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Greta recita: sta minacciando personalmente ognuno di noi
Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena cambiato il frigo e osato concedervi una vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Una viperetta tracotante, livida: ne saranno felcissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è suprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.Il grande artefice del disgelo, Mikhail Gorbaciov, sognava un mondo senza più guerre. Sfrattato dal Cremlino, ha visto l’Urss smembrata e la Russia brutalmente privatizzata e saccheggiata. Ma il colpo da maestro degli strateghi del globalismo a mano armata è stato permettere alla Cina di entrare nel gioco planetario con merci prodotte sottocosto, grazie anche a condizioni schiavistiche di lavoro, senza le tutele sindacali di Europa e Usa. In pochi anni il mondo è esploso, insieme al suo fatturato, in una sorta di festa truccata: l’europeo e l’americano medio hanno perso terreno, hanno smesso di crescere in termini di benessere, hanno cominciato a intaccare i risparmi familiari e a dover mantenere i figli senza lavoro, costretti a non sposarsi o a emigrare all’estero. Devastante il fenomeno delle delocalizzazioni, la fuga delle industrie nei paesi asiatici dove l’operaio costava un dollaro al giorno. In Europa – vero laboratorio mondiale del suicidio tecnocratico della democrazia – la truffa neoliberale ha indossato la maschera austera e perbenista dell’ordoliberismo autoritario, l’ipocrita moralismo del guru austriaco Friedrich von Hayek: l’illuminato economista concepiva il welfare (ridotto a poche briciole, s’intende) solo come misura estrema e preventiva per cautelarsi dalla rivolta delle masse impoverite.Agli italiani, personaggi come Ciampi e Prodi avevano presentato l’Ue e l’Eurozona come il paradiso, il regno dell’età dell’oro. Dopo meno di vent’anni non restano che macerie, nazioni che si guardano in cagnesco e che si fanno le scarpe appena possono, mentre il Belpaese (depredato, secondo i piani) ha perso il 25% del suo potenziale industriale. L’Europa intera ha assistito senza muovere un dito alla macellazione senza anestesia del popolo greco: cos’avrebbe da dire, Greta Thunberg, ai sopravvissuti della Grecia che si sono visti scippare il Pireo e gli aeroporti, chiudere i bancomat, tagliare i salari, ridurre le pensioni fino alla soglia della fame? Cicale irresponsabili, quelle che hanno assistito alla morte dei neonati, nei loro ospedali, per mancanza di medicine? Spendaccioni scellerati, i greci, che oggi devono vedersela con piaghe che si credevano sepolte dalla storia, come la malnutrizione infantile? E’ sconcertante la consonanza fra le parole di Greta e quelle degli oligarchi europei che hanno messo la Grecia in ginocchio, accusandola di aver abusato del debito pubblico. La canzone – vagamente nazista – è sempre la stessa: la colpa è vostra, peggio per voi.La Thunberg, si sa, è una pedina importantissima della grande manipolazione mediatica sul “climate change”, ovvero la teoria – non suffragata scientificamente – secondo cui il surriscaldamento globale (peraltro appena contestato all’Onu da 500 scienziati) sarebbe di origine antropica. Sommessamente, qualche anno fa, il fisico Carlo Rubbia, Premio Nobel, ricordava che, ai tempi dell’Impero Romano, le temperature medie erano superiori a quelle di oggi. Nel solo medioevo, come gli storici sanno, si è passati dalla mini-glaciazione (che d’inverno congelava il Tamigi e la Senna, attraversabili camminando) al grande caldo del periodo basso-medievale, con colture mediterranee come l’ulivo diffuse ovunque nel Nord Italia. Ancora nom c’era neppure la macchina a vapore, figurarsi le emissioni velenose delle odierne megalopoli. L’inquinamento è tangibile e pericoloso, quello sì: negli oceani galleggiano isole di plastica vaste quanto continenti. Come è possibile che non si impieghi la tecnologia necessaria a bonificare la Terra e riconvertire ecologicamente l’industria? E soprattutto: perché – in primis – i padroni dell’universo che muovono i fili della marionetta Greta vogliono, a tutti i costi, colpevolizzare noi per quanto sta accadendo, raccontandoci addirittura che il degrado della biosfera altera il clima del pianeta?E’ tutto talmente surreale da sembrare comico, se non fosse per il caos sanguinoso che sfiora o assedia miliardi di esseri umani. Il cielo è vistosamente coperto dalle emissioni aeree della geoingegneria (guai a chiamarle scie chimiche), mentre l’aviazione Usa ammette, di colpo, che i piloti dei jet sono frastornati dai continui avvistamenti di Ufo. Il Medio Oriente non fa più notizia, eppure dovrebbe: non si è ancora spenta l’eco del terrore scatenato dal sedicente Stato Islamico, protetto e armatissimo da precisi settori dell’intelligence atlantica prima dell’elezione di Trump alla Casa Bianca. Gli stregoni della finanza oggi hanno paura: temono un crollo catastrofico dell’economia fittizia gonfiata dalla speculazione. Mario Draghi smentisce integralmente la sua vicenda professionale e arriva a evocare addirittura la Modern Money Theory, cioè la restituzione della sovranità monetaria agli Stati, mentre Christine Lagarde, in uscita dal Fmi e diretta alla Bce, parla apertamente degli eurobond che metterebbero fine all’incubo dello spread, consentendo all’economia europea di tornare a investire e produrre lavoro. Sono voci frammentarie di élite potentissime che oggi appaiono divise e lacerate da faglie profonde, come quella che oppone il governo Usa al cartello Rothschild, ora schierato con Silicon Valley e con la Cina, pronto a sostituire il dollaro con un’altra possibile valuta internazionale, come propone la Bank of England.I segnali non sono rassicuranti, c’è chi teme un collasso che potrebbe spalancare scenari di guerra. Nell’Italia che assiste alla strage indiscriminata di alberi d’alto fusto, tagliati per fare spazio al misterioso 5G (vera incognita, per la salute), i genitori si rassegnano a sottoporre i bambini a vaccinazioni improvvisamente obbligatorie, somministrate in batteria – oggi ai neonati e forse domani anche agli adulti, pena la pedita del passaporto e della patente di guida come in Argentina? Ma non importa, evidentemente, se in tanti battono le mani alla piccola strega Greta Thunberg, che recita a soggetto davanti alle Nazioni Unite puntando il dito contro tutti noi. Un’intimidazione ad personam, minacciosa e sinistra: guai a voi, branco di incoscienti. Come osate continuare a sperare di migliorare la vostra vita? Musica, per le orecchie dei tagliatori di bilanci. Nulla che possa impensierire le major, gli oligarchi, le multinazionali. Greta ce l’ha con noi, con ognuno di noi: punta a far crescere il nostro senso di colpa, quello del giovane che sogna l’auto nuova, del pensionato che fatica ad arrivare alla fine del mese. Grazie a Greta, i cialtroni dell’austerity – da Palazzo Chigi alla Commissione Ue – potranno accanirsi sul popolo bue con meno scrupoli, specie se l’economia mondiale volgerà al peggio. Nuovi sacrifici in vista? Niente paura, in soccorso ai lestofanti arriva la lezione della piccola attrice svedese: soffrire è giusto, ce lo meritiamo.Dovete consumare di meno (voialtri, non loro lassù). E dunque: rassegnatevi alla precarietà, all’esclusione sociale. E sentitevi in colpa, se avete appena comprato lo smartphone ultimo modello e avete osato concedervi una bella vacanza. Dovete smettere, punto e basta. A chi parla, Greta Thunberg? A noi, le vittime dei suoi burattinai. Fino a ieri, la giovanissima attrice svedese si limitava a mormorare, dispensando saggezza dall’alto dei suoi 16 anni. Oggi ha cambiato passo: intima, minaccia, insolentisce. Le hanno messo a disposizione addirittura la platea della Nazioni Unite, per esibirsi nel suo nuovo spettacolo. Sembra una viperetta tracotante, livida: ne saranno felicissimi, gli azionisti del suo business. In primis, a brindare è la filiera industriale delle energie rinnovabili, con la potente macchina di propaganda ben oliata dall’oligarca Al Gore, ex vice di Clinton, l’uomo che ha scatenato la finanza-canaglia globalizzata. Ma in generale, nel mirino della piccola fiammiferaia svedese (ovvero, dei suoi sceneggiatori) c’è soprattutto il famoso 99% dell’umanità, o meglio ancora dell’Occidente, il “primo mondo” che era benestante e che si è improvvisamente impoverito proprio mentre l’economia mondializzata ha moltiplicato in modo esponenziale il Pil finanziario dei decenni precedenti la caduta del Muro di Berlino.
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Grillo decisivo: dalla “rivoluzione” alla palude giallorossa
Vuoi vedere che c’è un nesso tra il voltafaccia di Grillo, improvvisamente innamoratosi del “partito di Bibbiano e della Boschi”, e le indagini su suo figlio Ciro, indiziato per stupro, emerse solo dopo l’accordo per il Conte-bis anche se i fatti risalirebbero a luglio? L’ipotesi è maliziosamente ventilata su “Micidial” da Massimo Bordin, vicino all’elettorato dei 5 Stelle: chi votò Di Maio nel 2018 lo fece «perché contrario alla politica del governo precedente, guidato da un partito – il Pd – a torto o a ragione considerato la quintessenza del “sistema”». Come accettare che ora il M5S vada a braccetto con Renzi? Voltagabbana, d’accordo: ma non è che li hanno minacciati? Suona perlomeno sospetto, sostiene Bordin, il perfetto sicronismo tra le rotture simmetriche di Salvini e Grillo per staccare la spina al governo gialloverde. Alla richiesta di Salvini (elezioni anticipate), Grillo ha risposto a stretto giro di posta, sdoganando improvvisamente il Pd. Ma a parte le dietrologie di Bordin, dichiaratamente sopra le righe («questo pezzo è ironico e vietato ai cretini: dunque non leggetelo, se non avete senso dell’umorismo») c’è chi pensa che il M5S non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un semplice contenitore di dissenso, per dirottare la rabbia popolare verso esiti innocui. Solo gatekeeping per elettori ingenui? Non la pensa così Gioele Magaldi: senza i 5 Stelle, dice, la politica italiana sarebbe ancora congelata nel vecchio freezer.Eminente dietrologo, autore del saggio “Massoni” in cui smaschera i maggiori protagonisti della politica italiana rivelandone l’identità supermassonica (l’affiliazione alle superlogge internazionali), Magaldi inforca gli occhiali della politologia per rivendicare giustizia per i 5 Stelle: solo la “discesa in campo” di Grillo – sostiene, in video-chat su YouTube – ha reso fluido il panorama politico italiano, prima ingessato nel finto scontro tra centrodestra e centrosinistra. Due forze che hanno paralizzato per decenni qualsiasi riforma progressista, sottoponendo entrambe il paese alla ricetta imposta dal neoliberismo imperante, somministrato agli europei (sotto forma di austerity) attraverso la tecnocrazia di Bruxelles. Taglio dei deficit, aumento delle tasse, privatizzazioni e precarizzazione del lavoro. Vero obiettivo, fissato dall’élite neo-oligarchica della massoneria reazionaria: impedire allo Stato di continuare a produrre benessere diffuso. Il sociologo Luciano Gallino la chiamò “lotta di classe alla rovescia”, sintetizzando: è stata un’operazione storica, che ha drenato risorse dal basso verso l’alto, grazie alla finanziarizzazione globalizzata dell’economia che ha impoverito la classe media, erodendo i risparmi e costringendo i giovani alla disoccupazione o alla precarietà di lavoretti iper-flessibili e sottopagati. Risultato automatico: il boom dei grillini e ora della Lega.E’ stato proprio Grillo, ricorda Magaldi, a terremotare la palude italiana: senza di lui, staremmo ancora a parlare (in modo sempre più surreale) di destra e sinistra. Terminologie sepolte dalla storia e dall’attualità, oggi tornate in voga in modo abusivo: il nuovo ministro dell’economia Roberto Gualtieri, in quota alla componente teoricamente “di sinistra” del governo “giallorosso”, in realtà «viene dai bassi ranghi della cucina neoliberista e neoaristocratica europea», vale a dire «la destra economica più reazionaria». Non a caso, Gualtieri fu addirittura «applaudito da Christine Lagarde», la lady di ferro del Fmi che mise in ginocchio il popolo greco, costringenolo alla fame. Per contro, tra le fila della Lega spiccano gli unici economisti virtualmente “di sinistra” sulla scena politica, come i keynesiani Alberto Bagnai (Senato) e Antonio Maria Rinaldi (Parlamento Europeo). Meglio rottamarla, la dicotomia destra-sinistra, se serve solo a imbrogliare le carte. E il primo a farlo – ricorda sempre Magaldi – fu proprio Beppe Grillo, dieci anni fa, con il movimento creato insieme a Gianroberto Casaleggio. Lo stesso Magaldi, peraltro, non ha mai fatto sconti ai grillini, colpevoli di troppe confusionarie incongruenze e qualche imperdonabile ipocrisia. Per esempio, quella sulla massoneria: demonizzata in pubblico ma frequentata sottobanco.«Era massone, Gianroberto Casaleggio», dice Magaldi: «E fu lui stesso a dirmi che non intendeva rivelarlo». Il figlio, Davide, lo ha smentito a mezzo stampa: «Mio padre non è mai stato massone». Casaleggio junior, però, si è sottratto all’invito di Magaldi: «Partecipi con me a un incontro pubblico: gli spiegherò quando e come suo padre fu iniziato massone, e perché non voleva che si sapesse». Da Casaleggio a Di Maio, il passo è breve: «In modo ipocrita e anche incostituzionale, i 5 Stelle hanno vietato ufficialmente ai massoni l’accesso al Movimento e all’area gialloverde, pur sapendo che il primo governo Conte era imbottito di massoni, da Tria a Moavero, per non parlare dei sottosegretari». Primo: discriminare qualcuno per la sua appartenenza è contrario alla Costituzione. Secondo: era massone Meuccio Ruini, coordinatore della Costituente. «Niente di strano: se l’Italia fosse meno ipocrita, ammetterebbe che la stessa democrazia – libertà, diritti, suffragio universale – è una conquista storica della massoneria». Ma a parte i grembiulini, a sconcertare è stato il vuoto politico dei 5 Stelle. Ai tanti proclami non è mai seguito quasi nulla. In un solo anno, i grillini al governo hanno disatteso tutte le loro promesse: elettori traditi sull’obbligo vaccinale, sul Muos e gli F-35, sulle trivelle in Adriatico, sull’Ilva di Taranto, sul gasdotto Tap, e infine anche sul Tav Torino-Lione. Politica alternativa? Non pervenuta. Mai una parola chiara sul paradigma economico da adottare. Un caso?A proposito di gatekeeping: già nel 2016, Grillo tentò in modo tragicomico di traslocare il gruppo europarlamentare, lasciando l’Ukip populista di Farage per gli ultra-euristi dell’Alde. E questo, dopo aver agitato lo spettro di un referendum sull’euro. Almeno a parole, la Lega lo ha affrontato davvero, il problema-Bruxelles (i grillini, mai). Era stato Salvini, infatti, a candidare all’economia Paolo Savona: già ministro con Ciampi – e non a caso temuto da Draghi e Juncker – Savona avrebbe avuto l’autorevolezza necessaria a rinegoziare condizioni favorevoli all’Italia. Azzoppato sul nascere, il governo gialloverde si è ridotto alla misera elemosina del “reddito di cittadinanza” trasformato in un’amara beffa, mentre solo la Lega (con le pensioni facilitate da Quota 100) ha messo mano, davvero, all’economia delle famiglie. La Flat Tax? Sabotata con le dimissioni forzate del suo ideatore, Armando Siri, e poi insabbiata da Tria e da Conte insieme all’altro escamotage leghista per aggirare l’euro-rigore, cioè l’introduzione di moneta parallela (“minibiot”, crediti fiscali scambiabili). Dai grillini, nessuna vera battaglia. Ma peggio: i 5 Stelle hanno gatto harariki facendo eleggere la tedesca Ursula von der Leyen, candidata della Merkel, alla Commissione Europea: un ceffone plateale, rifilato a Salvini (e agli italiani).Checché ne pensi Bordin, che evoca il possibile giallo politico sul figlio di Grillo, non stupisce più di tanto il voltafaccia del Beppe nazionale, che ora ha costretto Di Maio a ingoiare Renzi e accettare Conte come nuovo “leader di fatto”, perfetto supplente per la smarrita scolaresca grillina, terrorizzata all’idea di perdere la poltrona in caso di elezioni anticipate. Nemmeno Salvini, peraltro, sarebbe sufficiente a cambiare le regole del gioco. A differenza della maggioranza degli osservatori, Magaldi sostiene comunque che il leader della Lega abbia scelto accuratamente di rompere, consapevole del fatto che, viceversa, sarebbe finito in trappola: la nuova finanziaria lo avrebbe costretto a deludere gli elettori, grazie all’azione frenante esercitata da Conte su ordine dei poteri eurocratici anche attraverso i consueti terminali italiani, dal Quirinale a Bankitalia. Ci si sono messi anche i giornali, che hanno gonfiato la barzelletta del Russiagate, polpetta avvelenata cucinata da servizi segreti (di quelli italiani la delega è rimasta a Conte, non al ministro dell’interno). Ma neppure i magistrati hanno scherzato: quelli siciliani hanno accusato Salvini di “sequestro di persona” per aver impedito lo sbarco di migranti (che in realtà erano liberi di andarsene altrove). E quelli di Genova hanno condannato la Lega a versare 49 milioni di euro allo Stato: il conto esorbitante di un ammanco presunto, solo teorico, calcolato in base ai rimborsi elettorali pluriennali, e non legato alla cifra contestata a Bossi (inferiore al milione di euro) quando Salvini era solo consigliere comunale a Milano. Messaggio chiarissimo: tagliare i fondi a un partito, impedendogli materialmente di fare politica, significa privare gli elettori di precisi diritti democratici. Evidente il fine: sbarazzarsi di Salvini, con ogni mezzo. Magari il più classico: la congiura di palazzo all’italiana, attingendo all’endemico trasformismo parlamentare, alla faccia degli elettori.Attenzione: Salvini non ha subito gli eventi. Secondo Magaldi, al contario, li ha calcolati con precisione e tempismo. Se ha tardato tanto a staccare la spina (Giorgetti premeva per la rottura già alle europee) è stato per lasciare pochissimo tempo all’inciucio, di fronte allo spettro dell’aumento dell’Iva nel caso saltasse la finanziaria: se avessero voluto davvero evitare le elezioni, o almeno un super-rimpasto (cacciando Conte e Tria) i “traditori” avrebbero dovuto ribaltare la loro posizione dalla sera alla mattina, di fronte agli italiani – come infatti è avvenuto. Risultato: lo sconcio è visibile dalla Luna. E questo pone Salvini (non vittima, ma regista dell’operazione) in una posizione privilegiata: potrà demolire ogni giorno gli eroi del Conte-bis, preparandosi all’incasso. Non senza prima “aver studiato”, aggiunge Magaldi: Salvini sa benissimo che la sua Lega – già profondamente migliorata, rispetto al Carroccio nordista di Bossi – non è ancora adeguata alla guida del paese. Per molti aspetti è assai meglio della concorrenza, ma non basta: occorre crescere ancora in senso keynesiano, per sfidare la Disunione Europea – non con l’arma spuntata del sovranismo, opportunistico e miope, ma chiedendo a Bruxelles una Costituzione democratica capace di restituire vera sovranità ai cittadini europei.Senza riscrivere i trattati non si va da nessuna parte: il Conte di turno non potrà che replicare gli inchini di Letta, Renzi e Gentiloni, sperando solo nelle briciole (come quelle che ora probabilmente saranno elargite, assolutamente insufficienti a rilanciare l’economia italiana). Primo passo: chiedere di stralciare dal bilancio le misure salva-Italia. E cioè: taglio del cuneo fiscale per le aziende, abbattimento delle tasse per tutti, investimenti produttivi e rigenerazione delle infrastrutture strategiche. Temi su cui insiste il Movimento Roosevelt presieduto da Magaldi, tra i padri del cantiere politico del “Partito che serve all’Italia”. Obiettivo: rianimare la prospettiva progressista, resuscitando la democrazia sostanziale. «Non serve creare l’ennesimo partitino autoreferenziale», chiarisce Magaldi: occorre un partito di massa, capace di cavalcare «le praterie che si sono aperte». Alle europee un elettore su tre ha votato Lega, ma quasi metà degli aventi diritto ha disertato le urne: italiani nauseati dal Pd, delusi dai 5 Stelle, non convinti da Salvini. Magaldi appare fiducioso: presto o tardi, sembra dire, la verità risulterà evidente anche ai più sprovveduti. E chi ancora dorme sarà svegliato dalle “meraviglie” del Conte-bis, condannato in partenza a obbedire ai diktat di chi ha messo l’Italia nei guai. Con buona pace dei grillini, che hanno sconcertato il loro elettorato. Oggi risalirebbero nei sondaggi manistream? Strano: alle ultime regionali sono letteralmente scomparsi. E ora il voto in Umbria e in Emilia dirà cosa resta, davvero, del grande bluff pentastellato.08:37 11/09/2019Vuoi vedere che c’è un nesso tra il voltafaccia di Grillo, improvvisamente innamoratosi del “partito di Bibbiano e della Boschi”, e le indagini su suo figlio Ciro, indiziato per stupro, emerse solo dopo l’accordo per il Conte-bis anche se i fatti risalirebbero a luglio? L’ipotesi è maliziosamente ventilata su “Micidial” da Massimo Bordin, vicino all’elettorato dei 5 Stelle: chi votò Di Maio nel 2018 lo fece «perché contrario alla politica del governo precedente, guidato da un partito – il Pd – a torto o a ragione considerato la quintessenza del “sistema”». Come accettare che ora il M5S vada a braccetto con Renzi? Voltagabbana, d’accordo: ma non è che li hanno minacciati? Suona perlomeno sospetto, sostiene Bordin, il perfetto sicronismo tra le rotture simmetriche di Salvini e Grillo per staccare la spina al governo gialloverde. Alla richiesta di Salvini (elezioni anticipate), Grillo ha risposto a stretto giro di posta, sdoganando improvvisamente il Pd. Ma a parte le dietrologie di Bordin, dichiaratamente sopra le righe («questo pezzo è ironico e vietato ai cretini: dunque non leggetelo, se non avete senso dell’umorismo») c’è chi pensa che il M5S non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un semplice contenitore di dissenso, per dirottare la rabbia popolare verso esiti innocui. Solo gatekeeping per elettori ingenui? Non la pensa così Gioele Magaldi: senza i 5 Stelle, dice, la politica italiana sarebbe ancora congelata nel vecchio freezer.
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Magaldi: gli italiani si vaccineranno dal grottesco Conte-bis
Il Conte-bis è un governo raffazzonato e grottesco: perfetto, da mettere a confronto con un programma veramente keynesiano, liberato dai cavalli di Troia del peggior potere europeo quali Tria e Conte sono stati, nel governo gialloverde. Cattiva anche la gestione dell’aspetto illusionistico: la scelta dei ministri non è fatta per dare una buona impressione, almeno inziale. Uno come Gualteri all’economia? Viene dai bassi ranghi della cucina neoliberista e neoaristocratica europea, addirittura applaudito da Christine Lagarde. Sono personaggi improbabili, non certo quelli di grande profilo e competenza evocati da Grillo: personaggi modesti, già visti all’opera o con poco da dire. Da ranocchi si trasformeranno in principi? Ma no, è la prospettiva del nuovo governo a non portaci da nessuna parte. Però ci divertiremo: questa è l’occasione giusta per rivedere all’opera quello che avevamo lasciato un anno e mezzo fa. Gentiloni a Bruxelles? Come presidente del Consiglio è stato assolutamente incolore, inodore e insapore. Nei rapporti con l’Europa non ha saputo prospettare alcunché di positivo e fecondo, e adesso andrebbe a fare il commissario europeo? C’è da ridere, e da impegnarsi seriamente per chiarire tutti i passaggi di questo governo: come una piccola enciclopedia, mostrerà tutto ciò che gli italiani hanno bocciato.All’opposizione non basterà denunciare, demistificare e scendere e piazza. Salvini deve riflettere su come ottimizzare questa situazione, che è molto propizia, immaginando una Lega distinta da qualunque centrodestra. Anche la Meloni (Fratelli d’Italia) deve affrancarsi da qualsiasi ombra che la esponga alla polemica sul passato. Vale anche per gli “imbalsamati” di Forza Italia. Bisogna uscire da questa falsissima contrapposizione destra-sinistra, che ha perso di senso: in una sedicente sinistra troviamo personaggi che rappresentano la destra economica più classica, e vediamo istanze progressiste nel cosiddetto centrodestra. Oggi c’è un Governo dei Palazzi, un govero di camerieri e maggiordomi. Giuseppe Conte ricorda Enrico Letta, che nel Pd era il più montiano. L’avvocato è un premier fintamente rappresentato come uomo di Stato, in realtà anche lui incolore, apprezzato proprio per la sua modestia: oggi per avere applausi dai padroni del vapore bisogna essere modesti e non creare grane. Con tutti i suoi limiti, Salvini è un piantagrane. Ecco perché è costantemente demonizzato dai palazzi. Sarà comunque una ghiotta occasione: prevedo che a breve gli italiani toccheranno con mano quello che significa aver azzerato le lancette della politica ed essere tornati a un anno e mezzo fa.Escludo che Conte possa essere cooptato in qualche Ur-Lodge: non lasciatevi incantare dagli applausi, che peraltro non si possono negare a qualunque guardiano del gregge. Nell’élite massonica non fu accolto a Renzi, ben più brillante e affabalutorio, servizievole rispetto a certi poteri (figuriamoci Conte). L’attuale primo ministro andava bene come amministratore del condominio gialloverde proprio per l’assenza di uno spessore proprio. L’errore qui è scambiare la mediocrità e l’assenza di un’idea di paese per il profilo di uno statista, di una risorsa della repubblica. D’altra parte, questo è il trend. Mattarella, anche lui modesto nella sua storia politica, è stato portato al Colle da Renzi con lo stesso metodo con cui la Mogherini è andata a fare il commissario per gli affari europei: più sei disposto a svolgere un compitino secondo il copione che altri ti danno, e più vai bene. L’importante è che tu non sia ingombrante. Mattarella ha servito gli stessi interessi che aveva servito Napolitano, però tra i due c’è un abisso. Napolitano era un rappresentante dell’establishment, un massone politicamente surreale, già comunista, togliattiano; aveva applaudito all’invasione sovietica dell’Ungheria, era anti-europeista, e poi si è trovato a puntellare la peggiore declinazione di un’Europa post-democratica e neo-oligarchica, concependo il pessimo governo Monti. Non difettava però in personalità e spessore: tanto di cappello. Mattarella no. E’ un altro guardiano del gregge, messo lì, come Conte.Christine Lagarde oggi parla degli eurobond (a cui è sempre stata contrarissima) e Mattarella dice che bisogna rivedere il Patto di Stabilità, quasi a propiziare una proiezione di fiducia? Eurobond significa la fine dello spauracchio dello spread: titoli di Stato europei, senza più differenziali nazionali. E’ lo stesso stile che mostrò Juncker prima di essere eletto alla Commissione: diceva di capire persino gli anticapitalisti e i marxisti, perché troppi europei soffrivano e chiedevano giustizia sociale. Poi s’è visto, Juncker, come ha tradotto tutto questo. Da anticomunista e antifascista, dico che la giustizia sociale in Europa verrebbe assicurata da un socialismo liberale, con precise istanze keynesiane e rooseveltiane che stanno nell’alveo della democrazia (basterebbe essere democratici, infatti). Ma sono tutte pantomime: quando Mattarella dice “modifichiamo il Patto di Stabilità”, il suo è un flatus vocis: finisce lì.Salvini? Si è reso conto di aver governato invano, per un anno: negoziando con l’Ue non è riuscito a mordere, ma solo ad abbaiare. Bisogna invece lottare, e aprire un tavolo per una Costituzione Europea democratica. E prima ancora: basterebbe un serio piano di investimenti (per l’occupazione e le infrastrutture, il cuneo fiscale, l’abbattimento delle aliquote) chiedendo di stralciare e non computare queste spese, con un business plan che indichi le ricadute sul Pil. C’è qualcuno che lo vuole fare? Invito la Lega a farsene promotrice, e sfido il governo Conte ad adottare questa linea. Laicamente, sarei felicissimo di vedere una mutazione genetica di Pd e 5 Stelle, che li trasformasse in campioni di un rinnovamento reale dei rapporti fra Italia e Ue, fra l’Italia e il paradigma economico che da anni sta funestamente declinando qualunque governante arrivi a Palazzo Chigi. Ma non lo faranno. Spesso, quello che dichiarano è il contrario di quello che vogliono fare. E una dichiarazione che accende speranze diventa il surrogato di quello che andrebbe fatto. La gente ci spera, intanto il tempo passa e alla fine dici: non me l’hanno fatto fare. Non è così: le cose si possono fare. Basta avere carattere.I mallevadori plaudenti del Conte-bis, nel mondo delle Ur-Lodges neoaristocratiche, vogliono che l’Italia resti nel segno dell’austerity, più o meno larvata. Ma non c’è stato un complotto tentacolare. Vero, certe trame erano pronte. La Lega sarebbe stata costretta a sottoscrivere una manovra finanziaria assolutamente deludente, per chi aveva proiettato speranze su Salvini. Ma una volta che Salvini ha fatto la sua mossa – lungimirante e fruttuosa, a tempo debito – di sfiduciare quel tipo di governo, per il potere neoaristocratico non c’era molto da fare. Era solo un problema di sopravvivenza. Renzi? Non è certo un geniale stratega. Non poteva far altro che aggrapparsi disperatamante alla maggioranza precaria e contingente che al momento aveva in Parlamento, con parlamentari che gli sono più o meno legati, e cercare di pensare a come continuare questa legislatura. Il suo ipotetico futuro partito? Non ha nessun appeal, nessuna speranza. Può solo sperare che la legislatura duri il più possibile. E i 5 Stelle idem: oggi non possono permettersi di andare alle elezioni.Quindi non c’è stato bisogno della persuasione di grembiulini occulti. Una volta che Salvini ha gettato i dadi, è stato uno starnazzare di galline che si sono affrettate a mettere insieme questo governicchio, per il nostro divertimento – ben triste, certo, per un paese come l’Italia che avrebbe bisogno di urgenti misure anticicliche per l’economia. Lavoro, tasse: perdiamo altro tempo prezioso. Ma d’altra parte ci sono passaggi ineudibili: finché c’è gente che ancora pensa che questo tipo di personale politico sia in grado di fare qualcosa di buono per l’Italia, è bene che questi governino. Così come si è vaccinati dal ciarlatano Berlusconi e dal ciarlatano Renzi, ci libereremo anche di questi altri ciarlatani. E magari Conte verrà visto per quello che è: non un grande uomo di Stato, ma un avvocato furbo che ha sfruttato al meglio la situazione, e un giorno avrà qualche incarico ben pagato quando dovrà uscire di scena, quando non sarà più capace di recitare ulteriormente il copione. C’è un prezzo da pagare, per questa consapevolezza: paghiamolo. Ma forse, dopo, saremo tutti più consapevoli.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Gioele Magaldi racconta del 9 settembre 2019).Il Conte-bis è un governo raffazzonato e grottesco: perfetto, da mettere a confronto con un programma veramente keynesiano, liberato dai cavalli di Troia del peggior potere europeo quali Tria e Conte sono stati, nel governo gialloverde. Cattiva anche la gestione dell’aspetto illusionistico: la scelta dei ministri non è fatta per dare una buona impressione, almeno inziale. Uno come Gualteri all’economia? Viene dai bassi ranghi della cucina neoliberista e neoaristocratica europea, addirittura applaudito da Christine Lagarde. Sono personaggi improbabili, non certo quelli di grande profilo e competenza evocati da Grillo: personaggi modesti, già visti all’opera o con poco da dire. Da ranocchi si trasformeranno in principi? Ma no, è la prospettiva del nuovo governo a non portaci da nessuna parte. Però ci divertiremo: questa è l’occasione giusta per rivedere all’opera quello che avevamo lasciato un anno e mezzo fa. Gentiloni a Bruxelles? Come presidente del Consiglio è stato assolutamente incolore, inodore e insapore. Nei rapporti con l’Europa non ha saputo prospettare alcunché di positivo e fecondo, e adesso andrebbe a fare il commissario europeo? C’è da ridere, e da impegnarsi seriamente per chiarire tutti i passaggi di questo governo: come una piccola enciclopedia, mostrerà tutto ciò che gli italiani hanno bocciato.
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L’Italia vera e quella (indecente) di Moody’s e Cottarelli
Ci sarebbe da ridere, non fosse per i brutti ceffi in circolazione e le loro cattive intenzioni verso il sistema-Italia, ancora solido nonostante l’impegno che gli eurocrati hanno profuso per azzopparlo. Prima comica: azzannano il timido governo gialloverde, che si è limitato al 2,4% di deficit (contro il 3% ammesso da Maastricht), neanche fosse un esecutivo rivoluzionario. Seconda comica: gli stregoni di Moody’s declassano l’Italia, regina del risparmio europeo, in combutta coi loro azionisti bancari, che speculeranno sul ribasso del rating. Terza comica: a strapparsi i capelli sono l’infimo Martina, candidato a guidare il Pd verso l’estinzione, e Antonio Tajani, «decadente e grottesco presidente del Parlamento Europeo, figura modestissima e nuovo frontman di Berlusconi per le prossime europee, anche lui impegnato a spiegarci che andiamo verso la rovina». A mettersi le mani nei capelli semmai, è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: costretto a vedere la televisione di Stato che strapaga l’oligarca Cottarelli perché ripeta, nel salotto di Fazio, che la visione economica del mondo è una sola: la sua. Il primo a denunciare «la presa per i fondelli a spese degli italiani» è stato Gianluigi Paragone: non è curioso che a spillare quattrini alla Rai sia proprio Cottarelli, cioè il massimo censore della spesa pubblica? «Quello sarebbe il primo spreco da tagliare», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube.Stiamo vivendo agitazioni surreali, esordisce l’autore del bestseller “Massoni”, in collegamento con Fabio Frabetti di “Border Nights”. La storia delle “manine” che secondo Di Maio avrebbero manipolato il decreto fiscale? «Fa un po’ ridere i polli», così come il proditorio declassamento di Moody’s. «Siamo alla farsa finale: il sistema è talmente in crisi, e anche tremebondo, che mette in atto meccanismi spudorati, e quindi anche facilmente smascherabili». Le agenzie di rating? Non sono imparziali: «Sono aziende che perseguono profitto in pieno conflitto d’interessi, perché i loro azionisti hanno interessi di tipo speculativo e possono trarre vantaggio proprio dai declassamenti delle agenzie di cui detengono i pacchetti azionari. Possono cioè trarre profitto da quello che le agenzie di rating promettono o minacciano, e dal panico che il giudizio di queste agenzie può indurre». Questo, aggiunge Magaldi, è un sistema malato, al quale Moody’s dà un ulteriore colpo. «Da un lato la Bce non fa il suo mestiere di banca centrale e non garantisce il debito in titoli di Stato dell’Italia, come dovrebbe, per mantenere basso il famigerato spread. Dall’altro, le sedicenti istituzioni europee mandano i “pizzini” e disapprovano la manovra del governo, mostrando il loro cipiglio».Poi ci sono i pupazzi del teatrino italiano – i Martina, i Tajani – che suonano l’allarme. E quali sarebbero queste grandi e radicali manovre del governo Conte, che tanto preoccupano costoro? L’aver ipotizzato qualche spesa per lenire le condizioni di indigenza, senza neppure istituire un vero reddito di cittadinanza? Qualche spesa per migliorare la situazione fiscale? «Tutte cose che noi del Movimento Roosevelt salutiamo come un inizio, l’aurora di un possibile nuovo scenario, ma siamo sicuramente al di sotto delle proclamazioni solenni degli uni e degli altri», chiarisce Magaldi. «Dal punto di vista del governo c’è poco da strombazzare un New Deal, che non è ancora iniziato. Per contro, chi contesta il fatto che queste misure portino al 2,4% del rappoto deficit-Pil, ripete che, per questo motivo, il governo italiano andrebbe ricondotto alla ragione a forza di bastonate – attraverso le agenzie di rating, le dichiarazioni dei tecnocrati europei e le giaculatorie di questi personaggi decadenti del centrodestra e del centrosinistra. Mi sembra un teatro dell’assurdo, perché purtroppo non abbiamo ancora un governo che dichiari chiaramente di voler mettere in discussione, in quanto infondati scientificamente, i parametri di Maastricht, nei quali peraltro l’Italia rientra perfettamente».Perché non si ragiona mai sulla vera natura del debito pubblico, come ha fatto recentemente Guido Grossi anche su “ByoBlu”? Ci sono economisti, intellettuali e politici che offrono soluzioni concrete, già oggi, per gestire il debito pubblico così com’è. Ma poi, bisognerebbe inquadrare il debito per quello che è, ovvero «un elemento di economia spiegato male e utilizzato in modo improprio». Ma il governo gialloverde non ha messo seriamente in discussione i parametri di Maastricht, sul piano economico. E su quello politico, continua a giurare che non è vero, che vorrebbe “uscire dall’Europa”. «Ma il problema non è questo: bisognerebbe dire, invece, che in Europa non ci siamo mai entrati», sottolinea Magaldi. «Il governo dovrebbe dire: vogliamo una Costituzione Europea, politica». Di Maio, Salvini, Savona e gli altri insistono nel dire di voler restare nell’Eurozona, non mettendo in discussione neppure la valuta euro? «Bene, ma come vogliamo starci? Vogliamo restare in quest’Europa così com’è? In questa strana struttura sovranazionale senza Costituzione, senza meccanismi democratici e senza una vera partecipazione popolare alle decisioni più importanti?».Se finalmente il governo parlasse chiaro, pretendendo un’Europa democratica, allora sì che si potrebbe capire, «l’alzata di scudi da parte dei veri nemici del progetto dell’Europa unita, cioè quelli che oggi occupano indebitamente le maggiori poltrone delle istituzioni sedicenti europee». Se Lega e 5 Stelle dicessero che vogliono una Costituzione Europea, il loro «sarebbe un attacco al cuore del sistema, per renderlo più democratico». Vorrebbe dire «ridiscutere il concetto stesso di deficit, di debito pubblico, e “sforare” con percentuali ben più importanti, ma con spese in investimenti». Gli oppositori lo dicono in malafede, ma hanno ragione: nella manovra gialloverde non ci sono grandi spese in investimenti. «Ma lo si può capire: è solo l’inizio, al governo bisogna dare credito e fiducia, perché l’esecutivo Conte, quantomeno, sta cercando di fare qualcosina, laddove negli ultimi 25 anni non si è fatto nulla – o meglio, si è agito solo contro l’interesse del popolo italiano». Mancano investimenti adeguati, certo, come si è visto dopo il disastro di Genova. Ma il governo gialloverde è a metà strada fra il Paolo Savona che in Senato si appella al New Deal e il ministro Tria (scelta di ripiego, imposta dal Quirinale) che «non sa deve dar retta a Visco, a Draghi, a Mattarella, oppurre alla maggioranza che sostiene il governo di cui lui è parte».Per Magaldi «siamo, di nuovo, alla commedia dell’assurdo: si parla del nulla, il discorso politico è surreale». Quello economico, invece, è aggravato dal clamoroso declassamento di Moody’s, totalmente infondato: «L’Italia ha un grandissimo risparmio privato e ha dei “fondamentali” di economia eccellenti. L’Italia è un paese ricco, sotto molti aspetti: in Nord Europa ci sono paesi con i conti pubblici in apparenza migliori dei nostri, ma con un indebitamento privato molto più grave, quindi sono in una situazione più fragile». Perciò non si capisce (o meglio, si capisce anche troppo bene) perché Moody’s vada a declassare l’Italia. L’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, suggerisce di creare un’agenzia di rating di respiro europeo, che – partendo dall’Italia – guardi le cose con occhi diversi, e valuti quindi la solidità di entità pubbliche e private con altri parametri. Mossa indispensabile, conferma Magaldi, «per evitare di essere ricattati da masnadieri in costante conflitto d’interessi». E dall’altro, aggiunge, bisogna creare un’agenzia che si preoccupi di valutare il sistema economico-sociale in base all’effettiva qualità della vita, oltre il semplice Pil.Lo disse Bob Kennedy già nel 1968, «pagando con la vita il suo tentativo di rappresentare la speranza di un’evoluzione diversa dell’Occidente e del mondo». Il Pil non può essere l’unico metro di misura delle nostre vite. Anche dal punto di vista meramente economico, aggiunge Magaldi, il solo Pil non funziona: «Questi numeri non raccontano davvero la prosperità e la ricchezza dell’Italia, pur con tutti i suoi limiti e tutta la decadenza che in questi anni è stata rovesciata sul nostro sistema. Si è tentato di deindustrializzarlo e impoverirlo, ma non ci si è riusciti: perché l’Italia è un grande paese, con capacità industriali e commerciali, grande attitudine al risparmio privato». L’Italia non può essere impunemente declassata, come giustamente rilevato dalla stessa magistratura di Trani, intervenuta in passato contro alcune agenzie di rating, in occasione del famigerato “golpe bianco” attuato con l’avvento del governo Monti: «Forse, oggi – ipotizza Magaldi – proprio la magistratura dovrebbe rimettersi in moto, analizzando le molte opacità di questo giudizio di Moody’s».Quanto al presunto sabotaggio del documento fiscale indicato da Di Maio, secondo Magaldi si può parlare anche di “manine” «ascrivibili a filiere massoniche neo-aristocratiche, e perciò contro-iniziatiche, come quelle che hanno demonizzato Rocco Casalino», scelto dai 5 Stelle come portavoce del premier. Volevano incastrarlo con il celebre fuori-onda nel quale prometteva sfracelli contro i sabotatori nascosti nei ministeri? «Intanto è riuscito nell’intento di denunciare i tecnici del ministero dell’economia che “remano contro”, e il fenomeno non riguarda certo solo quel dicastero». Se in Italia ci fossero ancora veri giornalisti, dice Magaldi, una bella inchiesta svelerebbe che nei ministeri e negli apparati burocratici circolano da decenni sempre le stesse persone: si ritiene abbiano competenze imprescindibili, galleggiano da un governo all’altro (centrodestra o centrosinistra non importa) e si sono riciclati anche con questo governo gialloverde. «Credo sia giunto il momento di un bel cambio: non è vero che questi siano professionisti insostituibili, credo occorra puntare su una rigenerazione della scuola della pubblica amministrazione, anche nell’individuazione di nuovi parametri».L’orizzonte è vasto: «Dobbiamo cambiare i termini di insegnamento dell’economia e della finanza, che in questi decenni hanno creato dei mostri», sostiene Magaldi. Spesso, «quelli che hanno studiato economia l’hanno fatto come asini, istruiti da altri asini, grazie a qualche “padrone degli asini” che, a monte, scientemente, ha voluto questa “asinità” diffusa». Seriamente: «L’economia dovrebbe essere un sapere critico, dialogico, scientifico e perciò aperto al confronto critico, e invece è stata insegnata come una sorta di catechismo, con dei principi di fede da seguire». Non mancano le ribellioni anche famose, contro il “lavaggio del cervello” subito in università anche prestigiose: lo conferma un caso come quello dell’economista Ilaria Bifarini, “bocconiana redenta”, mostrando (dal di dentro) tutte le storture della narrazione economica neoliberista. «Discorso che vale anche per capi di gabinetto, dirigenti e consulenti: una casta di mandarini riciclati e inamovibili, che obbediscono a chi – come loro – abita stanze del potere non sottoposte al vaglio delle elezioni». Ha ragione Casalino: c’è da fare un bel repulisti. «E a proposito: non scordiamo quello che abbiamo appreso su Carlo Cottarelli, personaggio appartenente ai peggiori circuiti della contro-iniziazione massonica neo-aristocratica».Cottarelli viene dal Fmi, potente istituito che ha contribuito alla catastrofe della Grecia. Come giustamente fatto notare da Gianluigi Paragone, proprio Cottarelli incarna un madornale paradosso: «Un signore che da anni invoca “spending review”, revisione della spesa e grandi tagli, oggi per le sue comparsate televisive (dove sciorina le sue personalissime idee, intonate all’austerity montiana più becera) è strapagato con moltissimo denaro pubblico. Sono cose vergognose». Spreco di denaro pubblico, insiste Magaldi, è riempire di soldi il neoliberista Cottarelli per parlare per 40 minuti, senza un regolare contraddittorio con un economista post-keynesiano: giornalismo (e servizio pubblico) imporrebbero di ascoltare due voci distinte e contrapposte, peraltro non remunerate, ma presenti in televisione a titolo gratuito. «Ci sono personaggi italiani che avrebbero tante cose da dire, e che non vengono mai interpellati, dai media. E gli altri, che hanno tutto lo spazio per dire la loro, sono pure strapagati. Anche questo fa parte del teatro dell’assurdo che stiamo vivendo: il nostro è un paese che ha perso il senso del ridicolo. Ecco perché dobbiamo lavorare, tutti, per far ritrovare il senso della decenza».La realtà, aggiunge Magaldi, è che va ripensato l’intero sistema, partendo proprio dall’economia. «Forse è arrivato il momento storico in cui si può immaginare l’emissione di una moneta non “a debito”, cioè non ottenuta attraverso l’oferta di titoli di Stato. Forse dobbiamo pensare anche a monete complementari. Soprattutto: come di tutte le cose, in una società aperta, democratica e pluralistica, dobbiamo immaginare di poter parlare laicamente anche della moneta e dell’economia». Non è possibile, aggiunge Magaldi, che l’economia sia diventata una fede, «con sacerdoti che comminano scomuniche, lanciano anatemi e condannano al rogo». E’ inaccettabile l’impossibilità di essere eretici: anche perché «il mondo contemporaneo, scientifico e progressista, liberale, che tanti accigliati difensori vorrebbero difendere dalla “barbarie” dei populisti, è un mondo libero, democratico e pluralista fondato proprio sul libero confronto tra le diverse posizioni». E invece oggi «abbiamo questa surreale situazione, per cui da un lato si denunciano le pulsioni autoritarie, xenofobe, razziste e fascistoidi dei populisti, dei barbari che assaltano l’Olimpo della democrazia italiana, della convivenza pacifica tra le nazioni garantita dalle isitituzioni europee, e dall’altro questi signori sono fideisti, devoti a visioni monolitiche e indiscutibili».Non ammettono, gli oligarchi, che le loro convinzioni siano sottoposte alla discussione pubblica, «come non fu ammesso alla discussione il grande tema dell’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione», che ha consentito a Mattarella di “difendere” una Carta costituzionale gravemente lesionata, rispetto al dettato democratico del 1948. Sul fronte opposto, intanto, il leghista Giancarlo Giorgetti sostiene che il futuro sia del sovranismo populista? «Sbaglia, Giorgetti, se l’ha detto davvero, perché questo – replica Magaldi – consente agli avversari di spacciare per reale il presunto assalto alla democrazia, alle istituzioni liberali, all’equilibrio faticosamente raggiunto da una società avanzata». Molto meglio «stanare gli autori di questa immensa ipocrisia: qui non è questione di sovranismo o di populismo, qui è questione di sovranità del popolo, di democrazia sostanziale». Per il presidente del Movimento Roosevelt «bisogna che sia chiaro c’è una incongruenza grande come una casa, nell’atteggiamento dell’Europa che guarda all’Italia in modo arcigno: da un lato si rivendica la difesa della tenuta democratica di fronte all’assalto populista xenofobo, e dall’altro al popolo bue (trattato in modo veramente demagogico e manipolatorio) si propinano delle fedi, cioè l’esatto contrario di ciò che ha costruito le democrazie».I moderni regimi democratici, aggiunge Magaldi, con l’occhio dello storico, sono stati edificati «con metodo massonico, dunque progressista», basandosi cioè «sul dubbio critico e sulla messa in discussione dei dogmi». Uno su tutti: il dogma per il quale «il potere venisse da Dio e fosse amministrato da monarchi, da aristocrazie laiche per diritto di sangue e da aristocrazie ecclesiastiche per diritto d’ispirazione divina». Questi dogmi, sottolinea Magadi, hanno regnato per secoli: «E con questi dogmi, per secoli, i molti hanno asservito i pochi». Quello massonico, continua Magaldi, è stato un metodo di liberazione, di democrazia e di parlamentarizzazione della vita politica: «Ha creato quelle Costituzioni di cui avremmo bisogno in Europa, dove invece è stato istituito un sistema neo-feudale, non c’è Costituzione: ci sono altrettanti vassalli, valvassori, valvassini e cavalieri, che difendono una sorta di impero collegiale, oggi in mano a oligarchie apolidi e sovranazionali, le quali trattano il popolo come una massa di neo-sudditi». Queste cose bisogna pur iniziale a discuterle: «Io andrei volentieri a spiegarle in televisione, ovviamente gratis, insieme a tanti altri: non ho verità in tasca – precisa Magaldi – ma vorrei che ci fosse un confronto critico tra diverse visioni del mondo». Invece paghiamo, profumatamente, Cottarelli e soci: «Sacerdoti, che ci vengono a fare le loro prediche». E hanno a disposizione tutti i pulpiti, «offerti dai pennivendoli di regime, davvero spregevoli alla vista e all’udito, che infestano i media mainstream di questo paese».Ci sarebbe da ridere, non fosse per i brutti ceffi in circolazione e le loro cattive intenzioni verso il sistema-Italia, ancora solido nonostante l’impegno che gli eurocrati hanno profuso per azzopparlo. Prima comica: azzannano il timido governo gialloverde, che si è limitato al 2,4% di deficit (contro il 3% ammesso da Maastricht), neanche fosse un esecutivo rivoluzionario. Seconda comica: gli stregoni di Moody’s declassano l’Italia, regina del risparmio europeo, in combutta coi loro azionisti bancari, che speculeranno sul ribasso del rating. Terza comica: a strapparsi i capelli sono l’infimo Martina, candidato a guidare il Pd verso l’estinzione, e Antonio Tajani, «decadente e grottesco presidente del Parlamento Europeo, figura modestissima e nuovo frontman di Berlusconi per le prossime europee, anche lui impegnato a spiegarci che andiamo verso la rovina». A mettersi le mani nei capelli, semmai, è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: costretto a vedere la televisione di Stato che strapaga l’oligarca Cottarelli perché ripeta, nel salotto di Fazio, che la visione economica del mondo è una sola: la sua. Il primo a denunciare «la presa per i fondelli a spese degli italiani» è stato Gianluigi Paragone: non è curioso che a spillare quattrini alla Rai sia proprio Cottarelli, cioè il massimo censore della spesa pubblica? «Quello sarebbe il primo spreco da tagliare», dice Magaldi, in web-streaming su YouTube.
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Pallante: come salvarci dalla catastrofe globale della crescita
Così tenero, che si taglia con un grissino. Peccato che non si sia mai visto, in natura, un pesce che abbia la consistenza del budino. Eppure ha funzionato, la celebre pubblicità del tonno, perché viviamo in un mondo virtuale, inventato di sana pianta, plasmato da un pensiero “magico”: non valgono più le regole dell’universo, ma quelle fabbricate dalla neolingua della manipolazione. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”. La tesi: il 90% delle nostre azioni è sapientemente pilotato, a nostra insaputa. In altri termini, lo dimostra anche Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita: il linguaggio comune trasforma i difetti in virtù, presenta i problemi come soluzioni. E’ un inganno, un trucco al quale abbocchiamo regolarmente, quando pensiamo che sia desiderabile (magari perché “si taglia con un grissino”) il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Un ossimoro: se lo sviluppo non è fisiologico – cioè a termine, come quello di un bambino o di una pianta – è qualcosa che fa male, che sega il ramo sul quale stiamo appollaiati. La parola “sviluppo” è diventata surreale, come il celebre tonno. E’ ormai sinonimo di crescita illimitata, innaturale, cancerogena. Abbellirla con l’ipocrita aggettivo “sostenibile” significa solo prolungare il decorso del male: morte lenta.L’unica terapia? Fermare la crescita tumorale delle merci. Serve qualcosa di enorme, paragonabile alla Rivoluzione Industriale, ma di segno opposto. Valori da capovolgere: il “tanto-avere” è il grande nemico del “ben-essere”. Nel suo ultimo saggio, che definisce “un manifesto politico e culturale”, Pallante denuncia il capitalismo industriale degli ultimi 250 anni. Una forza tellurica eversiva, segnalata da Marx come pericolo: se prima il denaro era solo un mezzo per scambiare merci, è diventato l’unico fine dell’intero ciclo economico. E’ Keynes, nel 1931, il primo a parlare di “disoccupazione tecnologica”: scopriamo sempre nuovi sistemi per «risparmiare forza lavoro», senza riuscire a ricollocarla. Succede perché siamo avidi, dice Pallante: riducendo l’orario di lavoro, l’innovazione di processo non comprometterebbe l’occupazione. Al contrario: sarebbero le macchine a lavorare per noi. Il guaio? Il nostro obiettivo non è vivere bene, in armonia con gli altri e con il pianeta. Vogliamo solo avere tanti soldi, costi quel che costi. Alle conseguenze, semplicemente, non pensiamo: la guerra sociale, la predazione globale delle risorse, il collasso della biosfera. Il paziente è grave: consuma più di quanto la Terra possa dargli. Ogni anno la “deadline” si accorcia: prima del Duemila la linea rossa veniva superata a ottobre, poi a settembre. Ora siamo “in riserva”, ogni anno, già dal mese di luglio.Non ci vuole un indovino per intuire che di questo passo andremo a sbattere. L’emissione di anidride carbonica non smaltibile dalla fotosintesi vegetale è quasi raddoppiata, sugli oceani galleggiano “continenti” di plastica, il pesce s’è dimezzato, il clima terrestre sta per raggiungere i 2 gradi sopra la soglia di sicurezza. E non abbiamo ancora visto niente: si calcola che interi paesi, come il Bangladesh, saranno sommersi. Noi che facciamo? Niente. Anzi, peggio: acceleriamo la corsa verso lo schianto. La globalizzazione violenta del mercato, dice Pallante, riproduce su scala mondiale quanto avvenne con la Rivoluzione Industriale: masse ingenti di contadini e artigiani sradicate dai loro territori e trasformate in folle di profughi economici. Obiettivo: accrescere la platea dei consumatori di merci superflue. Esaurite le capacità dell’Occidente, si punta al resto del mondo. Interi continenti da depredare di materie prime a basso costo, attraverso guerre coloniali permanenti. Decine di paesi devastati, dai quali non resta che scappare. Il sistema li accoglie a braccia aperte, i migranti che ha messo in fuga: diventeranno nuovi consumatori e contribuenti, in termini di tasse e versamenti pensionistici, senza contare il loro sfruttamento schiavistico e il business criminale che specula sull’accoglienza, mortificando la solidarietà di migliaia di volontari.Proprio la mano tesa, offerta ai rifugiati, rivela che la vittoria del mostro (da noi stessi alimentato ogni giorno) non è ancora definitiva. Sopravvivono religioni, cresce a vista d’occhio la fame di spiritualità. In modo spesso confuso, si va in cerca di valori. «Nelle società che hanno finalizzato l’economia alla crescita della produzione di merci e appiattito gli esseri umani sulla dimensione materialistica – scrive Pallante – la valorizzazione della dimensione spirituale è un atto di disobbedienza civile». Consente di recuperare la solidarierà «non solo tra gli esseri umani, ma tra tutti i viventi», e arricchisce la pulsione all’uguaglianza di un profilo anche esistenziale. Cosa manca? Una politica, capace di aggregare milioni di individui per invertire il corso degli eventi, scongiurando la catastrofe. Destra e sinistra? Un lungo equivoco. E’ lo stesso Hayek, nume tutelare dei criminali architetti dell’austerity europea, a chiarire che il liberalismo non è stato conservatore, ma rivoluzionario. La sinistra ha arrancato dietro al capitale, cercando solo di distribuirne i profitti in modo più largo. Ma, secondo Pallante, persino l’ossigeno del deficit teorizzato da Keynes è controproducente: siamo al punto in cui – come predetto dal Club di Roma, cioè dal Mit di Boston – ogni espansione dei consumi ci accorcerebbe ulteriormente la vita.Come se ne esce? In un solo modo: tagliando il Pil. Decrescita infelice? No: selettiva. Nel mirino, gli sprechi. Non la barzelletta delle auto blu, ma cifre spaventose, che valgono intere finanziarie: la sola riconversione ecologica degli edifici farebbe crollare di 2/3 la spesa energetica nazionale, creando un oceano di posti di lavoro (utili) e abbattendo in modo vertiginoso l’impatto ambientale. Nel gelido Nord Europa c’è chi vive in “case passive” tecnologicamente avanzate, senza riscaldamento convenzionale, a emissioni zero. Noi invece siamo ancora impelagati nelle guerre geopolitiche per i gasdotti, come se vivessimo all’inizio del ‘900. Le ultime elezioni italiane hanno rottamato la vecchia politica e in particolare la sinistra? Ovvio: proprio la sinistra ha abbandonato i territori che storicamente si era candidata a tutelare. In ordine sparso, si va organizzando localmente un arcipelago di comunità fondate sulle filiere corte, ancora senza rappresentanza istituzionale. Riuscirà a nascere un partito che punti alla sostenibilità dell’economia, anziché all’impossibile “sviluppo sostenibile”? Matematica: benché “sostenibile”, cioè con minor impatto immediato sull’ecosistema, qualsisasi “sviluppo” (crescita illimitata) diventa comunque insostenibile alla distanza, perché farà crescere consumi superflui e veleni.«E’ l’equivoco delle rinnovabili: sono meno impattanti oggi, ma quell’energia “verde” aggraverà il bilancio ecologico domani, se ci sarà ancora “sviluppo”». L’alternativa? Vivere benissimo e diventare tutti ricchissimi: non per forza di denaro, ma di beni (prodotti con “valore d’uso”, anziché merci “usa e getta”). Nel suo libro – densamente argomentato e documentato, numeri alla mano – Pallante ammette che il suo pensiero è necessariamente eretico, di fronte al non-pensiero del “mercato”. «La decrescita selettiva degli sprechi – insiste – è l’unica via d’uscita a una crisi che da troppo tempo genera problemi al sistema economico e sofferenze umane gravissime». Mentre la disoccupazione ci devasta, nessuno mette in cantiere le attività utili, quelle adatte ad affrontare la crisi sociale e l’emergenza ambientale. «Una società che non fa lavorare chi vorrebbe farlo e non commissiona i lavori più necessari, che ripagherebbero i loro costi con i risparmi che consentono di ottenere, è profondamente malata. E la sua malattia è causata dalla diffusione dell’idea assurda che lo scopo dell’economia sia la crescita del Pil. Prima ce ne liberiamo e meglio sarà».Inutile spiegarlo agli oligopolisti del denaro, i ras della finanza che stanno schiantando il pianeta alla velocità della luce. Dovranno essere i molti, non i pochi, a disertare dall’esercito del Pil, additando questo “sviluppo” come il vero nemico di un’umanità ancora intenzionata ad abitare la Terra. E’ in arrivo un cataclisma definitivo o sarà ancora possibile metter mano al nostro destino, fermando la corsa verso il baratro? Dipende da noi, secondo Pallante, che intanto propone di uscire dal grande imbroglio della fiction mainstream. Svegliarsi: rottamare il culto di vocaboli-totem come progresso, modernità e innovazione. Continuare a scambiarli per sinonimi di miglioramento, sostiene, significa restare prigionieri di un inganno saguinoso, ormai esiziale per le sorti della società e del pianeta. Tornare all’antico? Al contrario: «Occorre utilizzare l’enorme patrimonio scientifico e tecnologico delle società industriali», non più per incrementare la produttività e la produzione di merci, ma «per sviluppare le tecnologie che aumentano l’efficienza con cui le risorse della Terra vengono trasformate in beni». Raffinate tecnologie, che riducono gli sprechi, tagliano le emissioni e recuperano i rifiuti.Oggi, insiste Pallante, difendere la democrazia significa affrontare i problemi creati dalla gobalizzazione: «Occorre porre al centro della politica economica l’autosufficienza alimentare ed energetica». Filiere corte, dall’energia al cibo. Parola d’ordine: «Rilocalizzare tutte le attivitù produttive che rispondono ai bisogni fondamentali della vita e possono essere svolte più vantaggiosamente a livello nazionale che a livello globale». Settori d’impiego teoricamente infiniti: basterebbe «ristrutturare ecologicamente il patrimonio edilizio, rinaturalizzare il paesaggio, ripulire i fiumi, rifare le reti idriche che perdono mediamente il 65% dell’acqua». Solo così, conclude Pallante, si può rianimare l’economia creando lavoro “utile”, che risana l’ecosistema. Serve un nuovo umanesimo, un patto tra comunità consapevoli: «Occorre ridare slancio alla convinzione che il lavoro di ognuno può contribuire in maniera determinante al benessere di tutti», restituendo un futuro ai giovani e alle generazioni a venire. Utopia? Sì, necessaria e urgente. Non c’è più tempo per i sogni, serve una politica operativa basata su un paradigma opposto a quello della crescita, cieca e suicida. Anche perché l’alternativa è già scritta: siamo noi, il famoso tonno da tagliare con un grissino.(Il libro: Maurizio Pallante, “Sostenibilità equità solidarietà”, sottotitolo “Un manifesto politico e culturale”, Lindau, 185 pagine, 16 euro).Così tenero, che si taglia con un grissino. Peccato che non si sia mai visto, in natura, un pesce che abbia la consistenza del budino. Eppure ha funzionato, la celebre pubblicità del tonno, perché viviamo in un mondo virtuale, inventato di sana pianta, plasmato da un pensiero “magico”: non valgono più le regole dell’universo, ma quelle fabbricate dalla neolingua della manipolazione. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”. La tesi: il 90% delle nostre azioni è sapientemente pilotato, a nostra insaputa. In altri termini, lo dimostra anche Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita: il linguaggio comune trasforma i difetti in virtù, presenta i problemi come soluzioni. E’ un inganno, un trucco al quale abbocchiamo regolarmente, quando pensiamo che sia desiderabile (magari perché “si taglia con un grissino”) il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Un ossimoro: se lo sviluppo non è fisiologico – cioè a termine, come quello di un bambino o di una pianta – è qualcosa che fa male, che sega il ramo sul quale stiamo appollaiati. La parola “sviluppo” è diventata surreale, come il celebre tonno. E’ ormai sinonimo di crescita illimitata, innaturale, cancerogena. Abbellirla con l’ipocrita aggettivo “sostenibile” significa solo prolungare il decorso del male: morte lenta.
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Ishiguro: amate i miei robot, state diventando come loro
È possibile innamorarsi di un oggetto? Può l’intelligenza artificiale simulare la coscienza al punto tale da far sembrare davvero umano un androide? Domande sempre più rilevanti nella crescente robotizzazione della società. Il paese all’avanguardia nel campo è da sempre il Giappone, costantemente proiettato nell’indagine di cos’è davvero un robot e, di riflesso, cos’è un umano. Uno degli scienziati più affascinanti in quest’ambito è da più di 15 anni Hiroshi Ishiguro, che nei suoi laboratori di Osaka ha creato una fabbrica di androidi in costante evoluzione. Nel 2002 iniziò con la replica di sua figlia Risa, 9 anni: un pupazzo di gomma dalle movenze rigide e troppo meccaniche che faceva scattare l’effetto “Uncanny Valley”, la repulsione nel vedere qualcosa di smaccatamente verosimile all’umano. Un po’ come i manichini nei film horror. Così Ishiguro affinò il progetto Geminoid, gemello-androide, nel tentativo di creare copie da un calco originale umano, basandosi sull’idea che poiché gli umani riescono ad avere intimità con altri esseri umani, la strada giusta è quella dell’imitazione e dei replicanti alla “Blade Runner”.Così s’ispirò, nel 2005, a una conduttrice di tg giapponese per creare Repliee Q1. Ancora troppo rigida e surreale. Allora ebbe l’intuizione geniale che gli regalò la fama: un’autoritratto robotico. Nacque Geminoid HI-1, dalle sue iniziali. Uguale in tutto e per tutto al professor Ishiguro, con ciuffo cotonato da rockabilly, espressione torva, mani curate, camicia e pantaloni attillati neri. Il tutto sfocia dal suo convincimento che le emozioni umane non sono null’altro che risposte a stimoli. E quindi manipolabili. Il suo obiettivo, come quello dello scienziato pazzo nel film “Ex machina”, è creare l’androide perfetto che non solo diventerà una badante efficace, o una funzionaria credibile, ma anche, e molto a breve, un’amante perfetta e forse anche una moglie. Dopotutto, per rispondere alla domanda se sia possibile innamorarsi di un oggetto, basta pensare alla passione dilagante per gadget elettronici, macchine da corsa, gioielli. Si può amare un involucro di cavi, acciaio e microchip ricoperto di gomma riscaldata per farla somigliare a carne e pelle umana? Ishiguro ne è convinto e con lui molti altri scienziati e imprenditori.Il passo successivo, per vincere la repulsione per un manichino animato è stato andare in tutt’altra direzione creando, nel 2011, il fantasmino Telenoid, un incrocio tra un robot-bambino e un elfo, con braccia a moncherino e al posto delle gambe un inquietante sedere a 360° gradi. Eppure, portandolo nelle case di riposo, Telenoid fece scattare emozioni immediate e gli anziani lo vollero tenere in braccio e parlargli. Ora Ishiguro è tornato all’attacco con la vera sfida della somiglianza, creando Erica. Non più un pupazzo animato a distanza da una sala di regia come se ne trovano nei musei di Tokyo, ma il primo androide pienamente autonomo. Erica può sostenere autonomamente una vera conversazione che dura fino a 10 minuti. Ha la possibilità di riconoscere la voce, i raggi infrarossi per seguire i movimenti degli umani, un sintetizzatore vocale e un generatore di movimento naturale.Fin dal 17esimo secolo, in Giappone costruivano le “karakuri”, bambole meccanizzate per servire il tè e per cerimonie religiose. Cent’anni dopo, il cecoslovacco Karel Capek scrisse l’opera teatrale che per prima utilizzò il nome robot, che in ceco significa “schiavo”. Ma questi schiavi tecnologici sono già usati nella roboterapia e come “chat bot” da compagnia per vincere il senso d’isolamento che continua a crescere nel nostro rapporto di dipendenza con la tecnologia. Un toccasana tecnologico a un male accresciuto dalla tecnologia stessa: medicina omeopatica, insomma. Non è un caso che finora l’androide di Ishiguro che ha avuto più credibilità sia una ragazza-robot messa in vetrina in un grande magazzino. Non parla con nessuno, sta lì seduta a fare il solletico a uno smartphone. Ogni tanto alza lo sguardo e sorride. Il robot sembra più umano quando interagisce con Internet. Proprio come l’umano sembra sempre di più un robot con lo smartphone saldato alla mano.(Carlo Pizzati, “Giappone, il signore dei robot: vi innamorerete di loro”, da “La Stampa” del 24 ottobre 2017).È possibile innamorarsi di un oggetto? Può l’intelligenza artificiale simulare la coscienza al punto tale da far sembrare davvero umano un androide? Domande sempre più rilevanti nella crescente robotizzazione della società. Il paese all’avanguardia nel campo è da sempre il Giappone, costantemente proiettato nell’indagine di cos’è davvero un robot e, di riflesso, cos’è un umano. Uno degli scienziati più affascinanti in quest’ambito è da più di 15 anni Hiroshi Ishiguro, che nei suoi laboratori di Osaka ha creato una fabbrica di androidi in costante evoluzione. Nel 2002 iniziò con la replica di sua figlia Risa, 9 anni: un pupazzo di gomma dalle movenze rigide e troppo meccaniche che faceva scattare l’effetto “Uncanny Valley”, la repulsione nel vedere qualcosa di smaccatamente verosimile all’umano. Un po’ come i manichini nei film horror. Così Ishiguro affinò il progetto Geminoid, gemello-androide, nel tentativo di creare copie da un calco originale umano, basandosi sull’idea che poiché gli umani riescono ad avere intimità con altri esseri umani, la strada giusta è quella dell’imitazione e dei replicanti alla “Blade Runner”.
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Carpeoro: Br, cioè Gladio. Chiedetelo a Curcio e Pazienza
Andate a vedere quanta galera ha fatto Morucci, presunto capo delle Brigate Rosse. A Curcio, che ha colpito solo il carabiniere che aveva sparato nella schiena alla sua donna, sotto stati attribuiti – come concorso morale – tutti gli omicidi commessi da Morucci. Il problema è che Morucci ha fatto sì e no sei mesi di carcere, e Curcio ha fatto tutta la pena – ma non la metà, con la semi-libertà: tutta. Sapete che in Italia l’ergastolo non esiste: dopo trent’anni di buona condotta ti devono mettere fuori, anche se di ergastoli ne hai dodici. Curcio dopo trent’anni l’hanno messo fuori; Morucci dopo quanto? Un anno, un anno e mezzo? Poi è entrato nel programma protezione, ora non si sa più neanche dove sia. Perché? Perché le Brigate Rosse, dopo Curcio, erano finite sotto la gestione diretta dei servizi segreti, non più sotto la gestione indiretta. Ma peggio dei servizi segreti: di Gladio. Cioè, non erano i servizi segreti: erano i servizi segreti che gestivano le Brigate Rosse per conto di Stay Behind, cioè di Michael Ledeen e del generale Santovito. E Curcio, che si è fatto tutti i trent’anni, ne è la prova vivente. E quando esce, e dice “mah, forse ora lo scrivo, un libro”, gli tolgono il posto all’università: lui attualmente è disoccupato, anzi ha fatto un appello per dire: rimettetemi in carcere, che almeno mangio.Noi in Italia abbiamo una concezione strana della giustizia: per certi soggetti l’ergastolo c’è davvero. Certi soggetti non si chiamano pregiudicati, si chiamano “eternamente giudicati”. Il rapporto con la giustizia dovrebbe essere laico: ho violato la legge? La pena prevista è questa? Dopo che l’ho scontata è finita, però. Può non essere finita moralmente, per le vittime. Ma, laicamente – con lo Stato – la vertenza è chiusa; non mi puoi rifiutare il lavoro, togliermi la cattedra di insegnante, perché per te è ancora aperta, perché altrimenti mi fai fare l’ergastolo davvero. Perché poi, uno che esce dal carcere dopo trent’anni che fa, specie ora con l’età pensionabile a settanta? Se la tua logica è che ho ancora qualcosa da pagare anche dopo che esco di galera, questo non è nelle regole. Invece non vale per altri, che non pagano nemmeno quello che dovrebbero pagare. Ripeto: il confronto tra Curcio e Morucci è impietoso – per non parlare di Mario Moretti. E’ un confronto impietoso, perché quello ha ammazzato davvero, e l’altro si è preso le condanne. I brigatisti erano diventati i gestori, per conto dei servizi segreti in capo a Gladio. Attenzione: tu hai un’organizzazione, creata dagli americani per evitare che venga il comunismo, la quale però gestisce il terrorismo comunista.Andate a vedere l’atto con cui è stata costituita Gladio: se costituisci una cosa, dovrebbe andare avanti per come l’hai costituita, no? Se la costituisci in un modo e poi invece ne fai altre, di cose… Perché, cos’era diventata, Gladio? E’ esistita quando gli americani sapevano benissimo che i comunisti erano spacciati. Nel ‘53, un economista americano che lavorava, credo, per McGovern, aveva previsto che il modello economico russo sarebbe morto nell’arco di trent’anni, massimo quaranta – e infatti l’Urss è finita nell’89, sostanzialmente. Non era un giudizio politico, etico, di disvalore di quel sistema, ma una previsione economica: “Tra quarant’anni non avranno più i soldi”. Quindi lo sapevano perfettamente, gli americani. E lo sapevano anche i comunisti italiani, che si sono ben guardati dall’andare al governo: quando nel ‘75 Berlinguer ha vinto a mani basse le elezioni amministrative, subito ha offerto il compromesso storico (alla Dc), non ha mica detto “domani comando io”. Sapevano tutti che quella roba lì – economicamente – non aveva futuro. Lo sapevano, tutti. Era un business, su cui hanno marciato tutti quanti. Ci hanno marciato i partiti italiani, perché beccavano il grano per essere “anticomunisti”. Ci hanno marciato i servizi segreti e i personaggi come Ledeen, perché (sulla minaccia sovietica) hanno costruito fortune e potere. Tutti, ci hanno marciato. E quando è morta l’Unione Sovietica hanno pianto: hanno versato calde lacrime, perché era finito il bengodi.Quindi, queste gestioni (dell’intelligence) sono fatte innanzitutto di interessi economici particolari. Non sono fatte di complotti surreali, esoterici: sono fatte di soldi, di interessi, di gente che ci campa. Davvero pensate che ci sia dietro una gestione “mistica” del male? Ma il male non è mistico, è pratico. Il male, che è l’assenza di bene, non ha una dimensione mistica, esoterica, spirituale: ha una dimensione meramente pragmatica. Non dovete pensare che ci siano dietro delle cose complicate, le cose sono semplici. Avete degli esempi. C’è un mio “fratello” massone, a cui voglio bene – e lo dico pubblicamente – che si chiama Francesco Pazienza. Questo signore è in galera da vent’anni. E sta là perché vuole campare, perché se esce di galera lo ammazzano. Pazienza è colui che gestiva, per conto di interessi massonici italiani (cercando di limitare i danni), la moderazione del meccanismo Stay Behind. Era il signore che avrebbe dovuto evitare che Stay Behind finisse per farci fare, al 100%, i servi degli americani: era il nemico, lo “speculum” di Michael Ledeen.Nel momento in cui è scoppiato il bubbone, Pazienza venne protetto da Cossiga: e quello è stato uno dei pochi atti della vita di Cossiga per cui posso dire che si sia comportato bene. Fu Cossiga a pattuire che Pazienza stesse zitto, in carcere, e che gli venisse garantita la sopravvivenza – una sopravvivenza anche dignitosa, senza carcere duro. Fu stipulato questo accordo, nel quale venno coinvolti i magistrati, per cui Pazienza si prese una pena bestiale, è tuttora in galera e sta zitto. L’unica dichiarazione che ha fatto, da vero massone, è stata quella che poi ha confermato il quadro per cui esistesse una P1. Però i giornali l’hanno pubblicata in settantunesima pagina. Fu una dichiarazione che lui rese nell’anniversario dell’uccisione di Olof Palme. Pazienza è una persona sottile, non fa le cose grossolanamente. Nell’anniversario dell’uccisione di Palme fece la famosa dichiarazione della cosiddetta “cupola Santovito”. Cos’era la “cupola Santovito”? Era la cupola che stava sopra il generale Santovito e Gelli, ed era gestita da Michael Ledeen: cioè la P1, di cui non ha mai parlato nessuno. Questo per farvi capire come, in realtà, il potere fa un’operazione semplicissima: ci offre soluzioni estremamente complicate per nascondere quelle semplici.Se cerchiamo la soluzione semplice rischiamo di trovare la verità, ma siccome il potere ci offre sempre delle soluzioni “mistiche”, esoteriche e sataniche complicate (contorte, fantasiose, suggestive, depistanti), noi la verità semplice non l’andiamo a cercare. Non ci chiediamo mai perché la massoneria fa una loggia che si chiama “Propaganda” e poi decide che sia segreta: se è segreta, dov’è la propaganda? Avete mai visto una propaganda segreta?Invece: fanno la loggia “Propaganda”, dove vanno quelli famosi, perché così la massoneria ha una bellissima reputazione, ma la fanno segreta. E perché? A che serve? Se uno si fa le domande giuste e va appresso alle cose semplici, si dà delle risposte: nel senso che la “Propaganda”, la P2, era il modo più efficace – una volta scoperta – per coprire la P1. Ovvero: ti faccio trovare quello che tu puoi trovare, per non farti trovare quello che non si deve trovare. Così funziona.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-radio da Civitanova Marche il 23 luglio 2017, ripresa su YouTube. Già a capo della comunione massonica italiana di Piazza del Gesù, da lui stesso poi disciolta, l’avvocato Carpeoro – al secolo, Gianfranco Pecoraro – è un acuto studioso di simbologia esoterica, ha appena dato alle stampe il prezioso volume “Summa Symbolica” e, nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016, offre una particolarissima chiave di lettura per inquadrare lo schema di potere denominato “sovragestione” che tiene insieme settori dell’élite, servizi segreti atlantici e manovalanza terroristica, dagli “anni di piombo” alla P2 di Gelli, fino alla segretissima Loggia P1 e all’Isis).Andate a vedere quanta galera ha fatto Morucci, presunto capo delle Brigate Rosse. A Curcio, che ha colpito solo il carabiniere che aveva sparato nella schiena alla sua donna, sotto stati attribuiti – come concorso morale – tutti gli omicidi commessi da Morucci. Il problema è che Morucci ha fatto sì e no sei mesi di carcere, e Curcio ha fatto tutta la pena – ma non la metà, con la semi-libertà: tutta. Sapete che in Italia l’ergastolo non esiste: dopo trent’anni di buona condotta ti devono mettere fuori, anche se di ergastoli ne hai dodici. Curcio dopo trent’anni l’hanno messo fuori; Morucci dopo quanto? Un anno, un anno e mezzo? Poi è entrato nel programma protezione, ora non si sa più neanche dove sia. Perché? Perché le Brigate Rosse, dopo Curcio, erano finite sotto la gestione diretta dei servizi segreti, non più sotto la gestione indiretta. Ma peggio dei servizi segreti: di Gladio. Cioè, non erano i servizi segreti: erano i servizi segreti che gestivano le Brigate Rosse per conto di Stay Behind, cioè di Michael Ledeen e del generale Santovito. E Curcio, che si è fatto tutti i trent’anni, ne è la prova vivente. E quando esce, e dice “mah, forse ora lo scrivo, un libro”, gli tolgono il posto all’università: lui attualmente è disoccupato, anzi ha fatto un appello per dire: rimettetemi in carcere, che almeno mangio.
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Pastor Talent, il prete-star che parla con Dio: al telefono
«Pronto, chi parla?». «Sono io, Dio». Non è uno scherzo telefonico, ma una storia vera. Quella di un prete africano, Paul Sanyagore, che si fa chiamare “Pastor Talent” e vive in Zimbabwe. Sostiene di essere in linea con l’Altissimo: non solo Dio sarebbe dotato di un cellulare, ma addirittura avrebbe lasciato il suo numero a pochi eletti, che lo possono chiamare in qualsiasi momento. “Pastor Talent”, a cui certo il talento non manca, afferma di averlo sentito più di una volta, il “principale”, chiedendogli consiglio su qualche questione e chiacchierandoci piacevolmente. «Di certo per molti fedeli è bello pensare di poter parlare con Dio, ma nessuno ha mai creduto di poterlo fare veramente, almeno non con un cellulare», scrive “Supereva”. Pastor Talent invece è convinto di avercelo davvero, quel benedetto numero di telefono. E giura di poterlo sentire ogni volta che ha bisogno di aiuto. «Semplicemente lui digita il numero e Dio risponde». Roba da far impallidire tutta la saga delle famose apparizioni mariane, da Lourdes a Medjugorje: perché ricorrere a incerte visioni diafane in qualche grotta, se si può telefonare direttamente al Numero Uno?Tutto sarebbe iniziato qualche tempo fa, racconta “Supereva”, quando Paul Sanyagore stava pregando. Una “voce” gli avrebbe sussurrato un numero di telefono, chiedendogli di chiamare. «Il prete avrebbe ubbidito e dall’altro capo della cornetta avrebbe sentito la voce di Dio», nientemeno. «Ho un canale diretto», ha raccontato in un’intervista. «Ho il suo numero di cellulare e posso chiamarlo quando ce n’è bisogno». Insiste: «È possibile parlare con Dio: perché dubitate che gli parli al telefono?». Strana, la gente: a volte stenta a crederti, se racconti di aver vissuto un’esperienza così comune, quasi banale. Telefonare a Dio? E che ci vuole: «Ho il numero diretto, dove chiamarlo e avere istruzioni su cosa fare». Facile, elementare. La cosa più naturale del mondo. Potenza della telefonia mobile, si direbbe: ora persino Dio può parlare con noi (o meglio, con “Pastor Talent”) e senza scatto alla risposta.«Se le affermazioni di Sanyagore vi sembrano davvero surreali, sappiate che moltissime persone gli credono e in Zimbabwe è diventato una vera star». Chi l’avrebbe mai detto. «Da quando ha svelato di poter chiamare al telefono Dio, i fedeli nella sua chiesa sono aumentati a dismisura». Di solito, gli “unti dal Signore” a questo punto provano un’attrazione irresistibile per il medium per eccellenza. E infatti: «L’uomo ha addirittura creato un proprio canale televisivo, chiamato “Victory Tv”. «In tanti, comunque sia – chiosa “Supereva” – hanno messo in dubbio la sua sincerità». Al che, Paul Sanyagore si è deciso a promettere che avrebbe presto svelato il famoso numero di telefono di Dio. «Sino ad ora però la sua promessa non ha avuto seguito». Che peccato.«Pronto, chi parla?». «Sono io, Dio». Non è uno scherzo telefonico, ma una storia vera. Quella di un prete africano, Paul Sanyagore, che si fa chiamare “Pastor Talent” e vive in Zimbabwe. Sostiene di essere in linea con l’Altissimo: non solo Dio sarebbe dotato di un cellulare, ma addirittura avrebbe lasciato il suo numero a pochi eletti, che lo possono chiamare in qualsiasi momento. “Pastor Talent”, a cui certo il talento non manca, afferma di averlo sentito più di una volta, il “principale”, chiedendogli consiglio su qualche questione e chiacchierandoci piacevolmente. «Di certo per molti fedeli è bello pensare di poter parlare con Dio, ma nessuno ha mai creduto di poterlo fare veramente, almeno non con un cellulare», scrive “Supereva”. Pastor Talent invece è convinto di avercelo davvero, quel benedetto numero di telefono. E giura di poterlo sentire ogni volta che ha bisogno di aiuto. «Semplicemente lui digita il numero e Dio risponde». Roba da far impallidire tutta la saga delle famose apparizioni mariane, da Lourdes a Medjugorje: perché ricorrere a incerte visioni diafane in qualche grotta, se si può telefonare direttamente al Numero Uno?