Wikileaks, gli Usa: Berlusconi danneggia l’Italia
Scritto il 18/2/11 • nella Categoria:
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«Il premier Silvio Berlusconi con le sue frequenti gaffes e la scelta sbagliata delle parole» ha offeso nel corso del suo mandato «quasi ogni categoria di cittadino italiano e ogni leader politico europeo», mentre «la sua volontà di mettere gli interessi personali al di sopra di quelli dello Stato ha leso la reputazione del Paese in Europa e ha dato sfortunatamente un tono comico al prestigio dell’Italia». Parola dell’ambasciatore uscente Ronald Spogli, che nel febbraio del 2009 fotografa così il caso-Italia in un dispaccio confidenziale a Hillary Clinton. Non sono ancora scoppiati i casi Noemi, D’Addario e Ruby, ma Berlusconi è già precipitato nella stima degli americani. Lo rivelano 4.000 cablogrammi di Wikileaks, presentati in esclusiva da “L’Espresso” in collaborazione con “Repubblica”.
«Quattromila cables riservati filtrati dall’ambasciata Usa a Roma, oltre 30 mila pagine di documenti finora segreti che raccontano l’Italia e i suoi protagonisti dal punto di vista critico e sferzante del suo più importante alleato», scrive Fabio Bogo su “Repubblica”. «E molti di questi con un denominatore comune: il declino del ruolo internazionale dell’Italia è strettamente legato all’immagine di Silvio Berlusconi, l’uomo che la guida e la condiziona dal 1994, l’anno della sua discesa in campo». Dal 2002 al 2010 parlano ambasciatori, segretari di Stato, diplomatici di alto livello, politici di primo piano. Tutte comunicazioni rigorosamente classificate e destinate a restare riservate: ma ora Wikileaks ha squarciato il velo, e i giornali del gruppo Espresso le pubblicheranno a rate.
All’epoca del report dell’ambasciatore Spogli, Berlusconi non è ancora sfiorato dai sexgate o da altre bufere: «Le leggi ad personam proposte per tutelare il primo ministro dalle conseguenze dei processi in corso non sono state ancora respinte e non ha raggiunto l’apice il violento conflitto con la magistratura. Ma ad inizio 2009 – scrive “Repubblica” – il premier, visto dagli Usa, è già un uomo debole, prigioniero dei suoi conflitti di interesse e dell’evidenza internazionale dei suoi abusi di potere». Ha un bisogno assoluto dell’appoggio Usa per legittimarsi e quindi «non è nelle condizioni di dire alcun “no”», dall’Afghanistan alla ricollocazione dei prigionieri di Guantanamo, dalle basi sul territorio italiano alle sanzioni all’Iran. «Un prezzo che finora non si sapeva di aver pagato».
«Il lento ma costante declino economico dell’Italia – scrive l’ambasciatore Spogli – compromette la sua capacità di svolgere un ruolo nell’arena internazionale. La sua leadership spesso manca di una visione strategica. Le sue istituzioni non sono ancora sviluppate come dovrebbero essere in un moderno paese europeo. La riluttanza o l’incapacità dei leader italiani a contrastare molti dei problemi che affliggono la società, come un sistema economico non competitivo, l’obsolescenza delle infrastrutture, il debito pubblico crescente, la corruzione endemica, hanno dato tra i partner l’impressione di una governance inefficiente e irresponsabile. Il primo ministro Silvio Berlusconi è il simbolo di questa immagine».
Spiega Spogli: gaffes e preminenza per gli interessi personali, assieme «al frequente uso delle istituzioni pubbliche per conquistare vantaggi elettorali sui suoi avversari politici, la sua preferenza per soluzioni a breve termine hanno danneggiato la reputazione dell’Italia in Europa». Un’immagine che Berlusconi tenta di rivitalizzare con iniziative che lasciano perplessi gli Usa. L’Italia – annota Spogli – «fa molti sforzi, alcuni seri altri meno, per mantenere una posizione di rilevanza e influenza», come quando «si propone nel ruolo di grande mediatore delle crisi mondiali, un ruolo autoconferitosi che alcuni politici, specialmente il premier Silvio Berlusconi, pensano possa conferire grande visibilità senza praticamente spendere alcunché». Esempio: «Mediare tra la Russia e l’Occidente, impegnarsi con Hamas ed Hezbollah, stabilire nuovi canali di negoziato con l’Iran, espandere l’agenda del G8 con mandati al di là di ogni riconoscimento».
Insomma, una politica assolutamente velleitaria, osserva “Repubblica”. Con costernazione, Spogli prende atto che in una puntata di “Porta Porta” Berlusconi annuncia il ritiro dall’Iraq. Conseguenze: svegliati in piena notte i generali Usa a Baghdad e mandata la trascrizione della puntata tv al Pentagono. Esterrefatto, l’ambasciatore registra che mentre Israele bombarda Gaza il Cavaliere rilancia l’idea del tutto estemporanea di costruirvi alberghi e resort, annunciando che potrebbe «trovare investitori». Allibito, Spogli informa Washington che il premier ha una sua strategia per la Siria, visto che l’allora moglie Veronica «ha conosciuto la consorte di Assad a Damasco», e dice: «Dovremmo coinvolgerla».
Washington si pone il problema: che fare? Abbandonare un alleato pasticcione? No, perché «un impegno di lungo termine con l’Italia e i suoi leader politici ci darà importanti dividendi strategici adesso e in futuro». Cosa può incassare l’America da questo governo? Spogli è esplicito: «L’Italia ci permetterà di consolidare i progressi fatti faticosamente nei Balcani negli ultimi vent’anni, le loro forze armate continueranno a giocare un ruolo importante nelle operazioni di peacekeeping in Libano e in Afghanistan e, infine, il territorio italiano sarà strategico per l’Africom (United States African Command)», l’organismo costituito nel 2008 dalla Difesa Usa per coordinare gli interventi militari in Africa: comando a Stoccarda, ma bombardieri di stanza a Vicenza, nella base Dal Molin, e portaerei della VI flotta a Napoli.
«Se useremo una forte pressione – sostiene Spogli – l’Italia eserciterà la sua influenza economica in Iran per mandare a Teheran un chiaro segnale che potrebbe influire sulla loro politica di sviluppo nucleare». E anche sul fronte del terrorismo Washington sa che Roma spalancherà le sue porte. Già nel febbraio 2009 Spogli avverte infatti che l’Italia si sta diligentemente preparando ad esaudire «quelle che ritengono saranno tra le nostre prime richieste», ovvero: il farsi carico della custodia di alcuni detenuti nella prigione di Guantanamo (il ministro Frattini ufficializzerà la decisione 4 mesi dopo) e un maggiore sforzo militare in Afghanistan (l’Italia, ricorda “Repubblica”, sorprenderà gli Usa aggiungendo altri 1200 soldati ad Herat, portando il contingente schierato ad un totale di 4200 uomini).
L’unica vera preoccupazione è il rapporto Berlusconi-Putin sul fronte energetico. L’allarme resta anche quando David Thorne prende il posto di Spogli. L’ambasciata stimola il ritorno del nucleare in Italia, interviene sul governo per spezzare l’asse con Mosca e riguardo a Berlusconi dice: «Dobbiamo assecondare la sua convinzione di essere uno statista esperto». Ma i rapporti con Putin spingono Hillary Clinton nel gennaio 2010 a chiedere alle rappresentanze diplomatiche interessate di indagare sulle «possibili relazioni e investimenti personali che legano Putin e Berlusconi e che possono influenzare la politica energetica dei due paesi». Colpito dagli scandali sessuali, Berlusconi chiede aiuto agli Usa per il G8 dell’Aquila: il premier «ha bisogno di mostrarsi un leader credibile a livello internazionale per ripulire la sua immagine», annotano i diplomatici americani, consigliando il “presidente abbronzato” di soccorrere il Cavaliere, che resta l’alleato più utile: debole, e quindi prezioso (info: www.repubblica.it).
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Per non perdersi nella nuova invasione di cables wikileaks. La bussola della questione dei rapporti Italia-Usa-Russia
http://coriintempesta.altervista.org/blog/oltre-il-danno-la-beffa-ma-ormai-il-re-e-nudo/