempio, il popolo francese e il governo sono contrari agli Ogm, ma l’Ue consente una “autorizzazione di mercato precauzionale” di introduzione degli Ogm, contando forse sulle “scoperte scientifiche” degli scienziati sul libro paga della Monsanto.Quando lo Stato americano del Vermont ha approvato una legge che impone l’etichettatura degli alimenti Ogm, la Monsanto gli ha fatto causa. Una volta che i funzionari dell’Ue, pagati di nascosto, firmeranno l’accordo Ttip scritto dalle multinazionali degli Stati Uniti, la Monsanto si impadronirà dell’agricoltura europea. Ma il pericolo per l’Europa va ben oltre la salute dei popoli europei, che saranno costretti a nutrirsi di cibi velenosi. Washington sta usando l’Ue per costringere gli europei a entrare in conflitto con la Russia, una potenza nucleare in grado di distruggere tutta l’Europa e tutti gli Stati Uniti in pochi minuti. Ciò sta accadendo perché i “leader” europei, pagati di nascosto con “borse piene di denaro”, hanno preferito avere il denaro di Washington nel breve periodo piuttosto che garantire la vita degli europei nel lungo periodo. Non è possibile che qualsiasi politico europeo sia sufficientemente idiota da credere che sia stata la Russia a invadere l’Ucraina, che la Russia da un momento all’altro invaderà la Polonia e gli Stati baltici, o che Putin sia un “nuovo Hitler” che progetta di ricostruire l’impero sovietico. Queste accuse assurde non sono altro che propaganda di Washington priva di qualsiasi verità. Tutto ciò è evidente. Nemmeno un idiota potrebbe crederci. Eppure l’Unione Europea va di pari passo con la propaganda, come fa la Nato. Perché?La risposta è il denaro di Washington. L’Ue e la Nato sono assolutamente corrotte. Sono le puttane ben pagate di Washington. L’unico modo che gli europei hanno per impedire una Terza Guerra Mondiale nucleare, e continuare a vivere e godere di ciò che resta della loro cultura (che gli americani non sono riusciti a distruggere con la loro cultura di sesso, violenza e avidità) è, per i governi europei, quello di seguire l’esempio del governo inglese e uscire dall’Unione Europea creata dalla Cia. E l’uscita dalla Nato, il cui scopo è evaporato con il crollo dell’Unione Sovietica, e che ora viene usata come uno strumento di egemonia mondiale da parte di Washington. Perché gli europei vogliono morire per favorire l’egemonia mondiale di Washington? Ciò significa che gli europei stessi stanno morendo a causa di questa egemonia (esercitata allo stesso modo sull’Europa). Perché gli europei vogliono sostenere Washington, i cui alti funzionari, come Victoria Nuland, dicono “l’Unione Europea si fotta”? Gli europei stanno già soffrendo a causa delle sanzioni economiche che il loro signore a Washington li ha costretti ad applicare nei confronti della Russia e dell’Iran. Perché gli europei desiderano essere distrutti da una guerra contro la Russia? Gli europei vogliono forse morire?Sono stati americanizzati e non apprezzano più l’enorme quantità di bellezze artistiche e architettoniche, letterarie e musicali di cui i loro paesi sono custodi? La risposta è che non fa alcuna differenza che cosa pensino gli europei, perché Washington ha istituito per loro un governo che è totalmente indipendente dalla loro volontà. Il governo dell’Ue è tenuto a rispondere solo per il denaro di Washington. Alcune persone capaci di emettere editti sono sul libro paga di Washington. Gli interi popoli d’Europa sono servi di Washington. Pertanto, se gli europei rimangono i popoli creduloni, indifferenti e stupidi che attualmente sono, verranno condannati, assieme al resto di noi. D’altra parte, se i popoli europei saranno in grado di rinsavire, di liberarsi dalla Matrix che Washington ha imposto su di loro, e di rivoltarsi contro gli agenti di Washington che li controllano, i popoli europei potranno salvare la propria vita e la vita di tutti noi.(Paul Craig Roberts, “L’Ue è condannata al vassallaggio nei confronti di Washington”, dal blog di Craig Roberts del 27 luglio 2016, tradotto da “Desastrado” per “Come Don Chisciotte”. Eminente analista ed economista statunitense, Roberts è stato viceministro del Tesoro con Ronald Reagan).“Un anello per domarli tutti… e nel buio incatenarli” (J.R.R. Tolkien, “Il Signore degli Anelli”). La Seconda Guerra Mondiale è finita con la conquista dell’Europa, non da parte di Berlino, ma da parte di Washington. La conquista era certa, ma non la si poteva ottenere tutta in una volta. La conquista di Washington dell’Europa è avvenuta grazie al Piano Marshall, alla paura dell’Armata Rossa di Stalin (che ha portato l’Europa a fare affidamento sulla protezione di Washington e a subordinare le forze armate europee agli Stati Uniti, all’interno della Nato), alla sostituzione della sterlina con il dollaro Usa come valuta di riserva mondiale e al lungo processo di subordinazione della sovranità dei singoli paesi europei verso l’Unione Europea, un’iniziativa della Cia attuata da Washington per controllare tutta l’Europa attraverso un solo e irresponsabile governo. Con poche eccezioni, principalmente il Regno Unito, l’adesione all’Unione Europea ha significato anche la perdita di indipendenza finanziaria. Dato che solo la Banca Centrale Europea è in grado di creare euro, quei paesi così sciocchi da accettarlo come valuta non hanno più avuto il potere di creare il proprio denaro per finanziare i deficit di bilancio.
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Soluzione Finale, la sporca guerra dell’élite contro di noi
Questa Europa è un lager. Perfino il “Corriere della Sera” ha pubblicato giorni fa uno studio dove si evidenzia come negli ultimi anni sia esploso anche in Italia il numero dei bambini poveri; dei bambini che, cioè, nel cuore dell’Occidente “opulento” e “libero”, vivono in condizioni paragonabili a quelle che scandiscono la vita delle famigerate favelas brasiliane. Il “Corriere della Sera”, al pari dei boss mafiosi che mandano una corona di fiori per onorare il funerale di quelli che hanno appena finito di scannare, è parte del progetto genocida in atto. Un progetto che espleta i suoi velenosi effetti senza ricorrere a metodi formalmente cruenti. Perché uccidere, quando si può indurre al suicidio? Perché depredare con la forza ciò che può essere estorto con la carta bollata? Devo ammettere che i nazisti tecnocratici che comandano il globo, appena riunitisi in Giappone per pianificare nuovi stermini e rappresaglie contro una umanità che considerano inferiore e bestiale, sono davvero scaltri.Uno dei miti più in voga che dà forza alla narrazione luciferina prevalente che tende a legittimare un modello di governo fondato sulla menzogna, sul sopruso e sull’imbroglio riguarda il tema della guerra. «Chi di voi ha nostalgia delle brutture del Novecento, quando le guerre lasciavano sul campo milioni di morti sacrificati sull’altare di un nazionalismo anacronistico e aggressivo? Se oggi domina la pace, anzi, se da settanta anni gli europei vivono in armonia, il merito è del processo di unificazione avviato all’indomani del secondo conflitto mondiale. Nessuno ha il diritto di buttare a mare un patrimonio così nobile nato con Spinelli sull’isola di Ventotene». Non è forse questo il ritornello che i servi del regime massonico-mondialista ripetono di continuo come pappagalli ammaestrati? Siete poveri, disoccupati, disperati, ammalati e non curati? Non lamentatevi, dal momento che vi abbiamo perlomeno lasciato la libertà di ammazzarvi da soli, rispondono tra le righe i padroni del vapore. Ebbene, sappiate che il ricatto della “pace”è falso come una banconota da tre euro.Intanto quelli che si gloriano di avere condotto l’umanità sulla via della tolleranza e del progresso sono gli stessi che fomentano, finanziano, pianificano e realizzano di continuo stragi in Medio Oriente. Basta studiare en passant il profilo di una Hillary Clinton, appoggiata discretamente pure dal clan Bush nella corsa alle presidenziali americane, per rendersene conto. In secondo luogo non è vero che la guerra è stata bandita nel “mondo libero”, avendo semmai assunto forme asimmetriche, ipocrite e dissimulate. La guerra, è vero, non si combatte più “orizzontalmente” tra eserciti regolari. La guerra moderna, che è in atto ed è altrettanto sanguinaria e spietata, la combattono trasversalmente i pochi potenti – ovunque dislocati nell’orbe terracqueo – contro i tanti poveracci che brulicano senza sosta in cerca di sicurezze che mai troveranno. Detta in termini più chiari ed espliciti: Obama, Merkel, Hollande, Abe, Cameron e compagnia non si combattono tra di loro perché già impegnati nel combattere insieme una guerra sporca contro tutti noi; i rappresentanti politici delle élite economiche e finanziarie dei rispettivi paesi colpiscono come un sol uomo gli esclusi e i deboli in quanto tali, senza cioè farsi condizionare da questioni di razza, sesso o religione, fattori da essi stessi marxianamente considerati poco più che “sovrastruttura”.In questo modo le élite colpiscono nell’ombra e non rischiano quasi nulla. Immaginate come sarebbe oggi il mondo se Hilter e Stalin, anziché sfidarsi mortalmente, avessero trovato all’epoca un accordo tra di loro sulle pelle delle classi subordinate tanto russe quanto tedesche. La “pace” di cui oggi “godiamo” è frutto di uno scellerato patto che “blinda” soltanto i vertici della Piramide. Per cui non bisogna lasciarsi impaurire dalle letture distorte e interessate veicolate da figuri come Giorgio Napolitano, pericolosissimo elemento che ha lavorato e lavora come pochi per disintegrare il benessere materiale e spirituale dell’Italia. Chi governa sulla paura è ontologicamente un farabutto. Chi propone di accettare una scelta dolorosa, non per convinzione ma per evitare guai peggiori, è certamente un delinquente da segnare con matita rossa per poi colpire (politicamente s’intende) con intensità e cinismo nel momento più opportuno. Fretta e isteria sono sempre cattive consigliere.Per Tony Blair, ad esempio, macellaio che falsificò documenti per giustificare una scellerata guerra in Iraq, il momento delle “spiegazioni” è quasi arrivato. Il 6 luglio verrà infatti pubblicato un report all’interno del quale saranno messe in evidenza le tante porcherie commesse dall’ex premier inglese. Solo chi insegua la “giustizia” prima o poi rischia di trovarla. Il “sistema” eretto dai massoni mondialisti e nazisti tecnocratici, che punta finalisticamente alla creazione di un mondo reso omogeneo dalla divinizzazione dei “diritti cosmetici” (a scapito di quelli sostanziali, economici e sociali), da realizzare per mezzo di endemici shock sapientemente cadenzati nel tempo, comincia a scricchiolare. In Austria hanno dovuto ricorrere all’utilizzo di pacchiani brogli elettorali per insediare al potere l’ennesimo personaggio “tegolato” e “ammaestrato”. In Francia il premier Valls ha già dato il via a rastrellamenti in stile Petain. Insomma la resa dei conti è già iniziata e i nemici della verità, della libertà e della democrazia sono spietati e pronti a tutto. I loro effimeri troni, a breve, verranno definitivamente spazzati.(Francesco Maria Toscano, “I nazisti tecnocratici pianificano la Soluzione Finale in danno delle classi subalterne”, dal blog “Il Moralista” del 27 maggio 2016).Questa Europa è un lager. Perfino il “Corriere della Sera” ha pubblicato giorni fa uno studio dove si evidenzia come negli ultimi anni sia esploso anche in Italia il numero dei bambini poveri; dei bambini che, cioè, nel cuore dell’Occidente “opulento” e “libero”, vivono in condizioni paragonabili a quelle che scandiscono la vita delle famigerate favelas brasiliane. Il “Corriere della Sera”, al pari dei boss mafiosi che mandano una corona di fiori per onorare il funerale di quelli che hanno appena finito di scannare, è parte del progetto genocida in atto. Un progetto che espleta i suoi velenosi effetti senza ricorrere a metodi formalmente cruenti. Perché uccidere, quando si può indurre al suicidio? Perché depredare con la forza ciò che può essere estorto con la carta bollata? Devo ammettere che i nazisti tecnocratici che comandano il globo, appena riunitisi in Giappone per pianificare nuovi stermini e rappresaglie contro una umanità che considerano inferiore e bestiale, sono davvero scaltri.
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Dall’Ue al Ttip, l’atroce Europa filo-Usa creata per noi idioti
Nel Regno Unito, dove vige maggiore libertà di informazione che da noi, il corrente dibattito sul referendum del 23 giugno sull’uscita dall’Unione Europea ha reso noto all’opinione pubblica il fatto, censurato sul continente europeo, che il progetto dell’unificazione europea è un progetto di Washington varato alla fine degli anni ‘40 per assicurare agli Usa il controllo politico-finanziario del continente a scopi geostrategici ed economici e la sua permanenza nell’impero del dollaro, cioè tra i paesi che continuano ad accettare il dollaro, anche se super-inflazionato e vacillante, e a comperare bonds in dollari anche se spazzatura e a partecipare a guerre e sanzioni volute da Washington anche se contrarie agli interessi nazionali. Notoriamente da decenni gli Usa sono un paese che vive essenzialmente sulle spalle degli altri, comprando a debito beni, materie prime e servizi, e facendo continue guerre per imporre l’accettazione di questo sistema di pagamento. E fra qualche tempo emergerà anche come gli Usa si stanno impegnando per soffocare lo sviluppo e la industrializzazione di fonti alternative e pulite di energia, che soppianterebbero il petrolio, il dollaro come moneta obbligatoria per comprarlo, e le guerre per il petrolio, che sostengono l’elefantiaca industria statunitense degli armamenti.Il progetto ha visto e vede in azione personaggi presentati come padri dell’Europa ma in realtà pagati e diretti da Washington, innanzi tutti Jean Monnet e Robert Schuman. L’idea di unione europea viene inizialmente proposta come comunità del carbone, dell’acciaio e dell’atomo, allo scopo di ingranare tra di loro le economie di Francia e Germania, così da prevenire fantomatici futuri conflitti tra esse. Poi quel primo organismo sviluppa una rovinosa politica agricola comune, diventa un’area di libero scambio; poi assume poteri legislativi e di controllo sempre più ampli sugli Stati nazionali; poi si fa Schengen, la Bce, l’euro, il Trattato di Lisbona che impegna a una crescente integrazione politico-istituzionale, poi il controllo centralizzato dei bilanci e delle banche, e via discorrendo, verso la creazione di un superstato europeo a direzione non democratica, non trasparente e irresponsabile (“non accountable”), con soppressione delle democrazie nazionali parlamentari in quanto “causa di guerre”.Il tory Boris Johnson, ex sindaco di Londra, nel suo intervento pro-Brexit, spiega che i due veri padri dell’Unione Europea, Monnet e Schuman, intendevano creare un senso di identità-solidarietà europea con un metodo della psicologia comportamentale, applicando un principio che era già stato osservato come efficace in altri contesti, cioè – nella fattispecie europea – forzando permanentemente e crescentemente i diversi popoli europei a tenere comportamenti simili tra loro attraverso l’imposizione di regolamentazioni comuni, la moneta comune, l’inno comune, la bandiera comune; imporre un agire comune per far nascere un sentire comune. Decenni dopo, constatiamo che questo metodo ha chiaramente fallito, e ha anzi risvegliato contrapposti nazionalismi, poggianti su oggettive contrapposizioni di interessi soprattutto economici. Risorgono le frontiere, le economie divergono, crescono i movimenti anti-Ue. Ma persino davanti a tali fallimenti, l’oligarchia massonico-finanziaria, liberal-cosmopolita, insiste nel suo programma di unificazione forzata, imponendo crescenti cessioni di sovranità e crescenti sacrifici.Questa evoluzione sta comportando (senza che lo si dica e che si permetta ali popoli di decidere) radicali e surrettizie trasformazioni costituzionali nei vari paesi aderenti, che perdono la loro sovranità a quote crescenti e a vantaggio delle burocrazie centrali, non democratiche e non responsabili, dell’Unione Europea – burocrazie oscenamente strapagate, e tanto corrotte, parassitarie e inefficienti, che da vent’anni l’organismo europeo di revisione dei conti non firma i loro bilanci. L’unica volta che si è fatto un controllo, è scoppiato lo scandalo della Commissione Santer con la commissaria Edith Cresson. Poi hanno deciso che era meglio non controllare più! Incidentalmente: il potere legislativo, come praticamente ogni potere dell’Ue, risiede nella Commissione, non eletta e irresponsabile, che discute e decide in segreto, a porte chiuse, altroché fascismo!Ogni cessione di sovranità a questa burocrazia viene richiesta come condizione per sviluppo e sicurezza, ma l’Unione Europea è sempre più in crisi e sempre più in fondo alla graduatoria dell’Ocse in fatto di crescita – stanno meglio solo i paesi che non hanno aderito all’euro. Questo il bilancio dell’unione e della sua moneta. Un bilancio che dovrebbe svegliare anche le menti più torbide e sognatrici. Solo gli idioti non riconoscono, a questo punto, che il progetto dell’Unione Europea non è mai stato rivolto al progresso e al benessere delle nazioni europei, bensì ad altri fini, a fini di dominazione, di controllo sociale. Informandoci, scopriamo che esso serviva e serve al dominio degli Stati Uniti sull’Europa attraverso un processo col quale il vassallo Germania è stato posto in una condizione di egemonia in Europa soprattutto mediante gli effetti dell’euro e delle politiche fiscali, che hanno prodotto e stanno producendo un forte e crescente indebitamento dei paesi periferici verso la Germania e hanno dato quindi a questa l’iniziativa politica, il controllo delle istituzioni comunitarie e il diritto di veto.La Germania impone, col pretesto di prevenire l’inflazione e di risanare i bilanci dei paesi Pigs, misure recessive, che generano un avvitamento fiscale con conseguenti calo del Pil, aumento del debito, accrescimento della sottomissione a Berlino, che diventa sempre più dominante. Invero l’euro non è una moneta unica, con un unico debito pubblico sottostante, ma un sistema di cambi fissi tra le precedenti valute, con debiti pubblici divisi, nel quale il regolamento delle transazioni internazionali si fa sostanzialmente mediante il rilascio di promesse di pagamento, cioè mediante indebitamento, delle singole banche centrali nazionali dei paesi a deficit commerciale verso quelli con attivo commerciale. I cambi fissi, impedendo l’aggiustamento fisiologico, cioè di mercato, dei rapporti valutare tra paesi con deficit e paesi con un surplus di bilancia commerciale, determinano un crescente deficit e un crescente indebitamento dei paesi meno efficienti soprattutto verso la Germania, ma anche una fuga di imprese, di capitali, di lavoratori e tecnici qualificati, così che la Germania si ritrova con enormi crediti che usa per comprarsi i pezzi più interessanti dei patrimoni e delle economie dei paesi indebitati – cioè trasforma i propri interessi attivi in beni reali dei paesi sottomessi. E l’Italia si ritrova non solo sempre più indebitata, ma sempre più deindustrializzata e sempre più abbandonata da giovani qualificati. Il crollo dei brevetti italiani è solo l’ultima riconferma di questo processo ultraventennale e strutturale di declino.Tale era il disegno europeista reale dietro l’europeismo di facciata concepito dai padri nobili per i figli scemi, dai padri che facevano leva su supposti sentimenti di fratellanza e solidarietà tra i popoli degli Stati europei, quando anche gli idioti sanno che, nella politica, soprattutto quella internazionale, le decisioni vengono prese per convenienza e calcolo, alla ricerca del vantaggio e della sopraffazione. Se teniamo presente questa realtà, non avremo alcuna difficoltà a capire per quale ragione tutte le innovazioni europeiste hanno avuto effetti contrari alle promesse. E per quale ragione ad ogni crisi causata da tali effetti, si è risposto che la cura era “più Europa”, più cessione di sovranità all’Unione, cioè a Berlino. Chi obietta, è estremista e populista, forse pazzo, quindi i suoi argomenti sono invalidi a priori, senza esame del merito, anzi non è nemmeno legittimato a parlare. Stile Stalin.La prossima innovazione, già in avanzato stadio di elaborazione, è il famoso Ttip, il trattato transatlantico di libero commercio, negoziato in segreto, senza che nemmeno i parlamentari possono fare copie delle bozze, e possono consultarle solo per due ore, sorvegliati dai carabinieri, senza poterne trascrivere brani, come recentemente denunciato dal sen. Tremonti. Perché questa segretezza ultra-dittatoriale? Per coprire gli interessi economici retrostanti e i loro progetti: col Ttip le multinazionali statunitensi potrebbero prendersi larghe fette dei mercati nazionali europei (soprattutto in Italia, ai danni dei milioni di piccole imprese che danno il grosso della ricchezza e dei posti di lavoro, e con vantaggio solo di quelle pochissime imprese, perlopiù grandi, di cui gli Usa importano i prodotti. Ossia: il Ttip sarà tutto a vantaggio delle esportazioni americane verso l’Europa e soprattutto verso l’Italia, e a danno dei piccoli produttori europei dai quali dipende il nostro livello di redditi e di occupazione.Le multinazionali americane potrebbero imporre la vendita in Europa senza etichette distintive di loro prodotti Ogm e in generale a rischio, potrebbero richiedere risarcimenti agli Stati che ponessero limiti allora affarismo quand’anche detti limiti siano giustificati da esigenze di tutte era della salute pubblica. Col Ttip disporrebbero anche, ciliegina sulla torta, di un tribunale sovranazionale praticamente organizzato da esse stesse, davanti a cui citare gli Stati dalle cui politiche e legislazioni si ritenessero danneggiate, per farli condannare a risarcire i danni da mancato profitto, e far pagare il risarcimento ai contribuenti. Anche quanto resta di libera ricerca e informazione medico-scientifica sarebbe tolto, perché contrario agli interessi del profitto. Molti economisti e giornalisti e politici in carriera, ipocritamente, dichiarano che il Ttip va bene, a condizione che la politica regolamenti l’affarismo. Ma ciò è proprio quel che il Ttip proibisce. E anche se non lo proibisse, la potenza di questo affarismo già controlla la politica.Se il Ttip passerà, e credo che passerà perché non vi sono in campo dinamiche capaci di contrastarlo, sarà la totale eliminazione, da parte del grande capitale finanziario, di ogni limite e di ogni valore che si opponga ai suoi calcoli e alle sue speculazioni, cioè la fine pratica dell’esistenza del principio politico e del principio legalitario, oltre che dei diritti dell’uomo. Rimarranno solo quelli degli investitori, come li chiama il Ttip, ossia del capitale finanziario. Sarà una riforma non semplicemente dell’economia, ma della società e dello stesso concetto di uomo, il quale sarà ridotto e considerato esclusivamente come componente dei processi finanziari. Il dominio Usa sull’Europa attraverso il processo di unificazione europea sotto il vassallo germanico serve ultimamente a questo.(Marco Della Luna, “Dall’europeismo al Ttip, un piano degli Usa”, dal blog di Della Luna del 24 maggio 2016).Nel Regno Unito, dove vige maggiore libertà di informazione che da noi, il corrente dibattito sul referendum del 23 giugno sull’uscita dall’Unione Europea ha reso noto all’opinione pubblica il fatto, censurato sul continente europeo, che il progetto dell’unificazione europea è un progetto di Washington varato alla fine degli anni ‘40 per assicurare agli Usa il controllo politico-finanziario del continente a scopi geostrategici ed economici e la sua permanenza nell’impero del dollaro, cioè tra i paesi che continuano ad accettare il dollaro, anche se super-inflazionato e vacillante, e a comperare bonds in dollari anche se spazzatura e a partecipare a guerre e sanzioni volute da Washington anche se contrarie agli interessi nazionali. Notoriamente da decenni gli Usa sono un paese che vive essenzialmente sulle spalle degli altri, comprando a debito beni, materie prime e servizi, e facendo continue guerre per imporre l’accettazione di questo sistema di pagamento. E fra qualche tempo emergerà anche come gli Usa si stanno impegnando per soffocare lo sviluppo e la industrializzazione di fonti alternative e pulite di energia, che soppianterebbero il petrolio, il dollaro come moneta obbligatoria per comprarlo, e le guerre per il petrolio, che sostengono l’elefantiaca industria statunitense degli armamenti.
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Pannella, Grillo, Renzi: il culto del vittimismo autoritario
Ho incontrato una sola volta Marco Pannella nel lontano 1976, a cena. E tanto mi è bastato. Si era a Milano per un fumoso convegno sull’alternativa di sinistra, che si teneva nella sala delle Stelline, e la sera un comune amico aveva prenotato un tavolo in un vicino ristorante di zona Magenta. La star radicale, avvolta in una nube permanente di Celtiques anche attorno al desco, era nel bel mezzo del solito digiuno. Ordinò carrello degli antipasti, tris di primi e non so più quale quarto di bue o di agnello. Poi mi chiese: «Facciamo alla romana?», cioè dividiamo in parti uguali il conto. Io mi ero limitato a una pallida paillard. Mi riuscì subito insopportabile. E non (solo) per la ferita inferta alla mia parsimonia genovese, bensì per la corte dei miracoli di adoranti che lo circondava. Quella volta composta da Adele Faccio, Gianfranco Spadaccia e altri pavlovizzati. Uscendo stilai tra me e me il giudizio che non avrei più rettificato: “Un avventuriero che qualche volta è stato dalla parte giusta”.Del resto un modello reso canonico dal Giuseppe Garibaldi, la cui effige orna le piazze di buona parte dell’Italia, per lo più in arcione; sempre pronto a far baruffa per l’unità nazionale ma anche per altre cause, le più disparate e anche contraddittorie. Da Marco Pannellabuon emulo del prode nizzardo, il Giacinto Marco Pannella si è battuto per divorzio e aborto ma anche per portare in Parlamento Cicciolina e Toni Negri, ha svolto attività di rassicuramento e consulenza per la Casta abbacchiata nel bel mezzo della crisi di Tangentopoli (c’è chi gli attribuisce la bella pensata di rompere l’assedio della magistratura inquirente spostando l’attenzione del pubblico dalla questione morale a quella istituzionale: dai comportamenti alle regole del gioco, con lancio depistante del principio maggioritario); ha trafficato a lungo con Silvio Berlusconi, cui non di rado è riuscito a spillare quattrini. Sempre seguito da un codazzo di seguaci entusiasti, da educare al cinismo in politica. Il cui prototipo di maggior successo è rappresentato dal cursus di Francesco Rutelli.Ora assisteremo alla processione di tutte le facce da regime impegnate a dare l’estremo saluto a chi riconoscono della propria stessa razza, da Fausto Bertinotti a Matteo Renzi. Sodali nel considerare la politica alla stregua di una presa in giro dei cittadini, particolarmente ammirati di un’abilità pionieristica pannelliana che ha fatto scuola: indurre un rapporto di vassallaggio psicologico in segmenti della pubblica opinione, tale da azzerare qualsivoglia traccia di spirito critico. La trasformazione del Pannella con Renzirapporto razionale leader-followers in una sorta di innamoramento di tipo religioso, con marcati aspetti di fanatizzazione. Un esempio che trova proseliti, se ora Virginia Raggi dichiara che si dimetterebbe da sindaco di Roma qualora glielo chiedesse Beppe Grillo nelle funzioni del cosiddetto “garante”, ma forse sarebbe meglio chiamarlo “Grande Inquisitore”. E a far buon peso, l’impegno di subordinare ogni scelta amministrativa al placet dello Staff.Un signoraggio del pensiero che riporta alla mente pagine inquietanti del classico “Buio a mezzogiorno”, il romanzo di Arthur Koestler sui processi staliniani. Così come l’uso ricattatorio e insieme vittimistico della comunicazione politica, oggi praticato alla grande dal premier Renzi per drammatizzare la scadenza referendaria di ottobre ricattando terroristicamente l’elettorato (dopo di me il diluvio), ha trovato il proprio banco di prova nell’overdose di campagne referendarie avviate da Pannella, tanto da mettere a lungo fuori uso il prezioso strumento. Diventato il basamento di un autoerotismo vanitoso, a cui poi si ispireranno altri sfrenati narcisismi con pretese eroiche. “Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi”, come fa dire Bertolt Brecht al suo Galileo.(Pierfranco Pellizzetti, “Pannella, un avventuriero qualche volta dalla parte giusta”, da “Micromega” del 19 maggio 2016).Ho incontrato una sola volta Marco Pannella nel lontano 1976, a cena. E tanto mi è bastato. Si era a Milano per un fumoso convegno sull’alternativa di sinistra, che si teneva nella sala delle Stelline, e la sera un comune amico aveva prenotato un tavolo in un vicino ristorante di zona Magenta. La star radicale, avvolta in una nube permanente di Celtiques anche attorno al desco, era nel bel mezzo del solito digiuno. Ordinò carrello degli antipasti, tris di primi e non so più quale quarto di bue o di agnello. Poi mi chiese: «Facciamo alla romana?», cioè dividiamo in parti uguali il conto. Io mi ero limitato a una pallida paillard. Mi riuscì subito insopportabile. E non (solo) per la ferita inferta alla mia parsimonia genovese, bensì per la corte dei miracoli di adoranti che lo circondava. Quella volta composta da Adele Faccio, Gianfranco Spadaccia e altri pavlovizzati. Uscendo stilai tra me e me il giudizio che non avrei più rettificato: “Un avventuriero che qualche volta è stato dalla parte giusta”.
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Moresco: perché non firmo la petizione per Erri De Luca
Sono solidale con Erri De Luca, sotto processo per avere sostanzialmente affermato che, di fronte alla sordità nei confronti delle ragioni e dei sentimenti di un’intera popolazione, il sabotaggio può essere l’unico modo per fare sentire la propria voce inascoltata e tentare di modificare il corso prevedibile degli eventi. Mettere sotto processo una persona (importa poco che sia scrittore o meno) perché in un’intervista giustifica chi fa uso di cesoie per tagliare reticolati, e questo di fronte all’enormità di questo rifiuto, mi sembra una cosa inaccettabile e grave. Io non mi sono fatto della velocità un feticcio ideologico negativo. Mi piace la lentezza, ma mi piace anche la velocità. Però qui siamo di fronte a un progetto contestato da un’intera popolazione, da sindaci e da esperti che ne hanno rilevato in modo documentato le gravi pecche e i risvolti negativi legati all’impatto ambientale e alla salute degli abitanti (la montagna d’amianto che si vorrebbe bucare) e che hanno anche presentato progetti alternativi, ma che non sono stati ascoltati. E questo in nome di un’idea astratta di “progresso”, oltre che dei grandi e concreti interessi legati a questa astrazione.Così una persona che si è fatta portavoce di questo motivato rifiuto è finita sotto processo, mentre altre persone, amministratori, tecnici e anche politici di primo piano, che pure hanno ricevuto un mandato elettorale dai cittadini e che quindi dovrebbero ascoltarne le ragioni, sarebbero invece gli eroi positivi del progresso contro i negativi e retrivi abitanti della valle che rifiutano il progresso. Tutto ciò pone dei gravi interrogativi sul nostro futuro di specie e sulle scelte che bisognerà avere il coraggio e l’immaginazione di fare di fronte al deteriorarsi del nostro rapporto con l’ambiente planetario in cui viviamo, lacera il rapporto tra elettori ed eletti e straccia il velo di una simile democrazia a senso unico. Perciò – per quanto può valere la mia solidarietà – non posso che essere dalla parte di Erri De Luca, senza riserve, senza se e senza ma. Però, nello stesso tempo, non posso firmare la mozione di solidarietà con lui in nome della libertà di espressione. E questo non per viltà o per ragioni di opportunità, ma perché dissento profondamente da come la questione è stata posta in questa mozione. Cercherò di spiegare il perché.Io non credo che le parole siano un insieme dove sono tutte interscambiabili e ineffettuali, non credo che ci sia una zona franca e neutra dove ogni parola possa venire astrattamente permessa e nello stesso tempo depotenziata e disinnescata in nome della libertà di opinione. Firmare una mozione posta in questi termini sarebbe per me come dire: “Che bello! Avete proprio ragione. Le parole non contano niente. Possiamo dire tutto quello che vogliamo, tanto non conta niente”. Vorrebbe dire che io sono d’accordo sul fatto che le parole non hanno peso, che non vanno prese sul serio, vorrebbe dire che accetto la dimensione vuota in cui si vorrebbero collocare le persone che si esprimono anche attraverso parole, e questo non posso farlo, come uomo e come scrittore. Inoltre, a firmare questa mozione – cui vedo stanno aderendo noti scrittori, capi di Stato e altri paladini di questa idea di libertà – mi sentirei un ipocrita, perché io non sono affatto sicuro di poter essere sempre e comunque solidale con chi esprime determinate opinioni, e questo in nome della sola e astratta libertà di espressione.Se, per esempio, domani qualcuno sostenesse – in un suo libro, in un’intervista o in qualsiasi altro modo – che bisogna schedare e bruciare le case e i negozi degli ebrei, oppure incendiare i campi rom o radere al suolo la Cappella Sistina, io certo non firmerei una mozione in sua difesa. Perciò mi sentirei un ipocrita a firmare oggi una mozione posta in questi stessi termini e che poggia sulle stesse astratte motivazioni. Né credo che questa contraddizione si possa aggirare con una capriola dialettica, come altri fanno, mettendomi cioè al riparo da questo rischio stabilendo a priori ciò che non rientra in questo campo di possibilità, come ad esempio le ideologie totalitarie di destra, negatrici di libertà. E poi, oltre a tutto questo, mi domando anche perché questa libertà dovrebbe essere privilegio di uno scrittore più che di qualsiasi altra persona. Questo spazio sostanzialmente infantile e deresponsabilizzato concesso agli scrittori è qualcosa che infantilizza e deresponsabilizza anche le loro stesse parole. Si mostra di concedere loro qualche lusso in più, ma al prezzo di rendere depotenziate, ineffettuali e inerti le loro parole.Strana cosa questo destino che, in nome della “tolleranza” (grande mito delle nostre società avanzate, che bisognerebbe prendere a scatola chiusa e senza vederne i risvolti), si vorrebbe riservare alle parole degli scrittori o di chiunque ne faccia un uso mediatico pubblico. Infatti, mentre in ogni altro campo si attribuisce un potere effettuale e vincolante alle parole (in un documento di matrimonio o divorzio, in un rogito, in un testamento, ecc…), in quello che riguarda invece il cosiddetto discorso pubblico e in particolare nelle cose dette da uno scrittore o da chiunque sia visto come accreditato a esprimere opinioni le si riduce appunto a “opinioni”, le si fa rientrare nella dimensione ineffettuale, insiemistica e deresponsabilizzante della “libertà di opinione e di espressione”. E allora è concesso tutto, è concesso tutto perché è stato tolto tutto.Certo, questo può sembrare un passo in avanti rispetto a ciò che succede nei regimi totalitari, siano essi di natura politica o religiosa. Basti pensare a quanto hanno sofferto scrittori e poeti nell’Unione Sovietica di Stalin (chiusi nei lager e condotti a morte da un regime che prendeva maledettamente sul serio le loro parole), o altri più vicini a noi, costretti a vivere nascosti perché minacciati di morte e/o sottoposti a mostruosi editti religiosi e fatwe, quando non massacrati da feroci giudici-boia, come è successo poco fa in Francia ai vignettisti di “Charlie Hebdo”. Però, se guardiamo a fondo, non è anche questo un altro modo (umanamente preferibile, certo) di togliere peso e forza alle parole, di rendere interscambiabile e gratuito ciò che dicono non prendendolo sul serio, di impedire la loro effettualità e il contagio che ne può derivare? E anche, allargando il campo, non è un altro modo di rendere neutra, ineffettuale e depotenziata l’intera letteratura?Io sono particolarmente sensibile a questo, e lo sono non solo per ragioni di principio ma anche perché l’ho vissuto sulla mia pelle. Mi è capitato infatti, dopo i vent’anni, di venire incarcerato per un reato cosiddetto d’opinione, perché avrei cioè vilipeso l’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone durante un comizio tenuto in un paese dell’Oltrepo Pavese. Per questo reato sono stato arrestato, portato via in manette e poi, con i ferri ai polsi tra due carabinieri armati di mitra, ho visitato un paio di prigioni dove sono stato sottoposto a ispezione rettale e dove ho passato diversi giorni in isolamento in una cella sotto terra con paglione e bugliolo, sono stato poi scarcerato per gravi errori contenuti nel documento di carcerazione, processato a piede libero e condannato a un anno e due mesi.Perciò lo so bene: il reato di opinione è una cosa grottesca e orribile. Ma non è altrettanto grottesco e orribile depotenziare le parole e le convinzioni dei viventi, ridurle a scatole vuote, non entrare mai nel merito delle parole stesse, che possono essere molto diverse le une dalle altre e meritare diversa riflessione e ascolto, invece che essere collocate nella categoria insiemistica della libertà di opinione in cui è concesso tutto perché è stato sottratto tutto alla radice? Se io domani dovessi venire processato o condannato per un reato di questa natura, mi piacerebbe certo sentire la vicinanza e l’amore delle persone libere ma, a torto o a ragione, non me la sentirei di chiedere a nessuno la solidarietà in nome di un principio che nega l’urgenza, la necessità e la verità delle stesse parole che ho pronunciato o scritto. Per tutto questo e per altro ancora sto con Erri De Luca, ma non sto con una generica libertà di espressione e di opinione che toglie ogni verità, responsabilità e forza a espressioni e opinioni.(Antonio Moresco, “A proposito di Erri De Luca e della libertà di espressione”, da “Il Primo Amore” del 23 settembre 2015).Sono solidale con Erri De Luca, sotto processo per avere sostanzialmente affermato che, di fronte alla sordità nei confronti delle ragioni e dei sentimenti di un’intera popolazione, il sabotaggio può essere l’unico modo per fare sentire la propria voce inascoltata e tentare di modificare il corso prevedibile degli eventi. Mettere sotto processo una persona (importa poco che sia scrittore o meno) perché in un’intervista giustifica chi fa uso di cesoie per tagliare reticolati, e questo di fronte all’enormità di questo rifiuto, mi sembra una cosa inaccettabile e grave. Io non mi sono fatto della velocità un feticcio ideologico negativo. Mi piace la lentezza, ma mi piace anche la velocità. Però qui siamo di fronte a un progetto contestato da un’intera popolazione, da sindaci e da esperti che ne hanno rilevato in modo documentato le gravi pecche e i risvolti negativi legati all’impatto ambientale e alla salute degli abitanti (la montagna d’amianto che si vorrebbe bucare) e che hanno anche presentato progetti alternativi, ma che non sono stati ascoltati. E questo in nome di un’idea astratta di “progresso”, oltre che dei grandi e concreti interessi legati a questa astrazione.