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Rigoni Stern: Tino Aime, le sentinelle della neve

Scritto il 30/5/10 • nella Categoria: LIBRE friends Condividi Tweet

Nell’arco delle Alpi, nell’uno e nell’altro versante, in qualche valle non raggiunta dal turismo perché discosta e non appetibile ai cittadini, e quasi del tutto abbandonata dagli abitanti, sono rimasti degli uomini a testimoniare, ma anche a custodire una antica civiltà. Sono la retroguardia in questa ritirata di valori civili, ma come in tutte le ritirate la retroguardia è quella che salva. In molti casi questi uomini sono poeti e artisti; ed è giusto sia così poiché sempre e ancora loro sono quelli che portano il lume. E oggi, poi, siamo in un momento della storia in cui occorre frenare un presunto progresso che non pone limiti alla totale distruzione del pianeta.

Uno di questi artisti che dicevo è Tino Aime che vive in un piccolo comune sopra Susa il cui centro, leggo nell’Annuario Generale, al censimento del Mario Rigoni Stern1971 faceva 72 abitanti. A chi si interessa d’arte figurativa il nome di Aime non è nuovo; le sue mostre in Italia, in Francia e in Germania hanno sempre lasciato un’eco e i critici hanno sempre elogiato le sue opere. Ma io, sia chiaro, non sono un critico, e se parlo del suo lavoro è perché anch’io come lui sono un montanaro che guarda e scrive del paese seguendo il semplice binomio gente/paesaggio.

Nei quadri di Tino Aime trovo il paesaggio come nei millenni è trascorso sulle montagne delle Alpi, e la gente che è vissuta nel lunghissimo tempo lasciando quelle tracce che resteranno a testimonianza. Sono quadri da “leggere”, che hanno la forza nella loro sintesi che in nessun altro modo si potrebbe esprimere; o solo con un verso sublime. Forse per questo la neve (così difficile da rendere in pittura e nessuno, oggi, la sa dipingere meglio di lui) difende questo suo mondo e Tino Aime dipintonasconde dietro il suo ovattato silenzio un lungo passato, o un momento, ma più ancora uno stato d’animo lirico e malinconico.

Le case silenziose con i camini che non fumano sembra siano lì a raccontarsi storie di generazioni di montanari, da quando risalendo dal borgo in basso i primi uomini erano arrivati quassù per alzare un muro di una stalla e di un fienile, e poi una vera casa; e dopo si sono messi a dissodare un orto volto a mezzogiorno, roncare un fianco cespugliato, terrazzare e seminare fin dove le rocce lo permettevano. E dopo, quando la gente era cresciuta, di migrazioni verso la Francia e l’America; ma prima ancora di guerre che portavano lontano con pochi ritorni. Fino all’ultima, che ha spopolato una generazione. E ancora il Tino Aime con Mario Rigoni Sternmalvivere e la fame di quarant’anni fa perché da tutti erano stati dimenticati (erano pochi: non contavano) con l’esodo, e la morte degli anziani.

La neve di Aime copre pietosamente: lavoro di generazioni, amore, sofferenze, piccoli cimiteri. Ma non è tragica: una antica e saggia pace viene dalle sue pitture perché tutto quello che è stato può ritornare. Lo sguardo che dalle sue «finestre», come dalle mie, va verso le case degli Uomini e le montagne della Terra vede un cielo con la luna, un vecchio con un sacco di fieno sulle spalle, i merli che beccano i sorbi, gli orti con i recinti divelti. Ma questo è solo un momento della nostra vita di montanari; dice una vecchia leggenda che tra le rocce del Latemar ci sono gli gnomi minatori che dentro la montagna cantano: «Nove volte bosco e nove volte prato / E poi verrà il tempo promesso / Dove tutto sarà quello che una volta era». Queste parole le ripetono anche i quadri di Tino Aime.

(Mario Rigoni Stern, “Le sentinelle della neve”, brano scritto per Tino Aime nel 1986 – www.tinoaime.it).

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Tag: arte, civiltà, Mario Rigoni Stern, montagna, progresso, Tino Aime, valori

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