Archivio del Tag ‘torture’
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Ground Zero, caccia all’uomo che filmò la verità
New York, 11 settembre 2001, la protezione civile interviene subito. Le Torri non sono state colpite ancora, ma loro, le squadre di soccorso sono lì “già da ieri”, 10 settembre, per una delle tante strane esercitazioni che punteggiano lo scenario della giornata destinata a cambiare il mondo. Alle squadre viene aggregato Kurt Sonnenfeld, un cameraman molto specializzato. Una storia pazzesca, la sua, che parte dai miasmi di Ground Zero, passa per un dramma terribile in Colorado e approda in un esilio a Buenos Aires. Una storia che in Italia è quasi ignota. Lui l’ha raccontata in un libro pubblicato in Argentina, El Perseguido, ossia “il perseguitato”.
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Profughi somali massacrati dalla polizia a Bengasi
Adesso abbiamo le prove. Sono quindici foto in bassa definizione. Scattate con un telefono cellulare e sfuggite alla censura della polizia libica con la velocità di un mms. Ritraggono uomini feriti da armi di taglio. Sono cittadini somali detenuti nel carcere di Ganfuda, a Bengasi, arrestati lungo la rotta che dal deserto libico porta dritto a Lampedusa. Si vedono le cicatrici sulle braccia, le ferite ancora aperte sulle gambe, le garze sulla schiena, e i tagli sulla testa. I vestiti sono ancora macchiati di sangue. E dire che lo scorso 11 agosto, quando il sito in lingua somala Shabelle aveva parlato per primo di una strage commessa dalla polizia libica
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Eritrei respinti in Libia, cronaca di un martirio
L’Eritrea sta investendo molto nel turismo. Lungo il mar Rosso ad esempio, a metà strada tra Massawa e Assab, c’è un albergo a Gel’alo che nessun turista dovrebbe perdersi, specialmente se italiano. Se non altro perché è stato costruito da esuli eritrei costretti ai lavori forzati dopo essere stati arrestati sulla rotta per Lampedusa e rimpatriati dalla Libia su voli finanziati dall’Italia. Proprio così. Non chiedete spiegazioni all’ambasciata eritrea, potrebbero fraintendere. Secondo la propaganda della dittatura infatti, quell’hotel è frutto del coraggio della gioventù eritrea
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Io non respingo: no al patto anti-migranti con Gheddafi
Si chiama “Io non respingo” ed è una grande campagna di mobilitazione nazionale per esprimere la propria contrarietà ai respingimenti in atto nelle acque del Mediterraneo, in base al recente accordo Italia-Libia per il controllo dei migranti africani. Organizzata dall’Osservatorio sulle vittime dell’immigrazione “Fortress Europe”, che da anni tiene il conto delle persone scomparse nel tentativo di raggiungere le nostre coste, l’iniziativa scattata il 10 giugno propone decine di eventi in tutta Italia fino al 20 giugno, quando terminerà la visita di Stato del leader libico Gheddafi in Italia.
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Stupri e torture, migranti al massacro in Libia
«Li hanno mandati al massacro. Li uccideranno, uccideranno anche i loro bambini. Gli italiani non devono permettere tutto questo. In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no». Hanno le lacrime agli occhi le donne nigeriane, etiopi, somale, le “fortunate” che sono arrivate a Lampedusa nelle settimane scorse e quelle reduci dal mercantile turco Pinar. Le ha intervistate Francesco Viviano per “Repubblica”, dopo che quelle donne hanno saputo che oltre 200 disgraziati come loro erano stati raccolti in mare dalle motovedette italiane e rispediti «nell’inferno libico»
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Todorov: la paura dei barbari ci rende barbari
Il XX secolo è stato dominato, in Europa, dal conflitto tra regimi totalitari e democrazie liberali. All’ indomani della seconda guerra mondiale, dopo la disfatta del nazismo, questo conflitto ha assunto la forma di una guerra fredda globale, rafforzata in periferia da alcuni confronti «caldi» ben delimitati. Si trattava di una suddivisione della terra secondo criteri politici, anche se si aggiungevano altre caratteristiche: il terzo mondo era povero, l’ Occidente ricco, mentre nei paesi comunisti l’ esercito era ricco e la popolazione povera (ma non poteva dirlo).
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Soldati Usa in Europa denunciano le atrocità commesse in Iraq
Soldati contro la guerra. Sono americani, tutti veterani dell’Iraq. Girano l’Europa per raccontare il disastro di Baghdad: missione fallita, atrocità, crimini di guerra. Sono “winter soldiers”, soldati d’inverno. Quelli che, secondo lo scrittore britannico Thomas Paine, scendono in campo nell’ora più buia e difficile. «Pensavamo di dover difendere la democrazia: non sapevamo cosa ci aspettava». Ora denunciano il loro governo e chiedono un risarcimento: per loro e, soprattutto, per gli iracheni.