Archivio del Tag ‘allarme’
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Meno democrazia, grazie alla paura: è il disegno di Conte
Il problema è l’uso politico della paura. Perché oggi, padrona incontrastata della scena pubblica e dei sentimenti privati, è la paura della pandemia, del contagio, di questo nemico invisibile e feroce che si può nascondere dovunque e d’improvviso può assalirti e condannarti in poche ore a una morte atroce, solo come un cane. Una paura di tutto un popolo (e di quasi tutto il mondo) come mai si era vista serpeggiare fra la gente. Ma, attenzione, c’è un’operazione politica in corso in Italia che fa leva proprio su questa ansia collettiva. La tentazione del potere di usare la paura c’è sempre stata, come spiegava anni fa Zygmunt Bauman: «Di sicuro la costante sensazione di allerta incide sull’idea di cittadinanza nonché sui compiti ad essa legati, che finiscono per essere liquidati o rimodellati. La paura è una risorsa molto invitante per sostituire la demagogia all’argomentazione e la politica autoritaria alla democrazia. E i richiami sempre più insistiti alla necessità di uno stato di eccezione vanno in questa direzione». Queste parole di Bauman fanno pensare all’Italia oggi alle prese con l’epidemia da coronavirus. Ieri un insigne giurista, Claudio Zucchelli (fino a pochi mesi fa presidente della sezione normativa del Consiglio di Stato), in un suo intervento, giudicava «molto dubbia» la «costituzionalità» dei Dpcm e delle ordinanze emanate a causa del Covid-19, «avendo essi limitato diritti fondamentali costituzionali».Infatti si può incidere su quei diritti «in caso di emergenza purché le limitazioni scaturiscano dal rispetto delle forme cioè della sovranità popolare» che si esprime nel Parlamento. È vero che – dopo molte critiche in questo senso – «il governo ha presentato al Parlamento un decreto legge (n. 19 del 2020) con il quale ha creduto di aggiustare la situazione». In realtà, spiega Zucchelli, «nulla è cambiato, perché il Dl enumera e descrive tutte le misure restrittive già contenute nei precedenti Dpcm, ma non le adotta, delegandole al presidente. È questi che decide sulla esistenza o no dello stato di eccezione, non il Parlamento. Ma chi ha il potere di decidere lo stato di eccezione e sospendere il diritto, possiede la sovranità, e dunque la sovranità si sposta dal popolo al presidente». Zucchelli spiega: «Questa è la violazione avvenuta in questa contingenza perché sono stati accentrati nelle mani del governo il potere normativo e quello esecutivo. Situazione dalla quale metteva in guardia Montesquieu. Il drammatico dubbio è quindi che con il pretesto della emergenza, si tenti di cambiare il volto stesso della democrazia occidentale, andando verso una democrazia autoritaria, ossimoro che cela una nuova forma di Stato autoritario».Proprio per la paura dilagante in queste settimane tutto un popolo ha accettato senza la minima obiezione qualcosa che sarebbe stato impensabile fino a pochi giorni fa: la forte limitazione della nostra libertà personale, la rinuncia ai nostri legami sociali e addirittura la prospettiva prossima del baratro economico. Il paese vive questa generale condizione di paralisi come ipnotizzato. Senza ancora rendersi conto precisamente di cosa sta accadendo. Ma perché Conte ha deciso quella forzatura? La via naturale sarebbe stato un serio dibattito parlamentare con il coinvolgimento di tutte le forze politiche nel governo per avere l’unità del paese e renderlo più forte in questa battaglia terribile. Ma questo avrebbe significato rimettere in gioco il centrodestra (che è maggioranza nel paese) e Salvini (che Conte detesta) e probabilmente avrebbe portato pure all’accantonamento di Conte. Perciò l’attuale premier – che sta a Palazzo Chigi senza legittimazione popolare – con i suoi strateghi ha scelto la via opposta, intravedendo in questa emergenza nazionale la grande occasione per darsi un’immagine da leader.Ha dunque varato una sorprendente operazione politica. Si è preso un ruolo esorbitante invadendo Tv e altri media e diventando l’unico attore sulla scena, non avendo voluto neanche nominare un Bertolaso per l’emergenza (pure il Consiglio dei ministri è evaporato). È diventato un uomo solo al comando e si è proposto come il Grande Rassicuratore della gente impaurita dall’epidemia. Gli errori fatti da lui e dal suo governo da fine gennaio, quando è scattato l’allarme, nella gestione dell’emergenza, sono davvero grandi (da quelli sulla Lombardia, alle preziose settimane di febbraio perse senza far nulla, dalla mancanza di attrezzature di protezione, perfino negli ospedali, fino alla carenza di cure a domicilio per i positivi). Ma paradossalmente e inspiegabilmente tutto questo non sembra suscitare (ancora) indignazione. Perché fra la gente la ragione critica è oggi totalmente soffocata dalla paura. Infatti – nonostante questi errori – nei sondaggi pare che il consenso attorno a Conte e questo governo – al momento – sia cresciuto. Perché? E perché l’opposizione – che ha cercato di dare il suo contributo critico evidenziando gli errori del governo, viene – a quanto – pare penalizzata?Lo ha spiegato bene Marco Gervasoni nel suo pamphlet, “Coronavirus: fine della globalizzazione” (con Corrado Ocone): «Quando c’è la paura – e l’epidemia è uno dei fattori che più la scatena – l’essere umano è pronto a rinunciare a tutto, pur di salvare la vita. Quando l’uomo ha paura ha bisogno sì di un capo. Ma di un capo che lo rassicuri, non che crei ulteriore paura o ansia… quando l’uomo ha paura di morire si affida a chi può dargli maggiore certezze. Per questo inevitabilmente, sul breve periodo (che però non sappiamo quanto potrà essere lungo) la crisi mondiale favorirà chi al potere già ci sta». Il bisogno collettivo di rassicurazione si vede bene nel successo del più sciocco slogan del secolo: “Andrà tutto bene”. Si contano i morti a migliaia ogni giorno, ma la gente ha bisogno di qualcuno che – come ai bambini – ripeta: non preoccuparti, andrà tutto bene. Contro ogni evidenza, perché questo non è il momento della razionalità. Conte si è inserito in questa ondata di paura, per rispondere a tale bisogno di rassicurazione, come unica autorità in campo (sostenuto da Mattarella e Bergoglio) e lo ha fatto ostentando appunto paterna protezione. Così è cresciuto in popolarità. Il suo progetto politico punta al Quirinale. Ma è difficile che un governicchio così debole e minoritario possa superare l’enorme scoglio rappresentato dal crollo della nostra economia (a fine aprile arriveranno i primi dati e saranno terrificanti).Di fronte a quella situazione drammatica s’imporrebbe la necessità di un governo di unità nazionale, che fosse largamente maggioritario in Parlamento e nel paese, ma sicuramente si accamperanno le solite scuse: «Non si può fare una crisi di governo in questa situazione di emergenza e tanto meno si possono fare le elezioni». Allora potrebbe saltar fuori dal cilindro l’idea di un direttorio di illuminati che affiancherebbero il premier per “salvare” il paese dal tracollo totale. Nei giorni scorsi una falsa notizia attribuita all’Ansa (che ha subito fatto denuncia), parlava di colloqui fra le alte istituzioni su una «task force per la ricostruzione» e si facevano i soliti nomi di Draghi, di Cassese e di Amato. «Notizia falsa, ma in fondo verosimile», ha commentato “Lettera 43″. Chi l’ha fabbricata potrebbe aver orecchiato idee che circolano nell’aria. Qualcuno sospetta che alcuni di quei nomi siano stati fatti per essere “bruciati”. Se si percorresse quella via sarebbe una sorta di commissariamento della Repubblica, che forse passerebbe in modo indolore fra la gente attanagliata dalla paura e – anche – dal dramma economico. La paura e l’emergenza permettono tante cose. In fondo le prove generali sono appena state fatte in questi giorni. Il rischio, come scrive Zucchelli, è che «con il pretesto della emergenza, si tenti di cambiare il volto stesso della democrazia occidentale, andando verso una democrazia autoritaria».(Antonio Socci, “Meno democrazia e più paura, così il premier prova a diventare leader”, da “Libero” del 7 aprile 2020).Il problema è l’uso politico della paura. Perché oggi, padrona incontrastata della scena pubblica e dei sentimenti privati, è la paura della pandemia, del contagio, di questo nemico invisibile e feroce che si può nascondere dovunque e d’improvviso può assalirti e condannarti in poche ore a una morte atroce, solo come un cane. Una paura di tutto un popolo (e di quasi tutto il mondo) come mai si era vista serpeggiare fra la gente. Ma, attenzione, c’è un’operazione politica in corso in Italia che fa leva proprio su questa ansia collettiva. La tentazione del potere di usare la paura c’è sempre stata, come spiegava anni fa Zygmunt Bauman: «Di sicuro la costante sensazione di allerta incide sull’idea di cittadinanza nonché sui compiti ad essa legati, che finiscono per essere liquidati o rimodellati. La paura è una risorsa molto invitante per sostituire la demagogia all’argomentazione e la politica autoritaria alla democrazia. E i richiami sempre più insistiti alla necessità di uno stato di eccezione vanno in questa direzione». Queste parole di Bauman fanno pensare all’Italia oggi alle prese con l’epidemia da coronavirus. Ieri un insigne giurista, Claudio Zucchelli (fino a pochi mesi fa presidente della sezione normativa del Consiglio di Stato), in un suo intervento, giudicava «molto dubbia» la «costituzionalità» dei Dpcm e delle ordinanze emanate a causa del Covid-19, «avendo essi limitato diritti fondamentali costituzionali».
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L’Istat: nel marzo 2019, morti di polmonite 15.000 italiani
Numeri alla mano, nello stesso periodo di tempo, l’anno scorso, sono morte più persone per malattie respiratorie che quest’anno per Covid-19. La parte sommersa dell’iceberg è formata anche dai morti che nessuno ha mai censito, questo ormai lo ammette anche l’Istituto Superiore di Sanità. Riusciremo a capire quanti sono? Noi ci esprimiamo con i numeri che riusciamo a raccogliere e a validare. Quando affermiamo che nei primi 21 giorni di marzo al Nord i decessi sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-19 non è una impressione, ma un dato. Quando scriviamo che a Bergamo i decessi sono quasi quadruplicati passando da una media di 91 casi nel 2015-2019 a 398 nel 2020, riferiamo delle evidenze. Idem quando denunciamo «situazioni particolarmente allarmanti» nel Bresciano oppure un maggiore incremento dei decessi degli uomini e delle persone maggiori di 74 anni di età. Lavoriamo per ampliare queste conoscenza, ma dobbiamo tenere conto del fatto che la trasmissione dei dati è più lenta e complicata di quel che si vorrebbe in condizioni ordinarie, figuriamoci in un’emergenza sanitaria. Quando l’Istat fornisce un valore, quello è stato trattato secondo standard europei.Quanti morti erano già malati? Abbiamo tre tipi di morti: quelli che ricollegabili soprattutto al Covid, con o senza altre patologie; coloro che non muoiono di Covid ma per Covid, cioè ad esempio infartuati che in condizioni normali si salverebbero; i morti che non hanno contratto Covid. Noi siamo in grado di dare elementi sui decessi, distinguerli per 21 fasce d’età e farlo estraendo questi numeri dall’anagrafe centralizzata, in modo da dare ai decisori preziosi elementi di valutazione. Per l’approfondimento delle schede di morte c’è l’Istituto Superiore di Sanità. Questo, comunque, è un virus per vecchi. I dati che stanno emergendo circa la mortalità dicono chiaramente che colpisce in maniera molto prevalente persone anziane: è quasi un terribile processo di selezione naturale che elimina i soggetti deboli. Terribile. Ma ancor più terribile perché appare in qualche modo facilitato dalla nostra capacità di curarli. La chiamo “la maledizione degli anni pari”. Il 2019, come tutti gli anni dispari, ha visto una regressione dei decessi. L’anno pari inizia bene, ma poi arriva marzo, con un virus che falcia coloro che la morte aveva risparmiato.Dal 21 febbraio al 31 marzo sono morte 12.428 persone per Covid-19. Quanti sono i morti di influenza nel mese di marzo (nel quale, quest’anno, si sono concentrati i decessi di coronavirus) degli anni scorsi? Più che i morti per influenza, che è più difficile da attribuire come effettiva causa di morte, conviene ricordare i dati sui certificati di morte per malattie respiratorie. Nel marzo 2019 sono state 15.189 e l’anno prima erano state 16.220. Incidentalmente si rileva che sono più del corrispondente numero di decessi per Covid (12.352) dichiarati nel marzo 2020. Quale impatto economico stimiamo per il lockdown? Stiamo valutandolo. I dati economici relativi ai settori che hanno subito la sospensione delle attività mostrano come il lockdown coinvolga 2,2 milioni di imprese (il 48,8% del totale), oltre 7 milioni di addetti (il 42,8%), con un valore aggiunto annuo di poco meno di 300 miliardi. È ancora presto per definire scenari, anche se c’è poco da stare allegri, visto che, come abbiamo comunicato in questi giorni, l’epidemia Covid-19 è intervenuta in un momento in cui in Italia la fase di ripresa ciclica perdeva vigore, per via della Brexit, dei dazi statunitensi e del rallentamento della domanda tedesca.(Gian Carlo Blangiardo, dichiarazioni rilasciate a Paolo Viana per l’intervista “Nel 2019 a marzo 15mila morti per polmoniti varie”, pubblicata da “Avvire” il 2 aprile 2020. Blangiardo è il presidente dell’Istat, istituto nazionale di statistica).Numeri alla mano, nello stesso periodo di tempo, l’anno scorso, sono morte più persone per malattie respiratorie che quest’anno per Covid-19. La parte sommersa dell’iceberg è formata anche dai morti che nessuno ha mai censito, questo ormai lo ammette anche l’Istituto Superiore di Sanità. Riusciremo a capire quanti sono? Noi ci esprimiamo con i numeri che riusciamo a raccogliere e a validare. Quando affermiamo che nei primi 21 giorni di marzo al Nord i decessi sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-19 non è una impressione, ma un dato. Quando scriviamo che a Bergamo i decessi sono quasi quadruplicati passando da una media di 91 casi nel 2015-2019 a 398 nel 2020, riferiamo delle evidenze. Idem quando denunciamo «situazioni particolarmente allarmanti» nel Bresciano oppure un maggiore incremento dei decessi degli uomini e delle persone maggiori di 74 anni di età. Lavoriamo per ampliare queste conoscenza, ma dobbiamo tenere conto del fatto che la trasmissione dei dati è più lenta e complicata di quel che si vorrebbe in condizioni ordinarie, figuriamoci in un’emergenza sanitaria. Quando l’Istat fornisce un valore, quello è stato trattato secondo standard europei.
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Bizzi: guerra segreta (mondiale) contro la Cabala del Covid
Le massonerie nazionali sono spaventate, assoggettate alle restrizioni liberticide dei governi che in realtà eseguono decisioni prese dell’alto: entità paramassoniche, Bilderberg, Trilaterale – e altre, di cui si parla meno. Al di sopra di queste, c’è la galassia delle superlogge (di cui parla Gioele Magaldi, e che forse di massonico hanno ormai soltanto il nome: sono contro-iniziati che si contendono il potere, alternandosi al comando). Al di sopra di queste, poi, ce ne sono altre ancora. Ci sono organizzazioni che finora hanno sostenuto i piani del cosiddetto nuovo ordine mondiale, finalizzato all’accentramento del potere e delle risorse, alla spoliazione dei popoli, a concentrare tutto nelle mani dei soliti noti. Marco Della Luna lo ha spiegato bene in “Oligarchia per popoli superflui”, di cui sono l’editore, uscito due anni fa. Ha anticipato tutto quello che sta accadendo oggi. Adesso però c’è un bivio. A quanto pare, il problema è stato scatenato da una certa fazione. Una fazione che vuole mantenere il potere economico, la schiavitù monetaria, il controllo della finanza. Una fazione che è legata all’industria farmaceutica, a sua volta legata ad altri grandi complessi industriali, non ultimo quello degli armamenti.E’ una fazione che molto probabilmente ha scatenato questo problema: il virus è stato creato in laboratorio (nemmeno i bambini credono più alla vulgata mainstream del virus naturale). E’ un’arma batteriologica a medio-bassa intensità, con durata probabilmente di sei mesi. La fazione che ha scatenato il virus voleva accelerare il processo di Nwo, la logica del controllo, del microchip obbligatorio per tutti, della restizione definitiva di ogni libertà democratica. Ma lo scatenarsi di questo pandemonio ha provocato, inevitabilmente, una reazione opposta. Ci sono fazioni che sono contrarie alla logica della schiavitù monetaria – la logica dei Rothschild, dei Rockefeller (chiamiamola “mafia khazariana”, chiamiamola Cabala o Cupola: i nomi non contano). E queste fazioni antagoniste, a quante pare, sono passate violentemente al contrattacco.In questi giorni seguo con interesse certi network americani, Q-Anon e non solo (Q-Anon lo seguo da almeno tre anni, e le sue notizie le prendo con le molle, con le dovute cautele, in attesa di verificare i fatti). In qualche caso mi è anche capitato di anticiparli: il 15 dicembre scorso, sulla mia pagina Facebook, prevedevo la caduta, l’esautorazione della casa reale britannica entro la fine di marzo. Prevedevo anche la caduta di Macron – e qui ci siamo: Macron ha le ore contate, è stato ormai messo nel mirino. La sua ex ministra della sanità ora lo accusa di aver colpevolmente ignorato il suo allarme sul virus, risalente a gennaio. Parliamoci chiaro: a gennaio tutti conoscevano il problema. Sono emerse prove che il governo italiano abbia avuto informazioni precise, dall’intelligence americana, già a dicembre, quando negli Usa si verificavano i primi casi di coronavirus.I numeri del virus sono molto diversi da quelli ufficiali: non ci si può fidare, della Cina. La compagnia telefonica cinese che gestisce i cellulari ha ammesso che, da dicembre a oggi, ci sono 21 milioni di utenze non più attive. E questo dato deve far pensare. Come può esser stato circoscritto alla sola Wuhan, il problema? Il virus è stato contenuto, certo, ma in Cina la situazione è stata sicuramente più pesante, rispetto a come viene raccontata. Poi è arrivato negli Usa? E’ arrivato prima in Germania o in Italia? Si possono fare tutte le congetture del mondo. Ma ciò che conta è che l’esercitazione Nato, dapprima ridimensionata, ha cambiato nome: adesso si chiama “Protezione dell’Europa”. Sta dispiegando un enorme quantitativo di uomini e mezzi – mentre, simultaneamente, molti personaggi celebri sono in quarantena.S’è iniziato con Justin Trudeau in Canada, in quarantena insieme alla moglie. Poi Alberto di Monaco: non dimentichiamoci che il Principato di Monaco è tra le principali “lavanderie” di riciclaggio del denaro sporco, a livello mondiale, insieme a pochi altri paradisi fiscali. Il Dalai Lama è in quarantena preventiva. Angela Merkel, anche lei risultata positiva al virus, è sembrata sparire, per alcuni giorni. E due aerei di Stato tedeschi, tra cui quello ufficiale della Cancelliera, sono stati visti atterrare all’aeroporto di Las Vegas, già chiuso al traffico ordinario. E’ stata esautorata?Secondo Maurizio Blondet, sarebbe stata esautorata di fatto, in base al trattato Usa-Germania del 1945. Fino al 2099, la Germania non può decidere autonomamente, in politica estera e in politica economica. Alla Germania era stato dato il guinzaglio largo, ma ora a quanto pare il guinzaglio si è stretto. C’è un video, che prova la presenza degli aerei tedeschi a Las Vegas la scorsa settimana. E sappiamo che questi video sono sempre diffusi da servizi segreti, a loro volta divisi in fazioni. La Merkel poteva benissimo volare negli Usa in modo anonimo e discreto, non certo su un volo di Stato. Chi ha diffuso quel video, nell’ambito dell’intelligence Usa, voleva lanciare un segnale chiaro: guardate dove va, la fautrice del rigore finanziario.Vero obiettivo: abbattere l’Unione Europea. Fanno bene, se stanno abbattendo il sistema che ci ha distrutti, negli ultimi vent’anni. Voglio sperare che sia così. Non dico che stiano vincendo “i buoni”. Dico che, secondo me, stanno prevalendo “i meno peggio”: è con loro, probabilmente, che avremo a che fare. Cambieranno gli scenari economici. La Germania, che era la principale fautrice del rigore, dopo l’annuncio secondo cui la Merkel era in quarantena ha emesso 550 miliardi di euro, creati dal nulla, e solo come prima tranche. A mio parere, si sta andando verso uno scardinamento violento, e imposto dall’alto – non dagli americani come tali, ma dalla fazione di Trump, da una guerra interna contro il Deep State – e secondo me vedremo molti scenari cambiare: vedremo sparire molti capi di Stato e di governo.Quanto ai britannici, non scordiamoci che non è in quarantena solo il principe Carlo. Secondo fonti di stampa, tra cui la versione online del “Fatto Quotidiano”, è morto il principe consorte Filippo di Edimburgo. All’ambasciata britannica a Roma c’è stato un gran trambusto, con un continuo viavai di politici anche italiani. I nostri telegiornali non ne hanno fatto il minimo accenno? Non stupisce: sono arrivati addirittura a delegittimare il “Tg Leonardo”, che è il fiore all’occhiello dell’informazione scientifica (il servizio il cui mostrava il laboratorio cinese che ingenerizza i coronavirus). Ma la cosa più interessante è che è in quarantena anche il duca di Kent, cugino della regina e 37esimo pretendente al trono, gran maestro della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, che controlla il 60-70% delle massonerie nazionali mondiali. Vuol dire che è in corso una svolta epocale: stanno abbattendo i vecchi schemi anche in certi ambiti, fino a ieri intoccabili.Mi auguro che le notizie che leggo siano vere. Moltissime star di Hollywood stanno registrando filmati in cui hanno il volto terrorizzato, e in cui compaiono ovunque orecchie di coniglio (a richiamare la Tana del Bianconiglio di “Alice nel paese delle meraviglie”). Sono segnali in codice: richieste di aiuto. Sono segnali di disperazione, mascherati da video strani. Ophra Winfileld, la grande giornalista americana, obamiana e vicina ai Clinton, vera e propria autorità mediatica nazionale, è in quarantena – ma coi marines che circondano e presidiano la sua villa. Tante cose non tornano. Ma intanto lanciano segnali, come a dire: guardate. L’Italia è piena di autocarri russi e militari russi: va bene che la situazione è eccezionale, ma siamo pur sempre un paese della Nato. E’ evidente che ci sono accordi precisi. Stanno cambiando gli scenari a livello globale, secondo me. Ed è molto probabile anche un cambio di governo in Italia.(Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate il 25 marzo 2020 alla trasmissione web-radio “Forme d’Onda”, condotta da Stefania Nicoletti. Editore, proprietario della casa editrice Aurola Boreale, Bizzi è uno storico indipendente: è autore di lavori recenti, come lo studio dedicato a Ipazia di Alessandria. Assai rilevante il volume “Da Eleusi a Firenze”, in cui Bizzi ricostruisce l’ascendenza della “comunità misterica eleusina” dietro le quinte della storia, per esempio nella fioritura politico-culturale del Rinascimento italiano).Le massonerie nazionali sono spaventate, assoggettate alle restrizioni liberticide dei governi che in realtà eseguono decisioni prese dell’alto: entità paramassoniche, Bilderberg, Trilaterale – e altre, di cui si parla meno. Al di sopra di queste, c’è la galassia delle superlogge (di cui parla Gioele Magaldi, e che forse di massonico hanno ormai soltanto il nome: molti sono contro-iniziati che si contendono il potere, alternandosi al comando). Al di sopra di queste, poi, ce ne sono altre ancora. Ci sono organizzazioni che finora hanno sostenuto i piani del cosiddetto nuovo ordine mondiale, finalizzato all’accentramento del potere e delle risorse, alla spoliazione dei popoli, a concentrare tutto nelle mani dei soliti noti. Marco Della Luna lo ha spiegato bene in “Oligarchia per popoli superflui”, di cui sono l’editore, uscito due anni fa. Ha anticipato tutto quello che sta accadendo oggi. Adesso però c’è un bivio. A quanto pare, il problema è stato scatenato da una certa fazione. Una fazione che vuole mantenere il potere economico, la schiavitù monetaria, il controllo della finanza. Una fazione che è legata all’industria farmaceutica, a sua volta legata ad altri grandi complessi industriali, non ultimo quello degli armamenti.
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Mes e virus, Guzzi: orrore, questa umanità deve insorgere
Il sistema globalizzato, il sistema neoliberista dei poteri che di fatto controlla il mondo (a livello finanziario, economico, sociale, editoriale, di comunicazione di massa) è sostanzialmente suicidario, come dice il grande sociologo Ulrich Beck. E’ una struttura suicidaria, di cui questa Unione Europea sembra solo un’espressione, l’espressione di questo sistema. Per cui credo che opporsi al Mes, pretendere una discussione pubblica, democratica, su questo provvedimento, voglia dire porre uno stop alla direzione suicidaria di questo sistema globale. Come pianeta, come umanità, siamo evidentemente in un punto cruciale e decisivo della storia che conosciamo: un punto che potremmo dire tra crollo e risveglio, oppure se volete tra catastrofe e conversione. Che poi sono due parole che dicono la stessa cosa: catastrofe e conversione indicano semplicemente questo, dobbiamo cambiare rotta, dobbiamo rovesciare la direzione che finora è stata seguita, perché non è percorribile. Ora, il sistema suicidario – e lo vediamo continuamente – si sta compattando, si sta irrigidendo. Si sta militarizzando, perché più si evidenzia – agli occhi di tutti – che è una follia suicida, più questo sistema ha bisogno di limitare l’informazione (direi: di limitare la riflessione).Guardate che la comunicazione di massa entro la quale siamo immersi 24 ore su 24, questo misto orribile di allarmi apocalittici e pubblicità, che viene data per scontata, a mio parere è uno degli strumenti più pericolosi, per la destrutturazione della coscienza democratica. Quindi credo che dobbiamo renderci conto di questo, e animare un risveglio – umano, popolare, culturale e direi anche spirituale – perché altrimenti non avremo proprio gli strumenti per affrontare queste sfide, incalzanti e pericolose, nelle quali ci troviamo a vivere. Direi che questo risveglio – delle anime oppresse, non solo degli esclusi – è certamente un risveglio sociale ed economico, e dobbiamo giustamente utilizzare il linguaggio economico, sociale e politico; ma io credo che non basti, questo linguaggio. Cioè: la prova che ci troviamo a vivere richiede, direi, uno sguardo e delle parole più vaste. Si tratta veramente di parlare di una nuova umanità, che non vuole farsi distruggere.Una nuova umanità deve trovare il suo linguaggio, deve imporre un cambiamento radicale nel monolinguismo nichilistico, economicistico, materialistico e scientistico, che i poteri di questo mondo – “the masters of the universe” (i padroni del mondo, come li chiamano i grandi economisti mondiali) – utilizzano per renderci impotenti. Questo monolinguismo serve a indebolirci, a intimidirci, a farci sentire deboli e depressi – polli d’allevamento, diceva Gaber. Ecco: l’insurrezione di questa nostra umanità dev’essere un’insurrezione poetica, spirituale, ma molto tecnicamente informata, poi, sul piano economico e dei saperi specifici. Questi due livelli devono agire insieme, perché la sfida è troppo grande. Se ci limitiamo a un linguaggio solo economico, alla fine facciamo il gioco della cultura neoliberista, che vuole ridurre tutto a un discorso economico. Ma non ci riuscirà. Auguri.(Marco Guzzi, intervento nella diretta web-streaming “Mes, fermare il contagio” trasmessa su “ByoBlu” e “Pandora Tv” il 7 marzo 2020, registrata su YouTube. Filosofo, poeta e conduttore radiofonico, dal 1999 Guzzi ha avviato l’esperienza dei gruppi “Darsi pace”, una ricerca sperimentale di liberazione interiore nell’orizzonte di una riconiugazione tra fede cristiana e modernità. Dal 2004 dirige la collana “Crocevia” presso le Edizioni Paoline. Dal 2005 tiene corsi presso il “Claretianum”, Istituto di Teologia della Vita Consacrata dell’Università Lateranense. Dal 2008 è professore invitato nella facoltà di scienze dell’educazione dell’Università Pontificia Salesiana. Nel 2009 Benedetto XVI lo ha nominato membro della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Dal 2012 scrive sul blog collettivo Vinonuovo).Il sistema globalizzato, il sistema neoliberista dei poteri che di fatto controlla il mondo (a livello finanziario, economico, sociale, editoriale, di comunicazione di massa) è sostanzialmente suicidario, come dice il grande sociologo Ulrich Beck. E’ una struttura suicidaria, di cui questa Unione Europea sembra solo un’espressione, l’espressione di questo sistema. Per cui credo che opporsi al Mes, pretendere una discussione pubblica, democratica, su questo provvedimento, voglia dire porre uno stop alla direzione suicidaria di questo sistema globale. Come pianeta, come umanità, siamo evidentemente in un punto cruciale e decisivo della storia che conosciamo: un punto che potremmo dire tra crollo e risveglio, oppure se volete tra catastrofe e conversione. Che poi sono due parole che dicono la stessa cosa: catastrofe e conversione indicano semplicemente questo, dobbiamo cambiare rotta, dobbiamo rovesciare la direzione che finora è stata seguita, perché non è percorribile. Ora, il sistema suicidario – e lo vediamo continuamente – si sta compattando, si sta irrigidendo. Si sta militarizzando, perché più si evidenzia – agli occhi di tutti – che è una follia suicida, più questo sistema ha bisogno di limitare l’informazione (direi: di limitare la riflessione).
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Carotenuto: la Cina guarisce dal virus, ma non ce lo dicono
Questa mattina, per vedere le ultime notizie sul coronavirus, apro il sito dell’Ansa, la principale agenzia di stampa italiana, quella che dà il la alla comunicazione dei media. E trovo il seguente comunicato, che è in comune tra l’agenzia italiana e la francese Afp. Eccolo: «Roma, 6 marzo. La Cina ha riportato 30 nuovi morti legati al coronavirus, 143 nuove infezioni e 16 cosiddetti “contagi di ritorno”, i casi importati da persone arrivate nel paese. Nel complesso, sono 3.042 le persone decedute in Cina per il Covid-19, ha riferito la Commissione sanitaria nazionale (Nhc)». Bene, questo l’aggiornamento. Ma d’istinto non mi fido, visto come viene fatta la comunicazione dei media su certi argomenti, diciamo, “delicati” per l’opinione pubblica. Anche perché nei giorni precedenti una notizia che mi era sembrata importante, era che in Cina l’epidemia stava perdendo forza. Che era quella che mi interessava di più. Ma da questo comunicato proprio non si evinceva. E allora mi sono ricordato di quando – quasi 50 anni fa – ero un giovanissimo praticante giornalista, e dei giornalisti anziani – proprio dell’Ansa – mi diedero un loro libro a scopo istruttivo.Il libro era una sorta di manualetto su come presentare, come scrivere una notizia. Nel quale trovai un tesoro di indicazioni su come, scrivendo sempre cose vere, si poteva camuffare, deviare, alterare la verità di certi fatti. E condurre di conseguenza i lettori a farsi un’idea sbagliata dei fatti, o tale da indirizzarli a trarne certe, volute conclusioni. E allora, sulla base di questo ricordo, mi dico: bene, facciamo una verifica. Visto che Ansa e Afp citano la fonte, il governo cinese, vado a vedere cosa scrive il comunicato originale cinese. E cosa scopro? Che nel comunicato Ansa manca un pezzo… e il pezzo, guarda caso, sono le buone notizie: quelle che non vanno troppo evidenziate, se si vuole tenere la gente in tensione. Chi vuole vada a vedere tutto il comunicato cinese del 6 marzo, e si renderà conto del fatto che in quello dell’Ansa manca proprio la parte fondamentale: i dati su quanti sono i guariti del giorno e il loro totale, e su quanto si stanno riducendo i malati.E’ questo il classico modo tendenzioso di dare notizie, che segue la linea editoriale attuale di tutti i principali media: esaltare il problema e mandare in panico la gente, per trarre il massimo di benefici nel rafforzare il potere e gli interessi di quei gruppi anti-coscienza dai quali anche i media dipendono. E inoltre terrorizzare non aiuta nemmeno ad allertare maggiormente la gente a prendere le giuste misure di contenimento e igieniche. In effetti non fa altro che mandare in confusione le persone; e anzi, proprio per questo creare ulteriori ansie, agitazione e confusione che rischiano di produrre l’effetto opposto: una minore attenzione logica alle misure da prendere. E allora mi è venuto in mente di fare il contrario: di valutare direttamente – senza l’ulteriore filtro dei media, cosa emerge dai numeri cinesi. Pur sapendo che potrebbero essere in parte manipolati. Ma fiducioso nel fatto che, dopo i primi tentativi falliti di nascondere il problema, Pechino ha optato per una maggiore trasparenza. Confermata da alcune équipes di scienziati e osservatori internazionali che stanno seguendo le vicende sul territorio.I numeri dovrebbero essere sostanzialmente giusti, nella direzione di un retrocedere dell’epidemia, anche perché in varie province cinesi stanno diminuendo ufficialmente i livelli di allerta e di misure anti-contagio. Ma vediamoli, questi numeri, partendo da un grafico costantemente aggiornato da parte della John Hopkins University. Ecco, in questo grafico si vede l’andamento del virus: la linea superiore ocra è quella dei contagiati cinesi, quella verde quella dei guariti mondiali, in grandissima parte cinesi, e quella gialla mostra l’andamento dei contagiati nel resto del mondo. Cosa si vede? Che la tendenza dei contagiati cinesi non è più in rapida salita: circa 100-200 contagiati in più al giorno negli ultimi giorni, rispetto ai 3-4000 al giorno di un mese fa. Mentre la linea gialla in basso, dei contagiati del resto del mondo, comincia a salire negli ultimi 10 giorni, anche se ancora per il momento a ritmi inferiori a quelli cinesi.Ma quello che è interessante e positivo è che non solo stanno diminuendo di molto i contagiati cinesi; a questo si aggiunge il dato fondamentale espresso dalla linea verde: le guarigioni – soprattutto cinesi – stanno aumentando: tra le 1.770 e le quasi 3.000 al giorno negli ultimi giorni. Il che fa vedere anche graficamente come le due linee, ocra e verde, almeno per quello che riguarda la componente cinese, tendano ad unirsi entro un paio di settimane. Evidenziando una probabile, totale o pressoché totale scomparsa del virus in Cina. Avete sentito sui media qualcuno evidenziare la possibile prossima fine dell’epidemia cinese? Poco o niente, altro è quello che si vuole suscitare nella gente. E per l’Italia e il resto del mondo? Se la tendenza fosse simile, e le misure di contenimento messe in atto dai governi sufficientemente efficaci, l’evoluzione del virus potrebbe essere la stessa.In Italia stiamo entrando nella zona di picco, in particolare nelle zone rosse, e potremmo vedere tra non molto una diminuzione analoga a quella cinese dei nuovi casi ed un aumento giorno per giorno dei guariti, fino all’auspicabile esaurimento dell’epidemia. E questo, senza che si sia trovato ancora il vaccino o l’antivirale specifico. Ma esaminiamo ancora meglio e in particolare il caso più eclatante, quello della provincia dell’Hubei, con capoluogo Wuhan (undici milioni di abitanti). E lo facciamo per due motivi: per capire come si comporta questa epidemia in una zona rossa chiusa, dove ormai la gente è esposta al contagio, contagiata, guarita o già morta. E perchè questa provincia ha quasi lo stesso numero di abitanti dell’Italia: 58.500.000.Nell’Hubei, come nelle zone rosse ormai chiuse, non si tratta tanto e solo di limitare il contagio per non estenderlo fuori dalla zona rossa, quanto soprattutto di farlo finire. Le autorità cinesi hanno chiuso la zona, compartimentato, isolato le persone in casa, anche con estrema durezza, e costruito ospedali in tutta fretta. Reagendo forse con minore preparazione della nostra, presi di sorpresa dall’esplodere del virus, che probabilmente circolava già da qualche mese nella provincia senza suscitare alcun allarme. Vediamo allora la sintesi di cosa è successo e di cosa sta succedendo nell’Hubei in questa tabella, i cui dati sono estratti dai bollettini del governo cinese. Da questi dati si vede che nell’Hubei il 5 febbraio c’è stato il massimo di nuovi contagiati giornalieri, ancora relativamente pochi morti, e pochi guariti. Poi il 19 febbraio si arriva al punto di svolta: i guariti superano i contagi giornalieri, improvvisamente di parecchio: 1.209 guariti rispetto a 349 contagiati.E infine i dati del 5 marzo, quando l’evoluzione dell’epidemia ha progressivamente prodotto molti meno contagiati giornalieri, fino a 126, un numero più limitato di morti, 29, e soprattutto un numero più elevato di guarigioni, 1487. E molto interessante appare il fatto che nei totali, sulla destra della tabella, al momento del punto di svolta del 19 febbraio, su 62.031 contagiati ne erano guariti 10.337 e ne rimanevano da guarire 49.665, mentre ora su 67.592 ne sono guariti ben 41.956 e ne rimangono da guarire molti di meno: 22.695. E vediamo anche qualche dato percentuale di bilancio su questa vicenda sia nell’Hubei che in tutta la Cina. Cosa si vede? Che fino ad ora le percentuali di contagiati e di morti sono veramente minime, anche in relazione alla sola provincia dell’Hubei, di gran lunga fino ad ora il principale focolaio del mondo: 0,12% di contagiati e 0,005% di morti.Se tutto andasse secondo quanto prevedibile dagli andamenti statistici attuali, alla fine dell’epidemia la provincia-focolaio dell’Hubei avrà avuto circa 3.500 morti, pari allo 0,006% della sua popolazione. A meno di inattese riprese della virulenza dell’epidemia. Vediamo ora se da questi dati possiamo trarre qualche considerazione che riguarda la situazione italiana. Prima di tutto diciamo che nelle prossime settimane vedremo quando si raggiunge il picco, vale a dire il massimo di contagi giornalieri, quando questi cominciano a diminuire, e poi osservando quando si verifica il punto di svolta, quando i guariti giornalieri pareggeranno i contagiati, e poi finalmente quando i guariti giornalieri cominceranno ad essere sostanzialmente superiori ai nuovi contagi. E capiremo meglio le dimensioni del fenomeno che ci riguarda ed i suoi prevedibili tempi. Andasse nella maniera peggiore, come nell’Hubei, cosa che al momento riteniamo alquanto remota, avremmo 3.500 morti.In questa ipotesi ne potremmo avere anche di più, perché la percentuale di popolazione molto anziana italiana è superiore a quella cinese. Sarebbe qualcosa di drammatico, certamente, ma comunque non al di là di quello al quale siamo abituati ogni anno, anzi forse meno. Infatti, secondo una stima del nostro Istituto Superiore di Sanità, ogni anno ci sono in Italia dagli 8 ai 12.000 morti per la normale influenza. Con tutto che i vaccini anti-influenzali ci sono e vengono usati da circa metà della popolazione anziana. Quindi non andiamo in panico. Aspettiamo serenamente che l’epidemia passi, rinviando svaghi, vacanze e impegni laddove è possibile: non durerà per sempre. Sopportiamo il peso anche economico delle conseguenze dell’epidemia, con pazienza e fiducia. E osserviamo le misure cautelari che vengono indicate, più che altro per salvaguardare gli anziani in peggiori condizioni fisiche: più si espande il virus, più sono destinati a morirne.Non facciamoci prendere da ansie e paure immotivate, che favoriscono una maggiore presa su di noi da parte dei vari poteri di manipolazione, che sfruttano questo virus per condizionare la nostra psiche, dirigendola verso pensieri e scelte a loro favorevoli: per chi vuole convincerci a prendere per paura più farmaci e vaccini, anche quando non servono e ci ammalano; per chi vuole renderci sempre più dipendenti dalle macchine, dall’elettronica, e avvolgerci in una rete digitale disumanizzante e pericolosa per la salute; per chi vuole farci lavorare e studiare da soli, chiusi in una stanza, a contatto solo con una macchina, invece che nella meravigliosa esperienza di crescita della interazione umana con gli altri: gli insegnanti, i colleghi, i parenti, gli amici… E allora noi adottiamo un atteggiamento di vera e propria resistenza morale: prima di tutto informiamoci bene, per sfuggire alle sirene portatrici di disastri dei media; e portiamo ancora più al centro della nostra vita e del nostro tempo i valori umani, gli scambi di bene tra individui, gli ideali elevati, il rapporto con la natura, lo sforzo creativo del bene da fare ogni giorno. Fare questo ogni giorno, proprio nonostante le continue aggressioni alla nostra psiche e ai nostri corpi, ci renderà interiormente molto più forti ed evoluti nella giusta direzione della coscienza.(Fausto Carotenuto, “Coronavirus, cosa avviene veramente in Cina e quanto riguarda l’Italia”, dal blog “Coscienze in Rete” del 6 marzo 2020).Questa mattina, per vedere le ultime notizie sul coronavirus, apro il sito dell’Ansa, la principale agenzia di stampa italiana, quella che dà il la alla comunicazione dei media. E trovo il seguente comunicato, che è in comune tra l’agenzia italiana e la francese Afp. Eccolo: «Roma, 6 marzo. La Cina ha riportato 30 nuovi morti legati al coronavirus, 143 nuove infezioni e 16 cosiddetti “contagi di ritorno”, i casi importati da persone arrivate nel paese. Nel complesso, sono 3.042 le persone decedute in Cina per il Covid-19, ha riferito la Commissione sanitaria nazionale (Nhc)». Bene, questo l’aggiornamento. Ma d’istinto non mi fido, visto come viene fatta la comunicazione dei media su certi argomenti, diciamo, “delicati” per l’opinione pubblica. Anche perché nei giorni precedenti una notizia che mi era sembrata importante, era che in Cina l’epidemia stava perdendo forza. Che era quella che mi interessava di più. Ma da questo comunicato proprio non si evinceva. E allora mi sono ricordato di quando – quasi 50 anni fa – ero un giovanissimo praticante giornalista, e dei giornalisti anziani – proprio dell’Ansa – mi diedero un loro libro a scopo istruttivo.
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Si muore per soldi, non per il virus: guai se cediamo al Mes
Ma saranno stati almeno vaccinati, i 20.000 soldati americani che stanno sbarcando in Europa per poi “passeggiare” nelle terre del coronavirus? Ora fraternizzano con la popolazione in un paese come la Germania, da cui – si apprende – si è propagata la prima infezione nel vecchio continente. E’ dunque un vaccino, forse sperimentale, a proteggere i militari statunitensi impegnati nell’operazione “Defender Europe”, non rinviata nonostante la grave allerta sanitaria europea? Se lo domanda Manlio Dinucci, veterano cronista di guerra in forza al “Manifesto”, in collegamento web con Claudio Messora su “ByoBlu”. Quello di Messora è il canale d’informazione che più di ogni altro, in questi giorni, si sta battendo per offrire agli italiani un’osservazione attendibile della crisi in corso. Sempre su “ByoBlu”, l’economista Nino Galloni avverte: c’è il rischio concreto che venga ratificato il Mes, erede diretto del pernicioso e ormai obsoleto Fondo Salva-Stati, creato nel periodo in cui alla Bce non era ancora stato consentito di sostenere i debiti pubblici, acquistando titoli di Stato. Vi sembra il caso, proprio ora, di mettersi a parlare di Mes?Due operazioni – l’esercitazione Nato e il Mes – che non vengono rinviate, nonostante l’emergenza coronavirus. Un sospetto: c’è una oscura correlazione diretta, tra questi eventi in apparenza non connessi tra loro? E’ tutto estremamente strano, quasi surreale. Per esempio: è assolutamente inconcepibile, dice Galloni, che – al momento dell’estensione della zona rossa all’intera Lombardia – da Palazzo Chigi possa essere partita la fuga di notizie che ha determinato l’esodo di migliaia di persone verso il Sud. L’emergenza sanitaria? Mal raccontata, enfatizzata: il problema si è fatto davvero drammatico per una minuscola quota di persone (per lo più anziane, deboli, già malate) a causa della rottamazione del sistema sanitario nazionale. Anni di tagli forsennati, fino al suicidio firmato da Monti, con 30 miliardi tolti all’assistenza medica ospedaliera. I numeri del coronavirus restano limitatissimi, ribadisce Galloni, se parliamo di criticità serie: la tragedia è che ormai i nostri ospedali, ridotti ai minimi termini, faticano a gestire nel modo migliore poche centinaia di malati gravi.Strano che ora, su tutto questo, incomba anche la ratifica del Mes: perché non rimandarla, vista la situazione di emergenza nazionale? Galloni parla chiaro: a finire in rianimazione (economica) è l’Italia intera. Per salvarla, servono tanti miliardi, e subito. Se li garantisse la Bce, come si spera, si trasformerebbero comunque in debito. Invece, l’emissione tempestiva e a costo zero di una moneta parallela – non convertibile, spendibile solo in Italia – sarebbe il toccasana. Perché nessuno ne parla, nel governo Conte? Peggio: perché intanto non si chiede di annullare il summit del 16 marzo, cioè la ratifica del Mes? Il pericolo è mortale, avverte Galloni: accedendo a quel fondo (e l’Italia oggi ha un disperato bisogno di denaro pronto uso, per fronteggiare l’emergenza) si va incontro a conseguenze catastrofiche. Non potendo restituire il prestito a stretto giro, i rischi sono letali. Primo: la svendita di quel che resta delle strategiche partecipazioni statali, il 20% di quello che furono (e attenzione: garantirono il boom economico). Secondo: la svendita dei gioielli del patrimonio italiano, cioè i beni culturali che alimentano l’economia turistica. In altre parole: se firma il Mes, l’Italia sparisce. Muore.L’altro colpo mortale – dice Gioele Magaldi, leader del Movimento Roosevelt (di cui lo stesso Galloni è vicepresidente) – è rappresentato dalla decisione di mettere l’intera Italia in quarantena. «Una scelta tardiva, comunque inefficace e dunque inutile, ma sicuramente autodistruttiva». A motivare per decreto la paralisi del paese, evidentemente, è il panico: lo spettacolo dei reparti di terapia intensiva, ridotti ai minimi termini e letteralmente assediati dai pazienti con difficoltà respiratorie. Cosa andava fatto, invece? «Ovvio: alle prime avvisaglie del problema, bisognava attrezzarsi in modo adeguato». Con posti letto raddoppiati o triplicati, e personale disponibile, non ci sarebbe stato nessun allarme. Invece: l’Italia non ha agito, non ha preteso risorse immediate. «Conte si è limitato a mendicare elemosine, fuori tempo massimo». E prima ancora, l’Unione Europea – scandalosamente – non si è affatto preoccupata del problema. In compenso, si ricorda del Mes.Vediamo di capirci, insiste Magaldi: già prima del coronavirus, l’Italia delle aziende e delle famiglie era prossima al coma. Un mese di pre-emergenza l’ha messa in ginocchio. E adesso, il decreto-Conte l’ha stesa al tappeto. Virtualmemte, l’operazione-coronavirus sembra il capolavoro di un ipotetico nemico: se qualcuno avesse voluto distruggerci, non avrebbe potuto far meglio di Conte. A proposito: c’è qualcosa che è proibito sapere, riguardo all’epidemia? Nessuno ha certezze, ma moltissime fonti citano strane coincidenze. Bill Gates, Berkeley, Darpa e Pentagono: il coronavirus sembra più americano che cinese. Un’arma perfetta per sabotare il gigante asiatico, a cui Trump ha dichiarato guerra? Magaldi non ci sta, e invita a leggere oltre l’apparenza: è proprio la dirigenza cinese a trarre vantaggio dal virus, che le permette di mascherare la fine della maxi-crescita, largamente attesa (e attentamente taciuta) ben prima del disastro di Wuhan. Il guaio? Gli strateghi della globalizzazione neoliberista aprirono alla Cina le porte del mercato mondiale, senza chiederle contropartite: democrazia, sindacati, tutela dell’ambiente. Niente.La Cina è stata bravissima ad approfittarne, sbalordendo il mondo. Ma ha sbaragliato la concorrenza occidentale in modo sleale, con prodotti a basso costo. Che tutto questo sarebbe accaduto, lo sapevano fin dall’inizio gli ingegneri (occidentali) del globalismo cinesizzato. Per Usa ed Europa, dolori: crisi, disoccupazione, tagli, delocalizzazioni. Ed exploit finanziario, a beneficio dei supremi gestori. Il loro obiettivo? Creare un mostro, la super-Cina: efficientissima, regina del business, ma senza libertà né democrazia. Il sogno: trasformare lo stesso Occidente in un clone della nuova Cina. Poi, con Trump, il gioco si è rotto e sono spuntati i dazi. Infine ecco il coronavirus, che da Wuhan – via Germania – ora infesta l’Italia, spaventando il resto del mondo. E se i media italiani scivolano verso il terrorismo psicologico quotidiano, è perché la sanità – brutalmente amputata – stenta ad assistere nel modo migliore le vittime di un morbo che, statisticamente, sembra rivelarsi assai meno pericoloso di tanti altri, che però non fanno notizia.Riuscirà il coronavirus laddove tante prediche politiche, in questi anni, hanno fallito? Gli italiani capiranno che lo Stato non può essere lasciato senza soldi, cioè senza difese? Sovranità finanziaria vuol dire anche sicurezza: se invece la moneta manca, si rischia anche la pelle. Il virus è drammaticamente esplicito, in questo: l’Italia ha un disperato bisogno di miliardi a costo zero, ma il 16 marzo ad attenderla c’è il Mes, lo strozzino. Decenni fa, un incubo simile sarebbe stato impensabile. Eppure, anche se i media non lo sottolineano: da trent’anni, l’Italia è in avanzo primario. Cioè: i soldi che i cittadini versano in tasse sono più di quanto lo Stato spenda in termini di servizi. Una follia, rimasta sottotraccia, e che adesso – grazie alla crisi-coronavirus – potrebbe esplodere. Meglio tardi che mai? Sì, ma a condizione che venga archiviato il Mes: se dovessimo attingere al fondo europeo, per l’Italia sarebbe davvero la fine. Allora sì, che il coronavirus diventerebbe una catastrofe: la tomba del Belpaese, l’estinzione del benessere e della possibilità di risalire la china.Ma saranno stati almeno vaccinati, i 20.000 soldati americani che stanno sbarcando in Europa per poi “passeggiare” nelle terre del coronavirus? Ora fraternizzano con la popolazione in un paese come la Germania, da cui – si apprende – si è propagata la prima infezione nel vecchio continente. E’ dunque un vaccino, forse sperimentale, a proteggere i militari statunitensi impegnati nell’operazione “Defender Europe”, non rinviata nonostante la grave allerta sanitaria europea? Se lo domanda Manlio Dinucci, veterano cronista di guerra in forza al “Manifesto”, in collegamento web con Claudio Messora su “ByoBlu”. Quello di Messora è il canale d’informazione che più di ogni altro, in questi giorni, si sta battendo per offrire agli italiani un’osservazione attendibile della crisi in corso. Sempre su “ByoBlu”, l’economista Nino Galloni avverte: c’è il rischio concreto che venga ratificato il Mes, erede diretto del pernicioso e ormai obsoleto Fondo Salva-Stati, creato nel periodo in cui alla Bce non era ancora stato consentito di sostenere i debiti pubblici, acquistando titoli di Stato. Vi sembra il caso, proprio ora, di mettersi a parlare di Mes?
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Magaldi: apocalisse coronavirus, così Conte suicida l’Italia
La situazione è grave, ma non seria: si sono chiuse le stalle quando ormai i buoi erano scappati. Se – usando questa retorica – si voleva puntare sulla limitazione drastica della diffusione del contagio, queste misure bisognava assumerle un mese fa (ma seriamente, non all’italiana, cioè non consentendo la scappatoia dell’autocertificazione per gli spostamenti: il divieto di spostamento andava esteso a tutti, tassativamente). Il contagio si diffonderà comunque, perché il coronavirus è più contagioso di una normale influenza e perché le misure draconiane non sono state prese un mese fa. Questo, se uno pensa al coronavirus come alla peste bubbonica: la percezione, almeno, è quella di un problema ad alto grado di pericolosità. E’ davvero così? Io penso di no. Credo che dobbiamo scientificamente rimanere ancorati alle statistiche. I dati sulla polmonite e sulle infezioni danno una mortalità molto più grande. Solo di polmonite, si calcola che muoiano centomila persone ogni anno. E’ surreale: ormai, quello del coronavirus – tra morti e contagiati – è un bollettino di guerra quotidiano. Tra chi ci osserva, ci sarà anche chi lo fa per capire quanto i cittadini siano disponibili alle limitazioni della libertà.Inoculare un virus nel mondo globalizzato, con queste maglie larghe, è facilissimo: fra un anno potremmo avere un altro virus, analogo. E che facciamo? Ogni volta ripetiamo quello che stiamo facendo? Certo, non bisogna sottovalutare l’effetto che il virus può avere su alcuni pazienti. Ma allora, bisogna decidersi: le misure draconiane, ripeto, andavano assunte prima. Ma secondo me non andavano nemmeno prese. Non andava messo in ginocchio il paese, non andava creata questa psicosi. Andava fatto un altro discorso, responsabile. Bisognava dire: c’è un virus così, non lo conosciamo, abbiamo dei dati, osserviamo quello che accade in Cina, sappiamo che l’incidenza di mortalità è simile a quella di altri virus (che non hanno comportato restrizioni di questo tipo); quindi andava usata anche la televisione per trasmettere consigli, per sollecitare le stesse precauzioni destinate – rispetto all’influenza – a persone esposte, deboli. D’ora in poi, vogliamo che i governanti ci mettano in guardia e diano anche il bollettino dei morti per influenza, per polmonite e per infezioni: ormai lo pretendiamo. Fatelo per tutte le cose per cui si muore: ogni giorno, un bollettino per ognuna delle cose per cui si perde la vita, specie in seguito a infezione e contatto con gli altri. Perché accordare solo al coronavirus questo privilegio?Si poteva invece evitare un clima di questo tipo, e investire – da subito – miliardi, per strumenti medici. C’erano in vista problemi respiratori? Invece di diffondere allarme, stracciarsi le vesti e dire che non ce la faremo a gestire l’emergenza, bisognava spendere denari per il benessere pubblico. E perché ad esempio non si è pensato di fare tamponi di massa, per tempo? Sappiamo che anche il coronavirus in qualche caso può anche essere letale – come l’influenza, le infezioni, le polmoniti. Sono una piccola percentuale, per fortuna. In quel caso, queste persone vanno ospedalizzate e curate con gli strumenti necessari. Secondo me avremmo avuto le stesse percentuali, ma non questa pazzia, questa vera e propria pazzia collettiva. Siamo andati avanti per settimane con uno stillicidio di misure all’acqua di rose, parziali, incongruenti, con zone isolate a macchia di leopardo. Il coronavirus divamperà ancora. E noi staremo appesi al televisore a sentire gli aggiornamenti. I casi gravi sono una percentuale irrisoria: non possiamo trasformare il coronavirus nello spauracchio del terzo millennio. Può essere grave, ma – statisticamente – lo è per poche persone: così come per altre cose, per cui non c’è questo allarme sociale.Il governo italiano non ha seguito nemmeno la sua logica, che rispetto a questo problema prevede un allarme da tragedia incombente, da peste bubbonica. La sua logica è che bisogna assolutamente arrestare il contagio, perché oltretutto non si hanno strutture sanitarie adeguate. Cioè, in un mondo in cui la globalizzazione consente che possano periodicamente divampare virus di questo tipo, tu che fai? Tagli le risorse della sanità pubblica. Molto intelligente, no? E poi, quando scoppia il virus, invece di investire in personale e macchinari, gridi “al lupo, al lupo”, non sapendo dove metterai i pazienti e come li curerai. Molto intelligente, molto lungirimante, molto attento al benessere collettivo. Se la logica era questa, il governo italiano ha toppato, in ogni caso. Questo governicchio stava per cadere, e Conte è stato “salvato” dall’emergenza, che è una cosa più grande di lui. Ma è un vivacchiare, è un mettere la polvere sotto il tappeto. Quando ci risveglieremo da questo incubo, si scoprirà che il paese ha avuto il colpo di grazia.L’Italia era in crisi da decenni, ha avuto una botta forte dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 (e la falsa cura dell’austerity). E il paese oggi riceve il colpo di grazia. C’è anche questa sordida manovra di anticipare l’approvazione del Meccanismo Europeo di Stabilità, il famigerato Mes. Semmai, la crisi-coronavirus legittima ulteriormente l’adozione di una moneta parallela, ripetutamente proposta da Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt. La situazione presuppone un piano straordinario di investimenti da 100-200 miliardi, per l’Italia e per tutti i paesi europei colpiti da questa crisi economica derivante dall’aver messo in quarantena intere regioni. E qui stiamo invece ad anticipare l’approvazione del Mes, che è un meccanismo ulteriore di quell’austerity che ha aggravato le crisi economiche degli ultimi anni? Siamo alla follia. Stiano anche attenti: sono clamorose le rivolte nelle carceri. La gente adesso è preoccupata, prevale lo spirito da pecoroni impauriti. Ma poi il popolo si rivolta: se non hai i denari per indennizzare le perdite, quando molta gente sarà col culo per terra e altre aziende falliranno, poi la rabbia sociale esploderà.Stiano attenti, a giocare col fuoco. Si è sbagliato tutto, si continua a sbagliare. Spero che all’ultimo momento venga ripensata, questa approvazione del Mes il 16 marzo. Questa storia del coronavirus è poco convincente sotto molti aspetti, ha tanti angoli bui. E’ una storia abbastanza puzzolente. Se la cura alle crisi economico-finanziarie è stata peggio del male (c’è stata una volontà dolosa di aggravarle, anziché risolverle), e se il terrorismo globale ha portato in molti casi alla restrizione di libertà, chi ama restringere la libertà e vuole trasformare il pianeta globalizzato in un mondo post-democratico e sempre meno libero, be’, guarda con grande interesse a questo grande strumento di disciplina sociale autoritaria. Nessuno, dopo la Seconda Guerra Mondiale, aveva dovuto vivere in queste condizioni di restrizione. Se fossi un gruppo di potere che sogna un mondo più controllato, mi inventerei un virus all’anno. E, in nome dell’emergenza, abituerei i cittadini ad ogni sorta di restrizioni. Naturalmente è sempre un gioco da apprendisti stregoni, perché poi devi controllare il mostro della rabbia sociale che vai a fomentare. Quindi è un’arma pericolosissima, da usare.Sarà anche una persona squisita, ma – politicamente parlando – il nostro presidente del Consiglio è un minchione. Non si può arrestare l’influenza, figurarsi un contagio che è ancora più rognoso, proprio per la facilità con cui si diffonde. Visto che le misure sono ovviamente inefficaci, secondo questa logica aumenteranno le restrizioni: fra un po’ ci diranno di stare alla larga l’uno dall’altro anche dentro le case, invitando mariti e mogli e stare a due metri di distanza. Ci proporranno di scavare dei bunker sotteranei? E’ un’escalation assolutamente idiota e grottesca. Bisognava lasciare che accadesse quello che comunque non si è potuto impedire. E non si potrà impedire che il virus si diffonda e contagi molte persone, che in gran parte però non ne soffriranno. Per chi ne soffrirà, serviranno strutture meglio attrezzate. Quella era la strada da prendere, anziché dare la mazzata finale a un paese già in crisi economica. Questa emergenza, resa in questi termini, non si giustifica. C’è una narrazione artefatta. Orwelliamente, a forza di ripeterla, una menzogna diventa una verità. Ma noi abbiamo il dovere di testimoniare il dissenso, rispetto a questo.Un grande potenza industriale, un grande paese moderno (senza il quale non l’Unione Europea non esisterebbe nemmeno) invece di piagnucolare sul fatto che non ha le risorse, be’, le risorse se le procura. Il piagnisteo sul collasso degli ospedali deriva dai tagli sciagurati di ieri e dall’ignavia di oggi, perché si sta sempre lì a contare due baiocchi da spendere. Ci hanno fatto la grazia? Conte è andato a belare, di fronte ai rappresentanti della Disunione Europea, chiedendo un po’ di flessibilità. Ma stiamo scherzando? Si chiedono ai cittadini enormi sacrifici – esistenziali, lavorativi – e tu, Stato, non sei in condizione di affrontare un’emergenza sanitaria per carenza di mezzi? Questa è una vergogna assoluta, è un caso da rivoluzione. Spero che i governanti si precipitino a procurarsi le risorse e i macchinari per far fronte a qualunque tipo di emergenza. Dopodiché, l’emergenza è soprattutto nella narrazione: si è introdotta una psicosi, la si è coltivata, la si sta consolidando e aumentando di giorno in giorno; ma la verità è che questo virus – che è insidioso, rognoso, e per qualcuno pericoloso – non meritava dei bollettini giornalieri di terrorismo psicologico sui cittadini. Credo però che il Movimento Roosevelt – come anche i massoni progressisti – continuerà a lavorare per rendere questa disgrazia un’opportunità.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Gioele Magaldi racconta” del 10 marzo 2020).La situazione è grave, ma non seria: si sono chiuse le stalle quando ormai i buoi erano scappati. Se – usando questa retorica – si voleva puntare sulla limitazione drastica della diffusione del contagio, queste misure bisognava assumerle un mese fa (ma seriamente, non all’italiana, cioè non consentendo la scappatoia dell’autocertificazione per gli spostamenti: il divieto di spostamento andava esteso a tutti, tassativamente). Il contagio si diffonderà comunque, perché il coronavirus è più contagioso di una normale influenza e perché le misure draconiane non sono state prese un mese fa. Questo, se uno pensa al coronavirus come alla peste bubbonica: la percezione, almeno, è quella di un problema ad alto grado di pericolosità. E’ davvero così? Io penso di no. Credo che dobbiamo scientificamente rimanere ancorati alle statistiche. I dati sulla polmonite e sulle infezioni danno una mortalità molto più grande. Solo di polmonite, si calcola che muoiano centomila persone ogni anno. E’ surreale: ormai, quello del coronavirus – tra morti e contagiati – è un bollettino di guerra quotidiano. Tra chi ci osserva, ci sarà anche chi lo fa per capire quanto i cittadini siano disponibili alle limitazioni della libertà.
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Carpeoro: ma siamo sicuri di sapere cosa sta succedendo?
«Entro il 2020 diventerà di prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti di gomma, a causa di un’epidemia di grave malattia simile alla polmonite, che attaccherà sia i polmoni sia i canali bronchiali e che sarà refrattaria ad ogni tipo di cura». Lo scriveva nel 2004 Sylvia Browne nel libro “Profezie”, sottotitolo “Cosa ci riserva il futuro”, edito in Italia nel 2006 da Mondadori. «Tale patologia – vaticinava l’autrice, statunitense – sarà particolarmente sconcertante perché, dopo aver provocato un inverno di panico assoluto, sembrerà scomparire completamente per altri dieci anni, rendendo ancora più difficile scoprire la sua causa e la sua cura». Sembra proprio lui, il coronavirus, annunciato con 16 anni di anticipo. «Righe che inducono alla riflessione», ammette Gianfranco Carpeoro: «Mi piacerebbe leggere tutto il libro, vedrò di ordinarlo». La Browne, considerata una “sensitiva”, ha scritto decine di volumi sulle sue doti “medianiche” che si sarebbero palesate fin da quando era bambina. Morta nel 2013 in California, aveva partecipato come consulente per polizia e Fbi ad oltre 100 casi di sparizioni e omicidi. Un vero mistero, secondo Carpeoro, avvolge invece l’emergenza attuale: siamo sicuri di sapere cosa sta succedendo, davvero, in Italia e nel mondo?«Siamo in una situazione in cui tutto può succedere: se avessimo politici capaci saprebbero reagire, e questa situazione la trasformerebbero in opportunità». E’ una tesi già anticipata da Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt: proprio l’emergenza è un’occasione d’oro per stracciare le regole truccate dell’austerity europea e rivendicare l’accesso ai fondi che consentirebbero all’Italia di invertire la rotta, con investimenti capaci di produrre occupazione e archiviare la crisi neoliberista. Si profila invece un disastro economico? «Dipende da come reagiamo noi: nel dopoguerra siamo stati capaci di ricostruire un paese in macerie, facendo addirittura il boom economico», afferma Carpeoro, a sua volta “rooseveltiano”, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Avvocato per trent’anni (vero nome, Pecoraro) nonché giornalista, romanziere e saggista, Carpeoro non è affatto ottimista sul sistema-Italia: «Temo che il governo firmerà la revisione del Mes», annunciata come una catastrofe finanziaria: c’è il rischio concreto che il nuovo organismo europeo imponga in cambio una “ristrutturazione” del debito, con meccanismi draconiani (una patrimoniale, o il prelievo forzoso dai conti correnti italiani).Siamo a questo? «C’è poco da illudersi: ci caliamo le brache con tutti», protesta Carpeoro, ricordando – a titolo di esempio – il caso Regeni e quello dei due marò accusati di aver ucciso un pescatore al largo delle coste indiane. «L’Egitto ci ha ammazzato un italiano e non abbiamo fatto niente. L’India cattura due concittadini innocenti, per una cosa che non hanno fatto, e noi non facciamo niente». Poi non lamentiamoci, aggiunge Carpeoro, se nessuno rispetta l’Italia e tutti ci calpestano. «Ma di che stiamo parlando? Vallo a fare agli americani, e vedi cosa ti succede. Allora vuol dire che hanno ragione loro, a comportarsi così». Vistosa, in questi giorni, la polemica verso gli Usa, sospettati di aver “infettato” la Cina con il coronavirus, finendo col danneggiare anche l’Italia. Carpeoro è scettico: «Di solito, la sovragestione è abile nello sfruttare le crisi, senza il bisogno di crearle direttamente». Il problema, comunque, è la non-reazione delle vittime. «Parliamo di cose serie, accertate: Trump ha colpito l’Italia in modo inaudito, con i dazi. E noi non abbiamo fatto niente: subiamo, senza fiatare».Cosa avremmo potuto fare? «Uscire dalla Nato, per esempio: avete presente cosa significano, per gli americani, quei 30 miliardi che versiamo loro ogni anno? Invece ci limitiamo a obbedire, come se agli americani non fosse possibile dire di no». E di questo, aggiunge Carpeoro, dobbiamo dire grazie ai politici di oggi. «Quelli di ieri, i Craxi che a Sigonella seppero farsi rispettare, li abbiamo mandati in esilio ad Hammamet». Ma da che parte può essere “scappato”, il coronavirus? Carpeoro allarga le braccia: «Si fanno tante ipotesi, ma la verità è che non lo sappiamo». La prima, vera calamità è proprio la disinformazione: silenzi, omissioni, zero trasparenza. «Immagino ci siano retroscena, ma non li conosciamo. E personalmente – aggiunge Carpeoro – non mi fido di quello che ci viene raccontato: non abbiamo modo di verificare praticamente niente, sulla reale entità della situazione che ci sta investendo».Stupisce, infatti, la gravità delle misure intraprese, dalla chiusura delle scuole al totale isolamento di intere regioni. In pratica: 12 milioni di italiani, letteralmente in quarantena. «Le cifre finora diffuse, quanto a contagiati e deceduti – insiste Carpeoro – non giustificano un allarme così grande. Nemmeno in occasione di epidemie ben più gravi, inclusa la Spagnola, si era fatto ricorso a provvedimenti così restrittivi». Colpa del governo, fatto da dilettanti allo sbaraglio? Non è detto: secondo Carpeoro, la realtà potrebbe essere persino peggiore. «Domanda: c’è forse qualcosa che ci nascondono, riguardo alla reale gravità della situazione?». Uno sguardo al resto dell’Europa (e del mondo) non è certo rassicurante: «Francia e Germania sono nella nostra stessa situazione, ma hanno palesemente taroccato i dati sui decessi per non suscitare allarme e non subire contraccolpi economici. E se l’hanno fatto francesi e tedeschi, figurarsi i coreani». Noi, in compenso, siamo riusciti a brillare una volta di più: «Vent’anni di tagli alla sanità ci hanno messo in croce, di fronte all’emergenza». Quanto a Conte e colleghi, complimenti vivissimi per la fuga di notizie sull’isolamento delle zone rosse, da cui migliaia di persone sono fuggite in massa prima che le strade venissero chiuse dai posti di blocco: «Se voleva frenare il contagio, Conte ha ottenuto il risultato opposto: diffonderlo ulteriormente, dalla Lombardia alle altre regioni».«Entro il 2020 diventerà di prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti di gomma, a causa di un’epidemia di grave malattia simile alla polmonite, che attaccherà sia i polmoni sia i canali bronchiali e che sarà refrattaria ad ogni tipo di cura». Lo scriveva nel 2004 Sylvia Browne nel libro “Profezie”, sottotitolo “Cosa ci riserva il futuro”, edito in Italia nel 2006 da Mondadori. «Tale patologia – vaticinava l’autrice, statunitense – sarà particolarmente sconcertante perché, dopo aver provocato un inverno di panico assoluto, sembrerà scomparire completamente per altri dieci anni, rendendo ancora più difficile scoprire la sua causa e la sua cura». Sembra proprio lui, il coronavirus, annunciato con 16 anni di anticipo. «Righe che inducono alla riflessione», ammette Gianfranco Carpeoro: «Mi piacerebbe leggere tutto il libro, vedrò di ordinarlo». La Browne, considerata una “sensitiva”, ha scritto decine di volumi sulle sue doti “medianiche” che si sarebbero palesate fin da quando era bambina. Morta nel 2013 in California, aveva partecipato come consulente per polizia e Fbi ad oltre 100 casi di sparizioni e omicidi. Un vero mistero, secondo Carpeoro, avvolge invece l’emergenza attuale: siamo sicuri di sapere cosa sta succedendo, davvero, in Italia e nel mondo?
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E’ stata la Germania a infettare l’Europa, inguaiando l’Italia
Se qualcuno non aveva ancora capito che l’Europa unita non esiste, a spiegarglielo ora provvede il coronavirus: di fronte all’emergenza sanitaria, un peso massimo come l’Italia viene lasciato completamente solo. Da Bruxelles, nessuna indicazione su come affrontare l’epidemia in modo coordinato. Ma c’è chi fa peggio: la Germania. Sarebbero stati proprio i tedeschi a infettare il resto del continente. O almeno: è tedesco il primo caso conclamato di coronavirus in Europa, ben prima del famigerato focolaio di Lodi. Ma a Berlino si sono ben guardati dal segnalarlo: e così il virus si è diffuso, estendendosi ovunque, ma lasciando alla sola Italia il ruolo pubblico dell’untore. Lo afferma Marco Pugliese, in una ricostruzione sul “Sussidiario”: potrebbe essere stato un 33enne tedesco ad avere diffuso il coronavirus in Europa. Però Berlino ha taciuto le informazioni e l’Italia ne sta pagando il prezzo. La notizia mette in imbarazzo «sua maestà la Germania». E così, «il paese più affidabile per antonomasia, in Europa, si scopre nudo». Attenti: «Mentre in Italia si litigava riguardo a quarantene e selfie in ristoranti cinesi, in Germania si consumava il fatto che avrebbe dato origine all’epidemia di coronavirus destinata a stravolgere il Belpaese».Il “paziente zero”, un uomo di 33 anni, il 20 e il 21 gennaio aveva partecipato ad un meeting a Shanghai, insieme a una collega. «La donna, in Germania dal 19 al 22 gennaio, era asintomatica. Accusò primi malori il 26 gennaio, proprio durante il volo di ritorno in Cina, e risultò positiva al virus 2019-nCov». La donna, continua Pugliese sul “Sussidiario”, informò tempestivamente i colleghi tedeschi della sua positività. Ma nel frattempo l’uomo, reduce da una breve influenza, era già rientrato al lavoro: «Fu trovato positivo, anche se ormai asintomatico». Oltre a ciò, il 28 gennaio risultarono positivi altri tre impiegati dell’azienda. «Il caso creò scalpore, per il fatto che fossero presenti soggetti privi di sintomi». Secondo Pugliese, è proprio questo «l’episodio chiave all’origine della diffusione europea». Osserva il giornalista: «Le sequenze genetiche del coronavirus ottenute dalla ricerca italiana non sono ancora numerose, ma attestano una certezza: non è colpa degli italiani se l’infezione si è diffusa». Una mappa genetica pubblicata da “nextrstrain.org” evidenzia inoltre come lo stesso caso tedesco «potrebbe essere stato all’origine di una catena di contagi, ed essere collegato a molti casi in Europa e in Italia».Le infezioni in Messico, Finlandia, Scozia e Italia, e perfino i primi casi in Brasile, appaiono geneticamente simili al focolaio di Monaco, aggiunge il “Sussidiario”. «Uno scenario totalmente capovolto, rispetto a quello narrato nell’ultimo periodo». E qui è intervenuta la grande manipolazione: la Germania ha comunicato il tutto «con una certa furbizia, giocando con le parole». Il primo contagio è stato infatti descritto come “unicum scientifico”, abilmente veicolato come “scoperta di contagio asintomatico”. «Vero, ma eludendo si trattasse d’un focolaio». Poi, tramite il ministro della salute, Berlino «ha parlato di pandemia, ma descrivendo il tutto come “problema mondiale”». Di fatto, «una narrazione in cui la Germania “scopre” e “avverte”». Falso: «In realtà ha in casa un focolaio mal controllato (e non apertamente comunicato) e delle dichiarazioni fumogene riguardo possibili pandemie». Tutto questo, «senza esporre alla dura legge del mercato la Germania, che nel frattempo non utilizzava tamponi e classificava contagi e decessi dovuti all’influenza classica, di fatto puntando la pistola fumante verso Roma».Aggiunge lo stesso Pugliese: «Molti tedeschi in ferie, soprattutto in Italia, vennero tamponati al ritorno in Germania e trovati positivi. Dando la notizia in questo modo, l’intento era di far passare gli italiani come responsabili del contagio europeo, almeno indirettamente». E così, «l’Italia «finiva sott’acqua, con un Conte incredulo e frastornato dinanzi all’aumento dei casi, con il governo in discussione e sotto accusa. Il crollo in Borsa ha fatto il resto: «Mercati e mezzo mondo hanno iniziato a sfiduciare il paese, all’improvviso solo e considerato poco affidabile». E’ stata «una narrazione tremenda, che ha fatto crollare l’economia italiana tramite uno scossone peggiore a quello dovuto all’11 Settembre». Hanno vinto i “furbi”: «Germania (e anche Francia) hanno continuato con una politica mediatica d’omissione, che di rimbalzo ha portato l’Italia sull’orlo del baratro». Il governo tedesco? «Non ha solo cercato di contenere il morbo, ma anche il nefasto effetto economico prodotto dall’immagine di un “paese in quarantena”. Dopo la scoperta del “paziente zero”, anche l’Ecdc (European center for disease prevention and control), infatti, lascia intendere che anche altri Stati Ue siano già nello stessa situazione dell’Italia ma non lo dicano».Ora, riassume Pugliese, non interessa colpevolizzare chi s’ammala e diffonde, ma sottolineare «una pessima quanto faziosa comunicazione europea, che in aggiunta a qualche errore del nostro governo ha trasformato l’Italia nella nazione untrice per antonomasia (una situazione simile alla Cina)». L’Italia si è vista quindi caricata di un doppio fardello: «Da una parte contenere il virus con misure forti, dall’altra evitare di passare come “grande focolaio europeo”, a tutto discapito della salute e della Borsa». Uno scenario deleterio, conclude il “Sussidiario”, da cui in queste ore si sta cercando di uscire «grazie ad uno studio che di fatto scagiona il nostro paese, ma ci fa capire quanto la Ue sia in pezzi», visto che «quel che ha subito l’Italia avrebbe potuto essere evitato». Una Ue sempre più in frantumi e una Germania non proprio affidabile: «Sono le due certezze partorite da questa crisi, che è sempre più logorante». Ma perché a pagare è sempre l’Italia? «Perché è il paese più giovane di tutti», sostiene Gianfranco Carpeoro, saggista, su YouTube: «Siamo una nazione unita solo da 150 anni. Prima, gli abusi stranieri sulla penisola erano ancora peggiori». Ma l’Ue non dovrebbe impedire tutto questo? «Certo, se solo esistesse: ma una vera Unione Europea non è mai nata».Se qualcuno non aveva ancora capito che l’Europa unita non esiste, a spiegarglielo ora provvede il coronavirus: di fronte all’emergenza sanitaria, un peso massimo come l’Italia viene lasciato completamente solo. Da Bruxelles, nessuna indicazione su come affrontare l’epidemia in modo coordinato. Ma c’è chi fa peggio: la Germania. Sarebbero stati proprio i tedeschi a infettare il resto del continente. O almeno: è tedesco il primo caso conclamato di coronavirus in Europa, ben prima del famigerato focolaio di Lodi. Ma a Berlino si sono ben guardati dal segnalarlo: e così il virus si è diffuso, estendendosi ovunque, ma lasciando alla sola Italia il ruolo pubblico dell’untore. Lo afferma Marco Pugliese, in una ricostruzione sul “Sussidiario”: potrebbe essere stato un 33enne tedesco ad avere diffuso il coronavirus in Europa. Però Berlino ha taciuto le informazioni e l’Italia ne sta pagando il prezzo. La notizia mette in imbarazzo «sua maestà la Germania». E così, «il paese più affidabile per antonomasia, in Europa, si scopre nudo». Attenti: «Mentre in Italia si litigava riguardo a quarantene e selfie in ristoranti cinesi, in Germania si consumava il fatto che avrebbe dato origine all’epidemia di coronavirus destinata a stravolgere il Belpaese».
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Medico: Italia fragile ma sincera, a minacciarla è il panico
Se dal presidente della Repubblica al presidente del Consiglio al governatore di Lombardia, sino al sindaco di Trescore Cremasco e poi ancora sino a medici, funzionari di sanità e infermieri oltre che naturalmente a televisioni e giornali, tutti ci raccomandano di non preoccuparci, allora vuol dire che la situazione è veramente seria. La Lombardia e il Nord Italia, in particolare Milano, hanno preso misure drastiche che dai tempi bellici non si sentivano più nominare. Paesi blindati, chiusura di scuole, università, cinema e teatri, orari ridotti di pub, bar e ritrovi pubblici, perfino le messe per una settimana sono sospese. Misure di manzoniana memoria allora imposte dal tribunale di Sanità: «Si dispose a prescriver le bullette per chiudere fuori dalla città le persone provenienti da paesi dove il contagio si era manifestato, a bruciare robe, a mettere in sequestro case, a mandare famiglie al lazzaretto. I delegati presero in fretta e furia quelle misure che parvero loro le migliori e se ne tornarono, colla trista persuasione che non sarebbero bastate a rimediare e fermare un male già tanto avanzato e diffuso».Ma oggi siamo nel 2020 e l’Italia inspiegabilmente è divenuta l’untore d’Europa, i nostri vicini iniziano a guardarci con sospetto e nemmeno noi siamo proprio tranquilli. Certamente non siamo razionali, visto quello che è successo nei supermercati lombardi domenica 23 febbraio. Ci hanno tolto il calcio e abbiamo cercato la gara all’ultimo pacco di pasta. Perché? Nessuno delle migliaia di invasati del carrello saprebbe rispondere freddamente a questa domanda. Anche i cosiddetti esperti sono di opinioni differenti: sentiamo virologi che negano la pandemia e riducono la gravità del coronavirus a poco più di una influenza stagionale (che ha circa 200 morti annuali in Italia), mentre altri sottolineano che il 20% dei colpiti da corona necessitano di ricovero in rianimazione. Insomma, oscilliamo tutti, a diversi livelli, tra il convincerci che va tutto bene e il farci travolgere dal panico più o meno sociale. Ma cosa dovrebbe farci pendere verso uno o l’altro di questi due poli?Certo, tecnicamente è una malattia nuova, senza terapia specifica o preventiva, ci sono solo le misure di supporto generiche sino all’intubazione e al respiratore automatico; non è ancora chiaro il meccanismo o il comportamento, quando il pericolo di contagio è massimo. Il cosiddetto paziente zero è introvabile; sono al lavoro matematici e fisici alla ricerca dell’algoritmo perfetto che lo faccia rintracciare. Poi perché questa esplosione proprio in Italia, quando anche Germania e Francia hanno stretti rapporti commerciali e turistici con la Cina? Nascondono qualcosa che noi invece sbandieriamo in maniera del tutto trasparente? Un punto fermo c’è: coronavirus non è né Ebola né peste. Il tasso di letalità aggiornato in Cina è del 3,8 per cento, un po’ minore in Italia dove peraltro sono decedute solo persone anziane e defedate da altre malattie. Gli altri sinora sono guariti. Ma il mettere in fila tutti questi e altri elementi non ci porterà al risultato voluto. Non ci dirà se scegliere speranza o panico.Un uomo o una donna soli, isolati, senza un punto fermo, sono fragili e diventano preda di chi è più forte, dei condizionamenti che la nostra società esercita, delle paure e dei sentito dire. Ubbidirà all’ordine di correre al supermercato o di barricarsi in casa. Occorre una saldezza personale e di giudizio data dal rapporto e dal credito con i nostri cari, i nostri simili, cercando il significato del nostro vivere. Insomma tutta questa inaspettata situazione, certamente critica, non può non farci nascere domande sincere, umane (cosa è questa paura? Di che cosa ho paura? C’è speranza? Dove?) Non saranno i nostri scrupoli a cambiare la situazione. Oltre ad usare la ragione, e quindi ad ascoltare e seguire i consigli di chi sta gestendo con competenza la situazione, a continuare a costruire nelle nostre giornate (io non temo di continuare il mio lavoro di medico in corsia o Pronto Soccorso) occorre sperimentare una grande gratitudine per quello che la vita ci ha offerto e che abbiamo sempre dato per scontato, e che adesso paradossalmente ci manca. Coscienti della nostra fragilità ma anche della nostra dipendenza saremo certamente più profondi e più autentici. Affrontando il mare aperto del domani.(Patrick Reali, “Non le paure cambiano le cose ma continuare a costruire nelle nostre giornate”, dal “Sussidiario” del 25 febbraio 2020).Se dal presidente della Repubblica al presidente del Consiglio al governatore di Lombardia, sino al sindaco di Trescore Cremasco e poi ancora sino a medici, funzionari di sanità e infermieri oltre che naturalmente a televisioni e giornali, tutti ci raccomandano di non preoccuparci, allora vuol dire che la situazione è veramente seria. La Lombardia e il Nord Italia, in particolare Milano, hanno preso misure drastiche che dai tempi bellici non si sentivano più nominare. Paesi blindati, chiusura di scuole, università, cinema e teatri, orari ridotti di pub, bar e ritrovi pubblici, perfino le messe per una settimana sono sospese. Misure di manzoniana memoria allora imposte dal tribunale di Sanità: «Si dispose a prescriver le bullette per chiudere fuori dalla città le persone provenienti da paesi dove il contagio si era manifestato, a bruciare robe, a mettere in sequestro case, a mandare famiglie al lazzaretto. I delegati presero in fretta e furia quelle misure che parvero loro le migliori e se ne tornarono, colla trista persuasione che non sarebbero bastate a rimediare e fermare un male già tanto avanzato e diffuso».
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Coronavirus: inutile panico al buio, senza vaccino né terapie
I provvedimenti del governo sul coronavirus sono ridicoli: tu proibisci di disputare una partita di calcio a San Siro, con 60.000 persone sugli spalti, di cui poi almeno 20.000 di quelle persone seguiranno le partite in trasferta, portando allegramente il virus dappertutto. Ma a questo non hanno pensato: pazienza. Il problema è che, di fronte una cosa di questo tipo (di cui non abbiamo chiari neanche i contorni scientifici), lo schema sociale richiede che ci sia una di queste due cose: o un vaccino, o una terapia. E noi non abbiamo né il vaccino né la terapia, al di là di come la si possa pensare sui vaccini, in generale. Sto parlando dello schema sociologico: questa società funziona perché ha dei capisaldi, dei punti di riferimento. Rispetto a un’epidemia, possono essere: un vaccino (per chi è d’accordo) o una terapia. Siccome qui non ci sono né l’uno né l’altra, di cosa stiamo parlando? Non uscire di casa, non andare al lavoro: è possibile, vivere senza uscire di casa? Penso che anche questa epidemia, come storicamente tutte le altre, si diffonderà. Ricordo che, nel Seicento, Milano aveva un intero quartiere dedicato agli appestati – il Lazzaretto – che andava dall’attuale Stazione Centrale fino a Porta Venezia.Le epidemie esistono. Poi, per strani equilibri naturali, fino a un certo punto avanzano, e dopo arretrano. Nessuno ha mai spiegato perché molte epidemie, per cui ci fu un allarmismo incredibile, poi retrocedettero da sole – e senza che ci fossero terapie efficaci. Come è sparita, la peste a Venezia nel Cinquecento? E la peste a Milano nel Seicento? Tutte le epidemie esplose a Napoli (di colera e di vaiolo, tra i marinai che provenivano dalle isole britanniche) come sono sparite? Su questo mi aspetterei delle risposte scientifiche: che non ci sono. Poi, certo, il panico non è affatto ingiustificato: a livello collettivo bisognerebbe combatterlo, ma a livello individuale la paura ce l’abbiamo tutti (chi ha figli, ha paura a mandarli a scuola). Ma a che serve, isolare territori? Funziona quando si accerta che un soggetto è contaminato, e allora bisogna metterlo in quarantena. Ma chiudere le frontiere non serve a niente, è come svuotare il mare con un secchiello. Abbiamo filtrato solo i voli diretti dalla Cina e non quelli con scali intermedi: possibile commettere un ettore così eclatante? Eccome: infatti il nostro governo era preoccupato da Inter-Sampdoria. L’ordine di priorità di questi politici non è molto razionale.Un’epidemia da virus di questo tipo, e con queste modalità di trasmissione, non la risolvi così. Qui noi recupereremo la tranquillità quando ci sarà di mezzo un vaccino, o una terapia. Il virus diffuso appositamente? Non ci credo: hanno già tanti modi comodissimi di ammazzare le persone, basta che gli vendano una certa marca di tonno… C’è ci dice che, in Cina, si è iniziato a circoscrivere le infezioni sono chiudendo le prefetture? Bene, e come si sono bloccate le epidemie precedenti? Nel Seicento, a Milano, quali prefetture abbiamo chiuso? Al porto di Genova continuano a sbarcare navi con persone provenienti dalla Cina? Ormai non è più questo il problema, visto che l’epidemia non è più solo in Cina. Se la frenata economica dovuta al virus può essere benefica, per noi? Chi lo sa. I mutamenti economici hanno sempre conseguenze imprevedibili. Magari, per questa società, è la sferzata giusta per cominciare a rivedere delle cose. Comunque: tutte le epidemie della storia, in qualche modo, sono cessate. Questa sarebbe la prima, a essere permanente.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Carpeoro Racconta” del 23 febbraio 2020).I provvedimenti del governo sul coronavirus sono ridicoli: tu proibisci di disputare una partita di calcio a San Siro, con 60.000 persone sugli spalti, di cui poi almeno 20.000 di quelle persone seguiranno le partite in trasferta, portando allegramente il virus dappertutto. Ma a questo non hanno pensato: pazienza. Il problema è che, di fronte una cosa di questo tipo (di cui non abbiamo chiari neanche i contorni scientifici), lo schema sociale richiede che ci sia una di queste due cose: o un vaccino, o una terapia. E noi non abbiamo né il vaccino né la terapia, al di là di come la si possa pensare sui vaccini, in generale. Sto parlando dello schema sociologico: questa società funziona perché ha dei capisaldi, dei punti di riferimento. Rispetto a un’epidemia, possono essere: un vaccino (per chi è d’accordo) o una terapia. Siccome qui non ci sono né l’uno né l’altra, di cosa stiamo parlando? Non uscire di casa, non andare al lavoro: è possibile, vivere senza uscire di casa? Penso che anche questa epidemia, come storicamente tutte le altre, si diffonderà. Ricordo che, nel Seicento, Milano aveva un intero quartiere dedicato agli appestati – il Lazzaretto – che andava dall’attuale Stazione Centrale fino a Porta Venezia.
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Ulfkotte: noi giornalisti siamo corrotti e vi abbiamo tradito
«Sono stato un giornalista per circa 25 anni, e sono stato educato a mentire, tradire e a non dire la verità al pubblico». Lo confessa Udo Ulfkotte, uno dei più famosi giornalisti tedeschi. Il 13 gennaio 2017 fu trovato morto, a soli 56 anni. Diagnosi: infarto. «Senza alcuna autopsia, fu cremato immediatamente», ricorda Francesco Santoianni su “L’Antidiplomatico”, salutando il libro “Giornalisti comprati”, ora finalmente in arrivo nelle librerie italiane. «Un libro zeppo di nomi e cognomi di giornalisti (tra i quali lo stesso Ulfkotte) che si sono venduti pubblicando “notizie” inventate da servizi di sicurezza, governi, aziende, lobby», scrive Santonianni. «Un libro che, dopo un successo straordinario in Germania nel 2014, per anni non è stato più ristampato (lo trovavate, usato, sul web a cifre elevatissime) e che ora viene pubblicato in Italia dall’editore Zambon». Anziché soffermarsi «sui tantissimi episodi di conclamata corruzione e di asservimento dei media riportati nel libro», Santoianni preferisce riportare in calce l’indice del volume, clamorosamente eloquente, nonché quella che è stata l’ultima dichiarazione pubblica di Ulfkotte.Libertà di stampa simulata: la verità esclusivamente per i giornalisti? Nel libro si parla di “verità comprate” tra “reti d’élite e servizi segreti”. Ulfkotte racconta «come fui corrotto da una compagnia petrolifera». Titoli di questo tenore: “Frankfurter Allgemeine Zeitung: dietro le sue quinte c’è a volte una testa corrotta”. Oppure: “Come i giornalisti finanziano le loro ville in Toscana”. Ulfkotte definisce «ben lubrificato» quello che chiama «il famigerato sistema dei premi giornalistici». Bel panorama, non c’è che dire: «Interviste compiacenti, viaggi come inviato speciale e frode fiscale». Uno sguardo impietoso, sul “lavoro sporco” dei giornalisti di oggi. Altro titolo: “La spirale del silenzio: cosa non c’è nei giornali”. In alternativa, il sistema media come “manganello”, ovvero: “Oggi su, domani giù: esecuzioni mediatiche”. «I media tedeschi e americani cercano di portare alla guerra le persone in Europa, per fare la guerra alla Russia», scrisse Ulfkotte poco prima di morire. «Questo è un punto di non ritorno, e ho intenzione di alzarmi e dire che non è giusto quello che ho fatto in passato: manipolare le persone per fare propaganda contro la Russia».Aggiungeva Ulfkotte: «Non è giusto quello che i miei colleghi fanno e hanno fatto in passato, perché sono corrotti e tradiscono il popolo: non solo quello della Germania, ma tutto il popolo europeo». Amare conclusioni: «Agli Stati Uniti e all’Occidente non è bastato vincere sul socialismo burocratico dell’Est Europa, ora puntano alla conquista della Russia e alle sue risorse e poi al suo più potente vicino: la Cina». Era la sua allarmante visione geopolitica: «Il disegno è chiaro e solo la codardia dei governi europei e le brigate di giornalisti comprati assecondano questo piano di egemonia globale che, inevitabilmente, determinerà una Terza Guerra Mondiale che non sarà combattuta coi carri armati ma coi missili nucleari». I nostri media? «Omologati, obbedienti all’autorità e riluttanti a fare ricerche», pronti a trasformare la Russia in una minaccia reale. Udo Ulfkotte parla dell’Atlantik-Brucke, il ponte atlantista del massimo potere che costringe l’informazione «nella morsa dei servizi segreti». Parla di «contatti controversi, elogi imbarazzanti, potere sotto copertura». Tecniche di propaganda classica, spacciate per giornalismo: sono tanti «i trucchi per l’inganno verbale della politica e dei media».Il terzo capitolo si apre nel modo più esplicito: “La verità sotto copertura: giornalisti di prima classe in linea con le élite”. Ci sono anche giornalisti “testimoni di nozze”, alla corte del potere politico. Dai “troll” di Obama al fantasma dei Rockefeller, nell’eterna Commissione Trilaterale, fino alle imbarazzanti passerelle del Bilderberg. Come comprarsi un giornalista, istruzioni per l’uso: è quella che Ulfkotte chiama “l’informazione viscida”, sostenendo che «due terzi dei giornalisti sono corrotti». Si va avanti a colpi di “piacevoli favori”, per rendere i media “compatibili” con l’agenda del potere, tra “guadagni aggiuntivi” e “lavaggi del cervello”. In tutto questo, Ulfkotte legge “il fallimento della democrazia”. Scrive: «Ho molta paura per una nuova guerra in Europa e non mi piace avere di nuovo questo pericolo, perché la guerra non è mai venuta da sé». Vero: «C’è sempre gente che spinge per la guerra, e a spingere non sono solo i politici ma anche i giornalisti». Ecco il guaio: «Noi giornalisti abbiamo tradito i nostri lettori, spingiamo per la guerra». Si ribellava, Ulfkotte: «Non voglio più questo, sono stufo di questa propaganda. Viviamo in una repubblica delle banane e non in un paese democratico dove c’è la libertà di stampa».(Il libro di Udo Ulfkotte, “Gekaufte Journalisten”, sarò presto nelle librerie italiane, edito da Zambon, con prefazione di Diego Siragusa).«Sono stato un giornalista per circa 25 anni, e sono stato educato a mentire, tradire e a non dire la verità al pubblico». Lo confessa Udo Ulfkotte, uno dei più famosi giornalisti tedeschi. Il 13 gennaio 2017 fu trovato morto, a soli 56 anni. Diagnosi: infarto. «Senza alcuna autopsia, fu cremato immediatamente», ricorda Francesco Santoianni su “L’Antidiplomatico“, salutando il libro “Giornalisti comprati”, ora finalmente in arrivo nelle librerie italiane. «Un libro zeppo di nomi e cognomi di giornalisti (tra i quali lo stesso Ulfkotte) che si sono venduti pubblicando “notizie” inventate da servizi di sicurezza, governi, aziende, lobby», scrive Santonianni. «Un libro che, dopo un successo straordinario in Germania nel 2014, per anni non è stato più ristampato (lo trovavate, usato, sul web a cifre elevatissime) e che ora viene pubblicato in Italia dall’editore Zambon». Anziché soffermarsi «sui tantissimi episodi di conclamata corruzione e di asservimento dei media riportati nel libro», Santoianni preferisce riportare in calce l’indice del volume, clamorosamente eloquente, nonché quella che è stata l’ultima dichiarazione pubblica di Ulfkotte.