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Vaccini e autismo, Federica: all’estero per salvare mio figlio
Si chiama Federica, vive in provincia di Gorizia. Ha una voce melodiosa da cantante jazz, e un coraggio da eroe greco. Antigone, con due bambini da difendere con le unghie e coi denti. Entrambi minacciati da un orco invisibile, armato di siringa. Il piccolo Nicola, il primogenito, oggi ha otto anni. Da poco è tornato tra noi. Era scomparso: muto, assente, estraneo. Un bambino divenuto alieno, anaffettivo, indifferente a tutto. In una parola: autistico. Lo è diventato di colpo, dopo un vaccino “sbagliato”, esavalente: antitetanica, antiepatite B, antipolio, anti-difterica, anti-haemophilus, anti-pertosse. «A tredici mesi, Nicola sgambettava come un leprotto. A 20 parlava e cantava, manifestava il suo talento artistico in ogni occasione: sapeva dipingere, era affettuoso, baciava il fratellino nel pancione». Poi, intorno ai 22 mesi, subito dopo la nascita di Enrico, ha avuto un improvviso arresto dello sviluppo. «E in poche settimane ha smesso di parlare, di mangiare, di dormire». Sintomi allarmanti: vomito “a getto”. All’epoca, Federica non sapeva ancora della stretta correlazione fra cervello, stomaco e intestino. Già, perché l’intestino è il secondo cervello. E proprio dall’intestino è cominciata la guarigione “impossibile”: eliminando glutine e caseina, Nicola ha ripreso a parlare, a mangiare, a sorridere. Ma non in Italia: all’estero. Grazie al costoso intervento di medici all’avanguardia, in cliniche private.In Italia, di fronte all’orco si resta soli. E si finisce in un limbo di dolore, se non si ha a fianco una madre come Federica Santi, già insegnante e musicista, ora interamente dedicata alla sua missione: salvare Nicola. Vite sul punto di spezzarsi: queste tragedie sbriciolano le famiglie, dice Federica, che lascia capire di non avere più accanto a sé il padre dei suoi figli. Conta solo sulle sue forze: ce l’ha fatta documentandosi, studiando giorno e notte. Fino a scoprire, oltre confine, una possibile soluzione. Ma a che prezzo? Scoppia in lacrime, un duro come il video-reporter Massimo Mazzucco, quando cerca di raccontare – in web-streaming, su YouTube – che Federica non sa se potrà scendere a Roma per una manifestazione free-vax, di genitori che contestano le modalità dell’imposizione dell’obbligo vaccinale. Non sa se potrà spendere i soldi del treno, Federica, perché ogni singolo euro deve servire a lottare per guarire Nicola, strappandolo definitivamente dalle grinfie dell’orco. Non è un caso isolato, naturalmente: in Puglia, l’unica Regione italiana ad aver organizzato la farmacovigilanza attiva sui vaccini, il monitoraggio ha svelato che le iniezioni hanno causato problemi a 4 bambini su 10. Ma nessuno ne parla, e il governo tira dritto: Giulia Grillo non esce dal sentiero imboccato da Beatrice Lorenzin. Vaccini polivalenti obbligatori, a tappeto, pena l’esclusione dalla scuola. Un bel business, fra l’altro, per le case farmaceutiche: il prezzo delle dosi è aumentato del 60% all’indomani dell’introduzione dell’obbligatorietà.Si può anche morire, di vaccino, persino da adulti. Lo dimostrò l’ultima commissione parlamentare difesa. Cifre sconcertanti: mille morti e altri 4.000 militari italiani colpiti da malattie gravi, per metà imputabili a vaccinazioni somministrate in modo imprudente. Di recente, l’ordine dei biologi ha scoperto vaccini “sporchi”, con tracce di diserbanti e feti abortiti, nonché vaccini difettosi in quanto privi degli agenti immunizzanti dichiarati in etichetta. In Francia, l’ordine dei medici ha inutilmente avvertito il governo Macron, che è sulle orme di quello italiano: l’obbligo vaccinale distrugge la fiducia tra governanti e governati, tra medici e pazienti. Negli Usa, la più importante associazione medica ha appena ammonito il Congresso: non si vede la necessità di aumentare la copertura vaccinale, visto che non ci sono emergenze in atto. E l’imposizione sanitaria – in assenza di motivazioni – confligge con la libertà dell’individuo e l’inviolabilità del suo corpo. I precedenti non sono rassicuranti: dagli anni ‘80, quando Washington decise di proteggere per legge i produttori di vaccini, rendendoli non punibili in caso di errore, il governo statunitense ha già speso qualcosa come 4 miliardi di dollari per risarcire i danneggiati da vaccino. Quanto alla decantata “immunità di gregge” promessa dalle vaccinazioni, Mazzucco consiglia di dare un’occhiata in Ohio, dove la comunità degli Amish, per motivi religiosi, rifiuta da sempre di far vaccinare i bambini: mai nessuna epidemia, nessuna problematica di quelle che i vaccini promettono di debellare.Qui non siamo in Ohio, e i free-vax non sono Amish. Nemmeno Federica Santi contesta il vaccino in sé, come presidio sanitario. Si limita a sottolineare le gravi lacune di quella stessa disciplina farmaceutica con cui si sciacquano la bocca i Talebani pro-vax, i dogmatici corifei che riducono la scienza a nuova religione, ignorando il piccolo Nicola e tutti gli altri bambini danneggiati dalle vaccinazioni – che in Italia sono tantissimi, purtroppo: oltre 20.000, secondo l’Aifa, nel solo triennio 2014-2017, come certifica “OggiScienza”. Intanto, a Federica Santi è venuto in mente che scrivere libri può aiutare gli altri genitori a saperne di più, fin che sono in tempo: “Non vivo in una bolla” racconta la storia di Nicola, “Nutriamo la guarigione” svela come si possa usare il cibo per sfuggire all’orco. A indignare è la sua solitudine: nessun indennizzo per l’autismo del figlio (che in Italia resta un tabù, se correlato con il vaccino). Richiesta bocciata, infatti. Liquidata da un ufficiale dell’esercito: «Me la sono dovuta vedere con una commissione militare, che il dossier di Nicola non l’aveva nemmeno sfogliato».Di fronte alle parole di Federica, superata la commozione, lo stesso Mazzucco lancia l’allarme numero uno: la vaccinazione universale di massa. Il piano, dice, consiste nel puntare domani a vaccinare tutti, anche gli adulti, ricorrendo al ricatto: «O accetti di vaccinarti, o ti tolgo il passaporto e la patente di guida, come in Argentina». Arriveremo a questo? Scenderemo così in basso, in assenza di chiarimenti sulla reale necessità di un intervento simile, nonostante i rischi che può comportare? Proprio i 5 Stelle avevano fatto della trasparenza il loro cavallo di battaglia, ma adesso Giulia Grillo si è rivelata la reincarnazione perfetta della vituperata Lorenzin. Il primo diritto – l’informazione – è già stato archiviato, nel comodo derby tra pro-vax e no-vax. L’Italia, scelta da Obama come area-test, ha subito l’azzardo quasi in silenzio, grazie anche all’omertà dei grandi media. Così, il piccolo Nicola può contare solo su sua madre, che per salvarlo si è letteralmente svenata, all’estero, dopo aver lasciato la musica e l’insegnamento. E oggi non sa se troverà i soldi per andare a Roma, a raccontare la sua storia.(Giorgio Cattaneo, “La solitudine di Federica, fuggita all’estero per salvare suo figlio danneggiato dai vaccini”, da “La Voce Rooseveltiana” numero 7 del 20 marzo 2019. Tutte le informazioni su Federica Santi e i suoi libri sono rintracciabili sul web e in particolare sulla pagina Facebook “Un sorriso per Nicola ed Enrico”. Una intensa testimonianza di Federica è apprezzabile su YouTube nella diretta web-streaming “Mazzucco Live” del 16 marzo, con Massimo Mazzucco).Si chiama Federica, vive in provincia di Gorizia. Ha una voce melodiosa da cantante jazz, e un coraggio da eroe greco. Antigone, con due bambini da difendere con le unghie e coi denti. Entrambi minacciati da un orco invisibile, armato di siringa. Il piccolo Nicola, il primogenito, oggi ha otto anni. Da poco è tornato tra noi. Era scomparso: muto, assente, estraneo. Un bambino divenuto alieno, anaffettivo, indifferente a tutto. In una parola: autistico. Lo è diventato di colpo, dopo un vaccino “sbagliato”, esavalente: antitetanica, antiepatite B, antipolio, anti-difterica, anti-haemophilus, anti-pertosse. «A tredici mesi, Nicola sgambettava come un leprotto. A 20 parlava e cantava, manifestava il suo talento artistico in ogni occasione: sapeva dipingere, era affettuoso, baciava il fratellino nel pancione». Poi, intorno ai 22 mesi, subito dopo la nascita di Enrico, ha avuto un improvviso arresto dello sviluppo. «E in poche settimane ha smesso di parlare, di mangiare, di dormire». Sintomi allarmanti: vomito “a getto”. All’epoca, Federica non sapeva ancora della stretta correlazione fra cervello, stomaco e intestino. Già, perché l’intestino è il secondo cervello. E proprio dall’intestino è cominciata la guarigione “impossibile”: eliminando glutine e caseina, Nicola ha ripreso a parlare, a mangiare, a sorridere. Ma non in Italia: all’estero. Grazie al costoso intervento di medici all’avanguardia, in cliniche private.
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Cancro: la malattia come destino, per una vita da risvegliare
Rudiger Dalke e Thorwald Dethkefsen sono due autori di libri di grande successo, che hanno affrontato insieme un cammino per diffondere il concetto della medicina psicosomatica. Il primo è un medico che si è specializzato in medicina naturale e psicoterapia, autore dell’importantissimo “Malattia come simbolo”, un dizionario dei malattie con tutti i sintomi, il significato e l’interpretazione dal punto di vista spirituale delle patologie più disparate (il libro raccoglie oltre 1000 patologie e sintomi). Il secondo è uno psicologo autore del bestseller internazionale “Il destino come scelta” cui è seguito l’importantissimo “Malattia e destino”, scritto in collaborazione con Dalke. Il punto chiave della loro ricerca è che non esistono le malattie intese come entità a sé stanti, che compaiono in un corpo sano, ma esiste un’unica malattia, nel senso che ogni persona manifesta, nel corpo, una serie di sintomi che altro non sono che sintomi di altrettante condizioni dell’anima. La malattia è quindi un messaggio, e precisamente un messaggio che l’anima invia al corpo, su cui occorre lavorare per essere più consapevoli della propria condizione, dei propri conflitti, e talvolta del proprio destino. La malattia quindi non è – in senso tecnico – una patologia, ma una condizione dell’anima che accompagna l’uomo dalla nascita alla morte, e fa parte della vita come l’aria fa parte del respiro.Nell’introduzione al libro “Malattia come simbolo” l’autore utilizza un’espressione che è propria anche della medicina Hameriana: la malattia non è una patologia, una disfunzione dell’organismo, ma un “evento sensato” utilizzato dall’anima per rendere l’uomo consapevole dei propri conflitti irrisolti. In generale, per quanto riguarda il cancro, esso realizza fisicamente ciò che spiritualmente sarebbe necessario nel relativo ambito della coscienza. Il cancro è, in pratica, un’iniziazione, nel senso che segna un momento decisivo della vita, in cui occorre prendere coscienza di alcuni aspetti irrisolti della propria vita, offrendo la possibilità di rinascere a nuova vita, più forti, determinati e in salute rispetto al passato, oppure di morire fisicamente. In generale compare quando si sono repressi impulsi vitali troppo a lungo, e si è rimasti ancorati alla norma, con un adattamento sociale troppo perfetto. E’ anche un amore sul piano sbagliato e un principio di regressione. Il cancro costringe quindi a fare un bilancio della propria vita, per cercare di capire se la strada percorsa corrisponda a quella personale propria, costringendo il soggetto a ricordarsi dei propri sogni giovanili e dei desideri che aveva per la vita e trarre, dalla certezza di non avere ormai nulla da perdere, il coraggio di auto-realizzarsi e trovare la propria strada.Claudia Rainville è una studiosa olistica che ha chiamato i suoi studi “metamedicina”. La metamedicina non è una semplice medicina alternativa che si propone di sostituirsi ai farmaci e alle cure tradizionali; è molto di più e molto di meno. E’ molto di meno nel senso che non si sostituisce al medico personale scelto dal paziente. Ma è molto di più perché si propone di aiutare il paziente nell’opera di guarigione andando a fondo della causa delle malattie, ma come una vera e propria filosofia di vita che può cambiare l’esistenza. Andando infatti a cercare la causa prima della malattia, il paziente è portato a fare un vero e proprio percorso di guarigione dell’anima, o un percorso spirituale se si preferisce. Gli operatori di metamedicina quindi non si propongono come guaritori, ma si limitano a far prendere al paziente coscienza dei suoi problemi, tanto è vero che qualcuno ha inquadrato questa disciplina come medicina delle emozioni o medicina psicosomatica, altri come medicina dell’anima, altri come una vera e propria filosofia dell’anima.A titolo di esempio, i tumori vengono collegati alle seguenti cause: tumore al collo dell’utero: profonda delusione vissuta col partner; tumore dell’utero: problema collegato ad un familiare; tumore al seno: shock, sconvolgimenti e sensi di colpa nei confronti di coloro di cui ci si occupa, problemi con il padre o con la madre (a seconda che il problema sorga al seno destro o sinistro); tumore allo stomaco: forte ingiustizia subita nella vita; tumore al polmone: paura di morire; tumore all’intestino: paure legate alla propria situazione finanziaria o di vita; tumore al pancreas: forti emozioni di rabbia tristezza o repulsione; tumore alle ossa: senso di svalutazione. La medicina Hameriana (detta anche medicina Germanica, o delle 5 leggi biologiche) si allaccia alla metamedicina, come è espressamente affermato dalla stessa Rainville nel suo “dizionario della meta medicina” alla voce “tumore”. In Italia, la medicina di Hamer è stata divulgata da Claudio Trupiano, con il libro “Grazie dottor Hamer”, cui sono seguiti “Grazie ancora dottor Hamer” e altri ancora. La medicina Hameriana va alla ricerca di uno shock o di un evento traumatico, che è alla base della comparsa dei tumori in determinate zone.(Paolo Franceschetti, estratto da “Tumori, mente e anima”, dal blog “Petali di Loto” del 28 marzo 2018. Per “nuova medicina germanica” si intende quella teorizzata dal medico tedesco Ryke Geerd Hamer a partire dal 1981).Rudiger Dalke e Thorwald Dethkefsen sono due autori di libri di grande successo, che hanno affrontato insieme un cammino per diffondere il concetto della medicina psicosomatica. Il primo è un medico che si è specializzato in medicina naturale e psicoterapia, autore dell’importantissimo “Malattia come simbolo”, un dizionario dei malattie con tutti i sintomi, il significato e l’interpretazione dal punto di vista spirituale delle patologie più disparate (il libro raccoglie oltre 1000 patologie e sintomi). Il secondo è uno psicologo autore del bestseller internazionale “Il destino come scelta” cui è seguito l’importantissimo “Malattia e destino”, scritto in collaborazione con Dalke. Il punto chiave della loro ricerca è che non esistono le malattie intese come entità a sé stanti, che compaiono in un corpo sano, ma esiste un’unica malattia, nel senso che ogni persona manifesta, nel corpo, una serie di sintomi che altro non sono che sintomi di altrettante condizioni dell’anima. La malattia è quindi un messaggio, e precisamente un messaggio che l’anima invia al corpo, su cui occorre lavorare per essere più consapevoli della propria condizione, dei propri conflitti, e talvolta del proprio destino. La malattia quindi non è – in senso tecnico – una patologia, ma una condizione dell’anima che accompagna l’uomo dalla nascita alla morte, e fa parte della vita come l’aria fa parte del respiro.
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Carne e cancro, di colpo l’ovvio fa notizia e dilaga sui media
L’oncologia – che considera il cancro un “male incurabile” – continua a somministrare dosi letali di chemioterapia, trascurando l’alimentazione dei pazienti? Normale, in un paese in cui si grida persino alla “truffa delle cure alternative”, canzonando chi ricorre (in genere, con ottimi risultati) a una dieta priva di proteine animali. Scontata, dunque, la bufera scatenata dalla “scoperta dell’acqua calda”, ufficializzata nientemeno che dall’Iarc, la branca dell’Oms che si occupa di ricerca sul cancro. Un rapporto redatto sulla base di oltre 800 studi precedenti sul legame tra alimetazione e tumore conferma quello che i terapeuti “alternativi” hanno sempre saputo: è pericoloso per la salute consumare carne, in particolare carni rosse (maiale e manzo, vitello, agnello, pecora, cavallo e capra). Peggio ancora gli insaccati e le carni grigliate. «La cosa tragicomica – afferma Paolo Franceschetti, autore di un blog sulle cure alternative contro il cancro – è che tuttora, negli ospedali, ai pazienti oncologici in trattamento vengono tranquillamente somministrate merendine confezionate e fette di prosciutto».Ora fa molto rumore lo studio dell’Oms, secondo cui, per ogni porzione di 50 grammi di carne al giorno, il rischio di cancro del colon-retto aumenta del 18%, così come per i tumori al pancreas e alla prostata. Nel mirino in particolare le “carni lavorate”, come i wurstel, equiparati – come sostanze cancerogene – a fumo, amianto, arsenico e benzene. Sotto accusa, secondo i tecnici Onu, la trasformazione “attraverso processi di salatura, polimerizzazione, fermentazione, affumicatura”, oppure le carni “sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione”. Massima prudenza, avverte l’Oms, con gli hot dog, prosciutti e salsicce, nonché la carne in scatola e le salse a base di carne. Il rischio di sviluppare cancro all’intestino a causa del consumo di carne “processata” aumenta in proporzione al quantitativo consumato, avverte il dottor Kurt Straif, capo dello Iarc Monographs Programme. Il più celebre oncologo italiano, il professor Umberto Veronesi, da decenni ha deciso di rinunciare alla carne: «Il mio consiglio da vegetariano – dice – è quello di eliminare del tutto il consumo di carne».Veronesi saluta come «un grande passo avanti» la “scoperta” della relazione fra alimentazione e tumori: «L’identificazione certa di una nuova sostanza come fattore cancerogeno è sempre e comunque una buona notizia in sé, perchè aggiunge conoscenza e migliora la prevenzione». La raccomandazione per un regime alimentare “vegano” non è però presente nel protocollo ufficiale anti-cancro del ministero della sanità italiano, la cui attuale titolare, Beatrice Lorenzin, ora si limita a consigliare, in generale, la “dieta mediterranea”. Secondo le statistiche, il 9% degli italiani mangia carne rossa o insaccati tutti i giorni, e il 56% 3-4 volte a settimana. Il tumore più diffuso in Italia è proprio quello al colon-retto, con quasi 55.000 diagnosi nel 2013. Salumi a parte, se sotto accusa sono le carni grigliate (che sviluppano idrocarburi) sono gli statunitensi, seguiti da australiani, francesi e tedeschi. In Italia ogni anno si calcola vengano consumate “solo” 24 milioni di grigliate all’anno.Il Codacons ha deciso di presentare un’istanza urgente al ministero della salute e un esposto al Pm di Torino Raffaele Guariniello, affinché siano valutate misure a tutela della salute. «L’Oms non lascia spazio a dubbi», sostiene il presidente, Carlo Rienzi. «Il principio di precauzione impone in questi casi l’adozione di misure anche drastiche», compresa eventualmente «la sospensione della vendita per quei prodotti che l’Oms certifica come cancerogeni». Per i produttori di carne, la tempesta mediatica può trasformarsi in catastrofe commerciale: secondo la Coldiretti, le carni italiane sono più sane perché magre, non trattate con ormoni e ottenute nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione. «Hot dog, bacon e affumicati non fanno parte della tradizione italiana», sottolinea l’associazione degli agricoltori. Inoltre, da noi il consumo di carne (78 chili a testa) è molto al di sotto di quelli di paesi come gli Usa (125 chili a persona) o l’Australia (120 chili), ma anche dei cugini francesi (87 chili). Secondo Assocarni e Assica, l’associazione dei salumifici industriali, gli italiani mangiano in media due volte la settimana 100 grammi di carne rossa e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata. «Un consumo che è meno della metà dei quantitativi individuati come potenzialmente a rischio cancerogeno».Carne e cancro? Anna Villarini, nutrizionista dell’Istituto Nazionale dei Tumori, non si scompone: «Lo sapevamo già dal 2007, ma c’erano studi precedenti: le carni conservate sono associate a tumore dello stomaco, sia per la presenza di conservanti che vengono aggiunti che si trasformano in cancerogeni all’interno dello stomaco, sia per la presenza eccessiva di sale che è un fattore di rischio». E aggiunge: «Le carni rosse, oltre che per la cottura, sono di per sé un fattore di rischio per il tumore del colon. Dovrebbero essere consumate veramente poco, e invece sono entrate in maniera preponderante sulle nostre tavole». Dieta alternativa per chi ha il cancro? Zero carne: solo frutta, verdura e cereali. Se ne occupa anche la “medicina oncologica integrata”, spiega il dottor Massimo Bonucci a “Panorana”. E ormai è una realtà in molti paesi, dove esistono persino ospedali con reparti interamente dedicati all’alimentazione anti-cancro.«A livello internazione la medicina integrata è una realtà», spiega il medico. «Negli Stati Uniti ci sono ben 52 università dove viene insegnata». Una strada «ormai percorsa e riconosciuta, così come in Giappone: l’efficacia di molte sostanze è avvalorata non solo da studi scientifici, ma anche da “trial” clinici molto importanti». All’estero, aggiunge Bonucci, la possibilità di avere benefici da un’alimentazione mirata (e da sostanze naturali) nella cura delle patologie oncologiche «non è messa in dubbio». Si parla di curcuma, artemisia e altre essenze, dotate di potenti principi attivi. Un guru della nutrizione “integralista” come Valdo Vaccaro raccomanda di consumare solo frutta e verdura, in caso di insorgenza tumorale. Ma negli ospedali italiani l’aspetto alimentare (fonte primaria del problema, a quanto pare) è completamente trascurato. Ai malati vengono somministrate chemioterapia e radioterapia. E magari una bella fetta di prosciutto.L’oncologia – che considera il cancro un “male incurabile” – continua a somministrare dosi letali di chemioterapia, trascurando l’alimentazione dei pazienti? Normale, in un paese in cui si grida persino alla “truffa delle cure alternative”, canzonando chi ricorre (in genere, con ottimi risultati) a una dieta priva di proteine animali. Scontata, dunque, la bufera scatenata dalla “scoperta dell’acqua calda”, ufficializzata nientemeno che dall’Iarc, la branca dell’Oms che si occupa di ricerca sul cancro. Un rapporto redatto sulla base di oltre 800 studi precedenti sul legame tra alimentazione e tumore conferma quello che i terapeuti “alternativi” hanno sempre saputo: è pericoloso per la salute consumare carne, in particolare carni rosse (maiale e manzo, vitello, agnello, pecora, cavallo e capra). Peggio ancora gli insaccati e le carni grigliate. «La cosa tragicomica – afferma Paolo Franceschetti, autore di un blog sulle cure alternative contro il cancro – è che tuttora, negli ospedali, ai pazienti oncologici in trattamento vengono tranquillamente somministrate merendine confezionate e fette di prosciutto».