Se Zalone rottama l’Italia dove tutti avevano un lavoro
Si è già scritto parecchio, e da diversi punti di vista, sul film di Checco Zalone “Quo Vado?”. C’è chi lo accusa di essere pro-governativo e chi contro. Il “Corriere della Sera” definisce il film come rottamatore del posto fisso, il “Fatto Quotidiano” lo stronca perché attacca donne, neri e portatori di handicap. Io credo che un film di indiscusso successo meriti qualche ulteriore considerazione, anche in chiave economica; non si può restare indifferenti di fronte alle parole della canzone finale del film dove si parla del debito pubblico come fardello lasciato ai nipoti e dei tanti vizi e delle inesistenti virtù dell’Italia della Prima Repubblica. Il film gioca sui luoghi comuni del posto fisso statale, in difesa del quale il protagonista combatte una tenace battaglia contro il tecnico incaricato direttamente dal ministro il quale, in pieno clima di spending review, vuole dar prova di saper snellire ed efficientare la pubblica amministrazione. Un ragazzo che guarda il film potrebbe farsi un’idea dell’Italia che non combacia con la realtà.
È vero che il posto fisso statale in Italia è stato utilizzato anche come ammortizzatore sociale, per assorbire una parte della disoccupazione prodotta da un sistema industriale che per crescere in produttività ha ridotto l’occupazione, invece di aumentare la domanda aggregata con deficit produttivi. È vero anche che la produttività (che in realtà bisogna capire meglio cosa rappresenti) dell’impiegato Zalone non era di sicuro la massima possibile, ma quell’Italia con le sue inefficienze era comunque la quinta potenza industriale al mondo. Saranno esistiti di sicuro i paraplegici che danzavano, come dice la canzone, e che ricevevano comunque i sussidi, ma oggi un vero paraplegico rischia di chiedere l’elemosina per poter vivere.
Nel film, Zalone fa ricorso a tanti strumenti per tenersi stretto il posto fisso, alcuni legittimi (come l’aspettativa) altri meno (simulare una malattia), ma sono strumenti che fanno parte di un welfare conquistato con dure lotte dai nostri padri, in grado di garantire al lavoratore la tutela del proprio lavoro. La ridicolizzazione di questi istituti nel film può creare un clima di favore nel pubblico alla loro riduzione (se non eliminazione) perché può favorire l’idea che se ci sono persone che abusano di questi strumenti allora lo strumento è sbagliato e va eliminato. Infine merita una considerazione anche il sindaco mafioso che, non avendo più i tanti soldi da elargire tramite il consenso, mostra tutta la sua crudeltà nel tagliare i fondi delle attività sociali in un Sud già povero in molti sensi. Sicuramente, penso senza volerlo, si mostra come in questa situazione di austerità il sindaco mafioso diventa a sua volta “picciotto” di uno Stato mandante con le stesse criminali finalità.
Quando Zalone entra nel terreno che non sa essere della macroeconomia, risulta di sicuro pesantemente impreparato o malconsigliato. La sua arguzia comica funziona in termini di successo al botteghino, ma rischia di allinearsi alla più banale campagna liberista. È giusto ridere dei vizi di un paese sapendo, però, che questa volta le risate sono solo di “pancia” e non di “testa”. Infine, è sempre il caso di ricordarsi che 8,5 euro di biglietto non potrà mai pagarli un disoccupato, mentre è probabilissimo lo possa fare chi ha un posto fisso. Per qualunque Stato a moneta sovrana è sempre meglio un posto fisso poco produttivo che un disoccupato. È la macroeconomia.
(Stefano Sanna, “Quo vado? Di sicuro non vero la macroeconomia”, dal blog “Rete Mmt” del 14 gennaio 2016).
Francesco Miglino CHECCO ZALONE, nel film “QUO VADO” aggiunge alle pretestuose motivazioni dei politici, fortemente interessati a smantellare le Province per privatizzarne i lucrosi servizi pubblici essenziali, la evidente componente dispregiativa, mediata dalla comicità, verso i pubblici amministratori, al punto che molti IMPIEGATI hanno protestato nel vedersi rappresentati come scansafatiche, incapaci ed odiosi parassiti.
Dopo la visione del film si è ben disposti all’idea di mandare tutti a casa, liberandoci di gente pagata ed inutile.
E’ proprio il messaggio che gli accaparratori dei servizi pubblici volevano passasse sino a giungere alle masse ultrapopolari che seguono Checco Zalone.
Francesco Miglino CHECCO ZALONE è il secondo artista pugliese certamente funzionale ai poteri forti perché permea con messaggi a loro utili l’ inconscio profondo delle stratificazioni ultrapopolari.
Il primo artista cantò “chi non lavora non fa l’ amore” mentre la classe operaia, con uno sciopero lunghissimo, stava strappando al padronato italiano consistenti rivendicazioni sociali e salariali.
Gli industriali erano spaventati dalla determinazione degli operai a non rientrare in fabbbica per attivare le strutture e produrre, il che comportava la perdita di commesse e di competizione.
La canzone divenne un mantra ossessivo su cui si innestarono anche dibattiti sugli scioperanti e sul diritto di sciopero; a detta della stampa padronale, pare che il messaggio implicito nel ritornello “chi non lavora non fa l’ amore”, funzionasse.
Apparvero molte interviste di donne fresche di matrimonio, con le rate degli elettrodomestici da pagare , che si vantavano di negarsi al marito sino a che non fosse rientrato in fabbrica.
Oggi si verifica contro il nostro paese un’aggressione che avvantaggia la finanza straniera, un’aggressione che tuttavia terrorizza coloro che la stanno mettendo in atto, essendo consapevoli che sarebbero spacciati se il popolo italiano venisse a conoscenza dei loro progetti devastanti.
Sulla forte spinta della finanza apolide, che mira a mettere le mani sulle lucrose gestioni dei servizi sociali, si stanno smantellando oggi le Province con la motivazione che sono un inutile peso burocratico che rallenta l’ economia e che vanno smantellate – secondo la finta opposizione – in nome del risparmio. Con il film “Quo vado” ZALONE AGGIUNGE UNA TERZA MOTIVAZIONE: mandare a casa gli impiegati ossessionati dal posto fisso, scansafatiche ed odiosamente parassiti.
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Notizie
Francesco Miglino
a
Zelig
16 gennaio alle ore 2:32 ·
SPUNTA IL FILM DI ZALONE “QUO VADO” in coincidenza con il GRANDE BOTTINO che è la privatizzazione dei lucrosi servizi pubblici essenziali gestiti ed erogati proprio dalle PROVINCE.
PROPAGANDATO in modo forsennato dalle televisioni pilotate da gruppi finanziari , il film di ZALONE “QUO VADO” è un comizio che mira a rendere indolore il massacro dei nostri servizi pubblici essenziali presi d’ assalto da famelici privati, accreditando la tesi che i servizi pubblici di cui godiamo da mezzo secolo, fra cui quello pubblico sanitario definito il migliore al mondo, è MEGLIO CEDERLI perchè gestiti ed erogati da impiegati dipinti come incapaci ed insopportabili scansafatiche, talmente odiosi che è meglio liberarsi di loro.
L’ originale contesto scenografico non riesce a far passare in secondo piano le trite battute denigratorie sulla pubblica amministrazione che non faranno certamente sorridere la maggioranza dei lavoratori pubblici che, malgrado vessati dalla politica, fanno funzionare il Paese.
Ma oltre ai pubblici amministratori, non sorrideranno neppure i cittadini quando capiranno che i danni che li aspettano per le privatizzazioni li costringeranno a svenarsi per pagare costose bollette per servizi essenziali, di cui non possono fare a meno, affidati nelle mani di impietosi e famelici privati
In effetti, il film “Quo Vado?” е ‘molto buono e istruttiva. Tutti pensavano che il personaggio principale sarà punito, ma ha incontrato l’amore di folle!! Vi consiglio di guardare questo film ( http://www.altadefinizione.one/4133-quo-vado-2016.html )