Maggiani: Messina, vittime consenzienti coi loro carnefici
Pioggia, smottamento, frana, distruzione, morte, tragedia. Più precisamente: un po’ di pioggia in più dell’augurabile – un nubifragio che è la normalità nell’anomalo andamento del clima – per i soliti smottamenti, la solita distruzione, i soliti morti, la solita tragedia. Nei soliti posti, nelle solite città, nelle solite regioni, perché, come da tempo immemore constatiamo, piove sempre sul bagnato. E poi ascoltare, leggere, vedere, che, come è la norma in quei posti, in quelle città, in quelle regioni, la tragedia era annunciata e ritenuta inevitabile. Che non poteva che andare così, premesso che se la pioggia cade su Messina, ad abbattere le case e le vite, è lo sfregio, l’illecito, l’abuso, la truffa, la noncuranza, l’ignoranza, la collusione.
E veder piangere le vittime, e sentirle chiedere aiuto, accompagnate e sospinte dal suggestivo piagnisteo dei loro politici, dei loro amministratori, dei loro capi bastone, dei loro trafficanti; quel coro di sfacciati tuaculpisti, indeorosi ruffiani, laidi bugiardi, deputati allo sperpero dei pubblici bilanci, eletti alla soddisfazione di ogni possibile e immaginabile deroga dalla legalità, suffragati dalla brama di accedere a un qualche favore, una qualche elemosina, un qualche stipendio a carico del cittadino contribuente.
E constatare ancora una volta, per l’ennesima volta, che bisogna dare una mano e offrire solidarietà, e trovare ancora qualche miliardo, e ricostruire. E scoprire, con sgomento, che per la prima volta mi sento di dire, non al mio amico al bar, non tra me e me, ma qui, senza vergogna in faccia a chi mi chiede, che no, non ne ho più voglia. Che non è la solidarietà il primo sentimento che provo, ma il rancore, l’avversione, il diniego.
È da quando sono diventato contribuente, che verso con ossessiva regolarità una quota del mio lavoro per finanziare uno stato delle cose immutabile, eterno. Uno stato delle cose eretto sulla dissipazione del malgoverno, sul privilegio dei corrotti, sulla complicità generale dell’illegalità.
Continuo a pagare i lussi e le fantasie satrapiche dei loro eletti; eletti con un’adesione plebiscitaria, anche solo in cambio di una scheda telefonica da 50 euro. Continuo a pagare le ricostruzioni che nemmeno si sognano di eseguire, la prevenzione che non sanno nemmeno cos’è, pago di tasca mia il mantenimento ad perpetuum delle clientele, il rinnovo delle regalie, le pensioni fasulle.
La Sicilia non è una regione povera, è una regione impoverita; e a impoverirla è un sistema di potere che non deve dispiacere alla buona maggioranza dei siciliani, visto che continuano a riconfermarlo con immutato, se non crescente, fervore. La Sicilia, come la Campania, come il resto del Paese a rischio di annunciate tragedie, è abitata da milioni di brave persone, vittime di quel sistema; ma in un sistema così solido, le vittime, quelle che intendono semplicemente vivere e non essere prese a fucilate, o saltare in aria, o morire di inedia, finiscono per diventare consenzienti con i loro carnefici. Io sto finanziando anche questo perverso intorcignamento delle parti.
Lo so, faccio dei discorsi che nemmeno il senatore Bossi se la sente di andare a fare in giro. Ma lui, per governare da nemico dei terroni, ha bisogno di allearsi con chi si accaparra i voti dei meridionali. Io no, io non governo niente, io verso il mio contributo all’erario e basta. Come il senatore Bossi, immagino, sono un federalista convinto, e credo con sincera fermezza alla pratica del federalismo fiscale. Vero, puro, innocente, senza trucchi né inganni.
La Sicilia, al pari della Campania se è per questo, è una regione con immense potenzialità di ricchezza. Ricchezza di risorse, di ingegni, di cultura, di imprenditorialità. Potrebbe benissimo finanziare se stessa, ricostruire, sanare, svilupparsi; basterebbe che invece del parassitismo e dell’illegalità venissero promosse le sue potenzialità positive, e che i suoi esattori fiscali e i suoi contribuenti facessero il loro dovere, se non altro per amor di patria.
Potrebbe davvero essere autonoma; autonoma e prospera davvero, non come oggi, e domani, a godersi la sua autonomia fasulla coricata sulle mie spalle. Bene, la si renda tale, la si responsabilizzi come è giusto e doveroso che si responsabilizzi un popolo adulto, desideroso di autogovernarsi, che rifiuta per giusto orgoglio le elemosine.
Dimostrerà, se vorrà, di sapersi governare e arricchirsi di cose buone e feconde, per opera di uomini giusti, di provvedere a se stessa, più bella e superba che mai. Allora, mi sarà grato dare il mio stesso sangue se, Dio non voglia, una tragedia al di sopra delle sue possibilità di riparo, dovesse colpirla a tradimento, non annunciata.
P. S.: Naturalmente mi sento obbligato alla legge di reciprocità, ragion per cui ciò che vale per la Sicilia non può che valere per la mia regione e per qualunque altra.
(Maurizio Maggiani, “Non voglio più pagare per tutte quelle vittime consenzienti con i carnefici”, http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com).