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Obama, la Cia e la guerra segreta degli aerei invisibili

Scritto il 10/12/09 • nella Categoria: Recensioni Condividi Tweet

L’escalation militare ordinata dal presidente Obama non riguarda solo l’invio di rinforzi in Afghanistan, ma anche – stando alle rivelazioni pubblicate nei giorni scorsi dal New York Times – l’espansione della campagna di bombardamenti aerei in Pakistan. Finora gli attacchi missilistici sferrati dagli aerei telecomandati della Cia sono stati limitati alle remote zone montuose delle Aree Tribali. Secondo fonti ben informate del quotidiano newyorkese, la Casa Bianca ha autorizzato l’estensione dei raid alla provincia del Balucistan, in particolare alla zona di Quetta, dove si nasconderebbe la dirigenza talebana capeggiata dal Mullah Omar.

Gli Usa sperano di ottenere il pieno consenso del Pakistan e hanno spedito a Islamabad il direttore della Cia, Leon Panetta. Il successo della missione droni qperò non è scontato, avverte Enrico Piovesana su “PeaceReporter”: cresce infatti l’impopolarità dei raid americani presso l’opinione pubblica del Pakistan, paese che considera il Balucistan parte integrante del suo paese, a differenza delle Aree Tribali. Finora, aggiunge Piovesana, i militari pachistani hanno collaborato di malavoglia con il programma della Cia, fornendo informazioni e supporto logistico (compresa una base segreta per i droni Usa a Shamsi, proprio in Balucistan), ma il disagio tra i generali di Islamabad sta crescendo, di pari passo con i finanziamenti che ricevono da Washington.

I raid aerei sul Pakistan, iniziati nel giugno 2004, sono a tutti gli effetti un’operazione segreta, condotta dalla Divisione attività speciali (Sad) della Cia. «Un segreto di pulcinella», come scrive il New York Times, visto che lo stesso Panetta ne ha parlato a più riprese e che ogni attacco viene puntualmente riportato dalla stampa pachistana e dalle agenzie internazionali, come nel caso dell’ultimo raid è nel nord del Waziristan. Formalmente però rimane una ‘covert operation’, un argomento su cui gli esponenti dell’amministrazione Usa si sono sempre rifiutati di rilasciare commenti.

I ‘Predatori’ e i ‘Mietitori’, questi i nomi dei droni statunitensi, sono telecomandati da agenti della Sad che, in qualche stanza della sede Cia di Langley, in Virginia, siedono davanti a un monitor manovrando un joystick. «Se si escludono gli sporadici raid dei primi anni, la vera e propria ‘guerra dei droni’ ha avuto inizio nell’agosto del 2008, quando Bush autorizzò l’intensificazione degli attacchi», racconta Piovesana. «In pochi mesi ve ne afghanistan 2furono una trentina. Obama, appena insediatosi, confermò l’ordine del suo predecessore: da gennaio 2009 a oggi si sono registrati oltre cinquanta raid».

Secondo uno studio condotto dalla fondazione statunitense ‘New America’, nell’ultimo anno e mezzo, i missili ‘Hellfire’ sparati dalla Cia sul Pakistan hanno ucciso tra le 800 e le 1.000 persone, di cui circa un terzo erano civili innocenti, scambiati per miliziani talebani o qaedisti. Secondo altre inchieste, invece, come quella di David Kilcullen e Andrew Exum del New York Times e quella di Amir Mir del quotidiano pachistano The News, le proporzioni sono inverse: i droni Cia hanno ucciso finora almeno 700 civili pachistani e poche decine di jihadisti.

Interpellato dal giornale di New York, Paul Gimigliano, portavoce della Cia, ha difeso l’uso dei droni: «Non commentiamo le notizie sulle operazioni dei Predator, ma possiamo dire che gli strumenti che usiamo nella lotta contro Al Qaeda e i loro violenti alleati sono eccezionalmente accurati, precisi ed efficaci. I rapporti della stampa che parlano di centinaia di civili pachistani uccisi a causa di presunte attività Usa sono completamente falsi».
Una fonte anonima governativa ha dichiarato al New York Times che l’uso dei droni ha consentito l’eliminazione di «oltre quattrocento» terroristi, tra cui alcuni super ricercati, causando ‘danni collaterali’ minimi.

Raimullah Yusufzai, giornalista pachistano esperto di terrorismo islamico (è stato l’ultimo a intervistare Osama bin Laden nel 1998), parlando al telefono afghanistan 1a “PeaceReporter” da Peshawar, si è detto certo che «la notizia trapelata sulla stampa Usa dell’autorizzazione di Obama di estendere i raid missilistici Usa al Balucistan va letta come estrema forma di pressione sul governo pachistano affinché combatta con più decisione i talebani nelle Aree Tribali. Non penso – ha dichiarato Yusufzai – che gli Stati Uniti abbiano veramente intenzione di mettersi a bombardare Quetta».

«Estendere gli attacchi dei droni al Balucistan – aggiunge Piovesana – rischierebbe di destabilizzare il già precario equilibrio politico della potenza nucleare pachistana (provocando pericolose convergenze tra estremismo islamico e nazionalismo militare), portando per giunta risultati scarsi o nulli in termini di lotta al terrorismo se è vero – come sostiene l’ex analista della Cia – che i servizi segreti pachistani hanno già spostato il mullah Omar e gli altri dirigenti talebani da Quetta a Karaci per metterlo al riparo da eventuali azioni Usa» (info: www.peacereporter.net).

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Tag: Afghanistan, Barack Obama, bombardamenti, Cia, Enrico Piovesana, George W. Bush, guerra, New York Times, Osama Bin Laden, Pakistan, Peacereporter, Quetta, raid, vittime

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