Archivio del Tag ‘The Independent’
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Siria-Turchia, Phantom disarmati per giornalisti imbecilli
Mentre le notizie dalla Siria dicono, giorno dopo giorno, che la guerra sta trascolorando da “civile” in guerreggiata; da “bassa intensità” a livello libico, vorrei ritornare alle cose lette sulla stampa italiana, e viste su tutte le tv italiane, a proposito dell’abbattimento del Phantom turco nei cieli della Siria. Avevo avuto l’impulso, inizialmente, di proporre la costituzione immediata di un comitato di solidarietà con i Phantom turchi che viaggiano disarmati dentro lo spazio aereo siriano, o nelle sue immediate vicinanze. Sono sicuro che avrei avuto la firma immediata dei direttori della “Stampa”, del “Corsera” e di “Repubblica”, tutti uniti nella deprecazione della violenza aggressiva dell’esercito siriano. Ma poi ho pensato che neanche l’ironia, o il sarcasmo, sarebbe capace di far sorgere nelle loro menti un qualche dubbio. Sebbene dovrebbero porsi almeno l’interrogativo sul cosa ci facesse, da quelle parti, un Phantom turco, per giunta disarmato, in piena zona di guerra.
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Perché Israele non festeggia il risveglio democratico arabo?
Strano: perché Israele non tifa per la “primavera” araba che sta sconvolgendo il Mediterraneo nel nome dell’invocata democrazia di cui lo Stato ebraico si è sempre fatto vanto, rivendicando la sua irriducibile diversità democratica, assediata dalle satrapie mediorientali? Se lo domanda Robert Fisk sull’“Independent”, mentre in Libia ancora si combatte e qualcuno ha sequestrato quattro giornalisti italiani, tra cui Domenico Quirico della “Stampa”. «Dopo i titoli avventati sulla Tripoli Liberata – scriove Ennio Remondino su “Globalist” – la complessità torna nelle sabbie mobili delle trattative incrociate tra kabile fedeli e ribelli, tra kabile incerte e kabile in vendita, tra potenze liberatrici e potenze da liberare da lucrosi contratti petroliferi, tra diplomatici-spia e spie travestite da diplomatici».
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Svolta in Libia: contro Gheddafi anche l’Arabia Saudita
Se il vento di rivolta arriverà all’Arabia Saudita, dovremo aspettarci «una nuova guerra di invasione»: l’Occidente non può permettersi di perdere il controllo sul primo fornitore mondiale di petrolio. Il fantasma saudita, evocato in modo esplicito nei giorni scorsi da Lucia Annunziata, è ora al centro dell’agenda americana della crisi in Libia: «Quando il gioco si fa duro, una telefonata a Riad torna sempre buona». Questa almeno la tesi di Robert Fisk, l’inviato del quotidiano britannico “The Independent”, uno dei massimi conoscitori del grande gioco mediorientale. E’ proprio dall’Arabia Saudita che la Casa Bianca attende il via libera per la spallata finale a Gheddafi.
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Pollock e gli altri: finanziati dalla Cia, a loro insaputa
Quanti best seller, quanta parte del mercato delle idee, quante fortune artistiche sono innescate dalle leve e i guinzagli lunghi del potere, disposto per perpetuarsi a farsi perfino occasionalmente contestare? Pollock, Rothko e Motherwell non lo sapevano, ma la loro corrente fu sostenuta dall’intelligence americana negli anni ‘50 e ‘60. Lo rivela l’ex funzionario dell’agenzia Donald Jameson, che spiega anche il perché: bisognava rilanciare l’immagine degli Usa dopo il maccartismo. Un articolo comparso su “Repubblica” racconta in modo esemplare come funziona il “soft power” di un impero, ossia come si esercita l’egemonia attraverso l’uso di leve culturali lunghissime.
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L’Inghilterra è una bomba: debito a orologeria, 16 trilioni
La Gran Bretagna è una bomba a orologeria: sulla testa degli inglesi pesa un debito da 16 trilioni di dollari. Lo afferma John Hawksworth, capo economista della Pwc, la più importante società di consulenza del mondo. Quello su cui poggia il sistema economico britannico è un ordigno di enorme potenza, destinato ad esplodere quando le condizioni di credito (tassi di interesse) finiranno inevitabilmente per peggiorare. Entro il 2015, ha rivelato in questi giorni, il debito complessivo dell’economia del Regno Unito sfonderà la terrificante quota di 10 trilioni (diecimila miliardi) di sterline. Al cambio attuale fa 16.000 miliardi di dollari, quattro volte il Pil del Giappone. Un valore superiore a quello dell’intera economia dell’Ue o degli Stati Uniti.
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Dopo l’Iraq, i burattinai di Blair faranno guerra all’Iran
Lezioni non ne ha imparata nessuna. E se è apparso così tracotante e sicuro è perché si sente coperto dai poteri forti del mondo che hanno promosso la Guerra Finale (stavo per dire Infinita). Se Obama ha dato un’occhiata al Tony Blair sotto inchiesta a Londra, deve avere provato qualche brivido alla schiena. A meno che anche lui sia parte integrante del gioco, il Blair che afferma con sicurezza che la guerra irachena fu giusta (nonostante tutti sappiano che fu inventata da Bush e da lui) deve avergli fatto sentire più forti gli spifferi che, dal Pentagono, arrivano fin sotto il suo letto.
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Crisi senza precedenti, giornali verso l’estinzione?
Il disastro è smisurato. Decine di quotidiani stanno fallendo. Negli Stati uniti sono state chiuse già circa centoventi testate; adesso lo tsunami colpisce l’Europa. Non si salvano neppure quelli che in altri tempi erano considerati “i giornali di riferimento”: El País in Spagna, Le Monde in Francia, The Times e The Independent nel Regno Unito, il Corriere della Sera e La Repubblica in Italia, ecc. Tutti accusano forti perdite economiche, la crisi della diffusione e il crollo della pubblicità.