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Democrazia diretta: la chiave del benessere della Svizzera
La Svizzera è uno fra i paesi al mondo in cui si gode di maggiore benessere economico. Certamente questo livello di benessere è anche dovuto alle “ricadute” delle importanti attività bancarie nel paese, ma è anche vero che la Svizzera è un paese mediamente ben governato, che garantisce stabilità agli investitori. Il buon governo del paese è quindi una delle condizioni per cui, nonostante l’alto costo del lavoro, molti investitori da tutto il mondo si rivolgono a questo paese. Se la Svizzera non fosse ben governata, non sarebbe mai diventata il paese di riferimento per investitori e multinazionali. Il segreto del successo svizzero deve quindi essere cercato nei fattori che garantiscono a quel paese di avere mediamente delle buone leggi e dei buoni governanti. La prima chiave del successo sta nella democrazia diretta. Ovvero: il popolo svizzero è il primo organo legislativo, a livello federale, cantonale e comunale. Così come in Italia il Parlamento ha diritto di legiferare su qualsiasi materia, in Svizzera il popolo ha diritto di dire la sua su qualsiasi materia. Le proposte di legge referendarie possono essere di qualsiasi tipo: abrogazione totale o parziale di una legge esistente (consentita in Italia); un nuovo testo di legge (non consentito in Italia); su questioni fiscali (non consentito in Italia); recessione da una ratifica di un trattato internazionale (non consentita in Italia).Il popolo può opporsi legittimamente a qualsiasi atto governativo o amministrativo. Ad esempio si può opporre al permesso di costruire di un edificio concesso dall’ufficio tecnico del proprio Comune. Per presentare un quesito referendario è necessario raccogliere 50.000 firme nell’arco di 100 giorni. Avendo la Svizzera 8,4 milioni di abitanti, facendo una proporzione è come se in Italia si dovessero raccogliere 357.000 firme. In Svizzera, quindi, serve un numero minore di firme. Le firme possono essere raccolte da chiunque, su dei modelli messi a disposizione dalla Cancelleria Federale. Non è necessaria la validazione delle firme da parte di una persona abilitata, come invece avviene in Italia. Questo fatto facilita enormemente la raccolta di firme a sostegno di un quesito referendario. Naturalmente le firme raccolte vengono sottoposte a controllo di verifica di validità da parte della Cancelleria Federale, analogamente a quanto avviene in Italia da parte della Corte di Cassazione. La conseguenza di queste premesse è che in Svizzera si formano molti comitati, con e senza il supporto dei partiti, per promuovere quesiti referendari di ogni tipo, che nessun organismo pubblico ha il potere di impedire che vengano sottoposti a votazione, se il numero di firme valide necessario è stato raccolto e depositato.Il popolo svizzero viene chiamato a votare 3-4 volte l’anno. Il materiale informativo con le posizioni a favore o contro il quesito viene distribuito gratuitamente a tutti i cittadini. La televisione pubblica, senza influenze dei partiti, tratta a fondo i temi referendari, dando ampio spazio alle parti contrapposte, affinché ciascuno presenti le proprie ragioni agli elettori. Votare è facile: oltre al voto classico nei seggi elettorali, moltissimi svizzeri votano per corrispondenza. E’ allo studio anche la possibilità di votare tramite Internet, ma al momento non sono ancora stati trovati degli standard di sicurezza ritenuti sufficienti per evitare manipolazioni del voto da parte di hacker informatici. Non esiste un quorum da raggiungere che possa invalidare il voto: chi vuole votare, vota. Chi non vuole votare, accetta il responso delle votazioni. Anche se il popolo svizzero si ritrova a votare 3-4 volte l’anno per dei referendum, la grandissima maggioranza dei provvedimenti legislativi viene comunque votata dal Parlamento ovvero tramite la democrazia rappresentativa, come avviene in tutti i paesi democratici. Tuttavia tutti i politici eletti devono “fare i conti” con il primo organo legislativo, ovvero con il popolo, il quale potrebbe votare in un referendum contro quanto deciso in Parlamento.In sostanza: un politico eletto svizzero ci pensa 1000 volte prima di votare a favore di un provvedimento legislativo che sa che non sarebbe accettato dal popolo. Nel caso in cui si arrivasse ad una bocciatura referendaria del provvedimento (cosa storicamente avvenuta centinaia di volte) la fine della carriera di quel politico sarebbe cosa certa e senza appello. L’esistenza di un robusto sistema di democrazia diretta, quindi, incentiva la produzione di provvedimenti legislativi il più possibili vicini al volere del popolo. Questo non significa che il popolo non si possa sbagliare, ma significa che è il popolo a decidere. Nei casi storici in cui il popolo si rese conto di essersi sbagliato, ritornarono a votare e il referendum consentì di modificare il precedente provvedimento legislativo. Siccome la prima preoccupazione dei parlamentari eletti è quella di ascoltare le richieste del popolo, le richieste del partito di appartenenza cadono in secondo piano. Naturalmente esiste una “coerenza ideologica” con le posizioni del partito di appartenenza, ma non è mai tale da diventare una “disciplina di partito”, in quanto i deputati sono liberi e si sentono responsabili delle proprie scelte innanzitutto di fronte agli elettori.Questa “debolezza” dei partiti ha creato nel tempo una “consuetudine” all’interno del Parlamento. Il Consiglio Federale, ovvero il governo della Confederazione, non è mai l’espressione di una maggioranza politica “blindata”. I 7 membri del Consiglio Federale (i ministri) vengono nominati applicando una sorta di “manuale Cencelli” in modo da rappresentare le principali forze politiche. Tutti i consiglieri federali raccolgono la fiducia della maggioranza del Parlamento. Di conseguenza, se un partito “di destra” intende proporre un suo esponente come membro del governo, proporrà una personalità stimata per le sue competenze e capace di dialogare con “la sinistra”. E viceversa. Il Consiglio Federale che viene a formarsi, quindi, è un “governo debole”, in quanto è chiamato a dare attuazione ai provvedimenti legislativi presi dal popolo (tramite referendum) e dal Parlamento. Non esiste il concetto di “governabilità”. Il governo esegue la volontà del Parlamento, il quale vota le leggi formando maggioranze variabili, caso per caso.Pochi di voi sapranno che l’attuale presidente del Consiglio Federale svizzero si chiama Alain Berset. I nomi non sono importanti. Importanti sono le competenze dei ministri e la loro capacità di saper rappresentare non una parte politica, ma l’intero Parlamento e l’intero popolo svizzero. L’alternanza di governo tanto evocata in Italia come una “conquista di democrazia” in realtà porta una forte instabilità del sistema, in quanto ogni 5 anni sono possibili dei drastici cambiamenti nelle politiche economiche. In Svizzera, invece, i cambiamenti di fondo avvengono molto lentamente, in quanto nessuna “maggioranza di governo” può imporsi sulla minoranza. Questa stabilità politica è la condizione fondamentale affinché imprese multinazionali ed investitori finanziari scelgano di insediarsi nel paese, potendo fare una programmazione a medio-lungo termine delle loro attività. Le stesse condizioni di stabilità politica favoriscono la crescita delle piccole e medie imprese, che sono certe di non doversi attendere improvvise e spiacevoli sorprese da parte del governo del paese.Non è tutto rose e fiori. Anche nel sistema svizzero esistono delle zone grigie. Prima di tutto le leggi non prevedono che i partiti dichiarino la provenienza dei propri finanziamenti. La conseguenza è che ci sono alcuni partiti, in particolari quelli “borghesi”, che dispongono di ingenti capitali per fare propaganda più di altri partiti, sia per le elezioni politiche, sia nelle campagne referendarie. Il consenso ottenuto viene utilizzato per votare dei provvedimenti legislativi in favore delle principali lobbies del paese: le banche, le assicurazioni (specie del settore sanitario), le multinazionali. In occasione delle votazioni referendarie, coloro che dispongono di più capitali hanno la possibilità di condizionare maggiormente la popolazione puntando su ragioni “di pancia” e utilizzando al meglio le moderne tecniche del consenso. Un’idea latente e persistente nei mass media italiani è che l’esercizio della democrazia sia “un costo” per il paese. Sarebbe un costo in quanto il popolo non sa decidere, mentre i politici e i “tecnici” (alla Mario Monti o alla Carlo Cottarelli, per intenderci) sanno decidere molto meglio del popolo su cosa sia bene per gli italiani. Le stesse votazioni sono ritenute “un costo” che sarebbe meglio evitare al paese, magari “per ridurre il debito pubblico”. Ma chiediamoci: quanto ci costa “non votare” in termini di decisioni politiche prese negli interessi di poteri privati e ai danni del popolo italiano? Gli svizzeri, proprio votando con frequenza e senza impedimenti (come invece avviene in Italia), ottengono una migliore qualità delle leggi e dell’azione di governo. Oggi la Svizzera ha un tasso di disoccupazione al 2,4%. Possiamo concludere dicendo che gli investimenti in democrazia diretta hanno portato dei buoni frutti.(Davide Gionco, “La democrazia diretta e il successo economico della Svizzera”, dal blog “Attivismo.info” del 20 luglio 2018).La Svizzera è uno fra i paesi al mondo in cui si gode di maggiore benessere economico. Certamente questo livello di benessere è anche dovuto alle “ricadute” delle importanti attività bancarie nel paese, ma è anche vero che la Svizzera è un paese mediamente ben governato, che garantisce stabilità agli investitori. Il buon governo del paese è quindi una delle condizioni per cui, nonostante l’alto costo del lavoro, molti investitori da tutto il mondo si rivolgono a questo paese. Se la Svizzera non fosse ben governata, non sarebbe mai diventata il paese di riferimento per investitori e multinazionali. Il segreto del successo svizzero deve quindi essere cercato nei fattori che garantiscono a quel paese di avere mediamente delle buone leggi e dei buoni governanti. La prima chiave del successo sta nella democrazia diretta. Ovvero: il popolo svizzero è il primo organo legislativo, a livello federale, cantonale e comunale. Così come in Italia il Parlamento ha diritto di legiferare su qualsiasi materia, in Svizzera il popolo ha diritto di dire la sua su qualsiasi materia. Le proposte di legge referendarie possono essere di qualsiasi tipo: abrogazione totale o parziale di una legge esistente (consentita in Italia); un nuovo testo di legge (non consentito in Italia); su questioni fiscali (non consentito in Italia); recessione da una ratifica di un trattato internazionale (non consentita in Italia).
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Le cryptovalute? Sono solo materie prime, possono crollare
Tocca alla nonna capire questa cosa fondamentale, e che nessuno vi dice. Ma è già incazzata… Lei parte dall’Abc, fa domande. Cos’è una valuta? E’ una moneta emessa da uno Stato, e regolata dalla banca centrale di quello Stato. Essendo emessa da uno Stato, la valuta ha valore legale. Ah! E cos’è una cryptovaluta? E’ una fantasia che può essere inventata da chiunque abbia un computer e una connessione Internet. Non ha nessun valore di per sé, né ha valore legale. E da quando le fantasie costano delle fortune? Da quando due categorie di umani hanno deciso che le frittelle d’aria (le cryptovalute) avevano un valore X. Sono gente disposta a pagare per le frittelle d’aria, letteralmente, e si dividono in furbi speculatori e in coglioni del condominio. E più questi comprano le frittelle d’aria, più quelle aumentano di prezzo, come tutte le cose. Ma sono scemi, ’sti qui? Sì. Ma bada bene, nonna: i furbi speculatori sanno come cavare oro dalle rape, i coglioni del condominio no, e questi nel complesso alla fine ci smeneranno il sedere. Non sono valute, ma le chiamano lo stesso cryptovalute: perché? Perché i furbi speculatori usando il termine ‘valute’ infinocchiano i coglioni del condominio. Se le chiamavano cryptofrittelle nessuno le comprava, e il prezzo non aumentava.“Ma non è che sei tu lo scemo? Tutti le chiamano valute”. No. Una valuta è solo quella emessa da uno Stato, regolata dalla banca centrale, e con valore legale. Le cryptovalute sono come le materie prime, cioè sono cose che hanno un dato valore sul mercato, come il grano, il ferro, il carbone, ecc. Ma non sono valute. “Non ho capito un cazzo”. Nonna, cazzo non si dice. “Fanculo, Barnard, non ho capito un cazzo!”. Ok, ok, oh, calma! Spiego: quello che succede oggi con ’ste cryptovalute – cioè frittelle d’aria con un valore inventato, ma non riconosciute dagli Stati – è che vengono scambiate sui mercati esattamente come, ad esempio, il ferro, che è una materia prima. Più c’è richiesta, più il valore del ferro aumenta, chiaro? Lo stesso per le cryptovalute, anche se sono frittelle d’aria. Ma nonna, dimmi, tu puoi pagare le tasse allo Stato, alla Regione e al Comune con il ferro? No. Brava, con il ferro o col grano ad esempio, che sono materie prime, non ci puoi pagare le tasse a Stato, Regione e Comune. Questo è il preciso motivo per cui oggi il ferro o il grano non sono valute (lo furono in passato), sono materie prime.Se con una cosa non ci puoi pagare le tasse al tuo Stato, Regione, Comune, quella cosa non è una valuta valida per te. Punto. E siccome con le cryptovalute non ci puoi pagare nessuna tassa, e in nessuno Stato al mondo, le cryptovalute non sono valute, ma sono come il ferro o il grano: sono cioè materie prime che vengono scambiate sui mercati a un prezzo. Nulla di più. “E adesso che so ’ste cose, mio bel giovane, cosa mi cambia?”. Ti cambia questo: 1) Sai che se i maggiori Stati del mondo dichiareranno che non accettano le cryptovalute come pagamento delle tasse, le cryptovalute sopravviveranno solo fino a che qualcuno le vuole, a capriccio. Mentre invece una vera valuta di Stato sopravviverà finché lo vorrà, ed esisterà, quello Stato. Ben altra sicurezza per chi la possiede. 2) Sai che le cryptovalute sono materie prime come il ferro. Allora, immagina il giorno in cui scoprono un metallo migliore del ferro, là dove oggi lo impiegano. Che succede? Nessuno vuole più il ferro e non vale più un cazzo, nonna…“Non si dice cazzo, maleducato!”. Va bè nonna… per finire il punto 2), volevo dire che il giorno in cui qualcuno s’inventerà delle altre frittelle d’aria che faranno fare più soldi delle cryptovalute, queste andranno al cesso, e assieme a loro tutti i coglioni del condominio che in quel momento le hanno nel portafoglio. Nonna, tu fai come ti pare, ma ricorda sempre questo: fino al giorno in cui il tuo Stato accetterà le cryptovalute come pagamento delle tue tasse, fino a quel giorno le cryptovalute sono solo materie prime, e basta, e come tali vanno trattate. Quindi se ti metti in tasca delle cryptovalute è come se comprassi ferro, grano o carbone. Per farci su dei soldi, devi conoscere benissimo i mercati. Magari ti va bene perché di colpo il valore del grano va alle stelle, o ti va da cani perché invece crolla. E queste cose non le sanno i coglioni di condominio. Ripeti con me: le cryptovalute sono materie prime, non valute. Le cryptovalute sono materie prime, non valute. Le cryptovalute… Nonna?(Paolo Barnard, “Le cryptovalute sono materie prime, non valute – spiegate alla nonna incazzatissima”, dal blog di Barnard del 27 dicembre 2017).…..valuta, moneta, emissione, Stato, banche centrali, valore, legalità, criptovalute, cryptovalute, fantasia, computer, Internet, speculazione, ingenuità, prezzi, materie prime, mercato, grano, ferro, carbone, tasse, bollette, imposte, Regioni, Comuni, validità, sovranità, bolle, sicurezza, metalli, crollo, Paolo Barnard,Tocca alla nonna capire questa cosa fondamentale, e che nessuno vi dice. Ma è già incazzata… Lei parte dall’Abc, fa domande. Cos’è una valuta? E’ una moneta emessa da uno Stato, e regolata dalla banca centrale di quello Stato. Essendo emessa da uno Stato, la valuta ha valore legale. Ah! E cos’è una cryptovaluta? E’ una fantasia che può essere inventata da chiunque abbia un computer e una connessione Internet. Non ha nessun valore di per sé, né ha valore legale. E da quando le fantasie costano delle fortune? Da quando due categorie di umani hanno deciso che le frittelle d’aria (le cryptovalute) avevano un valore X. Sono gente disposta a pagare per le frittelle d’aria, letteralmente, e si dividono in furbi speculatori e in coglioni del condominio. E più questi comprano le frittelle d’aria, più quelle aumentano di prezzo, come tutte le cose. Ma sono scemi, ’sti qui? Sì. Ma bada bene, nonna: i furbi speculatori sanno come cavare oro dalle rape, i coglioni del condominio no, e questi nel complesso alla fine ci smeneranno il sedere. Non sono valute, ma le chiamano lo stesso cryptovalute: perché? Perché i furbi speculatori usando il termine ‘valute’ infinocchiano i coglioni del condominio. Se le chiamavano cryptofrittelle nessuno le comprava, e il prezzo non aumentava.