Archivio del Tag ‘traffico di esseri umani’
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Miliardi dal traffico di esseri umani: manette alla Ong greca
Il 28 di agosto trenta membri della Ong greca “Centro Internazionale di Risposta alle Emergenze” (Erci) sono stati arrestati per il loro coinvolgimento nella rete del traffico di esseri umani che opera nell’isola di Lesbo fin dal 2015. Secondo una dichiarazione rilasciata dalla polizia greca, in seguito alle indagini che hanno portato agli arresti, «le attività di una rete criminale organizzata che facilitava sistematicamente l’ingresso illegale di stranieri, sono state portate totalmente alla luce». Tra le attività scoperte ci sono la falsificazione, lo spionaggio e il monitoraggio illegale sia della Guardia Costiera greca sia dell’agenzia di confine Ue, Frontex, allo scopo di ottenere informazioni confidenziali sui flussi di immigrati turchi. Le indagini hanno inoltre portato alla scoperta di altri sei cittadini greci e 24 cittadini stranieri implicati nei reati. L’Erci si autodescrive come «un’organizzazione greca senza scopo di lucro che fornisce risposte alle emergenze e aiuti umanitari in tempo di crisi». La filosofia di Erci è di «identificare le lacune negli aiuti umanitari e colmarle, per fornire assistenza nella maniera più efficiente e impattante». Al momento «Erci ha 4 programmi attivi con i rifugiati in Grecia, nell’area di ricerca e salvataggio, medica, nell’istruzione e nel coordinamento dei campi di rifugiati».Tuttavia, a dispetto della sua missione dichiarata e del suo profilo senza scopo di lucro, la Erci – secondo le autorità greche – ha guadagnato una quantità di denaro considerevole grazie al fatto di essersi messa a disposizione come collegamento al servizio di attività illegali. L’Erci a quanto pare ha ricevuto 2.000 euro per ogni migrante illegale che ha aiutato ad entrare in Grecia. Inoltre, i suoi membri hanno creato un business per “l’integrazione dei rifugiati” nella società greca, assicurandosi 5.000 euro all’anno per ogni immigrato da diversi programmi governativi (nell’istruzione, nell’alloggio e nel sostentamento). L’Erci avrebbe favorito l’ingresso illegale in Grecia di 70.000 immigrati a partire dal 2015, facendo incassare all’organizzazione “no-profit” mezzo miliardo di euro all’anno. Tuttavia questa scoperta non rivela che una piccola parte dell’estensione delle attività illecite che gravitano intorno all’ingresso di immigrati in Grecia. Nel 2017, per esempio, le autorità greche hanno arrestato 1.399 trafficanti di esseri umani, alcuni dei quali si celavano dietro operazioni “umanitarie”; e durante i primi quattro mesi del 2018, le autorità hanno arrestato 25.594 immigrati illegali.Ancora più preoccupante del prezzo decisamente salato pagato ai trafficanti di persone dagli immigrati stessi – o dal governo greco sotto forma di sussidi per l’integrazione – è il pesante tributo che questa situazione sta imponendo a tutta la società greca. Secondo le statistiche della polizia greca, ci sono state 75.707 rapine e furti nel 2017. Di questi casi, solo 15.048 sono stati risolti, e 4.207 sono stati commessi da stranieri. Inoltre, la polizia stima che più del 40% dei crimini gravi sono commessi da immigrati illegali (in Grecia gli immigrati – legali e illegali – rappresentano il 10-15% della popolazione totale). Nel 2016, le prigioni greche contenevano 4.246 greci e 5.221 stranieri condannati per crimini gravi: 336 per omicidio, 101 per tentato omicidio, 77 per stupro e 635 per rapina. Inoltre, migliaia di casi erano in attesa di giudizio. In un recente e drammatico caso, il 15 agosto, uno studente di college di 25 anni di Atene – mentre era in visita a casa dagli studi all’università di Scozia – è stato ucciso da tre immigrati illegali mentre era in giro a visitare la città con una sua amica portoghese.I tre colpevoli, due pakistani e un iracheno di età compresa tra i 17 e i 28 anni, hanno detto alla polizia di aver inizialmente assalito la giovane donna, rubandole denaro, carte di credito, un passaporto e un telefono cellulare dalla borsetta, ma quando hanno visto che il suo cellulare era “vecchio” hanno puntato al cellulare del ragazzo, minacciandolo con un coltello. Quando questi ha cercato di difendersi, hanno dichiarato nella confessione, lo hanno spinto e lui è caduto da una rupe, incontrando la morte. Dopo l’interrogatorio, è emerso che i tre assassini erano già ricercati per 10 altre rapine nella stessa zona. In una lettera di protesta indirizzata al primo ministro greco Alexis Tsipras, ai membri del Parlamento e al sindaco di Atene, la madre della vittima ha accusato Tsipras di “negligenza criminale” e di “complicità” nell’uccisione di suo figlio. «Invece di dare il benvenuto e fornire “terra e acqua” a ogni criminale o individuo pericoloso dagli istinti selvaggi», ha scritto, «lo Stato non dovrebbe forse pensare prima alla sicurezza dei suoi stessi cittadini, a cui succhia il sangue tutti i giorni [economicamente]? [Lo Stato dovrebbe forse] abbandonare [i cittadini] a bande fameliche, per le quali la vita umana vale meno di un telefono cellulare o una catenina d’oro?». Anche se queste sono le parole di una madre in lutto, questi sentimenti sono diffusi e si manifestano in tutta la Grecia, dove incidenti simili sono sempre più comuni.Il 29 agosto, due settimane dopo l’omicidio, nel nord della Grecia sei immigrati hanno assalito verbalmente un uomo di 52 anni in strada, apparentemente senza motivo. Quando questi ha continuato a camminare ignorandoli, uno di loro lo ha pugnalato alla scapola con un coltello da 24 centimetri, mandandolo all’ospedale. Due giorni prima, il 27 agosto, circa 100 immigrati, che protestavano per le condizioni di vita nel loro campo a Malakasa, hanno bloccato l’autostrada statale per più di tre ore. I guidatori bloccati sulla strada hanno detto che alcuni manifestanti si sono infuriati, bersagliando le auto a colpi di bastone. A peggiorare la situazione, la polizia intervenuta sulla scena ha detto di non aver ricevuto istruzioni dal ministero della protezione civile di sgomberare l’autostrada o proteggere le vittime. Dopo ulteriori indagini, “Gatestone” ha scoperto che non c’è stata alcuna dichiarazione da parte della polizia o del ministero, solo le dichiarazioni dei cittadini. Mentre a quanto pare il governo greco non ha la più pallida idea di come gestire la crisi migratoria e salvaguardare la sicurezza dei suoi cittadini, è particolarmente sconcertante scoprire che le principali Ong, il cui mandato è dare aiuti umanitari agli immigrati, approfittano invece della situazione per trarre profitto da questo traffico illegale. Il recente arresto dei membri dell’Erci evidenzia la necessità di mettere sotto esame tutte le organizzazioni di questo tipo.(Maria Polizoidou, “La Ong greca che guadagna miliardi dal traffico illegale di esseri umani”, post apparso su “Zero Hedge” e ripreso da “Voci dall’Estero” il 15 settembre 2018. Maria Polizoidou, reporter, è una giornalista radiofonica e consulente per gli affari internazionali ed esteri, residente in Grecia. Ha un master in “Geopolitica e problemi di sicurezza nel complesso islamico di Turchia e Medio Oriente” presso l’università di Atene).Il 28 di agosto trenta membri della Ong greca “Centro Internazionale di Risposta alle Emergenze” (Erci) sono stati arrestati per il loro coinvolgimento nella rete del traffico di esseri umani che opera nell’isola di Lesbo fin dal 2015. Secondo una dichiarazione rilasciata dalla polizia greca, in seguito alle indagini che hanno portato agli arresti, «le attività di una rete criminale organizzata che facilitava sistematicamente l’ingresso illegale di stranieri, sono state portate totalmente alla luce». Tra le attività scoperte ci sono la falsificazione, lo spionaggio e il monitoraggio illegale sia della Guardia Costiera greca sia dell’agenzia di confine Ue, Frontex, allo scopo di ottenere informazioni confidenziali sui flussi di immigrati turchi. Le indagini hanno inoltre portato alla scoperta di altri sei cittadini greci e 24 cittadini stranieri implicati nei reati. L’Erci si autodescrive come «un’organizzazione greca senza scopo di lucro che fornisce risposte alle emergenze e aiuti umanitari in tempo di crisi». La filosofia di Erci è di «identificare le lacune negli aiuti umanitari e colmarle, per fornire assistenza nella maniera più efficiente e impattante». Al momento «Erci ha 4 programmi attivi con i rifugiati in Grecia, nell’area di ricerca e salvataggio, medica, nell’istruzione e nel coordinamento dei campi di rifugiati».
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Cripto-rublo a tasso zero: Mosca, rivoluzione trasparente
Il cripto-rublo confonde molte persone. Non dovrebbe. Putin ha appena preso il comando della cripto-tecnologia. Sono settimane che dal governo russo riceviamo segnali confusi sulle criptovalute. Da una parte lo vediamo abbracciare questa nuova tecnologia, dall’altra dichiararle guerra. Per questo non si capiscono bene le intenzioni di Mosca in materia. Cercherò di eliminare questa confusione basandomi sui dati a disposizione. Basta dire che questa è una buona notizia sia per i Bitcoin che per l’economia russa. Datemi qualche minuto e vi spiegherò perché. Putin crede fermamente nelle leggi. Nell’arena pubblica opera sempre in loro conformità. E le criptovalute, nonostante la loro flessibilità, operano al limite della legalità, il che lo mette a disagio. La posizione dei russi sulle criptovalute è dunque quella di eliminare le attività illegali – riciclaggio di denaro, finanziamento del terrorismo, traffico di esseri umani, ecc. – e allo stesso tempo sfruttare questa tecnologia per modernizzare le capacità di gestione dei capitali interni. Il cripto-rublo è un ponte tra il cripto-mondo e il mondo reale. Garantisce che questa nuova forma di rubli rispetti correttamente il flusso di capitali.Tassando i cripto-rubli a chi non è in grado di fornire una documentazione della proprietà, Putin sta incentivando lo sviluppo di sistemi di cripto-pagamento a basso costo. L’obiettivo è quello di scambiare rubli per merci solo in criptovalute che traccino anche la proprietà, come Ethereum ed altri che hanno una cronologia dei propri Blockchain trasparente. Putin sta apertamente invitando investimenti legali e alla luce del sole. A prescindere dalla moneta, la Russia vuole sul proprio suolo solo imprese legittime. Il cripto-rublo fornisce i mezzi per convertire, senza spese di transazione, nuovamente nella moneta nazionale ‘fiat’, per pagare bollette, tasse e simili. Questo in opposizione diretta al modo con cui gli Stati Uniti, ad esempio, trattano le criptovalute. Il regolamento Irs del 2014 che ha classificato i Bitcoin come “proprietà” implica che ogni transazione Bitcoin, non importa quanto piccola, crea un potenziale utile. Ciò significa che prendere un caffè da Starbucks via Bitcoin è imponibile sia per l’acquirente che per Starbucks quando andrà a vendere tali Bitcoin e li convertirà in dollari per pagare salari, ordini di consegna, ecc.È per questo che il capitale che si è spostato sulle criptovalute non tornerà indietro. È per questo che è esploso il mercato delle Ico. Miliardi di profitti, non tassati, pronti per essere reinvestiti. È anche il motivo principale per cui Amazon, ad esempio, non accetta Bitcoin. Chi vorrebbe questa seccatura? La struttura del cripto-rublo aggira l’ostacolo per chi dimostra la proprietà dal Blockchain. Bitcoin consente la trasparenza delle transazioni, così come Ethereum, Litecoin e molti altri. Ora, le due valute possono convivere senza doversi preoccupare della doppia tassazione, a meno che uno non guadagni in modo oscuro, nel qual caso Mosca vuole il 13% degli utili. Questo nuovo sistema non riporterà il capitale nell’economia russa, ma tanto non sarebbe tornato comunque. Definendo i Bitcoin come uno schema Ponzi e un modo per riciclare denaro, Putin e la Banca di Russia stanno semplicemente attaccando tecnologie non autoctone. Putin preferirebbe che si usassero piattaforme russe. Ricordate, è un nazionalista, e vuole portare il proprio paese in questo mercato che sarà molto importante in futuro.Ethereum e Waves sono entrambe piattaforme progettate e costruite per la Russia. Notate che Vlad non ha mai parlato male di Ethereum. Waves continua ad essere poco considerato, ma è potente come Ethereum. Entrambi forniscono una piattaforma per agire come “Infrastructure as a service” (Iaas) per la prossima generazione di applicazioni basate su Internet. Ethereum è un sistema operativo per Internet 3.0 mentre Waves è un mercato valutario di prossima generazione, che fornisce una piattaforma semplice per investimenti in private e public equity. Waves sosterrà la mossa di Mosca di scambiare criptovalute e relativi derivati. Agirà sulla soglia di ogni scambio di valuta. Per cui, se avete dollari, Bitcoin, rubli o Ethereum alla fine potrete acquistare e vendere titoli presso la Borsa di Mosca. Tutto pulito e legale. E alla luce del sole. Il cattivo Putin, vedendo che i titoli russi vendono oltre il 7%, cerca investitori in fondi pensione: attraverso la via cripto, ha appena dato ai manager di tali fondi un modo per entrare. Non pensate neanche per un attimo che a Putin non piacciano i Bitcoin come mezzo per attirare investimenti.Questa è l’essenza del Russian Miner Coin. Vuole solo che il settore venga regolamentato, così da massimizzare i profitti per la sfera pubblica. Il capitale va dove viene trattato meglio. Data la fragile situazione dei sistemi finanziari e politici globali, lo stabile governo russo è un asset. Ciò di cui gli investitori hanno bisogno è esser sicuri di trarci un guadagno. Lo schema del cripto-rublo fa parte di questo processo di costruzione della fiducia. Da investitore americano, ora so di poter, ad esempio, investire direttamente in un’offerta di stock o bond di un’azienda russa. Posso veder convertiti i miei dividendi o cedole in cripto-rubli, scambiarli immediatamente con Bitcoin o qualsiasi valuta di mia scelta. E posso non pagarci le tasse fino a che non li riconverto in dollari. Al momento non è tecnicamente possibile, specialmente con le sanzioni. Dove è possibile, è costoso ed è una grossa lungaggine. Putin è intelligente, e ha ottimi consiglieri. Mosse come questa sono una risposta a quelle fatte dagli americani per privare la Russia di capitali (vedasi le sanzioni decise da McCain).Fornire una piattaforma con cui il capitale possa entrare in Russia senza essere bloccato è ora fondamentale per sopravvivere nei prossimi due anni. Non è sua responsabilità controllare gli investitori statunitensi, solo verificare che rispettino la legge russa. Il vantaggio della prima mossa qui è importante. Se la Russia continua a sviluppare la tecnologia Blockchain e ad abbracciarla in modo relativamente privo di imposte, non importa che stia “regolamentando” il meraviglioso mercato decentrato delle criptovalute. Quel che importa è che la Russia tratti i cripto-investitori meglio degli altri. Nella lotta per i flussi globali di capitali, non devi essere perfetto, solo essere leggermente meglio degli altri. L’arbitraggio si prenderà cura del resto. E lo scambio rublo/cripto-rublo, esente da tasse, è l’applicazione che il cripto-mercato cercava per portarlo al livello successivo. La Russia ci è arrivata per prima.(Tom Luongo, “Il cripto-rublo ha appena cambiato le carte in tavola”, dal blog di Luongo del 16 ottobre 2017, ripreso da “Come Don Chisciotte” con traduzione di Hmg).Il cripto-rublo confonde molte persone. Non dovrebbe. Putin ha appena preso il comando della cripto-tecnologia. Sono settimane che dal governo russo riceviamo segnali confusi sulle criptovalute. Da una parte lo vediamo abbracciare questa nuova tecnologia, dall’altra dichiararle guerra. Per questo non si capiscono bene le intenzioni di Mosca in materia. Cercherò di eliminare questa confusione basandomi sui dati a disposizione. Basta dire che questa è una buona notizia sia per i Bitcoin che per l’economia russa. Datemi qualche minuto e vi spiegherò perché. Putin crede fermamente nelle leggi. Nell’arena pubblica opera sempre in loro conformità. E le criptovalute, nonostante la loro flessibilità, operano al limite della legalità, il che lo mette a disagio. La posizione dei russi sulle criptovalute è dunque quella di eliminare le attività illegali – riciclaggio di denaro, finanziamento del terrorismo, traffico di esseri umani, ecc. – e allo stesso tempo sfruttare questa tecnologia per modernizzare le capacità di gestione dei capitali interni. Il cripto-rublo è un ponte tra il cripto-mondo e il mondo reale. Garantisce che questa nuova forma di rubli rispetti correttamente il flusso di capitali.
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Lo 007 confessa: la Turchia dietro la strage di Bruxelles
I servizi segreti turchi dietro alla strage di Bruxelles? A lanciare direttamente la pista di Ankara, coinvolgendo nientemeno che il presidente Erdogan, sono i “nemici” storici della Turchia, i curdi, in questo caso affiancati da un paese come la Russia, anch’essa entrata in rotta di collisione coi turchi dopo l’abbattimento di un bombardiere Sukhoi impegnato nell’unica efficace campagna militare finora condotta in Siria contro l’Isis. Un impegno, quello russo, che ha preso in contropiede l’Occidente e ha oltretutto permesso di giungere alla denuncia, documentata, del supporto turco allo Stato Islamico attraverso basi logistiche alla frontiera e soprattutto il contrabbando di petrolio. La Turchia sul banco degli imputati ora anche per le bombe esplose a Bruxelles? La notizia la fornisce il 24 marzo Nahed Al Husaini, corrispondente da Damasco del sito statunitense di contro-informazione “Veterans Today”: intercettazioni russe avrebbero portato alla cattura, da parte dei miliziani curdi, di un responsabile dell’intelligence di Ankara. L’uomo avrebbe confessato che gli attentati di Bruxelles sarebbero stati progettati a Raqqah su ordine di Erdogan.«Le forze popolari curde che combattono in Siria hanno oggi [24 marzo] catturato un alto funzionario dei servizi segreti turchi che, “sottoposto ad interrogatorio”, ha coinvolto il presidente Erdogan», scrive “Veterans Today” in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. «A Veterans Today – aggiunge Nahed Al Husaini – è stato dato accesso alle confessioni registrate che hanno rivelato il ruolo del Mit (Milli Istihbarat Teskilati, l’intelligence turca) nelle esplosioni di Bruxelles ed i piani per effettuare ulteriori attacchi in Europa. Il “funzionario sospetto” ha confessato il suo ruolo nella pianificazione – a Raqqah – dell’attacco di Bruxelles, in collaborazione con l’Isis». L’informazione che ha portato alla cattura del funzionario, scrive “Veterans Today”, deriva da un’intercettazione effettuata dai russi: le forze di Mosca non sarebbero state direttamente coinvolte nell’operazione, ma si presume che unità di “Spetsnaz”, i corpi speciali russi, potrebbero essere state messe a disposizione dei curdi, come supporto.Secondo le affermazioni estorte al funzionario catturato, i servizi segreti turchi gestirebbero un centro di pianificazione operativa collocato in un complesso sotterraneo di Raqqah, la “capitale” del Califfato in Siria. «Il centro, costruito al di sotto di un impianto di atletica, contiene scorte di armi chimiche e biologiche, tra le quali il gas sarin, il virus per l’influenza suina e tonnellate di materiali per la produzione di altri tipi di gas», scrive ancora Nahed Al Husaini. «Gli Stati Uniti, coordinandosi con l’unità siriana “Tigre”, colpirono quel complesso nell’ottobre del 2014, nell’ambito di una di quella mezza dozzina di operazioni altamente segrete effettuate congiuntamente. L’operazione portò alla cattura di alcuni ufficiali del Qatar, dell’Arabia Saudita e della Turchia». “Veterans Today” dichiara di aver ricevuto un resoconto dell’interrogatorio da Haissam Bou Said, segretario generale del Desi, Dipartimento sicurezza e informazioni per l’Europa, secondo cui «dietro agli orribili attentati suicidi c’è proprio il Mit».Sempre secondo questa fonte, «alcune cellule terroristiche turche erano state impiantate anni fa in Europa, in collaborazione con un’infrastruttura del crimine organizzato attiva nel traffico degli esseri umani e della droga, al lavoro con gruppi israeliani e sauditi per effettuare attacchi terroristici “false flag”», cioè “sotto falsa bandiera”, secondo il copione (italiano) della “strategia della tensione”. Il presidente turco Erdogan, sempre secondo la fonte di “Veterans Today”, avrebbe introdotto le cellule terroristiche addestrate dal Mit «nascondendole all’interno del flusso di profughi, attentamente orchestrato, per poi indirizzarle presso le comunità della criminalità turca, con sede in Germania, Belgio e Olanda». Per l’intelligence Usa, «da oltre un decennio la criminalità organizzata turca è concentrata a Monaco di Baviera, che è il “ground zero” per gli attacchi terroristici che dovrebbero colpire gli Stati Uniti alla vigilia delle prossime elezioni presidenziali».Da anni, il presidente turco è al centro di crescenti polemiche, anche per via del giro di vite autoritario sulla stampa nazionale, che ha portato giornalisti in carcere. Contestato da più parti anche la violenza della repressione interna affidata alla polizia, Erdogan ha tentato di coinvolgere la Nato nello scontro con la Russia, con l’abbattimento del jet di Mosca. Ma non è tutto: nel suo libro “Massoni”, Gioele Magaldi scrive che lo stesso Erdogan è affiliato alla superloggia segreta “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush. Si tratta di un club super-massonico internazionale definiti “del sangue e della vendetta”, di cui farebbero parte anche Tony Blair, inventore del falso storico delle “armi di distruzione di massa” di Saddam, e il francese Sarkozy, protagonista della guerra in Libia contro Gheddafi. La “Hathor Pentalpha” avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel maxi-attentato dell’11 Settembre, per poi lasciare la propria “firma” anche nell’Isis, acronimo che richiama la dea egizia Iside, chiamata anche Hathor.I servizi segreti turchi dietro alla strage di Bruxelles? A lanciare direttamente la pista di Ankara, coinvolgendo nientemeno che il presidente Erdogan, sono i “nemici” storici della Turchia, i curdi, in questo caso affiancati da un paese come la Russia, anch’essa entrata in rotta di collisione coi turchi dopo l’abbattimento di un bombardiere Sukhoi impegnato nell’unica efficace campagna militare finora condotta in Siria contro l’Isis. Un impegno, quello russo, che ha preso in contropiede l’Occidente e ha oltretutto permesso di giungere alla denuncia, documentata, del supporto turco allo Stato Islamico attraverso basi logistiche alla frontiera e soprattutto il contrabbando di petrolio. La Turchia sul banco degli imputati ora anche per le bombe esplose a Bruxelles? La notizia la fornisce il 24 marzo Nahed Al Husaini, corrispondente da Damasco del sito statunitense di contro-informazione “Veterans Today”: intercettazioni russe avrebbero portato alla cattura, da parte dei miliziani curdi, di un responsabile dell’intelligence di Ankara. L’uomo avrebbe confessato che gli attentati di Bruxelles sarebbero stati progettati a Raqqah su ordine di Erdogan.
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Armi, droga, porno: Deep Web, non aprite quella porta
Pagine dinamiche ad accesso riservato, mail e home banking, e siti dedicati al commercio di armi, droga ed esseri umani. Database di studi scientifici, accademici e documenti governativi. E poi forum pedopornografici o siti per commissionare omicidi. E’ un oceano sommerso, si chiama Deep Web. «La moneta corrente, là sotto, è il bitcoin», valuta virtuale e molto fluttuante «con cui si può comprare qualsiasi cosa», spiega Andrea Coccia. «Lo scarto tra l’utilità e la legalità di una parte e la pericolosità e l’illegalità dell’altra è talmente immenso da rendere inutile qualsiasi tentativo di definizione in bianco e nero: il Deep Web, come il mondo, non è né buono né cattivo, è semplicemente immenso e in gran parte sconosciuto». Là sotto ci si può trovare di tutto, «il più depravato degli psicopatici e il più geniale degli scienziati». Le regole? Non esistono. «Immergersi in questo universo, la cui grandezza stimata è circa 500 volte il Web visibile e in cui i motori di ricerca non servono (quasi) a nulla, comporta il passaggio di una porta oltre la quale il confine della legalità è molto labile e i pericoli sono sul serio a portata di click».Cos’è il Deep Web? Il modo migliore per capirlo, scrive Coccia su “Linkiesta”, è immaginarsi un iceberg, di cui possiamo scorgere solo la vetta: tutto il resto, quello che c’è sotto, possiamo solo immaginarlo. Ciò che si vede in superficie, il Web visibile, è quello che i motori di ricerca tradizionali, come Google, sono in grado di indicizzare. «Intendiamoci, si tratta di una mole impressionante di pagine – tra i 60 e i 120 miliardi secondo alcune stime». Ma quel che sta sotto, come per gli iceberg, lo è ancor di più: «Se stabilire la dimensione esatta del Web visibile è un’impresa quasi impossibile, stimare quella del Web invisibile, o Deep Web, è un’operazione quasi folle». Uno specialista come Anand Rajaraman, intervistato dal “Guardian”, rivela che «nessuno può fare una stima credibile di quanto sia grande», il Deep Web. «L’unica stima che conosco dice che potrebbe essere 500 volte più grande». In questo oceano, avverte Coccia, non si può accedere né ci si può muovere usando i comuni strumenti di navigazione, come Google. Peggio ancora Facebook: nel Deep Web è pericoloso «usare i propri dati sensibili, mettendo a repentaglio il proprio anonimato e anche la propria sicurezza personale».Per accedere alla rete, spiega “Linkiesta”, è necessario installare e configurare un programma in grado di rendere la navigazione anonima e sicura: uno strumento come “Tor”, per esempio, capace di accedere a pagine con un dominio “strano”, come “.onion”. «Vista l’inefficacia quasi totale dei motori di ricerca che pur esistono a quelle profondità», per muoversi «si deve fare affidamento a delle liste compilate di link come la “Hidden Wiki”, o ai forum di utenti». Ma neanche così la navigazione è immediata, visto che, «proprio per garantire la sicurezza e l’anonimato, le pagine cambiano molto spesso indirizzo, a volte vengono chiuse dai proprietari, dalle cyberpolizie di mezzo mondo o vengono abbattute da gruppi di hacker à la Anonymous». Un parziale elenco «non potrebbe fare a meno di citare hacker russi, dissidenti cinesi, ribelli siriani, militari statunitensi, polizie postali europee, giornalisti indipendenti, anarchici svedesi, complottisti zeitgeistiani, pedofili, assassini, mercanti d’armi e di droga, mafiosi, jihadisti, ma anche moltissimi curiosi».Coccia rivela «10 cose notevoli» che ha trovato nel Deep Web. Citazione dantesca: “Per me si va nella città dolente”. Partenza: «Dopo aver installato e avviato “Tor”, dopo aver controllato che l’Ip fosse effettivamente stato mascherato, la prima mossa dell’improvvido navigatore anonimo è cercare una porta di accesso a questo universo pazzesco», dovendo fare a meno dei motori di ricerca. Un’epigrafe avverte: ti serve la “hidden wiki”, cioè “the door of the deep web”. «Be careful», dice la scritta: potreste essere spiati, hackerati, traumatizzati da contenuti «che non immaginavate potessero esistere». Per Coccia, «è la porta che sceglie, non l’uomo», come scrive Jorge Luis Borges nell’“Elogio dell’ombra”. Senza Google, «ci si deve affidare a liste, documenti, pagine wiki come Hidden Wiki, ad esempio, compilate da utenti – chiaramente anonimi – che offrono una serie di link ordinati in categorie da copiare e incollare sul browser di “Tor” per trovare il cammino. E per quanto di link ce ne siano a decine, tra quelli che non funzionano e quelli che è decisamente saggio evitare di cliccare – segnati come truffe o addirittura non più attivi – la strada, o almeno l’inizio, pare quasi segnata».Già dai primi passi, domina «la sensazione della fuffa», come quella di chi promette una cittadinanza Usa al prezzo di 10.000 dollari. Fuffa, o trappola per “gonzonauti”: «Non definirei in altri modi qualcuno disposto a pagare a un venditore anonimo e completamente sconosciuto diecimila dollari per incrociare le dita e aspettare che un postino gli recapiti la sua carta verde, l’assistenza sanitaria, la patente, il certificato di nascita e tutto il cucuzzaro per diventare a un cittadino americano». Se invece vi piace di più l’accento british, agiunge Coccia, c’è anche la possibilità di trovare passaporti britannici, naturalmente personalizzati. E poi: armi, sigarette, partite di calcio truccate. «Decine di altri siti propongono merce di ogni tipo, ma l’aspetto e la facilità di accesso fanno pensare che anche questi siano solo trappole per improvvidi visitatori curiosi». Ma, con qualche passaggio in più, si inizia a vedere qualcosa di più serio, come il “gran bazar delle droghe”. «Una volta c’era il celebre Silk Road, mitico sito di e-commerce sulle cui pagine si poteva comprare veramente di tutto. Ora che Silk Road è stato chiuso, i suoi figliastri sembrano aver proliferato. Dall’aspetto, ma soprattutto dalla presenza di protocolli di verifica dei venditori, questi siti sembrano più “affidabili”. I prodotti che vendono, invece, restano completamente illegali».Forse proprio perché accessibili senza eccesivi sforzi o conoscenze informatiche particolari, scrive Coccia, quasi tutti questi “negozi” applicano una bizzarra strategia per convincere i compratori a fidarsi: chiedono ai propri clienti «una di quelle cose che si sentono soltanto nei film americani di gangster». Ovvero: «Al momento dell’acquisto si paga la metà, l’altra metà la si salda al momento dell’arrivo della merce». Non mancano vecchie conoscenze, come “Gli Illuminati” (since 1776). «Sì, c’è anche il sito di quei simpaticoni degli Illuminati, per entrare però bisogna registrarsi. Io – ammette Coccia – ho vinto la curiosità e non l’ho fatto, ma nel caso dovrebbe bastare inventarsi un nome utente e una password. Una precauzione: non usate le vostre password normali e preferite codici alfanumerici, non si sa mai». Ma nel regno dei banditi c’è annche il “New Yorker”: non tutto è perduto? «Tra i mercanti d’armi e quelli di droga, tra potenziali pagine di pazzi scriteriati, di illuminati o di complottisti professionali c’è anche un approdo amico: si chiama “strongbox” ed è l’antenna che la redazione del “New Yorker” ha piazzato qua sotto per intercettare segnalazioni anonime, documenti scottanti, leaks o semplicemente racconti di gente troppo timida per mettere una firma ai propri lavori».Altro topos ricorrente: la scritta “Questo messaggio si autodistruggerà in 5, 4, 3…”. «Un’altra di quelle cose che si vedono solo nei film, ma questa volta di quelli con James Bond: i messaggi che si autodistruggono». Il sistema è semplice: «Una volta scritto il messaggio lo si mette su una pagina che viene creata apposta e il cui link è accessibile ua volta sola. Poi sparisce, e il gioco è fatto». La prova che smentisce chi descrive le profondità della rete come un luogo frequentato soltanto da pedofili, hacker e terroristi, aggiunge Coccia, è la presenza di infiniti depositi di ebook, di testi html, txt, doc e pdf di ogni tipo. «Io, per esempio, sono capitato sui vincitori dei Premi Pulitzer, ma sono sicuro che si può fare di meglio». Per concludere, «l’impressione che si ha navigando, ingenuamente e a casaccio, in quel che chiamano Deep Web è un po’ quella che si potrebbe provare giocando con una demo limitatissima di un gioco pazzesco», scrive Coccia. «È chiaro che lì sotto c’è un sacco di roba e un sacco di persone dal molto pericoloso al molto interessante». Il problema è che questa esplorazione «richiede tempo, applicazione, conoscenze e, soprattutto, un obiettivo preciso verso cui puntare». Viceversa, può capitare di sentirsi presi in giro, «come se quelle pagine fossero state messe lì apposta da chi quella rete la usa abitualmente, giusto per divertirsi con i turisti del Deep Web, per guardarli mentre si muovono a casaccio e farsi delle gran risate. E chissà, magari è veramente così».Pagine dinamiche ad accesso riservato, mail e home banking, e siti dedicati al commercio di armi, droga ed esseri umani. Database di studi scientifici, accademici e documenti governativi. E poi forum pedopornografici o siti per commissionare omicidi. E’ un oceano sommerso, si chiama Deep Web. «La moneta corrente, là sotto, è il bitcoin», valuta virtuale e molto fluttuante «con cui si può comprare qualsiasi cosa», spiega Andrea Coccia. «Lo scarto tra l’utilità e la legalità di una parte e la pericolosità e l’illegalità dell’altra è talmente immenso da rendere inutile qualsiasi tentativo di definizione in bianco e nero: il Deep Web, come il mondo, non è né buono né cattivo, è semplicemente immenso e in gran parte sconosciuto». Là sotto ci si può trovare di tutto, «il più depravato degli psicopatici e il più geniale degli scienziati». Le regole? Non esistono. «Immergersi in questo universo, la cui grandezza stimata è circa 500 volte il Web visibile e in cui i motori di ricerca non servono (quasi) a nulla, comporta il passaggio di una porta oltre la quale il confine della legalità è molto labile e i pericoli sono sul serio a portata di click».