Archivio del Tag ‘televisione’
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La Rai tedesca: abbiamo razziato la Grecia, nostra colonia
Certe volte la realtà supera la fantasia: addirittura la rete tedesca “Erste Tv”, la più importante rete televisiva statale di Germania, incredibilmente supporta le nostre tesi confermando in uno splendido report dell’equivalente della nostra Rai1 messo in palinsesto negli scorsi giorni che ai fatti sembra esistere un progetto coloniale tedesco atto a trasferire valore, assets, insomma denari dai greci direttamente allo Stato tedesco con il fine di pagare i servizi utilizzati dalla cittadinanza germanica [e quindi indirettamente anche le loro future pensioni]! Della serie, prima li affami con l’austerità e poi li compri per un tozzo di pane! In una parola: moderno colonialismo tedesco attuato in Ue tramite l’induzione della stagflazione in un regime di cambi fissi, colonialismo del III millennio. E’ logico, se ci pensate: i germani erano stati esclusi dal giro negli ultimi 100 anni e oggi vogliono recuperare il tempo perduto, visto che le colonie in via di sviluppo sono ormai inaccessibili non gli resta che creasi le moderne colonie dentro casa, nell’Ue del Sud.Nell’articolo, l’autore tedesco parla espressamente di “colonia”, riferito al trattamento riservato alla Grecia nell’Ue (“Questo assomiglia più a una colonia che un paese membro dell’Unione Europea”). Ad esempio gli aeroporti greci oggetto di privatizzazione forzata a valle della capitolazione di Tsipras passati dallo Stato greco ad una azienda STATALE TEDESCA, statale tedesca, FraPort (Aeroporti di Francoforte, di proprietà della Regione dell’Assia): ossia un business profittevole – dice la stessa “Erste” –, gli aeroporti greci, viene svenduto e come acquirente ha di fatto lo Stato tedesco [che non paga nemmeno quanto dovuto, in quanto lo scala dal debito di Atene, assets per altro acquistati a prezzi inferiori a quelli di mercato] per volere diretto di Schaeuble – lo dice l’articolo, non io. E viene anche aggiunto, nel pezzo, che così facendo FraPort potrà più facilmente convogliare i propri (anziani) turisti tedeschi in Grecia, scommetto – immaginando cosa verrà dopo, i tedeschi sono molto logici – che a seguire ci sarà l’incanto delle abitazioni locali magari dietro la costrizione dell’equivalente di Equitalia in Grecia che prima espropria i beni ai propri concittadini per morosità nel pagamento di tasse altissime (vi ricorda qualcosa?) e poi li vende a saldo ai tedeschi avvoltoi nelle aste di Stato [e chi volete che abbia soldi da investire tra i greci se la crisi continuerà ancora per qualche anno?].La Repubblica Ellenica, quel che resta, è destinata a diventare un popolo di servi, di badanti per gli anziani tedeschi che andranno a svernare in Grecia visto che in patria gli anzianotti della Ruhr non potranno permettersi di vivere con le magre pensioni statali figlie dei minijobs, in ogni caso le apparentemente povere pensioni tedesche sono e soprattutto saranno ricchissime rispetto a quelle degli anziani ateniesi. E nel mentre la Germania continuerà ad arricchirsi, mantenendo Atene in una situazione di debito ad aeternum detenuto da coloro che impongono l’austerità, ad arte, con lo scopo di impossessarsi dei beni altrui. Insomma, i soliti tedeschi che non cambiano mai… Appunto, tutto questo si chiama neocolonialismo.(Mitt Dolcino, “Clamoroso: la televisione statale tedesca conferma il progetto coloniale ammettendo che le privatizzazioni greche sono state imposte da Schauble per trasferire ricchezza direttamente a Berlino!”, da “Scenari Economici” del 30 luglio 2015).Certe volte la realtà supera la fantasia: addirittura la rete tedesca “Erste Tv”, la più importante rete televisiva statale di Germania, incredibilmente supporta le nostre tesi confermando in uno splendido report dell’equivalente della nostra Rai1 messo in palinsesto negli scorsi giorni che ai fatti sembra esistere un progetto coloniale tedesco atto a trasferire valore, assets, insomma denari dai greci direttamente allo Stato tedesco con il fine di pagare i servizi utilizzati dalla cittadinanza germanica [e quindi indirettamente anche le loro future pensioni]! Della serie, prima li affami con l’austerità e poi li compri per un tozzo di pane! In una parola: moderno colonialismo tedesco attuato in Ue tramite l’induzione della stagflazione in un regime di cambi fissi, colonialismo del III millennio. E’ logico, se ci pensate: i germani erano stati esclusi dal giro negli ultimi 100 anni e oggi vogliono recuperare il tempo perduto, visto che le colonie in via di sviluppo sono ormai inaccessibili non gli resta che creasi le moderne colonie dentro casa, nell’Ue del Sud.
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L’euro, creato da gangster nazisti per devastare l’Europa
Il referendum greco ha dato adito ad accesi dibattiti che però dimostrano la generale ignoranza sulle regole del gioco: «I partecipanti si sono lacerati per sapere se i greci fossero o no responsabili del loro debito, stando sempre attenti nel contempo a non accusare mai di usura i loro creditori», scrive Thierry Meyssan. «Ma lo hanno fatto ignorando la storia dell’euro e le ragioni della sua creazione». La moneta unica? «Un progetto anglosassone della guerra fredda», per indebolire l’Europa e staccarla dalla Russia. Dal Trattato di Roma, 64 anni fa, le istanze amministrative successive del “progetto europeo” (Ceca, Cee, Ue) hanno speso somme enormi e senza equivalenti per finanziare la loro propaganda nei media. «Ogni giorno centinaia di articoli, di trasmissioni radio e televisive, sono pagati da Bruxelles per raccontare una falsa versione della storia e farci credere che l’attuale “progetto europeo” sia quello degli europei risalente al periodo fra le due guerre mondiali». Ma gli archivi mostrano che già nel 1946 Winston Churchill e Harry Truman decisero di dividere il continente europeo in due: da una parte i loro vassalli, dall’altra l’Urss con i suoi.«Per assicurarsi che nessuno Stato si emancipasse dalla loro sovranità dominante, decisero di manipolare gli ideali dell’epoca», scrive Meyssan su “Megachip”. «Quel che allora veniva definito il “progetto europeo” non consisteva nel difendere presunti valori comuni, ma nel fondere lo sfruttamento delle materie prime e delle industrie della difesa di Francia e Germania per essere certi che questi paesi non potessero più farsi la guerra (teoria di Louis Loucheur e del conte Richard Coudenhove-Kalergi)». Il britannico Mi6 e la statunitense Cia, continua il giornalista, furono poi incaricati di organizzare il primo “Congresso dell’Europa” all’Aia nel maggio 1948, al quale parteciparono 750 personalità (tra cui François Mitterrand) provenienti da 16 paesi. «Si trattava, né più né meno, di rilanciare il “progetto di Europa federale” (redatto da Walter Hallstein – il futuro presidente della Commissione Europea – per il cancelliere Adolf Hitler) in base alla retorica di Coudenhove-Kalergi». L’Urss aveva reagito all’inizio della guerra fredda sostenendo i comunisti che avevano preso il potere, legalmente, a Praga? «Washington e Londra organizzarono allora il Trattato di Bruxelles, che prefigurava la creazione della Nato».Lo stesso spirito antisovietico accomunava gli “unionisti”, «per i quali si trattava unicamente di mettere in comune i mezzi per resistere all’espansione del comunismo», e i “federalisti”, «che auspicavano che si realizzasse il progetto nazista di Stato federale sottoposto all’autorità di un’amministrazione non eletta». Da lì nacque il percorso europeista a noi noto: prima la Ceca, poi la Cee e quindi l’Ue. Inoltre, quello stesso congresso «adottò il principio di una moneta comune». Tra i “padri” dell’euro, Meyssan segnala Joseph Rettinger, «ex fascista polacco divenuto un agente britannico». Su richiesta dell’Mi6, l’intelligence britannica, Rettinger «fondò la European League for Economic Cooperation e ne divenne il segretario generale. In questa veste, è il padre dell’euro. In seguito, ha animato il movimento europeo e ha creato il Club Bilderberg». Obiettivo dell’Elec, una volta create le istituzioni europee, era quello di «passare dalla moneta comune (la futura European Currency Unit – Ecu) a una moneta unica (l’euro), in modo che i paesi che aderivano all’Unione non potessero più lasciarla».È questo il progetto che François Mitterrand ha realizzato nel 1992, continua Meyssan. «Alla luce della storia e della partecipazione di Mitterrand al Congresso dell’Aja nel 1948, è assurdo affermare oggi che l’euro avesse avuto un altro scopo. Questo è il motivo per cui, logicamente, i trattati attuali non prevedono l’uscita dall’euro, costringendo la Grecia, se lo desidera, a uscire prima dall’Unione per poter uscire dall’euro. Dopo la dissoluzione dell’Urss, gli Stati Uniti rimasero i soli padroni del gioco, il Regno Unito li assistette, e gli altri Stati obbedirono loro. «Di conseguenza, l’Unione non ha mai deliberato il proprio allargamento a Est, ma ha solamente convalidato una decisione assunta da Washington e annunciata dal suo segretario di Stato, James Baker. Allo stesso modo, ha adottato sia la strategia militare degli Stati Uniti, sia il loro modello economico e sociale caratterizzato da enormi disuguaglianze». La stampa dominante ha affermato che votando “no”, l’economia greca avrebbe fatto un salto nel buio. «Eppure, il fatto di appartenere alla zona euro non è una garanzia di performance economica». Secondo i dati del Fmi, nel rapporto tra Pil e potere d’acquisto dei salari, un solo Stato membro dell’Unione Europea è tra i primi 10 al mondo: il paradiso fiscale del Lussemburgo. La Francia è solo al 25° posto su 193.La crescita, nell’Unione Europea, è stata dell’1,2% nel 2014, il che va a classificarla al 173° posto nel mondo: uno dei peggiori risultati del pianeta (la media mondiale è del 2,2%). «È inevitabile constatare che appartenere all’Unione e utilizzare l’euro non sono garanzie di successo», osserva Meyssan con lugubre sarcasmo, di fronte alla catastrofe economica che sta travolgendo l’Eurozona. Ma attenzione, non si tratta di un fallimento per tutti: «Se le élite europee sostengono questo “progetto”, accade perché risulta loro profittevole. In effetti, nel creare un mercato unico e una moneta unica, gli “unionisti” hanno imbrogliato le carte. Ormai, le differenze non sono tra gli Stati membri, ma tra classi sociali che si sono rese uniformi su scala europea. Ecco perché i più ricchi difendono l’Unione, mentre i più poveri aspirano al ritorno degli Stati membri». L’Ue, aggiunge Meyssan, «non è stata creata per unire il continente europeo, ma per dividerlo, scartando definitivamente la Russia. Questo è ciò che Charles De Gaulle aveva denunciato mentre perorava un’Europa “da Brest a Vladivostok”».Gli “unionisti” assicurano che il “progetto europeo” ha consentito la pace in Europa per 65 anni? «Ma parlano dell’appartenenza all’Unione o del loro vassallaggio nei confronti degli Stati Uniti? In realtà è questo che ha garantito la pace tra gli Stati dell’Europa Occidentale, pur mantenendo la loro rivalità al di fuori dell’area Nato». Il sistema-euro, che impone diktat a Stati non più sovrani, ricorda in modo sinistro i meccanismi decisionali del piano di dominio hitleriano. Meyssan cita ancora Walter Hallstein, alto funzionario tedesco, l’uomo che curò la redazione del progetto nazista di Europa federale. «Si trattava di distruggere gli Stati europei e di federare le popolazioni per etnie attorno al Reich ariano. L’insieme sarebbe stato sottoposto alla dittatura di una burocrazia non eletta, controllata da Berlino. Dopo la Liberazione, mise in opera il suo progetto con l’aiuto degli anglosassoni». Altro personaggio chiave nel martirio ellenico, Mario Draghi, presidente della Bce nonché ex numero due in Europa della banca Goldman Sachs.Proprio Draghi «ha celato al Parlamento Europeo il ruolo da lui avuto rispetto alle malversazioni perpetrate dalla banca per conto del governo greco, sebbene risulti a chiare lettere dai documenti della banca». Atene, ora, «potrebbe facilmente cavarsela rifiutandosi di pagare la parte odiosa del debito, lasciando l’Unione, e facendo alleanza con la Russia, che per lei è un partner storico e culturale di gran lunga più serio della burocrazia di Bruxelles». Certo, la volontà di Mosca e di Pechino di investire in Grecia e di crearvi nuove istituzioni internazionali è un segreto di Pulcinella. «Tuttavia, la situazione in Grecia è più complessa», visto che Atene è anche un membro della Nato: proprio per impedire alla Grecia di avvicinarsi all’Urss, l’Alleanza Atlantica aveva già organizzato nel 1967 un colpo di Stato militare, il “golpe dei colonnelli”.Il referendum greco ha dato adito ad accesi dibattiti che però dimostrano la generale ignoranza sulle regole del gioco: «I partecipanti si sono lacerati per sapere se i greci fossero o no responsabili del loro debito, stando sempre attenti nel contempo a non accusare mai di usura i loro creditori», scrive Thierry Meyssan. «Ma lo hanno fatto ignorando la storia dell’euro e le ragioni della sua creazione». La moneta unica? «Un progetto anglosassone della guerra fredda», per indebolire l’Europa e staccarla dalla Russia. Dal Trattato di Roma, 64 anni fa, le istanze amministrative successive del “progetto europeo” (Ceca, Cee, Ue) hanno speso somme enormi e senza equivalenti per finanziare la loro propaganda nei media. «Ogni giorno centinaia di articoli, di trasmissioni radio e televisive, sono pagati da Bruxelles per raccontare una falsa versione della storia e farci credere che l’attuale “progetto europeo” sia quello degli europei risalente al periodo fra le due guerre mondiali». Ma gli archivi mostrano che già nel 1946 Winston Churchill e Harry Truman decisero di dividere il continente europeo in due: da una parte i loro vassalli, dall’altra l’Urss con i suoi.
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Il vero segreto della magia è che funziona, ma guai a dirlo
Molte pratiche e abitudini sociali sono pratiche magiche, o derivate dalla magia, ma sono chiamate con altri nomi. La recitazione dei mantra buddhisti, operando una trasformazione interna ed esterna, è magia. La meditazione è magia. La psicanalisi, operando una trasformazione interna, per migliorare gli eventi esterni dell’individuo e renderlo più felice, è magia. La psichiatria, somministrando farmaci per alterare gli stati emotivi e mentali, fa né più né meno quello che faceva e fa tuttora l’alchimia; la psichiatria quindi è magia. L’invocazione dell’aiuto divino, ma anche l’invocazione dei santi o della Madonna, operando miracoli, è magia; e la stessa messa cattolica è un rito esoterico, non a caso molto simile ai riti praticati dalle società segrete. La preghiera è una forma di magia. Faccio ora due esempi pratici di come il mago ottenga risultati concreti sulla realtà circostante a lui.In un caso un mago-massone mi ha raccontato che con un rito (se non ricordo male il Picatrix) aveva scommesso il lunedì che avrebbe materializzato un pranzo di pesce per 20 persone per il fine settimana. Il venerdì è venuto il proprietario di un ristorante, a chiedergli come poteva restituirgli un favore che costui tempo fa gli aveva fatto; il giorno dopo le 20 persone hanno mangiato pesce al ristorante.Un altro mi ha raccontato che non fa un lavoro fisso; tempo fa aveva bisogno di una consistente somma di denaro perché era stato costretto a pagare dei lavori condominiali imprevisti. Dopo qualche giorno, un debitore che gli doveva del denaro e che lui non sperava più di rivedere, si è scusato del ritardo con cui aveva restituito il prestito e ci aggiunse per riconoscenza una somma in più tale da coprire tutto il debito. In uno scontro magico che avveniva tra Crowley e alcuni suoi avversari, un giorno arrivò un poliziotto a casa di Crowley a fare una perquisizione; questo era l’effetto del rito, secondo Crowley. Crowley reagi con altro rito, e al suo avversario – se non ricordo male – morirono tutti i cani. Questo è né più né meno quello che fanno i buddhisti aderenti alla scuola di Nichiren; recitano il Daimoku con delle finalità, e quando il risultato è raggiunto lo attribuiscono alla recitazione del Daimoku. Ed è sempre, né più né meno, quel che succede quando un devoto prega Padre Pio, San Gennaro o la Madonna.È quello che insegna Louise Hay nei suoi libri come “Puoi cambiare la tua vita” (ripetendo molte volte una cosa e finendo per convincercene, arriveremo al risultato voluto), e il libro “The Secret” con la sua legge dell’attrazione. Più in generale, lo stesso problema della psicologia lo hanno tutte le scienze. Il problema è che oggi il fisico, il matematico, lo psicologo, l’astronomo, studiando a fondo un solo aspetto della realtà (che è invece sempre una e complessa) perde di vista l’unità del tutto. L’estrema specializzazione di queste materie ha fatto quindi perdere di vista l’insieme, diminuendo l’efficacia degli studi complessivi, che sono diventati aridi e spesso inutili e fini a se stessi. Soprattutto, la specializzazione e la frammentazione del sapere ha fatto perdere di vista la cosa più importante, la parte spirituale della realtà, trasformando la società in quello che possiamo constatare con i nostri occhi: una società materialista in cui gli individui hanno perso il senso di ciò che sono e di ciò che fanno.Tutte le dottrine esoteriche e magiche dicono, in sostanza, la stessa cosa: l’anima è la parte più importante dell’individuo, ed è immortale; e l’uomo deve cercare di uscire dalla sua condizione materiale per elevarsi a vette spirituali. Scrive Schuré che «tutte le tradizioni religiose ed esoteriche giungono a conclusioni identiche nella sostanza ma differenti nella forma, sulle verità fondamentali e finali, seguendo tutte lo stesso schema dell’iniziazione interiore e della meditazione». Nelle tradizioni spirituali sia antiche che moderne l’anima è sempre al centro dell’interesse. Nella società occidentale, invece, dell’anima non si parla più. L’ostacolo alla crescita dell’individuo e alla sua elevazione è venuto da due fronti che hanno sferrato un attacco combinato alla spiritualità: la Chiesa cattolica e la scienza.La Chiesa ha eseguito le seguenti operazioni: ha negato la dottrina della reincarnazione e l’anima, relegandola a un ruolo marginale e sostanzialmente inesistente (secondo la Chiesa l’anima è sì la parte più importante dell’essere umano, ma solo perché un giorno ci sarà il giudizio universale, in cui saremo giudicati per quello che abbiamo fatto in quest’unica vita; in tal modo si è quindi negato il concetto di anima come è inteso in tutte le tradizioni esoteriche, occidentali e orientali); ha messo al bando la magia e l’esoterismo; ha affermato che bisogna credere per fede, e non per esperienza diretta del divino, che si cerca assolutamente di bandire in tutti i modi. La scienza ha fatto la stessa cosa, ma con mezzi diversi: nega l’anima e Dio, spesso facendo passare chi è religioso per una persona primitiva, che è in cerca di sicurezze, al limite della superstizione; ha messo al bando la magia e l’esoterismo, elevando la scienza stessa a religione; si deride chi ha “fede”, contrapponendo la fede, cieca, superstiziosa e ignorante, alla scienza, progredita, moderna, civile. In realtà sostituendo alla “fede” in Dio, la fede nella sua inesistenza e la fede nella scienza.In sostanza, Chiesa cattolica e scienza sono state le due facce della stessa medaglia, apparentemente divise, ma in realtà unite da un fine comune: la distruzione dell’anima e dello spirito. Hanno inoltre inoltre fatto credere che chi è buddista, induista, mago, lo sia per “fede”, cioè per accettazione acritica e incondizionata a un qualcosa di divino, quando invece il buddista, l’induista, il mago, fanno ogni giorno esperienza del divino. Da questo punto di vista, la lotta secolare tra massoneria e Chiesa cattolica è stata anche (e lo è ancora) una lotta magica: la Chiesa ha cercato di impedire in tutti i modi la diffusione e lo sviluppo della magia in Occidente, la massoneria e i Rosacroce hanno cercato di introdurla e diffonderla. A portare prove del legame tra politica e esoterismo, tra movimenti politici della storia e influenze massoniche, rosacrociane, o di altri ordini occulti, ci hanno provato in molti. È stato quindi dimostrato che il regime nazista fu influenzato dall’esoterismo della Società Thule e che Aleister Crowley era consigliere segreto di Hitler; mentre Giuseppe Cambareri, altro esoterista, fu consigliere di Mussolini. È provato che tutti i presidenti Usa sono e sono stati massoni, e clamoroso fu quando Bush e Kerry dichiararono entrambi, in un’intervista congiunta, di appartenere alla stessa società segreta, la Skull and Bones; massoni e rosacrociani furono Mazzini, Garibaldi, Cavour (la cosiddetta carboneria altro non era che una filiazione della massoneria).Ma il limite di questi studi è di voler sempre rimanere agganciati a prove documentali e certe, quando invece il vero segreto, come dice giustamente Fausto Carotenuto in una recente intervista al mensile “X Times”, non viene mai messo per iscritto e può solo essere intuito. Non c’è in realtà bisogno di “prove” particolari per poter affermare che i personaggi più potenti dell’economia e della politica internazionale pratichino la magia. Infatti, considerando che i personaggi più importanti della storia dell’umanità sono stati e sono tutti massoni, delle due l’una: o la massoneria è un’immensa congrega di idioti dediti a giocare a rituali vetusti e demenziali e i personaggi più importanti dell’umanità erano e sono dei trogloditi superstiziosi, mentre noi, comuni mortali razionali e amanti del pensiero scientifico, siamo dei geni, oppure tali personaggi conoscevano e praticavano la magia, e hanno (e sanno) qualcosa che noi non sappiamo; e allora alla magia e all’esoterismo va riservato un posto ben diverso rispetto a quello che gli viene riservato in genere.Occorre anche considerare che la massoneria conta tra i suoi iscritti oltre 50.000 persone, e queste persone non sono studenti, disoccupati, barboni o nullafacenti, ma sono avvocati, magistrati, commercialisti, architetti, politici, medici, imprenditori, insomma la classe dirigente del paese. Tanto per fare un esempio, ai vertici intermedi della Rosa Rossa non c’era solo il magistrato Piero Luigi Vigna, ora defunto, ma c’è tuttora un magistrato che firma molti articoli esoterici e che leggo spesso su riviste e libri di esoterismo. Insomma, se è vero, per le cose che abbiamo detto in precedenza, che la massoneria è un’immensa organizzazione magica, di livello mondiale, ciò equivale a dire che la magia è molto più diffusa di quanto si creda, solo che la si chiama con nomi diversi. Beninteso… la maggior parte dei massoni non ha la minima idea del significato dei riti, non studia quasi nulla, e non capisce il perché di ciò che fa; così come la maggior parte dei cattolici non ha mai letto il Vangelo e la maggior parte dei buddhisti non ha mai letto un qualsiasi sutra per intero.La maggior parte dei massoni non sa nulla di massoneria, essendosi affiliata per carrierismo, per avere favori, o semplicemente perché in certi ambienti così fan tutti. Come accade in tutte le organizzazioni, solo una minoranza si rende davvero conto di ciò che fa e ne è consapevole. Ma questo non toglie che – lo ripeto – abbiamo oltre 50.000 persone della classe dirigente italiana, affiliate a un’organizzazione magico-esoterica; il che imporrebbe agli scettici, ai materialisti, e ai fideisti della scienza, di farsi venire qualche dubbio rispetto alle certezze granitiche che nutrono. Del resto, come abbiamo ampiamente dimostrato in altri articoli, simboli massonici o esoterici (e quindi magici) sono dappertutto; la moneta da un dollaro (con la piramide massonica e la frase “novus ordo seclorum”), la moneta da uno e due euro (con le sei linee, sei stelle e ancora sei linee presenti su tutte le monete, cioè il 666) e le dodici stelle a cinque punte (la donna che venne dal mare con una corona di dodici stelle dell’Apocalisse), i simboli dei partiti, le costruzioni (penso ad esempio alla sede del Parlamento Europeo, la cui strana e incomprensibile forma è in realtà copiata pari pari dalla struttura della Torre di Babele); Berlusconi ha costruito le sue ville secondo precisi criteri esoterici, come ha dimostrato “L’Espresso” in un articolo tempo fa e come ha spiegato Gioele Magaldi nel sito del Grande Oriente Democratico.Questa gente, insomma, perde il suo tempo a disseminare ovunque simboli massonici, esoterici e magici. E ancora una volta delle due l’una: o questi sono dei perditempo, o forse nel loro agire c’è un significato più profondo che sfugge alla maggioranza della gente. Parlando di prove, non credo inoltre che esistano (come invece diceva Gabriella Carlizzi) dei manoscritti cifrati e segreti per decodificare il linguaggio delle società segrete, perché se esistessero prima o poi potrebbero venire distrutti o scoperti, e non sarebbe possibile mantenere una segretezza assoluta per secoli; soprattutto non sarebbe possibile che uno stesso segreto iniziatico possa essere detenuto da persone che stanno anche a distanza di migliaia di chilometri le une dalle altre e che spesso hanno necessità di comunicare in tempo reale e senza limiti fisici. Sicuramente esistono testi magici che sono stati tenuti segreti per secoli e che ora vengono spesso ristampati (le edizioni Rebis in particolare negli ultimi anni hanno pubblicato testi interessantissimi, come – almeno per i miei fini – i testi di Arthur Edward Waite; mentre Venexia editrice pubblica i testi della Fortune e di Regardie).Sicuramente esisteranno testi, anche molto importanti, tenuti segreti alle masse. Ma i veri libri importanti, a mio parere, sono sotto gli occhi di tutti: la Bibbia (compresi gli apocrifi), i Vangeli (compresi gli apocrifi e gnostici), la Divina Commedia e altri libri sacri. Avendo le chiavi per interpretare questi libri, si ha la chiave della conoscenza esoterica. Ecco – ad esempio – il motivo per cui la massoneria festeggia San Giovanni (“Ci sono due chiese oggi: la Chiesa cattolica, di Pietro, e quella massonica, di Giovanni”, dice il Gran Maestro Di Bernardo in un’intervista a Ferruccio Pinotti), i Rosacroce hanno come figura di riferimento più importante San Giovanni, e la stessa Rosa Rossa fa sempre riferimento a San Giovanni. Nel Vangelo di Giovanni è infatti contenuta la parte più importante del messaggio esoterico di Cristo, che è riassumibile nelle sue due frasi: “voi siete dèi” e “conoscete la verità e la verità vi renderà liberi”, il che, poi, è lo stesso messaggio che c’è nella Genesi: Dio creò l’uomo a sua immagine somiglianza. E tale messaggio (che si può tradurre così: con la tua volontà, tu crei la tua realtà) è identico, sia per chi opera con animo puro, sia per chi vuole utilizzare questi strumenti per il male.Magia bianca e magia nera, infatti, si servono degli stessi strumenti; è solo il fine che è diverso, come dicono chiaramente Dion Fortune e Israel Regardie. Il grande segreto della magia è quindi il valore della forza di volontà, e la scoperta che tutto ciò che capita nella nostra vita è attirati dai nostri pensieri. Ne consegue che modificando i nostri pensieri può cambiare la nostra vita. Nell’antichità si riteneva che questo segreto non potesse essere dato alle masse o a chiunque lo volesse conoscere, per evitare che se ne potesse fare un uso distorto. I Pitagorici dicevano che dare il segreto a chiunque avrebbe comportato che il depresso/pessimista avrebbe utilizzato questa conoscenza per autoflagellarsi e accusarsi e sentirsi in colpa di tutte le disgrazie capitate alla gente intorno a lui; il malvagio se ne sarebbe servito per far del male; e la persona troppo limitata non avrebbe retto alla rivelazione, finendo per perdere il senno. Nel medioevo i Rosacroce e i Templari detenevano questo e altri segreti ma non potevano rivelarlo, perché sarebbero stati perseguitati dalla Chiesa cattolica.Oggi però, piano piano, questo concetto sta iniziando a farsi strada (a partire dai libri di esoterismo, sempre più diffusi, per passare dai libri new age – il cui contenuto è identico a ciò che già scrivevano Plotino qualche millennio fa e Cornelio Agrippa qualche secolo fa – fino ai recenti libri come “The Secret”, il cui titolo non casuale non è altro che una volgarizzazione di alcuni segreti che sono stati sempre propri delle scienze magiche ed esoteriche). Ciò che la cultura moderna e occidentale ha voluto nasconderci e cerca tutt’oggi di nascondere, insomma, è l’importanza della forza di volontà e tutto ciò che costituisce una tecnica per migliorare se stessi. La società occidentale cerca di distruggere sistematicamente la volontà dell’individuo, impedendogli di pensare, riflettere, migliorare. Tutto il sistema in cui viviamo è un complesso apparato volto a impedire lo sviluppo delle facoltà latenti in ogni uomo. A questo risultato si arriva con una serie di mezzi. Anzitutto facendo lavorare ogni individuo otto ore al giorno e anche più, ci si assicura che la persona non abbia tempo per evolversi, dovendo pensare soprattutto a mantenersi.I cibi sempre peggiori, la pubblicità insistente solo sul materialismo, la completa estromissione dai media, dai film, dai telefilm, dagli spettacoli e dall’informazione in genere, di tutto ciò che è spirituale, produce l’effetto visibile a tutti: l’annichilimento delle persone, l’azzeramento delle volontà, una società di infelici, persone che non conoscono il senso della vita, che sono depresse, che hanno paura di tutto (della bocciatura, della morte propria e altrui, di essere lasciati dal partner, del proprio datore di lavoro cui si sottomettono come schiavi per paura di perdere il lavoro, di parlare in pubblico, di perdere i loro soldi, la loro casa, la loro auto) e che sono schiave docili del sistema e i cui svaghi principali sono il calcio o la discoteca, due delle cose più inutili che la mente umana abbia prodotto.Per evitare poi che la gente si avvicini alla discipline esoteriche (e quindi migliori se stessa, approfondendo il senso della vita e della morte), il sistema provvede ad effettuare le seguenti operazioni: la magia viene presentata come una cosa da operetta, i cui testimonial principali sono Otelma, Silvan e Vanna Marchi; alcuni programmi e approfondimenti insistono molto sui maghi ciarlatani che propinano filtri d’amore a pagamento, presentando la gente che si rivolge ai maghi come dei superstiziosi ignoranti; nelle trasmissioni, sui giornali, nelle opere storiche, scientifiche e letterarie, viene volutamente omesso qualsiasi riferimento esoterico e qualsiasi riferimento ai problemi dell’anima e dello spirito; nei testi di storia viene omesso qualsiasi riferimento alla massoneria e ai Rosacroce, e alla loro importanza nella storia dell’umanità; di Dante ci insegnano che scelse San Bernardo come guida in Paradiso perché era devoto alla Madonna, e i Fedeli d’Amore ci vengono presentati come una manica di imbecilli che passavano il loro tempo a scrivere sonetti demenziali a donne angelicate che poi cornificavano nella loro vita privata.E ancora: lo Yoga e le tradizioni orientali sono presentati come una sorta di fuffa new age praticata da fricchettoni con i capelli lunghi e che fumano canne (vedi ad esempio il personaggio di Verdone nel film “Un sacco bello”), oppure persone svitate e svampite senza aggancio con la realtà (il personaggio di Dharma nel telefilm “Dharma e Greg”); in casi estremi poi si arriva addirittura a dire che lo Yoga e le discipline orientali sono “sataniche”, come fanno Padre Amorth e altri cattolici fondamentalisti; in linea di massima però chi pratica discipline come la meditazione viene sempre presentato come un disadattato che fugge dalla realtà, mentre la persona “adattata” e di successo, ben agganciata alla realtà, è ovviamente quello che viaggia vestito in giacca e cravatta sulla sua Bmw. E poi si omette accuratamente di dire che Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Mozart, Beethoven, Bacone (che pare fosse colui che effettivamente scrisse le opere di Shakespeare), erano Rosacroce, quindi maghi ed esoteristi, come lo erano Mazzini, Cavour e altri meno nobili personaggi, per evitare che la gente si faccia domande. Possiamo quindi dire che il grande segreto della magia è che essa funziona, e che chi detiene il potere nella nostra società ha fatto credere alla gente che essa non solo non funzioni, ma sia una scienza da ciarlatani, da persone superstiziose e arretrate, e che una persona, per essere evoluta, debba fare riferimento alla “scienza” e solo alla scienza. Un altro segreto è che i personaggi politici, da Borghezio ad Andreotti, Berlusconi o Monti, la utilizzano come strumento quotidiano, mentre a noi ci propinano al massimo il mago Otelma e Silvan.(Paolo Franceschetti, estratto da “La magia. Cos’è, perché funziona, e per quale motivo i politici la usano in segreto”, dal blog di Franceschetti del 18 novembre 2012).Molte pratiche e abitudini sociali sono pratiche magiche, o derivate dalla magia, ma sono chiamate con altri nomi. La recitazione dei mantra buddhisti, operando una trasformazione interna ed esterna, è magia. La meditazione è magia. La psicanalisi, operando una trasformazione interna, per migliorare gli eventi esterni dell’individuo e renderlo più felice, è magia. La psichiatria, somministrando farmaci per alterare gli stati emotivi e mentali, fa né più né meno quello che faceva e fa tuttora l’alchimia; la psichiatria quindi è magia. L’invocazione dell’aiuto divino, ma anche l’invocazione dei santi o della Madonna, operando miracoli, è magia; e la stessa messa cattolica è un rito esoterico, non a caso molto simile ai riti praticati dalle società segrete. La preghiera è una forma di magia. Faccio ora due esempi pratici di come il mago ottenga risultati concreti sulla realtà circostante a lui.
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Mangiamo cadaveri, rinunciare alla carne è civiltà e salute
La domanda può sembrare assurda. Ovviamente, per essere mangiati, gli animali devono prima essere uccisi. Sappiamo tutti che dietro a una bistecca, c’è un animale morto. Tuttavia, per la maggior parte del tempo, facciamo dell’animale un elemento estrinseco alla carne. Ci crea sempre fastidio quando, a tavola, un vegetariano ci ricorda che il cosciotto d’agnello è innanzitutto una carogna. Questi moralizzatori! Così, spesso, abbiamo fatto finta di dimenticare. Dopotutto, bisogna mangiare carne per vivere! Questo è un alibi. La necessità della carne è il nostro pretesto. E poi, se si ammette che la carne non è, come è ovvio, necessaria, si potrà sempre dire che, poiché ci piace mangiarli e li mangiamo, il consumo di animali è giustificato di fatto. Il mio piacere di mangiare una bistecca vince, perché così ho deciso. Gli animali hanno solo bisogno di essere trattati bene. Uccisi con amore. Come è possibile conciliare l’amore che diciamo di provare per gli animali “domestici” (gatti, cani, ecc), con il massacro a cui partecipiamo dando il nostro denaro a coloro che “uccidono con amore”?Martin Gibert, che insegna etica e filosofia del diritto, nel suo ultimo saggio di recente pubblicazione, “Voir son steak comme un animal mort – Véganisme et psychologie morale” (“Vedere la sua bistecca come un animale morto – Veganismo e psicologia morale”) spiega questa ambiguità inerente alla natura umana attraverso il concetto di “dissonanza cognitiva” che si manifesta, in relazione alla carne, con il seguente sintomo: “noi amiamo gli animali ed amiamo mangiare i loro cadaveri”. L’immagine del cadavere, noi la temiamo; e questo, gli industriali lo hanno compreso perfettamente. È la ragione per la quale non troveremo mai sulle confezioni di dentifricio la scritta: “Contiene animali morti”; perché, presentati così, molti prodotti sarebbero molto meno vendibili. Allora, il problema si camuffa. In effetti, è in circostanze simili che, secondo Martin Gibert, interviene la “percezione morale”. Ma la percezione morale dei mangiatori di animali è piuttosto “confusa”, e infatti potrebbe succedere che un telespettatore che mangia solitamente bistecche, rimanga sconvolto dal fatto che un partecipante ad uno show televisivo uccida un maiale in diretta per nutrirsene definendo questa violenza “non necessaria”, e ignorando il fatto che non lo sia uccidere un animale in generale.Se uccidere degli animali non è necessario, perché si mangia ancora carne? La domanda è, secondo Martin Gibert, “Come si fa a non essere vegan?”. È vero, è difficile rimanere indifferenti alla sofferenza degli animali, dice Gibert: «Chi può vedere senza rabbrividire l’agonia di un bue o di un maiale?». Tuttavia, teniamo alla nostra bistecca. Ed è proprio in questa cornice contraddittoria che bisogna analizzare la psicologia dell’onnivoro. C’è, nei nostri rapporti agli animali, una continua contraddizione da superare. Possiamo, ad esempio, persuaderci che gli animali non soffrano veramente, o del fatto che abbiamo realmente bisogno delle proteine che, per credenza popolare, si dice siano contenute solo nei prodotti di origine animale ma, quando ci viene dimostrato il contrario, inneschiamo automaticamente un processo di rimozione della colpa. Sosteniamo in questi casi che “le cose non dipendono da noi” e che, anche se mangiamo animali, non siamo responsabili della loro uccisione. E, così ci piace dire, in nessun caso, smetteremo di mangiare carne perché sono i vegani che smettono di farlo, e i vegani sono una setta. Dire questo ci rassicura, perché i vegani costituiscono un campanello d’allame per la nostra “dissonanza cognitiva”.Rendere la realtà più digeribile: «Dovunque, si creano degli eufemismi per rendere la realtà più digeribile». Secondo Martin Gibert, riprendendo il termine coniato dalla psicologa americana Melanie Joy, «la maggior parte delle persone sono carniste». Dietro a questo neologismo, c’è «l’apparato ideologico che ha per funzione il soffocamento della dissonanza cognitiva». Il carnista fa appello a innumerevoli alibi per giustificare delle pratiche e mantiene la posizione che nell’immaginario collettivo è maggioritaria, secondo la quale non c’è niente di male ad abbattere degli animali se tutto questo è visto come naturale e necessario. Martin Gibert vede il carnismo come una “barriera ideologica che nasconde la realtà dello sfruttamento”. «L’allevamento industriale riguarda l’82% degli animali in Francia, eppure molto spesso si fa appello, per giustificare la pratica del mangiare animali, ad un ipotetico podere felice in cui gli animali sarebbero trattati bene. Ma la questione della necessità ritorna costantemente: perché porre fine alla vita di un animale privandolo di tutto ciò che avrebbe potuto vivere quando non è necessario? Si potrebbe dire, per esempio, che è legittimo uccidere il mio cane in modo “felice e umano” perché io voglio andare in vacanza? Perché sarebbe legittimo uccidere un maiale solo per mangiare un pezzo di salsiccia? Sicuramente non è la presunta “carne felice” la risposta a questi dubbi e il presunto concetto di necessità fa acqua da tutte le parti».Il veganismo come soluzione. Ma il problema della carne va oltre la questione legata all’uccisione e allo sfruttamento degli animali. Come giustamente ricorda Martin Gibert, anche la questione ambientale deve essere presa sul serio. Nonostante le ambizioni apparenti dei governi in materia di politica ambientale, il problema dell’influenza degli allevamenti di bestiame sull’ambiente è in gran parte nascosto. Questi sono responsabili del 14,5% delle emissioni di gas a effetto serra, secondo un rapporto della Fao pubblicato nel 2013; più che “tutti i mezzi di trasporto”. Perché il problema viene ignorato anche da coloro i quali pretendono di definirsi “ambientalisti”? Come si può giustificare questa disparità tra le nostre convinzioni e le nostre concrete abitudini? Basta fermarsi a mentire a se stessi.Se penso che gli animali non devono essere uccisi senza necessità, è perché credo che abbiano un interesse a perseguire la loro esistenza. Il consumo di carne non è compatibile con la presa in considerazione gli interessi degli animali e dei requisiti ambientali. L’imperativo è quello di eliminare la carne dalla nostra dieta.(Kavin Barralon, “Mangiamo animali morti?”, dalla versione francese dell’“Huffington Post” del 10 maggio 2015; la traduzione italiana è a cura di “Come Don Chisciotte”).La domanda può sembrare assurda. Ovviamente, per essere mangiati, gli animali devono prima essere uccisi. Sappiamo tutti che dietro a una bistecca, c’è un animale morto. Tuttavia, per la maggior parte del tempo, facciamo dell’animale un elemento estrinseco alla carne. Ci crea sempre fastidio quando, a tavola, un vegetariano ci ricorda che il cosciotto d’agnello è innanzitutto una carogna. Questi moralizzatori! Così, spesso, abbiamo fatto finta di dimenticare. Dopotutto, bisogna mangiare carne per vivere! Questo è un alibi. La necessità della carne è il nostro pretesto. E poi, se si ammette che la carne non è, come è ovvio, necessaria, si potrà sempre dire che, poiché ci piace mangiarli e li mangiamo, il consumo di animali è giustificato di fatto. Il mio piacere di mangiare una bistecca vince, perché così ho deciso. Gli animali hanno solo bisogno di essere trattati bene. Uccisi con amore. Come è possibile conciliare l’amore che diciamo di provare per gli animali “domestici” (gatti, cani, ecc), con il massacro a cui partecipiamo dando il nostro denaro a coloro che “uccidono con amore”?
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Team 6, killer di Stato: chi e perché ha ucciso Ilaria Alpi
La docufiction “Ilaria Alpi – L’ultimo viaggio” (visibile sul sito di Rai Tre) getta luce, soprattutto grazie a prove scoperte dal giornalista Luigi Grimaldi, sull’omicidio della giornalista e del suo operatore Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. Furono assassinati, in un agguato organizzato dalla Cia con l’aiuto di Gladio e servizi segreti italiani, perché avevano scoperto un traffico di armi gestito dalla Cia attraverso la flotta della società Schifco, donata dalla Cooperazione italiana alla Somalia ufficialmente per la pesca. In realtà, agli inizi degli anni Novanta, le navi della Shifco erano usate, insieme a navi della Lettonia, per trasportare armi Usa e rifiuti tossici anche radioattivi in Somalia e per rifornire di armi la Croazia in guerra contro la Jugoslavia. Anche se nella docufiction non se ne parla, risulta che una nave della Shifco, la 21 Oktoobar II (poi sotto bandiera panamense col nome di Urgull), si trovava il 10 aprile 1991 nel porto di Livorno dove era in corso una operazione segreta di trasbordo di armi statunitensi rientrate a Camp Darby dopo la guerra all’Iraq, e dove si consumò la tragedia della Moby Prince in cui morirono 140 persone.Sul caso Alpi, dopo otto processi (con la condanna di un somalo ritenuto innocente dagli stessi genitori di Ilaria) e quattro commissioni parlamentari, sta venendo alla luce la verità, ossia ciò che Ilaria aveva scoperto e appuntato sui taccuini, fatti sparire dai servizi segreti. Una verità di scottante, drammatica attualità. L’operazione “Restore Hope”, lanciata nel dicembre 1992 in Somalia (paese di grande importanza geostrategica) dal presidente Bush, con l’assenso del neo-presidente Clinton, è stata la prima missione di “ingerenza umanitaria”. Con la stessa motivazione, ossia che occorre intervenire militarmente quando è in pericolo la sopravvivenza di un popolo, sono state lanciate le successive guerre Usa/Nato contro la Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria e altre operazioni come quelle in corso nello Yemen e in Ucraina. Preparate e accompagnate, sotto la veste “umanitaria”, da attività segrete. Una inchiesta del “New York Times” (24 marzo 2013) ha confermato l’esistenza di una rete internazionale della Cia, che con aerei qatariani, giordani e sauditi fornisce ai “ribelli” in Siria, attraverso la Turchia, armi provenienti anche dalla Croazia, che restituisce così alla Cia il “favore” ricevuto negli anni Novanta.Quando il 29 maggio scorso il quotidiano turco “Cumhuriyet” ha pubblicato un video che mostra il transito di tali armi attraverso la Turchia, il presidente Erdogan ha dichiarato che il direttore del giornale pagherà «un prezzo pesante». Ventun anni fa Ilaria Alpi pagò con la vita il tentativo di dimostrare che la realtà della guerra non è solo quella che viene fatta apparire ai nostri occhi. Da allora la guerra è divenuta sempre più “coperta”. Lo conferma un servizio del “New York Times” (7 giugno) sulla “Team 6”, unità supersegreta del comando Usa per le operazioni speciali, incaricata delle “uccisioni silenziose”. I suoi specialisti «hanno tramato azioni mortali da basi segrete sui calanchi della Somalia, in Afghanistan si sono impegnati in combattimenti così ravvicinati da ritornare imbevuti di sangue non loro», uccidendo anche con «primitivi tomahawk». Usando «stazioni di spionaggio in tutto il mondo», camuffandosi da «impiegati civili di compagnie o funzionari di ambasciate», seguono coloro che «gli Stati Uniti vogliono uccidere o catturare». Il “Team 6” è divenuta «una macchina globale di caccia all’uomo». I killer di Ilaria Alpi sono oggi ancora più potenti. Ma la verità è dura da uccidere.(Manlio Dinucci, “La scottante verità di Ilaria Alpi”, dal “Manifesto” del 9 giugno 2015).La docufiction “Ilaria Alpi – L’ultimo viaggio” (visibile sul sito di Rai Tre) getta luce, soprattutto grazie a prove scoperte dal giornalista Luigi Grimaldi, sull’omicidio della giornalista e del suo operatore Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. Furono assassinati, in un agguato organizzato dalla Cia con l’aiuto di Gladio e servizi segreti italiani, perché avevano scoperto un traffico di armi gestito dalla Cia attraverso la flotta della società Schifco, donata dalla Cooperazione italiana alla Somalia ufficialmente per la pesca. In realtà, agli inizi degli anni Novanta, le navi della Shifco erano usate, insieme a navi della Lettonia, per trasportare armi Usa e rifiuti tossici anche radioattivi in Somalia e per rifornire di armi la Croazia in guerra contro la Jugoslavia. Anche se nella docufiction non se ne parla, risulta che una nave della Shifco, la 21 Oktoobar II (poi sotto bandiera panamense col nome di Urgull), si trovava il 10 aprile 1991 nel porto di Livorno dove era in corso una operazione segreta di trasbordo di armi statunitensi rientrate a Camp Darby dopo la guerra all’Iraq, e dove si consumò la tragedia della Moby Prince in cui morirono 140 persone.
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Salvini è perfetto per far sembrare Renzi il meno peggio
Tra i migliori trucchi per vincere, in qualsiasi campo, c’è quello di scegliersi il nemico. Non è un trucco difficile: basta che siano tutti distratti o ipnotizzati ed è un giochetto da ragazzi. Come se il Barcellona potesse decidere da solo che una finalissima la giocherà, che so, contro la Battipagliese. E’ un’operazione semplice: basta dire chi è l’avversario e assicurarsi una platea plaudente che si dica d’accordo, che magari si finga preoccupata dicendo cose come: “Ah, però, non sottovalutiamo la Battipagliese”. Così Matteo Renzi and his friends indicano in Matteo Salvini il nemico, l’unica opposizione esistente, l’unico avversario. Gli altri, o nominati con sufficienza o nemmeno citati: concentrarsi su Salvini sembra essere l’ordine di scuderia, forse nella speranza che al momento della scelta suprema e definitiva l’italiano di imprinting anche vagamente democratico preferisca il neocraxismo del Pd renzista alle ruspe dell’altro ragazzotto, quello con la felpa.E’ una buona mossa, soltanto un po’ rischiosa. Intanto perché vista la rapidità con cui Renzi perde pezzi di elettorato le cose possono cambiare velocemente (si veda l’ingresso al Nazzareno dalla porta posteriore, essendo quella principale presidiata da ex elettori infuriati, insegnanti nella fattispecie). E poi perché per indicare un avversario bisogna in qualche modo mettersi sul suo piano, accettarne almeno il gioco, sfidarlo sullo stesso campo. Si ricorda per esempio en passant che mentre il Salvini gigioneggia in giro parlando di ruspe e pogrom, le ruspe sono state usate a Roma, alla favela di Ponte Mammolo, per cacciare senza preavviso gente che ci abitava da anni, senza soluzioni alternative accettabili. Risultato: in una città dove si discute fittamente se gli affari sulla pelle dei migranti si possano o no chiamare “mafia” (una mafia decisamente bipartisan, tra fascisti conclamati, coop rosse e esponenti Pd), c’è ancora gente che dorme per strada davanti alla sua baracca spianata dalle ruspe.Eroiche associazioni di volontari e persone civili chiedono aiuto sui social: servono medicine, cibo, acqua, carta igienica. Qualche tenda l’ha fornita una nota (e a questo punto: meritoria) catena di articoli sportivi, mentre le istituzioni si accapigliano sui giornali a proposito di inchieste e mandati di cattura. Il salvinismo teorico di Salvini, insomma, si contrappone a un salvinismo reale, che le ruspe le usa davvero, ma si circonda di una narrazione umanitaria, confortevole pietosa. C’è chi dice che l’onnipresenza di Salvini in tivù (è quello, non il brillante eloquio da seconda media, che gli procura consensi) sia incoraggiata e agevolata proprio a questo scopo: trasformare una dialettica politica complessa in un derby tra buoni e cattivi, o almeno tra peggio e meno peggio.E’ una dietrologia complottista e quindi non le daremo peso. Ma è certo che anche i media tifano per quella soluzione da pensiero binario: o il Matteo buono (?) o il Matteo cattivo (!), e non ci sarà altra scelta. Sanno tutti che non è così, ma per il momento la cosa sembra funzionare: è una semplificazione, una caricatura, uno schema facile, e dunque – in tempi di distrazione di massa – conveniente. Il giochetto non durerà a lungo: tra uno che straparla di ruspe e uno che dice “Ok, discutiamo” puntando la pistola, sarà inevitabile una qualche terza via. Perché il trucchetto di scegliersi il nemico ha questa controindicazione: qualcuno potrebbe pensare che sono nemici entrambi, e finiscono per somigliarsi.(Alessandro Robecchi, “Ti piace vincere facile? Basta scegliere l’avversario”, da “Micromega” del 13 giugno 2015).Tra i migliori trucchi per vincere, in qualsiasi campo, c’è quello di scegliersi il nemico. Non è un trucco difficile: basta che siano tutti distratti o ipnotizzati ed è un giochetto da ragazzi. Come se il Barcellona potesse decidere da solo che una finalissima la giocherà, che so, contro la Battipagliese. E’ un’operazione semplice: basta dire chi è l’avversario e assicurarsi una platea plaudente che si dica d’accordo, che magari si finga preoccupata dicendo cose come: “Ah, però, non sottovalutiamo la Battipagliese”. Così Matteo Renzi and his friends indicano in Matteo Salvini il nemico, l’unica opposizione esistente, l’unico avversario. Gli altri, o nominati con sufficienza o nemmeno citati: concentrarsi su Salvini sembra essere l’ordine di scuderia, forse nella speranza che al momento della scelta suprema e definitiva l’italiano di imprinting anche vagamente democratico preferisca il neocraxismo del Pd renzista alle ruspe dell’altro ragazzotto, quello con la felpa.
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Grecia: 10.000 suicidi in 5 anni, l’ultimo quello di mio figlio
Theodoros Giannaros tiene gli occhi fissi sul computer e una sigaretta tra le dita. Guarda le immagini di alberi, di spiagge. È talmente assorto da non accorgersi che la cenere sta coprendo la tastiera. Compare l’immagine di un giovane. Bello, sorridente. «È mio figlio, si è tolto la vita pochi giorni fa. Aveva 26 anni. Quando l’ho saputo non sono riuscito a fare altro che questo video». Atene, Ospedale Elpis: un complesso di palazzine bianche nel centro della città. È un giorno festivo, ma il dottor Giannaros si fa trovare nel suo ufficetto di direttore. Siede lì dal 2010. È un biologo molecolare, specializzato in genetica. Ha studiato a Karlsruhe, in Germania, a San Francisco e a Vienna. Da anni è un punto di riferimento assoluto per tutta la Grecia. Quando interviene sui giornali o in tv nessuno si permette di contraddirlo. Fruga ancora nel pacchetto di nazionali, tira fuori l’ennesima sigaretta e un’altra sassata: «Mio figlio è solo l’ultimo di una lista interminabile. Da quando è iniziata la crisi in questo paese si sono suicidate 10 mila persone. Sì, ha capito bene: 10 mila. È come se una grande città fosse stata cancellata dalla carta geografica della nazione».Giannaros ha un passato nelle truppe speciali: mostra le foto delle sue ultime missioni, in mimetica, immerso in un fiume fino alle ginocchia. È come se avesse bisogno di una pausa, vuole raccontare ancora qualcosa della sua famiglia, degli altri due figli, 24 e 28 anni. «Anche il più piccolo è un soldato». Lo dice con un sottinteso chiaro: lui si è salvato. Ma quanti sono i giovani senza speranza? Le statistiche si afflosciano come svuotate di senso al cospetto della forza, della dignità di quest’uomo. «Appena arrivato qui incontravo pazienti che mi chiedevano: ma quanto devo pagare per operarmi qui? Quanto per una lastra? Nulla, rispondevo, questo è un ospedale pubblico. Poi mi sono fatto portare il registro delle prenotazioni e ho capito. La lista d’attesa risultava sempre infinita, ma con una buona “fakelaki” si poteva comodamente saltare la fila». “Fakelaki”, la bustarella. «In cortile ho fatto mettere dei cartelli con una busta sbarrata con una grande x rossa. Significa che qui non si accettano tangenti».Le parole del più atipico dei manager conducono nell’antro della crisi. I ragionamenti sulla sostenibilità del debito lasciano il posto alla scarsità di siringhe, bisturi, persino guanti per la sala operatoria. «Abbiamo sviluppato un network di scambi tra le diverse cliniche. Andiamo avanti anche grazie a donazioni in arrivo dalla Svizzera, dall’Austria, dalla Germania». Theodoros accende un’altra sigaretta. Aspira profondamente, poi scarica fumo e una lunga invettiva. Contro le vecchie classi politiche, le dieci famiglie che hanno monopolizzato l’economia del paese, le «idiote» prescrizioni della “Troika”, il Fondo Monetario, la Bce, la Commissione Europea, Angela Merkel. Spera che Alexis Tsipras possa raggiungere qualche risultato, «ma deve avere dietro tutti i partiti, tutta la Grecia. Questo è l’unico modo che abbiamo per sopravvivere». Già, «sopravvivere».«Penso continuamente a quei 10 mila morti che abbiamo seppellito nel silenzio. Penso a mio figlio. E penso che se in Germania un cane muore in malo modo, ecco che il caso finisce sui giornali, se ne dibatte in tv. Ma avete mai sentito parlare dei nostri giovani, dei nostri anziani che si sono suicidati? La guerra civile della Jugoslavia ha fatto 20 mila morti. Quella, però, era una guerra. Che cos’è, invece, questa nostra strage? È una domanda a cui non so rispondere, posso solo dire che in questo momento mi vergogno di essere un europeo». Forse è arrivato il momento di andare. Ma Theodoros ha ancora qualcosa da dire: «In questi anni sono stato corteggiato da tutti i partiti, avrei potuto fare il ministro cento volte. Invece ho sempre voluto restare un uomo libero e mi sono fatto un mare di nemici. Continuo a stare qui, a lavorare per 1.400 euro al mese, cinque volte meno di qualche anno fa. Non posso permettermi la macchina, viaggio in scooter e giro con una pistola. Prima che mio figlio se ne andasse così, mi sentivo anche un privilegiato».(Giuseppe Sarcina, “Grecia: il conto della disperazione? Diecimila suicidi in 5 anni, l’ultimo quello di mio figlio”, dal sito del “Corriere della Sera” del 10 giugno 2015).Theodoros Giannaros tiene gli occhi fissi sul computer e una sigaretta tra le dita. Guarda le immagini di alberi, di spiagge. È talmente assorto da non accorgersi che la cenere sta coprendo la tastiera. Compare l’immagine di un giovane. Bello, sorridente. «È mio figlio, si è tolto la vita pochi giorni fa. Aveva 26 anni. Quando l’ho saputo non sono riuscito a fare altro che questo video». Atene, Ospedale Elpis: un complesso di palazzine bianche nel centro della città. È un giorno festivo, ma il dottor Giannaros si fa trovare nel suo ufficetto di direttore. Siede lì dal 2010. È un biologo molecolare, specializzato in genetica. Ha studiato a Karlsruhe, in Germania, a San Francisco e a Vienna. Da anni è un punto di riferimento assoluto per tutta la Grecia. Quando interviene sui giornali o in tv nessuno si permette di contraddirlo. Fruga ancora nel pacchetto di nazionali, tira fuori l’ennesima sigaretta e un’altra sassata: «Mio figlio è solo l’ultimo di una lista interminabile. Da quando è iniziata la crisi in questo paese si sono suicidate 10 mila persone. Sì, ha capito bene: 10 mila. È come se una grande città fosse stata cancellata dalla carta geografica della nazione».
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Calcio, la religione perfetta di questo capitalismo spietato
La nascita del calcio moderno è strettamente legato alla nascita dello Stato parlamentare borghese ed ai primi passi del sistema economico capitalista alla fine del XVII secolo e inizi del XVIII in Inghilterra. In questo modo, la configurazione delle regole di questo sport ed il consenso che ne deriva, sono il risultato della filosofia propria del sistema appena creato, dove si incontrano diversi gruppi politici per competere al potere parlamentare sottoscrivendo delle regole concrete sotto la supervisione di un giudice. Gli artefici di questa trasposizione di valori sono stati gli studiosi degli elitisti della ‘public shcools’ britannici, che diedero all’attuale “re degli sport” la forma che ha oggi all’adottare regole comuni per poter competere a livello nazionale tra le squadre legate ai propri centri educativi. Ma fu solo grazie alla classe operaia britannica che il calcio si professionalizzò e si estese, arrivando a tutte le colonie e porti con presenza britannica nel XIX secolo. La rapida espansione si deve, tra le altre cose, a la scarsità di mezzi che richiedeva la dinamica del gioco, dove solo serviva un pallone (o qualcosa che possa sembrare sferico) e alcune delimitazioni che facessero le veci della porta.Una religione mediatizzata. Attualmente questo fenomeno genera potenti comunità vertebrate da sentimenti identitari collettivi che gestano intorno a diversi clubs del mondo, riaffermandosi in ogni partita attraverso una serie di azioni di massa che possono essere ben classificati come riti sociali. Diversi autori fanno notare il parallelismo dei luoghi comuni che condividono il calcio e i riti religiosi. Partendo dagli studi realizzati da Émile Durkheim sulle religioni primitive agli inizi del XX secolo, si intende che la ragion d’essere delle diverse religioni, presenti in tutte le civiltà conosciute, è quella di giustificare la forma sociale della quale a sua volta ne è il risultato. Tutti i riti religiosi compiono in questo modo una funzione unificante della comunità che li praticano. Questi riti solitamente consistono in atti di comunione congiunta dei suoi membri con entità sovra-terrene., che costituiscono in fine una specie di omaggio e riaffermazione della propria comunità e della propria struttura sociale.In coincidenza con le rivoluzioni liberali, dove si elimina la grazia di Dio come giustificazione principale del potere, cominciò in occidente una progressiva, anche se limitata, perdita di autorità politica del cristianesimo, sostituita da diverse forme di culto “laico” della società. Uno di questi è il fenomeno sociale del calcio. Durante il rito calcistico, le tifoserie realizzano un atto di comunione quasi religioso, esprimendo devozione nei confronti del proprio club durante la stagione di calcio ordinaria e alla propria nazione quando gioca la formazione dei rispettivi paesi. Sia in un caso che nell’altro, gli individui approcciano con l’ideale che li unisce affidandosi in questo modo alla comunità alla quale appartengono. Sono diversi gli elementi condivisi dai riti religiosi e calcistici, dove la comunità rafforza e riafferma il sentimento che si ha della stessa. In ogni culto religioso è necessario, in primo luogo, separare gli atti sacri dai profani, configurando un calendario liturgico per la quotidianità dei fedeli. I fine settimana sono i giorni eletti sia per andare a messa che generalmente per andare allo stadio.In secondo luogo, la rottura con la vita profana deve estendersi anche nella sua dimensione spaziale. Una cerimonia religiosa può essere svolta solo in spazi sacri e appositamente preparati per questa. Attualmente, i tempi del calcio emergono solenni nelle città simbolizzandone l’importanza politica ed economica, così come la grandezza dello stesso club. Al loro interno, il terreno di gioco, così come il presbiterio cattolico, si investe come spazio sacro che può essere calpestato unicamente dagli ufficianti del rito, in questo caso i giocatori e l’arbitro. Questo spazio viene sottomesso a particolari attenzioni che lo rendono degno dell’importanza dell’atto: prato curato, pulito e adeguatamente annaffiato.In terzo luogo, in tutti gli atti religiosi hanno luogo una serie di di azioni più o meno collettive e ripetitive, dove i fedeli esprimono la propria devozione verso l’istanza adorata. Alzare le braccia, agitare le sciarpe, alzarsi dalle sedie o intonare canti sono espressioni collettive di venerazione verso il club e che rispecchiano una significativa somiglianza da quelle realizzate dai e dalle fedeli verso le rispettive divinità nei loro rispettivi templi.Tutte le comunità religiose devono avere dei riferimenti storici che servano da esempio ai suoi integranti. La leggenda e il mito attorno a determinati giocatori per un club assomigliano alla tradizionale santificazione cristiana di personaggi storici. I santi costituiscono in questo modo autentici esempi di attuazione e di servizio verso la comunità religiosa, essendo stati canonizzati dalla realizzazione di determinati atti o gesta che contribuirono all’espansione del cristianesimo nel mondo. Nel caso del calcio, i tifosi delle squadre ricordano giocatori emblematici le cui gesta sul terreno di gioco sono state determinanti nel conseguimento di titoli e glorie che ingrandirono il club. Il caso di Diego Armando Maradona è un chiaro esempio del vincolo esistente tra idolatria religiosa e calcistica: intorno a lui si formò la Chiesa maradoniana in Argentina, un culto di stampo parodico ma che comprende sentimenti reali verso la figura del calciatore. A Napoli fu santificato extra-ufficialmente dai tifosi del club.Competitività, consumo e successo sociale. Come si può vedere, i legami tra rito religioso e rito sportivo sono noti. Durante la stagione di calcio prende inizio un culto dedicato alla competizione per il successo professionale (legato al successo sociale) che governa la società contemporanea basata sull’economia di mercato. Ma il calcio nella società attuale non è l’unico spazio di aggregazione collettiva che risponde a queste funzioni di coesione. Il modo in cui le persone consumano quasi tutti gli altri tipi di spettacoli, come il cinema, la musica e la televisione, si avvicinano in gran misura al culto religioso. Un esempio sono le diverse comunità di appassionati (fanatici) creati attorno a prodotti culturali generati dalle industrie dello spettacolo, dove gli integranti mostrano simboli identificativi incorporate in oggetti di merchandising di uso quotidiano o realizzano autentiche mostre di devozione accudendo a cerimonie collettive come concerti , film, o il consumo simultaneo di capitoli di serie televisive.In ognuno di questi campi è un luogo comune l’opera di santificazione delle figure più importanti, condotta dai mass media. Anche se gli antichi santi erano usati come esempi di comportamento ascetico, le celebrità moderne sono santificati esattamente per l’opposto, essendo esempi di opulenza e di comportamenti sociali legati al consumo, che costituiscono il carburante di un sistema sociale basato sulla sovrapproduzione. In questo aspetto, sono disposte intorno al calcio autentici modelli di uomo per la classe operaia, soprattutto perché la maggior parte dei calciatori provengono dai settori più umili della società e hanno raggiunto la fama e il successo solitamente per competenze sul campo e per la dedizione. E ‘ particolarmente significativo che l’ industria mediatica dedichi tale privilegio all’unico posto che il sistema economico capitalista offre in cui la classe sociale non determina il successo nella carriera. I mass media portano a termine questo lavoro di glorificazione di campioni, che investiti come modelli autentici della vita nella società dei consumi, come esempi di virilità, di auto-superamento e lavoro.Dal settore della pubblicità ai telegiornali, ci vengono continuamente mostrate le gesta di questi superuomini in campo e, ogni volta di più, le telecamere si introducono nella loro vita quotidiana per mostrare l’opulenza in cui vivono, le donne bellissime che hanno o la nuova auto che hanno acquisito. Il telespettatore medio della classe operaia vedrà così che un suo simile è arrivato alla cima del successo sociale con i propri mezzi, essendo egli stesso l’unico responsabile delle loro condizioni socioeconomiche. Il mito attualmente generato da giornalisti sportivi e aziende pubblicitarie intorno al calciatore Cristiano Ronaldo è il miglior esempio di questa strategia mediatica. Il marchio sportivo Nike sfrutta da anni la sua immagine come modello di mascolinità e professionalità. “Le mie aspettative sono meglio delle tue” è stato lo slogan lanciato dal brand nel 2009. Una gigantesca immagine del giocatore esultando per un gol con il torso nudo appariva praticamente in ogni fermata metropolitana di Madrid, ricordando ai milioni di lavoratori che usano i mezzi pubblici come siano ancora lontani dal successo sociale e professionale. Il consumo diventa quindi l’unico modo possibile per emulare il superuomo che non sono stati in grado di essere.Il prato politicizzato. Ma quello di cui abbiamo parlato è solo uno degli aspetti attraverso i quali il calcio diviene uno spazio per la disputa politica per il potere e il controllo sociale. È necessario ricordare che il calcio costituisce un’allegoria del combattimento in cui due comunità perfettamente identificate si affrontano attraverso il gioco, che permette di svolgersi senza rischiare l’integrità fisica dei partecipanti. Nella dimensione di fenomeno di massa, questo sport canalizza impulsi aggressivi della società attraverso l’elemento mimetico che costituisce il gioco competitivo su prato, essendo un luogo ideale per soddisfare le pretese di accrescere il potere così come riaffermazioni dell’autorità stabilita. Il fascista Benito Mussolini è stato tra i primi leader politici a vedere nel calcio un importante strumento di propaganda. Dedicò grandi sforzi per costruire stadi monumentali e organizzare grandi eventi sportivi, al fine di dimostrare la potenza della nuova Italia.Attualmente, questa strategia è un modello di base della politica globale, che si reggono su simili pretese imperialiste. Basta notare il modo in cui gli stati nazionali scaricano sul prato il loro orgoglio nazionale, o il modo in cui competono in precedenza per ospitare i mondiali, mostrando il loro livello organizzativo e il loro potenziale di sviluppo per gli investimenti stranieri. Si producono violenti sgomberi di gente povera nei centri delle città, o ingenti investimenti di capitale pubblico nella costruzione di infrastrutture che daranno enormi profitti alle élite economiche locali e straniere. In questi campionati, il calcio funziona come un elemento di coesione. Nel caso della Spagna, dopo l’esito della Coppa del Mondo in Sud Africa 2010 non passò molto tempo prima di sentire dai mass media allegorie riguardo il gran potere che potrebbe avere una Spagna unita nel campo della politica globale, essendo l’unione un requisito vincolante per uscire il prima possibile dalla crisi economica.Il complesso da impero smarrito che costituisce il nazionalismo spagnolo viene riflesso dai media col trionfo della selezione, rafforzando il senso di identità nazionale calmando a sua volta il clima socio-politico”. Si nota un gran contrasto dalla saturazione mediatica dei mondiali del 2010 con il relativo silenzio dei media dopo che gli spagnoli vennero eliminati nel 2014 in Brasile. Attraverso l’armamentario multimediale creato intorno ai trionfi della squadra nazionale, viene generato nella classe operaia una sorta di illusione collettiva di partecipazione allo stato-nazione, come sostituto. In ogni canale televisivo si creano talk show e programmi sportivi condotti da “esperti” che esaltano gli eroi del paese, plasmando uno spirito nazionale che integra i lavoratori, i datori di lavoro, e le istituzioni politiche. Grazie alla facilità che offre nel generare identità collettive, il calcio è un richiamo di massa senza eguali riproducendo le strutture di potere sociali e le diverse tensioni insite in loro.Il calcio e la sessualità. Il calcio rappresenta uno dei grandi bastioni intoccabili di dominio maschile nella sua dimensione più tradizionale. Le glorie calcistiche sono sistematicamente negate alle donne anche se hanno sempre maggiore presenza negli stadi. Esse sono una minoranza, come gli omosessuali, condannate al silenzio più completo. L’associazione tra la virilità e la competizione attraverso il contatto fisico, che è la spina dorsale del culto di calcio, è logica conseguenza del contesto filosofico morale-borghese in cui è stato sviluppato questo sport. Come in ogni altro sport, viene eseguita la discriminazione delle donne a praticare insieme agli uomini, alludendo a ragioni di stampo biologistico. Senza entrare nel merito di una discussione di questo tipo, è sufficiente ricordare che il calcio è uno sport in cui le capacità fisiche si compensano con le capacità tecniche, l’intelligenza del giocatore o la giocatrice, la strategia e la coesione della squadra.Altrimenti sarebbe stato impensabile, per esempio, che una squadra come la squadra spagnola, composta per lo più di giocatori più bassi e relativamente sottili, conquistasse il titolo mondiale nel 2010, rispetto a squadre in gara come il Camerun o la Costa d’Avorio che non hanno nanche raggiunto la seconda fase del torneo. Argomenti di stampo evoluzionista prevalgono rispetto le teorie sociali nello spiegare perché le donne giocano a calcio peggio degli uomini e non sono degne di competere con loro. Sicuramente pensare al fatto che le donne fin dalla nascita partano da una posizione chiaramente svantaggiosa per questo sport (e praticamente qualsiasi altro) rispetto agli uomini a causa della costruzione sociale rigida che coinvolge ruoli di genere nei quali socializzano è più assurdo che pensare che le donne giocano a calcio perché Madre Natura (paradossalmente) così volle. D’altra parte, il culto all’ideale maschile su cui regge lo spettacolo calcistico comporta una sorta di divieto tacito sulla pratica a quegli individui la cui identità sessuale è percepita come una minaccia per i fondamenti della mascolinità tradizionale venerati in questo sport.Non è un caso che ci siano attualmente solo due giocatori professionisti attivi apertamente gay, Anton Hysén svedese e l’americano Robbie Rogers, entrambi giocano attualmente in Usa. I casi più noti sono diventati pubblici dopo il loro ritiro, evidenziando l’incompatibilità della loro identità sessuale con la loro carriera. Interpretando così, ogni partita di calcio professionale come una cerimonia quasi religiosa in cui la società realizza un culto abitudinario dei valori di competitività e mascolinità che governano il sistema socio-politico dominante, si capisce la difficoltà di un calciatore gay di affermarsi come elemento dissonante in un ambiente così mediatico, in cui sarà sottoposto ad un inevitabile giudizio dalla massa. Eppure, a poco a poco cresce il divario della Fifa grazie al coraggio dei giocatori stessi, che silenziosamente lottano per la loro libertà sessuale auspicando lo sviluppo di ulteriori iniziative che promuovono la normalizzazione dell’omosessualità nello sport. Tuttavia, questo è solo l’inizio di un percorso faticoso che comporta la necessità di ripensare i pilastri culturali su cui questo fenomeno di massa si basa.(Manuel González Ayestarán, “Calcio, media e controllo sociale”, da “Rebelion” del 16 dicembre 2014, tradotto da Torito per “Come Don Chisciotte”).La nascita del calcio moderno è strettamente legato alla nascita dello Stato parlamentare borghese ed ai primi passi del sistema economico capitalista alla fine del XVII secolo e inizi del XVIII in Inghilterra. In questo modo, la configurazione delle regole di questo sport ed il consenso che ne deriva, sono il risultato della filosofia propria del sistema appena creato, dove si incontrano diversi gruppi politici per competere al potere parlamentare sottoscrivendo delle regole concrete sotto la supervisione di un giudice. Gli artefici di questa trasposizione di valori sono stati gli studiosi degli elitisti della ‘public shcools’ britannici, che diedero all’attuale “re degli sport” la forma che ha oggi all’adottare regole comuni per poter competere a livello nazionale tra le squadre legate ai propri centri educativi. Ma fu solo grazie alla classe operaia britannica che il calcio si professionalizzò e si estese, arrivando a tutte le colonie e porti con presenza britannica nel XIX secolo. La rapida espansione si deve, tra le altre cose, a la scarsità di mezzi che richiedeva la dinamica del gioco, dove solo serviva un pallone (o qualcosa che possa sembrare sferico) e alcune delimitazioni che facessero le veci della porta.
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Grazie a Renzi, il prossimo leader dell’Italia sarà Salvini
Signor Nessuno, chiacchierone, vacuo e inattendibile. Promesse non mantenute, tranne quelle fatte all’élite internazionale di potere. Riforme pericolose, interpretate da una nomenklatura incolore, sottomessa, imbarazzante. Dopo appena un anno, il pessimo Matteo Renzi ha già stancato gli italiani. Non è riuscito a fermare i grillini, e – peggio – sta spalancando praterie all’ipotetico leader del futuro prossimo, Matteo Salvini, vero vincitore delle elezioni regionali 2015. Lo sostiene Andrea Scanzi, all’indomani dello schiaffone che gli elettori hanno rifilato al Pd, che ha perso il 15% dei consensi, 2 milioni di voti in meno rispetto alle europee. «Renzi ha già il fiatone. Da vecchio democristiano quale è, dirà di avere vinto anche quando ha perso. In realtà ha preso una botta in fronte (quella fronte così inutilmente spaziosa) così grande che ancora deve accorgersene». E’ difficile perdere quando si vince 5-2: è proprio un controsenso logico palese. «Renzi però ce l’ha fatta», scrive Scanzi. Quattro regioni erano scontate (Toscana, Marche, Umbria, Puglia), eppure in Umbria «il Pd ha rischiato tanto». Inoltre, i candidati in queste Regioni «non erano renziani della prima ora», ma più spesso politici «talora anche poco ortodossi (Emiliano, Rossi)», già in pista molto prima di Renzi.«L’unica vittoria pienamente renziana è quella in Campania con De Luca, e io non me ne vanterei», annota Scanzi sul “Fatto Quotidiano”. I due candidati veramente renziani sono quelli che le hanno buscate, Alessandra Moretti (Veneto) e Raffaella Paita (Liguria), «entrambe “impresentabili”, anche se per motivi diversi». La Moretti «ha inanellato gaffe su gaffe e incarna la totale impreparazione delle droidi renzine». La Paita «è molto peggio: prosecuzione dichiarata del burlandismo, finta nuova, indagata. Il gattopardismo 2.0 ai livelli più deleteri». Il premier, continua Scanzi, aveva puntato tutto su Moretti («con tanto di video in auto agghiacciante») e Paita («inviandole le Charlie’s Angels del renzismo: Boschi, Madia, Pinotti, Serracchiani»). E naturalmente «se n’è fregato, come sempre, delle critiche. I risultati si sono visti». La Moretti, in particolare, «ha ottenuto un risultato straordinario: Zaia ha preso più del doppio dei suoi voti». Tutto era perfetto per lei: l’appoggio dei media, la rottura tra Zaia e Tosi, l’investitura del Gran Capo. «Macché. Le ha prese come se piovesse. La Moretti aveva promesso, in un tweet leggendario, che avrebbero vinto 7-0 e il suo sarebbe stato il golden gol».Poi, la Liguria: «Perdere con Toti pareva impossibile a tutti, ma Renzi ce l’ha fatta». Toti è stato sottovalutato da tutti, scrive Scanzi. «Anche negli studi televisivi, quando gli espertoni e i parlamentari (anche del Pd) ne parlavano, il loro riassunto fuori onda era: “La Paita è improponibile, ma vincerà perché Toti è un signor nessuno, al limite arriva secondo il Movimento 5 Stelle”». Vecchio problema: «L’intellighenzia tende a ritenere invotabili quelli che reputa antipatici. Tipo Toti. La solita autoreferenzialità. E nel frattempo la destra, abituata a turarsi il naso, vince». Molti, a sinistra, «anche tra i parlamentari di Sel», partito che pure in Veneto appoggiava la Moretti, «pur di non veder vincere Paita e Moretti, hanno votato Toti e Zaia». Una Waterloo, che ribadisce «quanto quelle due scelte siano state scriteriate». E così, sono gli altri a festeggiare: come il M5S, entrato nella “seconda fase”, con candidati autonomi da Grillo e Casaleggio. Il Movimento 5 Stelle è ormai la seconda forza nazionale. «Renzi ha fallito anche qui: nel non ammazzare politicamente l’unica forza che teme realmente. Lo aveva promesso e non ce l’ha fatta».Poi ci sono i presunti “sabotatori”, la lista di sinistra messa in piedi in Liguria da Civati e Cofferati. «Come fece a suo tempo la Bresso in Piemonte, i renziani – tipo la Serracchiani – hanno incolpato Pastorino e i civatiani per la (meravigliosa) sconfitta della Paita in Liguria». Alibi piuttosto comodo. «Questa “nuova” classe politica, tanto dannosa quanto caricaturale – scrive Scanzi – si caratterizza per un’arroganza carnivora smisurata. Prima ti cacciano dalle commissioni o magari dal partito; ti trattano come paria, ti bastonano ogni giorno: poi, se qualcuno nel Pd osa ribellarsi, si arrabbiano perché i sottoposti hanno osato alzare la testa». Ma non tutti sono come Bersani, «che si è ridotto a fare pure lui il testimonial della Paita nonostante le continue mazzate ricevute dai renziani». La Paita ha perso? Colpa sua e di chi l’ha candidata. E ora, chi passerà all’incasso è il trucido Salvini, in totale ascesa: ha un consenso ormai trasversale, ha sfondato anche al centro ed è il vero leader del centrodestra. Se deciderà di presentarsi con tutte le forze del centrodestra, «può eccome vincere le elezioni». Superato il Rubicone, insomma: «Fino a ieri il goffo bulletto Renzi poteva fare il gradasso» e minacciare il voto anticipato, certo di vincere. Oggi non è più così, perché «sono cambiati i rapporti di forza». E l’Italicum, «nato per uccidere il M5S», dato che premia i partiti e non le coalizioni «paradossalmente potrebbe aiutare proprio i 5 Stelle».Signor Nessuno, chiacchierone, vacuo e inattendibile. Promesse non mantenute, tranne quelle fatte all’élite internazionale di potere. Riforme pericolose, interpretate da una nomenklatura incolore, sottomessa, imbarazzante. Dopo appena un anno, il pessimo Matteo Renzi ha già stancato gli italiani. Non è riuscito a fermare i grillini, e – peggio – sta spalancando praterie all’ipotetico leader del futuro prossimo, Matteo Salvini, vero vincitore delle elezioni regionali 2015. Lo sostiene Andrea Scanzi, all’indomani dello schiaffone che gli elettori hanno rifilato al Pd, che ha perso il 15% dei consensi, 2 milioni di voti in meno rispetto alle europee. «Renzi ha già il fiatone. Da vecchio democristiano quale è, dirà di avere vinto anche quando ha perso. In realtà ha preso una botta in fronte (quella fronte così inutilmente spaziosa) così grande che ancora deve accorgersene». E’ difficile perdere quando si vince 5-2: è proprio un controsenso logico palese. «Renzi però ce l’ha fatta», scrive Scanzi. Quattro regioni erano scontate (Toscana, Marche, Umbria, Puglia), eppure in Umbria «il Pd ha rischiato tanto». Inoltre, i candidati in queste Regioni «non erano renziani della prima ora», ma più spesso politici «talora anche poco ortodossi (Emiliano, Rossi)», già in pista molto prima di Renzi.
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Bin Laden morto anni prima del blitz Usa, eccovi le prove
Gli Usa non hanno mia ucciso Osama Bin Laden. Un diabete degenerato in una nefrite terminale nel presunto terrorista (mai processato) lo ha ucciso, e quasi certamente diversi anni prima della colossale menzogna del blitz americano nel 2011 in Pakistan. Come lo so? La mia fonte fu il terzo più alto executive di Al Qaeda dopo Ayman Al-Zawahri e Bin Laden stesso fino alla fine degli anni ‘90. Sono rimasto scioccato dall’ingenuità della pur eccellente inchiesta del mitico reporter americano Seymour Hersh sui retroscena della morte di Bin Laden, versione Casa Bianca. Essa è pubblicata QUI. Hersh ci rivela la solita montagna di balle, complotti, mistificazioni messe in piedi dalla presidenza Usa, dal Pentagono e dalle agenzie dei servizi sulla ‘prestigiosa’ operazione Abbottabad, la presunta uccisione di Bin Laden il 2 di maggio 2011 in Pakistan. Ottimo lavoro, ma cose risapute per chi ha vissuto la storia contemporanea fuori dal Tg1 o da Facebook. Dall’incidente del Tonchino (Vietnam), ai “carpet bombing” genocidi di Laos e Cambogia, da Cuba a El Mozote, a Suharto e a Pinochet, dall’Iraq a Israele alla Libia ecc., la politica estera di Washington può essere raccontata con prove alla mano come un scia criminale di menzogne talvolta al limite del grottesco (la gggènte ci crede sempre, così come i – conato – giornalisti).Ma Hersh ha fatto qui l’errore più triste della sua carriera di colosso del mio mestiere: egli dà comunque per scontato che il poveraccio letteralmente smembrato vivo da oltre 600 proiettili degli Us Navy Seals in una camera da letto di Abbottabad fosse Osama Bin Laden. Al 99,9% non lo era. Ecco come lo so. Nel 2003, mentre filmavo l’inchiesta di “Report” (Rai3) “L’Altro Terrorismo”, fui messo in contatto con un fondatore di Al Qaeda in una capitale del Medioriente che ancora non posso nominare. Ecco chi era costui, il mio insider: fu per quattordici anni ai vertici della Jihad islamica internazionale, la culla di Al Qaeda. Sedeva con Bin Laden e Hasan Al-Turabi nei palazzi governativi di Khartoum in Sudan, fu il Dawa numero uno di Al Qaeda, il loro ‘Pontefice’ islamico. Decadi prima, nel 1981, lui si trovava al Cairo, e poche ore dopo l’assassinio del presidente Anwar Sadat per mano di membri dalla Jihad islamica egiziana, si ritrovò sbattuto sul pavimento di una cella buia accanto ad altri estremisti religiosi, fra i quali vi sarà anche un giovane medico che rispondeva al nome di Ayman Al Zawahri, oggi capo di Al Qaeda.Fetore, grida terribili, ossa spezzate, testicoli arrostiti, due anni così, parte della più violenta repressione dell’integralismo religioso nella storia dell’Egitto, per poi essere scarcerato assieme ad altri sopravvissuti e insieme deportati oltre il confine col Sudan. Una banda di giovani esiliati con una cosa in comune: un odio implacabile per il regime egiziano apostata e per ogni suo alleato, Israele, Stati Uniti ed Emirati Arabi in testa. Formano una grande famiglia che vaga senza sosta: prima Khartoum in Sudan, poi Sanaa nello Yemen, poi Peshawar e Islamabad in Pakistan, dove lui in particolare stringe rapporti con la leadership talebana. L’insider mi conferma che fu in Pakistan, molti anni dopo, nel 1998, che avvenne ufficialmente la fusione fra due componenti dell’Islam belligerante che, prese singolarmente, erano relativamente pericolose, ma che messe a contatto si rivelarono micidiali: le finanze di Bin Laden e la manovalanza specialistica degli uomini di Al Zawahri, in altre parole la ‘nuova’ Al Qaeda.L’incontro con lui durò 7 ore, tutte passate in auto a vagare per le periferie di questa capitale, al buio. Paranoici, terrorizzati. Mi disse: «La mia specializzazione (la formazione spirituale dei membri di Al Qaeda) era tale che nel 1995, in Sudan, Osama Bin Laden e Al-Turabi fecero a gara per tenermi; Osama mi offrì un budget illimitato per addestrare i suoi uomini». Parlammo di tante cose (riportate nel mio “Perché ci odiano”, Rizzoli Bur 2006), ma di una non ho mai dato conto. Prima di arrivare al punto, vi rivelo che al montaggio del servizio per “Report” in Rai; chiamammo il traduttore arabo ufficiale della nostra Tv pubblica, un docente universitario egiziano a Roma, il quale dopo appena 10 minuti d’ascolto di questo insider di Al Qaeda si alzò nel panico e gridò che si rifiutava di continuare… Preciso infine che il rango e la veridicità dell’insider di Al Qaeda che incontrai mi fu confermata dal reporter americano Alan Cullison del “Wall Street Journal”, autore di uno scoop per aver scoperto in Afghanistan il pc dell’allora numero due di Al Qaeda, Ayman Al Zawahri, dove il mio insider (volto e altri dettagli) compariva fra i nomi top.Ecco ciò che non ho mai rivelato. In breve, l’insider mi disse nel 2003 che Bin Laden era vivo, ma in condizioni drammatiche. L’ultimo corriere che lo vide dopo il noto ‘incidente di Karachi’ – dove i servizi pakistani Isi intercettarono un altro corriere, Ramzi bin al-Shibh, nel settembre 2002 – vide un uomo in fin di vita, non si reggeva in piedi, devastato da diabete e nefrite, ovviamente impossibilitato a curarsi con la complessa specialistica necessaria perché nascosto sulle montagne, probabilmente sulla soglia della morte. Ciò accadeva nei primi mesi del 2003. Ma ancora prima i reporter del “The Guardian” Jason Burke e Lawrence Joffe catturarono un video di Osama del 2001 dove già quest’uomo appariva «magro come un fantasma e disabile». Siamo fra il 2001 e il 2003, immaginate se un ammalato in quelle condizioni arriva sano e attivo al 2011, senza uno straccio di cure altamente specialistiche a fronte di patologie gravissime già alla fase finale otto anni prima.Notate ora una cosa di notevole spessore che avvalla la versione di un decesso naturale di Bin Laden anni prima del maggio 2011: l’ultimo video seriamente accreditato al vero Bin Laden risale al 2004, poi il buio totale. Le sue trasmissioni successive sono cassette audio o video irriconoscibili giudicate “quasi certamente dei falsi” dalla stessa Cia. Ogni altro video che da allora ci è giunto ci mostra il suo n. 2, Ayman Al Zawahri. Ora ci si chieda: come è possibile che negli anni cruciali per il sostegno morale di Al Qaeda, sottoposta a operazioni di annientamento globale, il loro leader carismatico non si fosse mai curato di apparire con veemente retorica a loro sostegno? Mai una singola volta. Be’, era morto. Stroncato dalla malattia come detto sopra. Seymour Hersh neppure esamina questi fatti. E peggio. Il presunto cadavere di Bin Laden viene sepolto in mare da una portaerei americana alla velocità della luce, cioè a poche ore dalla morte. Nessuno al mondo ha mai visto neppure una foto credibile almeno del volto del presunto terrorista (mai processato).Forse ricordate che vi fu un’insurrezione globale dei musulmani che chiedevano le prove sull’identità di Osama e un funerale islamico in tutta regola. Washington rifiutò entrambi. Eppure bastava poco. Bin Laden portava una cicatrice evidente a una caviglia, frutto di una battaglia a Jaji in Afghanistan ai tempi dell’invasione russa. Bastava una foto di essa per convincere il mondo che l’uomo ucciso ad Abbottabad nel 2011 era lui. Ma no. Perché Seymour Hersh si è incredibilmente scordato di questo dettaglio? Perché Hersh non sottolinea che se il poveraccio nella camera da letto di Abbottabad fosse stato veramente Osama Bin Laden, era tutto interesse della comunità internazionale averlo vivo? Cristo, una fonte d’informazioni infinita, o imbarazzante, eh Washington? Imbarazzante non perché quel tizio in Abbottabad era l’ex alleato/stipendiato degli Usa Bin Laden che poteva dirne tante…, ma perché quel tizio era un nessuno, un fantoccio umano. 600 proiettili su un corpo per renderlo irriconoscibile, letteralmente, come riporta anche Hersh, smembrato in pezzi, per non aver grane…In ultimo, gli scettici pro versione Usa obietteranno che dopo la millantata operazione Abbottabad sarebbe stato interesse di Al Qaeda smentire la versione di Washington con foto della vera sepoltura di Osama sulle montagne centro-asiatiche. La risposta è no, perché una tale rivelazione avrebbe esposto la leadership di Al Qaeda al ridicolo in tutto il mondo islamico, cioè ci avrebbe rivelato un’organizzazione allo sbando da anni senza figura leader. Chi capisce i jihadisti sa di cosa parlo. E gran finale. La farsa dell’operazione Abbottabad del 2011 esplode come un fuoco d’artificio fuori dalla Casa Bianca e verso i media alla vigilia della campagna elettorale di Obama nella primavera del 2011, appunto. Be’, concludo qui. Credo che ce ne sia abbastanza. Bin Laden non arrivò vivo neppure a mille miglia dalla menzogna Abbottabad.(Paolo Barnard, “Bin Laden era morto anni prima del blitz Usa, Seymour Hersh ha toppato”, dal blog di Barnard del 29 maggio 2015).Gli Usa non hanno mai ucciso Osama Bin Laden. Un diabete degenerato in una nefrite terminale nel presunto terrorista (mai processato) lo ha ucciso, e quasi certamente diversi anni prima della colossale menzogna del blitz americano nel 2011 in Pakistan. Come lo so? La mia fonte fu il terzo più alto executive di Al Qaeda dopo Ayman Al-Zawahri e Bin Laden stesso fino alla fine degli anni ‘90. Sono rimasto scioccato dall’ingenuità della pur eccellente inchiesta del mitico reporter americano Seymour Hersh sui retroscena della morte di Bin Laden, versione Casa Bianca. Essa è pubblicata qui. Hersh ci rivela la solita montagna di balle, complotti, mistificazioni messe in piedi dalla presidenza Usa, dal Pentagono e dalle agenzie dei servizi sulla ‘prestigiosa’ operazione Abbottabad, la presunta uccisione di Bin Laden il 2 di maggio 2011 in Pakistan. Ottimo lavoro, ma cose risapute per chi ha vissuto la storia contemporanea fuori dal Tg1 o da Facebook. Dall’incidente del Tonchino (Vietnam), ai “carpet bombing” genocidi di Laos e Cambogia, da Cuba a El Mozote, a Suharto e a Pinochet, dall’Iraq a Israele alla Libia ecc., la politica estera di Washington può essere raccontata con prove alla mano come un scia criminale di menzogne talvolta al limite del grottesco (la gggènte ci crede sempre, così come i – conato – giornalisti).
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Kultura italiana in Italia, benvenuti nel chiasso del nulla
Kultura italiana in Italia = ultimo modello di smartphpone; ultimo modello di tablet; ultimo modello di app; ultimo modello di televisore; ultimo modello di auto; lavare l’auto col detersivo nel cortile di casa; squadra di calcio, comprensiva di allenatore, presidente e bilancio; Tg1; Tg5; la cronaca nera; Renzusconi; il Bunga Bunga; l’evasione fiscale; le escort; le veline; la moglie trofeo; la fidanzata trofeo; l’accompagnatrice trofeo; la segretaria trofeo; la presentatrice trofeo; le ministre trofeo; Maria De Filippi; Antonella Clerici; Carlo Conti; il film di Natale; il Papa santo; il presidente della Repubblica santo; tutti i santi metropolitani e regionali; la messa della domenica mattina; le bestemmie; il presidente del Consiglio cantastorie; Matteo Salvini; le brave persone che seguono Matteo Salvini; il famoso presentatore televisivo scrittore; il famoso politico scrittore; il famoso attore scrittore; il famoso calciatore scrittore; il famoso cuoco scrittore; il famoso giornalista scrittore; il famoso scrittore scrittore;Dolce & Gabbana; la parrucchiera; l’estetista; fare footing parlando al alta voce; i Tq; il festival di Sanremo; Sky; i giochi on-line; i telequiz; Luciano Ligabue; Laura Pausini; Andrea Bocelli; Giovanni Allevi; Fabio Volo; Il Volo; l’aperitivo; tutto ciò che è mangereccio, preferibilmente a base di salumi, vino bianco e fritti; Carlo Cracco; il nouveau ragu à l’italienne: col cioccolato, il cotechino fritto nell’Amaretto di Saronno, la marmellata fritta nello strutto, la salsiccia fritta nel miele, l’aglio fritto nel patchouli; la Confindustria; la Confcommercio; la Confagricoltura; l’Asppi; l’Uppi; l’Abi; la Confapi; gli affitti in nero; il lavoro nero; il commercio in nero; la Mafia; i tatuaggi; i telefilm americani; i film americani; gli attori americani; i cantanti americani; gli atleti americani; i poliziotti americani; i soldati americani; i serial killer americani; gli adolescenti americani; i wasp americani; i negri americani;i bambini canterini in televisione; i bambini in pubblicità; i bambini nei telefilm; i bambini nella fame nel mondo; i pianti in televisione; gli abbandoni in televisione; le confessioni in televisione; gli amori in televisione; i giuramenti in televisione; i contratti in televisione; gli insulti in televisione; gli insulti alle donne; gli insulti; i gesti osceni mentre si guida l’auto; la polizia; i carabinieri; i due marò; parcheggiare sulle strisce pedonali; parcheggiare sul marciapiede; parcheggiare sulla pista ciclabile; andare con la moto sulla pista ciclabile; andare con la moto nel parco pubblico; gli abusi edilizi; gli abusi finanziari; le discariche abusive di rifiuti; i condoni; le deroghe; l’emergenza; la crisi; la crescita; che cazzo menefregaammé; la Spending Review.Kultura italiana in Italia 2 = gli annunci patacca. E’ costume consolidato da parte dei centri di potere lanciare annunci forti, spettacolari, e reiterarli per un tempo sufficiente a farli entrare a forza nell’Archetipo dell’inconscio collettivo. In questo, il “Presidente del Consiglio” attuale è un maestro assoluto, e ha fatto scuola. Gli annunci vanno ripetuti, con scansioni variabili a seconda delle dinamiche (variabili) a cui si riferiscono. Se sono diretti, cioè recitati dal “ministro” di turno, o addirittura dal “Presidente del Consiglio” in persona, vanno accompagnati da una mimica al contempo rassicurante e autorevole, di chi non è sfiorato dal dubbio, e deve sottendere un agire positivo, “giovane”, energico, e soprattutto liberista, che è una delle grandi passioni della kultura italiana in Italia.Uno degli ultimi, e uno dei più patacca di tutti i pataccari, è stato quello secondo il quale le variazioni catastali conseguenti a interventi edilizi di unità immobiliari siano “tempestivamente inoltrate” direttamente dai comuni all’Agenzia del Territorio (cioè il Catasto), con la fine lavori della pratica edilizia. E’ uno degli articoli del cosiddetto Decreto Sblocca Italia (133/2014), sul quale il “governo” ha puntato molte carte mediatiche: “semplificazione”, lotta alla burocrazia, il fare, il non pagare ecc. Così, i Comuni sono stati inondati da tecnici e da cittadini che chiedevano l’applicazione di questa norma. L’avevano sentito e visto in Tv e in radio, santo cielo! Non si paga, ed è tutto più semplice! “Ci pensa il Comune”. E’ stata una bufala, una norma inapplicabile e inapplicata. A parte problemi molto seri di personale, che i Comuni scontano in seguito ai tagli delle risorse, tra i due enti non esiste un linguaggio informatico condivisibile: l’Agenzia del Territorio usa una piattaforma e una banca dati indisponibili ai comuni. E’ un linguaggio che va costruito, con un grande investimento di tempo e di denaro. Ma cosa interessa ai professionisti degli annunci?Nulla! L’importante è sostituire la realtà con l’annuncio, nutrire certi rancori della popolazione, reiterarlo fino a che è possibile, poi abbandonarlo e sostituirlo con un altro, altrettanto “forte”, enfatico, “giovane” e positivo. Funziona. Il cittadino si accorge che quello precedente si è rivelato una patacca, ma c’è già quello nuovo a riempire gli spazi, a stimolare aspettative. Così lo dimentica presto, mentre resta quel brivido liberista, come traccia, come “segno mondano”, come l’avrebbe definito Deleuze, il segno del vuoto, del nulla, dell’ingannevole, dell’effimero, il segno che passa e va, mentre quello nuovo si fa strada e genera altro vuoto, altri inganni. Così si tira avanti con questa straordinaria complicità tra ingannatori e ingannati, che si basa sul complesso e al tempo stesso primordiale sistema dei segni mondani, il codice non tanto segreto che costituisce il vero, solido e palpitante organo vitale della kultura italiana in Italia.(Mauro Baldrati, “Kultura italian in Italia”, da “Carmilla online” del 21 maggio 2015).Kultura italiana in Italia = ultimo modello di smartphpone; ultimo modello di tablet; ultimo modello di app; ultimo modello di televisore; ultimo modello di auto; lavare l’auto col detersivo nel cortile di casa; squadra di calcio, comprensiva di allenatore, presidente e bilancio; Tg1; Tg5; la cronaca nera; Renzusconi; il Bunga Bunga; l’evasione fiscale; le escort; le veline; la moglie trofeo; la fidanzata trofeo; l’accompagnatrice trofeo; la segretaria trofeo; la presentatrice trofeo; le ministre trofeo; Maria De Filippi; Antonella Clerici; Carlo Conti; il film di Natale; il Papa santo; il presidente della Repubblica santo; tutti i santi metropolitani e regionali; la messa della domenica mattina; le bestemmie; il presidente del Consiglio cantastorie; Matteo Salvini; le brave persone che seguono Matteo Salvini; il famoso presentatore televisivo scrittore; il famoso politico scrittore; il famoso attore scrittore; il famoso calciatore scrittore; il famoso cuoco scrittore; il famoso giornalista scrittore; il famoso scrittore scrittore;
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L’Imperatore Gross, 1.700 miliardi: sta arrivando la fine
Forse meglio ascoltarlo, l’Imperatore dell’Impero del Male. In fondo, ed è poca consolazione per te ragazzo, ragazza, anche lui ha un Padrone, il Padrone ultimo di tutto, anche di quella leggenda buffona di Dio con la barbetta bianca. Sì, l’Imperatore del Male ha anche lui un Padrone. La Morte. E lo sa. Ecco allora che Bill Gross, l’Imperatore che valeva 1.700 miliardi di dollari (il Pil di tutta l’Italia), fa una pausa. Vale la pena ascoltarlo, fidatevi. Lui ha sentito a 70 anni appena compiuti, e per la prima volta, la voce del Padrone. Mi chiedo, anche se non ho la risposta, quale sia la differenza fra il sentire il richiamo del Padrone, che è una folata sulla nuca con questo suono… “Io distruggerò te e tutto di te…”. Sentirlo, dicevo, in una cucina di un condominio di Gorizia o in un ufficio al 120esimo piano di un grattacielo di Manhattan mentre siedi su 1.700 miliardi di dollari. Curiosa ’sta cosa, eh? Credo che sia peggio la seconda. Cioè la realizzazione dell’Imperatore da 1.700 miliardi di dollari che sbatterli in faccia alla Morte, o che protestare alla Morte i confini immani del suo Impero, vale esattamente quanto sbattergli in faccia la pensione minima della 70enne di Gorizia. Non deve essergli facile.Ma Bill Gross ha ora “un senso della fine” e anche piuttosto forte. Questo lo ha profondamente scosso, lo si capisce dalle righe che ha scritto, e lo ha portato a estendere la nuova saggezza acquisita anche al suo Impero, l’Economia. Non v’è dubbio che quando il richiamo alla finitezza di tutto arriva dal Padrone dell’Universo con la falce, il suo potere sia tale da gelare le ossa e con esse l’euforia d’immortalità di questi Imperatori. Allora il Supremo fra i supremi della speculazione finanziaria ha guardato, dopo quel richiamo, con occhi molto diversi il formicolio impazzito del suo Impero di schermi in Borsa, di High Frequency Trading, di tempeste termonucleari di denari infiniti che passano sulla testa delle masse insignificanti di noi semplici senza che noi ne siamo toccati, ma solo pisciati in testa. Li ha guardati Bill Gross, e il suo “senso della fine” gli è apparso anche lì.Più che incredibile è però il fatto che ora, dopo l’immortale “il mio regno per un cavallo” di Riccardo III (Shakespeare), Bill Gross veda la fine del Potere, del Vero Potere in Terra. «La morte mi spaventa, e mi causa quello che lo scrittore inglese Julian Barnes chiama ‘una grande agitazione’… Finirò là da dove sono venuto, dimenticato, sconosciuto e incosciente, dopo miliardi di future eternità… Mi terrorizza il morire, quelle ore intollerabili stirate all’infinito dalla medicina moderna, che accompagneranno la maggioranza di noi su quei sentieri pieni di tumori, ictus, disabilità, vecchiaia…». «Ho un senso della fine. Lo stesso senso della fine che sta assillando da qualche tempo la Grande Carica dei tori finanziari iniziata nel 1981… In quegli anni con i Titoli di Stato che ci davano interessi del 14,5%, le Borse impazzirono, e la ricchezza finanziaria venne moltiplicata come mai prima nella Storia… Ma come descrive Barnes per le vite umane, lo stesso è accaduto alle economie finanziarie degli ultimi 30 anni: accumulo, responsabilità, agitazione, e infine una catastrofica agonia. Credo che la nostra super-orbita d’investimenti sia giunta alla fine».«Ma per l’economia globale che continua a gonfiare bolle finanziarie, invece che concentrarsi sui problemi strutturali (Keynes? nda), il percorso di salvezza sembra bloccato… Se sono stati inutili i trilioni di dollari di benzina monetaria pompata dalla nostra Banca Centrale Usa (come in Giappone), come possiamo aspettarci che le stesse mosse funzionino oggi nell’Europa di Draghi? Con crescite a zero, tassi d’interessi per i risparmiatori portati da Draghi a zero o addirittura a meno 0, e con crisi di indebitamenti montanti oltre immaginazione, il ‘senso della fine’ è ormai un cappio che stringe tutti i Mercati. Vi sarà un momento in cui qualsiasi risparmiatore si rifiuterà di scambiare i suoi euro contanti con Titoli di Stato, e tutto si seccherà al sole… Ho questo senso della fine del gioco della finanza, e come con la morte, solo la data è incerta. Sento un grande senso di agitazione, angoscia. E dovreste sentirlo anche voi».Bill Gross, l’uomo da 1.700 miliardi di dollari, parla anche a voi italiani, e vi predice – guarda che incredibile coincidenza – quello che intuì Marx, seppur con termini necessariamente diversi. Ma dove siete, voi italiani? Vi rispondo: a pascolare nell’erbetta del campo, pecore a capi chini d’imprenditori, operai, impiegate e studenti che vedono solo l’orizzonte dei 50 metri davanti, Renzi, Grillo, l’Expo, la Tv e l’elemosina delle bugie di Padoan. E il Padrone con la falce se la ride, di Gross, ma soprattutto di voi, che manco vi eravate accorti di essere vivi, né di cosa vi stava finendo prima di finire. Almeno lui, Mr. 1.700 miliardi di dollari, lo sguardo l’ha sempre avuto avanti. L’Imperatore del Male è meglio di voi, italiani. Sapete?(Paolo Barnard, “Ho il semso della fine, dice l’uomo che valeva 1.700 miliardi di dollari. E tu che hai 21 anni ce l’hai, quel senso?”, dal blog di Barnard del 21 maggio 2015).Forse meglio ascoltarlo, l’Imperatore dell’Impero del Male. In fondo, ed è poca consolazione per te ragazzo, ragazza, anche lui ha un Padrone, il Padrone ultimo di tutto, anche di quella leggenda buffona di Dio con la barbetta bianca. Sì, l’Imperatore del Male ha anche lui un Padrone. La Morte. E lo sa. Ecco allora che Bill Gross, l’Imperatore che valeva 1.700 miliardi di dollari (il Pil di tutta l’Italia), fa una pausa. Vale la pena ascoltarlo, fidatevi. Lui ha sentito a 70 anni appena compiuti, e per la prima volta, la voce del Padrone. Mi chiedo, anche se non ho la risposta, quale sia la differenza fra il sentire il richiamo del Padrone, che è una folata sulla nuca con questo suono… “Io distruggerò te e tutto di te…”. Sentirlo, dicevo, in una cucina di un condominio di Gorizia o in un ufficio al 120esimo piano di un grattacielo di Manhattan mentre siedi su 1.700 miliardi di dollari. Curiosa ’sta cosa, eh? Credo che sia peggio la seconda. Cioè la realizzazione dell’Imperatore da 1.700 miliardi di dollari che sbatterli in faccia alla Morte, o che protestare alla Morte i confini immani del suo Impero, vale esattamente quanto sbattergli in faccia la pensione minima della 70enne di Gorizia. Non deve essergli facile.