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Ma il Renzi francese finirà tra i fischi, come quello italiano

Scritto il 12/5/17 • nella Categoria: idee Condividi Tweet

Durante la campagna elettorale francese e nelle ore successive alla vittoria di Emmanuel Macron, i media nostrani hanno tessuto paragoni, molto innocenti, tra il candidato di “En Marche!” e l’ex-premier Matteo Renzi. Utilizziamo l’aggettivo “innocente” perché, ovviamente, ci si è guardati dall’evidenziare le incredibili analogie tra le carriere di due 39enni che, con stucchevole celerità, hanno scalato (o addirittura fondato) un partito, per poi essere catapultati nella stanza dei bottoni saltando a piè pari il classico cursus honorum della politica. Entrambi sponsorizzati da una grande banca d’affari (la Rothschild per Macron e la Jp Morgan per Renzi), entrambi aiutati da scandali giudiziari (il Penelopegate che affossa Fillon e “l’affare stadio” che spiana la strada di Renzi verso il Comune di Firenze), entrambi benedetti da Washington e dal “luogotenente” Angela Merkel, entrambi incensati dal milieu intellettuale-mediatico, entrambi aiutati dalla “fortuna” nella loro conquista del potere (la scissione tra socialisti e “France Insoumise” nel caso Macron, la defenestrazione tutta extra-parlamentare di Enrico Letta nel caso di Renzi).
No, non era interesse dei media soffermarsi su questi curiosi, ma scomodi, particolari: la loro volontà era piuttosto quella di evidenziare come entrambi incarnino il rinnovamento, la modernità, l’europeismo, l’apertura agli ideali liberali. Soprattutto, si è tentato in Italia di sfruttare la vittoria di Emmanuel Macron per rilanciare Renzi, quasi che l’ex-premier potesse ricevere in dono dal nuovo inquilino dell’Eliseo una seconda vita politica. “L’Espresso” di Carlo De Debenetti è arrivato addirittura a scrivere, lo scorso 5 aprile: «La nuova sfida di Renzi: diventare Macron. L’ex premier guarda al candidato centrista francese. Perché una sua vittoria avrebbe effetti anche in Italia. E gli lancerebbe la volata verso la riconquista di partito e governo». Viviamo, si sa, un’epoca in cui cadono le illusioni sulla democraticità delle nostre istituzioni, un’epoca di massiccia e costante guerra psicologica, un’epoca in cui la razionalità è una merce sempre più rara. Sono tempi in cui si potrebbe leggere sul giornale: “La nuova sfida della frittata: diventare uovo”.
Già. Non c’è alcun dubbio che la narrazione dei media su Macron e Renzi sia deliberatamente invertita dal punto di vista cronologico. Non è l’ex-premier italiano che può diventare Macron (perché il momento magico che quest’ultimo ora vive, Renzi lo ebbe nella lontana primavera del 2014), quanto piuttosto è il nuovo presidente francese ad essere probabilmente ossessionato dal triste epilogo dell’ex-presidente del Consiglio. L’Italia, infatti, si colloca rispetto alla Francia un passo in avanti in termini di crisi economica/politica: l’esperienza del giovane “rottamatore” appartiene non al nostro presente, ma al nostro passato, ed è stata brutalmente archiviata il 4 dicembre scorso con la bocciatura del referendum costituzionale. Sono bastati mille giorni (Job Acts, privatizzazioni, inasprimenti fiscali, immigrazione incontrollata, disoccupazione a due cifre, stagnazione economica) perché l’indice di gradimento di Renzi scivolasse sotto il 30% e gli italiani decidessero di sbarazzarsi di lui, ricordando l’infausta promessa “se perdo il referendum, lascio la politica”.
Constata l’identità tra l’agenda di Renzi e quella di Macron, è facile prevedere che lo stesso tempo sia sufficiente per annichilire politicamente l’ex-Rothschild: data la maggiore dose di “mercato” che Macron deve introdurre in Francia, l’assenza di un saldo partito di riferimento e la bellicosità della società francese, è addirittura ipotizzabile che l’enfant prodige della politica francese entri in crisi addirittura nel secondo anno di presidenza. Il “Financial Times” a suo tempo descrisse Renzi come “the last hope for the italian élite”: noi possiamo senza alcun indugio descrivere Macron come “l’ultima speranza dell’establishment francese”. Dopo il quinquennio dell’ex-Rothschild, non ci sarà più nessuna presidenza socialista, né centrista, né repubblicana: sarà l’ora delle forze anti-sistema, che si chiamino Front National o con un altro nome, che a guidarle sia ancora Marine Le Pen od un’altra figura. Il pendolo ha ripreso il suo viaggio verso la dissoluzione economica dell’Unione Europea e, in ordine cronologico, sono tre le prossime tappe salienti: il precipitare della situazione italiana, complice anche la prossima instabilità politica; una nuova recessione globale che cova sotto le ceneri; il rialzo dei tassi da parte dalla Fed e/o della Bce. Come direbbero in Francia: nous avons perdu une bataille, on gagnera la guerre!
(Federico Dezzani, estratto dal post “La Francia ha scelto il suo Matteo Renzi, e già sappiamo che fine farà”, dal blog di Dezzani dell’8 maggio 2017).

Durante la campagna elettorale francese e nelle ore successive alla vittoria di Emmanuel Macron, i media nostrani hanno tessuto paragoni, molto innocenti, tra il candidato di “En Marche!” e l’ex-premier Matteo Renzi. Utilizziamo l’aggettivo “innocente” perché, ovviamente, ci si è guardati dall’evidenziare le incredibili analogie tra le carriere di due 39enni che, con stucchevole celerità, hanno scalato (o addirittura fondato) un partito, per poi essere catapultati nella stanza dei bottoni saltando a piè pari il classico cursus honorum della politica. Entrambi sponsorizzati da una grande banca d’affari (la Rothschild per Macron e la Jp Morgan per Renzi), entrambi aiutati da scandali giudiziari (il Penelopegate che affossa Fillon e “l’affare stadio” che spiana la strada di Renzi verso il Comune di Firenze), entrambi benedetti da Washington e dal “luogotenente” Angela Merkel, entrambi incensati dal milieu intellettuale-mediatico, entrambi aiutati dalla “fortuna” nella loro conquista del potere (la scissione tra socialisti e “France Insoumise” nel caso Macron, la defenestrazione tutta extra-parlamentare di Enrico Letta nel caso di Renzi).

No, non era interesse dei media soffermarsi su questi curiosi, ma scomodi, particolari: la loro volontà era piuttosto quella di evidenziare come entrambi incarnino il rinnovamento, la modernità, l’europeismo, l’apertura agli ideali liberali. Soprattutto, si Macronè tentato in Italia di sfruttare la vittoria di Emmanuel Macron per rilanciare Renzi, quasi che l’ex-premier potesse ricevere in dono dal nuovo inquilino dell’Eliseo una seconda vita politica. “L’Espresso” di Carlo De Debenetti è arrivato addirittura a scrivere, lo scorso 5 aprile: «La nuova sfida di Renzi: diventare Macron. L’ex premier guarda al candidato centrista francese. Perché una sua vittoria avrebbe effetti anche in Italia. E gli lancerebbe la volata verso la riconquista di partito e governo». Viviamo, si sa, un’epoca in cui cadono le illusioni sulla democraticità delle nostre istituzioni, un’epoca di massiccia e costante guerra psicologica, un’epoca in cui la razionalità è una merce sempre più rara. Sono tempi in cui si potrebbe leggere sul giornale: “La nuova sfida della frittata: diventare uovo”.

Già. Non c’è alcun dubbio che la narrazione dei media su Macron e Renzi sia deliberatamente invertita dal punto di vista cronologico. Non è l’ex-premier italiano che può diventare Macron (perché il momento magico che quest’ultimo ora vive, Renzi lo ebbe nella lontana primavera del 2014), quanto piuttosto è il nuovo presidente francese ad essere probabilmente ossessionato dal triste epilogo dell’ex-presidente del Consiglio. L’Italia, infatti, si colloca rispetto alla Francia un passo in avanti in termini di crisi economica/politica: l’esperienza del giovane “rottamatore” appartiene non al nostro presente, ma al nostro passato, ed è stata brutalmente archiviata il 4 dicembre scorso con la bocciatura del referendum costituzionale. Sono bastati mille giorni (Job Acts, privatizzazioni, inasprimenti fiscali, immigrazione incontrollata, disoccupazione a due cifre, Renzistagnazione economica) perché l’indice di gradimento di Renzi scivolasse sotto il 30% e gli italiani decidessero di sbarazzarsi di lui, ricordando l’infausta promessa “se perdo il referendum, lascio la politica”.

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Tag: Angela Merkel, banche, Bce, Carlo De Debenetti, consenso, Costituzione, crisi, democrazia, disinformazione, disoccupazione, economia, elezioni, Eliseo, Emmanuel Macron, En Marche, Enrico Letta, establishment, europeismo, Fed, Federal Reserve, Federico Dezzani, Financial Times, Firenze, fisco, Fn, France Insoumise, Francia, François Fillon, Front National, Germania, guerra, illusioni, intellettuali, istituzioni, Jean-Luc Melenchon, Job Acts, Jp Morgan, lavoro, L’Espresso, mainstream, Marine Le Pen, Matteo Renzi, media, mercato, migranti, modernità, narrazione, politica, potere, presidenziali, privatizzazioni, propaganda, psicologia, recessione, referendum, rinnovamento, Rothschild, Rottamatori, rottamazione, scandali, sistema, socialisti, speranza, sponsor, stabilità, stagnazione, tasse, tassi d'interesse, Ue, Unione Europea, Usa, Washington

5 Commenti

  1. luigiza
    12 maggio 2017 • 06:09

    Io vedo invece un parallelo tra il Macheron (presto solo Lasagna) ed il Berlusconi.
    Entrambi poggiantesi nelle fasi iniziali almeno non su di un partito con solida base elettorale ma su di un movimento creato alla bisogna grazie a capitali quasi illimitati e per finalità rispettivamente di camarilla di appartenenza o personali. L’ultimo loro interesse é e fu quello di lavorare per i cittadini. (Berlusconi probabilmente sotto la guida del Tremonti poi un pò cambiò e fu impallinato da Bruxelles).
    Il Macheron ha poi un problema in più: è Presidente della repubblica e come leggo su Voci dall’Estero Macron è in grado di governare? :
    Secondo quanto prevede l’articolo 20 della Costituzione, è il Governo che “determina e conduce” la politica nazionale. L’apparato dei Comitati di gabinetto, e l’iter delle leggi in Parlamento sono gestiti dall’ufficio del Primo Ministro (Matignon – residenza ufficiale del Primo Ministro in Francia, NdVdE), non dall’Eliseo. .
    Quindi la vedo dura per il Macheron.
    Certo può, grazie ai suoi potenti sponsor, far muovere gli apparati segreti dello Stato nella direzione da essi voluta ma deve anche affrontare un debito pubblico che sta superando il 100% del PIL la qual cosa lo costringerà a tagliare i generosi sussidi sociali che tengono calma la popolazione francese.

  2. Winston
    12 maggio 2017 • 09:41

    In Francia non succederà nulla, si andrà avanti con lo status quo.
    L’UE non appliccherà nessuna austerità nei confronti della Francia e darà tutto il tempo possibile a Macron per applicare le sue riforme, se poi le applica. Se non le applica l’UE chiuderà un occhio. La Francia è sotto protezione speciale dal UE per un semplice motivo. In Francia non sono applicabili i diktat che l’UE applica con Italia.
    Tanti governanti francesi saranno euristi ma non sono dei vili sudditti e servi come quelli italiani che praticamente applicano ogni stronzata che viene dettata da Brüssel senza batter cillio.
    Il popolo francese non è così disfattista e autolesionista come quello italiano. Un diktat del UE sulla Francia come attualmente succede in Italia e scoppierebbe il putiferio in Francia, il popolo andrebbe sulle barriccate e il governo francese dovrebbe ingacciare una migliaia di polizioti di sicurezza per protteggere i politici al governo. L’antigermanismo salirebbe alle stelle come i no UE e no €.

    Poi in Francia come in ogni altro paese Europeo non esiste questa cazzata gigantesca del vincolo esterno.
    La situazione in Italia è altamente drammatica.

    In nessun altro paese europeo, NESSUNO il governo potrebbe attivare la sua marina militare per fare il servizio taxi per rifugiati per poi scaricarli nei propri porti. Il popolo si ribellerebbe e il governo al potere sarebbe affossato subito. Tranne in Italia. Gli italiani non si ribellano, accettano e stanno zitti o persino se ne fregano.

  3. Roberto
    13 maggio 2017 • 04:48

    Sottomessi in tutto il mondo da crisi indotte manipolando cicli economici, impaurendo in modo da essere giustificati attuando riforme capestro per la massa di onesti.
    Intanto pochi individui sempre più ricchi e potenti a discapito della massa. Ma ancora non si sono realizzate bene le conseguenze a cui porteranno le ultime riforme. (Porcate). Tipo quella sulle pensioni che obbligheranno a lavorare fino alla morte e morire di pensioni da fame.
    Inoltre non sono ancora finite tutte le scorte dei genitori.
    Poi sì che si “riderà”. TEMPO AL TEMPO. Si sveglieranno da torpore da play station e smart phone.

  4. Giorgio
    12 maggio 2017 • 06:21

    Anch’io vedo più assonanze tra “Macheron” ed il maniaco sessuale brianzolo che con il super ebete di Rignano, quanto al resto chi vivrà vedrà.

  5. aiccor
    12 maggio 2017 • 12:04

    non ti credere, anche i francesi sono stati “normalizzati” da una buona percentuale di nuove risorse che in cambio di un nuovo i-phone accettano bovinamente tutto. De Gaulle è morto da un bel po’…

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