Villaggio: Mike ha abbassato il livello culturale
Mentre si pensa a funerali di Stato nel Duomo di Milano per onorare la memoria di Mike Bongiorno, re dei telequiz e “padre della televisione popolare italiana”, scomparso l’8 settembre all’età di 85 anni dopo una giovinezza avventurosa (nato a New York, partigiano in valle di Susa e finito in carcere a Milano con Indro Montanelli, prima di avviare la sfolgorante carriera televisiva con programmi-culto come “Lascia o raddoppia” e “Rischiatutto”), Paolo Villaggio non si unisce al cordoglio collettivo per la scomparsa del presentatore, sostenetendo che Mike Bongiorno avrebbe abbassato il livello culturale del paese, come ha dichiarato all’agenzia di stampa AdnKronos.
«La notizia è enorme: data la popolarità del personaggio, Bongiorno fa parte della storia d’Italia, in una maniera devastante», premette Villaggio, affermando che il presentatore «è più famoso di Berlusconi, di cui pure è amico – suo testimone di nozze, credo». Ma, aggiunge il grande attore genovese, «unirsi al cordoglio collettivo è esagerato. Era pur sempre un uomo di 85 anni (certo, oggi si vive pure fino a 95) che nonostante fosse fuori dalle serate importanti della televisione (sostituito dai più giovani Bonolis, Chiambretti, la Ventura) aveva avuto l’intelligenza di accettare la vecchiaia e utilizzarla al fianco di Fiorello per un istinto di sopravvivenza».
Il ricordo del personaggio scomparso, prosegue l’inventore di Fantozzi, può essere affidato alla lettura di un «bellissimo saggio», ovvero “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, scritto da Umberto Eco, il primo a rivelare anche nel campo delle scienze umane la forza d’impatto, mediatica, del re dei presentatori televisivi italiani. Quel saggio, aggiunge Villaggio, «esprime esattamente le motivazioni del suo grande successo», ovvero lo sdoganamento (televisivo) della mediocrità nazionale.
Quando Mike iniziò a fare televisione, osserva Villaggio, «il 30% degli italiani era analfabeta. Il suo era un livello culturale medio-basso, utilizzava un linguaggio a metà tra il maestrino elementare un po’ severo e il bidello un po’ tonto. E questo funzionava, in un momento storico in cui la televisione si era sostituita alla famiglia e alla scuola».
Pur riconoscendo l’importanza di un personaggio di cui tutti piangono la scomparsa e l’umanità, e di cui Renzo Arbore ha ricordato «il candore», Villaggio resta fuori dal coro: la televisione di Mike Bongiorno «fu un evento», ammette, ma «non posso non dire – aggiunge – che, adattando quella cultura all’italiano medio, fu uno di quegli eventi che hanno contribuito all’abbassamento culturale del nostro paese».
«Non mi sento di dire che è una perdita per l’Italia», conclude Villaggio. «Le perdite per il nostro paese sono state persone come Fellini e Moravia». Piuttosto, dice, Mike Bongiorno «ci lascia il ricordo di un’Italia felice, quella della “Signora Longari”, del grande boom e degli anni felici del dopoguerra».
Invece Villaggio, con Fracchia e il Dottor Kranz, era al livello di Goldoni. Lui sì che ha fatto cultura.