Archivio del Tag ‘Stirpe di David’
-
Il volo del pellicano, i Rosacroce sono ancora tra noi?
Tutto comincia con un certo Melchisedek, il biblico “re di giustizia” che ha la facoltà di autorizzare Abramo ad esercitare il potere terreno sul suo popolo. Figura estramamente misteriosa, Melchisedek: secondo la recentissima decrittazione di Mauro Biglino, nientemeno che un Elohim, come lo stesso Yahwè; per l’interpretazione esoterico-simbolica, invece, era una personalità “a diretto contatto col divino”, emblema vivente della perduta regalità, fondata su una speciale conoscenza gelosamente custodita, nei millenni, dalla cosiddetta Radix Davidis, la Stirpe di Giuda il cui destino è prefigurato nella pagina della Genesi su cui, ancora oggi, giurano i presidenti degli Stati Uniti. Dall’evangelico Giuseppe d’Arimatea fino al genio visionario di Salvador Dalì, passando per Alarico il re dei Goti, Dante Alighieri e Giordano Bruno, Bach e Cartesio, Leonardo e Giorgione. Una “confraternita del sapere”, che si sarebbe poi chiamata – anche – Rosacroce, nome col quale, all’inizio del ‘600, firmò un manifesto che chiedeva l’abolizione della proprietà privata e dei confini tra le nazioni.Melchisedek è anche il nome dell’editore che oggi ripubblica l’originalissimo romanzo che Gianfranco Carpeoro, ex avvocato e giornalista, già “sovrano gran maestro” della massoneria indipendente di rito scozzese, nonché appassionato studioso di linguaggi simbolici, ha dedicato al mistero dei Rosacroce, “Il volo del pellicano”. Molti simboli rappresentano la porta di un mondo che ci sfugge, al quale abbiamo accesso soltanto nella dimensione del sogno, che però – ha sostenuto l’autore in una recente presentazione milanese – al nostro risveglio non possiamo ricordare, perché ci manca il linguaggio adatto, dal momento che il sogno è il reame degli archetipi. L’archetipo rivive proprio nel simbolo, un’astrazione concepita per veicolare un messaggio attraverso i secoli. E noi, frastornati dal pensiero magico-manipolatorio del potere (religione, economia, politica), in realtà siamo circondati da simboli che ci “parlano”, se solo li sapessimo “leggere”. E’ quello che scopre Giulio Cortesi, il protagonista de “Il volo del pellicano”, uccello-simbolo della militanza rosacrociana, richiamato anche in una delle ultime apparizioni pubbliche di una rockstar come Freddy Mercury, leader dei Queen.Il libro di Carpeoro è un avvincente thriller alchemico-esoterico che si svolge su due livelli, due binari separati che corrono parallelamente alla verità di un mondo che è davanti ai nostri occhi, a patto che ci decidiamo ad accorgercene. Vi inciampa il grafico quarantenne Cortesi, disoccupato e con la passione per la cucina: sospettato di omicidio, si trova per caso coinvolto in un’insolita ricerca, un’avventura intellettuale tra antichi simboli e opere d’arte, che lo porterà a scoprire i segreti dei Rosacroce, gli iniziati alla fratellanza, attraverso i personaggi storici che, nei secoli, hanno costruito il destino della Stirpe di David, scrive lo stesso Carpeoro sul suo sito. Punto di partenza, l’opera di Giorgione: quale segreto si nasconde dietro la vera identità del grande pittore, la sua breve esistenza e le sue opere misteriose? E poi Giordano Bruno: cosa lo spinge a Wittenberg qualche anno prima della sua morte? E quale incontro, ad Ulm, cambierà la vita del filosofo e matematico Cartesio? E ancora: perché il protestante Silesio andò a Padova, prima di convertirsi al cattolicesimo, e cosa lo collega alle terzine del Pellegrino Cherubico e ai quadri di Giorgione?Lo stesso pittore è stranamente collegato anche al principe Sangro di Sansevero; a proposito: chi fu veramente Cagliostro? E che mistero si cela dietro la storia della famiglia Bach? E ancora: dove finirono le spoglie di Mozart? Gli enigmi si prolungano fino al ‘900, intrecciando indizi che coinvolgono il musicista Eric Satie, il “vate” Gabriele D’Annunzio, il francese Jean Coucteau e lo stesso Dalì, ultimo “Ormùs” (gran maestro) della segretissima confraternita, che prima di morire pare abbia trasmesso un fondamentale segreto: a chi? Tessere di un mosaico, verso il quale Cortesi viene guidato da svariate figure, tra cui un paio di professori torinesi, che lo spingono alla scoperta delle opere di Giordano Bruno e fra’ Luca Pacioli, il precettore di Leonardo, e poi Ruggero Bacone, Raimondo Lullo, lo stesso Cagliostro. Giulio Cortesi fa amicizia con altri due personaggi singolari: l’anziano architetto Quinto Ammonio Solfo, membro di una loggia massonica e raffinato intellettuale, e fra’ Tommasino di Chiaravalle, al secolo Tommaso Sale, un anziano mistico. «Entrambi – racconta Carpeoro – daranno a Giulio utilissime indicazioni sulla pista da seguire per addentrarsi nei misteri dei Rosa+Croce».Altri indizi gli vengono forniti in sogno da Cecilia, la fanciulla amata dal Giorgione, morta di peste a Venezia nel 1511. «A questo punto il protagonista ha varcato la soglia di un mondo che non conosceva, è proiettato in una dimensione spirituale che lo porta a una comprensione diversa e più profonda della realtà». Chiarito l’arcano dell’omicidio, Giulio proseguirà nelle sue ricerche e arriverà alla conclusione che anche Giorgione aveva appartenuto alla fratellanza dei Rosacroce. Studiando le opere di iniziati e maestri, «emergerà la verità sulla stirpe di David e sulla discendenza della famiglia in cui nacque Cristo». Giulio Cortesi scoprirà che la confraternita fondata dall’apostolo Giacomo (e da Giuseppe d’Arimatea) ha lo scopo di «conservare e diffondere il Sang Real, la stirpe di David, dalla tribù di Giuda, e accogliere anche tutti gli eletti, uomini e donne d’ogni censo e razza, che pur non avendo legami di sangue con la stirpe reale, sono stati e saranno iniziati per tramandare di maestro in maestro l’antica conoscenza».«Tutti gli interrogativi posti potrebbero trovare una risposta tra le righe del romanzo», scrive Carpeoro. «Ricomponendo le tesserine del mosaico si potrebbe trovare l’origine biblica dei Rosa+Croce della nostra bandiera tricolore o, analogamente, degli Stati Uniti d’America». Alcune risposte, però, «sono scritte con l’inchiostro simpatico», e quindi «solo il calore della grande passione per il simbolismo le farà magicamente apparire». E il finale è a sorpresa: sarà la persona più insospettabile a portare Giulio a conoscere una nobildonna austriaca, astrologa e seguace di Rudolf Steiner, che passerà le consegne della confraternita. «L’incontro con l’anziana astrologa condurrà Giulio a conoscere il nome degli ultimi due maestri Rosa+Croce ancora in vita, e lo lascerà con un interrogativo: ci sarà in futuro ancora qualcuno che possa divenire un maestro?». Ovvero, a tramandare la “segreta conoscenza” custodita nei millenni, le cui prime tracce risalgono al racconto biblico di Melchisedek?(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il volo del pellicano”, Melchisedek editore, 512 pagine, 26 euro – 22,10 su Macrolibrarsi).Vuoi vedere che gli antichi la sapevano molto più lunga di noi, riguardo ai misteri dell’universo? «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante non ne sogni la tua filosofia», fa dire Shakespeare in “Amleto”. Già, Shakespeare: un inglese ben strano, così addentro alle cose italiane da ambientare alla perfezione, nel Belpaese, i suoi maggiori capolavori, da “Romeo e Giulietta” al “Mercante di Venezia”. Ci sfugge qualcosa, sull’identità del “vero” Shakespeare? Proprio l’Italia del Rinascimento, infatti, fu la culla di grandi artisti che utilizzarono letteratura e pittura per veicolare messaggi segreti attraverso codici cifrati. Un antico sapere, risalente alla notte dei tempi. Tutto comincia migliaia di anni prima con un certo Melchisedek, il biblico “re di giustizia” che ha la facoltà di autorizzare Abramo ad esercitare il potere terreno sul suo popolo. Secondo Mauro Biglino, Melchisedek era un Elohim, come lo stesso Yahwè; per l’interpretazione esoterico-simbolica, invece, era una personalità “a diretto contatto col divino”, emblema vivente della perduta regalità, fondata su una speciale conoscenza gelosamente custodita, nei millenni, dalla cosiddetta Radix Davidis, la Stirpe di Giuda il cui destino è prefigurato nella pagina della Genesi su cui, ancora oggi, giurano i presidenti degli Stati Uniti.
-
Rosacroce, la fratellanza del sapere emarginata dal potere
Innanzitutto, loro cominciano a chiamarsi Rosacroce da un certo punto in poi, ma esistevano anche prima. In quegli anni era normale che una confraternita di questo tipo fosse segreta; è oggi che questa segretezza lascia il tempo che trova – e anzi, tutto quello che è segreto, giustamente, desta sospetti. La confraternita dei Rosacroce – a mio avviso, secondo i miei studi – nasce da una precedente e più universale confraternita, che si chiamava Stirpe di David. Gioacchino da Fiore la chiama Radix Davidis. Questo nome, Radix Davidis, lo trovi un po’ dappertutto. Lo trovi, ad esempio, sul simbolo adottato dal diciassettesimo grado della massoneria, che – guarda che combinazione – è il grado precedente a quello di Rosacroce. Io mi sono chiesto a lungo questa Radix Davidis cosa fosse, finché ho scoperto che i presidenti degli Stati Uniti d’America giurano sulla Bibbia aperta in una certa pagina. Giurano lì, perché lì c’è la manifestazione di quello che avrebbe dovuto essere la Stirpe di David. Perché giurano sul Genesi, 49. Giacobbe prende i 12 figli, che poi sono i capi delle 12 tribù di Israele, e ne commenta quello che sarà il ruolo, gli attribuisce una funzione, o un giudizio.E, in particolare, a Giuda dedica questi versi: “Giuda, te loderanno i tuoi fratelli, la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici, davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone, o come una leonessa; chi oserà farlo alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, vinché verrà colui al quale esso appartiene, e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. Egli lega alla vite il suo asinello, e a scelta vite il figlio della sua asina; lava nel vino la veste e nel sangue dell’uva il manto; lucidi ha gli occhi per il vino e bianchi i denti più del latte”. In questi versi ci sono i presupposti di quello che poi sarà il simbolismo dei Rosacroce. Da Giuda discenderà David; David prenderà il trono rispetto a Saul perché ristabilisce la regalità della tribù di Giuda su tutti gli ebrei. E quindi la Stirpe di David è anche la tribù di Giuda, tant’è vero che Matteo l’evangelista, per radicare Gesù Cristo in questa stirpe, e non in altre, fa tutto il genetliaco, fino ad arrivare ai genitori di Cristo, comprovando così che loro sono della tribù di Giuda. Uno dei tanti significati del famoso acrostico “Inri” è “Iesus Nazarenus Rex Judaeorum”.Seconda cosa da sottolineare, i colori dei Rosacroce sono il nostro tricolore: rosso, bianco e verde. Il nostro tricolore viene scelto come futura bandiera italiana e come simbolo dell’Ausonia, cioè dell’Italia, in una loggia rosicruciana milanese. Perché bianco, rosso e verde? Perché sono i colori che vengono enunciati in quel passo della Bibbia: la pianta della vite è verde, il vino è rosso, “bianchi i denti come il latte”. Sono i colori dei Rosacroce. Tant’è vero che Beatrice, nella “Divina Commedia” (Dante faceva parte di una setta pre-rosicruciana che si chiamava Fidelis in Amore) è vestitata di bianco, rosso e verde. Molto probabilmente, a livello simbolico, la regalità della Stirpe di Giuda, cioè della Radix Davidis, nasce per ricuperare una condizione perduta. A un certo punto della Bibbia, Abramo va a trovare Melchisedek, e nel momento in cui a va a trovare Melchisedek c’è il sacrificio del pane e del vino: la comunione, così come istituita da Gesù Cristo nel Vangelo, noi la troviamo molto prima. Melchisedek era un re-sacerdote, quindi un’emanazione della divinità, era tutt’uno con la divinità; con Abramo siamo alla venerazione della divinità. C’è stata la separazione dell’uomo da Dio; da quel momento, però, una serie di uomini si devono occupare di ripristinare questo stato: Davide, poi suo figlio Salomone. Il Tempio di Salomone è il simbolo del ricupero della condizione umana come emanazione del divino, non come venerazione del divino.Emergono tracce di questa tradizione in tutta una serie di personaggi, negli imperatori romani, nel popolo dei Visigoti, per esempio; nel personaggio di Galla Placidia, quindi nella dinastina dei Flavii. Questa dottrina e questa tradizione riemergono potentemente in Gioacchino da Fiore, che possiamo considerare quasi un loro rifondatore. In Inghilterra c’era stato Ruggero Bacone, un frate francescano che è poi quello che ha ispirato il personaggio del frate ne “Il nome della rosa” di Umberto Eco, che è un esempio tipico di dottrina e di cultura rosicruciana. Quindi, anche depositario di conoscenze incredibili: Ruggero Bacone è colui che nel “De optica”, praticamente, spiega come – 400 anni dopo – costruire un cannocchiale. Si mantiene il nome Radix Davidis fino a Giordano Bruno. In Italia si è chiamata anche Fidelis in Amore. Ne è stato esponente Dante, ma anche – un po’ inquieto e un po’ in opposizione con essa – Federico II. E ci sono stati i Templari. I Templari, quando nascono, nascono con lo stesso obiettivo di Abramo quando va a trovare Melchisedek. Perché il templare che cos’è? E’ un monaco-guerriero, quindi “re” e sacrerdote – è la riunificazione, no? I Templari nascono dopo la Prima Crociata, non prima – perché, avendo già riconquistato Gerusalemme, si poteva riportare questo “tesoro” nel tempio.Quindi, i Templari non nascono – come dicono tutti quanti – per cercare qualcosa, o per sottrarlo e custodirlo; nascono per riportarlo, per ricongiungere, per reintegrare il tempio. Per questo, “cavalieri del tempio”. Non nascono con la regola di San Bernardo, non nascono con una vocazione di potere che poi li perderà; nascono con la regola di Sant’Agostino. Dopo, cosa succede? Si omologano, anche loro, al potere dell’epoca, e adottano la regola di San Bernardo. Erano diventati uomini d’affari, e gli uomini d’affari creano le banche. A tal punto perdono il loro scopo primario, che finiscono per perdere Gerusalemme, per un motivo bieco: avevano instaurato a Gerusalemme la regola in base alla quale chiunque visitava Gerusalemme doveva pagare un obolo. Gerusalemme era sacra per tutti, non solo per i cristiani: era sacra per gli ebrei, per gli arabi. A un certo punto, tramite un loro bieco personaggio, che si chiamava Rinaldo di Chatilly, mettono in piedi un piano per conquistare la Mecca, in maniera da far pagare agli arabi l’obolo anche per visitare la Mecca. A quel punto gli arabi, che erano divisi, di fronte a un pericolo così forte si unificano e riconquistano Gerusalemme. Quindi, i Templari “muoiono” cent’anni prima di quando viene distrutto il loro ordine, perché perdono lo scopo: sono Templari senza tempio.Viene nominato l’ultimo gran maestro, De Molay, che invece apparteneva alla parte dei Templari non contaminata, che cerca di salvarli, ma purtroppo è tardi: il potere si è già coalizzato contro di loro, e Giacomo De Molay si chiamava Jacobus Burgundus De Molay, il che significava che era un burgundo, cioè un goto. Quindi, come vedete, la Radix Davidis cammina, viene preservata. Poi si estingue l’Ordine del Tempio, ma non si estingue il templarismo. Quindi, i Templari, con le loro conoscenze, vanno in Scozia, vanno a Kilwinning: la parte buona viene ricuperata e gestita dalla confraternita, e sceglie di dirottare tutte le proprie energie nel campo dell’arte. Allora trovare un Trecento, un Quattrocento e un Cinquecento dove i massimi rappresentanti della Radix Davidis sono nel mondo dell’arte. Trovate Leonardo, Botticelli, Raffaello, Tiziano. Pensavano che l’arte fosse il miglior modo per conservare quello che loro volevano conservare – messaggi, ad esempio. In particolare, invece, Leonardo viene utilizzato per depistaggio. Leonardo viene fabbricato, proprio: tenete presente che il nonno di Leonardo fa sparire i veri dati familiari.La famiglia di Leonardo piomba nella città di Vinci, ma non c’è nessun dato che dica da dove venga, come si chiami, dove stava prima. Dopodiché il nonno di Leonardo fa un’altra bella operazione: impone al figlio Piero di fare un figlio con una donna che a lui non piace, e che poi ripudierà per sempre, che oggi tutti gli studiosi dicono che era di provenienza mediorientale. Bastava guardare come la chiamava Leonardo per capire da dove venisse: Leonardo, la madre la chiama Catarina – non Caterina – e Catarina viene da Cataro, quindi probabilmente di provenienza mediorientale, quindi sempre di quella cosiddetta Radix Davidis. Leonardo è l’unico artista dei suoi tempi che ha sempre soldi in tasca, che non ha mai problemi economici, ma soprattutto che viene sempre gradito a qualunque potere – finché c’è il Moro è gradito al Moro, e quando arrivano i francesi è gradito ai francesi, che se lo portano in Francia. E in tutte le sue opere “pianta” tutta una serie di messaggi depistanti, che – se uno va a guardare – da Raffaello invece vengono corretti. Cioè, il messaggio depistante del Cenacolo, con l’identità della Maddalena con San Giovanni, viene rettificato da Raffaello in un quadro che si chiama “L’estasi di Santa Cecilia”, dove ci sono sia San Giovanni che la Maddalena. E San Giovanni sempre effeminato viene dipinto, ma perché aveva 17 anni.E’ questo, quindi, il ruolo di depistatore di Leonardo, che è servito poi per fabbricare tutta la letteratura su Rennes-Le-Chateau, che spinge tutti quanti a cercare il figlio di Gesù Cristo, sostanzialmente (perché poi questa è la verità, quindi il “Codice da Vinci”, eccetera: cioè, il mondo si divide tra quelli che mettono in dubbio il fatto che Gesù Cristo sia esistito e quelli che cercano il figlio; quelli che si occupano, invece, di quello che c’è stato in mezzo, a tutto questo, non esistono). Nel percorso parallelo, alchemico e artistico – di alchimisti che però erano proto-scienziati, come Michael Sendivogius, Rosacroce e alchimista, che è lo scopritore dell’ossigeno – arriviamo a Giordano Bruno. E’ lui il perno della rinascita rosicruciana; ricuperava tradizioni iniziatiche egizie, mitraiche, con una collocazione nell’ambito di una visione scientifica del mondo: il principale difensore di Galilei fu Giordano Bruno, che riorganizza la confraternita ribattezzandola Giordaniti. Fa questa riunione, in cui arrivano tutti i futuri Rosacroce – quindi: Simon Studion, Michele Mayer, Jacob Andreae (che è il nonno di quel Johan Valentin Andreae che è l’autore de “Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz”, il testo base dei Rosacroce).Nel momento in cui in qualche modo circola la notizia che Giordano Bruno ha deciso di portare i Giordaniti alla luce del sole, capisce che tutti i suoi sono in pericolo. E quindi, praticamente si consegna: perché quando lui è a Venezia, già in odore di scomunica, un nobile veneziano gli fa una specie di raccomandazione per andare a Roma; lui, con questa raccomandazione (che non conta nulla) va volontariamente a Roma e si fa imprigionare. E’ chiaro che è andato lì perché, facendosi imprigionare lui, salvava la vita a tutti gli altri – gli risparmiava un’ondata di persecuzioni. Nel 1600 Giordano Bruno viene giustiziano, e nel 1622 ricompaiono i manifesti rosicruciani a Parigi e viene adottato il nome Rosacroce. La rosa e la croce sono state accostate per la prima volta nel Paradiso della “Divina Commedia” di Alighieri. Da un punto di vista politico, la rosa (uno dei simboli di Lutero) simboleggiava una riunificazione del mondo cristiano. Un altro significato è che la rosa era il simbolo della sapienza orientale – attenzione: non la rosa rossa, la rosa gialla (la cosiddetta rosa Tea) – e la croce era il simbolo di quella che sarebbe stata la sapienza occidentale. Tutti questi accostamenti, possibili e immaginabili, sono tipicamente rosicruciani – l’attribuzione di un molteplice significato allo stesso simbolo, cioè la multifunzione.Nel momento in cui invece i Rosacroce si manifestarono, si avviarono grandi persecuzioni. L’imperatore, che aveva rappresentato la speranza dei Rosacroce, gli scatena contro una serie di guerre. A questo punto, succede che Valentin Andreae nega che esistano i Rosacroce. Dall’Inghilterra, Robert Fludd (un altro allievo di Giordano Bruno) scrive un’opera, “Silentium post clamores”, che è un messaggio preciso a tutti i confratelli: in realtà, siccome c’era stato molto chiasso, bisognava a essere invisibili, come dovevano essere i Rosacroce. Nel ‘700 avviene un’altra cosa molto importante. Le indicazioni rosicruciane, anche scientifiche, provocano tre conseguenze: la prima è la nascita dell’Illuminismo; il secondo punto è la morte della massoneria antica e la nascita della massoneria moderna. La massoneria antica aveva viaggiano in modo completamente collegato con i Rosacroce, la massoneria moderna no. L’ultimo gran maestro della massoneria antica si chiamava Christopher Wren, era un architetto inglese. Londra brucia; tra le altre cose, brucia anche il tempio della massoneria, con tutti i suoi archivi europei. Christopher Wren viene incaricato di fare il progetto per ricostruire Londra, e ricostruisce tutto meno che il tempio della massoneria (cioè: non rifà la massoneria).Nel 1717 si costituisce la cosiddetta massoneria moderna, quella speculativa, a Londra, con quattro logge che si riuniscono e fanno le cosiddette Costituzioni di Anderson. Ma si costituisce un qualcosa di diverso, tant’è vero che al suo interno ci sono ancora dei soggetti rosicruciani, ma sono soggetti che perderanno la loro battaglia. Il problema è che la massoneria moderna nasce come organizzazione diretta alla gestione del potere, punto. La massoneria antica non era così. E soprattutto, nasce una cultura scientifica che si mette a fare la guerra alla radice da cui è nat: i chimici fanno la guerra agli alchimisti, Newton viene buttato fuori dalla Royal Society perché accusato di alchimia, e il suo posto lo prende Robert Boyle, che è massone anche lui ma è questo nuovo massone. In Francia nasce un sentimento anti-cristiano nella massoneria, per cui non si giura più sulla Bibbia e non si parla più di Grande Architetto dell’Universo. Da questa cosa qui nasce poi la deviazione di cricche, che vorrebbero essere Rosacroce ma sono solo rosicruciane, in cricche addirittura sataniche, luciferine, prometeiche. Nascono la Societas Rosicruciana in Anglia, la Golden Dawn; nasce Crowley; nasce quella che Paolo Franceschetti chiama “La Rosa Rossa”: non so e poi si chiami veramente così, ma sicuramente all’80% Franceschetti ha ragione.Nel momento in cui viene emarginato completamente tutto un tipo di ricerca spirituale, esoterica e alchimistica, in nome dei “lumi della ragione”, l’unica parte che conviene al potere che sopravviva, di quella ricerca, è quella che rappresenta un buon motivo per diffamarla: al potere convengono i satanisti, convengono le logge deviate, conviene lo sputtanamento – conviene tutto questo, al potere, perché comporta la regressione della parte realmente pericolosa della ricerca spirituale (pericolosa per il potere, perché ne mette in discussione i fondamenti). E’ uno dei motivi per cui i Rosacroce a Yalta decidono di andare ad esaurimento, diciamo – infatti, da Yalta ad oggi non sono mai più emersi dei nuovi Rosacroce. Quando vedevano un artista, una persona particolare, di un certo livello, i Rosacroce tendevano ad accoglierlo, anche se non faceva parte geneticamente della Stirpe di David. Dalla riunione di Yalta, secondo i miei studi, i Rosacroce non hanno più accolto nessuno. Nel momento in cui ci fu Yalta, e poi la costituzione dell’Onu, all’interno del quale avevano degli esponenti, rivendicarono una serie di scelte, che non furono accolte: l’Onu doveva essere diverso, lo Stato di Palestina doveva essere fatto. Certo, c’erano le convenienze degli Stati nazionali, c’erano le lobby economiche che erano nate, c’era tutto un meccanismo di questo tipo: stava già nascendo quello che poi sarebbe diventato il Bilderberg, stavano già nascendo le organizzazioni. L’ultimo gran maestro è stato Salvador Dalì, e quando è morto non hanno fatto dei nuovi gran maestri. Sono andati ad estinguersi.(Gianfranco Carpeoro, “I RosaCroce”, intervista editata su YouTube il 23 settembre 2012. Avvocato, pubblicista e scrittore, massone e già “sovrano gran maestro” della Loggia di Piazza del Gesù, di rito scozzese, Carpeoro è uno studioso di Giordano Bruno nonché uno dei massimi esperti di simbologia).Innanzitutto, loro cominciano a chiamarsi Rosacroce da un certo punto in poi, ma esistevano anche prima. In quegli anni era normale che una confraternita di questo tipo fosse segreta; è oggi che questa segretezza lascia il tempo che trova – e anzi, tutto quello che è segreto, giustamente, desta sospetti. La confraternita dei Rosacroce – a mio avviso, secondo i miei studi – nasce da una precedente e più universale confraternita, che si chiamava Stirpe di David. Gioacchino da Fiore la chiama Radix Davidis. Questo nome, Radix Davidis, lo trovi un po’ dappertutto. Lo trovi, ad esempio, sul simbolo adottato dal diciassettesimo grado della massoneria, che – guarda che combinazione – è il grado precedente a quello di Rosacroce. Io mi sono chiesto a lungo questa Radix Davidis cosa fosse, finché ho scoperto che i presidenti degli Stati Uniti d’America giurano sulla Bibbia aperta in una certa pagina. Giurano lì, perché lì c’è la manifestazione di quello che avrebbe dovuto essere la Stirpe di David. Perché giurano sul Genesi, 49. Giacobbe prende i 12 figli, che poi sono i capi delle 12 tribù di Israele, e ne commenta quello che sarà il ruolo, gli attribuisce una funzione, o un giudizio.