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Bianco, l’odore razzista della paura

Scritto il 25/3/09 • nella Categoria: Recensioni Condividi Tweet

Nella terra di un “dio senza perdono”, tutto può cambiare in una notte: in cui si trova il coraggio di affrontare un passato di odio, violenza e segregazione razziale, che gli occhi non avevano mai voluto vedere. E’ la chiave di “Bianco”, romanzo-rivelazione del giovane riminese Marco Missiroli. «Non sono un critico letterario – scrive Gad Lerner su “Vanity Fair” - ma credo di saper riconoscere una scrittura potente, capace di entrarmi dentro e, attraverso la narrazione di una storia, esprimere lo spirito dei tempi fino a condizionare il mio stato d’animo».

Superato l’iniziale scetticismo (come si permette, un ventottenne della provincia italiana, di cimentarsi con una storia americana fuori della sua portata, negri e bianchi di ben altra provincia, schiavitù e frustate, i cappucci del Ku Klux Klan, ottusità e grande epopea?), Lerner conclude: «Missiroli ha scritto un romanzo spudorato per ambizione, e la casa editrice Guanda gliel’ha pubblicato». Tutto merito della trama?

Il vecchio razzista Moses Carpenter, vedovo sentimentale, costretto a rivivere una vita di sbagli il giorno in cui gli capitano dei vicini di casa scandalosi: ovvero il negro Nimrod Nolan, evoluto al punto di sposare una bionda-bianca del Nord, farci un bimbo irreparabilmente nero, e trascinarli in un Sud zeppo di ricordi angosciosi con a rimorchio una madre grassa, fumatrice, moribonda, ma soprattutto ballerina, che quei ricordi angosciosi li conosce a memoria.

«Dopo che l’ho finito e l’ho messo via – racconta Gad Lerner - quel “Bianco” di Marco Missiroli ha cominciato a ronzarmi dentro». Dettagli: la grazia di un canarino addomesticato, un indiano-giocattolo. «Metteteci ancora un grande fiume, l’immanenza di una dolce Judith che aspetta il vecchio in cielo, la musica, il senso del peccato, l’agonia di Miss Betty (la madre grassa che tutto sa) in grado di riscattare come virtù la debolezza del peccatore».

«Insomma, ho capito che non mi aveva acchiappato la trama di “Bianco”, bensì la scrittura, i dialoghi, l’immedesimazione in un conflitto primordiale. Questo Missiroli ha dentro una molla letteraria che lo rende capace di scrutare la natura animale delle nostre relazioni». Brutale: “I negri quando corrono sono lepri e il manto lucido non è pelo ma sudore. Pensano solo a filare nel vento, poi a nascondersi. Allora per stanarli basta cercare in basso. E poi lo senti il puzzo della loro paura, sa di polvere, mentre l’odore del bianco si avvicina”.

«Non gli farò il torto di politicizzare la caccia da lui narrata in un’America distante. Ma che l’abbia concepita nell’Italia di oggi è tutt’altro che strano», commenta Lerner. «Da qualche tempo conservo nel desktop del mio pc un cartello indicatore dei gabinetti pubblici sudafricani risalente a una ventina d’anni fa. Con le frecce: bianchi a pisciare da una parte, non bianchi dall’altra. L’inconcepibile solo ieri ci sembrava naturale, e domani potrebbe tornare ovvio». Un consiglio? «Leggetevi “Bianco”. Perché la buona letteratura ci scruta dentro. Se poi è opera di uno scrittore con la metà dei miei anni, ho il fondato sospetto che lui lo senta, quell’odore della paura, e riconosca il bianco come “vortice che si mangia tutti i colori”» (info: www.gadlerner.it).

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Tag: apartheid, Bianco, Gad Lerner, Guanda, Ku Klux Klan, Marco Missiroli, Moses Carpenter, Nimrod Nolan, rassismo, schiavismo, segregazione, Sudafrica, Vanity Fair

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