Archivio del Tag ‘The Times’
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Cecchini killer di feti? Ron Paul: altra ripugnante bufala
Cecchini-killer, così feroci da prendere di mira le gestanti per colpire il feto nel loro grembo. Oltre l’orrore. L’ennesimo crimine del regime di Assad, denunciato dal “Times” di Londra: quei cecchini, probabilmente cinesi o provenienti dall’Azerbaijan, si “giocavano” i nascituri, per ottenere il premio in palio: sigarette. La fonte? Un medico britannico, David Nott, reduce da alcune settimane in Siria come volontario. Agghiacciante, se fosse vero. Dubbi? No, certezze: non c’è nessuna prova a supporto di questa storia allucinante. E lo stesso dottor Nott ha ammesso che quelli sull’identità dei cecchini, che avrebbero colpito 7-8 donne, erano soltanto “pettegolezzi”. Per l’istituto di Ron Paul, ginecologo ed ex deputato statunitense, è uno scandalo: come fa il “Times” di Rupert Murdoch a spacciare per vere simili storie? Dov’è finito quello che un tempo si chiamava giornalismo?Dietro al “Times”, scrive l’Istituto Ron Paul in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”, si è allineata l’intera stampa britannica, a cominciare dal “Daily Mail”. Le prove di un gioco così macabro e diabolico? Nessuna: solo voci orecchiate. E chi dice che i killer fossero tiratori scelti del regime? «Sappiamo che gli insorti fanno uso regolare di cecchini», infatti hanno appena ucciso il generale Jameh Jameh, un alto funzionario dell’intelligence di Damasco. «Sappiamo anche che i cecchini ribelli sono rintanati nelle grotte sopra il villaggio cristiano di Maaloula, dove terrorizzano la popolazione e prendono di mira abitualmente gli stessi giornalisti». Accanto all’articolo del “Times”, l’immagine di una radiografia raccapricciante: in evidenza un feto nel grembo materno, con un proiettile di grosso calibro nel cranio. Strano: il proiettile «sembra essere passato attraverso il corpo della madre fino al cranio del feto». Ha penetrato il tessuto molle e, «in modo perfettamente drammatico», si è fermato nel lobo frontale del cervello «senza danni visibili al cranio del bambino». Già: «Perché nessun danno al cranio? Perché nessun punto visibile di entrata?».Inoltre, aggiunge Ron Paul, ci viene detto che i medici stanno operando in condizioni disperate, senza mezzi sanitari. «Perché un medico in una tale situazione di crisi avrebbe avuto il tempo e le risorse per fare i raggi x di un bambino già morto? Ha senso tutto questo?». Domanda: da dove viene quella radiografia? E’ stata fornita ai media britannici da una Ong come “Syria Relief”, che assicura che il referto proviene effettivamente dalla Siria ma, nel suo sito web, è «incredibilmente reticente nel fornire informazioni circa l’organizzazione, i suoi fondatori, i suoi funzionari, i suoi amministratori e i suoi finanziatori». Quanto al dottor Nott, aggiunge l’istituto di Ron Paul, «è interessante notare che, una volta, era medico dell’ex primo ministro britannico e profittatore di guerra Tony Blair». Il “Times” e gli altri? «Come Goebbels, nella loro trasparente propaganda a favore della guerra». Come quando raccontarono la storia – falsa – dei “bambini strappati dalle incubatrici” dai soldati di Saddam nel Kuwait occupato. Attenti ai cecchini, dunque: quelli appostati in Siria, e quelli annidati nelle redazioni del mainstream.Cecchini-killer, così feroci da prendere di mira le gestanti per colpire il feto nel loro grembo. Oltre l’orrore. L’ennesimo crimine del regime di Assad, denunciato dal “Times” di Londra: quei cecchini, probabilmente cinesi o provenienti dall’Azerbaijan, si “giocavano” i nascituri, per ottenere il premio in palio: sigarette. La fonte? Un medico britannico, David Nott, reduce da alcune settimane in Siria come volontario. Agghiacciante, se fosse vero. Dubbi? No, certezze: non c’è nessuna prova a supporto di questa storia allucinante. E lo stesso dottor Nott ha ammesso che quelli sull’identità dei cecchini, che avrebbero colpito 7-8 donne, erano soltanto “pettegolezzi”. Per l’istituto di Ron Paul, ginecologo ed ex deputato statunitense, è uno scandalo: come fa il “Times” di Rupert Murdoch a spacciare per vere simili storie? Dov’è finito quello che un tempo si chiamava giornalismo?
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Ricattati dai banchieri-gangster, Londra scopre il bottino
Bastonati dallo spread, apprendiamo che esistono i bankster, banchieri-gangster che truccavano il Libor facendo trading. Qualcuno ci piglia per il culo. Dal latinorum all’inglesorum, si allarga lo scandalo delle manipolazioni finanziarie gli operatori coinvolti, 12 quelli individuati, agivano in continenti diversi. I governi se ne accorgono soltanto ora e in Europa pensano di far diventare reato penale il fregare noi piccoli risparmiatori. Bravi. Siamo molto contenti. Intanto la nostra piccola Piazza Affari (la borsa di Milano) scivola a -2,7% mentre lo spread vola oltre i 535 punti. Tradotto, il debito che abbiamo come Italia, invece che scendere per i nostri sacrifici, aumenta per i sempre maggiori interessi che dobbiamo pagarvi. Un po’ come i mutui sulla casa a tasso variabile.
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La guerra di Fabio, a tu per tu con Gheddafi morto
Disertori e civili, giovani e non. Tutti originari di Zawiya e tutti volontari della guerra civile contro Gheddafi, la loro “rivoluzione”. «Vuoi venire con noi? E va bene, ma sappi che rischierai la pelle». Lui lo sa perfettamente: si chiama Fabio, è di Torino, ha in tasca una laurea in ingegneria ma, a trent’anni, ha deciso di gettarsi nella passione della sua vita: la fotografia di guerra, direttamente dal fronte. Per questo è accorso a Bengasi allo scoppio della rivolta, poi ha seguito i combattimenti a Brega e Ras-Lanuf, quindi ha deciso di seguire i suoi compagni di avventura, la squadra di combattenti di Zawiya, fino alla destinazione finale: Tripoli. Dopo la presa della capitale, Fabio si è spinto nella nella “città proibita” di Sirte, santuario blindato del morente regime e teatro della battaglia definitiva. Ed è stato il primo reporter al mondo a realizzare, a Misurata, i primi scatti “fermi” al corpo ormai senza vita di Muhammar Gheddafi.
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Web nazionale: preparatevi, fra poco oscureranno Internet
Ho sentito parlare per la prima volta del concetto di Internet nazionale più di un decennio fa, durante una visita alla sede della Internet Corporation for Assigned Names e Numbers (Icann) dove si parlava delle minacce a Internet. Era evidente allora, ed è evidente oggi che la maggior parte dei paesi, compresi gli Stati Uniti, avrebbero alla fine spento il “World Wide” Web per utilizzare invece le tecnologie che la comunità Internet ha sviluppato per proteggersi da esso. Ciò risolverebbe gli infiniti problemi politici che il Web provoca in quasi tutti i paesi. Di nuovo, mi trovo qui ad includere gli Stati Uniti in questo movimento, dato che noi, come paese, stiamo ovviamente cercando di limitare e di controllare Internet.
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Lerner: pessima Europa, se comanda solo la Germania
Sarò pure un attempato residuo della metà del secolo scorso – venuto al mondo neanche dieci anni dopo la catastrofe bellica, affiliato alla generazione dei baby boomers, e quindi coscritto dalla Fornero a sfondare i quarant’anni lavorativi – ma a me un’Europa a guida tedesca che si separa dall’Inghilterra suona malissimo. Mi fa paura. Sto sbagliando? Sono rétro? Concedetemi almeno che mi trovo in buona compagnia. Lo stesso concetto trovo espresso con brutalità da Joschka Fischer, l’ex leader sessantottino addentratosi nella memoria dei crimini commessi dal suo popolo, divenuto protagonista del pacifismo tedesco, poi ministro degli Esteri e vicecancelliere allorquando l’Unione Europea fu allargata a est: «Il continente germanizzato è un’idea malsana»
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Politici, mafia e imprese: la super-cricca dell’alta velocità
Mentre si stava realizzando la linea dell’alta velocità tra Napoli e Roma, cominciavano a scoppiare una serie di bombe messe dalla criminalità organizzata lungo il percorso. E quindi chiamai i capi della criminalpol, dei carabinieri, della guardia di finanza e della polizia, per dare loro un incarico: accertare quali imprese erano impegnate nell’alta velocità e se, dietro queste, c’erano imprese della mafia e della camorra. Alla fine di questa lunga indagine, durata due anni, mi venne prospettato quest’imbroglio dell’alta velocità. Un grande imbroglio, descrittomi in rapporti molto dettagliati, nei quali si diceva che il governo – non si sa perché – aveva misteriosamente scelto tre general contractor, che poi erano degli enti che si prendevano i soldi senza fare nulla: l’Iri, l’Eni e la Fiat.
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11/9, gli Usa sapevano: Imposimato li denuncia all’Aja
Le autorità americane non potevano non sapere in anticipo dell’attentato del secolo, quello dell’11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle. Ad affermarlo non è l’ennesimo giornalista “complottista” o l’ennesimo tecnico della sicurezza statunitense sconvolto dalle menzogne ufficiali, ma un super-magistrato italiano, Ferdinando Imposimato. Che ora minaccia di imprimere una svolta storica al dibattito sull’11 Settembre con una decisione clamorosa: trascinare gli Usa davanti al tribunale penale internazionale dell’Aja, lo stesso che processa per crimini contro l’umanità i boia dell’ex Jugoslavia. Secondo Imposimato, la Cia era al corrente dei piani terroristici poi targati Al Qaeda e inoltre le Twin Towers non crollarono per l’impatto degli aerei dirottati, ma a causa di esplosivi collocati negli edifici.
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Pakistan e Cia dietro il bombarolo di Times Square?
L’uomo arrestato in Pakistan in relazione al fallito attentato dell’autobomba di Times Square sarebbe membro di un’organizzazione terroristica «controllata» dall’intelligence angloamericana. Lo riferisce il “Los Angeles Times”: Sheik Mohammed Rehan, arrestato a Karachi, il 7 luglio 2009 aveva «presumibilmente» viaggiato su un pickup fino a Peshawar in compagnia di Shahzad, il presunto terrorista sorpreso a New York all’indomani del fallito attentato. I due, scrive il quotidiano Usa, rientrarono a Karachi il 22 luglio: «Non si sa perché sono andati a Peshawar né se lì abbiano incontrato qualcuno».
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Polonia: in galera chi sventola la bandiera rossa
Il presidente polacco Lech Kaczynski ha firmato il 28 novembre l’emendamento al codice penale che vieterà il possesso, la produzione e diffusione, anche tramite Internet, di simboli di propaganda delle idee comuniste, che il governo di Varsavia equipara a quelle fasciste. Molto seria la pena: fino a due anni di reclusione per chi oserò sventolare una bandiera rossa, o anche solo custodirla in casa – neppure fosse un’arma da fuoco – a meno che il possessore non sia un collezionista autorizzato di cimeli politici.
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Mister Europa designato a porte chiuse dalla super-lobby
La decisione di nominare presidente permanete della nuova Unione europea disegnata dal Trattato di Lisbona il premier belga Herman Van Rompuy – membro del partito dei Cristiani Democratici Fiamminghi e appassionato di poesia giapponese – è stata presa la sera del 12 novembre in una cena a porte chiuse nel Castello di Hertoginnedal, alle porte di Bruxelles. A organizzare la cena, cui ha partecipato lo stesso Van Rompuy, il famoso Bilderberg Club: il più potente, riservato e discusso organo decisionale privato del mondo che dal 1954 riunisce i vertici politici, finanziari, industriali, militari e mediatici dei paesi occidentali.
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Stern: meno bistecche, così guariremo il pianeta
Milioni di persone minacciate da tifoni e uragani sempre più aggressivi, civiltà costiere destinate ad affondare negli oceani. Alle Maldive si stanno già attrezzando: nei giorni scorsi il governo è stato convocato sott’acqua, per lanciare un appello al resto del mondo contro il surriscaldamento del pianeta. E se la lotta ai cambiamenti climatici cominciasse nel piatto? Come? Rinunciando alle bistecche.
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Crisi senza precedenti, giornali verso l’estinzione?
Il disastro è smisurato. Decine di quotidiani stanno fallendo. Negli Stati uniti sono state chiuse già circa centoventi testate; adesso lo tsunami colpisce l’Europa. Non si salvano neppure quelli che in altri tempi erano considerati “i giornali di riferimento”: El País in Spagna, Le Monde in Francia, The Times e The Independent nel Regno Unito, il Corriere della Sera e La Repubblica in Italia, ecc. Tutti accusano forti perdite economiche, la crisi della diffusione e il crollo della pubblicità.