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Euro e Ue, dai 5 Stelle l’alternativa italiana: le comiche

Scritto il 27/6/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi Tweet

Il 18 dicembre 2014, frase storica, Beppe Grillo proclamava, alla sede della stampa estera in via della Mercede: «Il problema vero non è uscire dall’euro: è uscire il più velocemente possibile. Sperimentare un altro modello di sviluppo». Quel sanguigno uomo – di cui tutto si potrà dire meno che sia un calcolatore, come invece la gran parte delle creature politiche che hanno generato – aveva percorso in lungo e largo l’Italia in quegli anni, e in particolare nel 2012-2013, davanti a pochi giornalisti, gridando che l’euro è «un cappio al collo che si restringe di giorno in giorno», che uscirne «è scontato, bisogna solo fare in modo che sia in fretta», e suggerendo «una svalutazione del 40-50 per cento con la lira». Ma poi lo stesso Grillo s’aggrappava anche a un suo personale piano B dialettico se trovava qualche interlocutore che gli rivolgesse delle obiezioni. «Io non ho mai detto usciamo dall’euro! Io non voglio uscire dall’euro!», urlò su un palco nel luglio 2015. E, a un cronista di La7: «Un referendum? Uscire dall’euro è la mia impressione, ma solo un’opinione personale». L’aveva derubricata a «opinione personale».
Ieri sul blog è apparso invece un post dal titolo democristiano, «La Ue o cambia o muore»: «L’Ue deve cambiare, altrimenti muore. Le istituzioni comunitarie, e in particolare la troika (Fmi, Bce e Commissione europea) devono iniziare a domandarsi dove hanno sbagliato e come possono risolvere l’enorme problema che hanno generato. Ci sono milioni e milioni di cittadini europei sempre più critici, che non si riconoscono in questa Unione fatta di banche e ricatti economici. Pensiamo al caso greco, un paese ormai al collasso». Va bene, direte, questo è Grillo. Se però prendiamo Luigi Di Maio, l’aspirante premier, la coerenza non aumenta. Il 13 dicembre 2014 a Bovisio – al “Firma day” – Di Maio firmava per fare un referendum, sì, ma spiegava anche che a quel referendum (ammesso che sia mai possibile giuridicamente tenerlo) lui voterebbe per uscire dall’euro, «uscire dalla moneta unica significa più energia nostra, più investimenti per le imprese, e significa meno troika, e quindi meno tasse e meno stritolamento dei nostri connazionali» (video naturalmente ben rilanciato sui siti della Casaleggio, con record pubblicitari e di visioni). Sette mesi dopo, invece, diceva: abbandonare l’euro «sarebbe l’extrema ratio. Ma non credo che ci arriveremo».
Due mesi fa, in missione a Londra, altro coniglio dal cilindro: «Noi siamo contro la Brexit perché siamo convinti che l’Ue possa essere una risorsa. Poi tutt’altro discorso si fa sull’euro…». In un documento della comunicazione M5S, inviato da Silvia Virgulti a tutti i parlamentari e svelato dalla Stampa nel luglio 2015, all’epoca del dramma dei migranti a Ventimiglia, si invitava a usare la tragedia in chiave no euro: «Questa storia di Ventimiglia può farci gioco per ritirare fuori il tema no euro e no Europa dei burocrati». Se ricordiamo queste affermazioni, giravolte, cambi di idea, cinismi, è perché, tra la sera di giovedì e la giornata di ieri, ne sono successe un altro paio notevoli, nel Movimento, su Europa ed euro. Nella tarda serata di giovedì, quando sembrava – secondo i sondaggi – che stesse vincendo il Remain, è uscito sul blog un testo in dieci punti per spiegare tutti i temi della Brexit, ma al punto 10 c’era scritto chiaramente: «Il M5S è in Europa e non ha nessuna intenzione di abbandonarla. Se non fossimo interessati all’Unione Europea non ci saremmo mai candidati (…). Ma ci sono molte cose di questa Europa che non funzionano. L’unico modo per cambiare questa “Unione” è il costante impegno istituzionale, per questo il M5S si sta battendo per trasformare l’Ue dall’interno».
Tuttavia esiste un’altra versione, ancora ben visibile nelle cache di Internet, senza il punto 10. Chi l’ha fatta introdurre quella frase, Di Maio? Sono stati gli stessi lettori del blog a rivoltarsi: «Vi hanno puntato una pistola alla tempia per scrivere il punto 10?». Per di più il 20 maggio apparve sul blog un altro testo, che invitava a liberarsi dal «cappio della moneta unica», e aveva un punto dieci totalmente diverso, che recitava così: «In Italia non si tiene un referendum sull’Europa dal 1989, ed i cittadini dovrebbero poter esprimere la loro opinione, senza dover sempre subire decisioni calate dall’alto. In ogni caso il governo italiano dovrebbe negoziare con Bruxelles condizioni favorevoli alla sua permanenza in Ue su una molteplicità di fattori che attualmente premiano solo ed esclusivamente i paesi del Nord Europa». Qual è la verità? Ripeti una bugia cento, mille, un milione di volte, e diventerà verità, diceva qualcuno. Anche se quella bugia la cambi spesso.
(Jacopo Iacoboni, “«Siamo in Europa». No, «l’Ue cambia o muore». Le giravolte di Grillo e dell’europeista Di Maio”, da “La Stampa” del 25 giugno 2016).

Il 18 dicembre 2014, frase storica, Beppe Grillo proclamava, alla sede della stampa estera in via della Mercede: «Il problema vero non è uscire dall’euro: è uscire il più velocemente possibile. Sperimentare un altro modello di sviluppo». Quel sanguigno uomo – di cui tutto si potrà dire meno che sia un calcolatore, come invece la gran parte delle creature politiche che hanno generato – aveva percorso in lungo e largo l’Italia in quegli anni, e in particolare nel 2012-2013, davanti a pochi giornalisti, gridando che l’euro è «un cappio al collo che si restringe di giorno in giorno», che uscirne «è scontato, bisogna solo fare in modo che sia in fretta», e suggerendo «una svalutazione del 40-50 per cento con la lira». Ma poi lo stesso Grillo s’aggrappava anche a un suo personale piano B dialettico se trovava qualche interlocutore che gli rivolgesse delle obiezioni. «Io non ho mai detto usciamo dall’euro! Io non voglio uscire dall’euro!», urlò su un palco nel luglio 2015. E, a un cronista di La7: «Un referendum? Uscire dall’euro è la mia impressione, ma solo un’opinione personale». L’aveva derubricata a «opinione personale».

Ieri sul blog è apparso invece un post dal titolo democristiano, «La Ue o cambia o muore»: «L’Ue deve cambiare, altrimenti muore. Le istituzioni comunitarie, e in particolare la troika (Fmi, Bce e Commissione europea) devono iniziare a domandarsi Grillodove hanno sbagliato e come possono risolvere l’enorme problema che hanno generato. Ci sono milioni e milioni di cittadini europei sempre più critici, che non si riconoscono in questa Unione fatta di banche e ricatti economici. Pensiamo al caso greco, un paese ormai al collasso». Va bene, direte, questo è Grillo. Se però prendiamo Luigi Di Maio, l’aspirante premier, la coerenza non aumenta. Il 13 dicembre 2014 a Bovisio – al “Firma day” – Di Maio firmava per fare un referendum, sì, ma spiegava anche che a quel referendum (ammesso che sia mai possibile giuridicamente tenerlo) lui voterebbe per uscire dall’euro, «uscire dalla moneta unica significa più energia nostra, più investimenti per le imprese, e significa meno troika, e quindi meno tasse e meno stritolamento dei nostri connazionali» (video naturalmente ben rilanciato sui siti della Casaleggio, con record pubblicitari e di visioni). Sette mesi dopo, invece, diceva: abbandonare l’euro «sarebbe l’extrema ratio. Ma non credo che ci arriveremo».

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Tuttavia esiste un’altra versione, ancora ben visibile nelle cache di Internet, senza il punto 10. Chi l’ha fatta introdurre quella frase, Di Maio? Sono stati gli stessi lettori del blog a rivoltarsi: «Vi hanno puntato una pistola alla tempia per scrivere il punto 10?». Per di più il 20 maggio apparve sul blog un altro testo, che invitava a liberarsi dal «cappio della moneta unica», e aveva un punto dieci totalmente diverso, che recitava così: «In Italia non si tiene un referendum sull’Europa dal 1989, ed i cittadini dovrebbero poter esprimere la loro opinione, senza dover sempre subire decisioni calate dall’alto. In ogni caso il governo italiano dovrebbe negoziare con Bruxelles condizioni favorevoli alla sua permanenza in Ue su una molteplicità di fattori che attualmente premiano solo ed esclusivamente i paesi del Nord Europa». Qual è la verità? Ripeti una bugia cento, mille, un milione di volte, e diventerà verità, diceva qualcuno. Anche se quella bugia la cambi spesso.

(Jacopo Iacoboni, “«Siamo in Europa». No, «l’Ue cambia o muore». Le giravolte di Grillo e dell’europeista Di Maio”, da “La Stampa” del 25 giugno 2016).

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Tag: banche, Bce, Beppe Grillo, Brexit, cinismo, coerenza, collasso, Commissione Europea, Dc, economia, energia, euro, Europa, europeismo, Eurozona, Fmi, Gianroberto Casaleggio, Grecia, imprese, investimenti, istituzioni, Jacopo Iacoboni, La Stampa, La7, libertà, lira, Londra, Luigi Di Maio, M5S, menzogne, migranti, moneta, movimento 5 stelle, Nord Europa, opinione pubblica, referendum, Remain, ricatto, risorse, Silvia Virgulti, sondaggi, sovranità, svalutazione, sviluppo, tecnocrati, troika, Ue, Unione Europea, Ventimiglia

7 Commenti

  1. bauhaus
    27 giugno 2016 • 15:26

    E’ ciò che i burattinai del Movimento fanno fin dall’inizio: dire tutto e il contrario di tutto affinché abbocchino più persone possibili, tra insoddisfatti di ogni colore politico e soprattutto gente affamata di democrazia partecipativa ma, ahimé, spesso ignorante o ingenua al punto di delegare le scelte della “partecipazione” a leader dai volti giovani e rassicuranti.

    E mentre il M5S si riconferma essere un progetto nato per tenere a bada i dissenzienti, la troika si avvicina a grandi passi affamata dei soldi e beni pubblici degli italiani, troppo intenti a discettare di corruzione e scontrini per fare l’unica cosa utile: uscire dall’eurozona, come spiegato qui http://www.ilpopulista.it/news/24-Giugno-2016/2197/barra-caracciolo—l-europa.html

  2. Christian
    27 giugno 2016 • 16:24

    M5S fai SCHIFO! TRADITORI! E voi, “grillini” inguaribili, mi raccomando non aprite mai gli occhi, eh? Avrete il vostro damerino DiMaio a Palazzo Chigi, statene tranquilli, ma, ma… poi però non vi lamentate se le cose continueranno a procedere in questo modo!

    Ma va bene così, e siccome credo che ormai sia perlopiù noto che il M5S è un partito/azienda (con Casaleggio Associati che ha un sacco di rapporti con il mondo bancario a stelle e strisce), nonchè partito civetta, cioè appostitamente costruito per convogliare il crescente dissenso delle masse, verso canali dove possa essere sfruttato dal potere. Ma il bello, è che basterebbe solamente fare una piccola e veloce ricerca peraccorgersi di come Grillo, ad esempio, sia sempre stato in contatto con gli americani (famose poi i suoi incontri con l’ambasciatore Usa; ah proposito, per quale cazzo di motivo Grillo, appena ceato il M5S, si incontrò con gli americani, non è dato saperlo, anche se un ideuzza c’è l’avrei..), famoso poi il documento americano, dove vi era espressamente scritto nero su bianco, che Grillo e il M5S

  3. antonio
    2 luglio 2016 • 07:53

    ma siete tutti rifondaroli, da queste parti? a leggere i commenti sembra di sì. l’alba dei morti viventi…

  4. Christian
    27 giugno 2016 • 16:27

    famoso poi il documento americano, dove vi era espressamente scritto nero su bianco, che Grillo veniva considerato dagli Usa, “valido interlocutore”…

  5. bauhaus
    28 giugno 2016 • 15:59

    David Borrelli (M5S) oggi dice che il vero problema non è l’Unione Europea ma i governi nazionali (!!!). Le elite non potevano sperare in qualcosa di meglio neanche proponendoci un Monti bis o un Renzi al quadrato.

  6. Gianfranco
    27 giugno 2016 • 21:37

    ottima analisi!

  7. renato
    2 luglio 2016 • 16:44

    Finora chi ha sollevato critiche al Movimento è stato definito piddino, leghista, massone, e ora pure “rifondarolo” (questa mi mancava!). Sembrano avere una fonte inesauribile di etichette da affibbiare agli altri. D’altronde, stante la pochezza degli argomenti, è l’unico modo che hanno di delegittimare. Oppure una bella querela, come nel caso recente di Messora, che da sostenitore del M5S (come un tempo anch’io) è diventato loro acerrimo nemico. Francamente, una setta offre più libertà di pensiero, ma contenti voi…

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