LIBRE

associazione di idee
  • idee
  • LIBRE friends
  • LIBRE news
  • Recensioni
  • segnalazioni

Expo e MasterChef, l’Italia che insegna a servire i padroni

Scritto il 06/4/15 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

Aveva visto giusto Corrado Ravazzini, nel suo cortometraggio “Perfetto”, a identificare nel ristorante il luogo dove meglio emerge, e meglio viene esibito, lo status sociale nel capitalismo post-moderno. Si andava al ristorante banalmente per mangiare, ma ora tra cuochi che non sono più cuochi bensì chef, tra piatti che non sono più piatti ma opere di arte moderna impossibilitate a riempire lo stomaco perchè miserrime nel contenuto e nelle dimensioni, diventa chiaro che tra il fine (mangiare, possibilmente bene) e il mezzo (il ristorante, guai a chiamarlo trattoria perchè troppo evocatoria di bifolchi camionisti con la camicia a quadretti) si sono inseriti una serie di sgradevoli ostentazioni di “skill sociali” che contribuiscono a farmi guardare all’ambiente degli chef e dei ristoranti blasonati con una sorta di imponderabile disgusto. L’avevamo già visto con il mercato del vino, dove per “ribrandizzare” un buon Barbera erano arrivate orde di buffoni chiamati sommelier a sentire retrogusti improbabili di tabacco e di cumino a questo e quell’altro vino; era necessario trasformare la bevanda popolare per eccellenza, il vino, in uno skill sociale da esibire per dimostrare il proprio status.
Tale disgusto si amplifica a dismisura quando accendo la televisione e osservo per alcuni minuti (limite massimo di tolleranza) una puntata di “Masterchef”. Questa spiacevole sensazione (appunto, di disgusto) non è tuttavia del tutto infruttuosa, perchè ha un effetto pedagogico e mostra chiaramente che l’equazione “ristorante = ostentazione della differenza di classe sociale” non è solo frutto della mia immaginazione ma una realtà oggettiva e conclamata. Del resto non si tratta solo di un paradigma sociale che ci ricorda – per chi l’avesse dimenticato – che viviamo ancora in una società divisa in classi, ma anche del paradigma del capolinea di una nazione, la nostra, che ormai si è ridotta come un paese del terzo mondo a vendere solo cibo e turismo. Se penso all’expo del 2015 dedicato al cibo (si ricordi che per esempio la Tour Eiffel fu costruita appunto nell’expo del 1889, e si raffronti con la miserrima sagra del tartufo nostrana a cui l’abbiamo ridotta nel 2015) mi rendo conto che per un giovane in questo paese non c’è più speranza.
L’unica prospettiva che gli offre questo paese è scegliere tra una carriera come cameriere o come cuoco, magari con la segreta speranza un giorno di diventare chef e rifarsi delle umiliazioni subite dal cliente che per definizione “ha sempre ragione”, e di quelle subite dal padrone che, per definizione, ha ancora più ragione del cliente. Diventa così magicamente spiegabile, per noi outsider del mondo della cucina, tutto l’assurdo interesse sado-masochista, che in questa infelice nazione milioni di persone riversano in questa sarabanda di maleducazione e arroganza chiamata “Masterchef”. Frotte di cuochi e camerieri vedono in “Masterchef” una sorta di rievocazione della loro triste, alienante e frustrante vita quotidiana. Ma c’è di più, “Masterchef” è il momento pedagogico in cui bisogna insegnare a milioni di giovani italiani come ci si comporta nei confronti dei superiori, come subire i peggiori insulti senza fiatare; del resto è questo che offre il mercato del lavoro al giovane italiano.
Se l’industria è morta, finisce la possibilità anche solo teorica di fare una carriera “tecnica” in cui il lavoro sia scisso dal suo aspetto servile di “sudditanza al cliente” (e al padrone). Ma l’industria è morta e all’Expo si parlerà di cibo, cibo solo cibo e nient’altro che cibo… Riflesso di ciò che l’Italia è diventata: un paese con una minoranza di ricchi e una maggioranza di poveri che possono lavorare solo e soltanto in una serie di lavori servili che gratifichino i padroni, perchè è questa la traduzione vera della parola arcana “terziarizzazione” dietro la quale si cercano di nascondere le tremende condizioni della società capitalistica postindustriale. Credevamo che la fabbrica fosse l’apice dello sfruttamento, e invece è arrivata l’era del ristorante, degli chef e dei “Masterchef”. Cari giovani, buona fortuna, ne avremo bisogno.
(Enrico Fiorini, “Masterchef ed Expo, l’Italia dei servi e dei padroni”, da “L’Interferenza” del 23 marzo 2015).

Aveva visto giusto Corrado Ravazzini, nel suo cortometraggio “Perfetto”, a identificare nel ristorante il luogo dove meglio emerge, e meglio viene esibito, lo status sociale nel capitalismo post-moderno. Si andava al ristorante banalmente per mangiare, ma ora tra cuochi che non sono più cuochi bensì chef, tra piatti che non sono più piatti ma opere di arte moderna impossibilitate a riempire lo stomaco perchè miserrime nel contenuto e nelle dimensioni, diventa chiaro che tra il fine (mangiare, possibilmente bene) e il mezzo (il ristorante, guai a chiamarlo trattoria perchè troppo evocatoria di bifolchi camionisti con la camicia a quadretti) si sono inseriti una serie di sgradevoli ostentazioni di “skill sociali” che contribuiscono a farmi guardare all’ambiente degli chef e dei ristoranti blasonati con una sorta di imponderabile disgusto. L’avevamo già visto con il mercato del vino, dove per “ribrandizzare” un buon Barbera erano arrivate orde di buffoni chiamati sommelier a sentire retrogusti improbabili di tabacco e di cumino a questo e quell’altro vino; era necessario trasformare la bevanda popolare per eccellenza, il vino, in uno skill sociale da esibire per dimostrare il proprio status.

Tale disgusto si amplifica a dismisura quando accendo la televisione e osservo per alcuni minuti (limite massimo di tolleranza) una puntata di “Masterchef”. Questa spiacevole sensazione (appunto, di disgusto) non è tuttavia del tutto infruttuosa, perchè ha Diego Abatantuonoun effetto pedagogico e mostra chiaramente che l’equazione “ristorante = ostentazione della differenza di classe sociale” non è solo frutto della mia immaginazione ma una realtà oggettiva e conclamata. Del resto non si tratta solo di un paradigma sociale che ci ricorda – per chi l’avesse dimenticato – che viviamo ancora in una società divisa in classi, ma anche del paradigma del capolinea di una nazione, la nostra, che ormai si è ridotta come un paese del terzo mondo a vendere solo cibo e turismo. Se penso all’expo del 2015 dedicato al cibo (si ricordi che per esempio la Tour Eiffel fu costruita appunto nell’expo del 1889, e si raffronti con la miserrima sagra del tartufo nostrana a cui l’abbiamo ridotta nel 2015) mi rendo conto che per un giovane in questo paese non c’è più speranza.

L’unica prospettiva che gli offre questo paese è scegliere tra una carriera come cameriere o come cuoco, magari con la segreta speranza un giorno di diventare chef e rifarsi delle umiliazioni subite dal cliente che per definizione “ha sempre ragione”, e di quelle subite dal padrone che, per definizione, ha ancora più ragione del cliente. Diventa così magicamente spiegabile, per noi outsider del mondo della cucina, tutto l’assurdo interesse sado-masochista, che in questa infelice nazione milioni di persone riversano in questa sarabanda di maleducazione e arroganza chiamata “Masterchef”. Frotte di cuochi e camerieri vedono in “Masterchef” una sorta di rievocazione della loro triste, alienante e frustrante vita quotidiana. Ma c’è di più, “Masterchef” è il MasterChefmomento pedagogico in cui bisogna insegnare a milioni di giovani italiani come ci si comporta nei confronti dei superiori, come subire i peggiori insulti senza fiatare; del resto è questo che offre il mercato del lavoro al giovane italiano.

Se l’industria è morta, finisce la possibilità anche solo teorica di fare una carriera “tecnica” in cui il lavoro sia scisso dal suo aspetto servile di “sudditanza al cliente” (e al padrone). Ma l’industria è morta e all’Expo si parlerà di cibo, cibo solo cibo e nient’altro che cibo… Riflesso di ciò che l’Italia è diventata: un paese con una minoranza di ricchi e una maggioranza di poveri che possono lavorare solo e soltanto in una serie di lavori servili che gratifichino i padroni, perchè è questa la traduzione vera della parola arcana “terziarizzazione” dietro la quale si cercano di nascondere le tremende condizioni della società capitalistica postindustriale. Credevamo che la fabbrica fosse l’apice dello sfruttamento, e invece è arrivata l’era del ristorante, degli chef e dei “Masterchef”. Cari giovani, buona fortuna, ne avremo bisogno.

(Enrico Fiorini, “Masterchef ed Expo, l’Italia dei servi e dei padroni”, da “L’Interferenza” del 23 marzo 2015).

Articoli collegati

  • Airbnb fa male: il turismo low cost sfratta i meno abbienti
  • Expo, fiasco segreto: affari loro, e indovinate chi pagherà?
  • Expo, la resa dell'Italia: saremo solo pizza e mandolino
  • Bravi, lavorate da casa: così vi sfrutteremo ancora di più
  • Sorpresa, l'italiano è la quarta lingua più studiata al mondo
  • Giovani al lavoro gratis per l'Expo dei ladri e degli ipocriti
  • L'antispreco è servito, tra gli chef anche Serge Latouche
  • A cena con l'assassino: così il Ttip ci avvelena il menù
  • Rischio fame: il clima impazzito farà scoppiare i prezzi
Tag: alienazione, arroganza, arte, capitalismo, chef, cibo, cinema, Corrado Ravazzini, cucina, disgusto, disoccupazione, Enrico Fiorini, Expo 2015, Fabbrica, film, flessibilità, Francia, frustrazioni, giovani, industria, Jobs Act, L'Interferenza, lavoro, mainstream, maleducazione, marketing, masochismo, Masterchef, mercato, Milano, miseria, outsider, paradigma, parigi, pedagogia, Perfetto, popolo, postmoderno, potere, poveri, precari, progresso, ricchi, ristorazione, sadismo, sadomasochismo, schiavitù, servi, sfruttamento, sociale, società, sommelier, sottomissione, speranza, spettacolo, sudditanza, tecnologia, televisione, terziarizzazione, terzo mondo, tolleranza, Tour Eiffel, umiliazioni, video, vino, volgarità

1 Commento

Trackbacks

  1. Expo e MasterChef, l’Italia che insegna a servire i padroni | Misteri e Controinformazione – Newsbella

Libri

UNA VALLE IN FONDO AL VENTO

Articoli collegati

    Airbnb fa male: il turismo low cost sfratta i meno abbienti
    Expo, fiasco segreto: affari loro, e indovinate chi pagherà?
    Expo, la resa dell'Italia: saremo solo pizza e mandolino
    Bravi, lavorate da casa: così vi sfrutteremo ancora di più
    Sorpresa, l'italiano è la quarta lingua più studiata al mondo
    Giovani al lavoro gratis per l'Expo dei ladri e degli ipocriti
    L'antispreco è servito, tra gli chef anche Serge Latouche
    A cena con l'assassino: così il Ttip ci avvelena il menù
    Rischio fame: il clima impazzito farà scoppiare i prezzi
Condividi Libre
Follow @libreidee
Sottoscrivi il feed Libre  Feed via FeedBurner

Pagine

  • Blind Wine
  • Chi siamo
  • Contatti
  • Pubblicità su Libreidee.org
  • Siberian Criminal Style
  • UNA VALLE IN FONDO AL VENTO

Archivi

Link

  • BLIND WINE
  • Cadavre Exquis
  • Centro Studi Ambientali
  • Hammam Torino
  • Il Cambiamento
  • Libre scrl
  • Movimento per la Decrescita Felice
  • Neuma
  • Nicolai Lilin
  • Penelope va alla guerra
  • Rete del Caffè Sospeso
  • Rialto Sant’Ambrogio
  • Rubamatic
  • Shake edizioni
  • TYC
© 2019 LIBRE • Realizzato con da Libre sc