Archivio del Tag ‘Stephen Lendman’
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Appello eversivo ai grandi elettori: negate il voto a Trump
I grandi elettori non sono obbligati a convalidare per forza l’elezione popolare di Trump, il 19 dicembre: questo il “golpe parlamentare” a cui mira “Change.org”, che sull’onda delle oceaniche proteste di piazza in alcune grandi città come New York ha già ottenuto due milioni di firme per sostenere la sua petizione eversiva. Obiettivo: annullare il risultato delle elezioni e ribaltarlo, consegnando la vittoria a Hillary Clinton. «Negare a Trump l’incarico che ha ottenuto, come esorta a fare “Change.org”, rasenterebbe l’insurrezione: forse darebbe il via ad un’agitazione nazionale e allo spargimento di sangue nelle strade», scrive un osservatore indipendente come Stephen Lendman su “Global Research”, l’osservatorio canadese per i diritti politici fondato dal professor Michel Chossudovsky. La situazione è dunque pericolosissima: da un lato l’establishment sta lottando per paralizzare Trump dall’interno, imponendogli i suoi per gli incarichi-chiave, e dall’altro spinge apertamente perché sia cestinato il voto elettorale, rifiutando di riconoscere la vittoria di Trump, cioè della democrazia. A rischio la tenuta del sistema civile, negli Usa?«“Change.org” è un’impresa a scopo di lucro, non una Ong, e svia i suoi sostenitori usando il dominio “org” invece di quello “com”, come dovrebbe fare», scrive Lendman nella sua analisi, tradotta e ripresa da “Come Don Chisciotte”. Questa organizzazione tutt’altro che trasparente «fa affari facendo firmare petizioni alle persone, vendendo nel contempo spazi pubblicitari e dati personali per incrementare i profitti». E ora ha già raccolto quasi due milioni di firmatari, che chiedono al collegio elettorale americano «di far diventare presidentessa la dea della guerra, truffatrice e spergiura Hillary, annullando l’elezione di Trump». Continua Lendman: «La democrazia in America è pura fantasia, e “Change.org” vuole danneggiarla più di quanto non sia già danneggiata». Ecco quello che chiede: “Il 19 dicembre gli elettori del collegio elettorale esprimeranno le loro preferenze, e se voteranno tutti nel modo in cui hanno votato gli Sstati che rappresentano, Donald Trump vincerà. Tuttavia – aggiunge il testo – possono votare per Hillary, se vogliono: perfino negli Stati in cui questo non è permesso, il loro voto verrebbe comunque contato». I trasgressori “pagherebbero semplicemente una piccola sanzione, sanzione che i sostenitori della Clinton saranno sicuramente lieti di pagare!”.Per cui, “Change.org” chiede ai grandi elettori di “ignorare i voti dei loro Stati ed esprimere la loro preferenza per il Segretario Clinton”. La falsa Ong «dice che Trump non è adatto a fare il presidente, al contrario di Hillary, citando una vasta gamma ragioni espresse dalla propaganda anti-Trump». Lendman cita, al riguardo, la “National Archives and Records Administration”: durante la storia degli Stati Uniti, “più del 99% degli elettori ha votato come promesso”, ovvero per il vincitore del voto popolare negli Stati che rappresentano. “Non ci sono clausole costituzionali o leggi federali che chiedono agli elettori di votare in accordo col voto popolare, solo alcuni Stati hanno richieste simili”. Di fatto, però, solo il Nebraska e il Maine non seguono la regola “il vincente si prende tutto”. «Se nessun candidato riceve la maggioranza dei voti degli elettori – precisa Lendman – i membri della Camera dei Rappresentanti scelgono il presidente fra i tre candidati che hanno ricevuto più voti, e in questo caso ogni Stato ottiene un voto». E oggi, sbarrare a Trump la via della Casa Bianca significherebbe gettare l’America nel caos, sull’orlo di un’insurrezione fuori controllo.«Trump non sarà un presidente del popolo», secondo Lendman, anche perché «nessuno dei precedenti leader della storia americana lo è stato: non lo sono stati né Washington, né Jefferson, né Lincoln, né i due Roosevelt; solo John F. Kennedy ci è andato vicino, ma è stato assassinato dalla Cia per aver fatto la cosa giusta». Per Lendam, comunque, chi punta sulla sedizione sarà sconfitto: «Trump si insedierà il 20 gennaio come 45° presidente degli Stati Uniti». Non sarà il miglior presidente possibile, ma intanto «ha salvato il mondo dal possibile flagello di una guerra nucleare», conflitto suicida «che Hillary avrebbe scatenato nel caso lo avesse sconfitto». Lendman crede nella svolta in politica estera annunciata da Trump: «Il suo desiderio di relazioni migliori con la Russia è il segnale più promettente di relazioni geopolitiche americane possibilmente migliori di quelle che abbiamo adesso col partito della guerra al comando. E Hillary, suo membro di spicco in qualità di first lady, senatrice americana, segretario di Stato e due volte aspirante presidente, ora è politicamente morta: che rimanga tale!». Un’ultima domanda: «Chi ha pagato “Change.org” per far circolare questa petizione: la Convention nazionale democratica o gli organizzatori della campagna di Hillary Clinton?».I grandi elettori non sono obbligati a convalidare per forza l’elezione popolare di Trump, il 19 dicembre: questo il “golpe parlamentare” a cui mira “Change.org”, che sull’onda delle oceaniche proteste di piazza in alcune grandi città come New York ha già ottenuto due milioni di firme per sostenere la sua petizione eversiva. Obiettivo: annullare il risultato delle elezioni e ribaltarlo, consegnando la vittoria a Hillary Clinton. «Negare a Trump l’incarico che ha ottenuto, come esorta a fare “Change.org”, rasenterebbe l’insurrezione: forse darebbe il via ad un’agitazione nazionale e allo spargimento di sangue nelle strade», scrive un osservatore indipendente come Stephen Lendman su “Global Research”, l’osservatorio canadese per i diritti politici fondato dal professor Michel Chossudovsky. La situazione è dunque pericolosa: da un lato l’establishment sta lottando per paralizzare Trump dall’interno, imponendogli i suoi uomini per gli incarichi-chiave, e dall’altro spinge apertamente perché sia cestinato il voto elettorale, rifiutando di riconoscere la vittoria di Trump, cioè della democrazia. A rischio la tenuta del sistema civile, negli Usa?
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Perché gli strateghi dell’orrore hanno tanta paura di Trump
Basta guardare chi “spara” su Trump per convincersi che “The Donald” sia davvero l’unica alternativa possibile alla “guerra infinita”, inaugurata dall’élite Usa all’indomani dell’11 Settembre, casus belli della spaventosa strategia della tensione diffusa senza tregua, a livello internazionale, attraverso sigle che vanno da Al-Qaeda all’Isis, passando per le carneficine in Afghanistan, Iraq, Somalia, Yemen, Libia e Siria. «Nessuno di noi voterà per Trump», hanno annunciato 50 ex funzionari repubblicani della sicurezza nazionale, schierati con la Clinton. Tra questi l’ex direttore della Cia, Michael Hayden, l’ex presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, e il famigerato John Negroponte, grande stratega del terrore in Centramerica, coi finanziamenti occulti ai Contras e l’occultamento degli abusi contro i diritti umani commessi da agenti addestrati dalla Cia in Honduras negli anni ‘80. Per Hillary Clinton, una tifoseria da film dell’orrore. «Non sappiamo perché Trump apprezzi Putin», ha detto Hillary. L’annuncio della Clinton, secondo un analista americano come Stephen Lendman, «spiega molto del perché il partito della guerra degli Stati Uniti stia temendo Trump».Il tycoon col parrucchino ha definito la Nato “obsoleta”? Certo: infatti «può tentare di normalizzare i legami con la Russia». Donald Trump «non è un pacifista, ma difficilmente inizierebbe la Terza Guerra Mondiale», scrive Lendman, in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «Comparato alla Clinton, è la minore di due forze oscure. Bisogna dargli merito di volere un riavvicinamento con la Russia e non lo scontro, a condizione che riesca ad andare fino in fondo se eletto presidente». Il suo potenziale spostamento geopolitico, continua Lendman, ha avversari come l’ex direttore Cia, Michael Morell, che lo definisce «un agente inconsapevole della Federazione Russa», e quindi costituisce «una minaccia per la sicurezza nazionale». Aggiunge Lendman: «I neoconservatori come Morell, la Clinton e molti altri che infestano Washington, credono che le iniziative di pace che guadagnano forza rappresentino la più grande minaccia geopolitica all’America – soprattutto se pongono fine agli annosi rapporti contraddittori con la Russia».Per Morell e soci, “The Donald” non è qualificato per gestire la politica estera: «Sarebbe un presidente pericoloso e metterebbe a rischio la sicurezza e il benessere del nostro paese». Secondo i 50 firmatari dell’ultra-destra, autori del manifesto anti-Trump, l’avversario della Clinton «indebolirebbe l’autorità morale degli Stati Uniti come leader del mondo libero», anche prché «ha poca comprensione degli interessi nazionali dell’America, le sue complesse sfide diplomatiche, le sue indispensabili alleanze e dei valori democratici su cui deve basarsi la politica estera degli Stati Uniti». Peggio ancora: «Si complimenta insistentemente con i nostri avversari e minaccia i nostri alleati ed amici». Ergo: «Se arrivasse allo Studio Ovale sarebbe il presidente più sconsiderato della storia americana». Tutto questo, perché crede che la Nato sia “obsoleta” e perchè favorisce la normalizzazione delle relazioni con la Russia. «La massima priorità dell’umanità è di evitare un’altra guerra globale», osserva Lendman. Guerra che, se scoppiasse, «probabilmente sarebbe con armi nucleari e minaccierebbe la sopravvivenza del genere umano».Non è un’ipotesi remotissima: «Le probabilità per l’impensabile sono fin troppo alte per rischiare sotto Hillary, se dovesse succedere ad Obama. Fin dagli anni ‘90 i suoi pessimi primati dimostrano quanto sia una guerrafondaia pazza scatenata, estremamente ostile alla Russia, alla Cina e a tutti gli altri Stati sovrani indipendenti». La conosciamo, Hillary Clinton: «La sua strategia geopolitica preferita è la guerra. È favorevole all’uso di armi nucleari e alle aggressioni della Nato, guidata dagli Stati Uniti, “per preservare il nostro stile di vita”». E Trump? Ha risposto ai firmatari della lettera dicendo che sono «quelli a cui il popolo americano dovrebbe chiedere le risposte sul perché il mondo sia un disastro». Li ringraziamo per essersi fatti avanti, aggiunge Trump, così almeno «chiunque, nel paese, sa a chi dare la colpa di rendere il mondo un posto così pericoloso». Non sono «nient’altro che le élite fallite di Washington che cercano di aggrapparsi al proprio potere».Ha ragione, scrive Lendman: «Molti di loro sono responsabili delle guerre di aggressione pre-e-post 11 Settembre – estremisti anti-pace che dovremmo denunciare tutti». La Clinton? «E’ la scelta dell’establishment come presidente. Probabilmente succederà ad Obama con mezzi leciti o illeciti». Se invece vincesse Trump, a sorpresa, «probabilmente non si discosterà molto dalle tradizionali politiche interne ed estere degli Stati Uniti». Inutile illudersi: «I candidati dicono qualsiasi cosa per farsi eleggere». Ma poi, «una volta in carica, continuano i loro affari sporchi come al solito». Eppure, conclude Lendman, «un’inconcepibile guerra globale è molto più probabile sotto la Clinton che sotto di lui». Ecco perché «è fondamentale contrastare la sua candidatura alla più alta carica della nazione o a qualsiasi altra carica pubblica».Basta guardare chi “spara” su Trump per convincersi che “The Donald” sia davvero l’unica alternativa possibile alla “guerra infinita”, inaugurata dall’élite Usa all’indomani dell’11 Settembre, casus belli della spaventosa strategia della tensione diffusa senza tregua, a livello internazionale, attraverso sigle che vanno da Al-Qaeda all’Isis, passando per le carneficine in Afghanistan, Iraq, Somalia, Yemen, Libia e Siria. «Nessuno di noi voterà per Trump», hanno annunciato 50 ex funzionari repubblicani della sicurezza nazionale, schierati con la Clinton. Tra questi l’ex direttore della Cia, Michael Hayden, l’ex presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, e il famigerato John Negroponte, grande stratega del terrore in Centramerica, coi finanziamenti occulti ai Contras e l’occultamento degli abusi contro i diritti umani commessi da agenti addestrati dalla Cia in Honduras negli anni ‘80. Per Hillary Clinton, una tifoseria da film dell’orrore. «Non sappiamo perché Trump apprezzi Putin», ha detto Hillary. L’annuncio della Clinton, secondo un analista americano come Stephen Lendman, «spiega molto del perché il partito della guerra degli Stati Uniti stia temendo Trump».
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Craig Roberts: Nizza, una strage in perfetto stile Gladio
La strage di Nizza? Un “lavoretto” in perfetto stile Gladio. Altro che jihadista “impazzito”. Lo sostiene Paul Craig Roberts, eminente analista americano, già viceministro del Tesoro sotto Reagan. I commentatori che hanno imparato a diffidare delle spiegazioni ufficiali, come Peter Koenig e Stephen Lendman, scrive Craig Roberts nel suo blog, hanno sollevato interrogativi circa l’attacco di Nizza. Strano che un “folle” solitario alla guida di un grosso camion possa entrare nelle aree interdette a far strage di francesi assiepati per assistere ai fuochi d’artificio della festa nazionale, l’anniversario della Presa della Bastiglia. «Ancora una volta il presunto autore è morto e convenientemente ci ha lasciato la sua carta d’identità». Come da copione: «Sembra che la conseguenza di tutto ciò in Francia sarà un permanente stato di legge marziale. Questo spegnimento della società potrà inoltre venir applicato alle proteste contro l’abrogazione delle protezioni del lavoro in Francia da parte del burattino capitalistico Hollande. Coloro che protestano per il ritiro dei loro sudati diritti verranno schiacciati sotto il peso della legge marziale».Incredibile notare «quanto conveniente sia stato quell’attacco era per il capitalismo globale, il principale beneficiario della nuova “riforma del lavoro” di Hollande», scrive Craig Roberts in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”, ricordando che le questioni sollevate da Koenig e Lendman richiamano alla mente l’Operazione Stay Behind, in Italia semplicemente Gladio, cioè la “firma” per eccellenza della strategia della tensione prodotta dai servizi segreti a suon di attentati. Gladio, aggiunge Roberts, è il nome in codice di un’operazione segreta della Nato, istituita da Washington dopo la Seconda Guerra Mondiale per paura che l’Armata Rossa potesse invadere l’Europa occidentale. Originariamente, doveva essere un network di guerriglieri da attivare in caso di invasione sovietica. La minaccia che emerse fu invece «la popolarità del partito comunista, in Francia e in particolare in Italia». Washington temeva che i comunisti, alleati di Mosca, avrebbero ottenuto abbastanza voti per andare al governo. « Di conseguenza, Gladio venne rivolta contro i partiti comunisti europei».Craig Roberts attribuisce a Gladio alcune stragi che insanguinarono il Belpaese: «Il servizio di intelligence italiano insieme alla Cia iniziò a far esplodere luoghi pubblici in Italia, come la stazione di Bologna, in cui 285 persone furono uccise, mutilate o ferite». Un operativo di Gladio, Vincenzo Vinciguerra, rivelò per primo l’esistenza di Gladio durante il processo del 1984 per la strage alla stazione di Bologna del 1980. Interrogato, disse: «Esiste in Italia una forza segreta parallela alle forze armate, composta da civili e militari, in chiave anti-sovietica, con il compito di organizzare la resistenza contro l’esercito russo sul suolo italiano. Un’organizzazione segreta, una super-organizzazione con una rete di comunicazione, armi ed esplosivi, e uomini addestrati ad usarle.Una super-organizzazione che, in mancanza di una invasione militare sovietica, che potrebbe non accadere, si è assunta il compito, per conto della Nato, di impedire uno spostamento a sinistra dell’equilibrio politico del paese. Hanno fatto questo, con l’aiuto dei servizi segreti ufficiali e delle forze politiche e militari».Sei anni dopo, nel 1990, l’allora primo ministro Giulio Andreotti ammise ufficialmente l’esistenza di Gladio. Sarebbe stata coordinata dal generale italiano Gerardo Serravalle nella prima metà degli anni ‘70. Secondo “Wikipedia”, testimononi riferiscono che i responsabili della pianificazione e del coordinamento «sono stati i funzionari responsabili delle strutture segrete di Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Italia. Tali rappresentanti delle strutture segrete si sono incontrati ogni anno in una delle capitali. Agli incontri “Stay Behind” i rappresentanti della Cia erano sempre presenti». Anni di piombo, in Italia: «Dovevi attaccare i civili, donne, bambini, persone innocenti al di fuori della scena politica, per una semplice ragione: costringere la popolazione italiana a rivolgersi allo Stato, ad essere ricondotta al regime e chiedere maggiore sicurezza. Questa è la logica politica dietro tutti gli attentati: rimangono impuniti perché lo Stato non può condannare se stesso».Gli attentati dell’epoca furono attribuiti a gruppi terroristici comunisti, come le Brigate Rosse in Italia e la banda Baader-Meinhof in Germania, «gruppi che potevano essere reali o coperture inventate ad arte per facilitare il discredito nei confronti dei partiti comunisti europei», scrive Craig Roberts, ricordando che nel 1984 il giudice Felice Casson riaprì un caso vecchio di 12 anni riguardante un’autobomba esplosa a Peteano, in Italia, in cui morirono alcuni carabinieri. «Il giudice ha scoperto che il caso era stato falsificato e che la colpa era stata attribuita alle Brigate Rosse, nonostante si fosse effettivamente trattato del lavoro dei servizi segreti militari, del Servizio Informazioni Difesa (Sid) in collaborazione con Ordine Nuovo, un’organizzazione di destra creata o cooptata da Gladio». Casson fa risalire a Gladio la stessa strage di piazza Fontana a Milano, la “madre” di tutte le “stragi impunite”.« Sulla base delle rivelazioni italiane, i governi di Belgio e Svizzera hanno intrapreso indagini sulle operazioni di Gladio avvenute nella loro giurisdizione. Il governo degli Stati Uniti ha negato ogni partecipazione alle stragi. Tuttavia, le ricerche effettuate del giudice Casson negli archivi del servizio segreto militare italiano hanno portato alla luce le prove dell’esistenza della rete Gladio, e collegamenti con la Nato e gli Stati Uniti». I popoli occidentali, le cui democrazie secondo Craig Roberts «sono degenerate in plutocrazie», vengono convinti che il loro governo «non possa essere capace di uccidere i propri cittadini». E dunque «hanno chiaramente bisogno di conoscere l’Operazione Gladio». Domanda: la struttura Stay Behind è ancora oggi viva e vegeta? «Gli eventi terroristici di oggi vengono attribuiti ai musulmani invece che ai comunisti. E’ possibile che gli attacchi terroristici in Francia e Belgio siano operazioni Gladio?».La strage di Nizza? Un “lavoretto” in perfetto stile Gladio. Altro che jihadista “impazzito”. Lo sostiene Paul Craig Roberts, eminente analista americano, già viceministro del Tesoro sotto Reagan. I commentatori che hanno imparato a diffidare delle spiegazioni ufficiali, come Peter Koenig e Stephen Lendman, scrive Craig Roberts nel suo blog, hanno sollevato interrogativi circa l’attacco di Nizza. Strano che un “folle” solitario alla guida di un grosso camion possa entrare nelle aree interdette a far strage di francesi assiepati per assistere ai fuochi d’artificio della festa nazionale, l’anniversario della Presa della Bastiglia. «Ancora una volta il presunto autore è morto e convenientemente ci ha lasciato la sua carta d’identità». Come da copione: «Sembra che la conseguenza di tutto ciò in Francia sarà un permanente stato di legge marziale. Questo spegnimento della società potrà inoltre venir applicato alle proteste contro l’abrogazione delle protezioni del lavoro in Francia da parte del burattino capitalistico Hollande. Coloro che protestano per il ritiro dei loro sudati diritti verranno schiacciati sotto il peso della legge marziale».