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L’intrepido Albanese, nell’Italia devastata dalla crisi

Scritto il 10/9/13 • nella Categoria: Recensioni Condividi Tweet

«Leggo recensioni perplesse de “L’intrepido”, il film di Gianni Amelio con Antonio Albanese, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Ho la netta impressione – dice Gad Lerner – che il fastidio non dipenda dalla maggiore o minore qualità del film, ma dalla domanda imbarazzante che esso solleva». Il protagonista è un lavoratore precario che accetta tutto, ma proprio tutto: «Cambia continuamente lavoro facendo il tappabuchi». E così, lo imbrogliano ogni giorno: «Lo fregano su paga, normative, orari, fatica». E lui? «Sopporta. Non si ribella mai». Dunque, “non c’è trama”. «Ma proprio questo è il punto. L’Italia è un paese con tassi di disoccupazione elevatissimi, in cui i rapporti di lavoro precari hanno superato fra i nuovi assunti quelli regolari. I giovani che non trovano lavoro sono il 40%. Ce n’è due milioni abbondanti che né studiano né lavorano. Ebbene, con tutto questo, com’è che non scoppia una rivoluzione?».

«La risposta alla mancata esplosione di una situazione esplosiva», secondo Lerner, «probabilmente sta principalmente nella demografia: i giovani – per Antonio Albanese nel film di Amelioloro natura più creativi, propensi al rischio, sognatori, rivoluzionari – in Italia sono ormai una minoranza numerica piuttosto ridotta». Le ultime grandi rivolte, in Italia, scoppiarono tra la fine degli anni Sessanta e il ’77, avendo per protagonista la generazione dei baby-boomers. Forse, si può aggiungere che proprio lo “spettacolo” non sempre smagliante offerto da molti intellettuali “rivoluzionari” di allora – reclutati poi a battaglioni, dagli anni ’80, nel mainstream pubblicitario, editoriale, televisivo e giornalistico – è possibile che non incoraggi il ribellismo fisiologico l’attuale generazione “futuro zero”, allevata dalla televisione e disposta a sfogarsi, per lo più, sui social media. Generazione peraltro falcidiata dall’inaudita amputazione delle proprie legittime aspettative di vita: istruzione, formazione, lavoro, credito bancario, matrimonio, casa.

Una volta cresciuti, i baby-boomers avevano animato la grande contestazione per svecchiare la politica e la società, potendo agire comunque all’interno di un’economia sostanzialmente sovrana e protetta, in piena espansione, governata da una partitocrazia corrotta ma determinata a sostenere lo sviluppo del paese attraverso l’enorme propulsione dell’industria di Stato, quella che Bruxelles – su pressione della concorrenza tedesca e francese – ha preteso che venisse smantellata, con il contributo decisivo dell’intellighenzia tecnocratica ed europeista del centrosinistra. Oggi siamo alla catastrofe finale: Fiscal Compact e pareggio di bilancio, cioè condanna dell’economia mediante il taglio della spesa pubblica, in un paese ancora interessato alle vicissitudini di Berlusconi. E’ il paese del lavoratore Il regista, Gianni Ameliotuttofare Antonio Pane, alias Albanese, protagonista de “L’intrepido”. Il film, insiste Lerner, «è per l’appunto un ritratto di questa rassegnazione italiana», e come tale «ci disturba, raccontandoci una condizione esistenziale che non dà adito alla speranza».

(Il film: scritto dal regista Gianni Amelio con Davide Lantieri e prodotto da Palomar con Rai Cinema, “L’intrepido” è stato presentato a Venezia il 5 settembre 2013. Accanto ad Antonio Albanese, nel film – 104 minuti – compaiono Sandra Ceccarelli, Alfonso Santagata, Livia Rossi e Gabriele Rendina. Fotografia di Luca Bigazzi, montaggio di Simona Paggi e musiche di Franco Piersanti).

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