Archivio del Tag ‘Alfredo D’Attorre’
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Grasso, Bersani, Pisapia: sbagliano tutto, non imparano mai
Devo dire che si può parlare del Mdp solo a prezzo di un enorme imbarazzo: è un gruppo di distinti signori, tutti parlamentari, che non ne hanno azzeccata una in tutta la vita e che non imparano mai. Hanno sfasciato il Pci, poi hanno portato il Pds-Ds ad una fallimentare unificazione con i democristiani della Margherita, poi hanno perso le elezioni del 2001, 2008 e 2013 – quelle le hanno “non vinte”, quanto a quelle del 2006, le vinsero di strettissima misura per poi dare vita ad un governo che era un circo equestre, poi si sono fatti scalzare dal più democristiano dei margheritini, mugugnando hanno votato le peggiori riforme di Renzi (Jobs Act, buona scuola, riforma istituzionale…), poi, dopo aver coscienziosamente perso tutta la loro base, ridottisi a tre gatti e mezzo, hanno deciso di fare una scissione con i rimanenti parlamentari che non hanno saltato il fosso per arruolarsi fra i renziani. L’unica cosa buona che hanno fatto è stata schierarsi per il No nel referendum del 4 dicembre, ma solo perché D’Alema (unico che capisca la politica in quell’infelice gruppo) li ha costretti a calci negli stinchi.Dopo la scissione, non hanno fatto assolutamente nulla, né per elaborare una linea politica degna di questo nome, né per organizzare la loro base, né per promuovere una qualsivoglia campagna politica (visto che fra poco si vota): zero, più zero, più zero. Hanno cincischiato per sette mesi appresso a Pisapia (del quale si parlava come di in possibile segretario e, incredibilmente, nessuno rideva), poi Pisapia ha scelto il Pd (che forse lo compenserà con uno scranno alla Corte Costituzionale) e, dall’alto del suo seguito di massa, ha fatto i suoi auguri a Speranza e «al suo partitino del tre per cento» (sic!). C’era da sperare che, tramontata l’infatuazione per Pisapia, iniziassero finalmente a fare politica; e invece no, adesso è il turno di Grasso, del quale si parla come di un possibile segretario. Sì, perché da quelle parti, prima si decide chi è il segretario, poi chi è il gruppo dirigente, poi chi deve rientrare in Parlamento e, alla fine, se avanza il tempo, si organizza la base, che ovviamente trova il piatto pronto (che democrazia!).Io non dico che si debba realmente far votare alla base i dirigenti e i parlamentari (troppa democrazia fa male!) ma almeno far finta che sia così. Insomma, almeno non facciamola così spudorata. E allora, una volta per tutte, convinciamoci che le case non si costruiscono dal tetto, ma dalle fondamenta. Quanto poi alla scelta di merito, Grasso, se possibile, è anche peggio di Pisapia. Diventato presidente del Senato per caso e con i voti dei 5 Stelle che, nel loro immaginario, lo credevano un campione della lotta antimafia, è stato poi un ligio esecutore delle indicazioni del Pd, dando il meglio di sé nel dibattito sulla riforma istituzionale, quando combinò cose di pazzi (se è il caso posso ricordare un po’ di episodi) per battere l’ostruzionismo dei 5 Stelle e di Sel (oggi, con Si, possibile alleata di Mdp). Poi, all’improvviso, realizzato che non c’è speranza di essere rieletto presidente del Senato, scopre che il Pd ha fatto violenza al Parlamento con la fiducia e si dimette… dal Pd, non dalla presidenza del Senato (le dimissioni da un posto importante? Non sia mai! Potrebbe venire la sinusite).E con gran faccia di corno, dice che si è dimesso ora dal Pd e non prima, per rispetto delle istituzioni! Lui come presidente del Senato aveva l’obbligo morale e politico di difendere il Parlamento (e il ramo che lui presiede) cercando di non ammettere la richiesta di fiducia del governo. Ad esempio sostenendo che essa è inopponibile in caso di leggi elettorali o che non è ammissibile una richiesta che obbliga un ramo del Parlamento ad accettare una legge senza possibilità di nessun emendamento. E magari avrebbe potuto utilizzare l’argomento della contraddizione contenuta nella legge, già segnalata da D’Attorre, sostenendo la necessità di emendare almeno quello sconcio. Magari avrebbe potuto invocare un intervento arbitrale del capo dello Stato. Forse non sarebbe servito a nulla, e a quel punto, se davvero riteneva che si stesse facendo una violenza al Parlamento, gli restava il gesto estremo delle dimissioni dalla presidenza. La cosa avrebbe avuto ben altro rilievo politico, creando non poco imbarazzo a Mattarella per la firma. In fondo, il presidente del Senato è il suo vice. E se se ne va sbattendo la porta perché la legge è incostituzionale, non è che si possa far finta di niente.Invece, l’eroico presidente ha lasciato che la violenza si compisse e, diciamolo, con la sua complicità. E dopo, solo dopo, si è dimesso dal partito (non dalla presidenza di Palazzo Madama, insisto) per prepararsi a sedere sulla sedia di segretario del Mdp. E voi ci proponete un segretario del genere? Infine: Mdp non scioglie una ambiguità che si porta appresso dalla fondazione, la domanda è questa: cosa vuol fare da grande Mdp? Le scelte possibili sono due: o il gruppo di pressione esterno, che punta a rovesciare la segreteria Renzi per poi rientrare, o l’alternativa di sinistra al Pd. Entrambe scelte lecitissime, per cui, se si tratta della prima, è possibile una alleanza elettorale con il Pd, ma se si tratta della seconda, l’alleanza è esclusa in via di principio, perché non puoi allearti con uno a cui vuoi fare le scarpe. E’ così difficile da capire?(Aldo Giannuli, “Grasso, Bersani, Pisapia: ma perchè la sinistra non impara mai?”, dal blog di Giannuli del 25 ottobre 2017).Devo dire che si può parlare del Mdp solo a prezzo di un enorme imbarazzo: è un gruppo di distinti signori, tutti parlamentari, che non ne hanno azzeccata una in tutta la vita e che non imparano mai. Hanno sfasciato il Pci, poi hanno portato il Pds-Ds ad una fallimentare unificazione con i democristiani della Margherita, poi hanno perso le elezioni del 2001, 2008 e 2013 – quelle le hanno “non vinte”, quanto a quelle del 2006, le vinsero di strettissima misura per poi dare vita ad un governo che era un circo equestre, poi si sono fatti scalzare dal più democristiano dei margheritini, mugugnando hanno votato le peggiori riforme di Renzi (Jobs Act, buona scuola, riforma istituzionale…), poi, dopo aver coscienziosamente perso tutta la loro base, ridottisi a tre gatti e mezzo, hanno deciso di fare una scissione con i rimanenti parlamentari che non hanno saltato il fosso per arruolarsi fra i renziani. L’unica cosa buona che hanno fatto è stata schierarsi per il No nel referendum del 4 dicembre, ma solo perché D’Alema (unico che capisca la politica in quell’infelice gruppo) li ha costretti a calci negli stinchi.
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Troppe tasse, niente lavoro. Fassina e soci non lo sanno?
Nei giorni scorsi mi è capitato di assistere, presso il Concetto Marchesi, all’affollatissimo incontro con Alfredo D’Attorre che presentava Sinistra italiana. Sala gremita e molto interesse, però devo dire di non aver ricevuto una gran buona impressione della nuova formazione politica, che tanto nuova non mi pare. A cominciare dallo stile: un oratore ufficiale che parla per oltre un’ora di fila, magari punteggiando con numerosi “ed avviandomi alle conclusioni”, “un’ultimissima considerazione” (dopo di che sproloquia per altri 15 minuti, peraltro continuando a non dir nulla). E’ l’insopportabile cifra stilistica del classico dirigente che ammaestra le masse (che non ascolta mai). Roba vista troppe volte. E peggio ancora se poi infila una serie di castronerie che rivelano che non conosce le cose di cui parla. E passi per la solita tirata onirica su “un altro euro ed un’altra Ue” (non si può proibire a nessuno di sognare), ma che, nel 2015, qualcuno dica che “occorre battersi perché vengano respinte le direttive europee in contrasto con la Costituzione che deve prevalere”, ignorando: a. che ci sono dei trattati che stabiliscono esattamente il contrario; b. che sin dal 1984 si è formata una costante giurisprudenza costituzionale di segno contrario, che si può anche non condividere, ma che per ora fa testo. E magari, dopo 30 anni, ci si può anche informare.Ma quello che mi ha peggio impressionato sono stati i silenzi: non ho sentito né la parola “Etruria” né quella “fisco”. C’è stato, sì, un rapidissimo passaggio sulla questione delle banche, ma quanto di più generico e superficiale si possa immaginare. Sinistra Italiana ha decentemente votato la mozione di sfiducia contro la Boschi presentata dal M5S, ma non mi pare di aver sentito alcuna particolare enfasi nella denuncia delle malefatte di quella banca e dei suoi protettori politici. C’è da chiedersi quale sarebbe stato il comportamento se, al posto della Boschi, ci fosse stato Berlusconi o la Carfagna o la Gelmini. Ma il punto più dolente è quello del fisco, semplicemente ignorato da D’Attorre che si è profuso in (genericissime) indicazioni sulla battaglia per l’occupazione. Giustissimo; ma, ci fosse stato tempo per il dibattito (reso invece impossibile dal fatto che l’augusto dirigente ha terminato la sua alluvionale esternazione alle otto meno un quarto) gli avrei chiesto “Ma come si fa a produrre più occupazione con questa pressione fiscale?”.Senza una ripresa dei consumi non può esserci alcuna ripresa occupazionale e, se la tasche della gente sono prosciugate dal fisco, come pensate che i consumi possano risalire? Quanto alle aziende, strette nella morsa dei tassi da usura praticati dalle banche e pressione del fisco, è così strano che chiudano a raffica, mettendo centinaia di migliaia di persone in mezzo ad una strada? Ma la sinistra è convinta che la lotta contro l’eccessivo prelievo fiscale sia una parolaccia, una cosa da lasciare alla destra. E se Renzi accenna a qualche demagogica promessa di tagli alle tasse, lo si attacca non perché le sue sono promesse da marinaio, ma perché bisogna battersi per mantenere le tasse sulla casa in nome della lotta ai “ricchi”. E ovviamente, senza che ci sia alcuna azione per colpire le rendite finanziarie. Penoso, francamente penoso. E le premesse per l’ennesima sconfitta di questa sinistra da salotto e da terrazza romana sono già tutte presenti. E’ solo l’ennesima replica di un film visto troppe volte. Auguri!(Aldo Giannuli, “Sinistra Italiana, il fisco e una minestra riscaldata”, dal blog di Giannuli del 23 dicembre 2015).Nei giorni scorsi mi è capitato di assistere, presso il Concetto Marchesi, all’affollatissimo incontro con Alfredo D’Attorre che presentava Sinistra italiana. Sala gremita e molto interesse, però devo dire di non aver ricevuto una gran buona impressione della nuova formazione politica, che tanto nuova non mi pare. A cominciare dallo stile: un oratore ufficiale che parla per oltre un’ora di fila, magari punteggiando con numerosi “ed avviandomi alle conclusioni”, “un’ultimissima considerazione” (dopo di che sproloquia per altri 15 minuti, peraltro continuando a non dir nulla). E’ l’insopportabile cifra stilistica del classico dirigente che ammaestra le masse (che non ascolta mai). Roba vista troppe volte. E peggio ancora se poi infila una serie di castronerie che rivelano che non conosce le cose di cui parla. E passi per la solita tirata onirica su “un altro euro ed un’altra Ue” (non si può proibire a nessuno di sognare), ma che, nel 2015, qualcuno dica che “occorre battersi perché vengano respinte le direttive europee in contrasto con la Costituzione che deve prevalere”, ignorando: a. che ci sono dei trattati che stabiliscono esattamente il contrario; b. che sin dal 1984 si è formata una costante giurisprudenza costituzionale di segno contrario, che si può anche non condividere, ma che per ora fa testo. E magari, dopo 30 anni, ci si può anche informare.
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De Bortoli e Bersani, il crepuscolo dei burattini di Draghi
Il disegno reazionario in atto non può prescindere dal perverso utilizzo dell’informazione. La manipolazione sistematica consente ai massoni neonazisti dominanti, Draghi e Schaeuble in testa, di sterilizzare la democrazia grazie alla sapiente costruzione di un clima di perenne emergenza. Nel 2011 per esempio, la bufala dello spread risultò funzionale all’arrivo al potere di Mario Monti, massone oligarchico già iniziato presso la Gran Loggia Unita d’Inghilterra nonché inserito all’interno di una specifica e perversa super-officina latomistica chiamata “Babel Tower”. Allo stesso modo, lo spettro del “default” serve solo per far trangugiare al popolino alcune volgari contro-riforme che mirano alla definitiva cristallizzazione di una società classista, iniqua, violenta e diseguale. I politici, poco più che burattini al servizio di logge e poteri occulti, vengono frequentemente ingaggiati a contratto, per poi essere cinicamente scaricati una volta divenuti vecchi ed inservibili.Prendiamo il caso della cosiddetta “sinistra del Pd”, gruppo eterogeneo formato da una accozzaglia di mediocri, raccolti intorno ad un leader da operetta come Pierluigi Bersani. Se un alieno, appena sbarcato sul pianeta Terra, s’imbattesse per caso in un tipo alla Alfredo D’Attorre, potrebbe per un attimo scambiarlo per un sincero democratico, attento alla tenuta della democrazia e alle ragioni dei più deboli. Peccato le cose non stiano così. D’Attorre, infatti, al pari di Bersani, Letta, Fassina, Cuperlo, Bindi e compagnia cantante, fa parte di quella nutrita schiera di personaggi che usa la verità come arma di ricatto contrattuale. Fino a quando il Pd era dominato dalla vecchia guardia, le politiche di austerità erano necessarie e responsabili; ora che Draghi ha licenziato gli antichi servitori, promuovendo al rango di nuovo caposala l’astuto pinocchietto fiorentino Renzi, molte mezze calzette trovano improvvisamente il coraggio di dire apertamente ciò che prima, per interesse e pavidità, non osavano neppure sussurrare.Chi ha voluto Monti al potere? Il Pd di Bersani. Chi ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione? Il Pd di Bersani. E il Fiscal Compact? Sempre il Pd di Bersani. E la riforma Fornero? Idem. Renzi effettivamente è squallido, ma i suoi nemici interni sono più squallidi di lui, aggiungendo abbondante ipocrisia alla conclamata nefandezza. “Hanno la faccia come il culo”, sintetizzerebbero i geniali autori di un glorioso settimanale del passato come “Cuore”. La speranza è che simili figuri, pronti a sottoporsi ad un intervento di ricostruzione dell’imene pur di rifarsi una verginità perduta, vengano definitivamente archiviati con il disonore che meritano nel dimenticatoio puzzolente della storia. Un altro del quale nessun uomo per bene potrà mai sentire la mancanza è Ferruccio de Bortoli, portavoce del massone contro-iniziato Mario Draghi, recentemente cacciato dalla guida del “Corriere della Sera”. De Bortoli, fatto della stessa pasta dei vari Bersani e D’Attorre, si è congedato dai suoi lettori scrivendo un lungo pezzo, tanto paradossale quanto ridicolo. «I giornali devono essere scomodi», pontifica l’ex direttorino armato di ciuffo ed erre moscia, massima espressione di un giornalismo meschino, forte con i deboli e debole con i forti.Il “Corriere” di Flebuccio in effetti è stato scomodo: scomodo per i precari, per i poveri, per i disoccupati, per i pensionati e per gli studenti, tutti criminalizzati dal piglio perbenista del miliardario con la penna posto a difesa del santuario “mercatista”. De Bortoli ebbe perfino il coraggio di augurare all’Italia l’arrivo della Troika, da sempre perfettamente a suo agio nel ruolo di Gabibbo di lusso che fustiga i vizi della Casta che lo pasce e lo arricchisce. Senza la scientifica opera di mistificazione messa in piedi da giornalisti e politicanti asserviti ai soliti centri di potere, non sarebbe stato possibile svuotare dalle fondamenta la democrazia in Europa. Dal nuovo direttore del “Corriere”, Luciano Fontana, non è lecito aspettarsi granché. Di sicuro fare peggio di De Bortoli sarà difficile per chiunque. Perfino per Fontana. In bocca al lupo.(Francesco Maria Toscano, “Il cepuscolo di Ferruccio de Bortoli e Pierluigi Bersani, fedeli esecutori dei diktat impartiti da Francoforte dal maestro venerabile Mario Draghi”, dal blog “Il Moralista” del 6 maggio 2015. Toscano è segretario del “Movimento Roosevelt”, fondato con Gioele Magaldi).Il disegno reazionario in atto non può prescindere dal perverso utilizzo dell’informazione. La manipolazione sistematica consente ai massoni neonazisti dominanti, Draghi e Schaeuble in testa, di sterilizzare la democrazia grazie alla sapiente costruzione di un clima di perenne emergenza. Nel 2011 per esempio, la bufala dello spread risultò funzionale all’arrivo al potere di Mario Monti, massone oligarchico già iniziato presso la Gran Loggia Unita d’Inghilterra nonché inserito all’interno di una specifica e perversa super-officina latomistica chiamata “Babel Tower”. Allo stesso modo, lo spettro del “default” serve solo per far trangugiare al popolino alcune volgari contro-riforme che mirano alla definitiva cristallizzazione di una società classista, iniqua, violenta e diseguale. I politici, poco più che burattini al servizio di logge e poteri occulti, vengono frequentemente ingaggiati a contratto, per poi essere cinicamente scaricati una volta divenuti vecchi ed inservibili.