Il capitalismo fallisce, soffocato dal debito? E io non pago
La decisione del governo Berlusconi di anticipare la manovra, rispondendo così ai diktat di Bce e “mercati internazionali” svela le ipocrisie e le litanie dell’ultimo mese: la crisi economica si traduce in quello che era lecito immaginarsi, l’ennesimo “massacro sociale” prodotto dalla corsa sfrenata ai profitti di un capitalismo al palo che non riesce a garantire più né benessere né un futuro degno. Si può certo puntare il dito contro il debito pubblico italiano, il terzo debito del mondo, ma senza dimenticare due dati. Quel debito c’era anche un mese fa, un anno fa, tre anni fa e non ha prodotto nessun attacco speculativo, nessuna crisi emergenziale. Secondo, quel debito è la misura non solo della dissennatezza della politica italiana degli ultimi trent’anni ma anche di una gigantesca redistribuzione del reddito dai salari, stipendi e pensioni ai profitti delle grandi banche e della società finanziarie internazionali che detengono gran parte del debito italiano.
E’ dunque utile cercare di guardare la sostanza dei problemi. Negli ultimi due decenni il capitalismo, grazie alla spinta delle politiche dominanti, portate avanti da governi di centrodestra e centrosinistra, ha cercato di salvare sé stesso e la sua assenza di spinta propulsiva accumulando una valanga di debiti. Gli economisti più avvertiti spiegano bene che la lievitazione di “sub-prime” e similari è servita per compensare l’assenza di investimenti produttivi in grado di tenere alti i profitti. Solo che, a un certo punto, per evitare il collasso del sistema, i governi si sono accollati la mole di questi debiti trasferendoli sui bilanci pubblici. Oggi il conto è presentato a lavoratori e lavoratrici, a giovani precari, a donne e pensionati.
Non è un caso se l’unica misura concreta presa dal governo Berlusconi sia quella di anticipare il taglio delle agevolazioni fiscali e assistenziali, cioè le misure che interessano la maggioranza della popolazione, spesso quella che paga le tasse e che vive del proprio lavoro. Allo stesso tempo neanche un euro viene prelevato dalle tasche delle fasce più ricche. A questa decisione, “ordinata” dalla Bce e dai suoi controllori, l’opposizione parlamentare non sa cosa rispondere, balbetta frasi incomprensibili oscillanti tra il senso di responsabilità ordinato dal presidente Napolitano e la necessità di segnalare una diversità che non esiste. Il Parlamento non offrirà risposte né sorprese interessanti visto che si è messo sotto tutela della banche e della finanza.
E anche il sindacato si è voluto incatenare a questa logica, mettendosi sotto la tutela di Confindustria, facendo proprio il dogma del pareggio di bilancio e rilanciando misure come privatizzazioni e riforma del mercato del lavoro. Cosa hanno prodotto tonnellate di leggi – legge Treu, legge 30, etc. – che hanno precarizzato il lavoro oppure le grandi privatizzazioni italiane – Telecom, Autostrade, Alitalia – negli ultimi dieci-quindi anni? Nulla. Il pareggio di bilancio in Costituzione, tra l’altro, impicca l’Italia alle variabili della finanza: che succede se, una volta approvato un bilancio in pareggio, si verifica un rialzo dei tassi di interesse, facendo aumentare la spesa, o se arriva una recessione imprevista?
In questo clima, misure come la Patrimoniale non vengono prese in considerazioni da nessuno: la stessa Cgil l’ha proposta qualche mese fa per poi dimenticarsene. Ma anche sul debito occorre fare una riflessione più seria. Esiste ormai in Europa una corrente di pensiero (vedi il libro “Les dettes illégitimes” di François Chesnais) che arriva addirittura a proporre il non rimborso del debito a certe condizioni. «L’ingiunzione di pagare il debito – spiega Chesnais – si basa implicitamente su questa idea che il denaro, frutto del risparmio pazientemente accumulato con il duro lavoro, sia stato effettivamente prestato. Questo può essere il caso per i risparmi delle famiglie o dei fondi del sistema di pensione per capitalizzazione. Non è il caso delle banche e degli hedge funds. Quando questi “prestano” agli Stati, comprando buoni del Tesoro aggiudicati dal Ministero delle Finanze, lo fanno con somme fittizie, la cui messa a disposizione si basa su una rete di relazioni e di transazioni interbancarie».
Un esempio di non pagamento del debito, con ri-negoziazione con i creditori, spiega ancora l’economista francese, è quanto realizzato nel 2007 dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, che ha realizzato un audit pubblico quantificando il debito detenuto da società di speculazione internazionale o dai banchieri nordamericani i quali sono stati costretti a negoziare con il governo ecuadoregno. Cose da terzo mondo, si dirà, ma la Grecia non ha dimostrato che la situazione in Europa può essere analoga e che quindi il problema non può essere eluso? Anche perché come si può pensare davvero di rientrare da un debito del 120% per Pil senza annientare il nostro Paese?
(Salvatore Cannavò, “E se non pagassimo il debito?”, da “Il Fatto Quotidiano” del 6 agosto 2011).
daccordo, tutto capito, ma diteci cosa dobbiamo fare. qualche piccolo risparmio che non vogliamo più consegnare alle banche, dove lo possiamo mettere affinchè sia al sicuro, che dia qualche piccolo rendimento e che non vada a finanziare guerre o fabbriche di armi? noi piccoli risparmiatori/consumatori abbiamo insieme una grande forza, vorremmo avere consigli per pesare di più…
…essere restituito a nessun banchiere privato in quanto eravamo banchieri di noi stessi. Il debito pubblico corrispondeva alla ricchezza che la nazione italia aveva distribuito ai principali protagonisti del tutto, ovvero ai propri cittadini. Dovevamo solo buttare un’occhio all’inflazione ma avevamo la certezza matematica che non saremmo mai falliti. Oggi invece non abbiamo più una zecca di stato. la moneta la dobbiamo chiedere in prestito alla BCE che non è altro che una SPA di Banche private alla quale dobbiamo effettivamente restituire anche gli interessi. In questo modo possono costringerci all’angolino dicendo che se non ci stiamo dentro con i pagamenti possiamo svenderci un pò di apparati statali per fare cassa, così come si fece con (Sip, Eni, Autostrade Italiane Ecc..) Oggi strapaghiamo tutto e siamo proprietari di niente. In tutto questo, il cittadino non può fare assolutamente nulla. prima di tutto smettila di investire in borsa. Comprati una casa con un’orticello e qualche animale da pascolo con un pò di galline. A breve sarà tutto ciò di cui avrai bisogno e sarai ricco nella miseria generale.
Se permetti rispondo io al tuo quesito, dato che mi sembra che quì ci stiamo scordando qualche pezzo. Nel senso che sopra dimentichiamo di dirci che lo stato non esiste più. Ci appelliamo alla stessa classe politica che si è svenduta la nostra costituzione con il trattato di Lisbona, tanto che ad oggi siamo a subire un commissariamento che equivale a un vero e proprio COLPO DI STATO, dato che nessun cittadino Italiano ha mai votato un referendum per accettare che il Trattato di Lisbona sovrastasse la nostra costituzione. Nessun cittadino Italiano ha mai votato un referendum che ci chiedesse se fossimo d’accordo a rinunciare alla Lira (nostra precedente moneta sovrana che potevamo gestire autonomamente a seconda delle reali necessità sociali e non a seconda delle necessità della finanza privata internazionale) in cambio dell’€. Una moneta che non è di nessuno e che dobbiamo chiedere in prestito pagando gli interessi per riuscire semplicemente a mandare avanti l’apparato statale. Problema che una volta non ci ponevamo essendo proprietari della nostra zecca di stato potevamo generare debito pubblico senza che questo dovesse