Archivio del Tag ‘VaffaDay’
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Bagnai: il grillismo è una religione, funzionale al potere Ue
Elaborare il lutto, dopo aver scoperto di aver votato ancora una volta per il partito sbagliato? Impossibile, purtroppo: non ce la faranno, ad ammettere l’errore. Lo sostiene l’economista Alberto Bagnai, a proposito della delusione che starebbe invadendo milioni di elettori del Movimento 5 Stelle, inizialmente entusiasti del giustizialismo moralista grillino. «Quella dei 5 Stelle è una religione», dichiara Bagnai, a colloquio con Claudio Messora su “ByoBlu”. Ammette Bagnai: «Io stesso scelsi i 5 Stelle, nel 2013, ma in modo strumentale: volevo votare contro Bersani, specie dopo l’appello pubblico di Eugenio Scalfari che chiedeva di boicottare Grillo». Autocritico, l’economista di “Goofynomics”, anche sul sistema elettorale maggioritario: «All’epoca votai a favore, ma oggi me ne pento e anzi me ne vergogno: anziché l’alternanza destra-sinistra, il maggioritario ci ha offerto solo una scelta tra due destre, e soprattutto ci costringe a poter votare solo “contro”», cioè a scegliere il (presunto) meno peggio, come appunto il Movimento 5 Stelle alle politiche del 2013, quelle “non vinte” dal Pd bersaniano. Salvo poi verificare che i grillini non hanno fatto assolutamente nulla, a parte canalizzare il dissenso, addormentandolo su binari innocui per il grande potere finanziario.«Intendiamoci, so benissimo che tra i 5 Stelle esistono persone ottime, e anche politici che hanno cercato onestamente di darsi da fare», puntualizza Bagnai, che è tra gli economisti italiani che guidano con decisione il fronte anti-euro. Ma la sua analisi politica è netta: scagliandosi contro un bersaglio apparente ed economicamente irrilevante, “la casta”, cioè la politica tout-court e quindi lo Stato, i grillini – secondo Bagnai, docente universitario di economia della globalizzazione – non hanno fatto altro che assecondare i dogmi-cardine del neoliberismo oligarchico, il cui avversario potenziale è appunto lo Stato, se “impugnato” come strumento democratico contro i poteri forti. I 5 Stelle (in altri tempi molto vociferi su temi come la medicina alternativa) non hanno battuto ciglio di fronte alla mostruosa campagna sui vaccini obbligatori promossa dal governo Gentiloni attraverso Beatrice Lorenzin. Ma Bagnai sottolinea soprattutto la farsa tragicomica dei 5 Stelle a Strasburgo, con il tentativo (poi anche pateticamente abortito) di traslocare tra i “falchi” pro-euro dell’Alde, il gruppo centrista ultra-europeista in cui è rappresentato Mario Monti.Grillo ha gettato la maschera? Quand’anche, il popolo dei VaffaDay non lo ammetterà facilmente, sostiene Bagnai. «In realtà – dichiara il professore – il grillismo è una religione, che predica l’odio contro lo Stato». E da una religione non è facile smarcarsi, con l’abiura. «Stessa musica per gli esponenti di Sinistra Italiana: capiscono perfettamente che razza di trappola sia l’euro, ma – avendo sostenuto per anni l’euro-sistema, non hanno il coraggio di ammettere apertamente il loro errore». La riflessione offerta su “ByoBlu”, peraltro datata, fotografa comunque in modo mestissimo lo scenario politico italiano: di fatto (forse, con la sola eccezione della Lega di Salvini) l’offerta non offre nessuna vera alternativa alla completa sudditanza rispetto al potere di Bruxelles, che ha creato deliberatamente la crisi nella quale l’Italia si sta dibattendo da anni. I grillini? Da dividere in due: una base quasi fanatizzata “religiosamente”, disponibile a migliorare l’Italia ma frenata da un vertice che ha rivelato la vera natura di “gatekeeper” del movimento, semplice camera di sfogo della rabbia sociale, ben attento a non disturbare mai il manovratore, sulle cose che contano. Ma la disillusione – l’amara ammissione dell’equivoco – costerà dolore e richiederà tempo, dice Bagnai: per questo, ancora per un po’, l’inutile Movimento 5 Stelle ingombrerà la scena politica italiana.Elaborare il lutto, dopo aver scoperto di aver votato ancora una volta per il partito sbagliato? Impossibile, purtroppo: non ce la faranno, ad ammettere l’errore. Lo sostiene l’economista Alberto Bagnai, a proposito della delusione che starebbe invadendo milioni di elettori del Movimento 5 Stelle, inizialmente entusiasti del giustizialismo moralista grillino. «Quella dei 5 Stelle è una religione», dichiara Bagnai, a colloquio con Claudio Messora su “ByoBlu”. Ammette Bagnai: «Io stesso scelsi i 5 Stelle, nel 2013, ma in modo strumentale: volevo votare contro Bersani, specie dopo l’appello pubblico di Eugenio Scalfari che chiedeva di boicottare Grillo». Autocritico, l’economista di “Goofynomics”, anche sul sistema elettorale maggioritario: «All’epoca votai a favore, ma oggi me ne pento e anzi me ne vergogno: anziché l’alternanza destra-sinistra, il maggioritario ci ha offerto solo una scelta tra due destre, e soprattutto ci costringe a poter votare solo “contro”», cioè a scegliere il (presunto) meno peggio, come appunto il Movimento 5 Stelle alle politiche del 2013, quelle “non vinte” dal Pd bersaniano. Salvo poi verificare che i grillini non hanno fatto assolutamente nulla, a parte canalizzare il dissenso, addormentandolo su binari innocui per il grande potere finanziario.
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Dietro la maschera, la piccola Italia (padronale) di Di Maio
La doppia investitura di Luigi Di Maio quale leader e candidato premier dei Cinquestelle dovrebbe favorire la compiuta definizione del profilo ideologico del Movimento. Naturalmente, sempre che il farsi da parte del guru fondatore Grillo non sia, come già altre volte, una gag; quanto la presa d’atto che la politica è materia troppo aggrovigliata per un banalizzatore che affronta a battute ogni questione. Eccoci dunque alla consacrazione di vertice del giovanotto plastificato, una sorta di Barbie al maschile della politica nostrana, che già più volte ha rivelato la propria dipendenza da una cultura pre-moderna, bagno di coltura per modelli di rappresentazione retrogradi tendenti al reazionario nostalgico. Se, nella fase magmatica dopo il primo Vaffa bolognese 2007, nel grillismo confluivano molte anime unificate dall’indignazione (Sinistra rosso antico, Destra anti-sistema, ambientalismo, sanculottismo ribellista e sanfedismo rurale), sicché era opportuno coltivare vaghezze identitarie per ragioni di marketing politico, ora sembra giunto il momento di gettare la maschera. Grazie al giovane emergente/emerso dal milieu profondo Sud. Perfettamente sintonico con la cultura ForzaLega incistata nel milieu della Milano berlusconizzata, da cui proviene l’uomo realmente “forte” nella cabina di regia pentastellata: il consulente aziendale soft Davide Casaleggio.Ma che Di Maio sia un destrorso in proprio lo dimostra già la scelta dei consulenti: un po’ di politologi NeoLib della Luiss, suggeritori del posizionamento ottimale nel bacino del revival destrorso più oscurantista (da qui la scelta avversa allo jus soli e contro le nozze omosessuali; toni insolitamente trucidi in bocca a un perbenino, tipo la definizione di “taxi del mare” per le Ong), soprattutto l’incarico per un paper sul tema del lavoro affidato al sociologo de La Sapienza Mimmo De Masi (pare per la modica cifra di 50mila euro). E De Masi, magari cazzeggiando in un caffè vista mare di Ravello, celebra da una vita l’ozio inteso come il massimo della civiltà post-industriale; alla faccia di torme crescenti di inoccupati e precarizzati, che non sanno come quadrare i conti già dalla seconda settimana del mese. Ma questo approccio tanto piace al giovane Cinquestelle, proprio per le fisime subliminali evocate: il modello latifondistico-fancazzista da baroni meridionali; quelli che si facevano crescere l’unghia del mignolo, come i mandarini confuciani, per esplicitare la loro assoluta estraneità a qualsivoglia attività manuale.Quella manualità su cui si è costruita la cultura operaia, che pone al centro della propria visione del mondo il lavoro come riscatto. Ma che terrorizza i ceti premoderni della rendita e del parassitismo; propugnatori di istanze che hanno alimentato tutte le insorgenze reazionarie del passato, prossimo e remoto. Sempre combattendo il lavoro organizzato. E – quindi – la cultura della modernità. Affidandosi a leader incolti, come il nostro fuori corso arrembante. Che non solo confonde Venezuela con Cile o ignora chi sia un maestro quale Luciano Gallino. Peggio, identifica il reddito di cittadinanza in qualcosa di analogo al New Deal. Per cui un paracadute contro la miseria diventerebbe un improbabile investimento riproduttivo di sviluppo che si auto-alimenta. E quando parla di finanziare le attività economiche non sa distinguere l’impresa innovativa dall’azienducola interstiziale.Quello che conta sono le dimensioni micro, nella permanente avversione verso il lavoro organizzato. Lo spauracchio di padroni e padroncini che accomuna un altro golden boy della nostra politica: il ministro Calenda, il cui curriculum professionale si riduce al ruolo d’assistente alla corte di quell’uomo del fare, quel risanatore d’aziende del Cordero Di Montezemolo. Perché stupirsi se con la fanfaluca ministeriale dell’impresa 4.0, quella che espelle lavoratori investendo in robotizzazione, ci troviamo in presenza di una (modesta) ripresa senza nuova occupazione. Con questi giovanotti da aperitivo spritz h24, presunti rifondatori, il mondo operoso se ne va a ramengo. Per un vecchio liberale gobettiano, che in giovinezza propugnava il progetto “alleanza dei produttori”, il messaggio è oltremodo deprimente.(Pierfranco Pellizzetti, “Di Maio leader, il M5S getta la maschera”, da “Micromega” del 19 settembre 2017).La doppia investitura di Luigi Di Maio quale leader e candidato premier dei Cinquestelle dovrebbe favorire la compiuta definizione del profilo ideologico del Movimento. Naturalmente, sempre che il farsi da parte del guru fondatore Grillo non sia, come già altre volte, una gag; quanto la presa d’atto che la politica è materia troppo aggrovigliata per un banalizzatore che affronta a battute ogni questione. Eccoci dunque alla consacrazione di vertice del giovanotto plastificato, una sorta di Barbie al maschile della politica nostrana, che già più volte ha rivelato la propria dipendenza da una cultura pre-moderna, bagno di coltura per modelli di rappresentazione retrogradi tendenti al reazionario nostalgico. Se, nella fase magmatica dopo il primo Vaffa bolognese 2007, nel grillismo confluivano molte anime unificate dall’indignazione (Sinistra rosso antico, Destra anti-sistema, ambientalismo, sanculottismo ribellista e sanfedismo rurale), sicché era opportuno coltivare vaghezze identitarie per ragioni di marketing politico, ora sembra giunto il momento di gettare la maschera. Grazie al giovane emergente/emerso dal milieu profondo Sud. Perfettamente sintonico con la cultura ForzaLega incistata nel milieu della Milano berlusconizzata, da cui proviene l’uomo realmente “forte” nella cabina di regia pentastellata: il consulente aziendale soft Davide Casaleggio.