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Moresco: ma le migrazioni sono la storia dell’uomo

Scritto il 03/7/09 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

C’erano anche ragazzi che battevano, pedofili pavesi che si aggiravano in piena notte in mezzo ai topi, alle macerie, alla merda. Io avevo conosciuto molti anni prima quel posto. Allora era la seconda fabbrica di Pavia, e io ho vissuto per alcuni anni in quella città, mandato lì dal mio gruppo rivoluzionario. Allora andavo ogni giorno davanti alla sua facciata e la conoscevo attraverso gli uomini e le donne che ci lavoravano dentro e che uscivano a fine turno dalle sue portinerie. Adesso, in un’età diversa della mia vita, penetravo all’incontrario dentro le sue viscere dove vivevano accampati, al posto degli operai di allora, i miserabili di questa nuova epoca, quelli espunti da tutte le previsioni e teorie novecentesche sulle future e universali omologazioni e che invece sono riapparsi in massa con le loro antiche facce, la loro disperazione e la loro puzza, gettati a riva da sistemi zingari-di-merda-1economici e politici esplosi, dalle nuove derive economiche che abbiamo sotto gli occhi oggi e che, come quelle di allora, immaginano se stesse come insuperabili, eterne, nei nuovi turbini che trasportano qua e là le masse viventi.

La prima volta che sono andato alla Snia diroccata e occupata da quella massa di zingari, rumeni poveri e nuovi migranti, la notte prima era scoppiata una lotta feroce perché c’era una ragazza zingara che non voleva fare la puttana, mentre il suo fidanzato zingaro la voleva mettere sulla strada. C’era un uomo con la testa rotta e un braccio tagliato. Erano arrivati lì durante la notte, il fidanzato con la sua banda, armati di spranghe e coltelli, per riprendersi la ragazza, difesa con le unghie e coi denti dai suoi parenti. C’era stata una lotta furibonda in mezzo a quelle macerie, nel buio. Tutti quei corpi che combattevano nell’oscurità più profonda contro altri corpi per difendere un altro corpo. Alla fine erano riusciti a impedire che la ragazza venisse portata via, ma i difensori erano rimasti a terra sanguinanti.

C’è tutta una fascia di miseria che attraversa il ventre dell’Europa e che di qui si ramifica, venuta dagli spostamenti e dalle migrazioni antiche, spinta avanti o messa in fuga dalle masse barbare in guerra che premevano le une contro le altre, incalzate dai popoli selvaggi usciti dalle steppe come dal nulla. Queste migrazioni non sono avvenute solo in un lontano passato che non potrà più ripetersi. Avvengono continuamente, in modi e forme sempre diverse, sotto i nostri occhi. Gli uomini non stanno mai fermi. Vanno avanti, ritornano indietro, vanno ancora avanti, ogni giorno un metro in più, un chilometro in più, mille chilometri in più, a piedi, a cavalcioni degli animali, sulle macchine scalcagnate che corrono in piena notte sulle autostrade, sopra l’orizzonte curvato, dentro la nube gastrica dell’atmosfera, lungo i cerchi di questo piccolo pianeta rotante illuminato di tanto in tanto dalla stella del Sole.

In Romania gli zingari sono circa mezzo milione, secondo i dati ufficiali. Ma sono dati poco attendibili perché gli zingari non partecipano ai censimenti, non ritirano i moduli, non li compilano. Secondo una stima reale sono dal milione e ottocentomila ai tre milioni, su una popolazione di circa ventitre milioni di abitanti. Secondo la Banca Mondiale quasi il trenta per cento dei rumeni vive sotto la soglia della povertà. Dal 1991 al 2001 sono partiti dalla Romania il ventitre per cento dei giovani sotto i diciannove anni. Lo stato rumeno, oltre al moresco-21vantaggio ottenuto dallo scaricare all’estero una parte così importante della sua popolazione povera, ne ricava anche un rientro di ricchezza attraverso le rimesse degli emigranti.

Gli zingari sono la parte più miserabile e più irriducibile di questo fiume. La loro economia subalterna e parassitaria si modella su ogni più piccola piega dell’economia dominante, legale e illegale, riciclo e rivendita di materiali scartati, piccoli lavori regolari, accattonaggio, furti, prostituzione, spaccio… Eppure, nonostante questo, gli zingari non hanno costruito una forte struttura criminale gestita da loro stessi, come hanno fatto altre popolazioni migranti, i siciliani con la mafia, gli albanesi, i cinesi… pur avendo come pochi altri mobilità, duttilità e imprendibilità. Perché non hanno dietro di sé stati, strutture politiche ed economiche su cui incernierare le loro organizzazioni, per il loro individualismo e il loro fatalismo.

Nella grande maggioranza sono poveri ed emarginati dal resto della popolazione qui quasi come in Italia, però almeno in Italia si trovano ad avere attorno a sé una società e un’economia più ricche, da cui poter ricavare qualcosa di più. In una giornata di accattonaggio in Italia, ad esempio, una donna zingara porta a casa in media circa trenta euro, il triplo dello stipendio medio di un operaio qui a Slatina. Intanto i mariti e i figli si aggiustano con lavori sottopagati nell’edilizia, nei magazzini, nelle stalle, nelle campagne, in qualche caso con piccoli furti, spaccio, prostituzione, in casi rari con qualcosa di ancora più abietto.

Persino tra i rifugiati della Snia, in mezzo agli zingari che lottavano al buio, con le unghie e coi denti, per strappare una ragazza alla prostituzione, contro altri corpi venuti a rapirla, c’era anche qualcun altro, ragazza e ragazzo, che si prostituiva. Persino genitori che vendevano il corpo del proprio bambino di sette, otto anni ai pedofili, come carne da macello gettata in pasto ai cannibali adulti del paese più ricco, che così non hanno neanche più bisogno di prendere gli aerei e di andare a profanare e a mangiare i bambini e le bambine nel Sud-est asiatico.

L’Europa di questi anni è percorsa e attraversata da queste migrazioni e da queste tragedie, che molti fingono di non vedere per non trarne le conseguenze, per poter continuare a gestire il segmento breve e cieco dell’economia e della politica. È così nel cosiddetto mercato del lavoro, quello legale e quello illegale, quello illegale legalizzato dagli stati e dai gruppi economici e quello dell’economia criminale globale che sorregge le economie emerse, con i continui scontri tra gruppi economici mascherati dietro strumentali discorsi e principi di facciata, il libero mercato, la libera circolazione di uomini e merci, che ognuno intende a modo suo e secondo il proprio comodo e la propria convenienza, la nuova rappresentazione del mondo che copre una dinamica e una realtà ben diverse, il razzismo alimentato e pilotato, i provvedimenti xenofobi per tenere alte le rendite politiche ed elettorali dei professionisti di questa sola professionalità di tirare fuori il peggio dalle persone pescando nel torbido, della sicura e redditizia scuola della cattiveria e dell’inimicizia tra i gruppi umani.

L’Europa, i suoi aggregati umani che hanno raggiunto dopo due devastanti guerre mondiali un certo benessere economico si sono inventati la favola che si può fermare il tempo e quella cosa che abbiamo chiamato storia, che si possono mettere i paletti attorno al proprio cortile in modo che non passi più nessuno, che i miserabili si possono tenere fuori all’infinito o si possono rendere utili alle moderne economie orizzontali scatenate attirandoli come una massa di nuovi schiavi con bassi salari resi possibili dagli squilibri economici e monetari.

Ma guai se si rendono troppo visibili in casa nostra, se ci impongono di nuovo la vista delle loro eterne facce da poveri, se dobbiamo sentire di nuovo il loro fetore. Eppure l’Europa non è niente se non è anche questa forza e questa disperazione. Tutte queste masse umane che si spostano dalle zone più povere dell’Europa, dalle sue derive economiche e politiche e dalle sue rivoluzioni tradite, come si sono sempre spostate in passato – e come hanno fatto solo qualche secolo fa anche uomini e donne della mia stessa famiglia – tutta questa spinta irresistibile allo spostamento dei corpi trascinati da un’illusione di ricchezza e salvezza, attraverso centinaia, migliaia, milioni di anni, come testimoniano gli stessi codici genetici disseminati e duplicati miliardi di volte nei nostri corpi.

È così che la nostra specie ha continuato a colonizzare e a infestare il mondo. E che ancora continua a farlo anche adesso. Come le popolazioni che hanno attraversato l’Europa al tempo dell’Impero Romano e anche dopo, che neppure le continue guerre sono riuscite alla fine a bloccare in un arco di tempo appena più grande, che hanno trovato altre strade carsiche o emerse per ripresentarsi con la loro inarrestabile spinta umana e riproduttiva, in questo continente che per far respirare la propria economia ha avuto bisogno di aprire le proprie frontiere interne ma che si illude di poter selezionare a suo piacimento le entrate, di non dover subire l’onda dei miserabili che si dirigono verso le sue zone più ricche, viste o immaginate luccicare da molto lontano all’interno dei loro tuguri dentro le scatole televisive che trasportano visioni e illusioni scatenando le spinte psichiche di queste misere popolazioni che si spostano da una parte e dall’altra come trasportate da un vento, da un uragano.

Al tempo dei Romani si facevano continue guerre per ricacciarle fuori dai confini o per spezzare la loro spinta direttamente in casa loro mentre se ne assimilava una parte. Sarebbero disposti i nostri stupidi e gretti xenofobi, che aizzano le nostre popolazioni contro questi miserabili per conservare e accrescere il proprio potere, a cui piacciono le guerre soprattutto se a farle sono gli altri, a prendere le armi e a passare gran parte della propria vita a fare la guerra a questi nuovi barbari? Non credo. Bene, allora che si mettano il cuore in pace. Le migrazioni dei popoli non si fermano. Non si possono fermare alla fine neppure con le guerre, che a volte non sono altro che migrazioni di popoli mascherate. E non saranno i soli meccanismi economici visti in questa epoca come insuperabili e onnipotenti a esorcizzare e a fermare queste spinte.

(Estratti dal libro “Zingari di merda”, di Antonio Moresco, ed. Effigie – 2008).

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Tag: Antonio Moresco, Banca Mondiale, barbari, criminalità, disperazione, droga, economia, Effigie, Europa, guerra, Impero Romano, mafia, migrazioni, miseria, Pavia, pedofili, poveri, prostituzione, razzismo, Romania, Slatina, Snia, xenofobia, zingari

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