Archivio del Tag ‘supermassoneria’
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Italian Russiagate: le bufale di BuzzFeed, che odia Salvini
«L’attacco mondialista a Salvini dimostra proprio questo intento, riprendere il flusso dell’immigrazione fuori controllo e continuare a produrre dumping salariale». Tanto, «il presunto argine ‘antisistema’ rappresentato dai 5 Stelle appare sempre più inadeguato, incoerente e ambiguo», visto che lo stesso Di Maio – nel tentativo disperato di tamponare l’emorragia di voti verso la Lega – partecipa volentieri all’ultimo gioco al massacro contro Salvini, invitandolo a rispondere dei presunti finanziamenti russi davanti al Parlamento: «Quando il Parlamento chiama, il politico risponde, perché il Parlamento è sovrano e lo dice la nostra Costituzione». Sovranità limitata, in realtà: è Bruxelles, non Roma, a stabilire cosa può fare l’Italia, la cui Costituzione è stata deturpata dall’inserimento suicida del pareggio di bilancio. Se n’è dimenticato, Di Maio? È evidente, scrive Rosanna Spadini su “Come Don Chisciotte”, che il capo politico del Movimento 5 Stelle cita “BuzzFeed” come fonte d’informazione altamente attendibile, «celando di proposito le rivelazioni pregresse sulla macchina di propaganda web del MoV, e sul fatto che Alberto Nardelli interpreterebbe un trend politico decisamente di sinistra, avverso al governo gialloverde».
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Yahvè SpA: chi domina il mondo, oltre la geopolitica visibile
Data fatidica, il 14 luglio: nel 1789 a Parigi veniva assaltata la Bastiglia, evento culminante della Rivoluzione Francese che segnò la fine dell’Ancien Régime, il sistema plurisecolare dell’assolutismo monarchico. Solo tre anni fa, invece – ma sempre in Francia, e sempre il 14 luglio – il killer franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhle faceva strage a Nizza col suo camion, travolgendo i passanti sulla Promenade des Anglais: 86 morti e 302 feriti. Ovviamente l’attenatatore era già stato segnalato alla polizia, come poco di buono. E ovviamente nessuno aveva pensato di controllare e sgomberare quel camion bianco, fermo da giorni sul lungomare divenuto “off limits” in vista della festa nazionale francese. E ancora: l’assassino – prima di essere freddato dalle forze dell’ordine, come d’abitudine, prima che potesse parlare – aveva anche avuto cura di lasciare a disposizione dei poliziotti i suoi documenti, ben in vista nell’abitacolo del veicolo. Un caso da manuale, secondo Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni”: un messaggio intimidatorio rivolto alla massoneria progressista, che considera proprio il 14 luglio la prima pietra miliare verso la conquista della democrazia, almeno in Occidente.Fu l’Isis a rivendicare la strage di Nizza, ma le menti dello Stato Islamico sono altrove: Abu Bakr Al-Bahdadi, il sedicente Califfo, secondo Magaldi è affiliato alla superloggia “Hathor Pentalpha”, dominata dai Bush e responsabile del super-attentato del terzo millennio, quello dell’11 Settembre, comodamente attribuito al “barbaro jihadista” Bin Laden, in realtà massone, affiliato anch’esso alla medesima Ur-Lodge. La “Hathor Pentalpha”, sorta all’inizio degli anni ‘80 per volere di Bush padre, appena battuto da Reagan alle primarie repubblicane, raccolse il gotha dei golpisti del Pnac, il Piano per il Nuovo Secolo Americano: George W. Bush e suo fratello Jeb Bush, Dick Cheney e Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz e la stessa Condoleezza Rice. Oltre a Bin Laden (Al-Qaeda) e Al-Baghdadi (Isis), la “Hathor” avrebbe reclutato un ideologo come Samuel Huntington (“La crisi della democrazia”), insieme a Donald e Robert Kagan, Douglas Freith, Irving e William Kristol, Dan Quayle. Con loro Richard Perle, Karl Rove, Bill Bennett e il politologo Michael Leeden. Una rete trasversale, con affiliati in Medio Oriente: Oman, Bahrein, Qatar, Arabia Saudita e persino Iran (tra gli iraniani coinvolti, l’ex presidente Hashemi Rafsanjani).Obiettivo: destabilizzare ferocemente il pianeta, creando a tavolino il presunto “scontro di civiltà” tra Occidente e mondo arabo. Punta di lancia dell’operazione: Israele (era il premier Ariel Sharon l’uomo della “Hathor” a Tel Aviv). Ma arabi e israeliani non dovevano essere acerrimi nemici, anziché compagni di merende e di avventure anche terroristiche? Certo, ma solo in teoria, spiega Magaldi: in realtà sono tutti massoni, nella cabina di regia. E la vera geopolitica – al di là della narrazione dei media – passa per i circoli come la “Hathor”, incarnazione infernale dell’ala più reazionaria della supermassoneria occulta, apolide e sovranazionale. Convergenze insospettabili: dirigenti sauditi in riunione con Sharon e col presidente turco, il “fratello” Recep Tayyip Erdogan, insieme a un bel po’ di potenti europei: l’ex cancelliere tedesco Gehard Schröder, l’allora primo ministro spagnolo José Maria Aznar, l’intramontabile Tony Blair, il polacco Aleksander Kwasniewski e il francese Nicolas Sarkozy – più un paio di italiani: l’allora presidente del Senato, Marcello Pera, nonché Antonio Martino, all’epoca ministro berlusconiano e già segretario della Mont Pelerin Society, vero e proprio tempio ideologico dell’ultra-destra economica europea, culla dell’oligarchia neoaristocratica che ha incubato, progettatto e imposto l’austerity per infliggere la camicia di forza a paesi come l’Italia, alle prese con la nascente globalizzazione.Il primo a parlarne in termini espliciti è stato Paolo Barnard, nel saggio “Il più grande crimine”, uscito prima ancora della crisi italiana del 2011. La tesi: si trattava, semplicemente, di cancellare la memoria della Presa del Bastiglia. Il mitico 14 luglio? Un incidente della storia: aprì l’Europa a qualcosa di mai prima sperimentato – la democrazia – spalancando le porte alla modernità del futuro: Stato di diritto, suffragio universale. Traduzione euro-atlantica successiva: economia sociale, conquiste civili e diritti del lavoro. Bene, tutto questo doveva finire. E in modo drammatico: col terrorismo stragista della strategia della tensione (Al-Qaeda, Isis) o col terrorismo finanziario (rigore europeo). Per volere di chi? Dei soliti noti, gli antichi baroni. O meglio: di quella che un tempo costuitiva il nerbo dell’Ancient Régime, cioè l’aristocrazia feudale più parassitaria. Le era toccato finire sfrattata dal potere (politico) dal 14 luglio in poi? Niente paura: si è ripresa tutto, e con gli interessi, mantenendo le grandi leve della finanza. Ha finanziarizzato l’economia e ridotto gli Stati in bolletta, senza più sovranità monetaria. Il gioco perfetto dei leggendari Rothschild, padroni d’Europa (e di un pezzo d’America) da tre secoli questa parte.Nei suoi libri, un ricercatore come Pietro Ratto ricostruisce il ruolo di casati ebraici come quello dei Warburg, in realtà di origine veneta, poi soci in affari con i Rothschild – di cui sempre Ratto prova anche l’apparentamento coi Rockefeller, mediante matrimoni strategici. Dettaglio inquietante: furono i grandi finanzieri ebrei a sovvenzionare Hitler all’alba della sua tragica epopea. Non solo: è stato accertato che proprio il Terzo Reich – al suo esordio – fu un poderoso sponsor occulto del sionismo, favorendo l’espatrio degli ebrei tedeschi verso la Palestina e finanziando il primo colonialismo ebraico in Terrasanta. Scioccante? Quasi quanto il libro “L’altra Europa”, pubblicato dal vicentino Paolo Rumor, nipote del più volte primo ministro democristiano Mariano Rumor. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il padre dell’autore – Giacomo Rumor – agiva come 007 per conto di monsignor Montini, futuro Paolo VI, allora responsabile dell’intelligence vaticana. Gli Alleati già sapevano che avrebbero vinto, e volevano progettare in anticipo l’Europa del dopoguerra. Fin qui, tutto bene: logico che gli Usa si rivolgessero al Papa, visto che l’Italia era ancora in mano a Mussolini, e che l’antifascismo era largamente comunista. Ma un giorno l’esoterista francese Maurice Schumann, gollista e interlocutore di Rumor, svelò al cattolico italiano chi c’era veramente, dietro al piano: la Struttura. Una cupola esclusiva, ininterrottamente al potere, nel mondo, da quasi 12.000 anni.Follia? Non secondo l’archeologo Loris Bagnara, che ha verificato sul campo: le indicazioni di Rumor (cioè di Schumann) corrispondono in modo impressionante con la geografia e la toponomastica dei luoghi dove si sarebbe costituito quell’antico potere, nato in Mesopotamia e poi trasferitosi nell’Egitto dei faraoni prima di approdare in Palestina e quindi nel Mediterraneo fenicio e poi greco-romano. L’eminente politoligo Giorgio Galli, autore della prefazione del libro di Rumor, conferma: i nomi citati dal dossier-Schumann sono perfettamente coerenti con la mappa del vero potere, anche di quello euro-atlantico del Novecento. Politici, industriali e finanzieri: tutti esoteristi, vincolati al reciproco segreto sull’origine della Struttura, sostanzialmente iniziatica, risalente – a loro dire – attorno al 9.500 avanti Cristo, tra le rive del Tigri e quelle dell’Eufrate, cioè dove Zecharia Sitchin attribuisce agli Anunnaki, i misteriosi Figli delle Stelle, la “fabbricazione” dell’homo sapiens nella versione poi narrata dai Sumeri. Di quella storia – avverte Mauro Biglino, già traduttore ufficiale delle Edizioni San Paolo – la Bibbia non è che la fotocopia: la Genesi descrive la nascita di Eva mediante clonazione genetica, proprio come la pecora Dolly, ad opera degli Elohim come Yahvè, cioè i Figli delle Stelle palestinesi.Autore di culto in Italia, pubblicato anche da Mondadori (trecentomila copie vendute), a Biglino nessuno contesta la riscoperta letterale della Bibbia: l’interpretazione teologico-spiritualista del testo si rivela completamente infondata (Yahvè non era “Dio”, ma solo uno dei tanti Elohim citati). Semmai, la Bibbia – ammesso sia attendibile, visto che è stata riscritta ininterrottamente fino al medioevo – propone un’altra storia: la nascita dell’umanità attuale, così improvvisamente evoluta, sarebbe opera dell’ibridazione genetica dei Figli delle Stelle, che avrebbero immesso il loro Dna in quello dei primitivi ominidi. Biglino è rispettato anche ad Harvard, dove alla facoltà di medicina si raccomandano i suoi libri. E sulla sua ipotesi stanno convergendo decine di scienziati, che lo hanno messo a capo di un progetto di ricerca senza precedenti: studi interdisciplinari, anche archeologici, per verificare quel che la Bibbia racconta, alla lettera. E le religioni monoteiste? La prima, l’ebraismo, secondo Biglino sarebbe nata attorno al VI secolo avanti Cristo, quando Yahvè sparì di colpo, in seguito all’avvento dei babilonesi che sottomisero gli ebrei. Da allora, dice lo studioso, ad assumere la leadership del popolo ebraico furono i sacerdoti, cioè la casta degli ex “maggiordomi” di Yahvè: furono loro, manipolandola, a trasformare la Bibbia nel “libro sacro” che non era mai stato.Quando poi l’Impero Romano – oltre mezzo millennio dopo, nel 70 dopo Cristo – represse duramente gli ebrei distruggendo il Tempio di Salomone a Gerusalemme, gli stessi sacerdoti contrattarono il loro futuro con i nuovi padroni: cedettero ai romani il Tesoro del Tempio, in cambio di una vita agiatissima nella capitale imperiale, da cui poi – attraverso svariati passaggi – diedero vita alla nuova religione, il Cristianesimo cattolico, ufficialmente coniato da Costantino nel 325 al Concilio di Nicea. Lo stesso Paolo Rumor, attingendo al memoriale Schumann, sostiene che la mitica Struttura si sarebbe spezzata in due tronconi, a Gerusalemme, proprio attorno all’Anno Zero. Di recente, Biglino ha accennato a libri di prossima uscita, dal contenuto sconcertante: attraverso accurate analisi di fonti d’archivio, emerge una sbalorditiva continuità nel potere europeo attraverso i secoli, con in primo piano – da Gerusalemme a Roma, fino al Nord Europa – sempre le stesse famiglie. La sua tesi è nota: attraverso la Bibbia, siamo stati finora governati da un unico schema di potere, concepito sotto forma di dominio. Lo stesso sistema finanziario attuale, che regge il pianeta, è quello enunciato da Yahvè: potrai prestare denaro ma non richiederlo, perché chi riceve denaro in prestito ne diventa schiavo. E a proposito: dov’è finito, Yahvè? Sicuri che sia sparito per sempre dalla circolazione?Se un giorno si scoprisse che gli Elohim come quello che gestiva la famiglia di Giacobbe sono qui tra noi e controllano tutto – dice Biglino – certo non me ne stupirei: secondo la Bibbia potevano vivere anche 30.000 anni. Assurdo? Mica tanto: la distanza fra i loro 30 millenni e i nostri 90 anni è infinitamente più piccola di quella che separa una tartaruga gigante (200 anni) da una farfalla che viva solo 24 ore. Di giorno in giorno, si moltiplicano scoperte che sconquassano le vecchie certezze archeologiche: la Piramide di Cheope (vera datazione, 20.000 anni) è una potente “fabbrica di energia”: è presidiata dai fisici che vi osservano gli stranissimi fenomeni che ospita, come l’abbattimento di particelle subatomiche. A Visoko, in Bosnia, sono state scoperte le più grandi piramidi della Terra, risalenti a 30.000 anni fa. E al largo dell’India spuntano città sommerse – probabilmente dal maremoto di 11.500 anni fa (il Diluvo Universale?), scatenatosi proprio nel periodo in cui a Göbekli Tepe, in Turchia, fu costruito il tempio più antico della Terra, in un’area in cui gli scavi rivelano che la nascita dell’agricoltura risale addirittura al Mesolitico. Scoperte che costringono a retrodatare la nostra storia, cancellando quello che fino a ieri credevamo di sapere.Sotto certi aspetti, è come se le incredibili scoperte dell’archeologia odierna costringessero a ripensare la stessa geopolitica attuale. Si perde tempo, ripete Magaldi, se ci si ferma ancora a valutarla come scontro tra nazioni: c’è ben altro, dietro le quinte. Se lo domandava anche Barnard: vi siete mai chiesti come mai la politica non riesce mai a mantenere le sue promesse? E perché le cose vanno di male in peggio, nonostante il pianeta non sia mai stato così ricco, vista la nostra capacità esponenziale di produrre beni, grazie alla vertiginosa rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni? Colpa dell’élite neo-feudale, si risponde Barnard. Ed è un’élite non certo illuminata, aggiunge Magaldi: si tratta di un’oligarchia del denaro, reazionaria, neo-conservatrice, il cui massimo livello di potere – al di sopra delle entità paramassoniche come il Bilderberg – è rappresentato dalle 36 Ur-Lodges che dominano il globo. E se ci fosse dell’altro ancora, sopra le midiciali superlogge? Magari la “Yahvè SpA”, affidata a emissari collaudatissimi? E’ l’interrogativo che rilancia Biglino, convinto che gli Elohim (come gli Anunna sumeri, i Theoi greci, i Deva indiani) non siano affatto scomparsi, dimenticandosi delle loro “creature”. Anzi, aggiunge lo studioso: sarebbe perfettamente plausibile scoprire, un giorno, che dietro ai maggiori potentati terrestri vi siano proprio “quelli là”, i Figli delle Stelle, l’un contro l’altro armati: è uno schema ripetuto in tutti i libri antichi, compresa la Bibbia.Data fatidica, il 14 luglio: nel 1789 a Parigi veniva assaltata la Bastiglia, evento culminante della Rivoluzione Francese che segnò la fine dell’Ancien Régime, il sistema plurisecolare dell’assolutismo monarchico. Solo tre anni fa, invece – ma sempre in Francia, e sempre il 14 luglio – il killer franco-tunisino Mohamed Lahouaiej-Bouhle faceva strage a Nizza col suo camion, travolgendo i passanti sulla Promenade des Anglais: 86 morti e 302 feriti. Ovviamente l’attentatore era già stato segnalato alla polizia, come poco di buono. E ovviamente nessuno aveva pensato di controllare e sgomberare il suo camion bianco, fermo da giorni su quel lungomare divenuto “off limits” in vista della festa nazionale francese. E ancora: l’assassino – prima di essere freddato dalle forze dell’ordine, come d’abitudine, prima che potesse parlare – aveva anche avuto cura di lasciare a disposizione dei poliziotti i suoi documenti, ben in vista nell’abitacolo del veicolo. Un caso da manuale, secondo Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni”: un messaggio intimidatorio rivolto alla massoneria progressista, che considera proprio il 14 luglio la prima pietra miliare verso la conquista della democrazia, almeno in Occidente.
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Giornali muti sulla crisi italiana, ma pronti a sbranare Feltri
Basso impero, l’avrebbe definito Giorgio Bocca. Il giornalismo italiano? Scomparso, ridotto a recitare veline di palazzo. Eppure a quanto pare esiste ancora, se è vero che due cronisti – Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi – si appellano addirittura all’Ordine dei giornalisti, letteralmente indignati. Contro il silenzio del mainstream? Contro le bugie quotidiane del sistema radiotelevisivo? Contro l’omertosa reticenza delle redazioni di fronte a qualsiasi evento di rilievo, italiano e internazionale? Macché. Ce l’hanno con Vittorio Feltri, che si è permesso di insolentire nientemeno che il commissario Montalbano, cioè un personaggio letterario, proprio mentre il suo autore – Andrea Camilleri – lotta in ospedale tra la vita e la morte. Borrometi è un giornalista coraggioso, messo in pericolo dalla mafia. Ruotolo, popolare in Tv, è lo storico inviato di Michele Santoro. «Le parole di Vittorio Feltri su Andrea Camilleri e le sue opere – scrivono, in una lettera al presidente dei giornalisti italiani, Carlo Verna – hanno rappresentato per noi la goccia che ha fatto traboccare il vaso». E cos’avrebbe mai detto, Feltri, di così inaccettabile? «Mi dispiace, perché un uomo anche vecchio che muore suscita in te un certo dolore. Però – ecco il passaggio sotto accusa – mi consolerò pensando al fatto che Montalbano non mi romperà più i coglioni».Le parole di Feltri sono andate in onda sulla Rai nella trasmissione radiofonica “I lunatici”, di Radio Due, condotta da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio. «Quel terrone mi ha stancato», dice Feltri, riferendosi al commissario siciliano interpretato in televisione da Luca Zingaretti. Tutte le volte che gli capita di vedere Montalbano in Tv, aggiunge il direttore di “Libero”, gli torna subito alla mente il fratello dell’attore, cioè il neosegretario Pd Nicola Zingaretti, che «non è proprio il massimo della simpatia». Aggiunge Feltri: «Questa però è una mia opinione un po’ così, scherzosa». Quanto all’anziano autore di Montalbano, invece, Feltri si esprime in questi termini: «Camilleri, che ha avuto successo dopo i 70 anni, in me suscita ammirazione perché è stato un grande narratore, che peraltro si inserisce nella tradizione siciliana della letteratura insieme a scrittori come Pirandello e Sciascia». Ma niente da fare, a Borrometi e Ruotolo non basta: «Abbiamo deciso di autosospenderci dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti perché ci consideriamo incompatibili con l’iscrizione di Vittorio Feltri all’albo professionale», scrivono, anche se poi è il presidente stesso, Scarpa, a precisare: è solidale con loro, però dall’Ordine non ci si può “autosospendere”, ma solo cancellare.«Riteniamo gli scritti e il pensiero del direttore Feltri veri e propri crimini contro la dignità del giornalista», scrivono i due. «Ne va della credibilità di ognuno di noi e della nostra categoria. Adesso basta. O noi o lui». E aggiungono: «Quel “terrone che ci ha rotto i coglioni” per noi figli del Sud è inaccettabile. Non è in gioco la libertà di pensiero. Sono in gioco i valori della nostra Costituzione». Accusano: «Ogni suo scritto trasuda di razzismo, omofobia, xenofobia. “Dopo la miseria portano le malattie” (rivolto ovviamente ai migranti), l’ormai tristemente celebre “Bastardi islamici” o, uscendo dal seminato delle migrazioni, robaccia come “Più patate, meno mimose” in occasione dell’8 marzo (e le diverse varianti dedicate anche a Virginia Raggi, con il “patata bollente”) o “Renzi e Boschi non scopano”. Poi gli insulti a noi del sud con il celebre “Comandano i terroni” e infine il penultimo, di qualche mese fa, “vieni avanti Gretina” (dedicato alla visita a Roma di Greta Thunberg)». L’idea che il direttore di “Libero” offre, concludono Borrometi e Ruotolo, «è che si possa, impunemente, permettersi questo avvelenamento chirurgico». A Feltri imputano mancanza di senso del limite, deontologia, misura, buon senso e addirittura dignità. «Continuiamo a batterci contro la censura e gli editti, ma non possiamo accettare tra noi chi istiga all’odio. Ne va della nostra credibilità».Nato a Modica (Ragusa), Borrometi vive sotto scorta da quando è stato aggredito, in Sicilia, per le sue scomode inchieste sul business mafioso. Cronista dell’Agi, è stato trasferito a Roma per metterlo al riparo dalle continue minacce. Il potere lo conosce da vicino: Borrometi è stato ricevuto a Palazzo Chigi da Gentiloni, a Palazzo Madama da Pietro Grasso e in Vaticano da Papa Francesco, mentre Mattarella l’ha fatto “Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana”. Anche Ruotolo vive sotto scorta, dopo le minacce ricevute nel 2015 dal Clan dei Casalesi. Napoletano, è stato a fianco di Santoro dai tempi di “Samarcanda”, fine anni Ottanta. Nel 2013 si è candidato con Antonio Ingroia nella lista “Rivoluzione civile”, rimasta fuori dal Parlamento. Nel corso della campagna elettorale, al termine di un dibattito televisivo si è rifiutato di stringere la mano a Simone Di Stefano (CasaPound) dichiarandosi «orgogliosamente antifascista». E adesso, insieme a Borrometi, tuona contro Feltri: «O lui, o noi». Suona quasi come un appello perché il reprobo sia espulso dall’Ordine dei giornalisti, organismo che peraltro esiste solo in Italia, retaggio dell’occhiuta sorveglianza di Mussolini sulla stampa nazionale. A proposito: perché non abolirlo, l’inglorioso ordine professionale, visto che bastano e avanzano le leggi vigenti per tutelare sia i giornalisti che le vittime del propagandismo squadristico truccato da giornalismo?Ma il tema – libertà dell’informazione, senza recinti polverosamente post-fascisti – non sfiora Rutolo e Borrometi (non oggi, almeno). Il nemico si chiama Vittorio Feltri, monumento nazionale del giornalismo-contro (contro i giornalisti conformisti, in primis). Fieramente ostico, scontroso, sulfureo – spesso urticante, volutamente sgradevole – Feltri affonda i suoi strali quotidiani nella melassa inguardabile del mainstream gracidante, dei colleghi appiattiti sull’imbarazzante galateo del pensiero unico (politicamente corretto, ma per nulla giornalistico). Spariti Bocca, Biagi e Montanelli, è proprio la mediocrità desolante dei replicanti – i vari Giannini, Floris, Berlinguer, Formigli, Annunziata – a fare di Feltri il gigante che probabilmente non è. Amico personale della Fallaci, Feltri ha seguito la grandissima giornalista nella cecità assoluta dimostrata dall’Oriana nazionale di fronte all’11 Settembre, senza vedere che lo “scontro di civiltà” era una montatura terroristica interamente occidentale. Già berlusconiano e sempre controcorrente, pronto alla solitudine delle polemiche più aspre, a Feltri non difetta certo il coraggio: semmai, come quasi tutti gli altri, non ha compreso per tempo la reale natura del “golpe” neoliberale del 2011, dietro la maschera di Mario Monti. E ancora oggi, purtroppo, fatica a discernere tra debito pubblico e debito reale del sistema-paese, anche lui criminalizzando il deficit dello Stato, in un paese da decenni in avanzo primario: lo sa, Feltri, che lo Stato incassa con le tasse più di quanto non spenda per i cittadini?Quanto ai suoi detrattori – tantissimi, quasi tutti i suoi colleghi – va detto che, in questi anni, hanno brillato per renitenza professionale e alto tradimento dei lettori e dei telespettatori: se il famoso Ordine avesse un senso, quanti di loro avrebbero diritto di farne parte? Che c’azzeccano, con la categoria giornalistica, la Monica Maggioni reclutata dalla Trilaterale nonostante fosse dirigente Rai? E che dire di Lilli Gruber, ospite fissa del Bilderberg? Non hanno niente da dire, su questo, gli illustri Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi? Pensano davvero che siano gli eccessi polemici e le cadute di stile a compromettere la dignità professionale dei “cani da guardia della democrazia”? Dicono ancora qualcosa i nomi di Bob Woodward e Carl Bernstein (“Washington Post”) che nel remoto 1972 – ben prima dell’odierna era glaciale – fecero crollare la presidenza Nixon con lo scandalo Watergate? Vinsero il Pulitzer, ovviamente, ma non erano al guinzaglio di alcuna corporazione post-mussoliniana. Un altro Pulitzer, il connazionale Seymour Hersh, è stato franco quanto l’insopportabile Feltri: se i giornalisti non avessero abdicato al loro compito fondamentale, in questi anni avremmo avuto meno guerre e meno stragi, perché – di fronte a una stampa con la schiena diritta – il potere non avrebbe osato spingersi oltre certi limiti.Bassa macelleria fondata sulla menzogna sistematica, praticabile solo a patto di non avere noie, dalla stampa. Un caso mondiale, emblematico? Le inesistenti “armi di distruzioni di massa”, pretesto per invadere l’Iraq di Saddam ponendo le premesse per una destabilizzazione geopolitica di tipo stragistico, cominciata con l’abbattimento delle Twin Towers e culminata coi tagliagole dell’Isis a seminare il terrore sia in Medio Oriente che nel cuore dell’Europa, con attentati sinistramente massonici (non islamici) nella loro spietata simbologia. Chi lo dice? Gioele Magaldi, per esempio: un autore che per l’italico mainstream resta oscuro quanto il suo besteller, “Massoni”, letteralmente ignorato da tutti i talkshow nonostante facesse nomi e cognomi, da Napolitano in giù, come inutilmente ricordato persino in Parlamento dai 5 Stelle. Dove sono, i giornalisti italiani, quando qualcuno si espone per svelare i retroscena della crisi che sta sventrando il paese? Oggi sono tutti a fischiare comodamente il puzzone di turno, Matteo Salvini, mettendo nel mazzo – per buon peso – lo stesso Feltri, notorio estimatore del capo leghista. Tutto fa brodo, pur di non avvistare il pericolo: va benissimo anche lo scalpo di Armando Siri (solo indagato, tuttora) per colpire la Flat Tax e il governo gialloverde, che ha avuto l’improntitudine di pensare che l’Italia si potesse governare anche senza sottomettersi alle mafie politiche locali, succursali delle mafie politiche europee.Per il mainstream che odia Salvini e detesta Feltri, il supermassone occulto Mario Draghi, quasi onnipotente signore d’Europa dopo l’esordio sul Britannia da cui collaborò alla svendita del paese, resta essenzialmente Super-Mario, ipotetico futuro premier quando finalmente il vero potere si sarà scrollato di dosso gli intrusi dell’ultima ora, i pasticcioni gialloverdi. Il governo non è libero di decidere nulla – ha ammesso Pino Cabras, parlamentare pentastellato, in un convegno del Movimento Roosevelt a Londra – perché nei ministeri e nei palazzi-chiave, cominciando dal Quirinale, domina il Deep State. Qualcuno, della libera stampa italiana pronta ad azzannare Feltri per gli sberleffi a Montalbano, si è peritato di rilanciare la notizia? Gli specialisti dell’antimafia sono coraggiosamente impegnati sul fronte della micro-mafia nazionale. Ma i loro colleghi come si regolano, con la vera macro-mafia, quella eurocratica, che da trent’anni ha dichiarato guerra all’Italia sbaraccando la Prima Repubblica? Divorzio fra Tesoro e Bankitalia, Sme, Trattato di Maastricht, Fiscal Compact, pareggio di bilancio. L’ex potenza industriale mediterranea ha perso il 25% del suo potenziale in una manciata di anni. Crisi, recessione, esasperazione. Dov’erano, i giornalisti, mentre tutto questo accadeva? E dove sono oggi? Nel solito posto: comodi, in platea, a distrarre il pubblico. Che screanzato, quel Feltri. Sia messo al bando, perché sciupa la foto di gruppo del glorioso giornalismo italiano.(Giorgio Cattaneo, “Con che coraggio attacca Feltri – per le battute su Montalbano – il giornalismo italiano che da trent’anni non dice la verità sulla crisi del paese?”, dal blog del Movimento Roosevelt del 21 giugno 2019).Basso impero, l’avrebbe definito Giorgio Bocca. Il giornalismo italiano? Scomparso, ridotto a recitare veline di palazzo. Eppure a quanto pare esiste ancora, se è vero che due cronisti – Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi – si appellano addirittura all’Ordine dei giornalisti, letteralmente indignati. Contro il silenzio del mainstream? Contro le bugie quotidiane del sistema radiotelevisivo? Contro l’omertosa reticenza delle redazioni di fronte a qualsiasi evento di rilievo, italiano e internazionale? Macché. Ce l’hanno con Vittorio Feltri, che si è permesso di insolentire nientemeno che il commissario Montalbano, cioè un personaggio letterario, proprio mentre il suo autore – Andrea Camilleri – lotta in ospedale tra la vita e la morte. Borrometi è un giornalista coraggioso, messo in pericolo dalla mafia. Ruotolo, popolare in Tv, è lo storico inviato di Michele Santoro. «Le parole di Vittorio Feltri su Andrea Camilleri e le sue opere – scrivono, in una lettera al presidente dei giornalisti italiani, Carlo Verna – hanno rappresentato per noi la goccia che ha fatto traboccare il vaso». E cos’avrebbe mai detto, Feltri, di così inaccettabile? «Mi dispiace, perché un uomo anche vecchio che muore suscita in te un certo dolore. Però – ecco il passaggio sotto accusa – mi consolerò pensando al fatto che Montalbano non mi romperà più i coglioni».
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Magaldi: l’Italia perde perché la paura paralizza i gialloverdi
Il nemico spara sulla folla, ma i difensori si limitano a lanciare innocui petardi dalla torre su cui si sono rifugiati. E fissano l’orizzonte, nella speranza che arrivi qualcuno a salvarli dall’assedio. Ma sbagliano tutto, se sperano che quel qualcuno si chiami Donald Trump: «Il presidente americano non è generoso con l’Italia come lo fu Roosevelt: è stato eletto solo per smascherare l’equivoco della finta sinistra, rompendo gli schemi del pensiero unico. Ma resta un isolazionista, campione di un’America non così propensa a proiettarsi verso di noi, prigionieri dell’austeriy europea». Gioele Magaldi biasima Salvini e Di Maio, che ora sembrano invocare l’aiuto americano contro i censori di Bruxelles: possibile che l’Italia non abbia il coraggio di ribellarsi da sola, e aspetti sempre che siano altri a cavarle le castagne dal fuoco? Psicologia: «Il vero guaio dei gialloverdi è che hanno paura, e su quella paura campano, alla grande, i loro avversari. Se solo i nostri smettessero di farsela sotto, scoprirebbero che il nemico è assai meno forte di quello che pensano. Ma servirebbe innanzitutto un atto di coraggio. Per esempio: mandare a casa ministri inadeguati, come Tria a Moavero, e spedire a Bruxelles – come commissario Ue – qualcuno che incarni davvero la rottura, non l’ennesimo compromesso».C’era una volta il governo del cambiamento. Poi, del cambiamento è rimasta solo la speranza tenuta accesa dalla Lega, «l’unica ad aver resuscitato l’eresia post-keynesiana candidando economisti come Bagnai e Rinaldi, pronti a smontare il dogma neoliberista del rigore di bilancio che provoca ad arte la crisi eterna». Ma, dopo il fallito assalto a Bruxelles – senza neppure il fegato di sfondare il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil, imposto da Maastricht per imbrigliare l’economia e minare il benessere diffuso – ora i gialloverdi galleggiano in un mare grigio, quello delle promesse mancate. Una su tutte: il magro sussidio che i 5 Stelle hanno chiamato reddito di cittadinanza, e che invece è solo «una tessera annonaria della povertà, che gli stessi beneficiari – pochissimi – si vergognano a esibire». Risultato: voti dimezzati. Elementare: in tanti hanno smesso di votarli, i grillini, se appaiono la copia scolorita della Lega o addirittura un possibile alleato del Pd-fantasma, come avevano lasciato credere alla vigilia delle europee. Chi sono, i 5 Stelle? Cosa sono diventati? Chi è davvero il Re Travicello piovuto a Palazzo Chigi quasi solo per “troncare e sopire”, andreottinanamente, le istanze salviniane?Ma a parte Giuseppe Conte, «Grillo Parlante non richiesto», nella lista dei deludenti c’è anche Marco Bussetti, ministro dell’istruzione. Per non parlare di Giulia Grillo, che al dicastero della sanità non ha fatto nulla per chiarire il caos-vaccini scatenato da Beatrice Lorenzin, su pressione di Big Pharma, sotto il governo Gentiloni. In web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt ne ha per tutti: e il primo della lista è Giovanni Tria, già “diffidato” (massonicamente, in termini di richiamo alla lealtà) la scorsa settimana. «Il “fratello” Tria aveva promesso di attenersi a una linea progressista, opposta a quella dei circuiti massonici neoaristocratici che dominano l’Ue». Di fatto, al netto di qualche sterzata in extremis, il ministro dell’economia si limita – insieme a Conte – a giocare in difesa. Obiettivo: tentare di portare a casa, evitando la procedura d’infrazione, il ridicolo 2% di deficit contrattato a Bruxelles. Per l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, sarebbe stato necessario almeno un 4% per vederne gli effetti già in primavera, sotto forma di crescita, in virtù del “moltiplicatore della spesa pubblica”, in base al quale un investimento mirato, messo a bilancio come deficit, può fruttare anche il 300% in termini di Pil. Ma nulla di tutto ciò è accaduto, essendo mancato il coraggio di rivendicare l’autonomia finanziaria italiana.«Badate, non è solo una questione di deficit», sostiene Magaldi: «Basterebbe stralciare dal computo del deficit gli investimenti produttivi: infrastruttre strategiche e sostegno al sistema economico nazionale, famiglie e aziende, insieme a un robusto alleggerimento fiscale». Facile a dirsi, ma il Deep State è in agguato. Lo ha ricordato il pentastellato Pino Cabras al convegno “rooseveltiano” di Londra, sul New Deal di cui avrebbe bisogno l’Europa: «Non siamo soli, al governo», ha ricordato Cabras: «Insieme ai 5 Stelle e alla Lega c’è anche lo “Stato profondo”, che ha in mano l’alta burocrazia e rema contro il cambiamento». Per capirci: appena ti muovi, sale lo spread. «Ecco, appunto: se si cambiassero le regole della Bce – dice Magaldi – si potrebbero emettere finalmente gli eurobond, cioè titoli di Stato europei garantiti dalla banca centrale di Francoforte, e così lo spread sparirebbe automaticamente». Di nuovo: facile, in teoria. In pratica, invece, proprio il supermassone reazionario Mario Draghi – l’uomo che non vuole saperne, di eurobond – si è già premurato di bocciare persino i minibot, con cui il governo vorrebbe saldare i debiti pregressi della pubblica amministrazione, per evitare che le aziende creditrici falliscano. Non a caso: i soliti poteri forti stanno manovrando per portare proprio Draghi a Palazzo Chigi, per commissariare l’Italia dopo l’effimera sbornia di speranze gialloverdi.E che fanno, Salvini e Di Maio, mentre il paese sta scivolando verso una crisi catastrofica? «Vanno negli Usa, nella vana speranza che Trump possa aiutare l’Italia, stritolata dai veri sovranismi nazionalistici – quelli di Germania e Francia, protagonisti della Disunione Europea». Diciamola tutta, insiste Magaldi: «L’Europa non esiste proprio: è tutta da costruire, dalle fondamenta». Viceversa, vogliamo fare da soli? «Benissimo, ma il compito che avremmo di fronte sarebbe lo stesso, anche fuori dall’Ue e dall’Eurozona: l’Italia ha infrastrutture fatiscenti, trasporti insufficienti, aziende in crisi, salari bassi, lavoro scarso». Finora, l’Ue ha raccontato la fiaba del “pilota automatico” che governerebbe l’economia. «Una truffa, con cui il noeliberismo si è affermato come religione. E i risultati sono sotto i nostri occhi: gli italiani sono più poveri e precari». Unico possibile Piano-B: un New Deal rooseveltiano. «Massicci investimenti pubblici, oculati e strategici». Non si scappa: «Lo Stato deve poter spendere. L’Ue non vuole? Pazienza: dovrà rassegnarsi». Il problema è politico, ma si continua a girarcisi attorno facendo finta di niente: «I politici italiani devono capire di dover affrontare finalmente uno scontro, con Bruxelles. Senza questo, i governi – compreso quello gialloverde – naufragheranno, di fronte all’inevitabile fallimento: senza soldi, non è possibile varare nessuna politica salva-Italia».Siamo a un punto di svolta decisamente storico, secondo Magaldi: se non altro, Lega e 5 Stelle hanno sdoganato la dottrina sociale keynesiana, rompendo il tabù del marmoreo pensiero unico ancora presidiato dal Deep State italico, Bankitalia e Quirinale in primis. Guai a disobbedire ai mercati, disse Mattarella bocciando Paolo Savona come ministro dell’economia. Un anno fa, l’allora battagliero Di Maio insorse, gridando l’esatto contrario: peggio per noi, se continuiamo a farci dettare la politica economica dall’oligarchia finanziaria che impone le sue regole ai governi, vanificando le elezioni e mortificando la democrazia. Dov’è finito, oggi, il coraggio dei gialloverdi? Sbiadiscono, i grillini, declinando verso la palude dove agonizza il Pd di Zingaretti, ancora impantanato a recitare la mortale ortodossia neoliberista: «Come pure Forza Italia, lo stesso Pd ripete che quest’Europa andrebbe cambiata, ma si guarda bene dal dire come, cioè in senso progressista: spesa pubblica strategica, senza più vincoli di bilancio».L’ultimo guardiano del cambiamento, almeno a parole, è Salvini. Seguiranno i fatti? Per ora, i segnali non sono rassicuranti. Armando Siri, architetto della Flat Tax, è stato silurato dal giustizialismo elettoralistico dei 5 Stelle, senza che il capo della Lega sia insorto per lasciarlo al suo posto, nel governo. «E peggio: ora si fa il nome di Enzo Movero Milanesi come possibile commissario europeo, quando invece il massone neoconservatore Moavero – già “montiano”, anche se poi convertitosi teoricamente all’impostazione progressista – sarebbe da licenziare: graditissimo ai potenti neoaristocratici che comandano in Ue, come ministro degli esteri non ha fatto assolutamente niente. E vogliamo mandare lui, a Bruxelles, come rappresentante del governo del cambiamento?». Per Magaldi, la chiave sta nella dicotomia che oppone paura e coraggio. «Con che faccia c’è ancora chi propone l’uscita dall’euro e dall’Ue, quando il governo non ha osato neppure infrangere il totem del 3% del deficit?». Se solo trovasse la forza di agire, chiosa Magaldi, l’esecutivo avrebbe grandi sorprese: «Mettendo da parte la paura, scoprirebbe che il nemico non è affatto invincibile. E i nostri avversari lo sanno benissimo: per questo continuano a spaventarci». Gli unici a non capire come stanno le cose sembrano proprio i nostri ipotetici difensori: se non faranno sul serio, finiranno presto nel museo delle cere in compagnia di Renzi e di tutti gli altri rottamatori all’italiana, bravi solo a chiacchiere.Il nemico spara sulla folla, ma i difensori si limitano a lanciare innocui petardi dalla torre su cui si sono rifugiati. E fissano l’orizzonte, nella speranza che arrivi qualcuno a salvarli dall’assedio. Ma sbagliano tutto, se si illudono che quel qualcuno si chiami Donald Trump: «Il presidente americano non è generoso con l’Italia come lo fu Roosevelt: è stato eletto solo per smascherare l’equivoco della finta sinistra, rompendo gli schemi del pensiero unico. Ma resta un isolazionista, campione di un’America non così propensa a proiettarsi verso di noi, prigionieri dell’austeriy europea». Gioele Magaldi biasima Salvini e Di Maio, che ora sembrano invocare l’aiuto americano contro i censori di Bruxelles: possibile che l’Italia non abbia il coraggio di ribellarsi da sola, e aspetti sempre che siano altri a cavarle le castagne dal fuoco? Psicologia: «Il vero guaio dei gialloverdi è che hanno paura, e su quella paura campano, alla grande, i loro avversari. Se solo i nostri smettessero di farsela sotto, scoprirebbero che il nemico è assai meno forte di quello che pensano. Ma servirebbe innanzitutto un atto di coraggio. Per esempio: mandare a casa i ministri inadeguati, come Tria a Moavero, e spedire a Bruxelles – come commissario Ue – qualcuno che incarni davvero la rottura, non l’ennesimo compromesso».
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Magaldi: vogliono comprare Tria e Conte per il dopo-Salvini
«E bravo Matteo Renzi, finalmente promosso “cameriere” del Bilderberg». Dall’alto del suo nuovo ossevatorio, l’ex leader Pd dice che il governo gialloverde non ha finora toccato palla su nessuno dei temi dell’agenda-Italia? «Se è per questo neppure il suo governo toccò palla, esattamente come i governi Letta e Gentiloni». Solo ciance, dietro alla rigida obbedienza all’ordoliberismo Ue. Però Renzi ha ragione, ammette Gioele Magaldi: dopo un anno, Lega e 5 Stelle hanno totalizzato lo stesso punteggio del fanfarone fiorentino, cioè zero. La differenza? Al Giglio Magico è subentrato «il Cerchio Tragico, targato Di Maio». E se Salvini non ha ancora trovato il coraggio di mandare a stendere Bruxelles, il pericolo maggiore viene dall’interno. Il primo “imputato” è il ministro Giovanni Tria, che sembra passato armi e bagagli al “partito di Mattarella”, intenzionato a bloccare qualsiasi cambiamento. E il peggio è che ad alzare la diga ora ci si mette pure Giuseppe Conte, con la sua prudenza esasperante. Attenti: è come se Conte e Tria fossero già “in vendita”, disposti a far naufragare l’esecutivo in cambio della promessa di future poltrone. Magaldi si rivolge a Salvini: «Se ora gli impediscono di fare la Flat Tax e di varare i minibot, stacchi la spina al governo: a quel punto saranno gli italiani, alle elezioni, a dire come la pensano».
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Silenzio, parla Visco. La politica tace, e l’apocalisse avanza
«Attenzione a quelli che gridano che l’apocalisse è vicina: sbagliano». La realtà è peggiore, secondo Gioele Magaldi, perché «l’apocalisse è già in corso». Certo, «è un’apocalisse morbida, soft: un’apocalisse fredda», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt. In altre parole, «l’apocalisse è questa cosa strisciante e melensa, per cui tutto è lasciato nella stagnazione». A monte, l’economia risponde a dei dogmi. E mentre la narrazione mainstream «ci anestetizza il cervello e ci addormenta, coi giornalisti diffidati dal fare veramente il loro mestiere, dal mantenere la schiena dritta», i politici «sono resi incapaci di intendere e volere, e di agire». L’ultimo esempio? Silenzio di tomba, dall’intero schieramento gialloverde, dopo l’ultima esternazione di Ignazio Visco. Nel bocciare l’idea dei “minibot” («sarebbero solo altro debito»), il governatore di Bankitalia “ricorda” al governo chi comanda davvero: non la democrazia, ma il potere oligarchico che controlla il denaro al di sopra dei governi – e nella fattispecie quello italiano, a cui non verranno concessi i fondi necessari per dare ossigeno all’economia. In altre parole, dice Visco, “rassegnatevi all’austerity eterna”. «E’ la dottrina ipocrita del suo maestro Mario Draghi», protesta Magaldi: «Come se a dirigere l’economia europea fosse davvero il “pilota automatico” dei “mercati”, e non invece la sapiente regia di pochi oligarchi». Il problema? «Nessuno ha replicato a Visco, nemmeno Salvini e la Meloni».Se la politica subisce in silenzio un diktat del genere, si domanda Magaldi in web-streaming su YouTube, come può fare promesse agli italiani? Come si fa a tentare di risollevare l’economia, già sapendo che il potere incarnato da Visco (terminale italiano di Draghi) ti negherà i soldi necessari a sviluppare l’occupazione? Per Magaldi, il silenzio della politica di fronte a Bankitalia è sconcertante, inaccettabile. E proprio per coprire questo mutismo assordante, si preferisce ripiegare su temi innocui e irrilevanti, come quelli su cui perdono tempo Lega e 5 Stelle, litigando fra loro. «Da una parte il mainstream intrattiene gli italiani, per settimane, su una farsa come il matrimonio-fantasma di Pamela Prati, e dall’altra Roberto Fico polemizza con Salvini sull’idea di includere anche i migranti, come “nuovi italiani”, nella comunità nazionale che celebra se stessa il 2 giugno». Fiato alle trombe, titoloni sui giornali. Non una parola, invece, per ricordare a Ignazio Visco che non può essere la Banca d’Italia a dettare al governo la politica economica: che ci stanno a fare, i parlamentari eletti dal popolo, se non possono decidere niente di importante? E’ la tragica prassi della post-democrazia. Ma appunto: Salvini e Di Maio non erano stati votati proprio per metter fine a questo abuso di potere? E quindi perché tacciono, esattamente come i loro predecessori, non appena il governatore della banca centrale “spiega” loro che possono dedicarsi a qualunque cosa, tranne che al benessere dell’Italia?Non è strano neppure che la narrazione dei grandi media venda come notizia sensazionale l’ennesima “riservatissima” riunione del Bilderberg, che in realtà non ha segreti per nessuno. «Il Bilderberg – chiarisce Magaldi, autore del saggio “Massoni” che rivela il super-potere delle 36 Ur-Lodges che dominano il pianeta – è solo un’entità “paramassonica” come la Trilaterale, la Chatham House inglese, gli statunitensi Bohemian Club e Council on Foreign Relations». Organismi creati da supermassoni, ma aperti al reclutamento di “profani” eventualmente “servizievoli”. Nel 2019 fa notizia l’invito del Bilderberg esteso a Matteo Renzi? «L’ex premier – aggiunge Magaldi – aveva inutilmente bussato alle superlogge, che però non l’hanno accolto. Ora gli offrono, come magra consolazione, la passerella del Bilderberg: un salotto dove “non si tocca palla”, perché le grandi decisioni vengono prese altrove». Per esempio, nelle Ur-Lodes in cui militano gli stessi Visco e Draghi: quelli sono i veri centri di potere, che stabiliscono – come oggi in Italia – se un governo può essere messo in condizioni di sostenere i cittadini, oppure no. Ecco la verità che bisognerebbe urlare, una volta per tutte. E invece, ancora e sempre, si sceglie il silenzio.Dalla sua trincea, il Movimento Roosevelt agita esattamente questo spettro: il dominio subdolo del potere neoliberista ha sostanzialmente confiscato la democrazia, svuotandola del suo potenziale. Magaldi ricorda che il 14 luglio a Roma nascerà il “Partito che serve all’Italia”, cantiere politico per offrire agli italiani una prospettiva di riscatto basata sull’analisi sincera della situazione, mettendo a fuoco lo strapotere abusivo e inquinante dei santuari oligarchici. Salvini e Di Maio non osano replicare a Visco? Poi non lamentiamoci, dice Magaldi, se la crisi sta facendo marcire il paese. «L’apocalisse è già qui», insiste il presidente del Movimento Roosevelt: «E’ nei salari inadeguati, nelle pensioni troppo basse, nel lavoro che non si trova, nel paese che non rinnova le sue infrastrutture». Vale per l’Italia, ma anche per gli altri paesi. «L’apocalisse è nel mondo, che è pieno di sudditi e neo-sudditi. E’ nella diseguaglianza che aumenta: l’apocalisse è già qui, non c’è bisogno di paventare chissà quale evento. Viviamo in una condizione che non è accettabile, in un mondo che potrebbe dare, a ciascuno, dignità e prosperità». Che fare? Pretendere che il governo faccia valere i suoi diritti, a tutela degli italiani. E se non basta, dare vita a nuove forze politiche con un mandato inequivocabile: sfidare l’oligarchia, per restituire sovranità democratica all’Italia e all’Europa.«Attenzione a quelli che gridano che l’apocalisse è vicina: sbagliano». La realtà è peggiore, secondo Gioele Magaldi, perché «l’apocalisse è già in corso». Certo, «è un’apocalisse morbida, soft: un’apocalisse fredda», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt. In altre parole, «l’apocalisse è questa cosa strisciante e melensa, per cui tutto è lasciato nella stagnazione». A monte, l’economia risponde a dei dogmi. E mentre la narrazione mainstream «ci anestetizza il cervello e ci addormenta, coi giornalisti diffidati dal fare veramente il loro mestiere, dal mantenere la schiena dritta», i politici «sono resi incapaci di intendere e volere, e di agire». L’ultimo esempio? Silenzio di tomba, dall’intero schieramento gialloverde, dopo l’ultima esternazione di Ignazio Visco. Nel bocciare l’idea dei “minibot” («sarebbero solo altro debito»), il governatore di Bankitalia “ricorda” al governo chi comanda davvero: non la democrazia, ma il potere oligarchico che controlla il denaro al di sopra dei governi – e nella fattispecie quello italiano, a cui non verranno concessi i fondi necessari per dare ossigeno all’economia. In altre parole, dice Visco, “rassegnatevi all’austerity eterna”. «E’ la dottrina ipocrita del suo maestro Mario Draghi», protesta Magaldi: «Come se a dirigere l’economia europea fosse davvero il “pilota automatico” dei “mercati”, e non invece la sapiente regia di pochi oligarchi». Il problema? «Nessuno ha replicato a Visco, nemmeno Salvini e la Meloni».
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Spolpare l’Italia: solo Salvini e Meloni contro il piano-Draghi
Solo Matteo Salvini e Giorgia Meloni potrebbero scongiurare l’avvento a Palazzo Chigi di Mario Draghi, invocato da Berlusconi per affondare il traballante governo gialloverde e recuperare così un ruolo politico ammiccando alla tecnocrazia europea. Lo afferma Gianfranco Carpeoro, che ha accesso a fonti riservate nell’ambito del circuito massonico internazionale. Autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che mette a fuoco la “sovragestione” che pilota i destini europei (con l’Italia il più delle volte nel ruolo di vittima), Carpeoro era stato il primo, alla vigilia delle europee, a lanciare l’allarme-Draghi: la supermassoneria reazionaria, in cui il presidente della Bce milita, sta aumentando la pressione su Super-Mario perché accetti di formare un governo “lacrime e sangue”, come quello di Monti. Le premesse ci sono tutte: l’alleanza gialloverde è al capolinea, e la crisi economica – già seria, anche a causa del mancato ampliamento del deficit – è destinata ad aggravarsi in modo artificioso, attraverso la sapiente regia politica dello spread. La solita tenaglia finanziaria, preannunciata direttamente dai tecnocrati di Bruxelles: lo provano le fughe di notizie sulle “letterine” della Commissione Europea che prospettano una severa punizione per il nostro paese, costretto a tagli sanguinosi e al probibile aumento dell’Iva.A completare il quadro, i ministeri-colabrodo da cui escono le notizie: questo è un governo che non gode della leale collaborazione di molti dirigenti e funzionari ministeriali, dice Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Certo Salvini ha vinto, alle europee, ma non ha stravinto. Altro dato: una parte della magistratura gli ha dichiarato guerra. Lo dimostra il dissequestro della nave Sea Watch, ampiamente previsto dallo stesso Carpeoro: «Un bell’escamotage, per scavalcare il ministro dell’interno. Prima si sequestra la nave, sottraendola così al controllo del governo. Poi si fanno sbarcare i migranti, e infine si dissequestra il natante. Risultato: tutti i migranti entrano in Italia, alla faccia di Salvini, e senza che nessun altro paese europeo si assuma l’onere dell’accoglienza». Tutto questo, senza contare la “guerriglia” dei 5 Stelle pro-Ong. «Stanno cercando di spingere Salvini, in ogni modo, a far saltare il governo». Ed è esattamente l’obiettivo numero uno dell’eurocrazia, che sogna di insediare Mario Draghi – in autunno – al posto di Giuseppe Conte. Obiettivo: «Finire di svendere l’Italia, cioè la metà che ancora ci resta, facendoci fare la fine della Grecia». Dettaglio: vorrebbero mettere le mani anche sui nostri beni culturali. E soprattutto: impedire che vengano un giorno conteggiati, come patrimonio di altissimo valore anche finanziario, nel rating dell’Italia. «Portaci via anche i beni culturali sarebbe la “soluzione finale”, come quella attuata da Hitler per annientare gli ebrei».Per Carpeoro, la situazione è gravissima. Uno dei problemi si chiama Luigi Di Maio: «Non che avessi molta fiducia in lui, ma si è dimostrato uno zero assoluto. E se hai degli zeri, anziché degli statisti, dove speri di andare?». Molto meglio Salvini, oggi al centro di un autentico assedio, su ogni fronte (politico, mediatico, giudiziario). «Ma nemmeno Salvini è adeguato alla situazione», ammette Carpeoro: al leader della Lega mancano l’esatta visione della situazione e una sufficiente capacità di proiezione nel futuro. Molta tattica, ma senza una vera strategia. Nel gioco s’è infilato in contropiede l’anziano Berlusconi, che per uscire dall’angolo s’è inventato la carta Draghi: «Una mossa abile e raffinata per tornare ad avere un ruolo politico, in questo caso alleandosi con la tecnocrazia Ue». Ma nemmeno Berlusconi ha fatto bene i suoi conti: «Si è presentato come il garante dell’ordine europeo, è vero, ma non ha capito che l’Europa non ha nessuna paura del sovranismo. In più, dalle elezioni la burocrazia Ue è uscita rafforzata, non certo indebolita».Forse, il Cavaliere riuscirà davvero a spianare a Draghi la strada per Palazzo Chigi (nel caso, con la determinante collaborazione dei poteri forti, Quirinale e Bankitalia in testa, aiutati dall’impennarsi dello spread e dal consueto gioco al massacro delle agenzie di rating). Ma alla fine Forza Italia si sfalderà: «E’ un partito pieno di Casini e di Alfani, tutta gente con la valigia sempre pronta». I grillini? Ormai in caduta verticale: la base non riesce a esprimere un’alternativa alla sciagurata leadership di Di Maio, «telecomandato da un Davide Casaleggio che ormai si consulta regolarmente con personaggi come Tajani e Jacques Attali, l’eminenza grigia di Macron». Il Pd zingarettiano? Encefalogramma politicamente piatto: si limita a sperare che Conte (cioè Salvini) cada, lasciando il posto a Draghi. «E con Draghi, Salvini non avrebbe nessuna possibilità di sopravvivenza, al governo». Unica chance: «Lui e la Meloni hanno i numeri per tentare di resistere, ed entrambi hanno forti ambizioni personali». Escluse, ovviamente, le elezioni anticipate: Salvini e Meloni vincerebbero, potendo poi governare insieme. Come finirà? Male, secondo Carpeoro, perché – tanto per cambiare – mezza Europa spera di banchettare sul cadavere dell’Italia, dopo aver spolpalto gli italiani con il consueto appoggio dei “collaborazionisti” interni. «Duecento anni fa, l’Italia non esisteva neppure: era in mano a signorotti che si vendevano allo straniero per far fuori lo starerello confinante. Non è cambiata molto, la situazione». E oggi stiamo per toccare il fondo, con una crisi sociale che minaccia di farsi devastante. «Se non altro, più scuro di mezzanotte non può fare. E ormai ci siamo».Solo Matteo Salvini e Giorgia Meloni potrebbero scongiurare l’avvento a Palazzo Chigi di Mario Draghi, invocato da Berlusconi per affondare il traballante governo gialloverde e recuperare così un ruolo politico ammiccando alla tecnocrazia europea. Lo afferma Gianfranco Carpeoro, che ha accesso a fonti riservate nell’ambito del circuito massonico internazionale. Autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che mette a fuoco la “sovragestione” che pilota i destini europei (con l’Italia il più delle volte nel ruolo di vittima), Carpeoro era stato il primo, alla vigilia delle europee, a lanciare l’allarme-Draghi: la supermassoneria reazionaria, in cui il presidente della Bce milita, sta aumentando la pressione su Super-Mario perché accetti di formare un governo “lacrime e sangue”, come quello di Monti. Le premesse ci sono tutte: l’alleanza gialloverde è al capolinea, e la crisi economica – già seria, anche a causa del mancato ampliamento del deficit – è destinata ad aggravarsi in modo artificioso, attraverso la sapiente regia politica dello spread. La solita tenaglia finanziaria, preannunciata direttamente dai tecnocrati di Bruxelles: lo provano le fughe di notizie sulle “letterine” della Commissione Europea che prospettano una severa punizione per il nostro paese, costretto a tagli sanguinosi e al probabile aumento dell’Iva.
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Renzi al Bilderberg con Gruber, ma il vero potere è altrove
La 67ma riunione del gruppo Bilderberg si terrà a Montreux, in Svizzera, dal 30 maggio al 2 giugno. Politica, economia, industria, finanza e media: tra i circa 130 partecipanti, nella “delegazione” italiana ci saranno Matteo Renzi, Stefano Feltri del “Fatto Quotidiano” e Lilli Gruber. Lo conferma, in una nota, l’“Huffington Post”. Saranno trattati 11 grandi temi globali in quattro giorni, tra questi anche ambiente e futuro: “Un ordine strategico stabile”, “Quale futuro per l’Europa?”, “Cambiamenti climatici e sostenibilità”. E poi “Cina”, “Russia”, “Il futuro del capitalismo”, “Brexit”. E ancora: “L’etica dell’intelligenza artificiale”, “I social media come arma”, “L’importanza dello spazio”, “Le minacce cyber”. «A iniziare le conferenze del gruppo – scrive l’“Huffington” – fu un’idea del magnate statunitense David Rockefeller. La prima riunione si tenne il 29 maggio del 1954 all’Hotel Bilderberg nei Paesi Bassi e il punto focale dell’incontro fu la crescita dell’antiamericanismo che si respirava in Europa occidentale». Lo stesso Bilderberg oggi spiega che a Montreux è invitato «un gruppo eterogeneo di leader politici ed esperti dell’industria, della finanza, del mondo accademico, del lavoro e dei media».Fondato nel 1954, il Bilderberg Meeting è una conferenza annuale «progettata per favorire il dialogo tra Europa e Nord America», spiega lo stesso club sul proprio sito. Ogni anno, tra 120-140 leader politici ed esperti dell’industria, della finanza, del lavoro, del mondo accademico e dei media sono invitati a prendere parte al Meeting. Circa due terzi dei partecipanti provengono dall’Europa e il resto dal Nord America; circa un quarto dalla politica e dal governo e il resto da altri campi. Il Bilderberg si definisce «un forum per discussioni informali su questioni importanti». Gli incontri «si svolgono secondo la Chatham House Rule, che stabilisce che i partecipanti sono liberi di utilizzare le informazioni ricevute, ma né l’identità né l’affiliazione degli oratori o di altri partecipanti possono essere rivelate». Grazie alla natura privata del Meeting, i partecipanti «prendono parte come individui piuttosto che in qualsiasi veste ufficiale, e quindi non sono vincolati dalle convenzioni del proprio ufficio o da posizioni prestabilite». In quanto tali, «possono prendere tempo per ascoltare, riflettere e raccogliere idee». Non vi è alcun ordine del giorno dettagliato, non vengono proposte risoluzioni, non vengono votate né emesse dichiarazioni politiche.Da anni, il Bilderberg fa parlare di sé lasciando trapelare (o addirittura presentando apertamente) la lista degli invitati. «Tanta sovraesposizione – sostiene il saggista Gianfranco Carpeoro, acuto analista delle dinamiche del potere – sembra fatta apposta per lasciare al riparo, nell’ombra, i veri centri di potere». Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni”, spiega che il Bilderberg (come la Trilaterale e la Chatham House inglese, il Council on Foreign Relations statunitense, il Gruppo dei Trenta, la stessa Bce) sono in realtà istituzioni “paramassoniche”, cioè progettate da massoni ma aperte a “profani”. In pratica, cinghie di trasmissione del vero potere, che per Magaldi è esercitato – in modo occulto – dalle 36 superlogge sovranazionali che hanno in mano governi, finanza e geopolitica. Fanno parte di questa categoria i think-tanks come l’Aspen Institute, il Forum di Davos, il Club di Roma. Sono gli incubatori dell’attuale mondialismo, che le Ur-Lodges di segno neo-conservatore hanno sostanzialmente imposto al pianeta dopo il crollo dell’Urss, al termine di una lunga preparazione avviata nel 1971 con il Memorandum neoliberista di Lewis Powell (Wall Street) e completata nel 1975 con il manifesto “La crisi della democrazia”, saggio firmato da Samuel Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki su commissione della Trilaterale.Attraverso l’analisi della massoneria di potere, nel suo lavoro editoriale Magaldi sintetizza la traiettoria dell’Occidente nell’ultimo mezzo secolo: l’espansione del progressismo varato da Roosevelt in base alla dottrina economica di Keynes (benessere diffuso) proseguì fino alla presidenza di Lyndon Johnson, ma – dopo l’omicidio di Jfk – fu brutalmente fermata da altri due delitti politici, l’assassinio di Bob Kennedy e Martin Luther King. In Europa, l’Italia fu il campo di battaglia che vide opporsi le due anime della supermassoneria: un funzionario kennediano come Arthur Schlesinger jr. fu determinante nel neutralizzare i tre tentativi di golpe condotti nella pensiola. E al colpo di Stato dei colonnelli in Grecia, i progressisti risposero nel ‘74 con la Rivoluzione dei Garofani in Portogallo, fatta scattare non a caso il 25 aprile, per ricordare la liberazione antifascista dell’Italia. Quattro anni dopo fu rapito e ucciso Aldo Moro, politico che intendeva preservare la sovranità italiana di fronte al nuovo globalismo che stava già progettando l’Ue. Poco prima del sequestro, Moro fu minacciato e intimidito a Washington da Kissinger: fu lo stratega del golpe cileno ad “avvertire” il leader democristiano che avrebbe rischiato la vita, insistendo con l’alleanza con il Pci di Berlinguer.Nel suo libro, Magaldi rivela che Kissinger è stato l’eminenza grigia della “Three Eyes”, la superloggia che più di ogni altra, prima dell’11 Settembre, si è impegnata per fermare l’avanzata dei diritti sociali in Occidente. Sempre Magaldi sostiene che la P2 di Gelli non era che il braccio operativo italiano della “Three Eyes”. In un recente convegno a Milano, il Movimento Roosevelt – di cui Magaldi è presidente – ha ricordato le figure di Olof Palme e Thomas Sankara. Due massoni progressisti, assassinati nella seconda metà negli anni ‘80 alla vigilia dell’avvento della globalizzazione neoliberista del pianeta, che avrebbe incluso anche la Cina e che oggi colpisce duramente l’Africa: lo stesso Sankara, leader carismatico del Burkina Faso, si era opposto alla schiavitù finanziaria del debito. Palme, unico premier europeo ucciso mentre era in carica, fu freddato a Stoccolma nel 1986. Un uomo scomodo: fautore del miglior welfare europeo e dell’impegno diretto dello Stato nell’economia sociale, avrebbe ostacolato la nascita di questa Ue, di segno oligarchico. Un anno dopo l’omicidio Palme scomparve da Roma il professor Federico Caffè: era considerato il maggior economista keynesiano d’Europa, capace di fornire agli Stati gli strumenti per consentire ai governi di sostenere finanziariamente le economie, puntando al benessere dei cittadini.Il neoliberismo è oggi la nuova religione universale: ne fanno professione anche Lilli Gruber, Matteo Renzi e lo stesso Mattia Feltri, ospiti del Bilderberg. La teologia neoliberale prevede che siano gli attori finanziari a decidere le politiche degli Stati, a prescindere dalle elezioni: i governi sono ricattati dal debito statale, che si chiama ancora “pubblico” ma è stato privatizzato, essendo detenuto da fondi d’investimento privati. Di qui il dogma dello “Stato minimo”: obbligo di tagliare la spesa pubblica, fino a ridurre a zero il ruolo sociale dello Stato con il pareggio di bilancio. Una linea politica risultata disastrosamente evidente in Italia con l’avvento di Monti nel 2011, fedele esecutore dell’austerity imposta da Bruxelles. Nel frattempo, alla crisi sociale determinata dal rigore finanziario si è accompagnata l’esplosione del caos geopolico planetario, innescato dal crollo dell’Urss e deflagrato con l’attentato del 2001 alle Torri Gemelle, per arrivare fino al terrorismo targato Isis. Una dinamica infernale, che Magaldi riconduce alla Ur-Lodge “Hathor Pentalpha” creata dai Bush per esportare in tutto il mondo la strategia della tensione. Obiettivo: imporre a mano armata la globalizzazione neoliberista. Una narrazione, questa, da cui restano lontanissimi politici come Renzi e giornalisti come Mattia Feltri e Lilli Gruber, che non ha mai neppure citato il libro di Magaldi (ben noto invece ai signori del Bilderberg e a tutti i veri potenti di questi anni, da Napolitano a Draghi).La 67ma riunione del gruppo Bilderberg si terrà a Montreux, in Svizzera, dal 30 maggio al 2 giugno. Politica, economia, industria, finanza e media: tra i circa 130 partecipanti, nella “delegazione” italiana ci saranno Matteo Renzi, Stefano Feltri del “Fatto Quotidiano” e Lilli Gruber. Lo conferma, in una nota, l’“Huffington Post”. Saranno trattati 11 grandi temi globali in quattro giorni, tra questi anche ambiente e futuro: “Un ordine strategico stabile”, “Quale futuro per l’Europa?”, “Cambiamenti climatici e sostenibilità”. E poi “Cina”, “Russia”, “Il futuro del capitalismo”, “Brexit”. E ancora: “L’etica dell’intelligenza artificiale”, “I social media come arma”, “L’importanza dello spazio”, “Le minacce cyber”. «A iniziare le conferenze del gruppo – scrive l’“Huffington” – fu un’idea del magnate statunitense David Rockefeller. La prima riunione si tenne il 29 maggio del 1954 all’Hotel Bilderberg nei Paesi Bassi e il punto focale dell’incontro fu la crescita dell’antiamericanismo che si respirava in Europa occidentale». Lo stesso Bilderberg oggi spiega che a Montreux è invitato «un gruppo eterogeneo di leader politici ed esperti dell’industria, della finanza, del mondo accademico, del lavoro e dei media».
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Carpeoro: ma con questi politici, l’Italia resterà sottomessa
Alla vigilia delle elezioni europee hanno azionato una tenaglia attorno a Salvini. Esempio: la nave Sea Watch. Salvini non voleva che entrasse nel porto, invece c’è entrata. Come? Grazie alla magistratura, che l’ha sequestrata. Quindi l’ha fatta attraccare e ha fatto esattamente quello che Salvini non voleva: ha fatto sbarcare i migranti. Poi vedrete che l’inchiesta verrà archiviata, ma intanto Salvini è stato beffato. E faranno sbarcare tutti i migranti in questo modo: ormai hanno capito come fare. Ogni volta che Salvini dirà “questa nave non entra”, la magistratura la sequestrerà e farà sbarcare i migranti. Ormai hanno trovato il trucco. Ma vi pare che le cose si possano fare così? D’altro canto, Salvini ha commesso i suoi errori. Questi politici hanno tutti lo stesso difetto: mettono le ambizioni al di sopra del progetto. Salvini pensa di prendere i voti solo con il culto della personalità. E questo in Italia funziona, ma solo a breve termine. Funziona per chi vuole vincerne una sola, di elezione. Chi vuole vincerne tante, invece, deve fare operazioni a lungo termine. Peraltro, in Italia, nell’immediato non si può fare più niente. Siamo talmente “imbalsamati” che gli obiettivi immediati ce li dobbiamo scordare. Dobbiamo capire tutti che ci tocca versare lacrime e sangue: fare fatica, facendo le cose giuste, però – perché adesso abbiamo lacrime, sangue e fatica ma facendo le cose sbagliate.Bisogna avere il coraggio di dire, agli italiani: “Io sono a lungo termine; se pretendete da me gli 80 euro il mese prossimo, rivolgetevi a qualcun altro”. Se poi gli italiani preferiscono così… Ma in questo modo il “qualcun altro” dura solo un giro, come Renzi. Nel frattempo restiamo sottomessi ai diktat del regime politico-finanziario europeo? L’Italia non deve contestare l’Europa, deve contestare il modo in cui è stata rappresentata la sua situazione economica. Il nostro paese ha il patrimonio artistico più grande del mondo, che non viene minimamente valutato. Gli altri, nei bilanci mettono finanche le noccioline; e noi non possiamo mettere a bilancio il nostro patrimonio artistico? Non è un bene? Non è un valore? Non è un patrimonio? Se io a casa ho un Renoir, nella dichiarazione dei redditi lo devo indicare. Invece lo Stato, nella “dichiarazione dei redditi” che fa per l’Europa, non ci può mettere il Colosseo. Se noi ottenessimo la revisione dei parametri economici – per un discorso di verità, non di bugia – possono garantire che il debito pubblico verrebbe azzerato. Gli stessi trattati europei non escludono neppure che, nel proprio patrimonio, si possano indicare dei beni di cui effettivamente si dispone. Non si tratta di rivedere le leggi, ma solo di dire la verità: di fare cioè delle dichiarazioni patrimoniali veritiere.Non osiamo farci valere: dipende dalla scarsa personalità dei nostri politici? Sono ricattabili, i politici italiani: tutti. Quindi, nel momento in cui alzano la voce, qualcuno gli telefona e gli dice: attenti, che in archivio ho un dossier, su di voi. Chi ha i dossier? I vari Attali, i vari Ledeen. Quali interessi difendono? I loro. Sono interessi anche personali: secondo voi questi personaggi chiedono la carità all’angolo della chiesa? Lavorano per banche, fondazioni finanziarie: tutte cose che hanno creato loro, che gestiscono loro, che manipolano loro. Le banche e gli organismi finanziari sono cose neutre, astratte: tutto dipende da chi li governa, da come li gestisce. E’ quello che intendo, quando parlo di “sovragestione”. Sarebbe un danno, per loro, se l’Italia potesse riscattarsi? No, non sarebbe un danno. Hanno semplicemente interesse a speculare sulle disgrazie: e quelle dell’Italia sono ottime, per specularci. Ma è solo una questione di guadagno: non hanno niente, contro l’Italia. Vorrei confortare tutti quanti: non c’è un odio verso il nostro paese. E’ come con la Grecia: nel momento in cui c’è la disgrazia, ci si specula sopra. Così funzionano, i pescecani. E la nostra disgrazia consiste nel fatto che, a suo tempo, non abbiamo rivendicato il nostro reale assetto economico e patrimoniale. Responsabilità di chi sedette al tavolo delle trattative per conto dell’Italia: è chiaro che la partita la perdi, se non cali i tuoi assi.Per contro, a quel tavolo non potevamo non sederci. Se fossimo rimasti fuori dal club europeo avrebbero strangolato la lira in modo inimmaginabile – come infatti stava già accadendo prima ancora dell’euro: don lo Sme e con la grande speculazione, la lira si sarebbe trasformata in una moneta ridicola. Mi si fa notare che un paese come la Corea del Sud è rimasto felicemente indipendente? Certo, ma in quel caso non hanno fatto l’Unione Asiatica: lì non c’è quel tipo di connessione finanziaria e di sovragestione che c’è da noi. Nel nostro caso, la sovragestione finanziaria esisteva già – prima ancora della creazione dell’Unione Europea. La grande speculazione c’era, eccome. La sterlina non è stata affatto strangolata? Certo, perché ha un impero suo: si chiama Commonwealth. Ha risorse, mercati e vie d’uscita enormi. Per questo la Gran Bretagna è stata costretta a uscire, dall’Ue: stava perdendo il Commonwealth. Ci sarà il boom del Brexit Party? Ormai in Inghilterra non si capisce più niente. Comunque il Regno Unito può andare dove vuole, tanto non va da nessuna parte, oggi. Se l’Europa fosse un organismo intelligente, darebbe all’Inghilterra una moratoria di 10 anni. Le direbbe: “Fa’ quello che vuoi. Esci, resta”. Invece di strangolarla, le dovrebbe dire: “Hai dieci anni di tempo, per decidere quello che vuoi fare”. Ma l’Europa non è un organismo intelligente.Ora si contestano anche le radici cristiane dell’Europa. Ma qualcuno può negare che il Cristianesimo faccia parte della storia europea? Fino al 100 dopo Cristo era un soggetto estraneo, limitato a una tradizione mediorientale. Poi ha fatto irruzione in Occidente – come anche il mitraismo e il sincretismo alessandrino, che univa le religioni greca, egizia e mitraica. C’erano tante influenze, perché ormai l’Impero Romano era una entità internazionale: c’era stata una specie di globalizzazione, e quindi è arrivato anche il Cristianesimo. Il problema? Aveva successo. Nei primi tre secoli del primo millennio era diventato, nell’Impero Romano, la religione maggioritaria. Al punto che Costantino fiutò la possibilità di farne una base solida del proprio potere imperiale, e così lo dichiarò religione di Stato. E dire che i cristiani erano stati perseguitati anche sanguinosamente, da imperatori come Traiano. Il guaio è che, una volta diventato religione di Stato, il Cristianesimo ha preso tutti i vizi del potere. Nella sua dimensione strutturale (che prima non aveva) si è plasmato proprio sul potere imperiale. E questa crescita – compresa questa sorta di tara – si è poi trasferita, pari pari, da impero a impero: dall’Impero Romano, poi sgretolato dalle invasioni, al risorgente Sacro Romano Impero.Il Sacro Romano Impero si fondava sul Cristianesimo: era il suo pilastro, tant’è vero che tutti gli imperatori venivano incoronati dal Papa (salvo momenti di frizione e conflitto per il potere materiale). Proprio il Sacro Romano Impero ci ha accompagnato direttamente fino alle porte dell’umanesimo e del Rinascimento. E cosa ha trasferito, fino ai giorni nostri? La trazione franco-germanica: comandavano francesi e tedeschi, esattamente come oggi. Questa è la vera radice europea. La storia ha una grande forza: esiste anche per chi non la riconosce. Contestare le radici cristiane dell’Europa (che non sono le uniche) è sbagliato. E’ un passaggio retorico, ma comunque irrilevante: perché alla fine la verità è che, oggi come allora, comandano i francesi e i tedeschi (a prescindere dalle istituzioni formali europee). Certo, la ricostruzione della storia non è facile, e spesso non è così veritiera. Abbiamo esempi anche recenti: una certa retorica vuole che l’Italia sia stata liberata dai partigiani, ma – se non fossero sbarcati gli americani – qui si girerebbe ancora con l’orbace.I partigiani sono stati il simbolo della reazione di una parte nobile del popolo, ma in pratica – piaccia o meno – l’Italia è stata liberata dagli americani. Si può discutere anche sul concetto di “liberazione”, certo. Ma resta il fatto che l’Italia, da sola, non si sarebbe liberata del fascismo. Americani o russi, non importa: qualcuno, da fuori, doveva intervenire. Liberata e rioccupata? Normale: la penisola è sempre stata occupata. E’ come il cesso della stazione, l’Italia: non lo trovi mai libero. Ma siamo noi che ci facciamo occupare. Non l’abbiamo difeso in niente, il nostro paese. Non abbiamo il senso dello Stato, ci manca il senso della nazione. Seguiamo poco persino la nazionale di calcio, perché non è divisiva: preferiamo le squadre di club, perché siamo campanilisti. Qualcuno si domanda perché Napoleone spogliò l’Italia di tanta arte: era il prezzo da pagare per il supporto dei francesi contro l’Impero Austro-Ungarico? Ma tutti quelli che sono venuti in Italia hanno spogliato il nostro paese. Ben prima di Napoleone, il Re di Francia (Francesco I) si portò via Leonardo: non si prese soltanto l’arte, ma pure l’artista.Alla vigilia delle elezioni europee hanno azionato una tenaglia attorno a Salvini. Esempio: la nave Sea Watch. Salvini non voleva che entrasse nel porto, invece c’è entrata. Come? Grazie alla magistratura, che l’ha sequestrata. Quindi l’ha fatta attraccare e ha fatto esattamente quello che Salvini non voleva: ha fatto sbarcare i migranti. Poi vedrete che l’inchiesta verrà archiviata, ma intanto Salvini è stato beffato. E faranno sbarcare tutti i migranti in questo modo: ormai hanno capito come fare. Ogni volta che Salvini dirà “questa nave non entra”, la magistratura la sequestrerà e farà sbarcare i migranti. Ormai hanno trovato il trucco. Ma vi pare che le cose si possano fare così? D’altro canto, Salvini ha commesso i suoi errori. Questi politici hanno tutti lo stesso difetto: mettono le ambizioni al di sopra del progetto. Salvini pensa di prendere i voti solo con il culto della personalità. E questo in Italia funziona, ma solo a breve termine. Funziona per chi vuole vincerne una sola, di elezione. Chi vuole vincerne tante, invece, deve fare operazioni a lungo termine. Peraltro, in Italia, nell’immediato non si può fare più niente. Siamo talmente “imbalsamati” che gli obiettivi immediati ce li dobbiamo scordare. Dobbiamo capire tutti che ci tocca versare lacrime e sangue: fare fatica, facendo le cose giuste, però – perché adesso abbiamo lacrime, sangue e fatica ma facendo le cose sbagliate.
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Magaldi: tifo Draghi al governo, così saprete chi è davvero
Sobrio, elegante, impeccabile, sempre misurato. Decisamente un profilo “british”, quello di Mario Draghi, «presentato dai media – complici o insipienti – come il nume tutelare dell’Italia in Europa». Falso? Eccome: «Mario Draghi è il principale artefice dell’austerity neoliberista che ha varato la post-democrazia, devastando le nostre economie a cominciare da quella italiana. Per questo, se mai finisse a Palazzo Chigi al posto di Conte, sarei il primo a brindare: alla guida di un governo tecnico, inevitabilmente “lacrime e sangue” come quello di Monti, il “fratello” Draghi sarebbe costretto a gettare la maschera, mostrando finalmente agli italiani il suo vero volto». Parola di Gioele Magaldi, massone progressista e quindi fiero avversario del “controiniziato” Draghi, che si laureò con una tesi – incredibile ma vero – sull’insostenibilità economica di un’eventuale moneta unica europea. Ora è l’imperatore dell’Eurozona. Com’è stato possibile, un simile voltafaccia, considerando che Draghi fu allievo dell’insigne economista keynesiano Federico Caffè? «Semplice: ragioni umanissime di convenienza». Tradotto: soldi e potere, incarichi. Una carriera folgorante.«Anche Bruno Amoroso, da poco scomparso, era stato allievo di Caffè. Ma, a differenza di Draghi, è rimasto fedele al maestro, per tutta la vita, come docente universitario. E così l’altro illustre allievo di Caffè, Nino Galloni, che in più si è impegnato anche nel Movimento Roosevelt», per debellare il cancro neoliberista «che sta strangolando le economie e svuotando le democrazie». Magaldi, che del Movimento Roosevelt è il presidente-fondatore, ha fornito un inedito ritratto del vero Draghi nel bestseller “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere. Attingendo a centinaia di documenti riservati, il saggio rivela che il nostro Super-Mario milita in ben 5 superlogge sovranazionali: le famose Ur-Lodges, che secondo Magaldi reggono i destini del pianeta, “sovragestendo” finanza e governi. In tutto sono 36 potentissime organizzazioni: rimaste invisibili per decenni, fino all’uscita del libro. Quelle in cui milita il “venerabile” Draghi, peraltro, rappresentano l’estrema destra del potere mondiale, a cominciare dalla “Three Eyes” di Kissinger, Rockefeller e Brzezinski che – utilizzando la Trilaterale – nel 1975 lanciò l’attacco finale ai diritti sindacali con il saggio “La crisi della democrazia” affidato a Huntington, Crozier e Watanuki. La tesi: troppa democrazia fa male.Dottrina prontamente applicata, pochi anni dopo, da Reagan e Thatcher: tagliare lo Stato, scatenando la giungla senza regole del mercato globale. A seguire, negli anni ‘90, comparve la post-sinistra riformista, incaricata di smantellare quel che restava dei diritti sociali. Pietra miliare: lo storico gesto di Bill Clinton, che dopo lo scandalo Lewinsky abolì il Glass-Steagall Act, cioè la norma – istituita da Roosevelt mezzo secolo prima – che metteva il credito ordinario al riparo dalla lotteria di Wall Street. A ruota, fu l’inglese Tony Blair (l’uomo che si inventò le “armi di distruzione di massa” di Saddam) a spiegare alla sinistra europea che doveva tradire se stessa, adottando il dogma neoliberista. Qualcosa di orribile, intanto, si era già messo in moto anche in Italia, sotto i colpi di Tangentopoli. Nino Galloni era stato chiamato da Andreotti come super-consulente, per limitare i danni che il Trattato di Maastricht avrebbe inferto all’Italia. «Fu lo stesso cancelliere Kohl – ricorda Galloni – a chiedere il mio allontanamento: tutelando l’Italia, ostacolavo le mire della Germania, che aveva accettato di entrare nell’Eurozona, su richiesta della Francia, solo in cambio della deindustrializzazione forzata del nostro paese, massimo concorrente della manifattura tedesca».E dov’era, in quegli anni fatidici, l’altro allievo del professor Caffè? Al ministero del Tesoro. E il 2 giugno 1992, a pochi giorni dalla morte di Giovanni Falcone, Mario Draghi salì a bordo del panfilo Britannia ormeggiato a Civitavecchia, dove il gotha della finanza mondiale stava progettando il saccheggio del Belpaese, ormai indifeso, crollato sotto i colpi dell’azione demolitrice di Mani Pulite. Da quel momento, Draghi dimenticò per sempre Federico Caffè. Dal suo ministero, diresse la più spietata campagna di privatizzazioni mai condotta in Europa. Anni dopo, Massimo D’Alema – altro massone neoconservatore, esponente della “terza via” che prese il posto della sinistra – si vantò di aver trasformato Palazzo Chigi in una “merchant bank”, realizzando il record europeo delle privatizzazioni. Anche per questo, oggi, l’Italia è in bolletta. Un capolavoro della massoneria neoaristocratica, avviato dallo storico divorzio fra il Tesoro e Bankitalia e completato dall’avvento dell’euro, moneta affidata in esclusiva al potere privatistico della Bce, al di sopra dei governi. Da allora, crisi su crisi. Ed è proprio sulle macerie dell’Italia – recessione, disoccupazione, precarietà crescente, erosione dei risparmi, fuga dei capitali e fine di ogni sicurezza – che il giovane Draghi è diventato Super-Mario. Più l’Italia affondava, più il suo potere cresceva.Un’ascesa irresistibile: prima advisor della Goldman Sachs, la banca più speculativa del pianeta, poi governatore della Banca d’Italia e infine presidente della Bce, passando per la potentissima Banca dei Regolamenti Internazionali (e per il Financial Stability Board, per la Banca Mondiale e per l’Adb, la Banca Asiatica di Sviluppo). Ora, a novembre, Draghi dovrà lasciare l’Eurotower di Francoforte. Il suo primo obiettivo? Sostituire Christine Lagarde, alla guida del Fmi. Meta ambiziosa ma difficile da conquistare. E così, c’è chi preme perché Super-Mario si impegni in Italia, “normalizzando” l’unico governo europeo che abbia osato sfidare – almeno a parole – i diktat di Bruxelles. Magaldi conferma: «La massoneria reazionaria, a cui appartiene, sta premendo su Draghi perché ripeta l’esperienza di Monti. Ma Draghi punta al Quirinale, dopo Mattarella. E sa benissimo che governare il paese oggi, mentre la crisi economica si sta aggravando in modo vertiginoso, sarebbe un pessimo viatico per la presidenza della Repubblica».Retroscena gustosi, quelli offerti da Magaldi in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. «Draghi non è sprovveduto come Monti, il cui ego smisurato lo portò a credere che fossero sinceri i giornali che lo elogiavano: arrivò infatti a creare una propria formazione politica, “Scelta Civica”, contro il parere dei suoi due grandi sponsor, Napolitano e Draghi». Il piano iniziale era diverso: Monti doveva continuare a sembrare un tecnico super partes, per poi puntare al Colle. Invece non resistette alla tentazione di gettarsi nella mischia, con esiti elettorali ben miseri. Un uomo bruciato: oggi detestato come premier-macellaio, e in più bollato come politico fallito. «Proprio per questo, il ben più accorto Draghi farà di tutto per evitare di finire a Palazzo Chigi: sa perfettamente che la situazione italiana peggiorerà in modo disastroso». Dettaglio: perché è stato Berlusconi a fare apertamente il nome di Draghi come possibile premier, dopo Conte, ben sapendo che fu proprio Super-Mario (insieme a Napolitano) a detronizzarlo in modo brutale, nel 2011? «Solo per un motivo ingenuamente inconfessabile», spiega Magaldi: «Berlusconi spera ancora che Draghi lo introduca finalmente nell’élite massonica internazionale, da cui è finora rimasto escluso. E in questo, Berlusconi rivela un candore infantile quasi commovente».Certo, il Cavaliere sa esattamente chi sia, il “venerabile” Draghi, vero e proprio pezzo da novanta nella più esclusiva aristocrazia supermassonica mondiale, tra i santuari dell’ultra-destra economica. Nella “Three Eyes” è in compagnia dell’anziano Kissinger e dello stesso Napolitano, del greco Antonis Samaras, di Madeleine Albright e Condoleezza Rice, nonché degli italiani Gianfelice Rocca, Marta Dassù, Giuseppe Recchi, Enrico Tommaso Cucchiani, Carlo Secchi, Federica Guidi. Nella “Compass Star-Rose / Rosa Stella Ventorum”, Draghi incontra personaggi come l’ex premier francese Manuel Valls e gli italiani Massimo D’Alema, Vittorio Grilli e Pier Carlo Padoan. Nella “Edmund Burke”, con Draghi, siedono Blair e gli ex ministri Fabrizio Saccomanni e Domenico Siniscalco, insieme a Matteo Arpe e soprattutto Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. In altre parole: il potere, quello vero. Draghi milita anche nella superloggia “Der Ring” insieme al terribile Wolfgang Schäuble, a Jean-Claude Trichet (già a capo della Bce), a Jens Weidmann della Bundesbank. Poi c’è la quinta Ur-Lodge di Super-Mario, la “Pan-Europa”, dove svettano Nicolas Sarkozy e la stessa Lagarde, lo spagnolo Mariano Rajoy e il portoghese José Manuel Barroso, il finlandese Olli Rehn (e un bel po’ di italiani: da Padoan a D’Alema, da Alfredo Ambrosetti a Emma Marcegaglia).Altro da aggiungere? Certo: il Gruppo dei Trenta. Teoricamente, stando a Wikipedia, è solo «un’organizzazione internazionale di finanzieri e accademici che si occupa di approfondire questioni economiche e finanziarie esaminando le conseguenze delle decisioni prese nei settori pubblico e privato». Tra i “filantropi” del Group of Thirty, insieme a Super-Mario, siedono lo stesso Trichet insieme al falco neoliberista Paul Volcker (alla Fed con Reagan) e a Timothy Geithner, il ministro di Obama che “graziò” Wall Street dopo il crack del 2008. Ci sono anche Mervyn King, a capo della Bank of England fino al 2013, Larry Summers (mente neoliberista di Clinton) e persino Kenneth Rogoff, il professore di Harvard che si coprì di ridicolo con la teoria della mitica “austerity espansiva” (più taglio, più l’economia cresce), rivelatasi poi basata – oltre che sulla menzogna – anche su calcoli statistici comicamente errati. Questa è l’olimpica tribuna da cui Mario Draghi, l’uomo più potente d’Europa, ha potuto infliggere alla Grecia il calvario del rigore che ha sventrato il paese, determinando la “strage dei neonati”, morti per assenza di cure sanitarie a causa della crisi, come ammesso dallo stesso Federico Fubini, vicedirettore del “Corriere della Sera”.Una Norimberga per i crimini economici, che poi diventano massacri sociali? Impensabile: «Il presidente della Bce, da statuto, gode di assoluta impunità: non è perseguibile», spiega Magaldi, che in passato ha ripetutamente accusato Draghi per il disastro del Montepaschi, inclusa la tragica morte di David Rossi, dirigente della banca senese precipitato da una finestra del suo ufficio. Il problema, a monte? Omessa vigilanza, sostiene Magaldi, da parte di Bankitalia, nel momento in cui a Mps fu “ordinato” di procedere con manovre spericolate, proibitive per la banca. Draghi, all’epoca, era il governatore della Banca d’Italia. E la funzionaria che avrebbe dovuto proteggere il Monte dei Paschi, Anna Maria Tarantola, è stata poi “premiata” da Monti, con un incarico dirigenziale alla Rai. Sta davvero per tornare in cartellone il teatro dell’orrore dei governi “tecnici”, incaricati di devastare l’Italia con un’overdose di austerità? Teoricamente possibile, vista la bancarotta politica dei gialloverdi, che avevano promesso di rovesciare il tavolo europeo mettendo fine all’impostura del rigore presentato come ricetta salvifica per l’economia. Il peccato originale? Aver rinunciato a Paolo Savona al ministero dell’economia, subendo il “niet” di Mattarella «ispirato direttamente da Draghi attraverso l’altro suo terminale italiano, Ignazio Visco di Bankitalia».Senza più Savona, la vertenza con Bruxelles è finita prima di cominciare: non è stato difficile convincere Giovanni Tria a rinunciare al 2,4% di deficit. Una catastrofe: «L’Italia – sostiene Magaldi – doveva battere i pugni per rivendicare un deficit ben maggiore, anche superiore al tetto del 3% sancito arbitrariamente da Maastricht». Cosa sarebbe cambiato? «Un deficit di almeno il 4% avrebbe rilanciato economia e lavoro facendo crescere il Pil, e quindi riducendo l’incidenza del debito pubblico». Ma peggio: «Il governo Conte – aggiunge Magaldi – non ha neppure preso il considerazione la proposta di Nino Galloni per l’emissione di moneta statale parallela, non a debito, consentita dal Trattato di Lisbona: liquidità a costo zero, che avrebbe permesso di risollevare subito le sorti dell’occupazione». Risultato: gli indicatori economici – come prevedibile – crollano. E i gialloverdi non trovano di meglio che farsi la guerra, per tentare di salvarsi la faccia alla vigilia delle europee. Il peggiore in campo? «Di Maio, che ha preteso lo scalpo di Armando Siri: non un uomo a caso, ma l’ispiratore della Flat Tax (che proprio ora stava mettendo a punto, come misura destinata a restituire un po’ di ossigeno al paese)».Certo, non ne azzecca più una neppure Salvini: «Anziché combattere per l’Italia a Bruxelles, il leader della Lega se la prende coi negozi di cannabis terapeutica», inventandosi campagne demenziali. Mala tempora currunt. Cosa aspettarsi? «Il regalo più bello – dice Magaldi – sarebbe proprio ritrovarsi Draghi a Palazzo Chigi: finalmente gli italiani capirebbero chi è davvero, Super-Mario, e di che pasta è fatto il neoliberismo finto-europeista che ha costantemente peggiorato le condizioni del paese». Draghi o meno, sarebbe comunque una catastrofe: «Se il Movimento 5 Stelle accetterà di sostenere un governo di tecnocrati – ragiona Magaldi – completerà l’opera di auto-demolizione alla quale si sta dedicando da tempo». Facile profezia: i voti grillini sarebbero azzerati. «Se poi l’eventuale governo tecnico fosse sostenuto dai 5 Stelle insieme a Forza Italia e al Pd di Zingaretti, in una grande ammucchiata, saremmo alle comiche finali». Rovescio della medaglia: «Non si salverebbe nessuno». Tabula rasa della politica italiana: fine degli equivoci, via i partiti-zavorra. Non riuscirebbero a giustificare lo sfacelo: tagli sanguinosi, crollo ulteriore del potere d’acquisto, tosatura delle pensioni. E magari pure una patrimoniale sulla casa.Uno scenario da incubo, ma non esattamente fantapolitico: perché – senza l’iniezione di un deficit robusto – la situazione dei conti pubblici sta peggiorando, insieme all’economia, come volevasi dimostrare. E non siamo più nel 2011: la società italiana si è impoverita in modo vistoso. Tanto peggio, tanto meglio? In un certo senso, sostiene Magaldi, sarà proprio la drammatica durezza dell’evidenza ad aprire finalmente gli occhi degli italiani: mettete Draghi a Palazzo Chigi, e la tempesta arriverà prima. Magaldi resta ostinatamente ottimista. «Per smantellare il sistema neoliberista – dice – bisogna partire dall’Europa. E in Europa, l’unico paese in cui questo può accadere è proprio l’Italia». La massoneria progressista, aggiunge Magaldi, aveva giocato in prima battuta la carta francese, con Hollande. «Ma il presidente socialista si è lasciato intimidire: doveva rompere col rigore, invece poi si è allineato alla Merkel». Alle ultime elezioni, la piramide ordoliberista – in cui proprio Draghi ha un ruolo preminente – ai francesi ha proposto Macron, diretta emanazione dei superpoteri opachi e reazionari. Problema: «Gli è opposto la sola Marine Le Pen, che – dato il suo impianto ideologico preoccupante – è lo sfidante che chiunque vorrebbe, perché votato alla sconfitta».Come agisce, il circuito massonico progressista di cui parla Magaldi, e nel quale milita? Anche con iniziative clamorose: «La rivolta dei Gilet Gialli è stata progettata dalla massoneria progressista per ostacolare Macron e, soprattutto, aiutare – a distanza – il governo gialloverde alle prese con la disputa con Bruxelles sul deficit. Ma a Roma se la sono fatta sotto: il segnale l’hanno colto, ma non hanno osato approfittarne». E se la Francia resta tuttora politicamente bloccata – coi Gilet Gialli che demoliscono il consenso di Macron ma non si traducono in un’alternativa elettorale – non resta che il Belpaese, per ritentare di “smontare” l’europeismo di facciata che sta trasformando la Disunione Europea in un campo di battaglia tra governi che si combattono l’un l’altro. Se un super-eurocrate come Draghi arrivasse davvero a Palazzo Chigi, insiste Magaldi, tutto si chiarirebbe più velocemente. Per esempio: com’è possibile subire i diktat di una cupola tecnocratica, asservita a interessi privati, non legittimata neppure da una Costituzione democratica? In altre parole: «Perché mai votare, alle europee del 26 maggio, già sapendo che non sarà l’Europarlamento a eleggere la Commissione?». E poi: «Perché accettare, ancora, che un paese come l’Italia sprofondi nella crisi perché non ha potuto fare gli investimenti necessari, mediante il deficit?». E inoltre: «Chi l’ha detto che l’euro debba essere gestito in eterno dai banchieri della Bce, al di sopra dei governi democraticamente eletti?».Sono i temi sui quali lavora il Movimento Roosevelt. Obiettivo: demolire le menzogne del dogma neoliberista, truccate da scienza economica, in nome delle quali l’ex quinta potenza industriale del mondo è oggi ridotta a mendicare prestiti. «Serve una rivoluzione culturale profonda, che smascheri definitivamente la narrazione bugiarda del neoliberismo, tuttora contrabbandata dai grandi media». Super-Mario a capo del governo? «Sarebbe un regalo fantastico: tutti, finalmente, capirebbero da che parte stare». E se i 5 Stelle sembrano avviarsi verso la più incresciosa delle auto-rottamazioni, la stella di Salvini si sta rapidamente oscurando: il solo caso Siri, sondaggi alla mano, sembra aver già messo fine ai sogni di gloria della Lega. «Viviamo tempi imprevedibili, tutto è in rapida evoluzione: nel giro di pochi mesi, Renzi è passato dal 40% all’irrilevanza assoluta». Magaldi propone una data simbolica, quella della Presa della Bastiglia: il 14 luglio, a Roma – annuncia – nascerà ufficialmente il “Partito che serve all’Italia”. Missione: «Restituire agli italiani la perduta sovranità democratica, dopo il tramonto delle speranze suscitate dai gialloverdi». Attenzione: tutti stanno guardando all’Italia, anche se forse gli italiani non se ne sono accorti. E’ come se sapessero, amici e nemici, che l’euro-imbroglio potrebbe essere “smontato” proprio dal Belpaese.Sobrio, elegante, impeccabile, sempre misurato. Decisamente un profilo “british”, quello di Mario Draghi, «presentato dai media – complici o insipienti – come il nume tutelare dell’Italia in Europa». Falso? Eccome: «Mario Draghi è il principale artefice dell’austerity neoliberista che ha varato la post-democrazia, devastando le nostre economie a cominciare da quella italiana. Per questo, se mai finisse a Palazzo Chigi al posto di Conte, sarei il primo a brindare: alla guida di un governo tecnico, inevitabilmente “lacrime e sangue” come quello di Monti, il “fratello” Draghi sarebbe costretto a gettare la maschera, mostrando finalmente agli italiani il suo vero volto». Parola di Gioele Magaldi, massone progressista e quindi fiero avversario del “controiniziato” Draghi, che si laureò con una tesi – incredibile ma vero – sull’insostenibilità economica di un’eventuale moneta unica europea. Ora è l’imperatore dell’Eurozona. Com’è stato possibile, un simile voltafaccia, considerando che Draghi fu allievo dell’insigne economista keynesiano Federico Caffè? «Semplice: ragioni umanissime di convenienza». Tradotto: soldi e potere, incarichi. Una carriera folgorante.
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Magaldi oscurato su Facebook: “Spieghino, o li denuncio”
Gioele Magaldi oscurato da Facebook: «Da qualche giorno non posso più accedere alla mia pagina, da cui peraltro sono spariti tutti i contenuti. Nel caso ci fosse del dolo, a Facebook farò una causa coi fiocchi», avverte il presidente del Movimento Roosevelt, in web-streaming su YouTube il 13 maggio con Fabio Frabetti di “Border Nigths”. E aggiunge: «Mi auguro che sia solo un problema tecnico momentaneo, perché i miei contenuti (politico-culturali) non sono certo considerabili “inappropriati”, da Facebook». Magaldi è un personaggio pubblico piuttosto noto. «Anche nel caso si trattasse solo di un inconveniente – dice – resta comunque il danno: lo conferma una sentenza del tribunale di Pordenone, che – come ricorda l’Associazione Forense Emilio Conte – il 10 dicembre 2018 ha condannato Facebook a ripristinare il profilo di un utente arbitrariamente chiuso, infliggendo anche il pagamento di una penalità per ogni giorno di ritardo». Magaldi è perfettamente consapevole dell’occhiuta “sorveglianza” di Facebook alla vigilia delle elezioni europee: il social network ha appena chiuso 23 pagine italiane, con 2,4 milioni di follower, accusate di diffondere “fake news”.
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Federico Caffè fu fatto sparire dai killer di Palme e Sankara
Non abbiate paura, il Deep State non è più un monolite oscuro: tra le sue fila oggi ci sono anche i “buoni”, che vigilano sui politici coraggiosi. Tesi firmata da Gioele Magaldi, frontman italiano della massoneria progressista sovranazionale e autore del saggio “Massoni”, che nel 2014 ha svelato il vero volto – supermassonico – dell’oligarchia reazionaria che da decenni regge le sorti del pianeta. In vena di rivelazioni, Magaldi oggi si spinge oltre. Il caso Julian Assange? Aspettate e vedrete: non tutti i mali vengono per nuocere. Può darsi che il suo ruvido arresto non preluda a chissà quale punzione: niente di più facile che si ritorca contro i personaggi messi in imbarazzo proprio dal fondatore di Wikileaks (come Hillary Clinton, accusata di aver truccato le primarie democratiche Usa, che in realtà sarebbero state vinte dall’outsider Bernie Sanders). E non è tutto: il 3 maggio, a Milano, sono in arrivo rivelazioni potenzialmente esplosive sul mistero del professor Federico Caffè, insigne economista keynesiano scomparso da Roma il 15 aprile 1987. Dietro, anticipa Magaldi, c’è la stessa mano che un anno prima aveva assassinato il premier svedese Olof Palme, e che di lì a poco avrebbe ucciso Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso. Tre personaggi scomodi, che ostacolavano il dominio globale neoliberista. Oggi però – altra notizia – non sarebbe più possibile eliminarli: «Fare il gioco sporco, ai nemici della democrazia, non conviene più: sanno perfettamente che in quello stesso Deep State ci sono anche elementi progressisti».Unico indizio a disposizione, per ora: la sicurezza italiana. Tra il 2015 e il 2016, dopo la strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo, l’intera Europa sembrava sul punto di trasformarsi in un mattatoio. Eppure, Magaldi annunciò: vedrete che il nostro paese non subirà attentati. Motivo: l’antiterrorismo italiano è “pulito” e coopera strettamente con settori della Cia altrettanto leali. Il terrorismo targato Isis, aggiunse, può colpire solo in paesi dove i servizi segreti sono infiltrati dagli agenti della strategia della tensione: la Francia in primis, ma anche – come si è visto – il Belgio e la Spagna, il Regno Unito e la Germania. In altre parole: se i “cattivi” hanno orchestrato il terrore per affermare il loro potere (magari impaurendo Hollande per poi lanciare Macron), sul fronte opposto i “buoni” si sono accordati per unire le forze e proteggere almeno uno Stato europeo: non un paese a caso, naturalmente, ma l’Italia che di lì a poco sarebbe diventata gialloverde. Messaggio: non siete più onnipotenti, se c’è un pezzo di Europa che resta al riparo del vostro stragismo che spara nel mucchio, mietendo vittime tra i passanti. E sarà proprio l’Italia la prima pietra su cui costruire una nuova Europa, finalmente democratica.Missione compiuta? Solo a metà: gli ultimi anni in Italia sono trascorsi senza sangue, ma il governo Conte si è lasciato ugualmente spaventare da Bruxelles. Colpa del Deep State, ammette il deputato grillino Pino Cabras: al governo, dice, insieme ai 5 Stelle e alla Lega c’è anche un terzo incomodo, lo “Stato profondo” che ha potentissimi terminali anche al Quirinale, e lavora per sabotare il cambiamento. Nel bloccare la nomina di Paolo Savona al ministero dell’economia, Sergio Mattarella spiegò che “i mercati” (veri padroni della situazione, quindi, a prescindere dalle elezioni) non l’avrebbero gradito, quel ministro. Con Savona all’economia, non avrebbero esitanto a mettere nei guai l’Italia con il ricatto dello spread. Dal convegno londinese sul New Deal Europeo, organizzato dal Movimento Roosevelt, Cabras ha rincarato la dose: lo “Stato profondo” è insediato ovunque, anche nei ministeri oltre che al Colle, e sta frenando qualsiasi cambio di paradigma: «Lega e 5 Stelle sono divisi su tutto, tranne che su un punto: resistere al Deep State, nel tentativo di dare più soldi agli italiani». Magaldi apprezza il coraggio di Cabras, la cui denuncia – clamorosa – è passata sotto silenzio, letteralmente ignorata dai media. «Il Deep State, però, non può diventare un alibi: perché il governo gialloverde non ci ha nemmeno provato, a rompere le regole Ue con un bel 10% di deficit. Si è limitato a quel misero e inutile 2%, prendendo schiaffoni a Bruxelles e tornando a Roma con la coda tra le gambe».Poteva andare diversamente? «Doveva», dice Magaldi. Che spiega: tutto sta cambiando, ai piani alti. «E già oggi, i politici intenzionati a lavorare per il benessere della collettività non hanno più motivo di avere paura di essere soli, di fronte a chi vorrebbe delegittimarli con la diffamazione o addirittura ucciderli, come nel caso di Palme e Sankara, o magari farli sparire, come accadde a Federico Caffè». Ed ecco la rivelazione, che Magaldi anticipa il 15 aprile a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming settimanale del lunedì, su YouTube: al convegno milanese del 3 maggio (“Nel segno di Carlo Rosselli, Olof Palme e Thomas Sankara, contro la crisi globale della democrazia”) sarà lo stesso Magaldi a fornire dettagli inediti sui mandanti della sparizione di Caffè. Altre notizie clamorose saranno fornite dall’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt e già allievo di Federico Caffè. Il professore era il più importante economista keynesiano: formò personaggi come Mario Draghi e Marcello De Cecco, Bruno Amoroso e Ignazio Visco (Bankitalia), Franco Archibugi e Giorgio Ruffolo. E poi Luigi Spaventa, Enrico Giovannini, Ezio Tarantelli (assassinato dalle Br) e lo stesso Alberto Bagnai, ora senatore leghista.Persino Wikipedia scrive che Federico Caffè fu uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia, occupandosi tanto di politiche macroeconomiche che di “economia del benessere”: «Al centro delle sue riflessioni economiche ci fu sempre la necessità di assicurare elevati livelli di occupazione e di protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli». In altre parole, era il “cervello” dell’economia democratico-progressista: piena occupazione e welfare, cioè l’esatto contrario della politica del rigore che avrebbe preso il sopravvento, diventando un dogma – lo strapotere dei “mercati” – cui sembra piegarsi anche il Quirinale. La sua improvvisa scomparsa è un mistero rimasto irrisolto? Ufficialmente sì, ma non per Magaldi: secondo il presidente del Movimento Roosevelt, il convegno di Milano strapperà finalmente il velo sul caso Caffè. «C’è un filo rosso – avverte – che lega la sua sparizione agli omicidi di Olof Palme e Thomas Sankara». Palme, carismatico leader socialdemocratico svedese, era il faro del socialismo europeo: aveva varato il miglior welfare del continente e stava per essere eletto segretario generale dell’Onu. Una carica che gli avrebbe consentito di vegliare anche sull’Europa, scongiurando l’avvento del feroce ordoliberismo mercantilista che, da Maastricht in poi, ha rimesso in sella l’élite impoverendo il 99% della popolazione.Quanto a Sankara, parla per lui l’esodo dei migranti che sbarcano in Italia partendo dall’Africa Subsahariana affamata dal neocolonialismo: tre mesi prima di essere assassinato, il giovane leader del Burkina Faso aveva chiesto la cancellazione del debito estero e la fine degli aiuti finanziari all’Africa, vere e proprie catene post-coloniali. Il sogno del socialista Sankara? Un’Africa libera e sovrana, padrona a casa propria, capace di crescere basandosi sulle sue forze. «C’è un nesso che collega l’omicidio di Sankara e quello di Palme alla sparizione di Federico Caffè», insiste Magaldi, preparandosi a fornire dettagli inediti su quegli eventi che, nella seconda metà degli anni ‘80, hanno contribuito a plasmare lo sconfortante scenario di oggi. Un nome esemplare? Mario Draghi: il super-banchiere della Bce «non ha seguito il suo maestro, Federico Caffè, e oggi è nel gotha dei burattinai, degli artefici della involuzione post-democratica dell’Europa e del mantenimento del paradigma ideologico neoliberista in Europa e nel mondo». Paradigma spietato, per il quale ha duramente lavorato il Deep State massonico reazionario di cui lo stesso Draghi, secondo Magaldi, è un autorevolissimo esponente.Si può credere, a Magaldi? Qualcuno, di fronte al saggio “Massoni” (bestseller italiano, ignorato dai media mainstream) si è ritratto, rifugiandosi dietro l’assenza di prove documentali. Falso problema, assicura l’autore, che in premessa avverte: «Chiunque si senta diffamato me lo segnali, ed esibirò le carte che lo riguardano: dispongo di 6.000 pagine di documenti, troppo ingombranti per essere inseriti in un volume». Corollario: nessuno dei tantissimi big menzionati – Napolitano e Monti, lo stesso Draghi – si è azzardato a smentire alcunché. Meglio la consegna del silenzio. Ma il meccanismo innescato da quel libro sembra inesorabile: operazione trasparenza. Nel 2015, Magaldi ha fondato il Movimento Roosevelt. A fine marzo, ha promosso a Londra un confronto strategico tra economisti e politologi per mettere a fuoco un possibile New Deal europeo, basato sul recupero di Keynes (spesa pubblica strategica) per abbattere l’ideologia dell’austerity e restituire benessere alla popolazione. E ora è in arrivo l’assise milanese su Rosselli, Palme e Sankara, con anche le inedite news sulla sorte di Federico Caffè. «Questo incontro serve a dire: viviamo da decenni sotto la cappa di un’ideologia imperante e pervasiva, egemonizzante – il neoliberismo – che noi adesso rifiutiamo radicalmente».Il Movimento Roosevelt, continua Magaldi, si ispira alla lezione di Rosselli, Palme e Sankara: «Il nostro è un laboratorio politico che ha iniziato il suo percorso rivoluzionario a Londra, e a Milano affronta la sua seconda tappa». Teoria e pratica del Piano-B: «La nostra è un’ideologia social-liberale, opposta al neoliberismo: vogliamo proporla in Europa e nel mondo, ridando fiato a una corrente di pensiero che è stata rimossa, nei vari centrosinistra e centrodestra di tutto l’Occidente, a favore di una pervasività dogmatica del neoliberismo». Non si scherzava, ai tempi di Rosselli, ucciso su mandato del regime fascista di Mussolini. Ma c’era poco da ridere anche all’epoca di Palme, unico premier europeo assassinato mentre era in carica: freddato nella civilissima Svezia all’uscita di un cinema, nel cuore dell’Europa democratica. Il killer? Rimasto nell’ombra, ma fino a un certo punto: gli svedesi ricordano benissimo la strana morte del giallista Stieg Larsson, che al caso Palme si era interessato svolgendo indagini accurate, fino a consegnare alla polizia svariati documenti. La pista: servizi segreti, Deep State oscuro. Nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016, Gianfranco Carpeoro – dirigente del Movimento Roosevelt – ricorda che, alla vigilia dell’omicidio Palme, un certo Licio Gelli indirizzò al senatore statunitense Philip Guarino il seguente telegramma: “La palma svedese sta per cadere”.Se ti metti contro il Deep State, puoi rischiare la pelle: succede spesso, ed è capitato anche a Julian Assange. «Puoi essere fatto fuori con la diffamazione e la delegittimazione, con il fango che ti gettano addosso, oppure puoi essere eliminato». Assange? «Ha avuto coraggio», ammette Magaldi: «C’è dell’eroismo, nel suo agire». Per Magaldi, però, il destino del fondatore di Wikileaks non è segnato: «La questione è estremamente complessa», si limita per ora a dire l’autore di “Massoni”, lasciando capire che attorno al giornalista australiano si muovono forze diverse e opposte, e che l’estradizione richiesta da Trump potrebbe non trasformarsi in una feroce vendetta nei confronti di Assange. Il motivo? Sempre lo stesso: starebbe cambiando la natura del Deep State. O meglio, la sua composizione. «Oggi, se si ha il coraggio di svolgere il proprio mandato democratico – dichiara Magaldi – lo si può fare senza più il timore di essere eliminati, perché nel Deep State c’è stata, è in corso e si sta irrobustendo di mese in mese una riorganizzazione dei circuiti massonici progressisti, i quali non consentiranno – come è stato in passato – che nessun sincero politico democratico venga assassinato o eliminato in modo improprio».Beninteso: il nemico è ancora molto potente. Uomini che hanno conquistato i posti chiave della finanza, dell’economia, degli Stati. Magaldi li definisce «gli alfieri della massoneria neoaristocratica, i costruttori dell’ideologia neoliberista: quelli che tuttora gestiscono una globalizzazione di merci e capitali che non è fatta anche di diritti, di democrazia e di giustizia sociale». Ma aggiunge: «Credetemi, oggi a quei signori non conviene giocare sporco, nel momento in cui nella questione sono coinvolti anche i massoni democratico-progressisti che hanno la stessa consuetudine con il Deep State. Non gli conviene, è un problema di calcolo». E insiste: «Se c’è qualcuno che vuole agire a beneficio del popolo non abbia paura, non si lasci fermare da minacce o blandizie. Vada avanti per la sua strada, perché c’è chi è in grado, con la sua sola presenza, di frapporsi alle indebite interferenze da parte di rappresentanti del Deep State che vogliono sovvertire le regole del gioco democratico, piegandole a interessi opachi di natura privata». Per questo, aggiunge Magaldi, non hanno più scuse tutti quei politici «divenuti maggiordomi e camerieri, senza più quella forza di elaborazione politica che a molti, nel Novecento, è costata la vita».Oggi, assicura Magaldi, i politici che volessero davvero «difendere il senso e la dignità del proprio mandato, operando al servizio della collettività», possono evitare di farsi intimidire o corrompere per eseguire gli ordini dei soliti burattinai: «Li invito a cercare proprio nell’ambito del Deep State quei circuiti progressisti che sono impegnati per la difesa della democrazia, e che quindi potranno garantire che il Deep State oscuro non interferisca più con lo svolgimento di una normale dialettica democratica». Magaldi è stato affiliato alla Thomas Paine, la più progressista delle 36 Ur-Lodges che gestiscono il back-office del potere mondiale. Il suo Grande Oriente Democratico, movimento massonico d’opinione, è collegato alle superlogge progressiste. E’ in corso una sorta di guerra inframassonica: dopo decenni di letargo, la componente democratica si starebbe risvegliando. Le prove del contrattacco in corso? Tanto per cominciare, la sicurezza di cui ha goduto l’Italia durante l’ultima stagione dell’infame auto-terrorismo europeo, targato Isis ma gestito da settori inquinati dell’intelligence. E ora, dice Magaldi, i cavalieri oscuri del peggior Deep State si preparino: il convegno di Milano svelerà dettagli clamorosi anche sulla misteriosa scomparsa di Federico Caffè.Non abbiate paura, il Deep State non è più un monolite oscuro: tra le sue fila oggi ci sono anche i “buoni”, che vigilano sui politici coraggiosi. Tesi firmata da Gioele Magaldi, frontman italiano della massoneria progressista sovranazionale e autore del saggio “Massoni”, che nel 2014 ha svelato il vero volto – supermassonico – dell’oligarchia reazionaria che da decenni regge le sorti del pianeta. In vena di rivelazioni, Magaldi oggi si spinge oltre. Il caso Julian Assange? Aspettate e vedrete: non tutti i mali vengono per nuocere. Può darsi che il suo ruvido arresto non preluda a chissà quale punizione: niente di più facile che si ritorca contro i personaggi messi in imbarazzo proprio dal fondatore di Wikileaks (come Hillary Clinton, accusata di aver truccato le primarie democratiche Usa, che in realtà sarebbero state vinte dall’outsider Bernie Sanders). E non è tutto: il 3 maggio, a Milano, sono in arrivo rivelazioni potenzialmente esplosive sul mistero del professor Federico Caffè, insigne economista keynesiano scomparso da Roma il 15 aprile 1987. Dietro, anticipa Magaldi, c’è la stessa mano che un anno prima aveva assassinato il premier svedese Olof Palme, e che di lì a poco avrebbe ucciso Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso. Tre personaggi scomodi, che ostacolavano il dominio globale neoliberista. Oggi però – altra notizia – non sarebbe più possibile eliminarli: «Fare il gioco sporco, ai nemici della democrazia, non conviene più: sanno perfettamente che in quello stesso Deep State ci sono anche elementi progressisti».