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Come il golpista Maduro ha calpestato l’eredità di Chavez

Scritto il 06/2/19 • nella Categoria: segnalazioni Condividi Tweet

Dopo la morte di Hugo Chavez, avvenuta nel marzo del 2013, tra le fila del Suv, Partito Socialista Unido del Venezuela, si è molto presto diffusa la consapevolezza della debolezza della leadership politica di Nicolas Maduro e del quasi subitaneo calo di consensi del gruppo dirigente chavista rimasto orfano del suo capo. La bassa popolarità di Maduro si manifestava già nelle elezioni presidenziali celebrate nello stesso anno della morte di Chavez quando, nonostante la generale ondata di commozione dovuta alla recente dipartita del “comandante en jefe eterno della revolucion bolivariana”, il suo successore designato riusciva a stento a affermarsi alle urne con uno scarto di appena 224.000 voti sul suo avversario Enrique Capriles Radonski. La forte polarizzazione dell’elettorato del paese aveva contraddistinto l’intera storia recente del Venezuela ma, con l’elezione dell’Assemblea Nazionale tenutasi il 6 dicembre 2015, si verificava il primo è vero tracollo del chavismo e un ribaltamento degli umori dell’elettorato di dimensioni sorprendenti. In quella circostanza infatti le opposizioni di centrodestra riunite nella Mod, Mesa de Unitad Democratica, conquistavano la maggioranza assoluta del Parlamento di Caracas con ben 109 deputati, in luogo dei soli 55 eletti dal partito ufficialista alla guida del paese.
A partire da quel momento, la compagine madurista, resasi consapevole del crollo vertiginoso di consensi nel paese, si è sempre più arroccata in una gestione autoreferenziale del potere esecutivo, rompendo il patto costituzionale col popolo venezuelano e con le opposizioni e lanciando una campagna di epurazioni di stampo staliniano nei confronti di qualsiasi voce critica si sia levata tanto nell’area di governo quanto nella stessa opinione pubblica venezuelana. Diversi dirigenti chavisti storici della prima ora, fra cui spiccano i nomi dell’ex ministro dell’ambiente Ana Elisa Osorio, dell’ex ministro per la pianificazione economica Jorge Giordani, dello storico presidente della Pdvsa Rafael Ramirez e quello della ex procuratrice generale Luisa Ortega Diaz, sono stati delegittimati dalle loro rispettive funzioni con modalità alquanto eclatanti, e in alcuni casi gli stessi dirigenti storici un tempo vicinissimi a Hugo Chavez oggi sono stati costretti a trovare riparo all’estero per sottrarsi alla furia vendicatrice della cricca di potere vicina a Maduro.
L’involuzione autoritaria del madurismo si è percepita in tutta la sua nettezza nel 2016, quando il governo ha iniziato arbitrariamente a restringere molti spazi di pluralismo democratico nel paese ed ha avviato un’azione di sabotaggio sistematico di qualsiasi istituzione politica gli facesse da contrappeso, violando così in modo palese lo spirito e la lettera della Carta costituzionale approvata nel 1999, che fa della diversificazione e separazione dei poteri il suo elemento maggiormente democratico e innovativo. In particolare Nicolas Maduro ha manifestato la sua evidente paura di confrontarsi direttamente con l’elettorato quando ha sabotato con dei cavilli il referendum revocatorio sulla figura di presidente, un processo di consultazione previsto dalla Costituzione venezuelana e col quale lo stesso Chavez non aveva avuto alcun timore di misurarsi, uscendone vincitore alla grande nell’anno 2005. Inoltre, sempre nel 2016 il governo, per paura di subire una ulteriore bocciatura nelle urne, con motivi pretestuosi ha deciso di rinviare sine die l’elezione dei governatori degli Stati in cui è amministrativamente ripartito il Venezuela.
Uno dei più gravi atti di rottura del patto costituzionale, in violazione del principio sulla separazione dei poteri, con cui lo stesso governo ha confermato la sua inequivocabile intenzione di non volere più avere alcun rispetto della volontà popolare, si è avuto nel marzo del 2017, quando il Tribunale Supremo di Giustizia, un organismo politicamente contiguo a Maduro, con un colpo di mano ha provato ad avocare a sé le prerogative della Assemblea Nazionale controllata dalle opposizioni, disconoscendo di fatto il carattere cogente delle leggi approvate dal Parlamento e aprendo così un conflitto politico istituzionale di difficilissima soluzione. Quest’ultimo atto, oggettivamente eversivo dell’ordine costituzionale, ha rappresentato un grave segno di debolezza del campo madurista. E ha avviato una fase di scontro durissimo per le strade e nelle piazze delle principali città del Venezuela, dove migliaia di oppositori e di cittadini comuni, accettando a loro modo la sfida del potere esecutivo, hanno fatto sentire la loro protesta assaltando palazzi pubblici e ricorrendo a forme anche estreme e violente di disobbedienza civile, come la creazione capillare di blocchi stradali e barricate in diverse zone del paese.
Da quel momento in poi, la repressione degli apparati di sicurezza governativi, a partire dalla Guardia Nacional Bolivariana, è stata durissima e non ha risparmiato alcun mezzo di coercizione, ivi inclusi gli arresti arbitrari di oppositori, la violenza su semplici manifestanti inermi e il funzionamento di tribunali speciali militari per sanzionare reati a sfondo politico. Nella fase culminante delle proteste, estate 2017, per il loro carattere particolarmente aggressivo si sono fatti notare i cosiddetti “colectivos”, gruppi motorizzati di paramilitari contigui alla criminalità organizzata attiva nelle grandi concentrazioni urbane, i quali sembrano avere stipulato un patto di fiducia col governo al fine di esercitare in suo nome il controllo del territorio nelle zone più calde del paese, specie all’interno di quei “barrios” cittadini in cui è maggiore il rischio che possa montare da un momento all’altro la protesta popolare per il carovita.
Sempre nel 2017 Nicolas Maduro, al fine di provare a sottrarre definitivamente il potere legislativo al Parlamento eletto nel 2015 e in cui il suo partito è in minoranza, ha fatto insediare un inconsueta Assemblea Costituente, eletta con modalità e criteri palesemente antidemocratici. E a partire da quel momento il conflitto con le opposizioni ha assunto una portata irreversibile e non più sanabile. La scelta inattesa di convocare questa Assemblea Costituente è apparsa a molti come uno sfacciato escamotage a cui è ricorso il madurismo per paralizzare le funzioni del Parlamento, sostituendolo con una nuova assemblea composta unicamente dai suoi sodali. Peraltro, nel paese, fino ad allora non si era mai avvertita alcuna esigenza di riscrivere le norme della ancora giovane Carta Costituzionale del 1999, definita dagli stessi chavisti come “la Costituzione più bella del mondo”.
Dopo l’insediamento di questa contestata assemblea costituente, la cui legittimità non è stata riconosciuta dalle opposizioni, Maduro ha poi scelto di giocare d’anticipo sulla sua rielezione alla presidenza del paese. E così, ormai certo di aver assunto il totale controllo politico della nazione, ha convocato delle nuove elezioni presidenziali svoltesi il 21 maggio 2018 e celebrate addirittura con diversi mesi di anticipo rispetto alla naturale scadenza del suo mandato. E dopo che il Tribunale Supremo Elettorale ha bloccato la partecipazione alle elezioni presidenziali di alcuni fra i candidati maggiormente in grado di insidiare Maduro, la sua scontata rielezione ha assunto il sapore di una farsa, visto l’aperto sabotaggio della competizione deciso dei principali partiti di opposizione e vista la conseguente bassissima partecipazione dell’elettorato. In questo contesto di serio indebolimento dell’immagine e del prestigio internazionale del paese, il 10 gennaio 2019 Maduro ha infine prestato giuramento entrando ufficialmente nel suo secondo mandato presidenziale.
(Giuseppe Angiuli, estratto da “La triste parabola del socialismo bolivariano – II”, analisi pubblicata da “L’Intellettuale Dissidente” il 26 gennaio 2019. Osservatore privilegiato dell’attualità venezuelata, Angiuli è stato un sincero estimatore della geuinità autenticamente popolare della rivoluzione di Hugo Chavez, tenacemente osteggiata dall’Occidente).

Dopo la morte di Hugo Chavez, avvenuta nel marzo del 2013, tra le fila del Suv, Partito Socialista Unido del Venezuela, si è molto presto diffusa la consapevolezza della debolezza della leadership politica di Nicolas Maduro e del quasi subitaneo calo di consensi del gruppo dirigente chavista rimasto orfano del suo capo. La bassa popolarità di Maduro si manifestava già nelle elezioni presidenziali celebrate nello stesso anno della morte di Chavez quando, nonostante la generale ondata di commozione dovuta alla recente dipartita del “comandante en jefe eterno della revolucion bolivariana”, il suo successore designato riusciva a stento a affermarsi alle urne con uno scarto di appena 224.000 voti sul suo avversario Enrique Capriles Radonski. La forte polarizzazione dell’elettorato del paese aveva contraddistinto l’intera storia recente del Venezuela ma, con l’elezione dell’Assemblea Nazionale tenutasi il 6 dicembre 2015, si verificava il primo è vero tracollo del chavismo e un ribaltamento degli umori dell’elettorato di dimensioni sorprendenti. In quella circostanza infatti le opposizioni di centrodestra riunite nella Mod, Mesa de Unitad Democratica, conquistavano la maggioranza assoluta del Parlamento di Caracas con ben 109 deputati, in luogo dei soli 55 eletti dal partito ufficialista alla guida del paese.

A partire da quel momento, la compagine madurista, resasi consapevole del crollo vertiginoso di consensi nel paese, si è sempre più arroccata in una gestione autoreferenziale del potere esecutivo, rompendo il patto costituzionale col popolo Nicolas Madurovenezuelano e con le opposizioni e lanciando una campagna di epurazioni di stampo staliniano nei confronti di qualsiasi voce critica si sia levata tanto nell’area di governo quanto nella stessa opinione pubblica venezuelana. Diversi dirigenti chavisti storici della prima ora, fra cui spiccano i nomi dell’ex ministro dell’ambiente Ana Elisa Osorio, dell’ex ministro per la pianificazione economica Jorge Giordani, dello storico presidente della Pdvsa Rafael Ramirez e quello della ex procuratrice generale Luisa Ortega Diaz, sono stati delegittimati dalle loro rispettive funzioni con modalità alquanto eclatanti, e in alcuni casi gli stessi dirigenti storici un tempo vicinissimi a Hugo Chavez oggi sono stati costretti a trovare riparo all’estero per sottrarsi alla furia vendicatrice della cricca di potere vicina a Maduro.

L’involuzione autoritaria del madurismo si è percepita in tutta la sua nettezza nel 2016, quando il governo ha iniziato arbitrariamente a restringere molti spazi di pluralismo democratico nel paese ed ha avviato un’azione di sabotaggio sistematico di qualsiasi istituzione politica gli facesse da contrappeso, violando così in modo palese lo spirito e la lettera della Carta costituzionale approvata nel 1999, che fa della diversificazione e separazione dei poteri il suo elemento maggiormente democratico e innovativo. In particolare Nicolas Maduro ha manifestato la sua evidente paura di confrontarsi direttamente con l’elettorato quando ha sabotato con dei cavilli il referendum revocatorio sulla figura di presidente, un processo di consultazione previsto dalla Costituzione venezuelana e col quale lo stesso Chavez non aveva avuto alcun timore di misurarsi, uscendone vincitore alla grande nell’anno 2005. Inoltre, sempre nel 2016 il governo, per paura di subire una ulteriore Luisa Ortega Diaz con Hugo Chavezbocciatura nelle urne, con motivi pretestuosi ha deciso di rinviare sine die l’elezione dei governatori degli Stati in cui è amministrativamente ripartito il Venezuela.

Uno dei più gravi atti di rottura del patto costituzionale, in violazione del principio sulla separazione dei poteri, con cui lo stesso governo ha confermato la sua inequivocabile intenzione di non volere più avere alcun rispetto della volontà popolare, si è avuto nel marzo del 2017, quando il Tribunale Supremo di Giustizia, un organismo politicamente contiguo a Maduro, con un colpo di mano ha provato ad avocare a sé le prerogative della Assemblea Nazionale controllata dalle opposizioni, disconoscendo di fatto il carattere cogente delle leggi approvate dal Parlamento e aprendo così un conflitto politico istituzionale di difficilissima soluzione. Quest’ultimo atto, oggettivamente eversivo dell’ordine costituzionale, ha rappresentato un grave segno di debolezza del campo madurista. E ha avviato una fase di scontro durissimo per le strade e nelle piazze delle principali città del Venezuela, dove migliaia di oppositori e di cittadini comuni, accettando a loro modo la sfida del potere esecutivo, hanno fatto sentire la loro protesta assaltando palazzi pubblici e ricorrendo a forme anche estreme e violente di disobbedienza civile, come la creazione capillare di blocchi stradali e barricate in diverse zone del paese.

Da quel momento in poi, la repressione degli apparati di sicurezza governativi, a partire dalla Guardia Nacional Bolivariana, è stata durissima e non ha risparmiato alcun mezzo di coercizione, ivi inclusi gli arresti arbitrari di oppositori, la violenza su semplici manifestanti inermi e il funzionamento di tribunali speciali militari per sanzionare reati a sfondo politico. Nella fase culminante delle proteste, estate 2017, per il loro carattere particolarmente aggressivo si sono fatti notare i cosiddetti “colectivos”, gruppi motorizzati di paramilitari contigui alla criminalità organizzata attiva nelle grandi concentrazioni urbane, i "Colectivos", bande paramilitari reclutate da Maduroquali sembrano avere stipulato un patto di fiducia col governo al fine di esercitare in suo nome il controllo del territorio nelle zone più calde del paese, specie all’interno di quei “barrios” cittadini in cui è maggiore il rischio che possa montare da un momento all’altro la protesta popolare per il carovita.

Sempre nel 2017 Nicolas Maduro, al fine di provare a sottrarre definitivamente il potere legislativo al Parlamento eletto nel 2015 e in cui il suo partito è in minoranza, ha fatto insediare un inconsueta Assemblea Costituente, eletta con modalità e criteri palesemente antidemocratici. E a partire da quel momento il conflitto con le opposizioni ha assunto una portata irreversibile e non più sanabile. La scelta inattesa di convocare questa Assemblea Costituente è apparsa a molti come uno sfacciato escamotage a cui è ricorso il madurismo per paralizzare le funzioni del Parlamento, sostituendolo con una nuova assemblea composta unicamente dai suoi sodali. Peraltro, nel paese, fino ad allora non si era mai avvertita alcuna esigenza di riscrivere le norme Giuseppe Angiulidella ancora giovane Carta Costituzionale del 1999, definita dagli stessi chavisti come “la Costituzione più bella del mondo”.

Dopo l’insediamento di questa contestata assemblea costituente, la cui legittimità non è stata riconosciuta dalle opposizioni, Maduro ha poi scelto di giocare d’anticipo sulla sua rielezione alla presidenza del paese. E così, ormai certo di aver assunto il totale controllo politico della nazione, ha convocato delle nuove elezioni presidenziali svoltesi il 21 maggio 2018 e celebrate addirittura con diversi mesi di anticipo rispetto alla naturale scadenza del suo mandato. E dopo che il Tribunale Supremo Elettorale ha bloccato la partecipazione alle elezioni presidenziali di alcuni fra i candidati maggiormente in grado di insidiare Maduro, la sua scontata rielezione ha assunto il sapore di una farsa, visto l’aperto sabotaggio della competizione deciso dei principali partiti di opposizione e vista la conseguente bassissima partecipazione dell’elettorato. In questo contesto di serio indebolimento dell’immagine e del prestigio internazionale del paese, il 10 gennaio 2019 Maduro ha infine prestato giuramento entrando ufficialmente nel suo secondo mandato presidenziale.

(Giuseppe Angiuli, estratto da “La triste parabola del socialismo bolivariano – II”, analisi pubblicata da “L’Intellettuale Dissidente” il 26 gennaio 2019. Osservatore privilegiato dell’attualità venezuelana, Angiuli è stato un sincero estimatore della genuinità autenticamente popolare della rivoluzione di Hugo Chavez, tenacemente osteggiata dall’Occidente).

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15 Commenti

  1. TheTruthSeeker
    6 febbraio 2019 • 08:15

    Versione controinformativa della situazione in Venezuela.

    “Il Venezuela nel mirino”di Giacomo Gabellini per Arianna Editrice, prima parte.

    3 febbraio 2019

    Da notare alcuni passaggi significativi dell’ottimo articolo controinformativo di G. Gabellini.

    Il primo.

    Già nel 2002, le forze venezuelane di opposizione tentarono un colpo di Stato contro Hugo Chavez nel corso del quale cecchini mai identificati aprirono il fuoco tanto sui civili quanto sulle forze di polizia con lo scopo di invelenire il clima e destabilizzare l’ordine pubblico. Anonimi tiratori hanno operato attivamente anche nelle fasi cruciali dei disordini verificatisi in Romania nel 1989, in Russia nel 1993, in Thailandia e Kirghizistan nel 2010, in Tunisia, Egitto, Libia e Siria nel 2011 e in Ucraina nel 2014; tutte manovre finalizzate al cambio di regime dietro le quali si è intravista in controluce la longa manus degli Stati Uniti. In molte di esse, il clima preparatorio era stato predisposto tramite l’infiltrazione di Organizzazioni Non Governative (Ong) riconducibili a George Soros o direttamente al Dipartimento di Stato, le quali allacciarono contatti con partiti di opposizione e gruppi organizzati per instaurare un rapporto di collaborazione cementato dalla comunanza di interessi. Sotto questo aspetto, il caso del Venezuela appare paradigmatico, se anche una fonte insospettabile come «The Independent» è arrivata a riconoscere che:
    «oltre ad appoggiare le forze che arrestarono Chavez nel 2002, gli Usa hanno inviato centinaia di migliaia di dollari ai suoi avversari attraverso la National Endowment for Democracy».

    Il secondo.

    Ma le manovre di Washington non si sono ridotte a questo. Lo conferma un documento di undici pagine firmato dall’ammiraglio Kurt W. Tidd, comandante del Southern Command (SouthCom), ( nell’articolo link con documento originale top secret in inglese ) in cui si dichiara che gli Usa hanno già predisposto un piano operativo finalizzato al rovesciamento del presidente Nicolas Maduro.
    All’interno del documento si specifica anche che occorre indebolire le strutture politiche su cui si basa il movimento bolivariano «fomentando discordia e insoddisfazione popolare, minando l’ordine pubblico, lavorando per aggravare la penuria di cibo, esacerbando le divisioni interne alla struttura di potere chavista […] [nonché] screditando il presidente Maduro presentandolo come un leader incapace degradato al grado di fantoccio di Cuba». È necessario anche «provocare vittime stando attenti a far ricadere la responsabilità sul governo e ingigantire agli occhi del mondo le proporzioni della crisi in atto.
    Occorre inoltre avvalersi di «tutte le competenze acquisite dagli Usa in materia di guerra psicologica» per orchestrare una campagna di disinformazione mirata a screditare le iniziative finalizzate all’integrazione continentale – quali l’Alba e il Petrocaribe – promosse da Caracas nel corso degli ultimi anni.

    Tutto il necessario, insomma, per scatenare lo sdegno della popolazione e indirizzarlo contro le autorità, secondo uno schema già palesatosi con le rivoluzioni colorate in Georgia, Ucraina e anche nello stesso Venezuela. Analogamente a quanto accaduto durante il fallito tentativo di cambio di regime del 2002, si suggerisce di mettere in crisi il rapporto di fedeltà che lega le forze armate al governo e di far riferimento «agli alleati interni [incoraggiandoli]a organizzare manifestazioni e fomentare disordini e insicurezza, mediante saccheggi, furti, attentati e sequestro di mezzi di trasporto, in modo da mettere a repentaglio la sicurezza dei Paesi limitrofi».

    NB continua nel prossimo post.

  2. TheTruthSeeker
    6 febbraio 2019 • 08:35

    Versione controinformativa della situazione in Venezuela.

    “Il Venezuela nel mirino”di Giacomo Gabellini per Arianna Editrice, seconda parte.

    3 febbraio 2019

    Terzo passaggio.

    Nel corso degli ultimi anni, la Cina ha infatti investito 50 miliardi di dollari per la costruzione di un canale interoceanico in Nicaragua in grado di rivaleggiare con quello di Panama, controllato dagli Stati Uniti, e messo in cantiere una ferrovia volta a collegare Pacifico e Atlantico attraverso Brasile e Perù. Nel febbraio 2018, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha presenziato al vertice annuale della Communiy of Latin American and Caribbean States tenutosi a Santiago, in Cile, per estendere ai 33 Stati membri l’invito a partecipare al progetto della Belt and Road Initiative, con lo scopo di «costruire collegamenti attraverso il continente, farli convergere verso le coste affacciate sul Pacifico e agganciarli ai porti locali da cui si diramano le linee di rifornimento marittimo verso la costa cinese. Una sorta di ‘Via della Seta Pacifica’».

    Lo stesso Wang Yi ha inoltre tenuto a specificare che «nulla di ciò ha a che fare con la competizione geopolitica. Il progetto è conforme al principio di raggiungere una crescita condivisa attraverso la discussione e la collaborazione», ma gli Stati Uniti non sono ovviamente dello stesso avviso. L’ammiraglio Tidd, dal canto suo, ha ricordato a una commissione del Senato che la Cina ha già investito 500 miliardi di dollari in progetti per lo sviluppo dell’America Latina ed ha in programma di mettere sul piatto altri 250 miliardi entro il 2030. Ha inoltre aggiunto che «la più grande sfida strategica posta dalla Cina in questa regione non è ancora una sfida militare. È una sfida di tipo economico che potrebbe richiedere un nuovo approccio da parte nostra, che ci permetta di affrontare efficacemente gli sforzi coordinati della Cina nelle Americhe». La raccomandazione di Tidd, accolta con entusiasmo da Trump, era quindi quella di rispolverare e riadattare alle esigenze del momento la cara, vecchia Dottrina Monroe, che all’epoca in cui fu enunciata (1823) contemplava la chiusura totale del cosiddetto “emisfero occidentale” a qualsiasi ingerenza europea. Oggi, a differenza di allora, si tratta di sbarrare alla Cina la porte dell’America Latina, attraverso il collegamento di quest’ultima alla comunità economica nordamericana costituita pochi mesi fa con la radicale ristrutturazione del Nafta.

    In questo senso, lo scatenamento del caos in Venezuela si configura come una tappa cruciale in vista della “risistemazione” definitiva dell’America Latina.

    Per la lettura dell’intero ottimo articolo controinformativo di G. Gabellini , che ne vale davvero la pena, cliccare su:

    https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61546

    In conclusione e in breve, gli USA già avevano tentato di far fuori Hugo Chavez, il Venezuela ha ancora notevoli riserve petrolifere sulle quali gli USA hanno messo da tempo gli occhi, i cinesi hanno investito e investiranno un mare di soldi in America Latina, tutte ragioni per cui è una balla clamorosa sostenere ancora che il problema fondamentale in Venezuela è la mancanza di democrazia del regime di Maduro, ben altre invece sono state, sono e saranno le altissime poste in gioco in Venezuela.

    Poi se uno vuole credere alle favolette propagandistiche dei media mainstream italiani e occidentali, liberi di farlo, ma così facendo dimostra di non rendersi conto nemmeno del proprio vero interesse nazionale, nel propssimo post interessante articolo a riguardo.

  3. TheTruthSeeker
    6 febbraio 2019 • 09:10

    In riferimento alla nota finale del precedente post.

    “Altro che Venezuela, i veri interessi dell’Italia si chiamano Libia ed Egitto”

    di Alberto Negri per TPI

    5 febbraio 2019

    Come al solito gli italiani e i loro leader politici fanno confusione tra ideologia, politica estera e interessi nazionali. I media e i giornali, sempre proni al più becero conformismo, accomunano la vicenda Venezuela alla Tav ma non alla Libia o all’Egitto e parlano di isolamento italiano.

    All’Italia non dà retta nessuno da tempo e la storia è cominciata ben prima di questo governo, anzi l’esecutivo attuale è il risultato di questo isolamento. L’Italia venne già isolata nel 2011 quando decisero di far fuori Gheddafi, la sua caduta è stata la maggiore sconfitta del Paese dalla seconda guerra mondiale che ha destabilizzato l’intero quadro politico.

    Con il leader libico il 30 agosto 2010, sei mesi prima che iniziassero i raid, l’Italia aveva firmato un trattato economico, di difesa e cooperazione approvato da oltre il 90 per cento del Parlamento. Gheddafi era un dittatore ma era il “nostro” dittatore, che aveva scelto l’Italia come partner principale nell’energia a scapito degli altri paesi europei come Francia e Gran Bretagna.

    In poche parole il leader libico era la nostra carta geopolitica maggiore sul quadrante del Mediterraneo e si era impegnato a tenersi i profughi africani in campi che non avevano alcuno standard internazionale ma che non erano purtroppo diversi da quelli attuali. Il primo disastro umanitario lo abbiamo sotto gli occhi e l’Europa e gli Usa non fanno nulla per rimediare al disastro.

    I paesi che allora attaccarono la Libia, passando sopra il nostro spazio aereo senza neppure farci una telefonata, sono Francia, Usa e Gran Bretagna, che non hanno mai sostenuto l’Italia, e mai la sosterranno, nel contenere il disastro libico e dei profughi.

    L’Italia nel 2011 commise il grave errore di accodarsi ai raid della Nato e di concedere le sue basi anche sotto il ricatto che tra i bersagli dei nostri alleati c’erano pure i terminali di gas dell’Eni. Hanno fatto quindi leva sulla nostra paura di restare isolati per isolarci ancora di più.

    La nostra partecipazione ai raid ha fatto crollare la credibilità dell’Italia sulla Sponda Sud: avevamo abbandonato e persino bombardato il nostro maggiore alleato. In sintesi, invece di aiutarci, ci hanno messo con le spalle al muro. Ci hanno ricattati e noi siamo caduti nella trappola. Anzi di più.

    Per trovare articolo, scrivere le seguenti parole chiave:

    tpi venezuela italia isolamento libia egitto

    In conclusione e in breve, un conto sono i veri interessi italiani in gioco, un altro conto è la propaganda dei media mainstream italiani tutta tesa a oscurare del tutto i veri attuali interessi italiani ancora in gioco e a promuovere invece gli interessi degli USA e dei suoi vassalli più importanti, insomma, i media mainstream italiani hanno raggiunto punte di indecenza a di poco elevate ma su questo fondamentale punto si fa ancora finta di niente, chissà come mai………

  4. TheTruthSeeker
    6 febbraio 2019 • 09:14

    In riferimento alla nota finale del mio ultimo post:

    “Poi se uno vuole credere alle favolette propagandistiche dei media mainstream italiani e occidentali, liberi di farlo, ma così facendo dimostra di non rendersi conto nemmeno del proprio vero interesse nazionale, nel prossimo post interessante articolo a riguardo.”, TheTruthSeeker

    ho già scritto quel post interessante ma non l’hanno pubblicato per due volte, sia con l’indicazione del link che senza, insomma, non è dipeso da parte mia.

  5. TheTruthSeeker
    6 febbraio 2019 • 09:42

    Complimenti davvero alla redazione per la pubblicazione del mio ultimo post, pensavo che non sarebbe stato pubblicato mai più.

  6. Primadellesabbie
    6 febbraio 2019 • 09:51

    Il mio invece é stato intercettato.

  7. TheTruthSeeker
    6 febbraio 2019 • 15:49

    Nel frattempo in USA, “salvatori” della democrazia in Venezuela, ecco cosa succede a San Francisco.

    Bill Blain: “What We Saw In San Francisco Was Frightful” by Tyler Durden for ZeroHedge, prima parte.

    Tue, 02/05/2019

    hope my American hosts will forgive me for raising this, but the squalor we saw in The City was frightful. San Francisco has always been one of favourite US cities, but the degree of homelessness, mental illness and drug abuse we saw on this trip was truly shocking. Walking round SF on a Sunday Morning and we saw sights we couldn’t believe. This must be one of the richest cities in the world – home to 4 of the 10 richest people on the planet according to Wiki. I asked friends about it, and they shrugged it off.. “The City has always attracted the homeless because of the mild weather,”.. “It’s a drug thing”.. “its too difficult”… “you get used to it..”

    Well, I didn’t.

    I found it quite shocking the number of folk sleeping rough on the sidewalks, the smell of weed and drug impedimenta everywhere, the filth, mental illness and degradation on view just a few meters from the financial centre driving Silicon Valley. It’s a city where the destitute seem to have become invisible to the Uber hailing elites. We found ourselves hopping on one of the beautiful F-Route Trolley Buses to find nearly every seat occupied by someone lugging around their worldly possessions around in a plastic bag. It was desperately sad.

    Proseguimento:

    https://www.zerohedge.com/news/2019-02-05/bill-blain-what-we-saw-san-francisco-was-frightful

  8. TheTruthSeeker
    6 febbraio 2019 • 15:57

    Nel frattempo in USA, “salvatori” della democrazia in Venezuela, ecco cosa succede a San Francisco.

    Bill Blain: “What We Saw In San Francisco Was Frightful” by Tyler Durden for ZeroHedge, seconda parte.

    Commento eccellente del Dott. Luciano Barra Carocciolo:

    “Libero Stato minimo in libero consumo delle droghe”

    Riferimento:

    https://twitter.com/seme_21/status/1093021250518241280

    Per non parlare poi dei commenti dei lettori del tweet riportato che hanno anche visto anche loro coi loro occhi il degrado diffuso sia a San Francisco che a LA.

  9. TheTruthSeeker
    6 febbraio 2019 • 16:18

    Il precedente post conferma ulteriormente quello che avevo già segnalato in questi tre articoli:

    1. “The ‘Real’ America: 21.5% Unemployment, 10% Inflation, And Negative Economic Growth”,

    by Tyler Durden for Zerohedge, 06/13/2018.

    2. “Attenti all’America, quella vera: è povera, sola e disperata”, Marcello Foa, 21/8/15.

    3. “Hugh Smith: America Is Now A 3rd World Nation” by Tyler Durden for Zerohedge, 07/09/2018

    Per terzi lettori eventualmente interessati, i tre articoli nella loro completezza si trovano nei miei post al seguente articolo:

    https://www.libreidee.org/2018/10/giulietto-chiesa-mero-sbagliato-in-russia-la-gente-soffre/

    In conclusione e in breve, se gli USA fossero guidati da gente con mentalità logica e razionale non penserebbero mai di farsi i ca… degli altri, nello specifico quelli del Venezuela, ma si farebbero solo i ca.. loro visto la squallida deriva che hanno preso che non è per niente da sottovalutare.

    NB nell’articolo appena segnalato, avevo anche scritto un altro post che riportava un articolo molto interessante della BBC sullo squallore di Baltimora causato dall’invasione di homeless, non c’è più, evidentemente l’hanno cancellato, chissà come mai……..

  10. Primadellesabbie
    6 febbraio 2019 • 17:34

    Questa mattina ho mandato un commento di poche righe, non pretendo si tratti di un contributo fondamentale o irrinunciabile, credo rispetti i crismi della buona educazione, non comprende alcun link.

    Alcuni giorni fa un commento con due link é evaporato.

    Essere ospite di un ospite é un piacere del quale sentirsi grato, farsi ospite di un padrone, che come tale può decidere di comportarsi, é una cosa completamente diversa.

  11. DarkAngel
    6 febbraio 2019 • 22:06

    Che noia dover saltare ogni 7000 righe di commenti di utenti affetti da diarrea scrittoria!

  12. TheTruthSeeker
    7 febbraio 2019 • 08:07

    @DarkAngel

    Repetita Iuvant= Le Cose Ripetute Aiutano.

    ” @DarkAngel

    “Gli altri commenti nemmeno li leggo, inutili lenzuoloni per spiegare il nulla.”, DarkAngel

    Non le è stato richiesto in alcun modo un suo parere sui miei commenti ma visto che lei si diverte a buttare fango e allora mi diverto anche io: dal momento in cui lei è un nichilista perchè un senza patria e allora il nulla impersonificato è solo ed esclusivamente lei.

    Insomma, chi di nulla ferisce, del suo nulla perisce!!

    Non le dico neanche addio, non si merita neanche questo.

    PS si cambi il nickname che è una roba da satanista, anzi no, se lo tenga stretto, rappresenta bene il suo nichilismo da troglodita.”, TheTruthSeeker, 1 febbraio 2019, 18:27

    Riferimento: https://www.libreidee.org/2019/01/la-patria-europea-demolita-dal-sovranismo-degli-europeisti/

  13. Gio rgio
    7 febbraio 2019 • 11:14

    Vale ciò che ho scritto nel mio precedente commento, perché interessarsi del Venezuela quando in casa abbiamo problemi enormi?

  14. TheTruthSeeker
    7 febbraio 2019 • 20:23

    Giorgio,

    le ho appena dato una buona risposta alla sua domanda ma non è stata pubblicata.

    Iniziava così:

    “Giorgio,

    basta unire i puntini per capire come mai qui su Libreidee e non solo ma anche nei media mainstream italiani si continua a parlare di Venezuela, nello specifico facciamolo su Libreidee.

    Primo puntino.

    Vedasi il seguente articolo che ho segnalato nel mio terzo post:

    Altro che Venezuela, i veri interessi dell’Italia si chiamano Libia ed Egitto”

    di Alberto Negri per TPI

    Secondo puntino.

    Se come giustamente ha sottolineato Alberto Negri i veri interessi dell’Italia in politica estera sono in Libia e in Egitto e assolutamento no in Venezuela ( va bè, non è che ci voleva Alberto Negri per capirlo, basta non essere faziosi o servili e con un minimo di cervello pensante, diciamo quindi che ha esposto bene certe cose sull’argomento ) e allora ecco che si è di fronte al classico caso che si parla di tutt’altro per nascondere i carboni bagnati, eccoli. ”

    Ho inserito il link con la “pistola fumante” di quei carboni bagnati, e poi sono andato avanti con un terzo, quarto e quinto puntino, brevissimo commento finale, ho dato invio, ma non è stata pubblicata nemmeno mezza parola, chissà come mai…….

    Buona serata.

    TheTruthSeeker

  15. TheTruthSeeker
    7 febbraio 2019 • 20:53

    Giorgio,

    le ho risposto in modo articolato una prima volta e non è stato pubblicato ( conteneva un link altamente compromettente…. ), le ho risposto una seconda volta facendo una sintesi della mia prima risposta e non indicando quel link e anche questa volta non è stato pubblicato.

    Buona serata.

    TheTruthSeeker

    NB puzza di censura? Staremo a vedere, le premesse sembrano esserci.

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