Archivio del Tag ‘Unità d’Italia’
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Della Luna: Conte e i frugali, una recita penosa. Ciao Italia
Nel Risorgimento l’unificazione d’Italia fu un progetto franco-britannico in funzione anti-germanica, coperto con ideali fabbricati privi di riscontro nei popoli coinvolti, giustificato e portato avanti da un clero intellettuale massonico-progressista. Questo progetto ha prodotto l’Italia, un organismo politico artificioso, fallimentare a causa della sua composizione, con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto impoverimento e violenze, dapprima, ai danni del Meridione, e poi una meridionalizzazione africaneggiante dello Stato e della politica ai danni del Settentrione. Simile per concetto e per effetti è il progetto dell’unificazione europea: creare un blocco in funzione di contenimento dell’Urss-Russia al servizio degli Usa, guidato dalla Franco-Germania, mettendo questa in condizioni di rastrellare le risorse dai paesi subalterni; il tutto ammantato da ideali fasulli, propagandati da un clero mercenario pseudo-intellettuale, massonico-progressista. Anche questo progetto ha prodotto un organismo artificiale, fallimentare a causa della sua composizione con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto e produce impoverimento e violenze, per ora ai danni dei paesi meridionali e a vantaggio di quelli egemoni del Nord.Nella corrente trattativa per i soccorsi all’Italia e ad altri paesi molto danneggiati dalla gestione della pandemia, vediamo Mark Rutte fare il poliziotto cattivo per consentire alla Merkel con Macron di fare il poliziotto buono – ma il disegno non è cambiato, è sempre quello predatore-accentratore sopra indicato, del famoso Piano Funk, ratio essendi della ‘costruzione europea’. Sarebbe una buona cosa se le condizioni richieste dai paesi rigoristi all’Italia per concederle prestiti e aiuti fossero condizioni idonee ad assicurare un uso produttivo, anziché partitico-clientelare-assistenziale-elettorale, di quei soldi, inclusa l’abolizione del demenziale reddito di cittadinanza, della moralmente giusta ma insostenibile Quota 100, dei criminali sprechi per i clandestini. Ma quelle condizioni paiono essere grecificanti: tagli agli investimenti, tasse più alte, servizi peggiori – quindi un colpo alla domanda interna per distruggere del tutto l’economia, e un colpo alle possibilità di aumento della produttività, per relegare l’Italia al ruolo di protettorato.Si auspica il compromesso, che può essere nei seguenti termini: i paesi virtuosi concedono a Conte e ai suoi una certa quantità di soldi da spendere in funzione elettorale, così da farlo restare in sella; e in cambio Conte accetta di aprire un pertugio per una futura Trojka e si accontenta di aiuti che la gente senta come già acquisiti, ma che saranno concretamente disponibili tra due o tre anni (tra allocazione europea e spendita in Italia passano anni, per ragioni tecnico-burocratiche). Vi è chi ipotizza, in caso di mancato accordo, la sostituzione di Conte con Draghi e il supporto di Berlusconi (reso pro-Mes e pro-Eu dalla speme di sentenze propizie contro Vivendi e dall’ottenuto permesso di acquisire il 15% di ProSiebenSat1, così da divenirne il primo azionista e da inserirla nel suo Media to Europe). Così acconciamente rilegittimato, il regime potrà evitare le elezioni (magari anche quelle amministrative di settembre, importando immigrati contagiatori e lasciandoli evadere dalla quarantena così da giustificare un nuovo lockdown) e completare la riforma in senso autoritario ed esterocratico dello Stato-protettorato italia (la minuscola è intenzionale).Un governo italiano culturalmente onesto e politicamente leale al paese chiamerebbe il bluff austro-olandese, spiegando che non ha senso ragionare in termini di risparmio di moneta, dato che la moneta oggi è creata a costo zero, essendo simbolica e non convertibile, e non costituendo obbligazione. E’ invece necessario usarla in modi validi, produttivi, al fine di prevenire inflazione monetaria e il diffondersi del parassitismo. Allora, se i virtuosi, ossia i ciarlatani economici, si incaponiscono sulle loro posizioni (in realtà, perché vogliono mettere l’Italia in ginocchio per costringerla a svendere i suoi ‘pezzi’ migliori ai loro ‘investitori’), nessun problema: l’Italia può, entro i vigenti trattati, generare moneta interna statale a costo zero, e smascherare così, assieme ai ciarlatani del risparmio, tutto il bluff delle regole finanziarie europee, del Mes, dei vincoli, del 3%, rendendo evidente la finzione criminale applicata dall’Unione alla Grecia a tutela dei banksters, con tutte le migliaia di morti che ha causato. E che causerà anche all’Italia. Altro che solidarietà europea: genocidio.(Marco Della Luna, “Il bluff genocida dei frugali”, dal blog di Della Luna del 20 luglio 2020).Nel Risorgimento l’unificazione d’Italia fu un progetto franco-britannico in funzione anti-germanica, coperto con ideali fabbricati privi di riscontro nei popoli coinvolti, giustificato e portato avanti da un clero intellettuale massonico-progressista. Questo progetto ha prodotto l’Italia, un organismo politico artificioso, fallimentare a causa della sua composizione, con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto impoverimento e violenze, dapprima, ai danni del Meridione, e poi una meridionalizzazione africaneggiante dello Stato e della politica ai danni del Settentrione. Simile per concetto e per effetti è il progetto dell’unificazione europea: creare un blocco in funzione di contenimento dell’Urss-Russia al servizio degli Usa, guidato dalla Franco-Germania, mettendo questa in condizioni di rastrellare le risorse dai paesi subalterni; il tutto ammantato da ideali fasulli, propagandati da un clero mercenario pseudo-intellettuale, massonico-progressista. Anche questo progetto ha prodotto un organismo artificiale, fallimentare a causa della sua composizione con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto e produce impoverimento e violenze, per ora ai danni dei paesi meridionali e a vantaggio di quelli egemoni del Nord.
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Conquistare il mondo: l’Occidente spara, la Cina compra
Se dovessimo sintetizzare ciò che accomuna tutti gli imperi nella storia dell’umanità, potremmo indicare questi punti fermi: la volontà di conquistare il mondo intero e una scusa per poterlo conquistare. Inoltre, chi voleva provare a conquistarlo, ha sempre avuto due problematiche da risolvere: la necessità di tenere sotto controllo una grande massa di persone (le masse, infatti, necessitano di essere controllate, altrimenti il caos e il disordine sociale sarebbe ingestibile); da qui scaturisce un’ulteriore esigenza: la necessità di avere un nemico per tenere unito un popolo, Stato, nazione, o altri gruppi sociali, o di dare uno scopo. L’Impero Romano, è noto, voleva conquistare tutto il mondo conosciuto; i Romani realizzarono uno dei più grandi imperi della storia. Il popolo veniva tenuto buono tramite il cosiddetto “panem et circenses” (valido ancora oggi con strumenti come il calcio, il baseball in Usa, la Tv, ecc.). Il nemico era costituito dai barbari che, in quanto esseri inferiori, potevano essere assoggettati. Alessandro Magno voleva voleva conquistare il mondo, e la scusa era quella di imporre ai territori conquistati la cultura avanzata e superiore dell’Antica Grecia (in realtà pare che conoscesse molto poco la cultura greca, e che fosse uno studente mediocre, allievo del grande Aristotele).Gengis Khan divenne il capo di una serie di tribù mongole disunite; aveva bisogno di un nemico, per tenere coesa la gente sotto di lui, e si diede da fare per conquistare tutto il conquistabile, massacrando e distruggendo tutti i popoli che decise di sottomettere. Dopo aver sconfitto i cinesi giurò di unificare tutto il mondo sotto un unico impero. Fondò l’impero più vasto mai conosciuto sulla terra, ma anche il più breve. Uno dei suoi successori, Kublai Khan, conquistò anche la parte merdionale la Cina ma adottò un mezzo singolare, l’unico possibile date le caratteristiche del territorio e della popolazione cinese: si cinesizzò, adottò gli usi e costumi cinesi, e quindi molti non sanno che la dinastia Yuan, che resse la Cina attorno al 1200, era in realtà una dinastia mongola, non cinese. Tamerlano, condottiero turco-mongolo, è considerato uno dei più grandi conquistatori della storia, il cui impero comprendeva l’Asia occidentale e centrale. Si considerava erede di Gengis Khan e aspirava ad emularne le gesta anche lui volendo “conquistare il mondo”. La sua versione dell’Islam, bigotta, crudele e violenta, poco si conciliava con i precetti dell’Islam o la dottrina Sufi dell’amore: egli si considerava la frusta di Allah, mandato a punire gli emiri per le loro ingiustizie. La scusa per invadere l’India nel 1398 fu, ad esempio, che il sultano era troppo tollerante con gli indù.L’Unione Sovietica voleva fare la stessa cosa imponendo il comunismo alle nazioni dell’Europa orientale; il capitalismo aveva fatto il suo corso, ed era ora di instaurare un mondo nuovo. Per fare questo utilizzarono due metodi: l’invasione militare, quando potevano, e il tentativo di conquistare gli altri paesi condizionandone la politica (ovverosia finanziando i partiti comunisti dell’Europa). Né più né meno che quello che hanno fatto gli Usa fino ad oggi. L’Europa non può essere considerata un impero unitario, essendosi per secoli divisa in scaramucce tra Francia, Spagna e Inghilterra, ma ai fini del nostro discorso lo considereremo tale, insieme agli Usa (che, non dimentichiamolo, sono stati fondati dai primi coloni europei). Noi europei abbiamo sempre cercato di conquistare il mondo. Siamo andati in Sud America, abbiamo sterminato i nativi e ci siamo impiantati noi. La stessa cosa abbiamo fatto con il Nord America. Secondo Howard Zinn, sono 9 milioni i nativi americani massacrati perché potessimo insediarci noi europei in Nord America piazzandoci un po’ ovunque: gli spagnoli in Florida, inglesi e olandesi al Nord, i francesi in Canada, e via discorrendo. Gli Usa nascono, quindi, dallo sterminio sistematico dei nativi americani, e dallo sterminio di milioni di africani che venivano trasportati come schiavi per lavorare nei campi.Hitler, che voleva conquistare il mondo, altro non fece che tentare quello che, da secoli, tentavano inglesi, spagnoli, francesi e olandesi, con la differenza che lui tentò di farlo prima di tutto in Europa, e solo dopo si sarebbe allargato al resto del mondo. Ma di fatto, non tentò nulla di diverso da quello che tentarono tutti, e che continuano a tentare tutti. Una volta eliminata la schiavitù, e consolidato il proprio potere economico, gli Stati Uniti d’America hanno dovuto porsi altri obiettivi: di qui la necessità di esportare la democrazia (esattamente come la Russia che voleva esportare il comunismo, come la Chiesa cattolica voleva esportare il cattolicesimo, come alcuni Stati islamici volevano esportare l’Islam, ecc.) verso i nemici che di volta in volta venivano individuati: Vietnam, Corea, Iraq. Dove non sono arrivati con i cannoni, gli Usa sono arrivati con il controllo politico dei vari Stati, come il finanziamento dei partiti a loro graditi, il sostegno alle varie fazioni terroristiche di destra o sinistra, e così via. Quando non c’era alcun motivo o scusa per la conquista, come nel caso delle isole Hawaii, gli Usa si sono limitati a rovesciarne il governo senza motivo, solo per paura che arrivassero prima gli inglesi, o altri Stati europei. Usa ed Europa, quindi, ai nostri fini li considereremo un modello unitario, e lo definiremo “modello occidentale”.I Templari meritano un posto a parte, in questo elenco. Perché anche loro avevano come obiettivo la conquista del mondo allora conosciuto, ma con mezzi e finalità diverse. I Templari volevano abbattere i sovrani assoluti e la Chiesa cattolica, per instaurare un regno di pace, governato da iniziati (cioè da saggi illuminati). Non per niente erano monaci (potere spirituale: saggi, ispirati ad una vita spirituale, in contatto con Dio) e guerrieri (potere temporale). Per instaurare questo governo mondiale non potevano usare la guerra, né potevano dichiarare apertamente il loro intento. Dichiararono formalmente la loro fedeltà alla Chiesa cattolica e al Papa, ma si dettero come unico obiettivo quello di “difendere i pellegrini in Terra Santa”. Questo obiettivo farlocco, in realtà, era la scusa ufficiale per non intervenire mai nelle contese tra i vari sovrani e il Papa, e non prendere mai una vera posizione. Nel frattempo divennero potentissimi, creando commende dal Portogallo alla Terra Santa e un po’ in tutta Europa.A un certo punto diventarono più potenti di qualsiasi sovrano europeo e, di lì a poco, sarebbero stati i veri sovrani dell’Europa e della Palestina; ma furono fermati da Filippo il Bello e Clemente V. Il loro sogno di un mondo migliore, di pace, governato da istanze spirituali oltre che materiali, si infranse quando Jacques de Molay venne messo al rogo. Gli eredi delle istanze templari furono i Rosacroce e la massoneria. Anche loro sognavano un mondo unito e di pace, e si diedero da fare per creare quella che furono poi l’Unione Europea e l’Onu, le prime strutture del Nuovo Ordine Mondiale. Anche se la massoneria dichiara apertamente di non volere certo conquistare il mondo, di fatto è quello il suo obiettivo, ben evidente quando essa proclama orgogliosamente di aver organizzato le varie rivoluzioni (Americana, Francese, Russa, l’Unità d’Italia, ecc.) e che tutti gli uomini più influenti al mondo erano massoni. Il progetto è quello di portare la democrazia in tutto il mondo (anche a colpi di cannone, purtroppo) per creare un mondo sempre più libero e democratico.Anche per la Cina è necessario un discorso a parte, per capire un po’ più a fondo questo popolo dalla tradizione millenaria e dalla cultura straordinaria. Una delle caratteristiche della Cina è di non aver mai conosciuto, in nessuna epoca, il nostro concetto di “democrazia”. La Cina è sempre stata politicamente uno Stato assoluto, dapprima con i vari imperi e le varie dinastie, per poi passare alla dittatura della Repubblica Popolare. L’unico tentativo di dare una Costituzione e delle riforme che garantissero i diritti della popolazione fu quello dell’ultimo sovrano della dinastia Quing, Guanxu, redatte da Kang Youwei nel 1898, ma il tentativo fu affossato sul nascere: l’imperatore venne arrestato con un vero e proprio colpo di Stato da parte dell’imperatrice Cixi. La seconda caratteristica dell’Impero Cinese è quella di non aver mai cercato di sottomettere gli altri Stati con la violenza. La Cina ebbe guerre con gli Stati confinanti, come è ovvio, specialmente Corea e Giappone, ma complessivamente non ebbe mai la mira di conquistare il mondo con la violenza, a meno che non fosse necessario.Questo non perché rispettassero il resto del mondo, ma per una questione culturale; essi si sentivano al centro del mondo, e sentivano loro stessi superiori (come noi europei del resto), e quindi per loro era inevitabile che gli altri Stati si assoggettassero a loro riconoscendone la grandezza. Del resto, grandi lo erano davvero: basti pensare che inventarono la carta secoli prima che la utilizzassimo anche noi; la povere da sparo; il torchio da stampa; e la banconota cartacea ben prima che la utilizzassimo anche noi (durante la dinastia Yuan). Inoltre fin dal secondo secolo d.C. i cinesi inventarono il sistema del concorso pubblico per selezionare i funzionari pubblici più preparati (con 1600 anni di anticipo rispetto a noi). Nel 1271 Kublai Khan, discendente di Gengis Khan (quindi tecnicamente mongolo, non cinese), avendo conquistato la Cina, ne riconobbe l’immenso potenziale culturale e sociale e, anziché distruggerla (come in genere erano soliti fare i mongoli con gli altri nemici), decise di cinesizzarsi egli stesso: diede alla propria dinastia il nome preso dall’I-ching, il Classico dei Mutamenti (dinastia Yuan) e trasferì la capitale a Pechino, ospitando l’imperatore precedente presso di sé e assumendo gli usi e i costumi cinesi.Per capire l’atteggiamento della Cina verso gli altri popoli è significativo un aneddoto. Durante la dinastia Ming, gli Stati vicini facevano a gara per dimostrare la loro sottomissione alla Cina, grazie alla generosità dell’imperatore, assolutamente riconoscente verso tutti coloro che si proclamavano sottomessi. Avvenne che molti cinesi si facevano rasare il capo per passare da tibetani e alcuni si spacciavano per ambasciatori di paesi inventati, tanto era conveniente dichiararsi vassalli della Cina. Uno dei problemi che i Ming ebbero fu, paradossalmente, quello di limitare le troppe dimostrazioni di vassallaggio, anche perché alcuni doni provenienti da altri paesi gravavano poi sull’erario per il loro mantenimento (ad esempio avevano centinaia di tigri regalate dai paesi vicini, ed ogni tigre poi divorava due pecore al giorno, senza contare i costi del personale per sorvegliarle). Quando in Cina arrivarono gli europei, ovviamente si rifiutarono di sottomettersi all’Impero (erano loro ad essere superiori, mica i cinesi), e iniziarono i primi problemi, che portarono alla Guerra dell’Oppio tra Inghilterra e Cina, e a tutta una serie di problematiche che ora sarebbe impossibile affrontare.La violenza, in Cina, ci fu soprattutto all’interno. Nel corso dei vari secoli, tutti gli imperatori avevano avuto lo stesso problema: come poter tenere sottomesse le masse? La risposta, in genere, era il bagno di sangue. In tempi più moderni il problema della Cina rimase lo stesso. Dapprima la Rivolta dei Boxer, con cui vennero massacrati esponenti perlopiù dell’Occidente, cristiani, musulmani, inglesi; poi venne proclamata nel 1911 la Rivoluzione repubblicana; da quel momento ci furono continue guerre civili (si stima in circa 15 milioni di morti il totale dei cinesi che vennero massacrati in questo periodo), finché venne istituita nel 1949 la Repubblica Popolare Cinese; nel 1966 ci fu la cosiddetta Rivoluzione Culturale di Mao, e anche tutto questo periodo fu un massacro che costò la vita a circa 100 milioni di cinesi, in un bagno di sangue che l’umanità non aveva mai conosciuto neanche ai tempi di Tamerlano o della Seconda Guerra Mondiale. Anche la questione tibetana per loro era prevalentemente interna, perché quella del Tibet era sempre stata una regione assoggettata, o comunque vassalla, della Cina.Tralasciando quindi le sporadiche guerre con i confinanti, la Cina ha avuto la guerra prevalentemente al suo interno, ma non è mai andata in Antartide, nelle Hawaii, in Australia, in Africa, dicendo “salve, qui comandiamo noi, ora vi massacriamo tutti perché abbiamo il diritto di uccidervi in nome della superiorità della nostra religione e/o impero”. Se dovessimo fare un paragone, il loro modello di sviluppo nel mondo ricorda più quello dei Templari, che non degli altri imperi (non a caso la tradizione del monaco guerriero da noi fu un’eccezione; tutti i libri concordano su questa particolarità dei Templari, quella di essere insieme monaci e guerrieri; la tradizione del monaco guerriero, invece, in Cina è la norma. I monasteri Shaolin sono luoghi in cui il monaco è anche un guerriero; esattamente come i Templari, anche i monaci Shaolin entravano in azione con i loro mezzi solo per difendere la Cina o l’imperatore, o comunque per difendersi da un pericolo. Più in generale, tutto il Kung Fu è un arte marziale cinese che presuppone però anche una preparazione spirituale oltre che fisica). Ovviamente, ciò che manca all’espansione cinese in Occidente è il fine spirituale proprio dei Templari.La Cina, quindi, ha sempre fatto una cosa molto semplice, che è quella che sta facendo adesso: ha comprato gli altri Stati. E’ arrivata in silenzio, dolcemente, e ha comprato tutto quello che poteva, e senza proteste quando qualcuno li ostacolava. Facciamo un esempio. Quando la Guardia di Finanza fece un’importantissima operazione nel porto di Napoli, che era uno degli scali principali per portare la merce in Italia, la Cina – nonostante il duro colpo – non si scompose. In fondo, dal loro punto di vista, noi avevamo fatto ciò che è giusto, rispettando la legge. Spostarono quindi le loro merci in Grecia, comprando il porto del Pireo per 370 milioni di dollari, dando un grosso e concreto aiuto alla Grecia, in crisi grazie alle dissennate politiche imposte dall’Unione Europea. Alla prima occasione però hanno cercato di tornare in Italia con la questione dei porti di Genova e Trieste. Insomma, la voglia di conquistare il mondo è una costante di tutti gli imperi, ma anche di molte organizzazioni religiose, politiche, e fratellanze esoteriche. Questa voglia di conquista, da parte di un po’ tutti, nasce quindi da due esigenze. In primo luogo perché l’essere umano non è pronto a vivere in pace col proprio vicino (sia esso il vicino di casa, il paesino confinante, la squadra di calcio, o la nazione); per evitare quindi che le masse, fuori controllo, creino il caos a livello sociale, ogni governante deve, consciamente o inconsciamente, trovare un nemico esterno e coalizzare le masse contro questo nemico.Di volta in volta quindi il nemico può essere l’Islam, il comunismo, i cattivi Stati dittatoriali che meritano di essere puniti (chissà poi perché si decide di punire Gheddafi, ad esempio, ma non la Cina, che pure quanto a dittatura non è seconda a nessuno per privazione dei diritti individuali), l’eresia, la crisi economica, il petrolio, la guerra al terrorismo. Ogni scusa è buona pur di conquistare qualcuno e qualcosa. Insomma, per riassumere, oggi abbiamo due modelli a confronto sullo scenario del mondo: il modello occidentale e quello cinese, entrambi con l’obiettivo di conquistare il mondo. La differenza tra i due modelli è che quello vincente è quello cinese, molto più dolce e persuasivo. Non cannoni, ma soldi. La questione però non è così semplice. Sopra questi due modelli, ci sono i vari gruppi finanziari, che sono al di sopra degli Stati e, attualmente, più potenti di essi, e non hanno alcun modello se non quello economico. Del resto anche la distinzione che noi abbiamo fatto tra due modelli, cinese e occidentale, è semplicistica e non risponde alla realtà. La verità è un po’ più complessa, perché i cambiamenti nella storia della Cina, che partono dalla Rivolta dei Boxer in poi, sono – guarda caso – stati fomentati anche dall’Occidente, che è sempre intervenuto pesantemente nelle questioni politiche ed economiche cinesi.Basti pensare che il primo presidente della Repubblica Cinese, Sun Yat-sen, divenne tale proprio dopo un viaggio negli Usa (guarda un po’ che caso). E basti ricordare che la Cina era, fino al 2019, il primo detentore di titoli del debito pubblico americano (attualmente è il Giappone). E, ovviamente, i veri detentori sono i gruppi finanziari, non gli Stati in se stessi. In altre parole, tra Cina e Occidente non è individuabile un confine netto, perché il gioco delle grandi potenze, in realtà, è diretto dall’alto, dall’élite finanziaria globale, con la differenza operativa, tra Cina e Occidente, che una gran parte delle finanze cinesi sono sotto il diretto controllo del governo, mentre da noi i governi (comprese le istituzioni europee) non contano assolutamente nulla, essendo le banche, con la Bce in primis, totalmente indipendenti dal controllo politico e governativo. Se la gran parte dei soldi cinesi è sotto il controllo del governo, una larga parte è in mano ai finanzieri cinesi fuoriusciti dal sistema cinese e arricchitisi grazie alla corruzione dilagante in Cina (non meno che da noi, ovviamente).Per capire la commistione di interessi tra Cina e Occidente, basti ricordare che il coronavirus è partito proprio da Wuhan, sede di un laboratorio per la ricerca sui virus, in cui lavoravano sia cinesi che americani che francesi, in un progetto costato 44 milioni di dollari, finanziato da varie organizzazioni anche americane, tra cui la fondazione di Bill Gates. Un intreccio inestricabile di interessi per cui suona ridicolo accusare i cinesi, o Bill Gates, o l’Oms, da qualunque parte provenga l’accusa. Il punto è che le guerre, oggi, ben difficilmente possono essere condotte contro i vari Stati, perché una vera guerra distruggerebbe il mondo conosciuto grazie alla potenza dei vari arsenali militari. Occorre quindi trovare nuovi nemici; la Corea appare abbastanza ridicola come pericolo per minacciare il mondo; al pericolo del terrorismo islamico che attenta alla sicurezza dell’Occidente con coltelli, o autobus lanciati contro la folla, prima o poi non crederà più nessuno. Per controllare le masse occorre quindi utilizzare altri mezzi, e instillare l’idea di pericoli del tutto diversi, rispetto a quelli che venivano paventati fino a qualche decennio fa.La situazione attuale nasce quindi dall’esigenza dell’élite finanziaria al potere di controllare le masse. Il nemico è il coronavirus, perché è l’unico modello che può essere accettato da larghe fasce della popolazione, e che accomuna tutti, cristiani, atei, islamici, cinesi. Il mezzo di controllo è l’instaurazione di uno Stato di polizia globale, l’abbassamento del numero della popolazione, e soprattutto l’instupidimento delle persone tramite i mezzi come il 5G e i vaccini (Steiner, ai primi del ’900, aveva previsto che i vaccini sarebbero stati utilizzati come arma di controllo globale). L’individuazione di un nemico globale, il virus, richiede soluzioni globali, al fine di ridisegnare la mappa economica e sociale del mondo. Non è uno scenario nuovo, quindi, quello che si sta profilando, rispetto al passato. La novità è solo la gestione globale e internazionale del potere, e lo scenario su cui si gioca la partita, che è, appunto, globale. La vera soluzione, ancora una volta, non sarà globale, ma individuale. In ogni epoca ci sono state persone che hanno combattuto la società in genere pagando le loro scelte con la vita o con il carcere. Si pensi a Martin Luther King, Nelson Mandela, Lu Xiaobo (Premio Nobel per la Pace per il suo impegno a favore dei diritti civili in Cina), Thomas Sankara (il presidente del Burkina Faso), e tanti altri, spesso sconsciuti alla storia.Coloro che sono riusciti a diffondere valori spirituali ad un certo livello sociale, coinvolgendo grandi numeri di persone, sono stati inevitabilmente eliminati dalla scena, come Gandhi o i grandi maestri spirituali dell’umanità (tutti morti avvelenati o assassinati, da Socrate e Pitagora, a Buddha e Maometto, per passare a Steiner, Yogananda, Osho). I maestri spirituali di tutti i tempi, in ogni caso, hanno capito che la vera guerra non è quella contro qualcuno, ma quella contro noi stessi, perché il mondo è sempre stato lo stesso, i meccanismi sono sempre uguali (cambiano solo le forme apparenti della sua manifestazione), e il mondo si può cambiare solo partendo dal cambiamento di noi stessi. Concludo con una frase di Lao Tzu, che viene proprio dalla saggezza cinese, come risposta a chi si domanda come bisogna agire per migliorare la situazione che stiamo vivendo: «Nella vita si dovrebbe agire adottando la semplice Via del Tao: non imponendo i propri desideri al mondo ma seguendo la natura stessa. Eliminando i desideri e lasciando che il Tao pervada l’uomo, si supererà anche la differenza tra buono e cattivo. Ogni attività verrà dal Tao e l’uomo diventerà uno col mondo. Questa è la soluzione di Lao Tzu al problema della felicità».(Paolo Franceschetti, “Obiettivo, la conquista del mondo: Cina e Occidente a confronto”, dal blog “Petali di Loto” del 16 maggio 2020).Se dovessimo sintetizzare ciò che accomuna tutti gli imperi nella storia dell’umanità, potremmo indicare questi punti fermi: la volontà di conquistare il mondo intero e una scusa per poterlo conquistare. Inoltre, chi voleva provare a conquistarlo, ha sempre avuto due problematiche da risolvere: la necessità di tenere sotto controllo una grande massa di persone (le masse, infatti, necessitano di essere controllate, altrimenti il caos e il disordine sociale sarebbe ingestibile); da qui scaturisce un’ulteriore esigenza: la necessità di avere un nemico per tenere unito un popolo, Stato, nazione, o altri gruppi sociali, o di dare uno scopo. L’Impero Romano, è noto, voleva conquistare tutto il mondo conosciuto; i Romani realizzarono uno dei più grandi imperi della storia. Il popolo veniva tenuto buono tramite il cosiddetto “panem et circenses” (valido ancora oggi con strumenti come il calcio, il baseball in Usa, la Tv, ecc.). Il nemico era costituito dai barbari che, in quanto esseri inferiori, potevano essere assoggettati. Alessandro Magno voleva voleva conquistare il mondo, e la scusa era quella di imporre ai territori conquistati la cultura avanzata e superiore dell’Antica Grecia (in realtà pare che conoscesse molto poco la cultura greca, e che fosse uno studente mediocre, allievo del grande Aristotele).
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Paludata, ufficiale, noiosa: e la storia è sparita dalla scuola
Tutti a lamentarsi che la storia è sparita nei programmi scolastici e negli esami di maturità. E tutti pronti a dire che siamo “prigionieri del presente” e del web, come dicono in tanti, da Liliana Segre a Giuseppe De Rita fino a Sergio Mattarella. Ma perché la storia è sparita dalle scuole, è colpa del governo in carica e della sua riforma? L’Italia viaggia ormai da anni tra l’amnesia, la nausea e la sazietà di storia. Eppure noi italiani avevamo tanti difetti, non siamo mai stati gran lettori, ma la passione storica ci coinvolgeva, eccitava perfino le tifoserie retrospettive. La storia era sangue e vita. C’erano riviste storiche assai diffuse, da “Historia” a “Storia Illustrata”, i settimanali d’opinione vendevano di più quando avevano in copertina personaggi e inchieste storiche (in particolare col duce). La storia divulgativa, sulla scia di Indro Montanelli, andava alla grande. La politica si richiamava alle provenienze storiche. Da qualche anno, invece, la memoria è passata dalla storia al moralismo, la storiografia si è ritirata in circuiti ristretti e il giudizio storico tocca ai tribunali che possono punire alcuni revisionismi ritenuti indecenti. La storia a scuola si è rimpicciolita, quasi ridotta all’età contemporanea, almeno dai tempi del ministro Luigi Berlinguer. La storia riappare nella sfera pubblica solo per revocare la toponomastica o cancellare le cittadinanze onorarie, per abbattere statue e monumenti non conformi allo spirito del presente. Non c’è più vita nel pianeta storia.Ma quali sono le radici storiche di questa perdita della memoria storica anche a scuola? Indicherei due cause prioritarie, intrecciate: una è l’americanizzazione sbarcata anche a scuola, che è la negazione della memoria storica e dello studio della storia; l’altra è l’onda lunga del ’68 che dichiarò guerra al passato, alla memoria e alla storia, vista solo come un cimitero di soprusi da cui liberarsi. I due fattori combinati hanno generato l’ossessione di attualizzare il passato e ridurlo ai precetti odierni. Col risultato di far nascere una storia Ogm, geneticamente modificata. Quella storia è oggi prevalente nelle scuole italiane, perché molti docenti sono osservanti del politically correct. A quei due fattori ne va aggiunto un altro: se Memoria si traduce solo con Olocausto, se la storia si riduce solo a Orrore e Male Assoluto, allora meglio rimuoverla, rifugiarsi nel presente, nella tecnologia o nell’economia. Se si parla di scomparsa della storia nei programmi scolastici e negli esami è dunque riduttivo prendersela col ministro in carica, Marco Bussetti, o col suo governo. Bisogna risalire ai presupposti “storici” che hanno reso ingombrante e molesta la storia, fino a cancellarla dagli orizzonti civili, didattici e culturali.Credo che qualche responsabilità l’abbia anche la “storiografia ufficiale” e accademica che vigila sul Canone e la sua osservanza, respinge il revisionismo e riconosce la ricerca solo se non smentisce il pre-giudizio dominante. Abbiamo dovuto aspettare gli storici divulgatori e giornalisti, come Giampaolo Pansa e Pino Aprile, e prima di loro Giorgio Pisanò, Arrigo Petacco e altri, per sapere qualcosa di più, finora non detto o non riconosciuto, sulla guerra partigiana e gli eccidi del dopoguerra, sulla storia d’Italia e la conquista del Sud; sulle foibe e sui regimi comunisti, su alcune biografie, sul caso Mattei o sulle pagine nere della nostra repubblica. La storiografia ufficiale si è distratta su troppi temi, non ha raccontato i lati in ombra, si è limitata a certificare e codificare la verità prestabilita. La storiografia ha responsabilità gravi se la coscienza storica è narcotizzata. Naturalmente non mancano storici rispettabili, studi e opere di spessore. C’è poi un altro aspetto che allontana dalla storia e riguarda il metodo e lo stile. Diceva Gioacchino Volpe, ispirandosi a Labriola, che la storia per essere credibile e appetibile, dev’essere “scienza del procedimento e arte della narrazione”, ovvero da un lato rigorosa ricerca che ricostruisce come sono andate effettivamente le cose e dall’altro capacità di raccontarle, di coinvolgere il lettore. Renzo De Felice, ad esempio, era dotato della prima ma non della seconda, come notava Montanelli (a cui forse si poteva rimproverare l’inverso, ma lui non pretendeva di scrivere testi scientifici). Volpe, che fu accademico ma in origine anche giornalista, anzi correttore di bozze, era dotato di ambedue. Così Rosario Romeo.Temo che oggi la “storiografia ufficiale”, con rispettabili eccezioni, faccia esattamente il contrario: la narrazione si fa paludata e noiosa, come un trattato scientifico, e il procedimento, cioè il metodo storico si fa artificioso, se non artefatto, perché sottomesso a omissis, pregiudizi ideologici e dogmi indiscutibili. Il risultato è un indigesto cumulo di ovvietà ma corredate da un sontuoso apparato di note. Tanto condimento per pietanze così scarse. A parziale consolazione della storia scomparsa, è ricomparsa l’educazione civica che torna nelle scuole in forma di “cittadinanza e Costituzione”. Bella cosa, sulla carta, ma col rischio che diventi l’ora del “politicamente corretto” in cui propagandare i temi del razzismo, l’accoglienza, l’antifascismo, l’omofobia e il sessismo. Il personale è già pronto per la missione. Preoccupa che l’ora di cittadinanza e Costituzione possa sostituire la conoscenza della storia e suggerire che la nostra storia cominci con la Costituzione, e la sua agiografia. Per rimediare a un errore, la cancellazione della storia, si rischia di farne un altro, la somministrazione del politically correct, il metadone ideologico dei nostri anni.(Marcello Veneziani, “Perché è scomparsa la storia?”, dal numero 11-2009 di “Panorama”; articolo ripreso sul blog di Veneziani).Tutti a lamentarsi che la storia è sparita nei programmi scolastici e negli esami di maturità. E tutti pronti a dire che siamo “prigionieri del presente” e del web, come dicono in tanti, da Liliana Segre a Giuseppe De Rita fino a Sergio Mattarella. Ma perché la storia è sparita dalle scuole, è colpa del governo in carica e della sua riforma? L’Italia viaggia ormai da anni tra l’amnesia, la nausea e la sazietà di storia. Eppure noi italiani avevamo tanti difetti, non siamo mai stati gran lettori, ma la passione storica ci coinvolgeva, eccitava perfino le tifoserie retrospettive. La storia era sangue e vita. C’erano riviste storiche assai diffuse, da “Historia” a “Storia Illustrata”, i settimanali d’opinione vendevano di più quando avevano in copertina personaggi e inchieste storiche (in particolare col duce). La storia divulgativa, sulla scia di Indro Montanelli, andava alla grande. La politica si richiamava alle provenienze storiche. Da qualche anno, invece, la memoria è passata dalla storia al moralismo, la storiografia si è ritirata in circuiti ristretti e il giudizio storico tocca ai tribunali che possono punire alcuni revisionismi ritenuti indecenti. La storia a scuola si è rimpicciolita, quasi ridotta all’età contemporanea, almeno dai tempi del ministro Luigi Berlinguer. La storia riappare nella sfera pubblica solo per revocare la toponomastica o cancellare le cittadinanze onorarie, per abbattere statue e monumenti non conformi allo spirito del presente. Non c’è più vita nel pianeta storia.
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Rosa Rossa: quei simboli svelano la verità indicibile su Moro
Da via Fani a via Caetani, passando per via Montalcini. Nomi e date, segni e simboli a cui pochissimi hanno fatto caso. Racconterebbero l’atroce “operazione Moro” – italiana e internazionale, politica e geopolitica – riletta secondo il codice segreto di un disegno meno evidente, ma forse decisivo: capace di cioè di “firmare”, in modo occulto, il sanguinoso sequestro e poi il calvario del presidente “eretico” della Dc, fino alla sua spietata uccisione. Messaggio: quell’assassinio è stato l’atto d’inizio di una nuova epoca di dominazione mondializzata. Ne parlò la giornalista Gabriella Carlizzi, indagatrice atipica e indipendente dei misteri italiani, così come Solange Manfredi, avvocato e saggista. Ne accenna lo storico Giuseppe De Lutiis nel libro “Il lato oscuro del potere” (Editori Riuniti). Ne parla diffusamente Sergio Flamigni nel romanzo “La tela del ragno” (Kaos). L’argomento lo sfiora lo stesso Giovanni Fasanella, autore di bestseller come “Il golpe inglese”, che nel recentissimo libro-indagine “Il puzzle Moro” (Chiarelettere) ricostruisce il ruolo di Londra nella strategia della tensione in Italia, mettendo anche l’accento sul Vaticano, dopo le dirompenti conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Giuseppe Fioroni: per il blitz di via Fani sarebbe stata usata una palazzina di via Massimi di proprietà dello Ior, la banca vaticana.
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Della Luna: tengono in vita l’Italia solo per finire di svuotarla
Il re è nudo ma niente succede. I numerosi scandali e, ultimamente, la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, hanno messo a nudo la realtà della politica e della burocrazia, le sistematiche e trasversali ruberie del regime, la sua strutturale illegalità di funzionamento – e niente succede, la società accetta tutto passivamente. Così come fa la “giustizia”, il popolo non reagisce, accetta ingiustizia e illegalità. Sempre più subisce e non agisce. L’esperienza gli ha insegnato che votare e manifestare è improduttivo. Una ribellione popolare contro il marcio regime è impossibile: il popolo italiano è vecchio e sfiduciato, anche in se stesso, e senza fiducia in se stesso un popolo non organizza una ribellione. E il voto non consente di cambiare, come si dirà. I banksters saccheggiano impuniti il risparmio, mentre autorità di controllo giudiziarie e amministrative chiudono un occhio o due e non agiscono nemmeno dopo il fatto. Il governo, con dentro parenti e amici dei banchieri, li copre e scarica sulla società civile i danni dei loro abusi. Grillo ruggiva dichiarando che il suo movimento avrebbe aperto i palazzi del potere come scatolette di sardine per mettere alla luce del giorno tutte le illegalità, come se ciò potesse suscitare reazioni tali da riformare il sistema. Ma non è così: il sistema continua come prima, e la gente subisce passivamente.E perché stupirsi? La legalità è l’interesse più diffuso, dunque il più disperso, il più debole, quindi il più perdente. E’ un interesse impotente a difendere se stesso. Il popolo è bue perché è popolo, non per altra ragione. Per contro, gli interessi concentrati, dei pochi contro i molti, soprattutto se illeciti e nascosti, sono anche poteri forti, e hanno buon gioco a comprare chi gli serve e a mettere nei posti giusti i loro fiduciari. Gli esponenti del regime italiano vantano oggi una ripresa economica, sia pur da fanalino di coda, ma non dicono che le previsioni per i prossimi 25 anni mostrano il sistema-paese Italia in costante perdita di produttività-competitività rispetto agli altri paesi comunitari e Ocse. Il che comporta che, per competere sui costi di produzione, si dovrà continuare a tagliare i salari reali, i diritti dei lavoratori, le pensioni, gli investimenti, e che in prospettiva l’Italia è spacciata, perché già da 25 anni sta perdendo in produttività comparata, e 50 anni così implicano che il paese non è più vitale. Spacciata, anche perché il governo deve perseguire una politica di saldi primari attivi (cioè togliere con le tasse dalla società più denaro di quanto riversa in essa, nonostante che la società sia in grave carenza di denaro).Altro che virtuosità, risanamento, ripresa: tutto deve andare ai banchieri che prestano i soldi, compresa la proprietà delle aziende. Senza investimenti strategici non vi è recupero di produttività, non vi è fine del declino. Ciò accelererà la fuga di capitali, imprenditori, lavoratori qualificati e cervelli. Questo destino fallimentare è connaturato all’Italia unitaria, a questo Stato voluto e creato dall’estero per servire ed essere sfruttato da potenze straniere, come spiegato in precedenti articoli. Uno Stato sbagliato per composizione, che è stata fatta accozzando nazioni preunitarie troppo diverse tra loro e che perciò non hanno mai legato ma hanno generato una governance parassitaria e incompetente, che sa solo arricchirsi rubando sui trasferimenti dalle aree efficienti a quelle inefficienti, e in generale sulle risorse pubbliche e private. Uno Stato vassallo, in cui la politica è decisa dall’estero e alla classe politica interna, come unico spazio di azione, rimane la competizione-lottizzazione nel saccheggio del cittadino e della spesa pubblica. Non potendo procurarsi consensi con le buone politiche nell’interesse nazionale, i nostri politicanti se li procurano distribuendo privilegi clientelari. Questo è il modo di produzione della legittimazione elettorale in Italia.I potentati stranieri dominanti sostengono e legittimano quelle forze politiche e burocratiche italiane che meglio servono i loro interessi a spese degli italiani (fino a mandare eserciti italiani a combattere servilmente guerre americane e francesi contro gli interessi italiani), consentendo loro in cambio di continuare i loro traffici con piccole banche, appalti truccati. E’ grazie a siffatti rapporti con la partitocrazia e la burocrazia italiane che potentati stranieri hanno acquisito il controllo di (quasi) tutte le imprese di punta e strategiche italiane, nonché della Banca d’Italia e del sistema creditizio. E’ così che il governo ha regolarmente sottoscritto, sotto ricatto di rating, contratti finanziari scientemente rovinosi a vantaggio delle controparti dominanti come Morgan Stanley, con perdite per decine di miliardi – vedasi il commento dell’onorevolele Brunetta all’audizione della dottoressa Cannata in commissione banche, audizione che si è cercato di mettere in ombra col polverone sulle dichiarazioni del presidente di Consob Giuseppe Vegas alla medesima commissione sul caso Etruria-Boschi, tacendo sul ministro e sugli alti dirigenti del Tesoro che sono poi passati a Morgan Stanley.Un simile Stato, come apparato, non può vivere se non attraverso una corruzione sistemica, quindi intessuta nelle istituzioni anche di controllo (le campagne di lotta contro la corruzione, ovviamente, sono una presa per i fondelli). I suoi partiti politici sono galassie di comitati di affari dediti ad operazioni illecite o quantomeno scorrette. Le rispettive segreterie fanno da organo di coordinamento tra tali comitati, e di ricezione delle richieste di interessi stranieri (talvolta anche nazionali) dominanti. Che forza avrebbero i partiti di potere se non gestissero (clientelarmente) appalti, crediti, assunzioni, licenze? Nessuna. I partiti che si staccano da quelli di potere per perseguire ideali sociali e di giustizia, sistematicamente, si spengono; non sono vitali, sebbene abbiano talora ottime idee e grande onestà, proprio perché non si portano dietro alcuna fetta di spesa pubblica, alcuna risorsa clientelare. Laddove vi sono seri interessi in gioco, le leggi, anche dagli organi di controllo e giustizia, sono osservate solo marginalmente, soprattutto per mantenere una minima facciata di legittimità agli occhi della gente comune.In realtà, vi è una netta divisione tra chi è soggetto alla legge e chi sta sopra di essa e la usa sugli altri per schiacciarli e spremerli. Il potere pubblico è inteso come proprietà privata, come diritto di passare sopra le regole e di togliere diritti agli altri, cioè di derogare alla legalità. Adesso, in campagna elettorale, è inevitabile che i partiti millantino, ciascuno, di avere la capacità e la volontà di salvare il paese e di combattere la corruzione. Lo afferma quella (pseudo) sinistra che è stata l’esecutore più attivo e fedele degli interessi stranieri, che più ha collaborato nel sottomettere ad essi tutto il paese, nello spremerlo per arricchire gli squali della finanza predona, nel sabotare l’economia e l’ordine pubblico, nell’imporre un pensiero e un linguaggio unico che impedissero persino di descrivere ciò che essa stava e sta perpetrando. Poi abbiamo un Berlusconi, proprietario del principale partito del centrodestra, che ha sempre usato i voti di chi gli dava fiducia per sostenere la linea della (pseudo) sinistra e della Germania, persino il rovinoso governo Monti, al fine di difendere i propri interessi aziendali e processuali – un Berlusconi da sempre condizionabile mediante attacchi giudiziari che scattano quando serve.Abbiamo una Lega con analisi e propositi condivisibili, la quale un tempo era indipendentista e ora non lo è più, almeno nelle dichiarazioni, e si propone come tutrice degli interessi nazionali pan-italiani entro un’Ue e un euro in cui vuole rimanere. Purtroppo, sino ad ora, su scala nazionale, la Lega ha realizzato niente o quasi dei suoi programmi, pur essendo stata a lungo al governo. Abbiamo infine una M5S che conta numerosi esponenti validi, coraggiosi e liberamente agenti, ma i cui titolari – quelli che enunciano che “uno vale uno” – non si sa che mete abbiano e che interessi incarnino, anche se appaiono significativi legami con gli Usa. Abbiamo infine una nuova, furbesca legge elettorale, che lascia nelle mani delle segreterie (negandole agli elettori) non solo la scelta dei parlamentari, ma anche la decisione sul nuovo governo: una legge tipicamente partitocratica. No, signori miei, non illudetevi: il processo di disfacimento e la parassitosi maligna interna ed esterna continueranno più saldamente che mai, con la Bce che sosterrà il debito pubblico, differendo il collasso, per consentire di portare a compimento il piano di trasferimento delle risorse del paese. Niente cambierà con le prossime elezioni. L’unico cambiamento possibile e concreto lo realizza chi emigra.(Marco Della Luna, Il Re è nudo ma niente succede, dal blog di Della Luna del 17 dicembre 2017).Il re è nudo ma niente succede. I numerosi scandali e, ultimamente, la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, hanno messo a nudo la realtà della politica e della burocrazia, le sistematiche e trasversali ruberie del regime, la sua strutturale illegalità di funzionamento – e niente succede, la società accetta tutto passivamente. Così come fa la “giustizia”, il popolo non reagisce, accetta ingiustizia e illegalità. Sempre più subisce e non agisce. L’esperienza gli ha insegnato che votare e manifestare è improduttivo. Una ribellione popolare contro il marcio regime è impossibile: il popolo italiano è vecchio e sfiduciato, anche in se stesso, e senza fiducia in se stesso un popolo non organizza una ribellione. E il voto non consente di cambiare, come si dirà. I banksters saccheggiano impuniti il risparmio, mentre autorità di controllo giudiziarie e amministrative chiudono un occhio o due e non agiscono nemmeno dopo il fatto. Il governo, con dentro parenti e amici dei banchieri, li copre e scarica sulla società civile i danni dei loro abusi. Grillo ruggiva dichiarando che il suo movimento avrebbe aperto i palazzi del potere come scatolette di sardine per mettere alla luce del giorno tutte le illegalità, come se ciò potesse suscitare reazioni tali da riformare il sistema. Ma non è così: il sistema continua come prima, e la gente subisce passivamente.
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L’Isis in Kosovo, come volevano gli Usa (complice l’Italia)
Adesso si scopre che in Kosovo (come in Bosnia e in Albania) c’è una forte presenza jihadista. Ma guarda, chi avrebbe mai potuto immaginarselo? Come sempre, come per l’Afghanistan, la Somalia, la Libia e l’Egitto, si dimentica il pregresso, lo si sottace pudicamente o, nella migliore delle ipotesi, si sorvola. Chi nel 1999, senza il consenso dell’Onu, anzi contro la sua volontà, aggredì la Serbia ortodossa guidata da Slobodan Milosevic? Gli americani. Che c’entravano gli americani? Niente. Si trattava di una questione interna allo Stato serbo, dove si trovavano a confronto due ragioni: quella dei kosovari albanesi che nei decenni precedenti erano diventati maggioranza e avevano creato un movimento indipendentista (peraltro foraggiato e armato dagli Usa e che, come ogni resistenza, non disdegnava l’uso del terrorismo) e quella della Serbia a mantenere l’integrità dei propri confini e un territorio storicamente suo da secoli. Oltretutto il Kosovo, dopo la battaglia di Kosovo Polje del 1389, era considerato “la culla della patria serba”.Una terra non appartiene solo a chi la abita in quel momento, ma è anche frutto delle generazioni che l’hanno vissuta e lavorata in precedenza facendone ciò che è. Era quindi una questione che indipendentisti kosovari e Serbia avrebbero dovuto risolversi fra loro. Che c’entravano gli Usa che stanno a 10mila chilometri di distanza? Ma siccome essi hanno interessi geopolitici dappertutto, anche sul più sperduto atollo, convocarono sotto la loro guida una Conferenza di pace a Rambouillet. Le condizioni poste alla Serbia (molto invisa anche perché era rimasto l’ultimo paese paracomunista in Europa) erano tali che Belgrado non avrebbe dovuto rinunciare solo alla sovranità sul Kosovo, ma anche su se stessa. E i serbi, già defraudati della vittoria conquistata sul campo di battaglia in Bosnia (perché, sul terreno, sono i migliori combattenti del mondo e si deve alla loro resistenza alla Wermacht quel ritardo di tre mesi che fu fatale a Hitler, perché ritardò il suo attacco all’Urss e così le truppe di Von Paulus si scontrarono col Generale Inverno che aveva già sconfitto Napoleone – questo merito storico bisognerebbe riconoscerglielo, qualche volta) dissero di no.Allora gli americani, con alcuni servi fedeli fra cui l’Italia (gli aerei partivano da Aviano), violando il principio del diritto internazionale – fino ad allora mai messo in discussione – della non ingerenza militare negli affari interni di uno Stato sovrano (e con questo precedente è ora difficile bacchettare la Russia perché si è intromessa in Ucraina a difesa degli indipendentisti russi di Crimea e di altre zone russofone), bombardarono per 72 giorni una grande e colta capitale europea come Belgrado facendo 5500 morti, fra cui molti di quegli albanesi che pretendevano di difendere. E, poiché da sempre bombardano “’ndo cojo cojo”, colpirono anche l’ambasciata cinese. Princìpi a parte, abbiamo finito per favorire la componente islamica dei Balcani, quella che oggi provoca le isterie Fallaci-style.Gli Usa però almeno un piano ce l’avevano: costituire una striscia di musulmanesimo moderato (Albania + Bosnia + Kosovo) in appoggio a quella che allora (oggi molto meno) era la loro grande alleata nella regione, la Turchia. Ma sbagliarono anche quella volta i calcoli: oggi i musulmani dei Balcani sono assai meno moderati, molti stingono nello jihadismo e la Turchia sta via via abbandonando l’assetto laico di Ataturk per un regime sempre più confessionale. Ma particolarmente stolida fu la partecipazione dell’Italia a quell’aggressione. Perché noi con i serbi non abbiamo mai avuto alcun contenzioso (l’abbiamo avuto semmai con i croati che fascisti erano e fascisti sono rimasti). Abbiamo anzi un legame storico che risale ai primi del Novecento. A quell’epoca si pubblicava a Belgrado un quotidiano che si chiamava Piemonte, perché i serbi vedevano nell’Unità d’Italia un modello per raggiungere la loro. Inoltre il ‘gendarme’ Milosevic, checché se ne sia detto e scritto, era, almeno dopo la pace di Dayton, un fattore di stabilizzazione nei Balcani. Ridotta ora la Serbia ai minimi termini, in Kosovo, Bosnia, Macedonia, Montenegro e Albania sono concresciute grandi organizzazioni criminali che vanno a concludere i loro primi affari sporchi nel paese ricco più vicino, l’Italia.Quando a “Ballarò”, presente Massimo D’Alema, dissi che la guerra alla Serbia oltre che illegittima era stata cogliona, l’ex premier – che guidava il governo all’epoca dell’intervento non fiatò. Ma io a “Ballarò” non ci ho più rimesso piede. Ma l’avventurismo yankee nei Balcani ci ha lasciato un altro regalo, il più gravido di conseguenze: ora, per i contraccolpi dell’aggressione alla Serbia del ‘99, gli uomini del Califfo li abbiamo sull’uscio di casa, mentre gli Usa se ne possono fregare perché c’è l’oceano di mezzo. Eppoi almeno qualcosa hanno ottenuto: oggi in Kosovo c’è la loro più grande base militare. Non è poco visto che, in giro per il mondo, ne hanno una settantina.(Massimo Fini, “Il Califfo in Kosovo, grazie a Usa e Italia”, da “Il Fatto Quotidiano” del 18 febbraio 2016).Adesso si scopre che in Kosovo (come in Bosnia e in Albania) c’è una forte presenza jihadista. Ma guarda, chi avrebbe mai potuto immaginarselo? Come sempre, come per l’Afghanistan, la Somalia, la Libia e l’Egitto, si dimentica il pregresso, lo si sottace pudicamente o, nella migliore delle ipotesi, si sorvola. Chi nel 1999, senza il consenso dell’Onu, anzi contro la sua volontà, aggredì la Serbia ortodossa guidata da Slobodan Milosevic? Gli americani. Che c’entravano gli americani? Niente. Si trattava di una questione interna allo Stato serbo, dove si trovavano a confronto due ragioni: quella dei kosovari albanesi che nei decenni precedenti erano diventati maggioranza e avevano creato un movimento indipendentista (peraltro foraggiato e armato dagli Usa e che, come ogni resistenza, non disdegnava l’uso del terrorismo) e quella della Serbia a mantenere l’integrità dei propri confini e un territorio storicamente suo da secoli. Oltretutto il Kosovo, dopo la battaglia di Kosovo Polje del 1389, era considerato “la culla della patria serba”.
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Giannuli: non credo al Grande Complotto, fuori le prove
Cari complottisti, non esagerate: la «implausibiltà» delle vostre tesi è spesso così clamorosa da costituire il miglior regalo al potere che, «attraverso i suoi manutengoli nei mass media», potrà agevolmente provvedere a «ridicolizzare ogni tentativo di mettere in discussione le “verità ufficiali”». Storico e politologo, esperto di servizi segreti e trame oscure, il professor Aldo Giannuli avverte il bisogno di mettere in guardia dall’eccesso di dietrologia i lettori del suo blog. Il web è inondato da milioni di informazioni su piste scomode, che il mainstream silenzia accuratamente? Non importa: per Giannuli il problema è la proliferazione incontrollata di tesi non dimostrate. La definisce «una moda», evidentemente preoccupante visto che in Italia «miete molti consensi a sinistra o in ambienti come quello dei 5 Stelle, degli ex “Italia dei Valori”, lettori del “Fatto” e del “Manifesto”». La colpa? E’ dell’attuale «processo di spoliticizzazione di massa», che secondo Giannuli «apre spazio ad un immaginario para-magico sostitutivo delle categorie politiche di analisi».Eppure, annota il docente dell’ateneo milanese, il «paradigma “complottista”» nasce in ambienti di destra nel XIX secolo, «avendo a bersaglio fisso massoni ed ebrei», in diversi casi accomunati in un’unica congiura. «E’ il mondo cattolico – scrive Giannuli – il primo ventre fecondo di questo indirizzo, che vede la modernità stessa come il frutto della congiura diabolica dei massoni: dalla Rivoluzione Francese all’Unità d’Italia, dall’industrialismo allo sviluppo del capitale finanziario, dal modernismo alla rivoluzione sessuale è tutto il prodotto di essa». Non è difficile, in questo, scorgere l’eredità della Santa Inquisizione, «che spiegava eresie e rivolte con l’intervento del Maligno attraverso infedeli (ebrei in testa), streghe e indemoniati: il “Malleus maleficarum” è un testo di rara chiarezza a questo proposito». A questo filone principale, continua Giannuli, si aggiunse in seguito l’antisemitismo di destra, alimentato dai falsi della polizia politica zarista (i “Protocolli dei Savi di Sion”), poi sfociato nel nazismo. «La crisi del 1929 offrì una formidabile occasione per l’antisemitismo», e infatti si scaricò la catastrofe «sulle spalle della congiura finanziaria ebraica».Infine, ad alimentare e modernizzare l’immaginario complottista, giunse la crescita dello spionaggio dalla Prima Guerra Mondiale in poi: «L’ossessione della spia in agguato crebbe per tutti i decenni centrali del secolo scorso, producendo un genere letterario e cinematografico che contribuì non poco a socializzare le masse a questa “cultura del sospetto”». Secondo Giannuli, «il paradigma complottista è stato preparato in cucine di destra (cattolicesimo tradizionale, antisemitismo nazista, servizi segreti e derivazioni letterarie)», mentre poi «a “sdoganarlo” a sinistra fu lo stalinismo con le sue ossessioni e la sua caccia alle streghe trotzkjiste (manco a dirlo: ebrei anche quelli, come il loro capo)». Finita la guerra, scese in campo la “controinformazione”, con la missione di rompere il silenzio omertoso attorno al potere, partendo dall’analisi critica delle apparenze: «Spesso le apparenze ingannano, soprattutto nei casi più oscuri e drammatici come stragi, assassinii politici, colpi di Stato o scandali finanziari, per cui occorre indagare con spirito critico». E’ quello che si dovrebbe fare sempre, per esempio «su un “suicidio” dietro il quale si nasconde un omicidio». Il punto è, soprattutto nei casi “politici”, «la polizia non è una parte fuori del conflitto, ma un personaggio in commedia, che spesso falsifica, omette, depista, confonde le acque».Nei casi politici, la ricerca del movente politico è un pezzo decisivo dell’indagine. Ma la riflessione critica – secondo la scuola della controinformazione – deve sempre muoversi sul filo della razionalità. «Il fatto che una versione ufficiale “non quadri” logicamente, non significa che si possano dipingere gli scenari più fantasiosi e intimamente incoerenti». Quindi, primo passo: «Una versione falsificata dice solo che le cose non possono essere andate nel modo in cui essa le racconta, ma non ci dice ancora come è andata davvero». In secondo luogo, «l’apparenza va processata logicamente, non rimossa». Se emergono aspetti dubbi, incoerenti o anche spudoratamente falsi, questo «non autorizza a mettere da parte tutto il resto come falso e incoerente: ogni singolo aspetto di quel che ci appare va accolto come vero sino a prova contraria. Si può accettarlo “con beneficio di inventario” ma bisogna comunque accettarlo, perché ci si priverebbe degli elementi su cui lavorare». Infine, occorre distinguere sempre fra prove e indizi, certezze e semplici ipotesi. «L’importante è che la spiegazione “certa” (ovviamente “certa” solo sino a prova contraria che dimostri l’errore) non nasca troppo presto. E qui c’è l’errore classico dei dilettanti: prima formulare la ricostruzione d’insieme e dopo andare cercando prove e indizi a sostegno».A Giannuli non piace che si evochi – o si denunci – l’esistenza di «un vertice mondiale che tutto dirige e regola». Obiezione: «Se ci fosse questa “cupola mondiale” si dovrebbe registrare un quadro mondiale sostanzialmente aconflittuale o al massimo con limitatissimi conflitti periferici, mentre la nostra conoscenza ci indica un mondo attraversato da crescenti conflitti tutt’altro che periferici e una sostanziale assenza di ordine internazionale». Secondo quello che Giannuli definisce teorema “complottista pregiudiziale”, le crisi finanziarie non sono altro che fenomeni intenzionalmente manovrati per impoverire chi è già povero a spese dell’élite. «Può anche darsi che le cose stiano così, ma spetta a chi fa queste affermazioni produrre le prove a sostegno», replica il professore. «Ad esempio: constatare che la crisi ha lasciato come sedimento (almeno sinora) un aumento delle diseguaglianze, con ricchi ancor più ricchi e poveri sempre più poveri, non basta a dimostrare che quell’esito sia stato cercato sin dall’inizio e la crisi appositamente provocata, perché esso potrebbe essere stato solo il prodotto oggettivo, ma non prevedibile, di un processo innescato da altri fattori».Il guaio è che il “complottista pregiudiziale”, per Giannuli, «non avverte normalmente questa esigenza di rigore analitico», perché «obbedisce prima di tutto a uno stato d’animo, l’ansia per i pericoli da cui si sente minacciato, l’angoscia per la sua impotenza di fronte ad un mondo ostile e buio». Il professore si esprime con durezza: «La stupidità è sempre nemica dell’intelligenza e serva del potere», sentenzia. Trascurando il fatto – non proprio irrilevante – che se oggi il dibattito sulle “vere cause” della grande crisi appassiona milioni di persone, lo si deve essenzialmente a tanti “complottisi”, regolarmente denigrati, certamente spaventati da un mondo sempre più spietato e incomprensibile, ma soprattutto scandalizzati dal silenzio assordante del mainstream mediatico, televisivo, editoriale, accademico, politico, sindacale. La grande crisi sta facendo a pezzi l’Europa e quel che resta della pace del mondo. Chi doveva fornire spiegazioni, non l’ha fatto. Se non altro, i “complottisti” ci provano. L’alternativa è il silenzio sordo di un establishment marmoreo, muto anche di fronte alle denunce più serie e circostanziate.Cari complottisti, non esagerate: la «implausibiltà» delle vostre tesi è spesso così clamorosa da costituire il miglior regalo al potere che, «attraverso i suoi manutengoli nei mass media», potrà agevolmente provvedere a «ridicolizzare ogni tentativo di mettere in discussione le “verità ufficiali”». Storico e politologo, esperto di servizi segreti e trame oscure, il professor Aldo Giannuli avverte il bisogno di mettere in guardia dall’eccesso di dietrologia i lettori del suo blog. Il web è inondato da milioni di informazioni su piste scomode, che il mainstream silenzia accuratamente? Non importa: per Giannuli il problema è la proliferazione incontrollata di tesi non dimostrate. La definisce «una moda», evidentemente preoccupante visto che in Italia «miete molti consensi a sinistra o in ambienti come quello dei 5 Stelle, degli ex “Italia dei Valori”, lettori del “Fatto” e del “Manifesto”». La colpa? E’ dell’attuale «processo di spoliticizzazione di massa», che secondo Giannuli «apre spazio ad un immaginario para-magico sostitutivo delle categorie politiche di analisi».