Italia in fallimento: via Berlusconi e patrimoniale subito
L’Italia a pezzi, la stessa Italia ad personam che vuole a tutti i costi un ecomostro finanziario come la Torino-Lione senza riuscire a spiegarne l’utilità, è ormai sull’orlo del baratro: col terzo debito pubblico del mondo, crescita zero e tassi di interesse alle stelle, non è un’esagerazione dire che siamo già tecnicamente in default: «Non siamo in grado di sostenere questo debito, a meno che non ci sia un intervento immediato: cade il governo, va su un esecutivo tecnico e fa una patrimoniale al volo», coinvolgendo anche i più ricchi – con un maggior prelievo fiscale – nel sostegno della spesa pubblica.
Lo afferma Niccolò Mancini, trader di Piazza Affari, intervistato da Gabriele Battaglia per “PeaceReporter”. Mentre il Paese pensa alle vacanze e il mondo della politica gira a vuoto attorno all’ennesima legge ad personam e alla più recente provocazione leghista, i mercati ci puniscono: la Deutsche Bank si è appena liberata dei titoli pubblici italiani, un segno di sfiducia senza precedenti. E intanto le aste dei titoli di Stato di agosto sono state annullate. Non solo: escono allo scoperto le parti sociali e chiedono in una nota congiunta che il governo affronti i problemi reali del Paese, con toni che assomigliano più a una sfiducia di fatto che a un’esortazione. Situazione gravissima: Mancini pensa che ormai il cerchio si stia chiudendo attorno all’esecutivo.
«La situazione è abbastanza incontrollabile», sostiene l’operatore finanziario, a meno che – come ha fatto anche Giuliano Amato in un’intervista al “Corriere della Sera” il 27 luglio – non si ricorra a una storica imposta patrimoniale: «E’ l’unica strada percorribile», dice Mancini. «Magari non nello stesso modo che utilizzò lui nel ‘92, cioè la tassazione del 6 per mille sui conti correnti, che penalizza tutti. Ci vuole una patrimoniale vera, cioè in base al reddito. Così arrivano tanti soldi, subito, i conti tornerebbero a posto e l’Italia avrebbe di nuovo credibilità. Infatti, il motivo per cui l’Italia è stata bastonata dai mercati è perché si è capito che con la finanziaria, da qui a due-tre anni, si riescono a raggranellare si e no 7 miliardi».
E gli attacchi speculativi al nostro Paese? «Non credo sia quello il problema. Deutsche Bank è forse uno speculatore? Eppure ha venduto l’88 per cento del debito italiano in suo possesso tra gennaio e giugno, facendolo sapere attraverso la pubblicazione del rendiconto semestrale, e suppongo che a questo punto si sia già liberata dei titoli italiani che ancora aveva». Per Mancini il segnale è esplicito: «Vuol dire che anche la Germania non ci crede più. Dopo di che, è chiaro che prestiamo il fianco anche alla speculazione». Adesso si dice che a settembre verranno regolati i Cds (“credit default swap”, prodotti derivati tipicamente speculativi con cui un investitore può scommettere sul fallimento di uno Stato) e quindi può darsi che qualcuno voglia farsi l’ultima “mangiata”. «Ma non è quello il problema: la vecchietta che vende i titoli di Stato in suo possesso perché non vuole che facciano la fine dei bond argentini, è forse una speculatrice? Eppure è proprio quello che sta succedendo».
Attraverso l’Italia si attacca l’Europa? «Non credo, perché l’Euro rimane a 1,43 sul dollaro, è forte». Secondo Mancini, semmai, quello in corso è un attacco ai singoli paesi poco virtuosi, «per cui la gente vende i titoli italiani e si sente più tutelata comprando i Bund tedeschi o gli Oat francesi». Nel 1992 c’era piena consapevolezza della gravità della situazione, mentre ora la gente non se ne accorge: «Si parla di “processo lungo” e ministeri al Nord. Ma se il dicastero dell’Economia fa saltare le aste pubbliche d’agosto – così come è successo – la situazione è grave, perché significa che tu non sei in grado di ripagare il debito da qui a dieci anni».
Sindacati, confindustria, banche, associazioni di categoria: le parti sociali cercano di coalizzarsi per affrontare l’emergenza e intanto “frustano” il governo, che però non risponde. «È come se il governo stesse dicendo: “Venite a prendermi, se ne siete capaci”. Il punto è che stanno proprio andando a prenderlo», dice Mancini. «Si inserisce in questo quadro anche la bocciatura da parte della Corte di giustizia Ue del ricorso di Mediaset sui contributi statali all’acquisto di decoder tv: gli toccherà restituirli». Per l’operatore finanziario della Borsa di Milano, «stanno “andando a prendere” Berlusconi: i poteri forti non lo vogliono più, le parti sociali non lo vogliono più, è solo lui che resta lì tenendo a libro paga la maggioranza parlamentare. La speranza, a questo punto, è che Napolitano gli garantisca l’amnistia e lui se ne vada».
La fine di Berlusconi l’hanno decretata “i mercati”, come è sempre successo in passato: poteri italiani e stranieri. «Quello che c’è di nuovo è che lui non è solo un politico: è un imprenditore. Per cui viene attaccato nel suo portafoglio: le aziende quotate in borsa, il lodo Mondadori, il pronunciamento sui decoder e così via. Vogliono togliere di mezzo definitivamente uno che sta “tirando gli ultimi”», mentre nel frattempo ci siamo bruciati la Finanziaria “lacrime e sangue”: “Già divorata mezza manovra”, titolava “Milano Finanza”. Dall’approvazione della manovra, Piazza Affari ha perso 27 miliardi di capitalizzazione.
Pausa balneare? «No, non c’è tempo: bisogna fare qualcosa subito, a settembre non ci arrivi», sostiene Mancini. «Le grandi banche, giusto per fare un esempio, non possono continuare a perdere soldi per colpa di Berlusconi». Dunque la patrimoniale per tassare i redditi alti? Macché: «Temo che l’urgenza faccia propendere su una semplice tassazione dei conti correnti, colpendo tutti indiscriminatamente», anziché un’ipotesi più articolata, alla francese, che potrebbe colpire i grandi patrimoni in minima percentuale, senza mettere in ginocchio nessuno. L’ideale per l’Italia? Magari una tassa sulle attività finanziarie e sulle seconde case, ma difficilmente sarà introdotta.
Vi prego:
“si riescono a raggranellare si è no 7 miliardi”.
Almeno la differenza tra “e” ed “è”…