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Lerner: dopo Renzi arriverà Draghi, il podestà della Troika

Scritto il 22/8/14 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

Nuovo primo ministro “tecnico” non appena Renzi sarà rottamato dalla crisi o nuovo presidente, dopo Napolitano, per correggere dal Quirinale il “dilettante” di Firenze? Mario Draghi, che – di fronte all’euro-catastrofe raccomanda ancora più potere a Bruxelles – torna in pole position, sulla scena italiana, come primattore dei poteri forti: fine dellla residua sovranità nazionale, sbaraccamento definitivo dello Stato, estizione storica della democrazia elettorale e parlamentare. Ormai se ne parla apertamente anche in seno al Pd, racconta Gad Lerner, che di recente ha partecipato a un’assemblea dei deputati, raccogliendo anche «istruttuive conversazioni informali» prima dell’incontro. «Per la prima volta – scrive Lerner nel suo blog – in Transatlantico da più parti mi sono pervenuti accenni al “dilettantismo” con cui il governo formula i provvedimenti legislativi e al suo eccesso di improvvisazione». Ma soprattutto, aggiunge, «ho sentito dare per scontato il nome dell’uomo della provvidenza nel caso, ormai apertamente ipotizzato, di un fallimento di Renzi: Mario Draghi».

«È fantapolitica, lo so», premette Lerner. «Di Draghi si parla più realisticamente per la successione di Napolitano al Quirinale, e magari dal Mario Draghi, presidente Bcecolle più alto potrebbe operare la “supervisione” di un governo “dilettantesco”». Poi, però, è giunto da Francoforte l’auspicio a una cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali all’Unione Europea anche in materia di riforme. «Un invito tagliato su misura per l’Italia in recessione». E allora, conclude Lerner, «ho pensato che il podestà forestiero necessario a governare la penisola, il sostituto della Troika, in fondo ce l’abbiamo in casa e parla italiano». Durante la breve stagione del governo Letta, Draghi partecipò a una cena con Napolitano a casa di Eugenio Scalfari, a Roma. E’ dall’epoca del “Britannia” – il summit con la finanza anglosassone per la maxi-privatizzazione dell’Italia, all’inizio degli anni ‘90 – che Draghi è il principale crocevia delle vicende italiane. «Il cattivo discepolo», l’ha ribatezzato l’economista italo-danese Bruno Amoroso, compagno di scuola di Draghi all’epoca in cui erano entrambi allievi del professor Federico Caffè, insigne Gad Lernerpensatore di scuola keynesiana, misteriosamente scomparso nel nulla il 15 aprile 1987.

A “traviare” Draghi, allontanandolo dalla scuola di economia democratica di Caffè, secondo Amoroso sarebbe stato il trasferimento negli Usa e il reclutamento nella Banca Mondiale. Draghi è stato a lungo direttore generale del Tesoro durante le grandi privatizzazioni degli anni ‘90. Il Tesoro era stato staccato dalla Banca d’Italia su iniziativa di Andreatta e Ciampi: la banca centrale aveva smesso di funzionare da “bancomat” a costo zero per il paese e il debito pubblico – messo all’asta, a beneficio della speculazione finanziaria internazionale – era di colpo raddoppiato, ricorda Nino Galloni, già consulente di Andreotti quando il “divo Giulio” condusse – sottobanco – una disperata battaglia per impedire che l’Italia finisse nella costruenda Eurozona a condizioni di sfavore. In seguito, Draghi lavorò per la sistematica privatizzazione del sistema bancario italiano. Di qui le “promozioni” a catena, prima alla guida di Bankitalia e poi al vertice della Bce. Se Renzi può far sorridere i maggiori leader europei, dalla Merkel a Cameron, secondo Gad Lerner il piano-B è già pronto, per piegare definitivamente l’Italia ai diktat dell’oligarchia finanziaria: «Draghi è il podestà forestiero che parla italiano». A “sistemare” il paese, nel caso, ci penserà lui.

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