Archivio del Tag ‘alchimia’
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Delitti rituali, la magia esiste: lo svela Stephen King in “It”
“It” è considerato il libro capolavoro di Stephen King. Un romanzo lunghissimo (circa 1300 pagine) che, come tutti i libri di questo scrittore, non è solo un libro del terrore (oserei dire che non lo è affatto) ma ci introduce nella quotidianità della provincia americana, facendocela assaporare come se la vivessimo noi stessi in prima persona. Nella dedica iniziale che Stephen King fa alla moglie e ai figli, c’è una frase che è la chiave di interpretazione di tutto il suo straordinario libro: ragazzi, il romanzesco è la verità dentro la bugia, e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste. Il romanzo è infatti la storia di sette ragazzi che combattono contro le forze del male nella cittadina di Derry; ma la storia è, in realtà, l’occasione per raccontare la realtà in cui viviamo, e per mostrare – a chi riesce a vederlo – il funzionamento di due aspetti molto importanti di questa realtà: il meccanismo operativo della magia, e il modo di agire delle forze esoteriche sulla realtà di tutti i giorni. Chi ha letto questo romanzo, ha trovato in esso tutte le cose di cui abbiamo parlato e ampiamente trattato nel nostro sito in questi dieci anni: gli omicidi rituali, la pervicace volontà di chi indaga di non accertare la verità; il capro espiatorio, assolutamente improbabile, che viene accusato di una serie di delitti per tacitare l’opinione pubblica; la magia e il suo funzionamento; la lotta tra il bene e il male e le sue dinamiche.Iniziamo dagli omicidi rituali. La cittadina di Derry è sconvolta da una serie di omicidi, tutti diversi l’uno dall’altro per tipologia, efferatezza e modalità. Tuttavia, a un certo punto della storia, viene trovato un colpevole unico, che non ha le caratteristiche compatibili per quel tipo di delitti così eterogeneo. Eppure, dal momento che le forze dell’ordine e l’opinione pubblica non vedono l’ora di trovare un capro espiatorio, la versione di Henry Bowers che, tra l’altro si è autoaccusato dei delitti, viene accettata per vera senza neanche una verifica (pag. 709). Il meccanismo descritto dal romanzo è quello che abbiamo raccontato e sottolineato nelle vicende delle Bestie di Satana (che si autoaccusano di efferati delitti, con una versione dei fatti strampalata e incompatibile con lo stato di tempo e luogo della vicenda) e del Mostro di Firenze, ma anche nel caso Manson (anche qui si autoaccusano del delitto alcune ragazze strafatte di droga, con un Qi intellettivo molto basso e forti problemi psichici). Il romanzo è soprattutto una rappresentazione di come funziona la lotta tra bene e male. Il male è rappresentato come una forza insidiosa e silenziosa, che si insinua non in uno o più individui specifici, ma in una collettività.Il male, in pratica, sta nell’atteggiamento della gente, nel non voler vedere la realtà, nel tapparsi gli occhi davanti a verità scomode per il proprio quieto vivere. Per dirla con le parole di Fausto Carotenuto, i poteri oscuri non sono altro che la somma di tutti i nostri sentimenti negativi. Il male può essere sconfitto dall’amore, dall’amicizia (che, come dice qualcuno, è l’amore senza le sue ali) e dal coraggio di andare avanti sconfiggendo le proprie paure (nel romanzo, l’unico dei ragazzi che si lascia sopraffare dalla paura, infatti, si suicida; ucciso quindi non dal mostro che terrorizza la città, ma da lui stesso). «La gente di Derry aveva vissuto da sempre con Pennywise in tutte le sue molteplici manifestazioni; e forse, in qualche modo, era addirittura arrivata a comprenderlo, ad aver bisogno di lui, ad averlo in simpatia. Ad amarlo. Può darsi… sì, persino quello può darsi» (pag. 533). Più in generale, il mostro che terrorizza la città assume diverse forme, una per ogni paura dei vari protagonisti; il male, cioè, assume di volta in volta proprio la forma più temuta dalla vittima. Da questo punto di vista il romanzo racconta il funzionamento della cosiddetta legge di attrazione e del potere che ha la nostra volontà di materializzare proprio ciò che temiamo di più e ciò che desideriamo.«Credi di vedermi?», dice un giorno It ad uno dei protagonisti: «Tu in realtà vedi solo quello che ti concede la tua mente» (pag. 1217). E difatti, poche pagine prima, Bill pensa tra sé: «It è solo la forma che ha preso a prestito dalle nostre menti. Sono quanto di più vicino le nostre menti sappiano accettare sulla vera essenza di It» (pag. 1212). Il mostro, che alla fine viene sconfitto, esiste davvero. Ma la morale che se ne trae è che quel mostro viene alimentato dalle paure e dagli atteggiamenti degli abitanti del luogo; in poche parole, si potrebbe dire che il mostro, il male, siamo noi stessi. «It e il tempo erano in qualche modo intercambiabili; It aveva tutte le loro facce insieme con le mille con cui aveva terrorizzato e ucciso… e l’idea che It poteva essere loro era la più devastante» (pag. 564). «Stai cercando di dire che questo essere non è malvagio? Che è semplicemente parte dell’ordine naturale delle cose?», chiede Eddie a Mike. E questo mostro – ecco una parte fondamentale nel messaggio del libro – viene sconfitto solo per mezzo della volontà e dell’immaginazione dei ragazzi. Eddie usa come arma il suo inalatore per l’asma; un apparecchio già innocuo di per sé contro un mostro del genere, ma reso ancora più innocuo dal fatto che lo stesso farmacista che lo aveva venduto sapeva che era solo un placebo, pieno in sostanza di acqua fresca e nient’altro.Ciò che rende potente l’arma utilizzata è solo la forza di volontà sprigionata dal protagonista nel momento della battaglia finale. Ad esempio: «I proiettili d’argento avevano funzionato perché in sette avevano fuso insieme la loro convinzione sull’efficacia di quello strumento». Non a caso il gruppo che sconfigge il mostro è costituito da bambini, e poi verrà sconfitto di nuovo molti anni dopo, ad opera dello stesso gruppo ormai formato da adulti, che rinnovano la loro volontà di fanciulli; il chiaro messaggio dietro tutto questo è che gli adulti non sono in grado, in genere, di vedere la realtà senza preconcetti e di utilizzare l’immaginazione e la volontà. Per utilizzarla occorre tornare bambini, e forgiare una realtà diversa da quella che gli apparati del potere costituito hanno costruito per noi, come una sorta di ragnatela che ci avviluppa (non a caso It appare come un gigantesco ragno, che tesse una specie di tela invisibile su una città, che è preda del mostro senza rendersene conto).A un certo punto del libro compaiono anche le forze del bene, rappresentate da una tartaruga che esiste fin dall’inizio del tempi. La tartaruga non è stata scelta a caso da King, essendo fondamentale nella tradizione di molte religioni: in quella buddista è il simbolo del divino, in particolare dello scorrere lento del tempo, e si narra che il Buddha fosse una tartaruga, in una delle sue incarnazioni precedenti. Nella mitologia induista è uno degli Avatar di Visnù; nella mitologia cinese è l’animale che sorregge il mondo; e per i nativi americani è la madre primordiale. Ma quando Bill, uno dei protagonisti, le chiede aiuto contro il mostro, supplicandola, ella risponde: «Devi aiutarti da te, figliolo… ci sono i tuoi amici» (pag. 1220). Per quanto riguarda la magia, il libro non ne parla espressamente. Quindi non compaiono maghi, streghe, vampiri, o entità varie, e di per sé pare non parla affatto della magia pura. In realtà tutto il libro è il racconto di come operano le forze della natura sull’uomo (e la magia, come diceva Paracelso e come qualunque esoterista sa, altro non è che la conoscenza delle leggi della natura); ed è quindi il racconto di come immaginazione e volontà (le due componenti fondamentali della magia) possono modificare la realtà e plasmarla a piacimento.Nel libro c’è addirittura la magia sessuale; uno dei fatti narrati nel romanzo, incomprensibili per chi non conosce la magia, ma che rappresenta un punto cruciale di tutto il racconto, è quando i ragazzi promettono solennemente, dopo aver sconfitto il mostro, che quando questo ritornerà loro si ritroveranno di nuovo tutti insieme a combatterlo, e suggellano questo patto con un rapporto sessuale con la protagonista femminile del romanzo, Beverly Marsch. Il rapporto sessuale, infatti, ha degli effetti magici, nel senso che (come abbiamo scritto nel nostro articolo “Sesso, magia sessuale, tantra e civiltà moderna”) lega le anime delle persone che si congiungono, rafforzandone la volontà, e creando un legame invisibile ma duraturo, che può essere indirizzato verso finalità specifiche, scelte da coloro che hanno il rapporto sessuale. Questo rapporto multiplo crea un legame tra tutti, una specie di promessa, che li porterà nuovamente a riunirsi per adempiere a quel patto. «Conosco un sistema – rispose Beverly nell’oscurità – So come ridiventare tutti uniti. Perché se non saremo uniti, non usciremo vivi di qui. E’ una cosa che ci unirà per sempre e che serve a dimostrare che vi amo tutti e siete tutti miei amici» (pag. 1246). Cos’è quindi che fa vincere i ragazzi contro il mostro? E’ «la loro forza unita, resa invincibile dalla forza di quell’Altro, ed era la forza del ricordo e del desiderio, e soprattutto era la forza dell’amore e di un’infanzia dimenticata» (pag. 1264).Nel romanzo compare anche un’altra idea di fondo: quella che la nostra vita sia guidata da forze invisibili, di cui a stento percepiamo l’esistenza. Forze che solo pochi percepiscono, e che impongono di domandarsi quanto effettivamente l’uomo sia dotato del cosiddetto libero arbitrio: «C’è qualcosa che ci sta chiamando, qualcosa che ci sceglie uno ad uno. Niente di tutto questo è casuale». Questo pensa Bill, uno dei protagonisti (pag. 421). E questa idea, da fa sfondo invisibile a tutto il racconto. Il libro “It” di Stephen King, quindi, considerato da tutti il suo capolavoro, è un romanzo, ma anche un libro sulla magia, sulla magia sessuale, sull’amore, sull’amicizia, sul potere, sul funzionamento della realtà e sul funzionamento delle energie dell’universo, e dunque sulla vita. Per questo è un libro magico che ha conquistato milioni di lettori in tutto il mondo, la maggior parte dei quali all’oscuro del reale significato del romanzo; ma attratti da esso da qualcosa… di magico, appunto. Non un romanzo del terrore, quindi, ma un libro sulla magia e sulla realtà in cui viviamo.(Paolo Franceschetti, “Stephen King, delitti rituali e magia”, dal blog “Petali di Loto” del 9 aprile 2018. Il libro: Stephen King, “It”, Sperling & Kupfer, 1344 pagine, euro 12,90).“It” è considerato il libro capolavoro di Stephen King. Un romanzo lunghissimo (circa 1300 pagine) che, come tutti i libri di questo scrittore, non è solo un libro del terrore (oserei dire che non lo è affatto) ma ci introduce nella quotidianità della provincia americana, facendocela assaporare come se la vivessimo noi stessi in prima persona. Nella dedica iniziale che Stephen King fa alla moglie e ai figli, c’è una frase che è la chiave di interpretazione di tutto il suo straordinario libro: ragazzi, il romanzesco è la verità dentro la bugia, e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste. Il romanzo è infatti la storia di sette ragazzi che combattono contro le forze del male nella cittadina di Derry; ma la storia è, in realtà, l’occasione per raccontare la realtà in cui viviamo, e per mostrare – a chi riesce a vederlo – il funzionamento di due aspetti molto importanti di questa realtà: il meccanismo operativo della magia, e il modo di agire delle forze esoteriche sulla realtà di tutti i giorni. Chi ha letto questo romanzo, ha trovato in esso tutte le cose di cui abbiamo parlato e ampiamente trattato nel nostro sito in questi dieci anni: gli omicidi rituali, la pervicace volontà di chi indaga di non accertare la verità; il capro espiatorio, assolutamente improbabile, che viene accusato di una serie di delitti per tacitare l’opinione pubblica; la magia e il suo funzionamento; la lotta tra il bene e il male e le sue dinamiche.
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Un pettirosso le si posa tra le dita, sulla tomba del figlio
Visita la tomba del figlio morto, e quello che le succede lascia senza parole. Può capitare di commuoversi, infatti, se in quel momento ti si posa sulla mano un “cock robin”, uccellino il cui nome inglese ricorda da vicino il cognome della madre e del bambino, Robinson. Lei, Marie, ha perso il suo Jack il 1° aprile del 2014. Aveva solo quattro anni: tumore al cervello. Nel triste anniversario, Marie Robinson ha raggiunto la tomba di Jack nel cimitero di Waterlooville, piccola città britannica. «Quello ricevuto sembra proprio essere un segno dal cielo», afferma “Virgilio”. «Mentre la donna stava seduta sul prato vicino alla tomba di Jack, è comparso un piccolo pettirosso che ha cominciato a volarle attorno, fermandosi di tanto in tanto sulle tombe vicine». Ma c’è di più: «A un certo punto si è posato su un piede della donna, poi sulle sue dita». Marie Robinson, in lacrime, ha interpretato questo particolarissimo incontro come «un chiaro segno dell’amore e della presenza del piccolo Jack, capace di andare ben oltre la morte». E’ comunque riuscita a estrarre lo smartphone e a filmare la scena: in pochi giorni, il video che immortala il “momento magico” ha raggiunto 13 milioni di visualizzazioni. «E’ toccante per chiunque, a prescindere dalle convinzioni di ciascuno su religione e spiritualità».Questa fama inaspettata, per Marie, è stata l’occasione per sensibilizzare le persone su una tematica delicata come il cancro infantile, «per fare in modo che ad altri bambini non succeda quello che è capitato a Jack». Proprio i tumori, ricorda “The Lancet” citando uno studio dello Iarc, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, rappresentano una delle principali cause di morte nei bambini. E la loro incidenza è purtroppo in aumento, avverte il “Fatto Quotidiano”: dai neonati fino ai quattordicenni, a livello globale si è passati da 124 casi ogni milione di bambini nel 1980 ai 140 casi nel 2010. Rispetto agli anni ‘80, l’incremento è del 13%. Un dramma per tante di famiglie, riportato sotto i riflettori grazie a un delizioso pettirosso inglese, estemporaneo “medium” volatile tra il piccolo Jack e sua madre Marie? Nonostante tutto, chiosa “Virgilio” con licenza poetica, il piccolo sembra continuare a star vicino alla madre, «come il pettirosso pare proprio abbia voluto comunicarle». Per molti, il pennuto abitatore dei giardini (cimiteri inclusi) simboleggia una nuova crescita, il rinnovarsi della vita. Un’antica leggenda lo avvicina alla morte, quella di Gesù Cristo che poi risorgerà: il petto rosso rappresenta il sangue del Nazzareno croficisso, a cui il pietoso uccellino avrebbe rimosso una spina della corona che gli tormentava il capo.Il pettirosso ha diversi connotati simbolici, scrive Valeria Bonora sul blog “Eticamente”: è infatti indicativo di speranza, ottimismo e armonia, sostenimento e felicità. «Nonostante sia un uccellino spesso rissoso e intraprendente, per niente timido e spesso anche sfrontato, viene associato ad immagini di tranquillità e pace, forse perchè arriva in inverno, quando tutto è coperto dalla neve che ovatta i suoni e l’unico che si sente cinguettare in giro è proprio lui». Marcatamente stagionale è infatti la simbologia del pettirosso nella tradizione celtica, «dove l’uccellino piumato di rosso lotta con lo scricciolo, un altro uccellino, e questa lotta simboleggia il passaggio tra le due parti dell’anno, estate e inverno, ma soprattutto il passaggio da anno vecchio ad anno nuovo». L’avvicendarsi è rappresentato dalla lotta tra il re-agrifoglio (o vischio), che rappresenta l’anno nascente, e il re-quercia, che simboleggia l’anno morente. «Durante il solstizio d’inverno il re-agrifoglio vince sul re-quercia, e viceversa per il solstizio d’estate». Tra le due piante si rifugiano i due uccellini, «così che lo scricciolo rappresenta l’anno calante, il pettirosso l’anno nuovo». Resurrezione, appunto: “superamento” della morte.Nel folklore francese e britannico, aggiunge Bonora, il pettirosso era simbolo del dio del tuono, Thor, mentre nelle leggende del Cristianesimo era «colui che accompagnava le anime nel regno dei morti», e questo «soprattutto grazie alla credenza inglese che sia compito dei pettirossi seppellire i morti restati senza sepoltura nei boschi». Viene da lontano, il simbolo dell’uccello rosso: in forma di colomba, è il protagonista di un quadro famosissimo, la “Beata Beatrix”, conservato alla Tate Britain di Londra. Lo dispinse nel 1872 il “rosacrociano” Dante Gabriel Rossetti, caposcuola dei pittori preraffaelliti, decisi a tornare alla raffigurazione della natura intesa come espressione vivente del divino. Nella dolente “Beata Beatrix”, ispirata alla Beatrice di Dante, l’uccello rosso (con un ramoscello nel becco) rappresenta l’immortalità dell’amore perduto. Simbologia pittorica citata in modo commovente da un altro accreditato Rosacroce, il regista moldavo Emil Loteanu, nel film-capolavoro “I Lautari”: proprio in punto di morte, il protagonista (Toma Alistar) rivede lo stesso uccello rosso che aveva accompagnato l’incanto dell’incontro con la donna amata e subito perduta, per la cui disperata ricerca aveva speso l’intera vita.Sotto il nome “Rosacroce” sarebbe racchiusa quella che Gianfranco Carpeoro definisce «una leggenda realmente avvenuta», di origine biblica, che avrebbe attraversato in incognito l’intera storia dell’Occidente, dai Templari a Dante, da Leonardo a Giordano Bruno. Una formidabile confraternita iniziatica, costituita dai migliori cervelli, inclusi quelli di Cartesio e Newton. La missione: trasmettere la “vera conoscenza” per liberare l’umanità dalle sue ataviche paure, che ne determinano la schiavitù sotto un potere iniquo, configurato come dominio. Una corrente di pensiero libertaria, egualitaria e proto-socialista che ha regalato grandi opere, dalla “Città del Sole” di Tommaso Campanella a “Utopia” di Tommaso Moro. E grandi artisti e letterati: Giorgione e Michelangelo, Victor Hugo e lo stesso Shakespeare, Goethe, Oscar Wilde. Ultime tracce: Satie, Cocteau, D’Annunzio, Salvador Dalì. Nel romanzo “Il volo del pellicano”, Carpeoro accenna al grande musicista venezuelano Aldemaro Romero. E poi, appunto, al regista Loteanu: l’uccello rosso, mutuato da Rossetti. Nella tradizione alchemica, il rosso simboleggia la Rubedo (rossore) che designa la fase conclusiva e decisiva della “grande opera” spirituale, che inizia con “l’opera al nero” (Nigredo, putrefazione) e prosegue con il bianco dell’Albedo (distillazione). E’ il fuoco a sublimare la trasmutazione della materia in spirito: non per nulla, il rosso simboleggia lo Spirito Santo nella tradizione cristiana.Non è casuale, evidentemente, neppure l’affollamento di leggende attorno al pettirosso, il piccolo cantore dei giardini, inconfondibile per via della vistosa macchia rossa in mezzo al petto. Morte e resurrezione: affronta un destino memorabile il protagonista del bestseller “Il coraggio del pettirosso”, di Maurizio Maggiani, capolavoro della letteratura italiana contemporanea. E’ la storia di Pascal, soldato piemontese che diserta dall’esercito sabaudo, rifiutando di partecipare al massacro dei valdesi inermi. Rivoluzione interiore, rifiuto della violenza ingiustamente inferta, obiezione di coscienza. Resurrezione spirituale, nel segno del pettirosso. Nel romanzo, l’uccelletto compare anche nella dedica iniziale. E’ mutuata da Fabrizio De André, eretico di rango. Il brano: “La domenica delle salme”. E’ il passaggio in cui si cita, con rispetto, «Renato Curcio, il carbonaro». I versi: «Gli incendiarono il letto sulla strada di Trento, dalla sua barba riuscì a salvarsi un pettirosso da combattimento». Anche per il grande cantautore, se c’è qualcosa che sopravvive è proprio lui: il pettirosso. Come quello in cui Marie Robinson ha intravisto l’amore “immortale” del suo Jack.Visita la tomba del figlio morto giovanissimo, e quello che le succede lascia senza parole. Può capitare di commuoversi, infatti, se in quel momento ti si posa sulla mano un “cock robin”, uccellino il cui nome inglese ricorda da vicino il cognome della madre e del bambino, Robinson. Lei, Marie, ha perso il suo Jack il 1° aprile del 2014. Aveva solo quattro anni: tumore al cervello. Nel triste anniversario, Marie Robinson ha raggiunto la tomba di Jack nel cimitero di Waterlooville, piccola città britannica. «Quello ricevuto sembra proprio essere un segno dal cielo», afferma “Virgilio”. «Mentre la donna stava seduta sul prato vicino alla tomba di Jack, è comparso un piccolo pettirosso che ha cominciato a volarle attorno, fermandosi di tanto in tanto sulle tombe vicine». Ma c’è di più: «A un certo punto si è posato su un piede della donna, poi sulle sue dita». Marie Robinson, in lacrime, ha interpretato questo particolarissimo incontro come «un chiaro segno dell’amore e della presenza del piccolo Jack, capace di andare ben oltre la morte». E’ comunque riuscita a estrarre lo smartphone e a filmare la scena: in pochi giorni, il video che immortala il “momento magico” ha raggiunto 13 milioni di visualizzazioni. «E’ toccante per chiunque, a prescindere dalle convinzioni di ciascuno su religione e spiritualità».
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Carpeoro: avremo la solita merda, perché votiamo con odio
Nessuno si faccia illusioni: alla fine delle procedure istituzionali di rito, lente e macchinose, al governo ci sarà il solito schifo, fatto di politici “dimezzati” e proni ai diktat dell’élite finanziaria. Detto in francese: «Avremo la solita merda». Motivo? «Abbiamo votato come sempre: contro qualcuno, anziché per qualcosa. Ha vinto l’odio, ancora una volta. Inevitabile, quindi, che il risultato finale sia il nulla, il vuoto assoluto». Gianfranco Carpeoro non ha dubbi: nascerà comunque un governo, perché la “sovragestione” dei poteri forti teme un unico scenario, quello di nuove elezioni. Quale governo? Dipende dalla formula che alla fine prevarrà, dopo aver in ogni caso rottamato Matteo Renzi: l’ex premier «verrà “garrotato” lentamente, in modo che si tolga di mezzo e cessi di ostacolare l’unica soluzione percorribile, cioè quella di un esecutivo sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dal Pd», opportunamente de-renzizzato. La sortita di Emiliano, che tifa per la convergenza verso i grillini? «Una candidatura personale, nel caso nel Pd prevalga la tentazione di un’alleanza aperta coi pentastellati». La discesa in campo di Calenda? Solo una variazione sul tema: «Sarebbe lo scivolo perfetto per riproporre la candidatura di Gentiloni, come capo di un “governo del presidente”, in ogni caso sempre sostenuto dai 5 Stelle e dal Pd senza più Renzi», ridotto al ruolo di semplice senatore e di fatto isolato, anche se a capo di una nutrita pattuglia di parlamentari a lui fedeli.
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Stregoni e partiti all’opera: rassegnarsi a questa agonia Ue
«Finito il tempo degli anestesisti, è ormai arrivato quello degli stregoni». L’esito degli “anestesisti”, scrive Leonardo Mazzei, fa registrare un contestuale avvicinamento delle posizioni di tutte le diverse forze politiche in campo, sulla “questione delle questioni”, cioè «la gabbia dell’euro e dell’Unione Europea».Ovvero: «Tutti a criticare l’Europa così com’è, ma tutti a vendere nel mercato elettorale l’unica soluzione totalmente impossibile, cioè quella della “ridiscussione”, “riforma”, “revisione” dei trattati che è del tutto irrealizzabile, altro non fosse che per la necessità di un voto unanime di 27 paesi con i loro diversi (e spesso contrapposti) interessi in campo». Da qui la conclusione: le elezioni 2018 passeranno e l’euro resterà, dato che nessuno gli torcerà un capello. Ora, «tutte le persone informate dei fatti sanno che, senza affrontare il nodo europeo, non può esserci spazio alcuno: non solo per combattere la disoccupazione e uscire davvero dalla crisi, ma neppure per misure parziali volte quantomeno ad alleviare le sofferenze sociali che la crisi ha portato con sé. Ne consegue che tutti i programmi elettorali, per lo più basati su promesse e obiettivi mirabolanti, sono quanto di più falso la storia elettorale italiana abbia mai registrato fino ad oggi». L’azione degli “anestesisti del sistema” è riuscita: «Il che, dopo 10 anni di crisi tutt’altro che risolta, dopo 5 anni della più indecente delle legislature, è sinceramente sconfortante».E ora? Dopo gli “anestesisti”, scrive Mazzei su “Antimperialista”, avranno successo anche gli “stregoni”? Sono quelli che «lavorano alle future alchimie parlamentari e governative affinché nulla cambi in questo disgraziato paese». Se così non fosse, «non ci proporrebbero ancora il volto di pesce lesso Gentiloni: un volto conservatore come pochi, tanto nella mimica quanto in quel cognome aristocratico che porta». La generale omologazione al credo eurista, però, ancora non basta a disegnare una maggioranza in grado di reggersi in piedi. «O meglio, questa omologazione, proprio perché rende possibili diverse soluzioni variamente gradite a lorsignori, sembra non determinare ancora una chiara gerarchia nelle loro preferenze». Eppure, continua Mazzei, questa gerarchia esiste: «I dominanti son sempre previdenti, e – almeno quando possono permetterselo – oltre al piano A cercano sempre di avere un piano B». Da qui una certa apparente confusione, che adesso inizia però a diradarsi. Il piano A è rimasto quello che avevano pensato in autunno, le cosiddette “larghe intese”, «formula alquanto vaga che voleva nascondere quel patto Renzi-Berlusconi che ha consentito la forzatura del Rosatellum». Questo piano ha oggi però una variante, quella che prevede a Palazzo Chigi un “terzo uomo”: non più il ritorno del Bomba, «ma un personaggio più grigio e addomesticabile: se non Gentiloni, magari Padoan».Ecco a cosa è servita la pressione su Renzi: a fargli accettare il passo indietro sulla presidenza del Consiglio, sostiene Mazzei. «Certo, se il Pd dovesse recuperare rispetto ai sondaggi il fiorentino rispolvererebbe all’istante le sue ambizioni. Ma non pare proprio che sia questa l’aria che tira». C’è però un piano B, quello del “governo del presidente” evocato da D’Alema. «A seconda dei risultati, il piano B potrà essere una scelta o una necessità». Una scelta, qualora i numeri del piano A risultassero troppo risicati. Una necessità, se quei numeri proprio non vi fossero. «La differenza tra questi due piani è ovvia: il primo esclude i Cinque Stelle, il secondo li ricomprende». Nel primo caso, al M5S verrebbe assegnato «il classico ruolo dell’opposizione di Sua Maestà», mentre nel secondo «quello di ruota di scorta governativa delle più collaudate forze sistemiche». La prima soluzione, assicura Mazzei, è quella per cui lavorano gli “stregoni” dell’informazione. La seconda è una possibile necessità «non più esclusa per principio dall’oligarchia, ma solo considerata un po’ meno vantaggiosa della prima».Se oggi Renzi sta tornando buono per il mainstream, argomenta l’analista, è perché un Pd in caduta libera finirebbe per determinare nei collegi uninominali una polarizzazione M5S-destra, assai più che Pd-destra. «Con il risultato, ben colto dai sondaggisti, di danneggiare non solo il partito di Renzi al centro-nord, ma pure la destra al sud e nelle isole». Ecco allora il duro lavoro degli “stregoni della comunicazione” per riportare su le quotazioni del Bomba. «In cambio Renzi, ha dovuto platealmente dismettere il suo refrain preferito, quello del vincitore delle primarie come unico candidato alla guida del governo da parte del Pd. Oggi per Palazzo Chigi gli va bene un Pd-purchessia, domani accetterà forse anche un non-Pd-purchessia pur di non tornare nell’anonimato della sua Rignano». Certo, quello degli “stregoni” è un lavoro duro, «specie con questi chiari di luna». Lavoro che «sarebbe quasi impossibile, se solo vi fosse un’alternativa politica credibile. Ma questa non c’è. C’è anzi la sua negazione fatta persona nel volto neodemocristiano di Luigi Di Maio». Italia senza speranze: mala tempora currunt, sintetizza Mazzei.«Finito il tempo degli anestesisti, è ormai arrivato quello degli stregoni». L’esito degli “anestesisti”, scrive Leonardo Mazzei, fa registrare un contestuale avvicinamento delle posizioni di tutte le diverse forze politiche in campo, sulla “questione delle questioni”, cioè «la gabbia dell’euro e dell’Unione Europea».Ovvero: «Tutti a criticare l’Europa così com’è, ma tutti a vendere nel mercato elettorale l’unica soluzione totalmente impossibile, cioè quella della “ridiscussione”, “riforma”, “revisione” dei trattati che è del tutto irrealizzabile, altro non fosse che per la necessità di un voto unanime di 27 paesi con i loro diversi (e spesso contrapposti) interessi in campo». Da qui la conclusione: le elezioni 2018 passeranno e l’euro resterà, dato che nessuno gli torcerà un capello. Ora, «tutte le persone informate dei fatti sanno che, senza affrontare il nodo europeo, non può esserci spazio alcuno: non solo per combattere la disoccupazione e uscire davvero dalla crisi, ma neppure per misure parziali volte quantomeno ad alleviare le sofferenze sociali che la crisi ha portato con sé. Ne consegue che tutti i programmi elettorali, per lo più basati su promesse e obiettivi mirabolanti, sono quanto di più falso la storia elettorale italiana abbia mai registrato fino ad oggi». L’azione degli “anestesisti del sistema” è riuscita: «Il che, dopo 10 anni di crisi tutt’altro che risolta, dopo 5 anni della più indecente delle legislature, è sinceramente sconfortante».
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C’era una volta Bagnai: farà l’acchiappa-dissenso, pro Silvio
La Lega, vivendo all’ombra e sotto il cappello di Berlusconi – uomo Nato, piduista, miliardario e ancora utile alla sovrastruttura atlantista – essendo un partito liberista con ricette economiche padronali, è servito, nella sua prima fase costituente, a destrutturare il concetto di Stato sociale, di sovranità nazionale e di statalismo. E il suo finto separatismo d’accatto, in passato, è stato uno strumento utile allo schema di potere. Poi, nella “fase due”, la Lega è stata partito di governo, senza produrre nulla di utile e cambiando idea su tutti i fronti, a seconda delle esigenze elettorali. Quello è stato anche il periodo dei grandi scandali, della bancarotta, dei diamanti in Tanzania (della serie “aiutiamoli a casa loro, ma senza i loro diamanti”). Infine, arriviamo ai giorni nostri, dove la Lega svolge – per conto terzi – la “fase tre”, ovvero quella di contenitore del dissenso populista, e soprattutto quella di metabolizzatore della rabbia popolare. Il tutto alle dipendenze del centrodestra, parte politica che in passato ha votato euro, Trattato di Lisbona, Jobs Act, Fornero e guerre insieme al Pd, dopo aver sponsorizzato Renzi come finto antagonista. I contenitori di dissenso sono importanti, nello schema del potere, quando il Re è troppo svestito, e va spostato un bersaglio troppo visibile ai sudditi.Prima fu il Movimento 5 Stelle, che oggi pare abbia iniziato ad esaurire la sua spinta propulsiva originale: dopo l’abbandono di Grillo il partito – come previsto anni fa – inizerà a spappolarsi in diversi fronti, avendo esaurito il compito per il quale i suoi mentori occulti l’avevano plasmato, all’ombra del comico, nonostante oggi abbia candidato così tante persone, dalla cosiddetta società civile. Ma oggi è il turno della Lega, che (con Salvini) ha avviato il corso nazionalista sovranista: lui, l’ultimo araldo e baluardo per infinocchiare ancora una volta l’elettorato, dirigendolo verso bersagli comodi, lontano dai veri obiettivi, puntando come sempre sulla guerra tra poveri e alzando il tiro, rispetto ai più moderati pentastellati. Sono entrambi contenitori politici che servono a comprimere e metabolizzare il dissenso, ai quali il servo delega le proprie istanze e speranze, nel solco della tipica tradizione mariana italiana. Arriviamo al capolavoro di Salvini e soci: quello di aver sedotto definitivamente l’economista Bagnai, persona che stimo molto per le sue battaglie e competenze tecniche, e che domani si candiderà (come indipendente) in un partito che lo ha strumentalmente e fortemente voluto. Bagnai porterà voti dissidenti e, andando nell’alleanza con Berlusconi, annullerà – volente o nolente – proprio quel paradigma rivoluzionario che lo contraddistingueva.La Lega l’ha voluto per due motivi fondamentali: uno, attirare voti sovranisti; due, annullare i sovranisti in un contenutore “forno alchemico”, trasformandoli da oro in merda. Mossa intelligente, quella di Salvini: come un esperto giocatore di poker ha fatto bene i suoi calcoli, e ha previsto in anticipo le mosse. Bravo Salvini. Forza Lega – anzi: Forza Italia. Bagnai usa le colpe della sinistra come scusante per la sua, di colpa. L’essere passato a destra è, di fatto, un tradimento politico: se era la lotta di classe, che gli stava a cuore, scoprirà che – come non la fa la sinistra – non la fa neppure la destra. In lui hanno prevalso aspetti legittimamente più egoici, dopo tanti rifiuti dalla sinistra, che ancora una volta presenta un conto salato ai suoi (forse, domani) ex elettori. Per la proprietà transitiva, Bagnai diventa di proprietà di Silvio – ergo, delle forze piduiste e atlantiste che l’hanno “piazzato”, e che anche se qualcuno pensava fosse sotto attacco (ma quando mai?!) ancora ne usufruiranno, per scopi diametralmente opposti a quelli per i quali Bagnai ha deciso di scendere in campo. La Lega, avendo candidato proprio i dissidenti sovranisti, li ha – per così dire – metabolizzati, annullandone l’impatto rivoluzionario e dirompente di contrapposizione al sistema. Aprite gli occhi.(“Lega e Salvini, finti antagonisti e nuovi contenitori del dissenso”, nota firmata da “Maestro di Dietrologia” nella puntata 259 di “Border Nights”, 30 gennaio 2018).La Lega, vivendo all’ombra e sotto il cappello di Berlusconi – uomo Nato, piduista, miliardario e ancora utile alla sovrastruttura atlantista – essendo un partito liberista con ricette economiche padronali, è servito, nella sua prima fase costituente, a destrutturare il concetto di Stato sociale, di sovranità nazionale e di statalismo. E il suo finto separatismo d’accatto, in passato, è stato uno strumento utile allo schema di potere. Poi, nella “fase due”, la Lega è stata partito di governo, senza produrre nulla di utile e cambiando idea su tutti i fronti, a seconda delle esigenze elettorali. Quello è stato anche il periodo dei grandi scandali, della bancarotta, dei diamanti in Tanzania (della serie “aiutiamoli a casa loro, ma senza i loro diamanti”). Infine, arriviamo ai giorni nostri, dove la Lega svolge – per conto terzi – la “fase tre”, ovvero quella di contenitore del dissenso populista, e soprattutto quella di metabolizzatore della rabbia popolare. Il tutto alle dipendenze del centrodestra, parte politica che in passato ha votato euro, Trattato di Lisbona, Jobs Act, Fornero e guerre insieme al Pd, dopo aver sponsorizzato Renzi come finto antagonista. I contenitori di dissenso sono importanti, nello schema del potere, quando il Re è troppo svestito, e va spostato un bersaglio troppo visibile ai sudditi.
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Il segreto di Renaissance, misteriosi matematici miliardari
Renaissance Technologies, uno dei più prestigiosi hedge fund del mondo, ha guadagnato (e continua a farlo) montagne di soldi in Borsa grazie ad un algoritmo. La Renaissance è considerata la più grande macchina da soldi nella storia della finanza. Il segreto del successo del suo fondo, Medallion, risiederebbe in un codice di programmazione, «accompagnato da tanta omertà e da un serrato isolamento dei suoi impiegati dal mondo esterno», scrive “Money.it”. A nord di New York, in una cittadina isolata che prende il nome di East Setauket, la sede di Renaissance Technologies è completamente blindata e le telecamere sono ovunque. Dirigenti e dipendenti dell’hedge fund abitano tutti nei dintorni, in ville lussuose circondate da parchi così grandi da impedirne completamente la visione dalla strada. «Si tratta di una sorta di club privato: vivono tutti vicini e custodiscono insieme un segreto che li rende sempre più ricchi, giorno dopo giorno». La Renaissance è stata fondata negli anni ‘80 da James Simons, matematico di fama mondiale, già analista strategico della Nsa, cuore dell’intelligence Usa. «Fin dall’inizio, invece di preferire collaboratori che provenissero dal mondo della finanza, Simons ha optato per colleghi appartenenti al settore scientifico, tra cui 6/7 informatici che stavano lavorando al progetto Watsons, il programma di intelligenza artificiale di Ibm».Grazie alle conoscenze di matematici e informatici di alto livello, Renaissance Technologies è diventato un colosso finanziario senza uguali al mondo: fa molto meglio di personaggi come Ray Dalio e George Soros, con un patrimonio (nel 2015) di oltre 60 miliardi di dollari. L’importanza della Renaissance è confermata dalla giornalista Katherine Burton, di “Bloomberg”, tra le pochissime voci a far luce sulla realtà di questo hedge fund. Il funzionamento dei loro sistemi dipenderebbe da un algoritmo che sarebbe «tra i segreti meglio celati al mondo». Una setta esoterica di matematici pitagorici, hanno definito i misteriosi “uomini d’oro” della Renaissance: «Nessuno lascia quel posto di lavoro: per tenersi stretti i dipendenti è stato creato un fondo ad hoc a loro riservato». Da quando è nato, il fondo Medallion ha guadagnato in media il 40% l’anno. «Chi all’inizio ha investito 1.000 dollari, ora si ritrova in tasca circa 14 milioni». Il famoso “algoritmo misterioso” sfrutterebbe il “machine learning”, «una branca dell’intelligenza artificiale che affida ai computer la capacità di imparare da soli, senza il bisogno che siano programmati esplicitamente».Robert Mercer, che ha sostituito Simons alla guida del fondo, è un noto esponente dell’estrema destra americana. «Ha investito 11 milioni di dollari nel giornale online “Breitbart” ed è il fautore dell’applicazione del machine learning all’interno delle campagne elettorali», scrive “Money.it”. «Il banco di prova sono state le elezioni Usa nel 2016: non riusciamo ad immaginare quanti soldi abbia guadagnato Renaissance Technologies con l’“inaspettata” vittoria di Donald Trump». Senz’altro c’è di mezzo la fisica quantistica, il cui lontano antenato è probabilmente la proto-scienza alchemica, arte di cui era un maestro lo stesso Isaac Newton. Lo stesso nome, “Tecnologie del Rinascimento”, sembra amiccare al periodo di massima fioritura dell’esoterismo rosacrociano, ipotizza una ricercatrice indipendente come Lara Pavanetto. «La cosa che più di ogni altra sbalordisce, della Renaissance, è che non ne parla mai nessuno: è ricchissima e potentissima, ma sostanzialmente invisibile, inaccesibile ai media, lontanissima dal mondo dell’informazione finanziaria che invece, ogni giorno, dà conto delle imprese di Dalio, Soros e colleghi».Il fondo Medallion, scrive Pavanetto nel suo blog, è uno dei grandi misteri della finanza: secondo la leggenda, sarebbe nato da un investimento iniziale di appena 1000 dollari. «Gli investitori sono i dipendenti stessi della società, che gestisce altri tre fondi aperti a investitori istituzionali per un totale di 25 miliardi di dollari». La Renaissance Technologies è stata fondata dal matematico Jim Simons nel 1982. Simons è stato a capo del dipartimento di matematica dell’università di Stony Brook e professore anche al Mit e ad Harvard. Un’inchiesta di “Bloomberg” ha cercato di far luce su questa misteriosa entità, scoprendo che la società «è un avanzatissimo laboratorio di matematica, con computer, complesse basi statistiche e un esercito di laureati votati alla sistematica ricerca di anomalie sui vari mercati». Molti uomini della società “invisibile” sono acquartierati a sessanta miglia da Wall Street, vicino a Long Island. Palazzi da milioni di dollari, in un villaggio chiamato Old Field. «Gli abitanti del posto hanno però dato un altro nome a questo territorio: la Riviera del Rinascimento. Questo perché i più ricchi residenti della zona sono scienziati, e lavorano per Renaissance Technologies, con sede nella vicina East Setauket».Questi scienziati, per lo più matematici, «sono i creatori e sorveglianti del fondo più grande del mondo: Medallion», che ha circa 300 dipendenti, il 90% dei quali laureati in matematica. «Renaissance è la versione commerciale del Progetto Manhattan», spiega Andrew Lo, professore di finanza alla Sloan School of Management del Mit e presidente di AlphaSimplex, una società di “ricerca quantitativa”. Andrew Lo lavora per Jim Simons, per riunire tanti scienziati a caccia di profitti economici: «Questi matematici sono l’apice dell’investimento “Quant”. Nessun altro vi è nemmeno lontanamente vicino». Tutti hanno sentito parlare della Renaissance, ma quasi nessuno sa ciò che accade all’interno: «Ricordano i pitagorici, cioè una setta filosofica di matematici». Quasi nulla si sa di questo piccolo gruppo di scienziati, «il cui vasto patrimonio influenza sempre di più la politica degli Stati Uniti», scrive Pavanetto. Proprietari e dirigenti evitano le interviste. Il loro sembra un sistema unico al mondo, «per il genio e l’eccentricità della sua dirigenza». Esempio: «Peter Brown, uno dei boss, di solito dorme su un letto nel suo ufficio. Il suo omologo, Robert Mercer, raramente parla. I due sono laureati in matematica e teorici della famosa “teoria delle stringhe”».Il mistero dei misteri? «E’ il modo in cui Medallion è riuscito a garantire rendimenti annuali di quasi l’80 per cento in un anno, al lordo delle commissioni». La spiegazione? I computer di Renaissance “pensano”, oltre a fare calcoli. Gli uomini Renaissance hanno più dati e meglio organizzati. Dispongono di più indizi su cui basare le loro previsioni e vantano modelli migliori per l’allocazione del capitale. Prestano molta attenzione al costo dei vari trade e di come il trading si muova sui mercati. «Molti di questi scienziati sono partiti dalla Ibm nel lontano 1980, dove hanno usato l’analisi statistica per affrontare le sfide più scoraggianti all’epoca pionieristica dei computer». Tuttavia, aggiunge Pavanetto, non è chiaro come sia possibile che nessuna informazione sia mai trapelata, in un mondo come quello dell’alta finanza, dove molti modelli sono simili e i dipendenti migrano da un hedge fund all’altro, dalla Goldman Sachs alla Jp Morgan. Invece da Renaissence non se ne è andato mai nessuno, o se qualcuno l’ha fatto è rimasto muto come una tomba. Non c’è fuga di segreti perché, davvero, a guadagnarci sono solo i dipendenti?Se così fosse, secondo Lara Pavanetto si paleserebbe un mistero ancora più grande: «Il modello avrebbe forti dosi di componenti deterministiche e le ottimizzazioni stocastiche interverrebbero solo nella parte residuale di un ipotetico “decision tree”, il che violerebbe il principio della aleatorietà dei mercati». Come dire che alla Reinassence sarebbero in possesso della legge deterministica dei mercati. «Un cosa che somiglierebbe molto alla “pietra filosofale”, tenendo conto che tale modello sarebbe stato concepito in un’epoca in cui le capacita computazionali erano un’infinitesimo di quanto lo sono oggi». Pochi sanno che James Simons, il fondatore di Reinassence, all’inizio della sua carriera fu un crittografo, sottolinea Pavanetto. Simons lavorò per la difesa degli Stati Uniti prima di essere licenziato, apparentemente, per il suo dissenso (a mezzo stampa) sulla Guerra del Vietnam. «Fece i suoi soldi inizialmente tramite un investimento in Colombia, e poi con il fondo Limroy, un precursore del fondo Medallion. Ha sempre reclutato personale che non ha mai lavorato a Wall Street. I suoi investitori inizialmente furono gente come Jimmy Meyer, uno dei più vecchi amici di Simons, e Edmundo Esquenazi, uomo d’affari di origine ebraica che fondò società emblematiche come Pavco, Mexichem Resinas Colombia (ex Petco) e Propilco».Ma il nome di Simons, continua Pavanetto, sarebbe anche legato all’affare Madoff, la truffa dello schema Ponzi (il cui nome viene da quello di un immigrato italiano che, agli inizi del Novecento, per primo lo mise in atto su grande scala). Il gioco: promettere agli investitori alti guadagni ma in modo fraudolendo, cioè pagando coi soldi dei nuovi investitori gli interessi maturati dai vecchi investitori. «La truffa consisteva nel fatto che Madoff versava l’ammontare degli interessi pagandoli con il capitale dei nuovi clienti. Il sistema saltò nel momento in cui i rimborsi richiesti superarono i nuovi investimenti». Nell’ultimo periodo le richieste di disinvestimento avevano raggiunto i 7 miliardi di dollari, al punto che Madoff non fu più in grado di onorare la remunerazione degli interessi promessi. Attenzione: «La dimensione della truffa messa in piedi da Madoff è almeno tre volte più grande dell’ammanco causato dal crac Parmalat». Dopo averli ascoltati, la Sec (autorità di vigilanza finanziaria) ha poi deciso di non procedere contro molti “senior partners” della Reinassence come Paul Broder, Henry Laufer, Nat Simons (figlio di Jim), Jimmy Meyer e vari “portfolio managers” del Meritage Fund, “gemello” di RenTech, uno dei fondi Reinassence.«Ciò che sorprende di più – scrive Pavanetto – è che la Renaissance Technologies non ha mai fatto cenno alla Sec», anche se Jimmy Meyer era «uno dei più vecchi amici di Jim Simons». Altra stranezza, infine: le strane morti attorno al mondo Reinassance. Due dei quattro figli dello stesso Jim Simons perdono la vita prematuramente Paul Simons muore nel 1996 investito da un’auto e suo fratello Nicholas annega nel 2003 nelle acque di Bali. Tre anni dopo, nel 2006, Alexander Astashkevich, impiegato (russo) di RenTech, uccide se stesso e sua moglie. Nel 2014 viene trovato impiccato William Broeksmit, un dipendente della Deutsche Bank che gestiva le opzioni di paniere di RenTech oggetto dell’investigazione americana Irs. «Le e-mail di Broeskmits che spiegavano l’uso del commercio da parte di RenTech sono state fornite agli investigatori statunitensi prima della sua morte», scrive Pavanetto, che cita anche l’ultima delle “strane morti”, quella di Scott Christianson, avvocato e giornalista, deceduto il 14 maggio 2017 “cadendo dalla scala di casa” doppo aver pubblicato, con il collega Greg Gordon, «un’indagine approfondita sui legami tra il presidente Donald Trump e il magnate dell’hedge fund Medallion Robert Mercer».Renaissance Technologies, uno dei più prestigiosi hedge fund del mondo, ha guadagnato (e continua a farlo) montagne di soldi in Borsa grazie ad un algoritmo. La Renaissance è considerata la più grande macchina da soldi nella storia della finanza. Il segreto del successo del suo fondo, Medallion, risiederebbe in un codice di programmazione, «accompagnato da tanta omertà e da un serrato isolamento dei suoi impiegati dal mondo esterno», scrive “Money.it”. A nord di New York, in una cittadina isolata che prende il nome di East Setauket, la sede di Renaissance Technologies è completamente blindata e le telecamere sono ovunque. Dirigenti e dipendenti dell’hedge fund abitano tutti nei dintorni, in ville lussuose circondate da parchi così grandi da impedirne completamente la visione dalla strada. «Si tratta di una sorta di club privato: vivono tutti vicini e custodiscono insieme un segreto che li rende sempre più ricchi, giorno dopo giorno». La Renaissance è stata fondata negli anni ‘80 da James Simons, matematico di fama mondiale, già analista strategico della Nsa, cuore dell’intelligence Usa. «Fin dall’inizio, invece di preferire collaboratori che provenissero dal mondo della finanza, Simons ha optato per colleghi appartenenti al settore scientifico, tra cui 6/7 informatici che stavano lavorando al progetto Watsons, il programma di intelligenza artificiale di Ibm».
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Il Graal di Salvador Dalì, il segreto del suo Cristo alchemico
Salvador Dalì, uno dei pochi autentici Rosacroce, ha trasfuso nella sua opera pittorica il sapere esoterico a cui venne iniziato. La maggior parte dei suoi quadri, in particolare quelli dell’ultima fase misticheggiante, sono impregnati di un fortissimo significato esoterico, codificato sapientemente in un linguaggio simbolico a cui pochi possono accedere. Esiste una bellissima tela del pittore catalano dal titolo “Corpus Hypercubus”, del 1954, in cui viene raffigurato Cristo su una croce composta da otto cubi. Si tratta indubbiamente di un uso di ascendenza pitagorica del numero 4 e del numero 8, una scelta non casuale, considerata la matrice iniziatica del pittore. Cristo in realtà non è rappresentato inchiodato alla croce ma sospeso in aria, fluttuante come se fosse già risorto. Perché Dalì ha voluto rappresentare Cristo in un modo così palesemente discordante dalla tradizione sinottica (ma non da quella giovannea, intrisa della cosiddetta “teologia della gloria”)? Il corpo di Cristo appare perfetto, non flagellato e scarnificato dalle torture alle quali, secondo i Vangeli, venne sottoposto prima di essere crocifisso. Dunque, un’immagine di Cristo trasfigurata, che non trova corrispondenza nelle testimonianze neotestamentarie. Quale il significato simbolico da attribuire a questa strana rappresentazione che capovolge ogni logica?E’ indubbio che rappresentando Cristo come già risorto sulla croce Dalì abbia voluto celare ai profani un messaggio: la trasmutazione di un uomo in uno stato superiore dell’Essere avviene già in vita e non dopo la morte. Se così non fosse, Dalì avrebbe raffigurato Cristo alla maniera classica come sofferente e col corpo deturpato dal supplizio subito. Dalì ha senz’ombra di dubbio tratto ispirazione da Giovanni 8,28: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’Uomo, allora saprete che Io Sono», dove per “innalzato” si intende proprio la crocifissione: Giovanni usa infatti il verbo greco “innalzare”, che è identico a quello usato in Numeri 21,4-9 (versione greca dei LXX) nell’episodio del serpente di rame innalzato da Mosè su di un’asta) – per alludere alla morte e rinascita spirituale del Figlio dell’Uomo, non dopo la morte ma al momento della crocifissione. Dunque Cristo rivela se stesso, la trasmutazione della sua natura umana in divina – e l’uso dell’Ego eimì, “Io sono”, non lascia molti dubbi sul significato da attribuire all’affermazione di Gesù – proprio nel momento più atroce e anche in quello più scandaloso per i credenti.Ma per rinascere a nuova vita in vita, per realizzare una perfetta compenetrazione tra la natura umana e quella divina, occorre salire in alto, ascendere verso gli stati superiori dell’Essere, cioè staccarsi dalla croce, che inchioda l’essere umano alla dimensione terrena, per fluttuare in una danza armonica con lo Spirito. Perciò Dalì non poteva che raffigurare Cristo staccato dalla croce e fluttuante nell’iperspazio rappresentato dalla figura geometrica del cubo. Ora, a questo punto i più acuti si saranno chiesti: furono la morte e la risurrezione di Cristo un evento solo simbolico? O furono anche degli eventi storici? Per chi come la sottoscritta ha penetrato certi misteri, la risposta non può che essere univoca: la croce e la risurrezione furono anche e soprattutto eventi storici, investiti tuttavia di un potente messaggio simbolico. Quale? Cerco di spiegarlo con pochi e semplici concetti. Cristo non è sceso dalla croce per salvare se stesso, come i membri del Sinedrio lo invitarono a fare per rivelare la potenza operante di Dio. Bevve fino in fondo il calice, il Santo Graal, che è accettazione della vita e delle sue terribili contraddizioni.Scegliendo di non salvare il suo Io terreno salvò la sua essenza non terrena. Scegliendo di rimanere in croce, Cristo realizzò la perfetta intersecazione tra il piano del visibile e dell’immanenza (l’asse orizzontale della croce) e quello del non visibile e della trascendenza (l’asse verticale della croce). Egli, da uomo, divenne Logos, trasmutò se stesso realizzando l’archetipo umano nella sua pienezza ontologica, che è da sempre nella mente di Dio. Il Santo Graal è la croce, simbolo della trasmutazione dell’essere. Cristo ha aperto una strada, quella della ricongiunzione tra le polarità opposte: essenza umana e divina, immanenza e trascendenza, vita ed eternità, nonché maschile e femminile, come spiegherò più avanti. Sta a noi seguire il percorso tracciato da Lui. Impresa delle imprese, traguardo quasi impossibile, meta irraggiungibile? La cosa fondamentale non è emulare ma porsi in tensione “verso”: non si imita un Dio, ci si pone in una tensione dialettica nella consapevolezza che l’attuale umanità è immersa da secoli in uno stato di torpore spirituale. Ma noi, che beviamo ogni giorno il Sacro Graal, abbiamo il compito di ridestarci e ridestare l’umanità, di scuoterla dall’immobilismo spirituale che da sempre la paralizza. Perciò è essenziale bere ogni giorno il calice amaro della vita: solo così possiamo andare oltre i nostri limiti e le nostre bassezze.La croce della vita quotidiana, così, da strumento di sofferenza può diventare uno strumento di trasmutazione, insieme interiore ed ontologica. Il Sacro Graal, appunto. E non è casuale che nella tela di Dalì compaia accanto alla croce una donna, raffigurata con le fattezze di Gala, la moglie di Dalì, per simboleggiare la riunificazione tra il maschile e il femminile. Gala, infatti, contempla estatica la risurrezione di Cristo, segno che il femminile gioca un ruolo determinante nella rinascita spirituale. Se così non fosse nella tela apparirebbe solo Cristo e l’iperspazio, ovvero il maschile, ma è proprio la presenza di una donna a suggerire che nel processo di risurrezione è coinvolta anche l’anima umana, che dal punto di vista esoterico è rappresentata dal femminile. D’altronde, i veri iniziati sanno molto bene che la conquista del Graal passa attraverso una ricomposizione della frattura edenica tra maschile e femminile, del loro bilanciamento armonico. Chi sostiene, come certe tradizioni religiose e certi controiniziati, che il femminile è soltanto un vaso, uno strumento da utilizzare per risaire nelle sfere più elevate dello Spirito (ogni riferimento a un uso deviato del tantra è puramente casuale) è ancora bel lontano dall’aver penetrato il mistero del Graal. Dalì docet.(Patrizia Francesconi, “Il Sacro Graal, la Croce e Dalì”, dal blog “Verità Giustizia Bellezza” del 30 ottobre 2017).Salvador Dalì, uno dei pochi autentici Rosacroce, ha trasfuso nella sua opera pittorica il sapere esoterico a cui venne iniziato. La maggior parte dei suoi quadri, in particolare quelli dell’ultima fase misticheggiante, sono impregnati di un fortissimo significato esoterico, codificato sapientemente in un linguaggio simbolico a cui pochi possono accedere. Esiste una bellissima tela del pittore catalano dal titolo “Corpus Hypercubus”, del 1954, in cui viene raffigurato Cristo su una croce composta da otto cubi. Si tratta indubbiamente di un uso di ascendenza pitagorica del numero 4 e del numero 8, una scelta non casuale, considerata la matrice iniziatica del pittore. Cristo in realtà non è rappresentato inchiodato alla croce ma sospeso in aria, fluttuante come se fosse già risorto. Perché Dalì ha voluto rappresentare Cristo in un modo così palesemente discordante dalla tradizione sinottica (ma non da quella giovannea, intrisa della cosiddetta “teologia della gloria”)? Il corpo di Cristo appare perfetto, non flagellato e scarnificato dalle torture alle quali, secondo i Vangeli, venne sottoposto prima di essere crocifisso. Dunque, un’immagine di Cristo trasfigurata, che non trova corrispondenza nelle testimonianze neotestamentarie. Quale il significato simbolico da attribuire a questa strana rappresentazione che capovolge ogni logica?
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Va’ dove ti porta il quorum, senza il popolo e senza leader
Evviva, habemus Rosatellum. Giuro che non vi infliggerò un’ennesima immersione, da palombari, nei segreti sommersi della legge elettorale, nei suoi meccanismi infernali e nella contabilità su chi ci guadagna e chi ci perde, chi è rimasto fregato e chi crede di averci guadagnato e invece sarà beffato, o viceversa. No, vorrei tornare in superficie, e recuperare una visione politica d’insieme. Da una legge elettorale noi ci aspettiamo due requisiti: che garantisca la rappresentanza e la governabilità. Il primo requisito coincide con la volontà popolare, il secondo con la certezza che dalle urne esca un governo o quantomeno una maggioranza di governo. La legge Rosato che è stata approvata ieri dal Senato in via definitiva (ma non eterna, vedrete che sarà presto rimessa in discussione), non garantisce né l’una né l’altra. Non si tratta di vedere chi se ne avvantaggia e chi ci rimette, perché la questione più grave investe l’Italia e il popolo sovrano. La rappresentanza, come ormai è ben chiaro, non viene scelta dall’elettore se non in piccola parte e in modo assai indiretto; sono le oligarchie, i capi partito a decidere chi mandare in parlamento. E grazie all’alchimia dei dosaggi, delle liste e delle coalizioni, un voto passa da così tante rifrazioni che entra in un modo ed esce in un altro. La volontà popolare si riduce dunque a La Traviata.Però, noi disperati elettori, ci accontenteremmo almeno di mezzo risultato: almeno ci darà un governo, cioè una maggioranza che avrà i numeri per governare senza trescare e inciuciare, un leader che viene designato come premier, un governo che abbia le premesse per durare l’arco di una legislatura? Macché. In questo quadro tripolare e frammentato, più frattaglie sparse, la legge elettorale non garantisce che chi prende un voto più degli altri, partito o coalizione che sia, abbia poi i numeri per governare. E non c’è nemmeno il paracadute del doppio turno per cui se la situazione esce spezzettata al primo colpo, c’è perlomeno un secondo turno in cui si decreta un vincitore. No. L’apparentamento non avviene prima del voto ma dopo. Questa legge sembra fatta apposta per il compromesso, per la grande coalizione al centro tra renziani e berlusconiani, più contorno di centrini e chicista, un partito governativo che nasce sempre, a conti fatti. Ora, noi scafati e ormai provati da ogni esperienza, non ci lasciamo spaventare nemmeno da questa prospettiva e diciamo: va bene, nasce un bel governone di unità nazionale. Ma per far cosa? Qual è la linea su cui convergerebbero, il grande disegno politico, le riforme da approvare insieme, la leadership riconosciuta su cui puntare? Silenzio.Non ci sarebbe una linea ma un accrocco, non c’è un disegno se non quello di andare al governo in condominio e spartirsi un po’ di ministeri, non ci sono riforme condivise perché verranno rimandate a quel domani impossibile quando “governeremo da soli”; e non c’è un leader riconosciuto da entrambi ma si dovrà arrivare a un vicario, un non-leader di compromesso, un profilo basso, se non una mezzacalzetta, che sia pronto a obbedire ai suoi due grandi elettori, senza scontentare gli altri mandanti del governo. Ecco il quadro. Siamo preoccupati? Ma no, dai, come fai a essere ancora preoccupato dopo tante delusioni e fallimenti, come fai a sentirti in pericolo se hai la certezza che la cosa non andrà avanti per molto? Dunque, niente. Aspettando godot, cioè la politica, quella seria, quella che decide e rappresenta i popoli, ci limitiamo a vivere alla giornata e vedremo passare davanti a noi, sul Tevere, dopo averle viste armate per il conflitto tra loro, carcasse di destra, di centro, di sinistra, trascinate insieme dalla corrente. Più qualche gorgo a cinque stelle. Va’ dove ti porta il quorum.(Marcello Veneziani, “Senza popolo e senza leader”, da “Il Tempo” del 27 ottobre 2017, ripreso dal blog del Movimento Roosevelt).Evviva, habemus Rosatellum. Giuro che non vi infliggerò un’ennesima immersione, da palombari, nei segreti sommersi della legge elettorale, nei suoi meccanismi infernali e nella contabilità su chi ci guadagna e chi ci perde, chi è rimasto fregato e chi crede di averci guadagnato e invece sarà beffato, o viceversa. No, vorrei tornare in superficie, e recuperare una visione politica d’insieme. Da una legge elettorale noi ci aspettiamo due requisiti: che garantisca la rappresentanza e la governabilità. Il primo requisito coincide con la volontà popolare, il secondo con la certezza che dalle urne esca un governo o quantomeno una maggioranza di governo. La legge Rosato che è stata approvata ieri dal Senato in via definitiva (ma non eterna, vedrete che sarà presto rimessa in discussione), non garantisce né l’una né l’altra. Non si tratta di vedere chi se ne avvantaggia e chi ci rimette, perché la questione più grave investe l’Italia e il popolo sovrano. La rappresentanza, come ormai è ben chiaro, non viene scelta dall’elettore se non in piccola parte e in modo assai indiretto; sono le oligarchie, i capi partito a decidere chi mandare in parlamento. E grazie all’alchimia dei dosaggi, delle liste e delle coalizioni, un voto passa da così tante rifrazioni che entra in un modo ed esce in un altro. La volontà popolare si riduce dunque a La Traviata.
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Piazzale Loreto, sacrificio rituale: morte del nuovo Cesare
Piazzale Loreto: macelleria messicana o rito esoterico? Giorgio Galli, eminente politologo italiano, propende per la seconda ipotesi. Per questo firma il breve saggio pubblicato in appendice nel volume “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini, giovane ricercatore indipendente, rivisita l’intera parabola del Duce, “da piazza San Sepolcro al rito sacrificale di piazzale Loreto”. L’autore mette in luce il legame occulto tra il fascismo, la massoneria italiana e gli ambienti della supermassoneria finanziaria anglosassone. Una lettura raggelante, quella della fine del dittatore interpretata in chiave esoterica: Mussolini ucciso sul Lago di Como e quindi “battezzato”, da morto, in uno strano rito di purificazione, per poi essere tradotto a Milano, fotografato cadavere con in pugno uno scettro (come l’Imperatore dei tarocchi) e infine appeso a testa in giù, per richiamare un altro degli “arcani”, l’Appeso, simbolo del potere capovolto. Tutto questo a piazzale Loreto, cioè «non a caso, nella piazza milanese dedicata alla Madonna», visto che – nella folle visione dei registi del macabro spettacolo – proprio «nel grembo della beata vergine» doveva “nascere”, simbolicamente, il nuovo Cristo. Un secondo avvento del messia, «propiziato dalla caduta del nuovo Giulio Cesare».Delirio? Eppure coincide alla lettera con la cronologia di quei drammatici giorni. Montermini sostiene che l’atroce scempio di piazzale Loreto parrebbe la diligente attuazione della “profezia” pronunciata nel 1908 dall’esoterista inglese Annie Besant, leader della Società Teosofica fondata da Helena Petrovna Blavatsky. La Besant parla per la prima volta di un nuovo periodo, il passaggio dall’Età dei Pesci all’Età dell’Acquario, segnata dal ritorno di Cristo sulla Terra, preceduto però dalla reincarnazione di Giulio Cesare, che dovrà regnare e poi cadere. Ma che c’entra Mussolini con le visioni di certo esoterismo? C’entra eccome, assicura Montermini, che si incarica di indagare cercando «l’altra faccia della storia, quella che si nasconde dietro gli avvenimenti narrati nei libri». Basta verificare chi favorì la nascita ufficiale del fascismo, il 23 marzo 1919 in piazza San Sepolcro a Milano: «Intorno a Mussolini troviamo sempre personaggi legati al substrato del mondo esoterico: massoneria e altri ordini iniziatici ancora più segreti e potenti, e naturalmente molto meno conosciuti, come la paramassoneria finanziaria con i suoi circoli elitari». La tesi: «Mussolini fu selezionato, fu aiutato ad arrivare al potere». Lo dimostrano «forze politiche ed esoteriche, presenti a piazza San Sepolcro nel momento in cui fu fondato il fascismo».Secondo Montermini, documenti alla mano, Mussolini ricevette una vera e propria investitura dal mondo delle società segrete, da parte di un personaggio in apparenza folkoristico, Regina Teruzzi, che in realtà «era la medium di un gruppo di potentissimi e autorevolissimi cultori della tradizione romana, l’aristocrazia nera dedita alla tradizione pagana». Personaggi di spicco: il duca Giovanni Antonio Colonna Di Cesarò, noto cultore della teosofia e dell’antroposofia (che poi diventerà ministro delle Poste del governo Mussolini) e Don Leone Caetani, anche lui appartenente a una delle più antiche e potenti famiglie dell’aristocrazia nera romana, il cui fratello – Celaso Caetani – diventerà ambasciatore d’Italia a Washington subito dopo la Marcia su Roma (una nomina irrituale, di provenienza non diplomatica, che suscitò scandalo alla Farnesina). Questi personaggi «invitarono la Teruzzi nel “dies natalis” del fascismo per dare a Mussolini la loro investitura». Lei, la medium, «gli profetizzò che sarebbe diventato “console d’Italia”», cioè autocrate. Investitura “profetica” che avvenne a Palazzo Castani, in piazza San Sepolcro, «sede notoria della massoneria milanese».La sala per il ricevimento, aggiunge Montermini, fu messa a disposizione da Cesare Goldman, «israelita, altissimo dignitario della massoneria italiana». Nella regia dell’operazione c’era anche il maggiore sponsor del fascismo “antemarcia”, cioè la Banca Commerciale Italiana, massonica, allora diretta da Jósef Leopold Toeplitz, «seguace dell’eresia “franchista”, una setta ereticale ebraica che aveva mischiato l’antico sapere cabalistico ebraico con i riti orgiastici delle religioni gnostiche del mondo antico». Tra i fondatori del fascismo, in quella occasione, «troviamo un lungo elenco di personaggi associati alla massoneria». Lo stesso gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Domizio Torrigiani, «dice che una centuria di massoni milanesi fu tra i fondatori dei Fasci di Combattimento». Mussolini – deduce Montermini – fu accuratamente selezionato dalle società segrete «per rimettere in piedi l’Italia», piegata dagli scioperi insurrezionali del “biennio rosso”, con le fabbriche di armi occupate dagli operai.Il futuro Duce «era perfettamente consapevole di quei piani». La cosa non sorprende: «Già all’indomani della Prima Guerra Mondiale era molto vicino alla massoneria». Per un certo periodo «andò d’amore e d’accordo con le logge, e questo spiega l’aiuto che la massoneria ha dato al successo della Marcia su Roma, soprattutto in termini di desistenza, da parte degli apparati repressivi dello Stato». Fino al 1922, continua lo storico, Mussolini ebbe stretti rapporti con Torrigiani, il leader del Goi. E alla vigilia della Marcia su Roma iniziò a intrattenere rapporti (durati fino al 1925) anche con Raoul Palermi, il “venerabile” della Gran Loggia d’Italia, la massoneria “scozzese” di Piazza del Gesù. «Non a caso Mussolini era circondato da massoni, basta guardare le foto della Marcia su Roma, i cui “quadrumviri” sono tutti affiliati alla massoneria: Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono e Cesare Maria De Vecchi». Montermini esibisce un’altra foto storica, quella della stretta di mano tra il capo del fascismo e il sovrano, Vittorio Emanuele III, all’indomani della marcia. Un momento solenne, con la frase passata alla storia («Sire, vi offro l’Italia di Vittorio Veneto») suggellata da una stretta di mano particolare, “massonica”. Il Savoia era massone? Sì, secondo documenti dell’intelligence Usa: era il numero uno della Gran Loggia, al di sopra di Palermi. «E nel libro – rivela Montermini – dimostro che era massone lo stesso Mussolini», anche se poi, nel 1925, il dittatore non esiterà a mettere fuorilegge le società segrete.Nel volume, Montermini cita le testimonianze di Cesare Rossi (segretario del Duce, affiliato alla Gran Loggia d’Italia) e Michele Terzaghi (deputato del Pnf, alto dignitario della Gran Loggia): entrambi confermano che Mussolini ricevette “in punta di spada” la consacrazione al 33esimo grado del “rito scozzese antico e accettato”.Terzaghi testimonia che Palermi consegnò a Mussolini il brevetto massonico del 33esimo grado “ad honorem” e gli esibì la Dichiarazione di Principi contenuta nel Manuale massonico degli Apprendisti, su cui Mussolini appose di suo pugno le parole “Visto e approvato”. «Firmò un impegno scritto con la massoneria». Glielo ricorderà lo stesso Palermi molti anni dopo, nel 1934, in una lettera autografa – rintracciata da Montermini – in cui il “sovrano gran maestro” della Gran Loggia d’Italia rinfresca la memoria al Duce, rammentandogli come “onorò” quella dichiarazione massonica «il 12 novembre 1922, all’Hotel Savoia». Quel documento, scrive Palermi a Mussolini, «fu riprodotto nei libri di Piazza del Gesù». Aggiunge il gran maestro, sempre rivolto al dittatore: «Il prezioso originale fa ora parte di un museo di quegli americani fedeli, ai quali ci rivolgemmo all’indomani della trionfante Marcia su Roma. Ricordate?».Quella lettera, secondo Montermini, certifica in modo evidente l’affiliazione di Mussolini nella massoneria, da cui poi prese le distanze sacrificando la libera muratoria «sull’altare dei Patti Lateranensi», privilegiando il rapporto con l’altro super-potere italiano, il Vaticano. Ma anche la sopressione formale delle comunioni massoniche «rientrava in un disegno più vasto, di cui Mussolini era al corrente: azzerare la massoneria italiana per poi rifondarla, in ossequio al progetto anglosassone di “nuovo ordine mondiale”». Secondo il ricercatore, «Mussolini firmò la sua condanna a morte quando si rifiutò (sulla base probabilmente degli impegni presi con Churchill il 15 gennaio 1927 a Roma) di adempiere alla sua parte dell’accordo, cioè permettere alla massoneria di ricostituirsi e riprendere a operare, rifondata su più solide basi spirituali. Ma c’erano anche stringenti ragioni finanziarie: per esempio, i tentativi dell’Agip di mettere le mani sul pozzi di petrolio iracheni di Mosul». Forse non è casuale neppure la scelta della “forca” di piazzale Loreto: un distributore di carburante della Standard Oil, poi Esso, compagnia fondata da John Davison Rockefeller.Gli storici sottolineano il primo Mussolini, antimassonico: da direttore dell’“Avanti” fu il regista del congresso che, nel 1914, dichiarò incompatibile l’appartenza alla massoneria con la militanza nel partito socialista. Ma la vera storia del Duce è oscillante e contraddittoria, obietta Montermini: appena un anno dopo quel congresso, quando Mussolini ruppe con la direzione del Psi e venne cacciato dal partito (politicamente era un uomo finito) a salvarlo, letteralmente, fu il massone Filippo Naldi, «altissimo dignitario di Piazza del Gesù», che mise in piedi il “Popolo d’Italia” affidandone la direzione a Mussolini. Dopo l’ascesa al potere (e il successivo scaricamento della massoneria, che l’aveva aiutato nella Marcia su Roma), il Duce subì diversi attentati «di matrice esoterica», tra cui quello di una donna irlandese, Violet Gibson, che il 7 aprile 1926 gli sparò, ferendolo al naso. «Il gesto di una pazza», si disse, ma Montermini non concorda: la Gibson aveva conosciuto Colonna Di Cesarò (il promotore di piazza San Sepolcro) durante una riunione della Società Teosofica a Monaco di Baviera. E tentò di uccidere Mussolini «poche ore dopo la morte di Giovanni Amendola, massone e teosofo». I mandanti? «A Londra», sospetta Montermini.Sul fascismo, sostiene lo storico, premevano gli antesignani del New World Order (la finanza “illuminata” di Wall Street) ma anche «il progetto del paganesimo guerriero indoeuropeo e il Movimento Sinarchico d’Impero, francese», ispirato al parigino Joseph Alexandre Saint-Yves, marchese d’Alveydre, teorico della “sinarchia”: il governo oligarchico delle élite visto quasi come una forma di religione. «Quelli che nel libro chiamo “gli Illuminati” esercitavano fortissime pressioni su Mussolini, ma erano divisi al loro interno sulla spartizione del potere». Poi però un accordo lo trovarono, perlomeno sulla fine del Duce italiano: «A inchiodare Roosevelt e Churchill è una intercettazione dei servizi segreti tedeschi», racconta Montermini. Il presidentre americano e il premier britannico «stabilirono nel 1943 che Mussolini doveva essere ucciso». Per la cronaca: «Roosevelt era un 32esimo grado del rito scozzese e Churchill un 33esimo grado, come il successore di Roosevelt, Harry Truman, presidente degli Stati Uniti quando Mussolini venne ucciso».La morte del dittatore, catturato a Dongo il 27 aprile 1945, e avvenuta l’indomani nel pomeriggio a Giulino di Mezzegra, secondo la storiografia ufficiale, per Montermini sarebbe avvenuta in circostanze controverse e non del tutto chiarite. In particolare, racconta il ricercatore, la popolazione locale rimase turbata dallo strano “rito” cui sarebbe stato sottoposto il cadavere del dittatore: spogliato e lavato a una fontana, «come una sorta di rito battesimale di purificazione». Qualcosa di anomalo, al punto da «spingere gli abitanti della zona a far benedire quei luoghi, poi, dai parroci». Montermini parla di «modalità esoteriche della fine di Mussolini, trascurate dagli storici forse perché privi degli strumenti per penetrare quel linguaggio allegorico e simbolico». L’autore sostiene che la scena dell’esecuzione sia stata alterata, e il cadavere «spostato dal luogo del delitto al cancello di Villa Belmonte», prima di raggiungere Milano il 29 aprile. Il corpo di Mussolini, insieme a quello di Claretta Petacci e dei 16 “gerarchi” fucilati, fu condotto a piazzale Loreto: il luogo dove, il 10 agosto 1944, erano stati giustiziati 15 partigiani, i cui corpi erano stati dileggiati e lasciati esposti al sole per l’intera giornata, impedendo ai familiari di raccoglierne i resti.Secondo Montermini, però, la scelta di piazzale Loreto può avere anche un’altra spiegazione, lugubremente simbolica: la preparazione del “nuovo avvento di Cristo”. Fra le tante immagini, scattate e filmate dai “combat filmakers” della Quinta Armata americana agli ordini del Moral Operations Branch dell’Oss (futura Cia), ce n’è una che mostra il corpo di Mussolini ricomposto, con nella mano destra «qualcosa di simile a uno scettro», proprio come l’Imperatore nei tarocchi. «E’ una foto stra-pubblicata ma con l’inquadratura ristretta sui volti di Mussolini e della Petacci, escludendo lo scettro». Per Montermini quella messinscena «è il secondo atto della cerimonia: la consacrazione». Cosa si voleva consacrare? «Mussolini è consacrato come il nuovo Giulio Cesare di cui parlava la Besant nel 1909, nella conferenza “Il secondo ritorno di Cristo sulla Terra”». In altre parole «un Giulio Cesare esoterico, in previsione di propiziare il ritorno di Cristo sulla Terra. E dove altro poteva reimcarnarsi, Gesù Cristo, se non nel grembo della vergine Maria, ossia – a livello metaforico, sempre – al centro di piazzale Loreto, la piazza dedicata alla Madonna di Loreto?».Non è finita: «Terza e ultima fase del rituale, Mussolini viene appeso a testa in giù», come appunto l’Appeso dei tarocchi. La cosa ha «un duplice significato: il sacrificio (ecco quindi l’atto sacrificale per propiziare qualcosa) e l’iniziato, cioè colui che si fa ricettacolo passivo di forze cosmiche, e questo può avvenire soltanto in una fase successiva alla consacrazione esoterica di Mussolini quale novello Giulio Cesare». Per Montermini, si tratterebbe di un dramma simbolico in tre atti – battesimo, consacrazione “romana” e capovolgimento – che suggerisce l’identità dei mandanti, cioè gli alti vertici delle società segrete, gli Illuminati del tempo, e la massoneria angloamericana. Fantasie? Non proprio. «Giorgio Galli si è misurato con le tesi del mio libro, arrivando alla mia stessa conclusione: i fatti di piazzale Loreto, così come raccontati nei libri di storia per 70 anni, sono da riscrivere», ribadisce Montermini. «La mia intuizione la si può analizzare e discutere, ma non confutare: non si può più fare finta di niente». Aggiunge il ricercatore: «Tendiamo a dare spiegazioni sempre razionali deella storia, ma la storia la fanno gli esseri umani, con le loro convinzioni anche religiose. Io non credo in questo tipo di attività occulte – precisa l’autore – ma dal punto di vista storico non possiamo negare il fatto che esistano persone che credono in queste cose, e spesso queste persone sono ai vertici della società».Politica, burocrazia, forze armate: «Non è indifferente sapere che tutte queste persone, che occupano posizioni di potere, credono in una dottrina esoterica che rappresenta il mondo in un certo modo, e che vuole dare un certo indirizzo anche spirituale all’attività quotidiana degli affiliati», sottolinea Montermini. «Ma non c’è solo la massomeria, c’è anche la massoneria deviata, quella dei contro-iniziati, i gruppi esoterici che si ispirano alla massoneria come tipo di organizzazione ma portano avanti un pensiero, una filosofia, una dottrina esoterica diversa, in tutto o in parte, da quella massonica». Lo sappiamo: «Ci sono maestri spirituali che hanno tra i loro adepti personaggi potentissimi, in grado di condizionare la politica degli Stati e quindi la vita di milioni di persone. E dal punto di vista storico, far finta che questa cosa non esista è una mistificazione», concude Montermini. «Si presuppone che i fatti abbiano sempre una consequenzalità logica, negando quindi la presenza dell’irrazionale all’interno della storia: una visione “magica” del mondo che è stata insegnata all’interno dei circoli esoterici, magici, alchemici». Se i grandi poteri non potevano non essere con Mussolini, al momento della sua prodigiosa ascesa, forse non c’è da stupirsi troppo se poi qualcuno sostiene che la sua caduta sia stata davvero “celebrata” come un terribile sacrificio rituale.(Il libro: Enrico Montermini, “Mussolini e gli Illuminati. Da piazza San Sepolcro al rito sacrificale di piazzale Loreto”, Edizioni Sì, 214 pagine, 16 euro. In appendice, nel volume, uno studio di Giorgio Galli, “Piazzale Loreto: macelleria messicana o rito esoterico?”. Molte dichiarazioni di Montermini, in merito al contenuto del libro, sono rintracciabili in filmati su YouTube come “Da piazza San Sepolcro al rito sacrificale di piazzale Loreto” e “Mussolini e gli Illuminati”).Piazzale Loreto: macelleria messicana o rito esoterico? Giorgio Galli, eminente politologo italiano, propende per la seconda ipotesi. Per questo firma il breve saggio pubblicato in appendice nel volume “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini, giovane ricercatore indipendente, rivisita l’intera parabola del Duce, “da piazza San Sepolcro al rito sacrificale di piazzale Loreto”. L’autore mette in luce il legame occulto tra il fascismo, la massoneria italiana e gli ambienti della supermassoneria finanziaria anglosassone. Una lettura raggelante, quella della fine del dittatore interpretata in chiave esoterica: Mussolini ucciso sul Lago di Como e quindi “battezzato”, da morto, in uno strano rito di purificazione, per poi essere tradotto a Milano, fotografato cadavere con in pugno uno scettro (come l’Imperatore dei tarocchi) e infine appeso a testa in giù, per richiamare un altro degli “arcani”, l’Appeso, simbolo del potere capovolto. Tutto questo a piazzale Loreto, cioè «non a caso, nella piazza milanese dedicata alla Madonna», visto che – nella folle visione dei registi del macabro spettacolo – proprio «nel grembo della beata vergine» doveva “nascere”, simbolicamente, il nuovo Cristo. Un secondo avvento del messia, «propiziato dalla caduta del nuovo Giulio Cesare».
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Summa Symbolica: noi e la memoria ancestrale dell’universo
C’è un non-luogo, chiamato “memoria ancestrale”, in cui è depositata ogni traccia di vita: l’impronta invisibile di pensieri e azioni, eventi materiali e immateriali. Una banca dati sconfinata, una sorta di “preistoria del tempo”. L’ipotesi è profondamente suggestiva: ogni nostra cellula conterrebbe in sé una parte di quella “memoria universale”: la condivide, le corrisponde – per vie analogiche e misteriose, attraverso processi istantanei che non possiamo controllare, e di cui non abbiamo neppure consapevolezza. Tutto quello che riusciamo a verificare è soltanto a valle del “prima”, è qualcosa che avviene dopo. E’ la nostra imperfetta traduzione di quel “grande prima”. E può esprimersi in due modi: sotto forma di miti, cioè narrazioni, oppure di simboli, ovvero rappresentazioni. Ma gli eventi, raccontati o rappresentati, sono i medesimi: si chiamano archetipi, e popolano (da sempre) un non-tempo che ci riguarda da vicinissimo. Una dimensione che “frequentiamo” soltanto in sogno. Per tentare di risalire all’origine, scoprendone il senso segreto, uno strumento efficace è quello che Gianfranco Carpeoro chiama “scienza simbolica”. Materia vastissima, spesso sfiorata da svariati campi del sapere (dalla filosofia alla psicologia, fino alla semiotica) ma mai affrontata separatamente e in modo analitico, sistematico – scientifico, appunto.Proprio l’approccio razionale al mondo sfuggente dei simboli è l’ambizioso l’obiettivo di “Summa Symbolica”, primo volume – introduttivo, metodologico – del vasto lavoro di Carpeoro, simbologo di formazione massonica e rosicruciana, con alle spalle trent’anni di studi sul mondo dei segni tradotti in simboli – segni visivi ma anche sonori, musicali, e persino olfattivi, tattili e gustativi. E’ una dimensione, quella simbolica, nella quale siamo costantemente immersi: meno ce ne rendiamo conto, e più rischiamo di subirla. Esempio: «Verso mezzogiorno, nei supermercati, viene spesso diffuso il profumo del pane caldo, appena sfornato: è un odore che diventa simbolo, innesca la memoria di ciascuno e serve a incrementare la motivazione d’acquisto, da parte degli ignari consumatori». Un simbolo può essere acustico: è il caso del segnale di pericolo emesso dalla gazzella quando, nella savana, avvista la leonessa in caccia. E’ un richiamo straziante, drammatico: l’imitazione perfetta dell’ultimo rantolo esalato, chissà quando, da una gazzella catturata e sbranata. Lo hanno scoperto gli etologi: le gazzelle superstiti assistettero alla predazione e udirono quel grido. Che da allora, una volta riprodotto, avverte le consimili, in modo inequivocabile, dell’imminente pericolo di morte.Ricostruendo l’origine del simbolo, a partire dal “simbolo Universo” e dal “simbolo prima del segno”, Carpeoro si sofferma a lungo sull’analisi del mondo originario da cui il simbolo discende, cioè la dimensione degli archetipi che affollano la “memoria ancestrale”. L’autore esamina le diverse interpretazioni del mondo archetipico sviluppate dal pensiero contemporaneo a partire da Jung, per poi passare attraverso studiosi come Mircea Eliade, Elémire Zolla, il simbologo René Guénon, pensatori meno noti come Réné Alleau e autori controversi come Julius Evola. «A nostro avviso – scrive Carpeoro – i nostri primi grandi archetipi, che noi denominiamo “protoarchetipi” o “specula” sono quelli fondati appunto sulla specularità: buio-luce, silenzio-suono, dolore-piacere, vita-morte». Che cosa sono? «Sono le nostre prime cognizioni o percezioni», cioè «gli eventi primari, fisici o metafisici», tutti derivanti dall’evento base, primigenio, espresso da Amleto: “Essere o non essere”». La cronologia esatta va invertita, e cioè: “non-essere, essere”. Prima il nulla, poi la creazione. Quel motto di Amleto caratterizza anche «il dubbio esistenziale, psicoanalitico e letterario, relativo ai sogni e alla distinzione dei medesimi rispetto alla vita reale, sintetizzato dalla massima “La vita è un sogno e la morte è il risveglio”, del grande scrittore spagnolo Pedro Calderón de la Barca”».«L’evento base “non essere, essere”, o anche “tutto e il contrario di tutto”, realizza il Primo Archetipo», che Carpeoro chiama “Speculum”, specchio. Da quello, e dagli altri “protoarchetipi”, «derivano tutti gli schemi simbolici che ci circondano e ci spiegano la storia e il cosmo, se e quando ci troviamo nella condizione di interpretarli». Fiabe, leggende e allegorie ripropogono sistemi simbolici anche complessi, poi tradotti nella stessa interpretazione dei sogni, a cui tanta importanza ha attribuito la psicanalisi. Sono tutte porte aperte sul misterioso mondo del “prima”, dove la nostra cognizione della vita comincia a nascere, in modo inafferrabile, a partire dallo “speculum” iniziale, l’opposizione tra “non essere” e “essere”, in realtà destinata poi a ricomporsi in modo complementare, nella comprensione del tutto. In altre parole, il linguaggio dei simboli – in cui si specchiano gli archetipi – può dirci qualcosa di importante sul vero luogo in cui nasce, da sempre, la nostra possibilità di pensiero. Il simbolo, poi, fa a meno dell’ordinario codice alfabetico: può viaggiare per secoli e millenni, conservando intatto il suo messaggio primigenio, a prescindere dale epoche e dalle civiltà attraversate. E’ un messaggero del “grande prima”: ci parla del nostro passato più in ombra, quello che non finisce sui libri di storia: è la meta-storia, quella del pensiero (anche invisibile) da cui poi sgorga la storia vera e propria.Nell’agile narrazione del primo volume di “Summa Symbolica”, arricchita da rapide escursioni nel mondo dell’arte, fino al cinema contemporaneo, si coglie lo sforzo di collocare la “scienza simbolica” in un preciso contesto di ricerca, a metà strada tra filosofia e neuroscienze, nell’intento di restituire piena dignità a una materia sempre e solo affrontata in modo tangenziale, periferico e accessorio. Fondamentale, nel lavoro di Carpeoro, la precisione con cui l’autore descrive la meccanica del simbolo, il suo funzionamento, che risponde a regole precise (l’autore le chiama “leggi”). La prima è quella che definisce il simbolo come rappresentazione di un archetipo. Fondamentale la Prima Legge di Guénon: nel simbolo, il piccolo può rappresentare il grande, l’inferiore il superiore, la parte il tutto – mai viceversa. Esistono leggi statiche, che espandono il simbolo in orizzontale, e leggi di corripondenza, secondo cui il simbolo deve contenere le esatte corripondenze della realtà rappresentata (nella frase “come in cielo, così in terra” rivive il motto esoterico “quod superius, sicut inferius” degli antichi alchimisti: al microcosmo corrisponde sempre il macrocosmo).Il simbolo, riassume Carpeoro, obbedisce anche a leggi dinamiche: può essere trasmesso in modo consapevole, mediante iniziazione, o in maniera inconsapevole, per semplice ripetizione (tradizione). Il simbolo ha inoltre precise funzioni: sintetica ed evocativa. «Se per la funzione sintetica è sufficiente un unico simbolo, per la funzione evocativa è necessaria una pluralità di simboli organizzata in linguaggio». A cascata, i sistemi simbolici che costituiscono il cuore delle fiabe vivono in un habitat narrativo fatto di emotività (pathos), mentre è l’epos a “ingigantire” la narrazione delle leggende, e una terza chiave – l’ethos – governa l’allegoria, imponendovi un preciso ordine. Nel sogno, infine, si articola il lògos (parola, racconto), che deriva la greco léghein (legare, collegare) da cui derivano vocaboli come “intelligenza”. Proprio nel sogno, scrive Carpeoro, il cerchio si chiude: in quella esclusiva dimensione, gli archetipi rivivono in purezza. Durante il sonno, la “memoria ancestrale” ci parla direttamente, senza mediazioni. Non disponendo di un linguaggio per tradurla, siamo costretti a ricorrere a espedienti ingegnosi: i simboli, appunto. Per questo è importante imparare il loro linguaggio: potremmo scoprire qualcosa di fondamentale della nostra storia, del nostro pensiero, della nostra vita. Fino a “riconoscere” che molte cose che sappiamo, o crediamo di sapere, hanno un’origine remotissima: “abitano”, da sempre, nella “memoria ancestrale” dell’universo.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Summa Symbolica. Istituzioni di studi simbolici e tradizionali”, parte prima, “Origine e dinamica dei simboli”, edizioni L’Età dell’Acquario, 221 pagine, 24 euro).C’è un non-luogo, chiamato “memoria ancestrale”, in cui è depositata ogni traccia di vita: l’impronta invisibile di pensieri e azioni, eventi materiali e immateriali. Una banca dati sconfinata, una sorta di “preistoria del tempo”. L’ipotesi è profondamente suggestiva: ogni nostra cellula conterrebbe in sé una parte di quella “memoria universale”: la condivide, le corrisponde – per vie analogiche e misteriose, attraverso processi istantanei che non possiamo controllare, e di cui non abbiamo neppure consapevolezza. Tutto quello che riusciamo a verificare è soltanto a valle del “prima”, è qualcosa che avviene dopo. E’ la nostra imperfetta traduzione di quel “grande prima”. E può esprimersi in due modi: sotto forma di miti, cioè narrazioni, oppure di simboli, ovvero rappresentazioni. Ma gli eventi, raccontati o rappresentati, sono i medesimi: si chiamano archetipi, e popolano (da sempre) un non-tempo che ci riguarda da vicinissimo. Una dimensione che “frequentiamo” soltanto in sogno. Per tentare di risalire all’origine, scoprendone il senso segreto, uno strumento efficace è quello che Gianfranco Carpeoro chiama “scienza simbolica”. Materia vastissima, spesso sfiorata da svariati campi del sapere (dalla filosofia alla psicologia, fino alla semiotica) ma mai affrontata separatamente e in modo analitico, sistematico – scientifico, appunto.
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La rivoluzione di Paracelso, genio eretico della medicina
Uno dei ‘medici’ del Rinascimento con cui nessuno poté competere per fama e seguaci fu Paracelso: un nome che, per almeno un secolo, ebbe una forza esplosiva. I suoi discepoli furono numerosissimi, e per loro Paracelso fu il profeta di una nuova era. Paracelso mise in discussione la medicina accademica del tempo, tentando di rompere il monopolio della casta sociale che la professava. Dal Potere fu considerato un eretico ignorante, un ciarlatano, propugnatore di idee rivoluzionarie che minacciavano l’intera scienza medica e le sue onorevoli istituzioni. Paracelso sferrò un attacco frontale tanto contro la medicina ufficiale galenica, quanto contro le facoltà mediche delle università. E lo scontro fu assoluto, ideologico, sociale e anche religioso. Paracelso in realtà si chiamava Philip Theophrastus Bombast von Honenheim; era nato a Einsielde, vicino a Zurigo, nel 1493 o 1494. Il padre, membro illegittimo di una nobile famiglia sveva, era il medico locale. A nove anni, trasferitosi a Villach, in Austria, con tutta la famiglia, Paracelso iniziò a lavorare come apprendista nelle miniere d’argento di Hutenberg che appartenevano ai potentissimi banchieri Fugger di Augusta. In seguito, cresciuto, viaggiò molto studiando e praticando medicina in Italia, Olanda, Prussia, Polonia, Scandinavia e anche nel Levante.Nel 1526 fu imprigionato a Salisburgo per le sue aperte simpatie per la rivolta dei contadini, fuggì e riparò a Basilea dove riuscì a curare con successo dai suoi disturbi lo stampatore Johann Froben, editore di Erasmo, del quale diventò medico. Grazie a questa cerchia speciale di amicizie, Paracelso fu nominato Staadtphysicus, col titolo di professore di medicina e il diritto di tener lezione all’università. Ma all’udire le sue lezioni le autorità della facoltà di medicina inorridirono: Paracelso si rifiutava di rifarsi, nelle sue lezioni, alle autorità consolidate di Ippocrate, Galeno, Avicenna, annunciando che invece avrebbe basato le sue lezioni sulla propria esperienza, formatasi anche sulle malattie dei minatori e sulle ferite di guerra che egli aveva curato come chirurgo militare alle dipendenze della Repubblica di Venezia nel 1522. Le facoltà mediche del tempo prevedevano per il medico un curriculum di studi approvato e provvisto degli speciali dottorati. Il medico del tempo interpretava la scienza, che era filosofia medica, e il chirurgo o il farmacista erano considerati di grado inferiore, tanto che a loro non era richiesta formazione universitaria e conoscenza del latino.Chirurghi e farmacisti dovevano solamente eseguire gli ordini dei medici usciti dalle facoltà universitarie. Paracelso aveva ottenuto una laurea a Ferrara, per cui conosceva bene il curriculum di studi richiesto al medico dalle autorità. Tuttavia il suo insegnamento fu una sfida contro la gerarchia e il curriculum richiesto dalle istituzioni accademiche. Paracelso dissertava di medicina in volgare, nel suo dialetto svizzero tedesco. E il giorno di San Giovanni del 1527 buttò nel tradizionale falò di mezza estate il Canon di Avicenna, un testo sacro della facoltà di medicina. Purtroppo, subito dopo questo eclatante gesto, il suo protettore, l’editore Froben, morì. E un canonico della cattedrale, suo paziente, mise in discussione una sua parcella. Ad un tratto Paracelso si trovò contro Stato e Chiesa e dovette fuggire, ritornando ad una vita di vagabondaggio per il nord Europa. Nel suo vagabondaggio a volte fu accolto come un eroe, altre volte fu ridotto alla mendicità. Viveva comunque alla grande e beveva molto. Indossava abiti costosi e portava al suo fianco, sempre, una spada. Dormiva poco e trascorreva intere giornate alla sua fornace. Sfidava i contadini nel bere e vinceva, poi – apparentemente lucido – dettava le sue opere filosofiche. Morì a Strasburgo nel 1541 a quarantasette anni.Pochissime sue opere furono pubblicate durante la sua vita. Tra queste, un’opera sulla sifilide o “mal francese”, che contestava la cura ufficiale a base di legno guaiaco e mercurio liquido, fu proibita dal consiglio cittadino di Norimberga su ‘consiglio’ degli stessi Fugger, che all’epoca detenevano il lucroso monopolio del guaiaco. Paracelso scrisse molte opere e pare le avesse consegnate ai suoi discepoli viaggiando per l’Europa, per cui vennero alla luce solo dopo la sua morte. E su queste opere postume sorse il movimento paracelsiano. Certo il periodo più produttivo di Paracelso fu quello di Basilea. E in questa città il medico rivoluzionario lasciò le sue opere nelle mani di un giovane di nome Johannes Herbst, che autorizzò a diventare suo editore. Herbst fece carriera a Basilea e divenne il sommo stampatore degli studiosi della Riforma, ma non stampò mai i manoscritti di Paracelso, che così giacquero inediti fino a che Adam von Bodestein, un medico entrato a far parte della facoltà di medicina di Basilea nel 1538, figlio di un riformatore protestante e anche noto con il nome di Carlostadio, non li scoprì.Carlostadio, medico seguace della medicina galenica, medico personale dell’elettore palatino capo della famiglia Wittelsbach, colpito nel 1556 dalla febbre terzana che lo rese infermo per circa un anno, disperato, accettò di farsi curare da un medico paracelsiano, e nel giro di un mese si ritrovò guarito. Divenne così seguace di Paracelso e fu il primo a insegnarne la dottrina a Basilea. Fu ammonito dalle autorità universitarie e alla fine nel 1564 fu espulso dalla facoltà di medicina per aver pubblicato libri eretici e scandalosi, e per essere un seguace del falso insegnamento di Paracelso. Pur espulso, restò a Basilea e si batté con coraggio, pubblicando più di quaranta opere del suo maestro, divulgandone gli insegnamenti. Opere paracelsiane uscirono a dozzine nell’ultimo quarto del XVI secolo, apocrife. E alla fine del secolo, idee paracelsiane furono ascritte a immaginari alchimisti del XV secolo, rafforzando il credito di Paracelso collocandolo nel quadro di una rispettabile tradizione medievale.Inizialmente le opere di Paracelso ebbero larga diffusione soprattutto nel mondo di lingua tedesca. Dopo la sua morte alcune furono tradotte in latino. Certo l’uso della lingua tedesca da parte sua aveva avuto una precisa motivazione: rompere con la tradizione ufficiale e crearne una nuova, infrangendo il monopolio della medicina universitaria e istituzionale. Paracelso chiamò a raccolta gli artigiani della professione medica, i chirurghi e i farmacisti: un atto di sfida alle istituzioni pari a quello di Lutero e di altri riformatori protestanti in campo religioso. Paracelso è spesso stato descritto come il Lutero della medicina; e in effetti, protestantesimo e paracelsismo acquisirono nel tempo interessi comuni. A livello metafisico la medicina di Paracelso si rifaceva al platonismo ermetico del Rinascimento, e dunque la sua dottrina era essenzialmente antiaristotelica, a differenza di quella della medicina istituzionale. Paracelso riteneva Aristotele un pagano che aveva distorto e impregnato di materialismo la vera filosofia, che secondo la sua visione era neoplatonica ed ermetica.La sua teoria si fondava sulla cosmologia neoplatonica elaborata da Marsilio Ficino del macrocosmo e del microsomo. Il corpo e l’anima dell’uomo rispecchierebbero in miniatura il corpo e l’anima del mondo, e tra di loro esisterebbero corrispondenze e simpatie che il “magus” può comprendere e controllare. Sulla base delle sue esperienze di lavoro nelle miniere e nelle fornaci dei Fugger, e dallo studio degli alchimisti medievali, Paracelso teorizzò un macrocosmo chimicamente controllato, quasi un gigantesco crogiuolo, creato tramite un’operazione chimica, che aveva separato il puro dall’impuro. Per cui il microcosmo umano era a sua volta un sistema chimico che poteva essere alterato, corretto e curato mediante un trattamento chimico. Secondo Paracelso le malattie non erano uno squilibrio degli umori, come prevedeva la medicina galenica ufficiale, ma parassiti vivi impiantati nel corpo umano. I tre principi fondamentali della medicina paracelsiana erano lo zolfo, il mercurio e il sale. I veleni diventano elementi curativi a piccole dosi, e la ricerca assoluta era quella di un solvente universale.La medicina di Paracelso aveva anche un carattere profetico, messianico e rivoluzionario. Se l’inizio del mondo era stato un inizio chimico, anche la sua fine, la fine del mondo, poteva essere chimica. La profezia del ritorno di Elia prima dell’avvento del terribile giorno del Signore, e l’avvento dell’Anticristo, ripresa dal monaco calabrese Gioacchino da Fiore nel XII secolo e collocata all’inizio della terza e ultima età del mondo, fu ripresa da Paracelso e modificata. Paracelso affermò che Elia sarebbe apparso cinquantotto anni dopo la sua morte, e sarebbe apparso come ‘Elia l’artista’ cioè, nel linguaggio degli adepti, l’Alchimista. E come tale, Elia avrebbe rivelato tutti i segreti della chimica, mostrando come il ferro potesse essere trasformato in oro. Da qui poi sarebbe seguita un’ultima trasformazione del mondo: non una battaglia di Armageddon ma una separazione chimica, come era stato all’inizio del mondo.A livello pratico, a dispetto della teoria, la medicina paracelsiana ottenne buoni risultati usando farmaci chimici o minerali. Alla luce dei criteri medici moderni, il trattamento delle ferite dei medici paralcelsiani fu estremamente intelligente. Essi attribuirono grande importanza alle acque e ai bagni minerali, impiegando dosaggi medicinali moderati e semplici. Idearono narcotici e oppiacei per alleviare il dolore; il più famoso analgesico di Paracelso fu il laudanum (termine da lui inventato), usato fino all’Ottocento. Paracelso scoprì anche come preparare e usare l’etere. I medici paracelsiani in realtà ebbero un gran successo per la semplice ragione che i loro pazienti guarivano, o avevano l’impressione di guarire. I medici ortodossi rispondevano compilando liste e statistiche di quanti pazienti erano stati uccisi dai medici paracelsiani – dall’antimonio, ad esempio. Tuttavia dovettero alla fine ammettere gli effetti positivi pratici di laudano e, appunto, antimonio.La medicina paracelsiana fu teosofia neoplatonica, profezia messianica e medicina chimica, e la storia del movimento paracelsiano è la storia complicata e difficile della convivenza di questi tre aspetti. La medicina paracelsiana non poteva prescindere dalla teosofia e dalla profezia, per cui alla fine divenne una visione radicale che minacciava di sovvertire l’ideologia e le istituzioni canoniche del mondo medico, e non solo di quello. La dottrina di Paracelso scardinava il potere delle corporazioni mediche ufficiali, minacciando antichi diritti e privilegi acquisiti. Il paracelsismo, come il protestantesimo, fu una filosofia di rivolta contro l’ordine costituito. Paracelso fu avidamente studiato dal più grande dei maghi elisabettiani, John Dee. Con il Concilio di Trento, la Chiesa cattolica romana divenne meno tollerante verso il neoplatonismo, ribadendo l’ortodossia aristotelica e considerando il neoplatonismo una pericolosa filosofia irenica, mirante a riunire la cristianità sulla base di una erronea religione ‘naturale’. La Chiesa romana divenne il naturale alleato delle corporazioni mediche, proteggendone il monopolio. Per cui il movimento paracelsiano fu spinto gioco forza ad allearsi col protestantesimo.(Lara Pavanetto, “Paracelso: lo scontro rivoluzionario, filosofico e religioso con la medicina accademica, dal quale nacquero la medicina, la chimica e le scienze moderne. La storia è viva”, dal blog della Pavanetto del 9 luglio 2017).Uno dei ‘medici’ del Rinascimento con cui nessuno poté competere per fama e seguaci fu Paracelso: un nome che, per almeno un secolo, ebbe una forza esplosiva. I suoi discepoli furono numerosissimi, e per loro Paracelso fu il profeta di una nuova era. Paracelso mise in discussione la medicina accademica del tempo, tentando di rompere il monopolio della casta sociale che la professava. Dal Potere fu considerato un eretico ignorante, un ciarlatano, propugnatore di idee rivoluzionarie che minacciavano l’intera scienza medica e le sue onorevoli istituzioni. Paracelso sferrò un attacco frontale tanto contro la medicina ufficiale galenica, quanto contro le facoltà mediche delle università. E lo scontro fu assoluto, ideologico, sociale e anche religioso. Paracelso in realtà si chiamava Philip Theophrastus Bombast von Honenheim; era nato a Einsielde, vicino a Zurigo, nel 1493 o 1494. Il padre, membro illegittimo di una nobile famiglia sveva, era il medico locale. A nove anni, trasferitosi a Villach, in Austria, con tutta la famiglia, Paracelso iniziò a lavorare come apprendista nelle miniere d’argento di Hutenberg che appartenevano ai potentissimi banchieri Fugger di Augusta. In seguito, cresciuto, viaggiò molto studiando e praticando medicina in Italia, Olanda, Prussia, Polonia, Scandinavia e anche nel Levante.
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Viene dal futuro, è la Forza che sta per cambiare il mondo
Io parlo di un messaggio diretto all’umanità. E’ il Messaggio Vitale, lo stesso citato dai Vangeli. Gesù ha definito se stesso come il “Messiah”, ovvero il messaggero, nome cancellato nel primo Concilio di Nicea, nel 325 d. C. con il dogma secondo cui Gesù è “consustanziale al Padre”, un “Dio” che avrebbe bisogno di suoi “rappresentanti” sulla Terra per comunicare con gli uomini. Il Messaggio Vitale si riconosce nel codice genetico o Dna di cui sono evidenti l’intelligenza e il contatto diretto con tutti gli organismi. Le scienze dello spazio si limitano a osservare la luce elettromagnetica, portata dai fotoni, messaggeri privi di massa, e non l’unica esistente. “C’è un’altra Luce”, è scritto nei Vangeli. Nel 1973, la fisica infine la scopre: è una Forza portata da bosoni, messaggeri massicci, capaci di animare, co-muovere le macromolecole che compongono tutti i corpi viventi. La Forza è la sintesi di due forze già note – elettromagnetica e debole – perciò chiamata “elettrodebole”. La sua scoperta è stata premiata con vari Nobel, per la teoria e per la conferma sperimentale avvenuta al Cern a Ginevra. Definita come una “nuova” forma di luce, la Forza è sempre esistita in natura, è una e trina, portata da tre tipi di bosoni vettoriali (noti come W+, Z e W-) che cooperano tra loro, ed è onnipresente.La Forza ha le stesse note attribuite a “Dio”, con una sorpresa in più: il corpo umano è in comunione naturale con il flusso dei bosoni neutri Z che possiamo chiamare “il lato luminoso”. È invisibile con gli occhi, ma sensibile come emozioni, sensazioni o intuizioni. Per me coincide con il “fiume della vita” già cantato da Eraclito 2500 anni fa, testimoniato da tanti saggi, poeti e civiltà considerate “primitive”. Non si è parlato molto di questo flusso nella divulgazione scientifica, è stato ignorato. Le relazioni tra questo flusso e i metalli, di cui sono composti gli strumenti scientifici, sono rare e difficili da osservare. Sono facili invece le sue relazioni con le molecole organiche che ci compongono, quelle che i fisici di norma non considerano. Per riconoscerle dovremmo superare i “confini” tra fisica e biologia e soprattutto riportare al centro della ricerca l’essere umano, cioè noi stessi. Citando i Vangeli, possiamo dire che questo flusso “discerne il grano dal loglio”, cioè il vivente da ciò che lo inquina. Come l’alchimista che separa il puro dall’impuro: il flusso dei bosoni Z può favorire l’alchimia, il transito dal Nigredo all’Albedo, cioè consentirci di passare dal caos, legato a Saturno e all’inverno, alla Primavera Cosmica, l’alba di una nuova era. È quello che sta succedendo, secondo me, e questo spiega perché i “potenti” cercano di provocare guerre.I “potenti” dominano il mondo con la paura e “devono” esasperarla per conservare il loro potere, perché la Forza sta mutando ciò che finora abbiamo creduto immutabile: il tempo. Il tempo comune è il giorno, legato alla rotazione della Terra che sta… rallentando. Per ben 36 volte negli ultimi 30 anni hanno aggiunto un “leap second” agli orologi atomici. Ciò significa che non c’è un unico tempo sul quale basare tutti i conti (finanze, lavoro, scienze, ecc.). Siamo alla “fine dei tempi” com’è scritto nell’Apocalisse di Giovanni, e non è la fine del mondo, ma la Rivelazione della Grande Opera che compone i tempi, suscitando in noi sensazioni. Ora abbiamo trovato la “scarpetta di Cenerentola” e non è una favola, bensì la Materia Bianca, la porzione più cospicua del nostro cervello. Questa Materia forma la “calzatura” della materia grigia – Cenerentola ridotta a un servomeccanismo – e può riportarla a un ruolo sovrano. La Materia Bianca usa un’energia oscura ed è composta di cellule speciali, dalle forme stellari: sono le cellule chiamate astrociti. Connettono ad alta velocità i neuroni, le cellule della lenta e rigida materia grigia. Per questo la Materia Bianca è anche chiamata “la metropolitana del cervello”.È la sede biologica della coscienza, secondo i neuro-scienziati; il senso d’identità che ci accompagna sempre, indipendente dall’età, dal tempo e dal momento storico, secondo me. La descrivo nel mio ultimo video “Universo organico e l’evoluzione umana”. La nostra identità è quindi data dalla materia bianca del cervello, dalla sua abilità a usare l’altra Luce che agli occhi appare “oscura”, il Messaggio Vitale o flusso dei bosoni Z, il “fiume della vita” che è eterno e unisce ogni essere vivente all’infinito universo. L’identità è il contatto con il Messaggio Cosmico che anima tutti e che quasi tutta la “conoscenza” ignora. Messaggio che mina qualsiasi potere, perché connette ogni individuo all’intera collettività umana, alla terra e al cielo; il Messaggio implica un’etica naturale, non ha bisogno di morale imposta, né di leggi che ci vincolano a un unico tempo immutabile. Il Messaggio è come un abile direttore d’orchestra, dirige gli infiniti tempi o ritmi della Grande Opera.Siamo uniti al cosmo? Sì, siamo uniti al tutto, e non solo alla misera porzione osservata che, secondo i calcoli, è appena il 5% della massa totale. Siamo uniti anche al restante 95% che non vediamo, ma che possiamo sentire, effetti dell’Intelligenza Organica che ha creato la Matrix. Intendo che siamo in una realtà virtuale di cui osserviamo lo schermo – lo spazio-tempo in 4d – e di cui ignoriamo il cyberspazio e il Messaggio Vitale, il campo o Forza che lo percorre e ci rende vivi. Se è la Forza Elettrodebole, abbiamo la conferma della millenaria tradizione ermetica. Secondo il modello standard della fisica, i tre bosoni (W+, Z e W-) sono in comunione con tre generi di materia composti ciascuno di quattro particelle, in totale dodici, come gli apostoli intorno a Gesù. I tre generi di materia possono comporre i tre corpi di ogni essere umano, quelli che la tradizione ermetica chiama fisico, eterico e astrale. Sono tutti e tre mortali ma in comunione con quello eterno, composto dei tre bosoni, il corpo igneo, o di fuoco. Quest’ultimo è l’identità eterna che oggi possiamo riconoscere più facilmente perché assistiamo a eventi travolgenti, tra cui la comparsa dell’antimateria.L’antimateria è materia con cariche e rotazioni opposte a quelle della materia. Se la materia gira in senso orario, l’antimateria in quello antiorario e proviene dal futuro che… già esiste. Non lo vediamo perché la “mela”, la magnetosfera che ci avvolge, lo nasconde. Forse per questo “mangiare la mela” è un “peccato”: significa ignorare l’eternità di cui siamo partecipi. Ora l’antimateria sta apparendo all’improvviso ovunque, persino nei nuclei atomici che compongono i corpi fisici. In noi si manifesta come sensazione di un cambio epocale. L’antimateria compare in molti modi diversi. Il più evidente è connesso ai Flash Gamma Terrestri (Tgf – Terrestrial Gamma Flashes, in inglese). Le sonde spaziali li osservano in alta atmosfera ma possono avvenire anche al suolo ed essere inosservabili, perché l’atmosfera è opaca per queste frequenze. Sono osservati 1.100 Tgf al giorno e ogni flash emette in millisecondi tanta energia quanta ne emette il sole in miliardi di anni. Inoltre i Tgf precedono i fulmini luminosi che osserviamo con gli occhi …I Flash Gamma portano antimateria, e questo è un indizio della loro provenienza: un mondo nel futuro che già esiste e ora si svela in modo improvviso, ma già annunciato da molte profezie, sin dall’antichità. I Flash Gamma sono processi nucleari e non sono nocivi come si crede; al contrario sono benefici, partecipi del grandioso Progetto della Vita. È l’evoluzione genetica, un cambio della materia organica che compone il corpo umano e consente a chi vuole di divenire il sale della terra. Guarda caso, i fisici chiamano oggi “sapore” il numero quantico che dipende dalle relazioni tra un corpo e il Messaggio, relazioni che dipendono in fondo dalla nostra volontà. Oggi possiamo contribuire a un nuovo sapore del mondo, compiere l’alchimia organica. C’è un allineamento degli “spin” nucleari che compongono il nostro corpo, una sintropia che ci può guarire dal caos, ovvero l’entropia che determina la malattia, come oggi dimostra una diagnosi ben nota, la Risonanza Magnetica Nucleare. L’allineamento implica coerenza con il Progetto della Forza e il suo lato luminoso: la libertà individuale e l’armonia collettiva.Il lato luminoso della Forza… fa pensare a “Guerre Stellari”. E’ uno dei suoi tanti nomi. In pratica è la comunione, ovvero il contatto, con il Messaggio Vitale che non vediamo, ma che sentiamo come sensazione o intuizione, creatività o innovazione. E l’attenzione al Messaggio dipende dalla nostra volontà. Io do una interpretazione particolare del termine “pane quotidiano” che nel “Padre Nostro” sembra una richiesta di nutrimento materiale. Secondo me il “pane quotidiano” è il pacchetto di ormoni secreti dalle nostre ghiandole endocrine ogni notte poco prima dell’alba. Sono centinaia di ormoni, grosse molecole organiche che appaiono dal nulla e influenzano i nostri umori. La secrezione ormonale è diretta dalla ghiandola pineale al centro della testa. Ghiandola che corrisponde al “chakra della corona”. E’ un’altra occasione per uscire dalla babele dei nomi. Chakra, in sanscrito, significa “ruota”. Secondo me, i chakra sono buchi bianchi ruotanti che emettono materia (ormoni) e sono in istantaneo contatto con i buchi neri ruotanti che, invece, l’assorbono. Molti sanno dei buchi neri in cielo. Se i chakra sono buchi bianchi ruotanti, c’è la comunione tra ogni essere umano e l’universo.Giordano Bruno parlava di “invisibili fili” che lo connettono al tutto. Oggi possiamo capire che il corpo umano è un terminale intelligente di una realtà cibernetica. Una realtà che si potrebbe paragonare a Internet, con in più l’elemento cruciale che manca a Internet: il Messaggio Vitale. Gli “invisibili fili” sono stati ritrovati. Un’équipe mondiale di astronomi ha studiato i movimenti dei nuclei di 100.000 galassie e ha riconosciuto che sono tutti allineati lungo fili. Il campo elettromagnetico impiegherebbe miliardi di anni per allinearli. Che cosa li lega all’istante? Il Messaggio, il flusso dei bosoni neutri che i fisici ora chiamano “corrente neutra debole”. Qualunque sia il nome, gli effetti sono i movimenti che ci uniscono al tutto, quelli che possiamo sentire come emo-zioni (moti del sangue – “emo” è sangue, in greco), espressioni di quella Forza straordinaria che è la Vita, capace di superare catastrofi, morire e risorgere.Ci sarà un grande cambiamento imminente sulla terra? Secondo me si, e non solo sulla superficie, ma anche nel cielo in alto e nel cuore della Terra in basso, soprattutto nella sensibilità umana. I moti in basso sono osservati dai geofisici che studiano la propagazione dei sismi – in fondo, onde acustiche. Questi moti hanno scarsa eco nei media, più attenti agli astrofisici che osservano solo le luci, cioè le onde elettromagnetiche. Inoltre l’antimateria è stata osservata anche nei nuclei atomici e potrebbe essere perciò anche nei nostri corpi, percepita come progetto, cambio imminente. Secondo certe teorie esoteriche abbiamo sette corpi? Si, è proprio così. Ho detto che la Forza comunica con tre generi di materia, per semplicità, ma è provato che comunica anche con tre generi di antimateria. Quelli di materia ruotano in senso orario, vanno dal passato al futuro, quelli di antimateria viceversa (senso antiorario), e il corpo igneo è l’eterno presente. Con il risveglio della Forza i sette corpi possono essere le sette note di un’ottava. La loro sintonia è il matrimonio alchemico, prima riservato a pochi eroi e ora, grazie al risveglio della Forza, esteso a tutti quelli che lo vogliono.Come dicono certe scuole esoteriche, certe persone cambieranno vibrazione e saranno in sintonia con i tempi e altre no. E’ probabile una selezione, in fondo un’auto-selezione. Attenzione ai nomi ingannevoli. Le “vibrazioni” sono effetti effimeri, legati all’illusoria luce elettromagnetica. Le rotazioni o “spin” coinvolgono i nuclei atomici che hanno una massa pari al 99,99% di ogni corpo. Se cambiano le rotazioni del “cuore”, il balzo è pratico e reale. Comunque questa è una realtà cibernetica, in fondo una scuola di emozioni. E lo scopo è la loro comprensione, necessaria per fondersi con l’identità vera, il corpo di luce che è eterno e non muore. È difficile dire quando si realizzerà il balzo, perché dipende anche da noi. A livello individuale molti lo stanno compiendo o lo hanno già compiuto. Il balzo collettivo potrebbe avvenire nel giro di pochi anni. La piccola mela – la magnetosfera terrestre – sta svanendo con ritmi accelerati. Secondo le accademie è uno “scudo protettivo”, ma chi sente e ama la vita sa che è una Forza cosmica e non ha alcun bisogno di protezione.Ora c’è un’altra novità, osservata anche dalla Nasa: la riconnessione magnetica tra la piccola magnetosfera terrestre e la Grossa Mela che avvolge l’intero sistema solare, l’eliosfera. Quest’ultima s’inverte ogni undici anni. La sua prossima inversione dovrebbe avvenire nel 2025 e potrebbe coinvolgere anche quella della piccola mela. Porterà catastrofi? Il cambiamento è già evidente in eventi naturali che stanno avvenendo, e non comportano catastrofi. Secondo me saranno provocate più dai conflitti umani che dalla natura. Per questo, gli “eletti” o meglio gli auto-eletti possono svolgere un ruolo importante. La natura sta ascendendo sulla scala celeste, i cui gradini sono gli “spin”. Quelli che partecipano all’ascesa – cioè compiono azioni pratiche e utili al bene comune – cambiano le proprie relazioni con il Messaggio, che così diventa più intenso e favorisce l’ascesa degli altri, pronti ad abbandonare il gradino inferiore. Quest’ultimo è dominato dal credo nel bipolarismo e/o nella lotta tra i presunti “opposti”, è il gradino che ci ha reso “nemici”. L’ascesa ci rende amici, disposti ad amare il prossimo, ad abbandonare armi e produzioni nocive, a superare i limiti, cioè capire che sono falsi.(Giuliana Conforto, dichiarazioni rilasciate a Florinda Balli per l’intervista “La Forza che sta per cambiare il mondo”, pubblicata sul sito della Conforto, luglio 2017. Astrofisica, impegnata di una intensa azione divulgativa, la professoressa Conforto ha pubblicato recenti ricerche come quella su Giordano Bruno, le cui rivelazioni vengono messe in relazione diretta con le più recenti scoperte scientifiche. Florinda Balli è giornalista, traduttrice e scrittrice, autrice di romanzi premiati).Io parlo di un messaggio diretto all’umanità. E’ il Messaggio Vitale, lo stesso citato dai Vangeli. Gesù ha definito se stesso come il “Messiah”, ovvero il messaggero, nome cancellato nel primo Concilio di Nicea, nel 325 d. C. con il dogma secondo cui Gesù è “consustanziale al Padre”, un “Dio” che avrebbe bisogno di suoi “rappresentanti” sulla Terra per comunicare con gli uomini. Il Messaggio Vitale si riconosce nel codice genetico o Dna di cui sono evidenti l’intelligenza e il contatto diretto con tutti gli organismi. Le scienze dello spazio si limitano a osservare la luce elettromagnetica, portata dai fotoni, messaggeri privi di massa, e non l’unica esistente. “C’è un’altra Luce”, è scritto nei Vangeli. Nel 1973, la fisica infine la scopre: è una Forza portata da bosoni, messaggeri massicci, capaci di animare, co-muovere le macromolecole che compongono tutti i corpi viventi. La Forza è la sintesi di due forze già note – elettromagnetica e debole – perciò chiamata “elettrodebole”. La sua scoperta è stata premiata con vari Nobel, per la teoria e per la conferma sperimentale avvenuta al Cern a Ginevra. Definita come una “nuova” forma di luce, la Forza è sempre esistita in natura, è una e trina, portata da tre tipi di bosoni vettoriali (noti come W+, Z e W-) che cooperano tra loro, ed è onnipresente.