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Fine del mondo: perché proprio adesso, e proprio a noi?
Il grande dolore non viene nemmeno dal potere, ma dal vicino di casa: pensa davvero che tu sia una specie di squilibrato, un mitomane, un esibizionista presuntuoso, un originalone. Non solo non approva il tuo ostinato diniego, di fronte alle imposizioni sempre più surreali e illogiche, soffocanti e dispotiche, ma prova nei tuoi confronti anche una sorta di sordo risentimento, che potrebbe persino sfociare in ostracismo aperto non appena il direttore d’orchestra dovesse alzare nuovamente il volume della sirena d’allarme, facendo correre i topolini a rintanarsi, pieni di paura per la loro sorte (e di veleno, per chi rifiuta di sottomettersi). C’è chi la chiama “speciazione”: è il bivio evolutivo terminale tra due umanità differenti, diverse nel sentire e nell’agire, che il Dominio riesce a separare irrimediabilmente, rompendo tutti i ponti del dialogo e della reciproca, amichevole comprensione. Altra tristezza: insieme alla Francia, l’Italia è l’altro paese europeo che ha imboccato la strada della coercizione violenta.C’è da piangere, appena ci si mette ad ascoltare medici indipendenti, scienziati e liberi ricercatori: non una, di tutte le misure imposte a partire dalla primavera 2020, ha mai avuto il minimo significato, in termini di contenimento di un problema sanitario. Tutto ha avuto sempre un altro sapore: quello della vessazione, dell’arbitrio autoritario, e con un’estetica sinistramente affine a quella dei totalitarismi del Novecento. Tutto vi si è piegato: la burocrazia sanitaria, la medicina ufficiale, la politica, l’industria, il sistema mediatico, il mondo culturale e quello dello spettacolo. Pochissime le voci dissonanti, immediatamente bollate come eretiche e colpite senza pietà: con l’irrisione, la censura, la denuncia e la radiazione, l’esilio, l’esecrazione pubblica. Chi avrebbe mai potuto pensare, seriamente, anche solo un paio d’anni fa, che i presunti non-dormienti avrebbero dovuto far ricorso a parafrasi e sinonimi, sui celebrati social, evitando le parole “Covid” e “vaccino” per non incorrere nell’immediata ghigliottina del censore?Di fronte a questo, è come se l’intera categoria della politica – la politica democratica occidentale, larvatamente affacciatasi alla fine del 1700, poi cresciuta nell’800 e infine fiorita nel “secolo breve”, sia pure con i drammatici contraccolpi delle dittature e delle guerre mondiali – fosse giunta a uno stadio terminale, alla fine di un ciclo storico, riguardo alla sua reale possibilità di riflettere l’umano, nella sua libera vita sociale. La devastazione è antropologica: quando si corre a subire un inoculo di materiale imprecisato, per obbedire a un ordine che si racconta impartito allo scopo di prevenire un malanno curabilissimo in modo ordinario, forse siamo arrivati oltre il civile e il consueto, oltre l’orizzonte conosciuto del ragionevole, del plausibile. Se poi si accetta di subire un simile ricatto per andare in pizzeria o in palestra, o allo stadio, la verità diventa esplosiva: un conto è sottoporsi a un’angheria inquietante per salvare in modo drammatico il proprio stipendio (all’ospedale, a scuola); un altro è apprestarsi anche a strisciare a terra, se richiesti, solo per poter continuare a frequentare un bar, una trattoria, con gli amici di sempre.Il trionfo del Dominio sull’umanità dormiente è totale, apocalittico: lo testimonia splendidamente la vile improntitudine degli imbecilli, i mentalmente devastati, che arrivano ad accusare i renitenti di avere “paura del vaccino”, mostrando così di detestare la loro residua libertà. Gonfi di livore, indifferenti alle notizie verificabili (e alle morti eccellenti, come quella di Giuseppe De Donno), i più miseri utilizzano con disinvoltura quella parola nobile, nella storia della medicina, come se la pozione-Covid fosse davvero un vaccino. Ma soprattutto: dopo un anno e mezzo di eccellenti terapie domiciliari, i poveretti preferiscono fingere di credere (o magari credere davvero, sinceramente) all’obbligatoria necessità di una profilassi di massa, assolutamente fondamentale, per arginare il terribile contagio di un ipotetico virus (mai isolato in laboratorio) la cui letalità è stata definita quasi irrisoria dai più eminenti epidemiologi del pianeta, rigorosamente messi fuori dalla porta (come i luminari della Great Barrington Declaration, pionieri della lotta contro una minaccia ben più temibile, l’Ebola).E’ durata meno di 24 ore, sul web, l’esposizione del filmato in cui il professor Stefano Scoglio (candidato nel 2018 al Nobel per la Medicina) spiegava come lo stesso virus Hiv fosse poco più che immaginario, frutto di un semplice “sequenziamento”, anziché di un “isolamento” biologico vero e proprio. Scoglio era intervenuto alla trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, dopo aver firmato un prezioso contributo nell’esemplare libro-denuncia “Operazione Corona”, edito da Aurora Boreale e curato da Nicola Bizzi e Matt Martini. In particolare, Martini – chimico farmaceutico, esperto in modellazione cellulare – insiste sul punto: persino gli Usa, attraverso il Cdc, hanno ammesso che l’ipotetico virus responsabile della sindrome Covid (quella sì, reale) non è mai stato isolato, in nessuna sede scientifica. Nonostante ciò, una parte dell’informazione – di ogni specie: mainstream, “gatekeeper” e reporter in buona fede – già sta raccontando del “virus manipolato”, sfuggito al laboratorio di Wuhan o addirittura diffuso intenzionalmente dai perfidi cinesi, con i loro complici occidentali.Se poi l’inventore del test Pcr raccomanda di non superare i 20-22 “cicli di amplificazione” del campione biologico, e invece i sanitari sottopongono il tampone anche a 45 “amplificazioni” (andando così a pescare tracce molecolari di virus antichi, residui di influenze stagionali del passato, contrabbandati per Covid), ecco che la “pandemia di asintomatici” supera di gran lunga la follia, entrando in quella che alcuni configurano come una dittatura in piena regola. Una tirannide che manipola la verità per suscitare allarme e imporre comportamenti normalmente inaccettabili, puntando a revocare – per sempre – i diritti umani e le libertà a cui la popolazione (occidentale) era abituata. Vero: davamo per scontati i nostri lussuosi privilegi, frutto in realtà di una precisa “finestra” storica, quella in cui si affermò – faticosamente e sanguinosamente – il tipo di regime politico chiamato democrazia. Un sistema che ovviamente non è il paradiso, ma è decisamente meno peggiore di qualsiasi altro possibile regime.A cosa doveva servire, l’infarto della democrazia? A pervenire infine al Green New Deal, cioè il Grande Reset imposto in modo fraudolento con l’alibi bugiardo dell’emergenza climatica, venduta anch’essa come dogma religioso da un clan di scienziati reclutati dall’Onu e pagati a peso d’oro per fare dichiarazioni a comando? Dove ci vorrebbero portare, i tagliatori seriali di alberi che dal 2019 hanno raso al suolo i parchi pubblici italiani per impedire alle fronde – come documentato dal governo britannico – di ostacolare la trasmissione delle onde 5G, la cui innocuità non è ancora stata dimostrata? Come tutti sanno, un semplice indizio non costituisce una prova; una somma di inidizi, invece, forse sì. Tutto punta verso l’essere umano, o meglio: il corpo umano. Secondo alcuni teorici, siamo di fronte alla cosiddetta biopolitica: archiviato il Giuramento di Ippocrate, dopo aver chiesto agli stessi medici di abdicare alla loro missione, è il nostro organismo – corpo e mente – il vero target della grande operazione in corso, che manifesta la sua intenzione di violare l’integrità dell’habeas corpus, il più sacro dei diritti della persona.Niente di nuovissimo, peraltro: la nostra civiltà proviene da millenni di dispotismo brutale, nudo e crudo. E i lampi migliori della gloriosa democrazia occidentale novecentesca, di marca anglosassone, secondo il memoriale di Giacomo Rumor (pubblicato dal figlio, Paolo Rumor, nel libro “L’altra Europa), provenivano dal cosiddetto “contingente americano”, che l’esoterista e gollista francese Maurice Schumann faceva discendere anch’esso dalla fantomatica Struttura che reggerebbe il mondo ininterrottamente, indossando le maschere più svariate (imperi, religioni) da qualcosa come 12.000 anni. Fantascienza? Fino a ieri, lo erano anche gli Ufo: oggi invece li sdogana il Pentagono, ribattezzandoli Uap, mentre il generale israeliano Haim Eshed parla di basi extraterresti e di alleanze spaziali, tra umani e non, nell’ambito di una Federazione Galattica. E alcuni illustri massoni, improvvisamente loquaci, parlano di storici accordi nel dopoguerra tra la dirigenza degli Usa e imprecisate entità aliene, per la governance condivisa del pianeta.Come sperare di raccontarlo, tutto questo, ai poveri ipnotizzati che – in pieno agosto – vanno ancora in giro, all’aperto, con quella ridicola pezzuola sul volto? Sono la prova vivente del pieno successo del Dominio: aveva ragione, l’ipotetico grande regista, nel ritenere che la gran parte dei sudditi avrebbe creduto proprio a tutto. Come dargli torto, del resto? Siamo riusciti a credere che un solitario fanatico saudita abbia potuto mettere in ginocchio gli Stati Uniti agendo da una grotta afghana, fino a beffare le difese della superpotenza, grazie a un manipolo di pecorai e talebani. Siamo riusciti a credere che due piccoli aerei di linea potessero abbattere due mostri d’acciaio come le Torri Gemelle, per la cui eventuale demolizione controllata era stato reputato (dal Comune di New York) che l’unica soluzione potesse essere il ricorso a mini-atomiche, da collocare in appositi vani predisposti nelle fondamenta. Abbiamo anche creduto che potesse essere autentico, tra le macerie di Ground Zero, il ritrovamento “fortunoso” dei passaporti dei misteriosi, feroci attentatori.Aveva visto giusto Giulietto Chiesa: da quel Rubicone non sarebbe stato facile, tornare indietro. Convalidando una falsità così mostruosa, avremmo finito per credere a qualsiasi frottola. E infatti: abbiamo steso il tappeto rosso al signor Mario Monti, venuto a disastrare l’economia nazionale per produrre crisi e afflizione sociale, dopo aver creduto che il debito pubblico fosse davvero un dramma, e che la Bce fosse una specie di forziere con capacità limitate, da cui la necessità di risparmiare – in modo oculato e parsimonioso, “come un buon padre di famiglia” – il tesoretto dell’euro-moneta, appannaggio di cosche finanziarie privatissime. In parallelo, era sorta la prima contro-narrazione, in Italia splendidamente interpretata da un lottatore come Paolo Barnard, vero pioniere in una trincea che poi si è affollata di illustri compagni di strada, dal sociologo Luciano Gallino all’eurocrate pentito Paolo Savona. E noi dov’eravamo? Al solito posto, davanti al televisore: ipnotizzati dalla finta guerriglia tra pseudo-destra e pseudo-sinistra; un film (comico) aperto dalla Berlusconimachia e proseguito, in un crescendo irresistibile, fino all’epica disfida tra Savini e le Sardine.E ora eccoci qui, dopo un anno e mezzo, ancora a contare “casi” e “contagi”, dentro la narrazione del Grande Male che falcia lo zero-virgola della popolazione mondiale e da noi minaccia gli ottantenni, ma solo a patto che vengano abbandonati per giorni a marcire a casa, da soli, senza cure, in modo che poi possano davvero arrivare all’ospedale fuori tempo massimo, alle prese con problemi respiratori e la compromissione funzionale di vari organi. Eccoci qui, a sputare in faccia a chi non la pensa come noi: a chiamare “no-vax” i renitenti alla follia, a definire “negazionisti” i poveretti che si ostinano inutilmente a pretendere spiegazioni. Siamo maestri, nell’arte della manipolazione spicciola: arriviamo tranquillamente a insultare i dissidenti e a deridere chi dà voce agli incubi, chiamando “complottista” chi vede una cospirazione in atto.Naturalmente ci sono, i visionari: ma difficilmente continuerebbero a esistere, se dall’alto giungessero informazioni precise, corrette e trasparenti. Dall’alto invece piovono solo bugie, insieme alle minacce (ogni giorno più inquietanti); ma noi facciamo finta che i “cospirazionisti” siano dei malati di mente, dei mentecatti in vena di protagonismo, anche se – cent’anni fa – un personaggio come Rudolf Steiner, per primo, aveva profetizzato l’avvento di “vaccini” specialissimi, in grado di “separare il corpo dall’anima”, depotenziando l’emotività. Il chimico Corrado Malanga la chiama “zombizzazione”, osservando il dilagare di persone ormai inebetite dalla paura, rassegnate a non pensare più. Nella sua visione spiritualistica di matrice steineriana, Fausto Carotenuto (già analista d’intelligence) sostiene che l’attacco in corso sia frutto di apprensione: come se il Dominio temesse un grande risveglio, e sapesse di avere le ore contate. Un altro esponente della cultura alternativa italiana, l’alchimista Michele Giovagnoli, preferisce sforzarsi di guardare al bicchiere mezzo pieno: un cittadino su tre si sta letteralmente sottraendo alle grottesche imposizioni quotidiane.Questo stesso blog, che ha ormai esaurito la sua missione (fornire informazioni e analisi non facilmente rintracciabili, dieci anni fa) ormai ha acquisito la piena consapevolezza della fine di un ciclo, e la completa inutilità dell’insistere su determinati temi. E’ vano indugiare nella narrazione politologica, visto che da un lato la maggioranza resta sorda a ogni richiamo alla ragione, e dall’altro la minoranza dispone finalmente di strumenti più adeguati per misurare la realtà. Tra le convinzioni raggiunte, c’è anche la seguente: è perfettamente inutile scommettere ancora sulle possibilità di redenzione della politica, nel momento in cui è irrimediabilmente mutata la stessa antropologia della platea. Per contro, è proprio la brutalità della crescente coercizione ad accelerare l’evoluzione dell’umanità trainante, che giustamente diffida di ogni forma associativa convenzionale, partiti e movimenti, avendo compreso l’essenziale valore della vicinanza tra esseri umani, non più mediata da alcuna struttura, e la necessità di procedere nell’espressione virtualmente contagiosa di onde benefiche, di narrazioni parallele orientate non al presente, ma al futuro prossimo.Il Novecento, severissimo maestro, ha mostrato come può essere facile manipolare milioni di individui, fino a scatenare le peggiori carneficine (mondiali) dell’era industriale. Ha anche allevato schiere di avanguardisti coraggiosi, pronti a rischiare la propria vita pur di resistere alla tirannia. Primo Levi, uno dei massimi scrittori contemporanei, ha spiegato quanto sia sempre invisibile, all’inizio, il recinto che viene silenziosamente steso, giorno per giorno, allo scopo di intrappolare le vittime senza allarmarle. Finestra di Overton, o Teoria della Rana Bollita: la differenza, rispetto a ieri, è che oggi il pentolone è planetario. E vorrà pur dire qualcosa, nei giorni in cui i militari statunitensi pubblicano le prove dei loro incontri ravvicinati con i simpatici Uap. E noi, qui, nel frattempo che si fa? Ce ne stiamo quieti, in attesa dell’Alieno Buono che ci verrà a salvare, come l’Extraterrestre della canzone di Finardi? Ci allineiamo “in fila per tre”, come chiede il governo e come cantava Edoardo Bennato? Continuiamo a credere a Babbo Natale, cioè al Telegiornale, o seguitiamo a torturarci con le atrocità quotidiane che i medici-coraggio denunciano, da ormai un anno?Cari amici, viene da dire, io tolgo il disturbo: qui non resto un attimo di più; perché mi sento soffocare, in questo grappolo di narrazioni e contro-narrazioni. Quello è davvero il nocciolo della questione: in base a decisioni prese chissà quando, qualcuno ha stabilito che – dai primi mesi del 2020 – non si dovesse più parlare d’altro. Il mondo andava semplicemente fermato, rintronato, ipnotizzato, piegato. Non tutto il mondo, in realtà: l’Occidente. Paesi-continente come la Russia e India, per esempio, non si sono lasciati sottomettere. Esiste sempre, una quota considerevole di renitenti: anche se oggi può sembrare difficile accettarlo, la cosiddetta “fine della storia” resta un mito, una suggestione ideologica. Un caposaldo della strategia militare, in ogni tempo, è questo: mai accettare di combattere una battaglia nelle modalità indicate dallo sfidante, che ha scelto il giorno e il luogo. E’ un vantaggio che, per l’aggressore, rappresenta un regalo clamoroso. La domanda di fondo, però, resta inevasa: perché è capitato proprio a noi, oggi, di vivere l’incubo di una tempesta come questa?La grande amarezza non viene nemmeno dal potere, ma è provocata dal vicino di casa: pensa davvero che tu sia una specie di squilibrato, un mitomane, un esibizionista presuntuoso? Non solo non approva il tuo ostinato diniego, di fronte alle imposizioni sempre più surreali e illogiche, soffocanti e dispotiche, ma prova nei tuoi confronti anche una sorta di sordo risentimento, che potrebbe persino sfociare in ostracismo aperto non appena il direttore d’orchestra dovesse alzare nuovamente il volume della sirena d’allarme, facendo correre i topolini a rintanarsi, pieni di paura per la loro sorte (e di veleno, per chi rifiuta di sottomettersi). C’è chi la chiama “speciazione”: è il bivio evolutivo tra due umanità differenti, diverse nel sentire e nell’agire, che il Dominio riesce a separare irrimediabilmente, rompendo tutti i ponti del dialogo e della reciproca, amichevole comprensione. Ulteriore tristezza: insieme alla Francia, l’Italia è l’altro paese europeo che ha imboccato la strada della coercizione violenta.
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Macelleria vaccinale, sanitari: violate tutte le regole
Raffaele Varvara: «Sono un infermiere, ho esercitato la professione per sette anni in un ospedale pubblico nel Milanese. Ho prestato servizio durante tutto l’arco della pandemia. Nel marzo-aprile 2020 si è registrata la vera emergenza sanitaria, quando dovevamo scegliere chi far vivere e chi lasciar morire, purtroppo. Poi, già dall’estate scorsa, tutto è regredito: quest’emergenza continuava solo sul mainstream. Fino al 27 dicembre, cioè al famigerato V-Day in cui è arrivato questo “vaccino messia”. A differenza dei vaccini, che nella storia della scienza hanno avuto comprovata efficacia sulla salute mondiale, questo è a tutti gli effetti un trattamento sperimentale: proprio perché è il corso la sperimentazione, sui nostri corpi». Infermiere mascherato 1: «Io sono un operatore sanitario dipendente di una struttura pubblica, e sono costretto a difendere i miei diritti in anoninato. Questo perché ciò che si è costruito, intorno a questa narrazione, è diventato quasi ideologico. All’interno delle strutture non c’è più libertà di espressione, libertà di scelta individuale. Ci si deve piegare tutti quest’obbligo, assoluto, di ricevere un farmaco sperimentale».Infermiere mascherato 1: «Bisogna stare attenti a quello che si dice, all’interno dei reparti, ai propri colleghi (che sono pronti ad additarti e darti dei “nominativi” tipo quelli che circolano sui media: no-vax, negazionista, eccetera). E poi, soprattutto: adesso, con questo decreto, stiamo rischiando il posto di lavoro. Già ci sono stati casi di allontamento, dal lavoro – soprattutto nel privato, perché poi il privato, potete immaginare, fa un po’ quello che vuole». Raffaele Varvara: «Tutti erano chiamati a sottoporsi a questo trattamento. Le pressioni sono state così tante, che colleghe incinta o colleghe che (nella loro storia clinica) riportano indicazioni di vario genere, come una pluriallergia o uno stato pluripatologico, ecco che anche per loro queste controindicazioni sono saltate: si sono sottoposte al trattamento “previa premedicazione”, come si dice in gergo. Cioè: a loro sono stati somministrati dei farmaci che abbassavano la probabilità di insorgenza di effetti collaterali nel breve termine (quindi: cortisonici) e con nelle vicinanze un anestesista, già pronto con l’adrenalina e gli altri farmaci d’emergenza. E io – davvero – davanti a questa situazione ho declinato: perché diventa proprio una rouletrte russa, alla fine».Infermiere mascherato 2: «Sono un sanitario, e ho prestato servizio presso centri vaccinali. Ho avuto un riscontro che non mi aspettavo: quasi tutte le persone vaccinate hanno una reazione patologica al vaccino. Quello che più preoccupante, però, è il fatto che ci sono state molte reazioni avverse importanti: attacchi ipertensivi, oppure episodi lipotimici importanti anche con perdita di coscienza; sintomi da screzio neurologico: quindi parestesia dell’arto, perdita di sensibilità delle estremità (comprese anche le labbra, la lingua, le dita delle mani, le gambe); e cefalee. Noi abbiamo fatto degli interventi d’emergenza per fenomeni abbastanza importanti, che a volte richiedono anche un trasporto in pronto soccorso (che di fatto viene per lo più evitato, perché riusciamo a risolverlo noi). Però ci servirebbero dei tempi di osservazione maggiori. Invece, a risoluzione della sintomatologia, i pazienti vengono tranquillizzati, rassicurati e inviati al domilicio».Raffaele Varvara: «Ho avuto paura, anche vedendo gli effetti collaterali che, nei giorni immediatamente successivi, si riscontravano sui miei colleghi: febbre, vomito, diarrea, dolori articolari. Succedeva che i reparti si svuotano, di personale. E il paradosso è che noi (io e pochi altri che non si sono sottoposti al trattamento) abbiamo compensato le carenze dei colleghi che si ammalavano, a causa degli effetti collaterali». Infermiere mascherato 1: «Quello che stiamo notando è una serie di reazioni avverse a questa vaccinazione, che purtroppo gli stessi miei colleghi non segnalano neanche. Se vogliamo prendere in considerazione il fatto che questo, comunque, è un farmaco sperimentale, senza ancora dati certi, ci si aspettava che il minimo fosse un lavoro sulla vigilanza e sulla segnalazione degli eventi avversi (almeno, avremmo saputo che rischi correvamo). Invece, questo è lasciato semplicemente alla decisione del singolo. E quello che succede è che, spesso, il medico sottostima il problema e non fa la segnalazione all’ente preposto. Ma le leggi e i protocolli per la somministrazione dei farmaci parlano chiaro: gli eventi avversi vanno assolutamente segnalati, perché così possiamo capire di fronte a quale fenomeno siamo».Infermiere mascherato 2: «La cosa che io reputo grave è il fatto che, durante questo interventi di soccorso, di emergenza, noi inoculiamo anche dei farmaci. E’ successo di inoculare cortisonici, adrenalina, antistaminici. E io, da sanitario, so che ogni mio intervento, e qualunque cosa io somministro a un paziente, anche una semplice soluzione fisiologica, lo devo registrare, documentare. Questo non viene fatto: non è prevista nessuna registrazione, nessuna documentazione. Quando ho chiesto di registrare l’intervento, mi è stato detto che non si scriveva nulla. Ho domandato perché, ovviamente, e mi è stato risposto: be’, perché c’è lo scudo penale. Ora, al di là del fatto che io ritengo lo scudo penale una vergogna, noi – nell’espletamento della nostra professione siamo chiamati ad essere responsabili di ciò che facciamo, e la nostra responsabilità scaturisce dalla nostra competenza: io so quello che faccio. Al di là di questo, c’è il fatto che lo scudo penale riguarda i danni, a breve e a lungo termine, che la sostanza che io vado a inoculare può provocare nel paziente. Perché?».Infermiere mascherato 2: «Perché una sostanza dichiaratamente in fase sperimentale, di cui non possiamo ancora garantire gli effetti. Lo scudo penale non riguarda tutti gli altri farmaci che in un intervento di emergenza io vado a somministrare al paziente. Quelli condotti in emergenza sono interventi noti, protocollati, di cui io sono responsabile da sempre; improvvisamente, non ne sono più responsabile. Allora, mi domando: se questo viene fatto per incompetenza è assolutamente grave; se viene fatto per complicità, è grave nella stessa misura». Infermiere mascherato 1: «La cosa veramente allucinante è che ora si sta puntando a un obbligo anche per le fasce di popolazione più giovani, quindi bambini e ragazzi, cioè quelli che sappiamo bene (dalla letteratura) che non hanno nessun tipo di patologia risultante dal Sars-Cov-2, e quindi affronterebbero solo i rischi di un’eventuale vaccinazione. La quale vaccinazione – anche questo è dichiarato – non è garantito che impedisca la trasmissione del virus».Raffaele Varvara: «Ho assistito alcuni pazienti in età geriatrica, ma anche sessantenni, ricoverati con i sintomi da infezione da Covid dopo essersi sottoposti alla prima dose di trattamento sperimentale (alcuni di loro avevano il casco C-Pap). Alcuni pazienti mi chiedevano come mai. Io mi sono sentito molto in difficoltà, perché non sapevo rispondere. Poi ovviamente la seconda dose saltava, perché è controindicato somministrare la seconda dose, quando c’è già una risposta anticorpale a seguito della malattia». Inferniere mascherato 2: «Chi ha studiato medicina sa che la presenza di un titolo anticorpale rilevante, quando tu vai a inoculare un vaccino che stimola ulteriormente la risposta anticorpale, può creare immunocomplessi che possono provocare vasculiti, che sono eventi morbosi importanti. Tutt’oggi, alle persone che ricevono indicazione a sottoporsi alla vaccinazione sperimentale, non viene fornita indicazione ad effettuare né un tampone diagnostico preventivo, né la sierodiagnosi preventiva; lo fanno, di loro iniziativa, quelli che si sono documentati e hanno ricevuto in modo del tutto casuale questa informazione».Infermiere mascherato 2: «E’ un vaccino all’insegna delle incongruenze, anche sulle fasce di età: che sono state di volta in volta dichiarate e poi negate. Per quanto riguarda i colleghi vaccinati (e di questo sono testimone) quanti, malgrado abbiano continuato ad adottare le stesse misure igienico-sanitarie di prevenzione, a circa una settimana dalla prima dose si sono postivizzati al Covid, dopo che per un anno avevano lavorato a contatto con i pazienti, in sicurezza? Tutti casi dichiarati in assenza di correlazione. Alcuni si sono positivizzati dopo la seconda dose; alcuni hanno contagiato i loro parenti. La mammia di un mio collega è morta, dopo che lui ha portato in casa il Covid positivizzandosi dopo la prima dose. La mamma viveva isolata, dall’inizio di questa storia, proprio per non entrarci in contatto».Raffaele Varvara: «Un infermiere non può dire queste cose. E dunque, negli ultimi mesi sono stato sottoposto a vari provvedimenti disciplinari, sia da parte della mia azienda, sia da parte dell’Ordine. Fino a quando la situazione non è diventata così ingestibile, che ho deciso di fare una scelta di campo: per combattere questo sistema, questa sanità che non mi rappresenta, nel senso che non mi consente di esercitare la professione infermieristica per quelli che sono i valori contenuti nel nostro codice deontologico. E quindi, pensandoci più di una volta – ma convinto – ho rassegnato le mie dimissioni». Infermiere mascherato 1: «I giornali, quando si parla di personale sanitario non sottoposto a vaccinazione, parlano di personale no-vax, mentre fino all’altro ieri tutti i sanitari erano degli eroi. C’è una battaglia ideologica che ha il solo scopo di imporre una dittatura sanitaria, che è quella a cui si sta andando incontro, con una vaccinazione estesa a ogni tipo di categoria sociale e di età, senza la possibilità di discutere e di difendere il proprio diritto all’habeas corpus, quindi alla difesa del proprio corpo».Raffaele Varvara: «Relativamente all’obbligo vaccinale, iniziato con noi sanitari ma che presto di estenderà a tutti, abbiamo radunato i colleghi e abbiamo protestato più di una volta, a Roma. E questo è soltanto l’inizio di un lungo percorso, di lunghe battaglie». Inferniere mascherato 2: Noi dobbiamo arrivare al 2023 negando tutto quello che è successo in campagna vaccinale, per poter dire: è andato tutto bene, il vaccino è sicuro, non ha prodotto reazioni avverse né danni a breve e a lungo termine, quindi può essere dichiarato obbligatorio per tutti. Questo non sarà vero: perché l’indagine epidemiologica, che è imprescindibile in fase di osservazione di una campagna vaccinale sperimentale (e che per la prima volta nella storia dell’umanità viene resa lecita, da uno Stato) non è stata condotta in modo trasparente. Quindi sarà un falso».(Dal video “Testimonianze di infermieri sulla campagna vaccinale”, su PeerTube il 1° agosto 2021).Raffaele Varvara: «Sono un infermiere, ho esercitato la professione per sette anni in un ospedale pubblico nel Milanese. Ho prestato servizio durante tutto l’arco della pandemia. Nel marzo-aprile 2020 si è registrata la vera emergenza sanitaria, quando dovevamo scegliere chi far vivere e chi lasciar morire, purtroppo. Poi, già dall’estate scorsa, tutto è regredito: quest’emergenza continuava solo sul mainstream. Fino al 27 dicembre, cioè al famigerato V-Day in cui è arrivato questo “vaccino messia”. A differenza dei vaccini, che nella storia della scienza hanno avuto comprovata efficacia sulla salute mondiale, questo è a tutti gli effetti un trattamento sperimentale: proprio perché è il corso la sperimentazione, sui nostri corpi». Infermiere mascherato 1: «Io sono un operatore sanitario dipendente di una struttura pubblica, e sono costretto a difendere i miei diritti in anonimato. Questo perché ciò che si è costruito, intorno a questa narrazione, è diventato quasi ideologico. All’interno delle strutture non c’è più libertà di espressione, libertà di scelta individuale. Ci si deve piegare tutti quest’obbligo, assoluto, di ricevere un farmaco sperimentale».
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Pass, “vaccini” e niente cure: se l’Italia resta nella follia
Blinda la supercazzola brematurata, con vaccinazione a sinistra. La signora si sta avvicinando agli ottant’anni, ma finora ha evitato l’inoculo. Lo scorso inverno non ha nemmeno avuto un semplice raffreddore stagionale, grazie all’elevato dosaggio di vitamine e zinco. La dottoressa aveva insistito: davvero, non se la sente di ricevere la dose? Davvero. Al che, la sanitaria dell’Asl ha vuotato il sacco: da due mesi, dopo l’iniezione – ha ammesso – soffre per uno stato infiammatorio diffuso. Quanto all’anziana paziente, se ha problemi di salute (solo fastidi, nonostante l’età) si rivolge a un altro medico, in forma privata. Quel dottore ha alle spalle decenni di esperienza ospedaliera, e oggi esplora le nuove frontiere della medicina complementare, che limita al minimo la biochimica farmacologica. Dice il dottore: ho appena ricevuto l’ultimatum dall’Ordine dei Medici, per sottopormi all’inoculo. Il che – aggiunge – significa una sola cosa: che non resterò più a lungo nell’albo, perché non vedo alternative alla inevitabile radiazione. Subire quello che ancora chiamano vaccino? Non se ne parla nemmeno: ci tengo, alla salute, quanto alla mia libertà, che è sacra.Il dottore, naturalmente, cura a domicilio anche l’influenza: quella che nel 2020 è diventata il problema numero uno dell’umanità. Come è riuscita, l’influenza, a compiere la sua storica impresa? Facilissimo: è bastato non curarla, praticamente mai (né a casa, né all’ospedale). Certo il dottore – ancora per poco nell’elenco nazionale dei medici – non si vanta affatto di saperla curare, questa influenza, registrando il 100% delle guarigioni: pur sempre di influenza si tratta, dice, anche se con sintomi particolari, ormai perfettamente trattabili con i farmaci adatti, se prontamente somministrati. Cioè: esattamente quello che anche il governo italiano – quello che impone ai medici di “vaccinarsi” – continua a non fare: ancora non esiste un protocollo nazionale per mettere il medico di famiglia nelle condizioni di curare efficacemente i pazienti, utilizzando i medicinali opportuni (secondo la prassi terapeutica ormai collaudata da centinaia di medici onesti, costretti a operare in semi-clandestinità: come se guarire i pazienti da casa fosse un reato, visto che nessuno di loro necessita del ricovero e recupera la piena salute nel giro di pochi giorni).Non che negli ospedali la situazione sia migliore, racconta un amico. Da qualche anno è alle prese con un tumore, ha già subito un intervento chirurgico e i medici lo seguono con grande attenzione. Uno, in particolare, lo ha avvertito: mi raccomando, se dovessi contrarre l’influenza chiamami. E per favore, ha aggiunto, non sognarti di chiamare il 118. Se poi dovessi stare davvero male, a maggior ragione: chiama me, prima di andare al pronto soccorso, perché nel nostro ospedale – in assenza di un protocollo sanitario – i pazienti colpiti dall’influenza vengono curati “a sentimento”, in base alle impressioni del medico di turno e al quadro clinico del malato. Ha detto proprio così: a sentimento. Come se lavorasse in un’infermeria da campo del Burundi, e non in Italia nel 2021, terzo millennio, in una rinomata struttura ospedaliera del paese la cui nazionale di calcio è appena diventata campione d’Europa.Si cura “a sentimento”, in quell’ospedale: e a essere curati “a sentimento” sono quegli sfortunatissimi pazienti abbandonati per giorni nelle loro case, senza terapie, in compagnia dei loro sintomi. Tachiripina e vigile attesa: è come fare il tifo per l’influenza, sperando che si aggravi al punto da indurre il poveretto a chiamare il 118. A quel punto sarà l’ambulanza a trasportarlo – ormai tardi – nel pronto soccorso dove verrà curato “a sentimento”. E non è tutto: perché in questo Burundi che è diventata l’Italia, con l’avvento dell’influenza 2020 (con quel suo nome sinistro, targato 2019), ora si prova anche a limitare ulteriormente la libertà di movimento, imponendo il cosiddetto pass vaccinale per poter salire su un treno. C’è chi preme per imitare la Francia, che il lasciapassare medievale lo pretende anche per sedersi al bar a prendere un caffè, e chi invece frena e protesta, gridando al liberticidio.Da qualche mese c’è un governo diverso, che sembra voler evitare a tutti i costi le operazioni di macelleria condotte in modo spietato dall’esecutivo che era in carica nel 2020. Però nessuno – né il nuovo governo, né le forze politiche che si oppongono alle discriminazioni che verrebbero introdotte con il pass – accennano alla vera e unica soluzione del problema: l’adozione di un normalissimo protocollo per le cure domiciliari precoci, quelle che dall’influenza guariscono praticamente tutti. Le terapie ormai sono tante, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma sono tutte ferocemente osteggiate. Il ministero della sanità le ha addirittura proibite, facendo appello alla magistratura attraverso cavilli procedurali. Sarebbe un bel guaio, in effetti, se all’ospedale non venisse ricoverato più nessuno: dove finirebbero i titoli dei giornali e le aperture dei telegiornali, da un anno e mezzo impegnati a strombazzare il quotidiano bollettino di guerra?Prima erano esibiti i morti, i ricoveri in terapia intensiva. Poi i tamponi, i cosiddetti “casi”, cioè i contagi (largamente asintomatici). E infine le dosi giornaliere del farmaco genico sperimentale che, se fosse stata ammessa l’esistenza delle normali cure, non sarebbe stato autorizzato prima del 31 dicembre 2023. Quante vittime è costata, questa spaventosa farsa? Quanti pazienti sono stati lasciati morire senza cure, per poter arrivare all’autorizzazione d’emergenza per i farmaci genici sperimentali che solo un cinico impostore (o un ignorante) può ancora continuare a chiamare vaccini? E’ come se i migliori medici italiani – tantissimi – fossero stati presi a ceffoni: avete trovato le cure adatte per guarire i pazienti da casa? Male, malissimo. Non solo non le autorizziamo, le vostre cure (che salvano vite umane), ma vi costringiamo anche a subire un trattamento sanitario obbligatorio illegittimo, visto che si tratta di un farmaco ancora solo sperimentale.Viene da domandarsi dove speri di andare, un paese così. Puoi vincere gli europei di calcio, puoi evitare la catastrofe socio-economica delle chiusure (e non è poco, visti i precedenti recentissimi). Ma non puoi – non vuoi? – guarire nessuno. La malattia, quella vera, non è l’influenza. E’ una patologia ben più temibile: si chiama follia. Ha un nome antico, ma miete vittime a milioni. E viene da lontano: non è certo di oggi. Non è solo italiana, ha contagiato gran parte del pianeta, specie l’Occidente. E’ un male oscuro, psico-politico e mediatico. Impone teoremi, dogmi, superstizioni. E intanto umilia i medici, massacra i malati, terrorizza gli sprovveduti e vessa tutti, nessuno esclsuso, limitando la libertà di ciascuno. Fino a quando? L’unica terapia efficace in questo caso non è clinica, è squisitamente politica: si chiama verità. Più verità sarà somministrata, e più la guarigione farà progressi. Punto cardinale: bonificare il sistema dal cancro della menzogna, diffuso a reti unificate anche censurando la verità e imbavagliando chi la rivela e la pratica.La madre di tutte le menzogne è ancora dominante: il cosiddetto vaccino, come unica possibile soluzione per debellare l’influenza. E dunque la coercizione, la minaccia, l’intimidazione, le ritorsioni contro chi si ribella all’abuso di potere fondato sulla falsità. La sintomatologia è speculare – sia pure sul piano della narrativa sanitaria, stavolta – all’anamnesi socio-religiosa dell’austerity: un problema altrettanto inventato e fasullo (la scarsità di moneta) maneggiato per incutere timore e imporre sottomissione. Il signor Mario Draghi, ieri in prima linea in questa disgustosa specialità, oggi ha palesemente cambiato squadra: lavora per rimediare al disastro trentennale provocato dalla crisi artificiosa del rigore. Quanto all’altro problema (l’influenza, o meglio: la follia criminale): il solo fatto che sia costretto a tenersi lo stesso “ministro della paura” in carica nel governo precedente dimostra quanto sia maledettamente complicato, nel giro di qualche mese, provare a smontare il paradigma universale della menzogna.E’ come se l’adesione (stolida e cieca, in apparenza) alla religione del “vaccino” fosse una sorta di atroce tributo inevitabile, da pagare alla potente holding del terrore globale, sorretta dall’Università delle Frottole e dal Telegiornale del Panico, per poter cominciare a uscire – per gradi – dall’incubo della grande follia. Per questo, probabilmente, l’Italia attenuerà il più possibile la legge del taglione (quella del pass), alleggerendo le conseguenze per i renitenti. Purtroppo, però, il falso vangelo della salvezza tuttora impone il sacrificio umano dei medici e anche degli insegnanti, arrivando a insidiare direttamente i minorenni, già sottoposti a torture devastanti come il vuoto pneumatico della “didattica a distanza” e l’attentato alla salute costituito dall’imposizione della museruola in classe. La grande tristezza consiste nel vedere come, tuttora, nessuna forza politica intenda fare le barricate per smantellarla, la menzogna, pretendendo finalmente l’adozione delle cure. Terapie che renderebbero superflua qualunque profilassi: compresa quella del vaccino (se esistesse realmente, un vero vaccino). Il farmaco salva-vita è un altro: la verità. Senza la quale, è scontato, tutti soffriranno ancora moltissimo, e chissà per quanto.Blinda la supercazzola brematurata, con vaccinazione a sinistra. La signora si sta avvicinando agli ottant’anni, ma finora ha evitato l’inoculo. Lo scorso inverno non ha nemmeno avuto un semplice raffreddore stagionale, grazie all’elevato dosaggio di vitamine e zinco. La dottoressa aveva insistito: davvero, non se la sente di ricevere la dose? Davvero. Al che, la sanitaria dell’Asl ha vuotato il sacco: da due mesi, dopo l’iniezione – ha ammesso – soffre per uno stato di malessere diffuso. Quanto all’anziana paziente, se ha problemi di salute (solo fastidi, nonostante l’età) si rivolge a un altro medico, in forma privata. Quel dottore ha alle spalle decenni di esperienza ospedaliera, e oggi esplora le nuove frontiere della medicina complementare, che limita al minimo la biochimica farmacologica. Dice il dottore: ho appena ricevuto l’ultimatum dall’Ordine dei Medici, per sottopormi all’inoculo. Il che – aggiunge – significa una sola cosa: che non resterò più a lungo nell’albo, perché non vedo alternative alla inevitabile radiazione. Subire quello che ancora chiamano vaccino? Non se ne parla nemmeno: ci tengo, alla salute, quanto alla mia libertà, che è sacra.
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Giganti in Sardegna: scheletri di 4 metri spariti nel nulla
«Venivano qui a giocare con lo scheletro, che era mummificato: ossa, nervi e pelle. Afferravamo il braccio, tiravamo un nervo e gli facevamo muovere le dita della mano. Era un gioco, ma durò poco: 5-6 mesi, poi lo presero». A parlare è Luigi Muscas, figlio di pastori, oggi scultore e scrittore. E’ autore di libri come “Il popolo dei giganti figli delle stelle”, edito nel 2008 da La Riflessione. Un evento: l’inizio della riscoperta dei giganti, nel cuore della Sardegna. Una specie di grande segreto, sistematicamente occultato. Qualcosa che ricorda la denuncia del professor Gaetano Ranieri, dell’università di Cagliari, scopritore – mezzo secolo fa – di 38 “giganti di pietra” a Mont’e Prama, nel Sinis, appartenenti a una civiltà sconosciuta. Secondo Ranieri, il georadar rivela la presenza sotterranea di una città estesa su 16 ettari. Ma l’archeologia esita: non vuole scavare. Per paura di trovare altri giganti, ma in carne e ossa, come quello in cui si imbatté nel 1972 nelle campagne di Pauli Arbarei l’allora giovane Luigi Muscas, che all’epoca aveva appena dieci anni?«Nella grotta del gigante ero finito per ripararami da un acquazzone», racconta Muscas, in un reportage trasmesso nel 2009 da “Cinque Stelle Tv”, storica emittente locale di Olbia. «Quel giorno scappai in paese col gregge e raccontai tutto a mio nonno. E il nonno mi disse: ora ti spiego dove sono sepolti tutti gli altri». Il giovane Muscas allora si fece coraggio e tornò in quella grotta, con i suoi amici, a “giocare” con il gigante. «Non era l’unico: altri scheletri emersero dalle campagne, dove cominciavano a essere impiegati potenti aratri, trainati da trattori cingolati, macchine capaci di scavare il terreno in profondità». Ricorda il video-reportage della televisione di Olbia: Pauli Arbarei (Sud Sardegna, 50 chilometri a nord di Cagliari) è al centro della Marmilla, area in cui sopravvive la tradizione della cosiddetta Città Perduta. «Una leggenda – racconta un anziano del paese – dice che qui c’era una cittadina di diecimila abitanti, almeno 10-12.000 anni fa, con un lago, nel quale era solito pescare un gigante solitario». La storia del gigante pescatore la racconta anche Raffaele Cau, pastore di Pauli Arbarei: «Un nostro terreno di famiglia è chiamato la Terra della Pietra del Gigante, perché ha l’impronta delle natiche dell’essere gigantesco che pescava nel lago».Non solo solo suggestioni: «Grandi ossa sono state portate alla luce dagli aratri dei nuovi trattori cingolati», conferma Cau, la cui testimonianza è tra quelle raccolte da Luigi Muscas nel suo libro. L’autore – spiega “Cinque Stelle Tv” – si appassionò al mistero dei giganti sardi scoprendo che Platone, quando parla di quegli esseri colossali, li descrive come di casa in luoghi molto simili alla Sardegna. L’uscita in libreria de “Il popolo dei giganti figli delle stelle” scatenò una vera e propria operazione-memoria: «Tanti testimoni raggiunsero Muscas per raccontargli di analoghi ritrovamenti vicino ai loro paesi, ma poi tutto sparì nel nulla senza lasciare traccia», dice la Tv di Olbia, che ha comunque raccolto alcune testimonianze dirette. «Nella primavera del 1962, ad aprile o maggio – racconta un uomo di Pauli Arbarei – il trattore smosse il terreno e portò allo scoperto un teschio gigante e poi l’intero scheletro, lungo quasi 3 metri». Un caso isolato? Nemmeno per idea: ne saltarono fuori a decine, nel cantiere archeologico (nuragico) di Sant’Anastasia, nel centro storico di Sardara, a due passi da Pauli Arbarei.In quel cantiere, fra pozzi sacri e tombe, l’operaio Giuseppe Serra lavorò dal 1973 al 1996. «Fra il 1982 e il 1983 – racconta – trovammo più di 40 scheletri, alcuni con anelli al dito». La loro lunghezza? Imbarazzante: 4 metri e 20, 4 metri e 80, anche 5 metri e 10. «Il più piccolo era alto 2 metri e 40 centimetri», dice Serra, alla troupe televisiva. «Erano proporzionati. In alcuni, la testa era grande come la ruota di un’auto». Un collega conferma: «A metà degli anni ‘80, alcuni scheletri erano stati deposti in scatole di cartone dietro l’altare della chiesa, che era sconsacrata: c’erano femori lunghi un metro. Fuori, trovammo scheletri sepolti anche l’uno sopra l’altro». E dove sono finiti? «Non si sa». Conferma Giuseppe Serra: «Le ossa erano state raccolte in sacchi e deposte all’interno della chiesa. Poi sono venuti a rititrarle e non si sa dove siano andate a finire». Dice Luigi Muscas: «Non si da chi li prendesse, quegli scheletri. Ma lì poteva entrare solo chi comandava».Nel 2008, ricorda “Cinque Stelle Tv”, il sindaco di Sardara scrisse alla Soprintendenza Archeologica di Cagliari per chiedere un confronto tra i suoi compaesani, testimoni dei ritrovamenti, e gli archeologi che avevano lavorato nel cantiere di Sant’Anastasia. Il primo cittadino rivoleva indietro i “suoi” reperti, ma l’appello non ricevette nessuna risposta (se non la richiesta, ufficiosa, di lasciar perdere). «Ma Muscas è testardo, e non si è mai fermato: non ha mai cessato di cercare testimoni». Giganti? Certo: ne parla anche la Bibbia, li chiama Nephilim. Uno di loro era Golia, avversario di Davide. Altri giganti, “colleghi” di Golia, abitavano le città filistee (palestinesi) come Gaza. La letteratura ebraica considera i giganti come figli dell’unione impropria tra “figli dei dèi” e “figlie degli uomini”. Secondo Zecharia Sitchin, invece, nelle tavolette sumere è scritto che il “popolo dei giganti”, progenitori dell’umanità come gli Anunnaki, proveniva dal pianeta Nibiru. Le testimonianze letterarie sugli esseri giganteschi sono innumerevoli, ma l’archeologia sembra non volersene occupare: come spiegare quelle inquientanti presenze ossee?L’ultima ipotetica scoperta – scrive “L’Unione Sarda” – è molto recente: un femore fuori misura sarebbe stato ritrovato a Mont’e Prama (la terra delle statue giganti) il 15 ottobre 2015. “Spunta uno scheletro gigante ed è subito silenzio”, titola il sito “Sardegna Sotterranea”, facendo notare però che, dopo le iniziali ammissioni di Nello Cappai, sindaco di Guamaggiore, sul caso sarebbe stata fatta calare la solita coltre di riserbo. Per dare un’occhiata a qualche reperto osseo fotografato o filmato vale la pena di visionare il reportage di “Cinque Stelle Tv”, che riporta anche una impressionante selezione delle testimonianze raccolte da Luigi Muscas nel suo famoso libro sul “popolo dei giganti figli delle stelle”. Racconta un uomo di Pauli Arbarei: «Un giorno, mia figlia piccola rincasò spaventata per aver visto degli scheletri giganti», in un cantiere nuragico. «Il capo degli archeologi aveva rimproverato i bambini, intimando loro di non guardarli, perché erano “i diavoli”. Andammo al nuraghe e vidi anch’io gli scheletri». Aggiunge l’uomo: «Ne avevo visti già nel 1958 in Costa Smeralda, ai cantieri dei primi impianti turistici».«Rientrando dalla campagna – ricorda Giorgina Medda, sempre di Pauli Arbarei – mio padre Raimondo (classe 1874) diceva: anche oggi ho trovato un osso di un gigante». Aggiunge la donna: «In un nostro terreno c’era una tomba: da una fessura di notava il luccichio di metalli». Giganti misteriosi anche nell’esperienza di Angelo Ibba, agricoltore di Sardara: «Mi è capitato di vedere un gigante nel 1938. L’aratro si incastrò in una lastra di pietra, che aveva dei fori disposti in modo tale da rappresentare un disegno. Nella buca c’era un teschio enorme. Ricoprimmo tutto: quelle ossa sono ancora là». A volte, le ossa gigantesche vengono allo scoperto nei cantieri edili. Virgilio Saiu, muratore di Pauli Arbarei (classe 1915), racconta: «Nel 1950, nel fare le fondamenta per la casa di Francesco Lai, dietro la chiesa di Sant’Agostino, io e altri trovammo una tomba enorme, grande tre volte me. Rimosso il coperchio di pietra, apparve uno scheletro gigantesco. Aveva sicuramente un vestito: un mantello nero di stoffa, che al contatto con l’aria si deteriorò. Nella tomba, c’erano anche tre monete d’oro. In paese la voce si sparse, arrivò il prete e ritirò lui le monete: disse che le avrebbe consegnate a chi di dovere».Si tratta di un ricordo preciso: «Quelle monete erano d’oro massiccio, lucenti, di dimensioni paragonabili a quelle delle vecchie 100 lire». E le ossa? «Erano grandi: la testa enorme, le narici grandi quanto il mio pugno. La dentatura ancora perfetta, i denti lunghi quanto le dita delle mie mani. Tutte le articolazioni erano ancora intatte. E le dita delle mani erano grosse e lunghe 20 centimetri». Si rammarica, Virgilio Saiu: «Purtroppo, non comprendendone l’importanza, lasciammo le ossa sepolte nella fondazione della casa. E sono ancora lì». Il muratore assicura poi di aver visto altri scheletri, «in località Nuragi De Passeri, nel terreno di Natale Pusceddu, durante i lavori per piantare una vigna». Precisa: «Insieme a me c’erano Candido Toco, Luigi Noaruffu, Sperandiu Scanu e suo fratello, e Angelo Mandis». Le vanghe portarono alla luce 20 lastre di pietra. «Nelle tombe c’erano scheletri enormi, lunghi più di 3 metri, qualcuno anche 4. Il proprietario ci chiese di non dire niente a nessuno, perché altrimenti avrebbero fermato i lavori. E così anche quegli scheletri furono rotti e lasciati nella vigna».Il gigante poteva spuntare anche nel giardino di casa. Lo spiega Eugenio Concu, di Ussaramanna. «Quando avevo 10 anni, nel 1971, facemmo gli scavi per il pozzo nero. E a 50 centimetri di profondità iniziammo a intravedere quattro grosse teste, cinque volte più grandi delle nostre. Scavando, scoprimmo quattro grandi scheletri: erano seppelliti a forma di croce. Erano molto lunghi, avevano mani grandissime e la testa allungata. I denti erano tutti intatti e bianchissimi, lunghi 5-6 centimetri. Ne sono sicuro, perché li lavammo e li misurammo». Aggiunge Eugenio: «Avvisammo il parroco di Ussaramanna: ci disse che gli scheletri erano cartaginesi, e ci chiese di gettarli nella discarica». Detto fatto: «Con l’aiuto dei miei fratelli li facemmo a pezzi e li caricammo nella carriola. E dopo 4-5 viaggi ce ne sbarazzammo. Sfortunatamente, ignoravamo cosa fossero: altrimenti avremmo potuto tenerne almeno uno».Tra le tante storie raccolte da Luigi Muscas, forse la più sconcertante è quella di Salvatore Pilloni, di Gonnoscodina. «Alle elementari – racconta – i maestri scoperchiavano le tombe. Ci portavano con pale e picconi nel Campo degli Aztechi per andare a scavare le tombe. Alcune erano normali, altre gigantesche (oltre i 4 metri: i maestri le misuravano con il metro). Uno scheletro era lungo 3 metri e 86 centimetri, i piedi erano lunghi 60 centimetri, e il femore ben 1 metro e 43 centimetri. La testa era grande quanto quella di un cavallo, solo che le fattezze erano umane». Dice Salvatore: «Avevo solo 9 anni, ma ricordo bene che le ossa erano rivestite da una pellicina, come se fossero mummificate. Infatti avevano tutti i tendini ancora intatti. E quando venivano sollevati, gli scheletri si muovevano come marionette». Che ne fu, di quei resti? «Alla fine li presero i nostri maestri», di cui Pilloni fa anche i nomi. Ufficialmente, i giganti non sono mai esistiti. E i debunker liquidano la faccenda nel solito modo: bufale. Davvero? E perché mai tante persone ormai anziane dovrebbero raccontare frottole così ben documentate? Sugli Ufo, il “cover-up” è finito. A quando, dunque, la verità sui giganti? Tanto per cominciare: dove sono finiti, i maxi-scheletri di Sardara e Pauli Arbarei?«Venivamo qui a giocare con lo scheletro, che era mummificato: ossa, nervi e pelle. Afferravamo il braccio, tiravamo un nervo e gli facevamo muovere le dita della mano. Era un gioco, ma durò poco: 5-6 mesi, poi lo presero». A parlare è Luigi Muscas, figlio di pastori, oggi scultore e scrittore. E’ autore di libri come “Il popolo dei giganti figli delle stelle“, edito nel 2008 da La Riflessione. Un evento: l’inizio della riscoperta dei giganti, nel cuore della Sardegna. Una specie di grande segreto, sistematicamente occultato. Qualcosa che ricorda la denuncia del professor Gaetano Ranieri, dell’università di Cagliari, scopritore – mezzo secolo fa – di 38 “giganti di pietra” a Mont’e Prama, nel Sinis, appartenenti a una civiltà sconosciuta. Secondo Ranieri, il georadar rivela la presenza sotterranea di una città estesa su 16 ettari. Ma l’archeologia esita: non vuole scavare. Per paura di trovare altri giganti, ma in carne e ossa, come quello in cui si imbatté nel 1972 nelle campagne di Pauli Arbarei l’allora giovane Luigi Muscas, che all’epoca aveva appena dieci anni?
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Il report russo inchioda Conte: sul Covid, errori fatali
«Medici mandati al massacro. Molti (e ripetuti) errori. Ritardi nelle chiusure che hanno amplificato i contagi, e quindi i morti», scrive Felice Manti, sul “Giornale”, citando il rapporto dei militari russi intervenuti in Italia nella primavera 2020. Ancora: «Misure restrittive applicate altrove eppure ignorate dal premier Giuseppe Conte», nonché «errori decisivi sul tracciamento, tranne che in Veneto», sintetizza Manti. E poi: iniziative politiche che hanno sminuito la gravità della pandemia, «monitorata ma non impedita». È questa la sintesi di uno spietato report di 11 pagine scritto in russo e inglese dai due scienziati a capo della task force arrivata da Mosca insieme a 104 militari che hanno lavorato a Bergamo dal 22 marzo al 9 aprile 2020, fianco a fianco con i nostri medici, in un’operazione di intelligence che avrebbe consentito alla Russia di realizzare di corsa il vaccino Sputnik, (poi bloccato dall’Ema, dov’è ancora in corso di valutazione) dando a Vladimir Putin «un grosso margine di conoscenza sulla pandemia».Un “favore”, sottolinea Manti, su cui potrebbe indagare anche il Copasir, «visto che sulla natura dell’intesa ci sono molti dubbi». Eppure, «nonostante lo spirito amichevole della collaborazione», dai medici russi arriva un capo di accusa senza sconti, «che potrebbe anche finire dentro il fascicolo per epidemia colposa aperto a Bergamo dalla Procura dopo la denuncia del team di legali guidati da Consuelo Locati, in difesa della memoria delle oltre 500 vittime di Covid nella Bergamasca, e aggravare la già fragile posizione dell’esecutivo, del ministro Roberto Speranza e dei vertici del ministero della sanità per il mancato piano pandemico, e dei politici locali e nazionali che si sono apertamente spesi per rimandare le misure restrittive». Altro che “Dalla Russia con amore”, che era il nome della missione: il report di Natalia Pshenichnaya e Aleksandr Semenov (pubblicato su “iimun.ru”) dovrebbe essere “Dalla Russia con disprezzo”, scrive Manti. In realtà si intitola “Il Covid in Italia, una lezione da imparare”. «Pshenichnaya e Semenov – scrove il “Giornale” – fanno a pezzi la gestione della pandemia messa in piedi dal governo Pd-M5S», guidato da Conte.«Nonostante informazioni ampiamente tempestive di una imminente pandemia – si legge nell’abstract – il sistema sanitario non era preparato al drammatico aumento di pazienti con malattie respiratorie nella prima ondata: nonostante il proclama del premier alle Camere il 31 gennaio 2020 (”siamo pronti”), le misure di contenimento dell’infezione non erano pienamente implementate, e hanno anche portato a un contagio del personale medico e infermieristico». Ancora: «La parte fragile della popolazione non è stata assistita in tempo a causa della mancanza di posti letto e di personale ben addestrato». Anzi: l’aver affiancato ai medici in ospedale quelli in pensione, «con precedenti morbilità», di fatto «ha messo a rischio le loro vite». Non basta: «Nella seconda ondata ci sono stati ritardi e sottovalutazioni, che hanno innescato una curva dei contagi crescente» per colpa di «misure restrittive decise in ritardo». Nel report si punta il dito soprattutto su politici e sindaci di primo piano, che hanno «promosso incontri pubblici e strette di mano per enfatizzare che l’economia non doveva fermarsi per colpa del virus». Un comportamento «altamente rischioso» e «dai tristi esiti», scrivono i due medici russi. Per Manti, «un epitaffio in cirillico per Conte, Speranza e governo giallorosso».«Medici mandati al massacro. Molti (e ripetuti) errori. Ritardi nelle chiusure che hanno amplificato i contagi, e quindi i morti», scrive Felice Manti, sul “Giornale“, citando il rapporto dei militari russi intervenuti in Italia nella primavera 2020. Ancora: «Misure restrittive applicate altrove eppure ignorate dal premier Giuseppe Conte», nonché «errori decisivi sul tracciamento, tranne che in Veneto», sintetizza Manti. E poi: iniziative politiche che hanno sminuito la gravità della pandemia, «monitorata ma non impedita». È questa la sintesi di uno spietato report di 11 pagine scritto in russo e inglese dai due scienziati a capo della task force arrivata da Mosca insieme a 104 militari che hanno lavorato a Bergamo dal 22 marzo al 9 aprile 2020, fianco a fianco con i nostri medici, in un’operazione di intelligence che avrebbe consentito alla Russia di realizzare di corsa il vaccino Sputnik, (poi bloccato dall’Ema, dov’è ancora in corso di valutazione) dando a Vladimir Putin «un grosso margine di conoscenza sulla pandemia».
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Libertà condizionata: il green pass ignora le cure precoci
Libertà condizionata: dopo lockdown e coprifuoco, è arrivato anche il temuto pass vaccinale. Occorre dimostrare di essere stati vaccinati, oppure guariti dal Covid, o almeno risultati negativi a un tampone. Già in vigore, il pass sarà probabilmente allineato al “green pass europeo” il 1° luglio, che normerà il transito alle frontiere tra gli stessi paesi Ue. Il lasciapassare italiano si chiama ufficialmente “certificazione verde”, ed è stato introdotto dal governo Draghi con il decreto anti-Covid del 22 aprile 2021 (modificato dal decreto del 18 maggio). Il pass è necessario per potersi spostare in entrata e in uscita dalle Regioni in fascia arancione o rossa, ricorda il “Sole 24 Ore”, ma anche per visitare anziani nelle Rsa e per partecipare a feste di nozze e a maxi-concerti. «Possibile il ricorso a questo certificato per presenziare ad altri eventi, come i concerti con capienza maggiore di quella attualmente consentita (fino a un massimo di mille spettatori in impianti all’aperto e fino a 500 al chiuso), ma anche per andare in discoteca», aggiunge il “Sole”, confermando la tendenza: scoraggiare in ogni modo i cittadini che dovessero rifiutare di vaccinarsi.Già ora, indipendentemente dalla vaccinazione fatta o dalla guarigione dal Covid, per entrare in Italia serve comunque sempre un tampone negativo, effettuato 48 ore prima della partenza. Per i vaccinati, aggiunge il quotidiano economico, la certificazione è rilasciata (in formato cartaceo o digitale) dalla struttura sanitaria che effettua la vaccinazione. Anche per i guariti l’attestato è fornito dai medici, mentre il risultato negativo del tampone proviene dalla farmacia o dal laboratorio privato in cui si effettua il test molecolare o antigenico. La durata del “green pass” per i vaccinati è stata portata da 6 mesi a 9 mesi «a far data dal completamento del ciclo vaccinale». In caso invece di comprovata guarigione, la durata della “certificazione verde” resta di 6 mesi. Di fatto, per chi fa il vaccino di AstraZeneca (la seconda dose viene somministrata dopo circa tre mesi), il “green pass” ha una validità di quasi un anno. Per chi invece riceve la somministrazione di quello di Johnson&Johnson (una sola dose) la durata del documento è di 9 mesi. Per chi infine ricorre ai vaccini a Rna-messaggero (Pfizer e Moderna, con richiamo dopo 42 giorni) va calcolata una durata intermedia.«Il certificato è gratuito: a pagamento è solo il tampone», sottolinea il “Sole”. «Il tampone molecolare rimane il “gold standard” per la diagnosi del Covid», anche se molti medici hanno dimostrato l’elevata inattendibilità del test. «Il costo varia tra i 60 e i 100 euro a seconda delle strutture e delle regioni. Il prezzo medio per fare un test rapido antigenico (eseguibile anche in farmacia) è di 30-40 euro». Il ministro della sanità, Roberto Speranza – che continua a non rispondere alle domande sul piano pandemico non aggiornato e comunque ignorato, nel 2020 – conferma il trend: cauto ottimismo, finalmente, solo grazie alla campagna vaccinale, che ha ormai coinvolto un italiano su tre. Non una parola, dal governo, sulle cure precoci: la loro efficacia (oggi comprovata) ridurrebbe quasi a zero i ricoveri, mettendo fine all’emergenza ospedaliera. In altre parole: continuando a fingere che le terapie domiciliari non esistano (cosa che ha garantito ai vaccini l’autorizzazione d’urgenza), si provvede a continuare a limitare – con il “green pass”, appunto – la libera circolazione dei cittadini, come se non fosse possibile guarire i pazienti da casa, in pochi giorni. E’ il “paradigma Covid” che ha travolto l’Occidente, e da cui l’Italia non sembra ancora voler uscire.Libertà condizionata: dopo lockdown e coprifuoco, è arrivato anche il pass vaccinale. Occorre dimostrare di essere stati vaccinati, oppure guariti dal Covid, o almeno risultati negativi a un tampone. Già in vigore, il pass sarà allineato al “green pass europeo” il 1° luglio, che normerà il transito alle frontiere tra gli stessi paesi Ue. Il lasciapassare italiano si chiama ufficialmente “certificazione verde”, ed è stato introdotto dal governo Draghi con il decreto anti-Covid del 22 aprile 2021 (modificato dal decreto del 18 maggio). Il pass è necessario per potersi spostare in entrata e in uscita dalle Regioni in fascia arancione o rossa, ricorda il “Sole 24 Ore“, ma anche per visitare anziani nelle Rsa e per partecipare a feste di nozze e a maxi-concerti. «Possibile il ricorso a questo certificato per presenziare ad altri eventi, come i concerti con capienza maggiore di quella attualmente consentita (fino a un massimo di mille spettatori in impianti all’aperto e fino a 500 al chiuso), ma anche per andare in discoteca», aggiunge il “Sole”, confermando la tendenza: scoraggiare in ogni modo i cittadini che dovessero rifiutare di vaccinarsi.
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Cure proibite, per lanciare i vaccini: spiegata la strage
Ha idea, Roberto Speranza, di quante persone sono morte per il Covid, nell’ultimo anno, a causa delle cure non autorizzate? Migliaia? Tutti pazienti che potevano essere salvati, se solo non fossero stati ostacolati in ogni modo i medici che avevano scoperto come guarirli, spesso da casa, senza nemmeno ricorrere all’ospedale. Massimo Mazzucco snocciola i numeri della strage: e spiega anche perché è stata provocata, da che cosa. L’imputato numero uno ha un nome preciso: il vaccino. Se fossero state approvate le terapie salva-vita, sarebbe stato impossibile (per l’Ema, e quindi per l’Aifa) accordare ai vaccini-Covid l’autorizzazione d’emergenza per la loro somministrazione. Normalmente, per approvare un vaccino servono 3-5 anni di sperimentazioni. La procedura emergenziale può scattare solo in un caso: quando non esistono alternative, cioè cure. Ecco perché le cure (che esistono e funzionano) sono state sistematicamente boicottate: se fossero state approvate, addio vaccini.Piccolo particolare: in attesa dei vaccini, l’Italia ha ufficialmente registrato 120.000 morti. Quanti di questi pazienti sarebbero ancora vivi, se ai medici fosse stato permesso di curarli con i farmaci nel frattempo individuati come rimedio efficace? Nel video-denuncia “Covid, le cure proibite”, Mazzucco documenta i capi d’accusa che ormai emergono in modo schiacciante: tutte le terapie vincenti (almeno una decina) sono state regolarmente oscurate e combattute per poter presentare il vaccino come unica soluzione, e – sempre per imporre la vaccinazione di massa – sono state imposte le peggiori restrizioni: lockdown, coprifuoco, zone rosse. Un ricatto: tornerete liberi solo quando vi sarete vaccinati. Ma attenzione, si tratta dell’ennesimo imbroglio: è infatti prevista una vaccinazione periodica e frequente, dall’incubo non si uscirà mai. E naturalmente: le terapie salva-vita, quelle che renderebbero superfluo il vaccino, restano nel cassetto.Nel suo reportage, Mazzucco non entra nel merito del piano vacciale più controverso della storia. Quelli somministrati sono farmaci “genici” sperimentali, impropriamente chiamati vaccini: non immunizzano completamente il corpo, e lasciano che il soggetto vaccinato possa restare contagioso. Non solo: presentano un serio rischio fisico immediato, in termini di reazioni avverse, mentre non si conoscono le conseguenze a lungo termine di un inoculo Rna-Dna che va a insediarsi nelle cellule, interagendo con il genoma umano. In questo caso, Mazzucco – autore di video-reportage che hanno fatto storia, come quelli sull’11 Settembre, trasmessi anche da “Canale 5″ in prima serata – si concentra sul più pazzesco degli scandali: quello delle “cure proibite”. Un copione invariabile, drammatico: scoperta la terapia, viene immediatamente screditata e poi messa al bando. Una dopo l’altra, le autorità sanitarie italiane hanno regolarmente respinto tutte le cure – efficaci – che i medici avevano scoperto, per contrastare il Covid.L’elenco è avvilente, grida vendetta: e a protestare (inutilmente, finora) sono proprio i medici, cui è stato materialmente sottratto lo strumento terapeutico per guarire i pazienti. Incredibilmente, il protocollo nazionale parla ancora di Tachipirina – farmaco inutile, in caso di Covid, se non dannoso – e si limita a raccomandare la “vigilante attesa”. Di cosa, se non dell’aggravamento? Mazzucco cita i vip prontamente curati e guariti nel 2020, non proprio giovanotti: Berlusconi, Briatore, lo stesso Trump. Rimessi in sesto in pochissimi giorni, nonostante la loro età avanzata. Come? Non certo con la “vigile attesa”: li hanno curati tempestivamente, con i farmaci adatti. Quelli a cui il cittadino normale continua a non avere accesso, visto che ai medici di famiglia non è ancora stato affidato un protocollo idoneo. Attenzione: si tratta di farmaci normalissimi. Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, spiega come “domare” l’incendio Covid ricorrendo a semplici antinfiammatori: funzionano purché si agisca celermente, cioè dopo i primi sintomi.I medici dell’associazione Ippocrate, che curano il Covid in modo volontaristico data la latitanza delle autorità sanitarie, hanno messo a punto un prontuario specifico: precisi farmaci (di uso comune) per ogni singola fase della malattia. I numeri sono dalla loro parte: si parla di migliaia di guarigioni da casa, evitando il ricovero. A Roma, il dottor Mariano Amici dimostra di aver guarito il 100% dei suoi pazienti – non meno di 2.000 persone – con la somministrazione, in fase precoce, di normali antinfiammatori. Nel video-reportage di Mazzucco, sul tema intervengono i sanitari dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna: le morti per Covid sono finite, assicurano, quando hanno cominciato a curare i pazienti direttamente nelle loro case, rinunciando cioè alla “vigile attesa” (che determinava il ricovero di malati ormai in gravi condizioni). Carta vincente, le cure precoci domiciliari: quelle che il ministero di Speranza ha appena chiesto e ottenuto, dal Consiglio di Stato, di non autorizzare.Mazzucco rievoca le tappe del calvario. Capitolo primo, le vitamine: consigliate da molti medici come sostanze utili per la prevenzione e, in dosi elevate, per la guarigione. Ma guai a dirlo: contro la “bufala” delle vitamine anti-Covid si sono scatenati prima i virologi televisivi, e a ruota i media. Risultato: vitamine bocciate. Ma non per tutti: Mazzucco esibisce un documento dei carabinieri che (già a marzo 2020) invitava i miltari dell’Arma ad assumere ogni mattina le vitamine C e D. Lo schema si ripete in modo scandaloso di fronte a ogni altra scoperta medica: anziché essere incoraggiati, i sanitari che hanno individuato una terapia efficace vengono zittiti, oscurati, screditati e boicottati. Succede a Giuseppe De Donno (Mantova), il primo ad aver sperimentato la plasmaferesi: guarigioni garantite, in poche ore, a chi riceve trasfusioni con il sangue dei pazienti guariti. Niente da fare nemmeno per Elena Campione dell’università romana di Tor Vergata, che ha scoperto i benefici della lattoferrina: sostanza naturale e antivirale, contenuta nel latte materno, che spiega il motivo per cui i bambini non vengono colpiti dall’infezione.Un caso-limite è quello dei cortisonici: nell’aprile 2020, sempre Roberto Speranza non ha degnato di risposta i 30 luminari italiani che gli segnalavano i grandi risultati ottenuti con farmaci a base di cortisone. Ironia della sorte, due mesi dopo è stata la stessa Oms a complimentarsi coi medici inglesi, che a loro volta avevano scoperto le virtù del Desametasone. Ma niente da fare, la consegna è sempre la stessa: negare l’evidenza per affossare le cure. E pazienza, se nel frattempo i malati – lasciati a casa in “vigile attesa” – continuano a morire, o arrivano in ospedale con la salute ormai gravamente compromessa proprio perché rimasti per giorni senza cure. E’ così che ha funzionato, la macchina del terrore: negare le terapie è “servito” esattamente ad alzare il numero dei ricoveri, delle terapie intensive, permettendo ai politici, ai media e agli “scienziati di corte” di recitare all’infinito il mantra della paura e dell’attesa messianica dell’unico possibile rimedio, il vaccino.Per questo, aggiunge Mazzucco, nonostante i risultati lusinghieri sono state biocciate tutte le altre soluzioni terapeutiche nel frattempo emerse: la quercetina scoperta dal Cnr, l’ozonoterapia praticata con successo all’ospedale di Udine, l’adenosina (introdotta a Reggio Calabria dai medici Sebastiano Macheda e Pierpaolo Correale), e persino un antiparassitario come l’ivermectina, che ha permesso alla Repubblica Ceca di veder crollare di colpo i decessi per Covid. Tradotto: a Praga si è smesso di morire, in Italia no. Culmine della vergogna, il caso dell’idrossiclorochina associata a un antibiotico come l’azitromicina: terapia sperimentata con successo in Francia dal professor Didier Raoult, uno dei maggiori virologi al mondo, ma poi abbandonata dopo uno studio (falsato da dati inventati) pubblicato sul “Lancet”. Poi la rivista si è corretta, scusandosi: quello studio era da buttare, la clorochina (antimalarico in uso da decenni) non è affatto pericolosa, in dosi appropriate. Ma il divieto di usarla, in Italia, è rimasto: anche dopo la scoperta della frode scientifica del “Lancet”.Domanda: quale organizzazione criminale potrebbe mai progettare e attuare un piano simile, fondato sulla disinformazione e sul boicottaggio delle guarigioni, a costo di provocare decine di migliaia di morti? Qualunque ne sia l’origine, dice Mazzucco, ne conosciamo il coordinatore: Big Pharma. Anche in Italia, tutti i decisori sono strettamente controllati dalle farmaceutiche, che ottengono il consenso dei media a suon di milioni in termini di pubblicità. In cambio, giornali e televisioni fanno parlare – come oracoli – solo e sempre determinanti esponenti del mondo scientifico (i vari Bassetti, Pregliasco, Crisanti, Galli, Burioni e Lopalco, perfettamente funzionali al business farmaceutico-vaccinale). Ferreo anche il controllo sul governo, esercitato da un Comitato Tecnico-Scientifico composto da dirigenti dell’Aifa, del ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, tutti «baroni legati a Big Pharma, che non si sognerebbero mai di contraddire le farmaceutiche».Nel Cts, ricorda Mazzucco, c’erano anche Ranieri Guerra, indagato per il piano pandemico non aggiornato né applicato, e lo stesso Walter Ricciardi, consulente di Speranza. «Due anni fa, Ricciardi dovette dimettersi da direttore dell’Iss dopo che emersero i suoi conflitti d’interesse con le case farmaceutiche». Questi, sottolinea Mazzucco, sono i personaggi che stabiliscono cosa chiudere, e fino a quando: il controllato e il controllore sono lo stesso soggetto, Big Pharma, che agisce attraverso i suoi ramificati canali, anche istituzionali. «La stessa Ema è zeppa di dirigenti che provengono da Big Pharma, tramite il meccanismo delle “porte girevoli”: l’attuale direttrice, Emer Cooke, quella che ripete che “i benefici dei vaccini superano i rischi”, viene dalla lobby europea delle industrie farmaceutiche». E’ vero, purtroppo: la Cooke è stata a lungo in forza alla Efpia, European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations.Nell’Epfia, conferma Wikipedia, Emer Cooke ha lavorato per 8 anni come lobbysta delle “Big 30″, incluse Pfizer, AstraZeneca, Novartis e Johnson & Johnson. «Secondo voi chi l’ha messa a dirigere l’Ema, Gesù Bambino?». Non solo: «Credete che sia l’Unione Europea, coi nostri soldi, a finanziare la sua agenzia del farmaco? Errore: l’agenzia vive di fondi pubblici solo per il 16%, dato che l’84% del denaro che serve al suo funzionamento proviene dalle aziende farmaceutiche, sotto forma di autorizzazioni per i medicinali». Domanda retorica: qualcuno può davvero pensare che l’Ema (da cui di fatto dipende anche l’Aifa) sia un ente autonomo e quindi scientificamente affidabile, indipendente, che ha a cuore solo la salute dei cittadini, e non invece – anche e soprattutto – quella dei bilianci miliardari del complesso industriale farmaceutico che la foraggia quasi completamente?Tragedia e farsa si sommano, nell’impietosa ricostruzione di Mazzucco, fino all’epilogo tanto atteso: lo sdoganamento anticipato dei famosi “vaccini genici”. «Per i preparati vaccinali, la procedura d’emergenza (quindi con sperimentazione molto limitata) può avvenire solo a certe condizioni». Una su tutte: «Non deve esistere nessuna cura disponibile, per la malattia in questione, altrimenti il vaccino non la può ricevere, l’approvazione d’emergenza». Vale per la statunitense Food and Drug Administration: a febbraio, nell’autorizzare i vaccini-Covid, la Fda ha ricordato che non deve esistere «una adeguata, approvata e disponibile alternativa al prodotto». Idem l’Ema: il vaccino «deve rispondere a una necessità medica non soddisfatta, ovvero una patologia per la quale non esiste un metodo soddisfacente di diagnosi, prevenzione o cura autorizzato dalla comunità (o, anche se questo metodo esistesse, il nuovo prodotto medicinale deve rappresentare un importante vantaggio terapeutico per i malati)».E dato che «nessun vaccino potrà mai rappresentare un importante vantaggio terapeutico, rispetto a una medicina che agisce subito», ecco che «le medicine normali non vengono autorizzate», scandisce Mazzucco. «Abbiamo svelato l’arcano: le cure non sono mai state riconosciute non perché non funzionino, ma perché sapevano fin dall’inizio che – riconoscendo una qualunque cura valida – non si sarebbe potuta ottenere l’autorizzazione d’emergenza per il vaccino». Ragiona il reporter: «Se per ipotesi i vaccini non esistessero (cioè, se non fossero mai stati “inventati”), secondo voi come si competerebbe la sanità, rispetto al Covid? Ovvio: curerebbe i malati senza indugi, con tutte le terapie disponibili, e anzi rafforzandole con ulteriori ricerche (proprio quelle che finora sono state accuratamente evitate, privando i medici di sperimentazioni su vasta scala)». Insiste Mazzucco: «Paradossalmente, il vaccino non è la soluzione: è il problema». Vero, se è stato la vera causa del rifiuto di somministrare terapie salva-vita.«Pensateci: potremmo tornare a vivere tranquillamente, domattina, riaprendo tutto e curando le persone appena si ammalano, con le varie terapie ormai disponibili (lasciando libere di vaccinarsi, ovviamente, le persone che lo desiderano)». E invece, questo non accade. «Quello che non è accettabile – ripete Mazzucco – è che il vaccino sia imposto come unica condizione per riavere le nostre libertà. Si chiama ricatto, e si chiama anche crimine: perché nel frattempo muoiono mogliaia di persone che si potrebbero salvare». E’ così: «Le nostre libertà ci vengono negate intenzionalmente, proprio per obbligarci ad accettare la vaccinazione come unica via d’uscita». Lo dice apertamente la professoressa Leana Wen, docente di politiche della salute alla George Washington University. «La Wen è tra i “top doctors” americani, scrive sul “Washington Post” e appare spesso come commentatrice televisiva. E’ stata anche premiata dal Forum di Davos tra i “giovani leader globali”».Una grande opinion maker, Leana Wen: nel 2019, “Time Magazine” l’ha definita “una delle 100 persone più influenti del mondo”. Di fronte al fatto che Stati come Florida e Texas stanno già riaprendo tutto, anche con pochi cittadini vaccinati, alla “Cnn” si è lasciata scappare la seguente ammissione: «Ci sono milioni di persone che per qualche ragione temono i vaccini, e non capiscono quale possa esserne il vantaggio, per loro. Noi dobbiamo spiegargli bene che il vaccino è il loro lasciapassare, per tornare alla vita com’era prima della pandemia. E la finestra di tempo per farlo si sta restringendo, per legare le riaperture alla situazione vaccinale: altrimenti, se si riapre tutto, quale sarà la “carota”?». La carota: il premio. «Come faremo a incentivare le persone a farsi vaccinare? Ecco perché il Cdc e l’amministrazione Biden devono affermare con forza: se sarete vaccinati, guardate quante cose potrete fare, quante libertà potrete riavere. Viceversa, la gente tornerà a godersi queste libertà in ogni caso».Capito, come funziona? Massimo Mazzucco lancia un appello severo e accorato ai giornalisti, finora reticenti o addirittura complici del sistema “bastone e carota”, fatto di cure negate, migliaia di vittime e “terrorismo sanitario” per spingere il popolo bue verso l’imbuto previsto fin dall’inizio, quello del vaccino. «Voi, che continuate a chiamare “negazionista” chiunque protesti per questa situazione assurda, finirete per passare alla storia come i nuovi collaborazionisti», dice Mazzucco agli operatori dei media. «Gli uomini di Vichy sono passati alla storia per aver aiutato il nazismo in Francia; voi passerete alla storia per aver aiutato il vacci-nazismo che si sta cercando di instaurare: e come c’è stata una Norimberga per i nazisti, ci sarà sicuramente una Norimberga anche per voi». E dunque: «Smettetela di fare i servi delle case farmaceutiche, e tornate a mettervi dalla parte dei cittadini, prima che sia troppo tardi».Il secondo messaggio, al termine del suo lungo video, Mazzucco lo dedica a tutti quelli che dicono: «Non vedo l’ora di vaccinarmi, così almeno questo incubo finirà». Magari. «Non illudetevi: non finirà. Il tira e molla delle restrizioni continuerà all’infinito». Facile profezia: «Ci faranno respirare un po’ quest’estate, e poi in autunno arriverà la “quarta ondata”, così imporranno nuove restrizioni e magari daranno la colpa a quelli che si saranno “divertiti troppo” durante l’estate. Incolperanno anche i non vaccinati, per cercare di metterci gli uni contro gli altri». Mazzucco è pessimista: «State tranquilli che non basterà una sola vaccinazione, per farla finita: ci saranno i richiami, perché ci saranno mille, nuove meravigliose “varianti”, e dovremo abituarci a vaccinarci tutti, ogni anno». Non ci credete? Male. «Ci sarà una terza dose, poi il richiamo annuale», dice Albert Bourla, presidente della Pfizer. «Deve diventare un’abitudine: una volta all’anno dovremo vaccinarci», conferma l’immunologo genovese Matteo Bassetti.E se qualcuno aveva sperato che con Mario Draghi sarebbe finita, la colossale farsa, si deve amaramente ricredere: «Dovremo continuare a vaccinarci, per gli anni a venire – ha appena annunciato il nuovo primo ministro – perché ci saranno delle varianti, e quindi i vaccini andranno adattati». Che caso: la Pfizer intanto ha già previsto rincari del 900%. «Una dose costerà fino a 175 dollari: che pagheremo noi, con in soldi delle nostre tasse». Pfizer e Moderna – aggiunge Mazzucco – hanno appena cominciato le sperimentazioni su bambini di 6 mesi, ed entro novembre sarà pronto il vaccino per il neonati (e i bambini fino a 11 anni)». Chiosa il reporter: «Questa idea di vaccinarsi pur di uscire dall’incubo è una pia illusione: significa uscire dalla gabbia del lockdown per entrare nella gabbia più grande, quella delle vaccinazioni permanenti. Che poi è il sogno di Big Pharma: una società in cui tutte le persone sane si abituino comunqe a vaccinarsi regolarmente, a tutte le età, una o più volte all’anno, pena la restrizione delle loro libertà. Questo è quello che vogliono ottenere, e stanno per riuscirci».Quindi, conclude Massimo Mazzucco, vedete voi in che mondo volete vivere: «Un mondo libero, dove ci vengono garantite da subito delle cure valide (e dove chi vuole potrà anche vaccinarsi, se lo desidera), oppure un mondo di schiavi, ricattati dalle continue restrizioni e condannati a circolare con il passaporto vaccinale in tasca per andare allo stadio, in discoteca, a trovare i parenti anziani nelle case di risposo». Violando la Costituzione, il governo Draghi ha già imposto il vaccino ai sanitari: in teoria, la Carta proibisce di sottoporre cittadini a Tso con farmaci ancora sperimentali. Il grande avvocato tedesco Reiner Fuellmich, insieme a mille colleghi e 10.000 medici di tutto il mondo, sta preparando le carte per ottenerla, la Nuova Norimberga. Nella geografia della strage, spicca l’Italia di Giuseppe Conte e Roberto Speranza: alle cure negate (”proibite”, per dirla con Mazzucco) corrisponde un numero spaventoso di vittime, abbandonate in “vigile attesa” della morte.Ha idea, Roberto Speranza, di quante persone sono morte per il Covid, nell’ultimo anno, a causa delle cure non autorizzate? Migliaia? Tutti pazienti che potevano essere salvati, se solo non fossero stati ostacolati in ogni modo i medici che avevano scoperto come guarirli, spesso da casa, senza nemmeno ricorrere all’ospedale. Massimo Mazzucco snocciola i numeri della strage: e spiega anche perché è stata provocata, da che cosa. L’imputato numero uno ha un nome preciso: il vaccino. Se fossero state approvate le terapie salva-vita, sarebbe stato impossibile (per l’Ema, e quindi per l’Aifa) accordare ai vaccini-Covid l’autorizzazione d’emergenza per la loro somministrazione. Normalmente, per approvare un vaccino servono 3-5 anni di sperimentazioni. La procedura emergenziale può scattare solo in un caso: quando non esistono alternative, cioè cure. Ecco perché le cure (che esistono e funzionano) sono state sistematicamente boicottate: se fossero state approvate, addio vaccini.
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Bugie sul Covid: perché anche Draghi è imperdonabile
Mario Draghi ha già ampiamente fallito, nella sua ipotetica missione (salvare il paese da se stesso), se è vero che – dopo mesi, ormai – continua a non contrastare la Madre di tutte le Menzogne, ovvero la quasi-incurabilità del Covid. Il vero scandalo nazionale non sta tanto nei dati truccati sull’intera emergenza, nel piano pandemico invecchiato e comunque ignorato, nelle terapie ospedaliere tragicamente errate anche grazie ai divieto criminale di eseguire le autopsie, durante l’esplosione del fenomeno nella primavera 2020. Il vero sconcio non è neppure nella sorda repressione del cittadino, oppresso dai lockdown e dalle zone rosse, umiliato dal coprifuoco, colpito nella sua dignità di lavoratore, censurato se appena osa protestare, e magari ridotto sul lastrico dalla follia delirante delle Regioni “colorate” sulla base di indicatori ridicoli come l’indice Rt, misurati con strumenti altrettanto ridicoli come i test Pcr eseguiti con tamponi inattendibili in partenza e il più delle volte manipolati, aumentando a dismisura i “cicli di amplificazione” del materiale biologico estratto dal naso e dalla faringe.Lo scandalo non è nemmeno il tragico corollario italico rappresentato dal business degli sciacalli, le epiche “creste” sulle forniture (mascherine e ventilatori, banchi a rotelle, materiale sanitario). Il lato più vergognoso di tutta questa vicenda non è neppure rappresentato dall’abnorme business di Big Pharma alla voce vaccini, e più ancora (dieci volte tanto, si calcola) alla voce tamponi. E’ certo scandalosa l’esecuzione di Tso per zittire chi protesta, è scandalosa l’adozione di decreti che violano la Costituzione (quelli inerenti il coprifuoco, respinti da magistrati insieme alle sanzioni comminate per prescrizioni altrettanto illegali, come l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto). E’ rivoltante che i media abbiano mentito ininterrottamente, per oltre un anno, sull’intera vicenda Covid, ed è altrettanto disgustoso il silenzio del governo di fronte alla brutale censura subita da “ByoBlu”, il mezzo di informazione indipendente più seguito dagli italiani, “espulso” da YouTube (che evidentemente abusa dello spazio pubblico che gli è concesso, calpestando norme e diritti).In attesa che una sorta di Processo di Norimberga possa un giorno portare finalmente alla sbarra registi, esecutori e complici di questa strage, una cosa Mario Draghi la doveva fare, da subito: promuovere le terapie domiciliari per il Covid, che funzionano e dimostrano che la patologia è curabilissima. Non farlo, per far credere che sia il vaccino l’unica via d’uscita, significa causare in modo indiretto anche la morte di molti pazienti, tuttora abbandonati a se stessi, con un protocollo che – dopo oltre un anno – ancora parla di “vigilante attesa e Tachipirina”. I preparati genici in distibuzione, impropriamente chiamati vaccini, sono farmaci ancora sperimentali, sulla cui innocuità a medio-lungo termine sono le stesse aziende produttrici a non pronunciarsi. Farmaci che, inoltre, non garantiscono né la completa immunità dal Covid, né che la persona vaccinata non sia più contagiosa. Nonostante questo, Mario Draghi ha obbligato il personale sanitario – violando la Costituzione – a subire una sorta di Tso con farmaci ancora sperimentali.Soprattutto, Draghi non ha finora osato dire la verità: e cioè che, se lo si curasse a casa con terapie tempestive, il Covid cesserebbe di essere un problema. E questo è sinceramente imperdonabile: una macchia indelebile, per un soggetto che ha lasciato credere di voler rigenerare la governance occidentale, italiana ed europea. Se davvero si vuole ristabilire la verità, archiviando la barbarie dell’austerity, non è possibile – oggi – mettere tra parentesi il dramma che ha trasformato la sanità in una tragedia nazionale, sulla base di menzogne di cui si sta finalmente occupando la magistratura. Non è possibile, cioè, non dire la verità agli italiani: non spiegare che il Covid non richiede l’ospedalizzazione, e lasciare che l’Ordine dei Medici prenda provvedimenti contro i sanitari che invece – ora supportati anche dal Senato – pretendono che sia impostato un protocollo di cure domiciliari tale, da solo, di azzerare i numeri dell’emergenza.Non si può prescindere dalla verità, se davvero si intende risanare una comunità nazionale. Uscire dall’ipnosi richiede coraggio, e Mario Draghi non l’ha avuto. Tanto per cambiare, a pagarne le conseguenze sono gli italiani: tuttora disinformati e rassegnati a rincorrere il miraggio di un “vaccino genico” che rappresenta un’incognita per salute, e nella migliore delle ipotesi – a detta di molti medici – sarà completamente inutile. Illustri clinici come Pietro Luigi Garavelli (primario a Novara) ricordano – citando Albert Sabin – quanto sia demenziale, condurre una campagna vaccinale mentre l’epidemia è ancora in corso. E i firmatari della Dichiarazione di Great Barrington, tra i più eminenti epidemiologi del mondo (già in prima linea contro l’Ebola) dicono che si è sbagliato tutto: occorreva “lasciar correre” il virus, aiutandolo a “spegnersi” velocemente, limitandosi a isolare e proteggere in modo selettivo solo gli anziani e i malati. Sarebbe stata una rivoluzione, certo: osteggiata dai poteri mondiali che hanno imposto il terrorismo del Covid. Attrezzare il paese per garantire cure precoci a domicilio, invece, non sarebbe stato uno sforzo eroico: era il minimo sindacale, e Mario Draghi – come Conte – ha mancato al suo dovere di sincerità. Quale rigenerazione ci si potrà mai aspettare, sulla base di questi presupposti?Mario Draghi ha già ampiamente fallito, nella sua ipotetica missione (salvare il paese da se stesso), se è vero che – dopo mesi, ormai – continua a non contrastare la Madre di tutte le Menzogne, ovvero la quasi-incurabilità del Covid. Il vero scandalo nazionale non sta tanto nei dati truccati sull’intera emergenza, nel piano pandemico invecchiato e comunque ignorato, nelle terapie ospedaliere tragicamente errate anche grazie al divieto criminale di eseguire le autopsie, durante l’esplosione del fenomeno nella primavera 2020. Il vero sconcio non è neppure nella sorda repressione del cittadino, oppresso dai lockdown e dalle zone rosse, umiliato dal coprifuoco, colpito nella sua dignità di lavoratore, censurato se appena osa protestare, e magari ridotto sul lastrico dalla follia delirante delle Regioni “colorate” sulla base di indicatori ridicoli come l’indice Rt, misurati con strumenti altrettanto ridicoli come i test Pcr eseguiti con tamponi inattendibili in partenza e il più delle volte manipolati, aumentando a dismisura i “cicli di amplificazione” del materiale biologico estratto dal naso e dalla faringe.
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Militari, nuovo avviso a Macron: guerra civile alle porte
Signor Presidente della Repubblica, Signore e Signori, Ministri, Membri del Parlamento, Ufficiali Generali, dei vostri gradi e qualità, Non cantiamo più la settima strofa della Marsigliese, conosciuta come la «strofa dei bambini». Eppure è ricca di lezioni. Lasciamo che sia essa a prodigarle su di noi: «Entreremo nella carriera quando i nostri anziani non saranno più lì. Là troveremo la loro ceneri e il segno delle loro virtù. Molto meno gelosi di sopravvivere a loro che di condividere la loro bara, avremo il sublime orgoglio di vendicarli o seguirli». I nostri anziani sono combattenti che meritano di essere rispettati. Questi sono ad esempio i vecchi soldati di cui avete calpestato l’onore nelle ultime settimane. Sono queste migliaia di servi della Francia, firmatari di un appello di buon senso, soldati che hanno dato i loro anni migliori per difendere la nostra libertà, obbedendo ai vostri ordini, per intraprendere le vostre guerre o per attuare le vostre restrizioni di bilancio, che avete insozzato mentre il popolo della Francia li ha sostenuti.Queste persone che hanno combattuto contro tutti i nemici della Francia, le avete trattate come faziose quando la loro unica colpa è amare il loro Paese e piangere la sua caduta visibile. In queste condizioni spetta a noi, da poco entrati in carriera, entrare nell’arena semplicemente per avere l’onore di dire la verità. Veniamo da quella che i giornali hanno chiamato «la generazione del fuoco». Uomini e donne, soldati attivi, di tutti gli eserciti e di tutti i ranghi, di tutte le sensibilità, amiamo il nostro Paese. Queste sono le nostre uniche pretese di fama. E se non possiamo, per legge, esprimerci a faccia scoperta, è altrettanto impossibile per noi tacere. Afghanistan, Mali, Repubblica Centrafricana o altrove, molti di noi hanno subito il fuoco nemico. Alcuni lì hanno lasciato dei compagni. Hanno offerto la loro pelle per distruggere l’islamismo a cui state facendo concessioni sul nostro suolo. Quasi tutti noi abbiamo conosciuto l’operazione Sentinel. Abbiamo visto con i nostri occhi le periferie abbandonate, gli alloggi con la delinquenza. Abbiamo subito i tentativi di strumentalizzare diverse comunità religiose, per le quali la Francia non significa nulla, nient’altro che un oggetto di sarcasmo, disprezzo o persino odio.Abbiamo marciato il 14 luglio. E questa folla benevola e diversificata, che ci ha acclamati perché ne siamo l’emanazione, ci è stato chiesto di guardarla per mesi, vietandoci di circolare in divisa, rendendoci potenziali vittime, su un suolo che siamo comunque capaci di difendere. Sì, i nostri anziani hanno ragione sulla sostanza del loro testo, nella sua interezza. Vediamo la violenza nelle nostre città e nei nostri villaggi. Vediamo il comunitarismo prendere piede nello spazio pubblico, nel dibattito pubblico. Vediamo l’odio per la Francia e la sua storia diventare la norma. Potrebbe non essere compito dei militari dirlo, sosterrete. Al contrario: poiché siamo apolitici nelle nostre valutazioni della situazione, è un’osservazione professionale quella che forniamo. Perché questa decadenza, la abbiamo vista in molti Paesi in crisi. Precede il crollo. Annuncia caos e violenza e, contrariamente a quanto voi affermate qua e là, questo caos e questa violenza non verranno da un «pronunciamento militare» ma da un’insurrezione civile.Per cavillare sulla forma dell’appello dei nostri anziani invece di riconoscere l’ovvietà delle loro scoperte, bisogna essere piuttosto codardi. Per invocare un dovere di riservatezza mal interpretato al fine di mettere a tacere i cittadini francesi, bisogna essere molto ingannevoli. Per incoraggiare i principali ufficiali dell’esercito a prendere posizione ed esporsi, prima di sanzionarli ferocemente non appena scrivono qualcosa di diverso dalle storie di battaglia, devi essere molto perverso. Codardia, inganno, perversione: questa non è la nostra visione della gerarchia. Al contrario, l’esercito è, per eccellenza, il luogo in cui ci parliamo sinceramente perché impegniamo la nostra vita. È questa fiducia nell’istituzione militare che chiediamo. Sì, se scoppia una guerra civile, l’esercito manterrà l’ordine sul proprio territorio, perché gli verrà chiesto di farlo. È anche la definizione di guerra civile. Nessuno può desiderare una situazione così terribile, i nostri anziani non più di noi, ma sì, ancora una volta, la guerra civile si sta preparando in Francia e lo sapete perfettamente.Il grido di allarme dei nostri Anziani si riferisce infine a echi più lontani. I nostri anziani sono i combattenti della resistenza del 1940, che persone come voi molto spesso trattavano come faziosi, e che continuarono la lotta mentre i legalisti, paralizzati dalla paura, scommettevano già sulle concessioni con il male per limitare i danni; sono i “pelosi” [soprannome dato ai soldati francesi durante la Grande Guerra, ndr] di 14 anni, morti per pochi metri di terra, mentre voi abbandonate, senza reagire, interi quartieri del nostro Paese alla legge del più forte; sono tutti i morti, celebri o anonimi, caduti al fronte o dopo una vita di servizio. Tutti i nostri anziani, coloro che hanno reso il nostro Paese quello che è, che ne hanno disegnato il territorio, ne hanno difeso la cultura, hanno dato o ricevuto ordini nella sua lingua, hanno combattuto affinché voi lasciaste che la Francia diventasse uno Stato fallito, che sostituisce la sua impotenza regale sempre più evidente con una brutale tirannia contro quelli che tra i suoi servi che vogliono ancora avvertirlo? Agite, signore e signori. Questa volta non si tratta di emozioni personalizzate, formule già pronte o copertura mediatica. Non si tratta di estendere i propri mandati o conquistarne di nuovi. Riguarda la sopravvivenza del nostro Paese, del vostro Paese.(Testo diffuso dai militari francesi e ripreso l’11 maggio 2021 da “Renovatio 21″. «Da qualche giorno correva la voce che un nuovo appello dei militari francesi sarebbe apparso sulla scena», scrive il sito. «Stavolta però, a differenza del precedente, non sarebbe stato firmato da ufficiali in pensione, ma da soldati attivi». Il testo pubblicato da “Renovatio 21″ sta circolando in rete. «In Francia la situazione è grave», sottolinea il blog. «Dopo anni di aberrazioni terroristiche, proteste popolari soffocate nella repressione (i Gilet Gialli) e lockdown draconiani che hanno piegato il paese, forse la misura e colma. Lo Stato più superbo d’Europa si appresta a collassare sotto il peso delle sue stesse scelte dementi in campo sociale, economico, migratorio? E l’Italia, che lezione vuole trarre da ciò che sta accadendo appena Oltralpe?»).Signor Presidente della Repubblica, Signore e Signori, Ministri, Membri del Parlamento, Ufficiali Generali, dei vostri gradi e qualità, Non cantiamo più la settima strofa della Marsigliese, conosciuta come la «strofa dei bambini». Eppure è ricca di lezioni. Lasciamo che sia essa a prodigarle su di noi: «Entreremo nella carriera quando i nostri anziani non saranno più lì. Là troveremo la loro ceneri e il segno delle loro virtù. Molto meno gelosi di sopravvivere a loro che di condividere la loro bara, avremo il sublime orgoglio di vendicarli o seguirli». I nostri anziani sono combattenti che meritano di essere rispettati. Questi sono ad esempio i vecchi soldati di cui avete calpestato l’onore nelle ultime settimane. Sono queste migliaia di servi della Francia, firmatari di un appello di buon senso, soldati che hanno dato i loro anni migliori per difendere la nostra libertà, obbedendo ai vostri ordini, per intraprendere le vostre guerre o per attuare le vostre restrizioni di bilancio, che avete insozzato mentre il popolo della Francia li ha sostenuti.
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Bacco: la “vigile attesa” uccide, e i vaccini sono inutili
Tra gli errori ormai accertati, nella gestione dell’emergenza Covid, c’è il fatto di non aver svolto le autopsie: questo è stato sicuramente la causa di migliaia di morti, cosa che ha “sporcato le mani” di molti medici, che – in maniera del tutto involontaria – in quel momento, purtroppo, stavano uccidendo le persone che pensavano di curare. E ancora continuiamo a essere causa della morte di molte persone, quasi uno sterminio, con la prassi della “vigile attesa” e la somministrazione della sola Tachipirina, in questo caso inutile e addirittura controproducente. Non capisco la permanenza di Speranza come ministro della sanità: nella “più grande tragedia per emergenza sanitaria che l’uomo abbia mai affrontato negli ultimi 200 anni” (così ce la presentano) continuiamo ad avere un ministro che ha fatto diversi errori – le autospie negate, le terapie sbagliate – ma soprattutto un ministro che non capisce nulla, di medicina. Mai come in questo momento, forse, sarebbe stato corretto avere, in quel ruolo, un medico che avesse anche una certa apertura mentale.Io ho studiato tanti anni, in America, proprio occupandomi dei virus Rna. Come tutti i virus influenzali, gli Rna hanno un’incredibile capacità di sviluppare mutazioni con una velocità enorme. Puoi difenderti impedendo che il virus entri nella stanza dove vivi. Ma una volta entrato, si infettano tutti: non c’è possibilità di evitarlo, e la medicina dice che non c’è alternativa all’immunità di gregge. Da ministro della salute, al posto di Speranza io avrei assolutamente isolato i soggetti deboli (malati oncologici, anziani in età molto avanzata), proteggendoli con vere mascherine, non quelle che fanno indossare a noi. E avrei fatto proliferare il virus, permettendogli di circolare tra tutti gli altri soggetti. Dovete infatti sapere che l’unica immunità vera è quella naturale. La proteina che ci stanno inoculando con le vaccinazioni è solo una piccola parte del virus: tant’è vero che, chi si è vaccinato all’inizio, tra poco si potrà re-infettare (perché il virus, nel frattempo, è mutato). Chi invece si è infettato con il virus ha permesso al suo sistema immunitario di conoscere tutti gli aspetti di questo virus.Faccio un esempio: la variante giapponese ha l’80% della sua struttura che è completamente diversa da quella del virus che abbiamo avuto noi. Ma chi si è infettato, in Italia, è immune anche da quella variante, perché comunque il 20% della struttura virale è comune. Chi invece ha fatto il vaccino non ha quel 20%, e quindi – sostanzialmente – è come se il vaccino non l’avesse mai fatto. Sono quindi a favore dell’immunizzazione naturale, anche perché – non dimentichiamolo mai – il Covid è curabilissimo. La malattia va rispettata, come tutte le patologie, ma si cura: ormai abbiamo una terapia perfetta. Come associazione (”L’Eretico”) noi oggi stiamo curando 600 persone, in casa, senza ospedalizzare nessuno. Ma non abbiamo fatto niente di eccezionale: basta utilizzare i farmaci giusti. Quindi, il Covid si cura. Però, mettiamocelo in testa: noi dobbiamo comunque immunizzarci. Se stiamo chiusi in casa per mesi, non risolviamo niente: il virus rimane lì, mica scompare. Anzi, nel frattempo muta: e quindi troveremo un virus ulteriormente diverso.Allora: o ci infettiamo tutti, e quindi ci immunizziamo, oppure saremo dei vaccinati cronici. Dovremo fare richiami continui su tutte le mutazioni: arriveremo a 4-5 vaccini l’anno. Chi mai potrebbe desiderare una situazone simile, a parte ovviamente le aziende farmaceutiche?Ripeto, l’immunizzazione naturale possiamo affrontarla con tranquilità, perché ormai per il Covid abbiamo profilassi e terapie: idrossiclorochina, antibiotici, antinfiammatori ed eparina, e in alcuni casi anche il cortisone. Questi farmaci sono alla base della guarigione dal Covid: e vi assicuro che, se li si usa, non muore nessuno. L’essenziale è che la terapia venga iniziata subito. Il problema più grande, semmai, è il vero e proprio decadimento fisico, che ormai si è diffuso: siamo tutti invecchiati, parzialmente ingrassati e demuscolarizzati. Questo significa che nei prossimi anni avremo tantissime patologie del metabolismo, oltre alle patologie psichiatriche che già ci stanno inondando.I dati ufficiali, come quelli del Bambin Gesù e di tante altre strutture, ci parlano di patologie depressive e sindromi depressivo-maniacali, ormai all’ordine del giorno. Abbiamo una impennata delle vendite di psicofarmaci e calmanti, come lo Xanax. E’ una cosa che pagheremo a caro prezzo. Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei Medici, a “Radio anch’io” ha appena detto una cosa verissima: ha ammesso che, oggi, tra le diagnosi di cancro, 6 su 10 rivelano tumori ormai in fase avanzata, perché sono saltati completamente gli screening di prevenzione. E questo è devastante: anche per il servizio sanitario nazionale, oltre che ovviamente per i malati oncologici. Non facciamo più prevenzione, e da un anno e mezzo non investiamo più nella ricerca sul cancro. Una diagnosi qualsiasi – di melanoma, o di cancro al colon o al pancreas – se fatta con 20 giorni di ritardo può equivalere a una condanna a morte. E questo i medici lo sanno, lo ha ammesso lo stesso presidente nazionale: per colpa del Covid, i meccanismi di sicurezza sanitaria sono saltati.Il coordinatore nazionale degli screening sul tumore al colon, che è uno dei nostri maggiori killer, ha detto che 54 persone su 100, oggi, non fanno più i controlli al colon. E’ un dato devastante: un disastro che pagheremo a carissimo prezzo. Bisognerebbe quantomeno smettere di aggravare la situazione: quasi sempre, nel caso del Covid, il rimedio è stato peggiore del male. Curando e guarendo centinaia di pazienti Covid, ci siamo anche accorti che a volte la patologia ha dei colpi di coda. In 8 casi su 10, intanto, il virus è completamente asintomatico. Quando invece è sintomatico, può accadere che dia la sensazione che si sia superata la fase patologica: alcuni sintomi (perdita dell’olfatto e del gusto, tosse, leggero calo dell’ossigenazione) possono persistere. Una volta entrato nel corpo – come dimostrato dalle autopsie – il virus può creare fenomeni trombotici. Le polmoniti però non sono legate direttamente al virus, ma al fatto che il soggetto infettato “presta il fianco” a dei batteri. Quindi non si può dire che la polmonite sia per forza di origine virale.L’elemento veramente decisivo è invece la tempestività. L’unica cosa da evitare è proprio la “vigile attesa” che le autorità ancora raccomandano ai medici di famiglia, che nel frattempo in questa storia sono praticamente scomparsi (non visitano più, non fanno più diagnosi a distanza). Infatti, i pochi che continuano a fare il loro mestiere – in scienza e coscienza – fanno notizia, occupano le cronache. Dunque, in caso di Covid: tempestività. Altra cosa: evitare la Tachipirina, che prima non era mai stata somministata, in caso di infezioni virali, proprio perché diminuisce il glutatione, che è uno dei più forti antiossidanti che noi abbiamo. I miei pazienti Covid, io li guarisco con l’ibuprofene due volte al giorno, l’azitromicina due volte al giorno e l’eparina alla sera, insistendo con gli antinfiammatori per alcuni giorni, proprio per evitare il possibile protrarsi di certi sintomi fastidiosi.Questa è la terapia. La “vigile attesa”, proprio no: nella storia della medicina, non s’era mai visto che a un paziente venisse detto “aspettiamo che stai proprio male, e poi iniziamo a curati”. La “vigile attesa” è da fuori di testa: perché sappiamo che questo virus, quando si manifesta a livello sintomatico, il più delle volte ha già infettato il corpo da qualche giorno. Tra i nostri pazienti c’è stato anche chi è stato molto male, certo. Ma ripeto: tutti i soggetti curati con il nostro protocollo hanno sempre avuto un restituzione integrale di se stessi. Sono tornati in forze, esattamente com’erano prima. Il nostro protocollo è liberamente accessibile, sul sito de “L’Eretico”: chiunque può valutarlo, consulandosi con il proprio medico.Quanto ai vaccini, ribadisco la mia contrarietà. Ne abbiamo due – Pzifer e Moderna – che agiscono sull’mRna. Cioè: inseriamo nell’organismo l’Rna-messaggero, che penetra nel citoplasma della cellula e viene poi replicato (quindi non inseriamo il virus, ma ce lo “produciamo” dall’interno). Gli altri vaccini invece sono a Dna, e quindi vanno direttamente nel nucleo cellulare (AstraZeneca, Sputnik e Johnson & Johnson). I vettori vaccinali sono leggermente diversi, ma tutti e 5 adottano lo stesso meccanismo: penetrano all’interno della cosa più intima che abbiamo, la cellula, e lì “lavorano”. E’ la prima volta, nella storia dell’uomo, che succede una cosa del genere. Finora, la terapia genica l’avevamo usata solo in alcune forme terminali di cancro, e con il pieno consenso del paziente. In questo caso, invece, agiamo sul nostro genoma. Andrà bene o andrà male? Questo, io non lo so. Ma so per certo che l’ingresso di questo vaccino nel nostro corpo ci cambia: non ci lascia così come eravamo prima.(Pasquale Mario Bacco, dichiarazioni rilasciate a Marco Ludovico del Movimento Roosevelt nella video-chat “Strage di Stato”, trasmessa il 22 aprile 2021 da MRTV, su YouTube. Medico e docente universitario, il professor Bacco è co-autore, con il magistrato Angelo Giorgianni, del libro-inchiesta “Strage di Stato. Le verità nascoste della Covid-19″, edito Lemma Press, con prefazione del giudice antimafia Nicola Gratteri).Tra gli errori ormai accertati, nella gestione dell’emergenza Covid, c’è il fatto di non aver svolto le autopsie: questo è stato sicuramente la causa di migliaia di morti, cosa che ha “sporcato le mani” di molti medici, che – in maniera del tutto involontaria – in quel momento, purtroppo, stavano uccidendo le persone che pensavano di curare. E ancora continuiamo a essere causa della morte di molte persone, quasi uno sterminio, con la prassi della “vigile attesa” e la somministrazione della sola Tachipirina, in questo caso inutile e addirittura controproducente. Non capisco la permanenza di Speranza come ministro della sanità: nella “più grande tragedia per emergenza sanitaria che l’uomo abbia mai affrontato negli ultimi 200 anni” (così ce la presentano) continuiamo ad avere un ministro che ha fatto diversi errori – le autopsie negate, le terapie sbagliate – ma soprattutto un ministro che non capisce nulla, di medicina. Mai come in questo momento, forse, sarebbe stato corretto avere, in quel ruolo, un medico che avesse anche una certa apertura mentale.
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Vaccini e bugie: terrorismo, per pecore disposte a tutto
Il professor Mariano Bizzarri, della Sapienza, li chiama con il loro nome: terroristi. Sa di cosa parla: ha appena pubblicato uno studio su “Nature” per insegnare a misurare (davvero) l’entità della cosiddetta pandemia e il suo andamento, incluse le ovvie “varianti”, facendo a meno di autentiche barzellette come l’indice Rt o i mitici tamponi, che non rilevano nessun virus ma solo frammenti di Rna. Test sballati, pieni di falsi positivi. E tra i veri positivi, soggetti asintomatici che (anche nel 90% dei casi) non sono affatto contagiosi. La mortalità italiana? In linea con quella degli ultimi anni, secondo l’Istat. Semmai, i veri guai li avremo tra poco, dice Bizzarri: troppi malati non-Covid sono stati trascurati e si sono aggravati. La letalità del virus? Bassissima. La malattia Covid? Curabile da casa, senza ricoveri, se solo ai 30.000 medici di base fosse finalmente fornito un protocollo nazionale efficace, non come quello – delinquenziale – che la ghenga di Roberto Speranza si ostina a diffondere, senza i farmaci-salvavita e senza l’ombra di sostanze fondamentali per la prevenzione, come la vitamina D, dall’utilità ormai conclamata.In attesa che un giorno la strage di Stato (causata dalle cure negate, o comunque ritardate) possa essere esaminata compiutamente in sede giudiziaria, gli italiani – in grande maggioranza – dopo aver subito senza fiatare lo stato d’emergenza clandestinamente introdotto a gennaio 2020, poi gli inutili e catastrofici lockdown e ora anche il coprifuoco alle soglie dell’estate, continuano ad accettare bovinamente il demenziale distanziamento e persino la tragicomica, dannosa, illegale vessazione della mascherina all’aperto. Non solo: corrono a vaccinarsi, traviati dalla disinformazione del governo cialtrone, e accettano pure l’arbitrio del “pass vaccinale” come precondizione per viaggiare, lesionando in questo modo i diritti democratici di chi ancora ragiona, e si ribella all’idea che – per esempio – la vaccinazione venga imposta (violando la Costituzione) al personale sanitario, obbligato a subire un Tso con materiale farmacologico ancora solo sperimentale, di dubbia efficacia (molti vaccinati sono risultati ancora contagioso) e senza nessuna garanzia di innocuità, a detta delle stesse case produttrici.Questo non è più un paese civile: la democrazia è stata largamente sospesa, la Carta costituzionale aggirata. L’abuso è stato elevato a legge: ma solo per decreto, quindi resta impugnabile in sede legale. Lo ricorda un sindacato di polizia, il Supu, che avvisa gli agenti: se sanzionano qualcuno perché non indossa la mascherina, commettono virtualmente alcuni reati (e il multato può rivalersi in tribunale, chiedendo ai verbalizzatori un risarcimento fino a 15.000 euro). I tribunali hanno ricominciato a funzionare: Camerino e Reggio Emilia hanno annullato sanzioni inflitte per violazione del coprifuoco, ricordando che è illegale (un governo può imporlo solo in caso di guerra o in virtù di una precisa legge, che in questo caso non esiste). L’Italia che resiste rischia il posto di lavoro, se esercita la professione medica o quella infermieristica. Se invece opera nel turismo, nella ristorazione e nello spettacolo, può morire tranquillamente di fame. Chi lotta per garantire informazioni veritiene viene censurato e deriso, spento, bannato, emarginato e intimidito.Ricapitolando: nessuno ancora si domanda come mai un intero paese (come tanti altri, nel mondo occidentale) sia stato paralizzato, colpito e affondato con armi precise, come la disinformazione, che hanno alimentato l’ignoranza e fatto esplodere la paura. Una sindrome influenzale curabilissima, che ha ucciso quasi solo anziani affetti da malattie gravi, si avvale tuttora di una narrazione bugiarda che la equipara a una patologia incurabile, da cui ci si salverebbe solo vaccindosi. L’altissima percentuale di reazioni avverse, anche mortali, ha l’aria di essere solo l’antipasto di una possibile strage: lo afferma Robert Kennedy Junior, che quasi supplica le persone affinché non cadano nell’errore di vaccinarsi, illudendosi di immunizzarsi da una malattia che centinaia di medici hanno dimostrato essere curabile da casa, se presa per tempo, con farmaci di uso comune. Eppure, gli italiani corrono a ricevere la sospirata dose: sembrano impazziti, ottenebrati dal terrorismo televisivo.Se ascoltassero gli orami numerossimi medici che da un anno guariscono regolarmente i loro pazienti affetti da Covid, scoprirebbero che la realtà (quella vera) è un’altra. E cioè che i 120.000 morti attribuiti al coronavirus sono un’invenzione, e che le curve epidemiche misurate con l’indice Rt sono una scemenza di cui oggi gli scienziati sorridono. Ma tanti italiani non leggono, non si informano, non ascoltano. Sono perduti, se ancora danno retta ai pagliacci in televisione e prestano fede ai resoconti dei giornali pagati per scrivere il contrario della verità. Ai tempi del governo Conte, l’Operazione Corona doveva durare fino a tutto il 2023, secondo i piani. Notorio il copione: lockdown, terapie sbagliate in ospedale, niente cure precoci a casa, terrorismo mediatico quotidiano. Poi il programma è cambiato: da questo orrore bisogna uscire, per tappe (ma senza ammettere di aver preso in giro 60 milioni di persone, ammazzandone migliaia). Come chiudere lo spettacolo della morte? Col vaccino, s’è deciso ai piani alti. Ed ecco Draghi: vaccini a tappeto, e ancora niente cure domiciliari.Lo scandalo delle cure negate è la vera cartina di tornasole di questa clamorosa impostura terroristica: se i pazienti fossero curati a casa, i ricoveri per Covid rivaleggerebbero (statisicamente) con quelli per appendicite, e quindi addio emergenza, addio panico, addio tutto: addio fantastiliardi per la gestione emergenziale, per il grassissimo affare delle terapie geniche sperimentali (quelle che si insiste nel chiamare vaccini), e addio alla madre di tutte le cuccagne, il mega-business dei tamponi. Basta accendere il computer per capire quello che sta succedendo: il web è pieno di canali non ancora oscurati, in cui sono i medici a fornire l’esatta versione dei fatti. Ma non suscitano entusiasmo, questi medici coraggiosi, tra le pecore che semmai si scaldano per lo scudetto dell’Inter al termine di un campionato disputato in stadi-fantasma, o per le trovate politiche del rapper-influencer più tatuato d’Italia. Ridono, i terroristi: non hanno nulla da temere, in fondo. Servirebbe una pacifica disobbedienza di massa. E invece si corre dietro al vaccino, cioè alla menzogna, in un paese che sembra aver sfrattato la dignità.Il professor Mariano Bizzarri, della Sapienza, li chiama con il loro nome: terroristi. Sa di cosa parla: ha appena pubblicato uno studio su “Nature” per insegnare a misurare (davvero) l’entità della cosiddetta pandemia e il suo andamento, incluse le ovvie “varianti”, facendo a meno di autentiche barzellette come l’indice Rt o i mitici tamponi, che non rilevano nessun virus ma solo frammenti di Rna. Test sballati, pieni di falsi positivi. E tra i veri positivi, soggetti asintomatici che (anche nel 90% dei casi) non sono affatto contagiosi. La mortalità italiana? In linea con quella degli ultimi anni, secondo l’Istat. Semmai, i veri guai li avremo tra poco, dice Bizzarri: troppi malati non-Covid sono stati trascurati e si sono aggravati. La letalità del virus? Bassissima. La malattia Covid? Curabile da casa, senza ricoveri, se solo ai 30.000 medici di base fosse finalmente fornito un protocollo nazionale efficace, non come quello – delinquenziale – che la ghenga di Roberto Speranza si ostina a diffondere, senza i farmaci-salvavita e senza l’ombra di sostanze fondamentali per la prevenzione, come la vitamina D, dall’utilità ormai conclamata.
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Bizzarri: Covid gonfiato e non curato, basta terrorismo
Alcuni paventano che le riaperture inneschino la quarta ondata? Quelli che lo affermano sono gli stessi che, un anno fa, paventavano 150.000 persone in terapia intensiva nel mese di giugno. Qui non bisogna “pre-occuparsi”, bisogna “occuparsi”: nella possibilità che si presenti un’altra ondata, bisogna fare quello che non s’ è fatto fino ad oggi. Aumentare il numero dei posti letto, di medici e personale sanitario con competenze specifiche. Costruire linee guida adeguate per le terapie domiciliari. La variante indiana? Demistifichiamo il tema. Dall’inizio dell’epidemia, di varianti ce ne sono state migliaia. Molte sono neutre, alcune sono migliorative, altre peggiorative. Le varianti tendono complessivamente ad assicurare al virus maggiori possibilità di adattarsi al corpo umano. Quindi, una variante più letale, poiché uccide gli ospiti-vettori, è evolutivamente svantaggiosa e non tenderà a prevalere. La variante indiana non ha un indice di letalità superiore alle altre, ma sembra più contagiosa. Delle varianti si sta facendo un uso terroristico.Io contesto i bollettini giornalieri dei positivi: la comunicazione quotidiana, che non avviene in altre nazioni, non è utile e genera ansia. La finestra temporale di osservazione di un fenomeno dipende dal ciclo del fenomeno stesso. E un andamento epidemiologico in cui lo stato infettivo si ritiene estinto, se non ci sono complicanze, dopo 7-8 giorni, andrebbe valutato settimanalmente. La cabina di regia fa monitoraggi settimanali, giustamente: allora perché ci bombardano tutti i giorni con i dati? È sbagliato preoccuparsi in assoluto del numero di positivi. Qui c’è una confusione semantica: si è confuso il numero di persone positive con il numero di persone realmente infettanti. Un positivo non è necessariamente infettante. E anzitutto, qualunque test può dare risultati errati. Ad esempio? Falsi positivi e falsi negativi. Altri errori possono essere ascritti alla procedura di raccolta del campione. Nel caso dei test nasali, l’operatore sanitario può aver paura di infastidire il paziente, infilandogli il bastoncino fino alla base del naso.Su questi temi, la Società Mondiale di Patologia ha proposto un articolo, attualmente in revisione, in cui si suggeriscono alternative per migliorare la capacità diagnostica. Il test molecolare può essere falsato a causa del crossover con altri coronavirus o per la presenza di frammenti di Rna che vengono eliminati dall’ospite in assenza di virus replicante. Alludo ai cicli di amplificazione dei tamponi: il test non individua il virus, bensì i frammenti dell’Rna. Ma se il test li rileva, questo non significa che il positivo sia infettante. Al di sopra di 33 cicli di amplificazione, è stato visto che solo in pochi casi i soggetti testati albergano virus vitali. Dunque, non possono trasmetterli. Dei positivi che verranno conteggiati oggi, il 70-90% non sono realmente infettivi. Fonte: diversi studi scientifici, citati addirittura dal “New York Times” (di certo non un giornale “negazionista”), in un articolo dal titolo eloquente: “Il tuo test per il coronavirus è positivo? Forse, non dovrebbe esserlo”. Il riferimento era a una ricerca condotta in quattro Stati americani, secondo cui il 90% dei positivi è risultato “virus free”.Altro “caso”: i 35 positivi della Scala rilevati a marzo scorso. Test ripetuto, si scopre che 34 su 35, il 97%, erano falsi positivi. Ma intanto il “focolaio” era finito su tutti i giornali. Questo, tra l’altro, spiega perché nella stragrande maggioranza dei casi i positivi non presentino sintomi. La diagnosi va fatta in presenza di tosse, febbre e possibilmente evidenze radiologiche. Il tampone non basta. E per lo screening, l’esame utile è il test sierologico, che verifica la presenza degli anticorpi. Quanto all’indice Rt, è criticato da tutta la comunità scientifica. “Nature” ha scritto che si tratta di una «mostruosità». Lo si usa perché è semplice e comodo, ma non ha valore predittivo: inquadra una situazione in modo statico. Su “Nature” abbiamo proposto un altro indice: misura il rapporto tra le variazioni differenziali “in uscita”, cioè il numero di guariti, e “in entrata”, cioè il numero degli infetti. È un indice dinamico, che valuta la velocità con cui procede l’epidemia. Cosa cambia? All’inizio dell’epidemia, ci saranno tanti infetti e pochi guariti; alla fine, ci saranno tanti guariti e pochi infetti. Ebbene, quando le due curve (che procedono come una forbice) si incrociano, significa che l’epidemia è in fase calante. Oggi? Sì, siamo nella fase calante.Questo metodo ci consente anche di individuare subito un’eventuale nuova ondata: quando il numero dei nuovi infetti inizia a superare quello dei guariti. Ma abbiamo tirato fuori anche un altro indice, che misura la gravità dell’epidemia. Consiste nel rapporto tra i ricoveri in terapia intensiva e i decessi. Con questo parametro, si sana anche l’apparente discrepanza tra Regioni. Nel corso della prima fase, sembrava che in Lombardia si fosse scatenato l’inferno e nel Sud non stesse succedendo niente. Se invece si mettono a confronto le curve dei ricoveri in terapia intensiva, si vede che queste hanno lo stesso andamento in tutte le Regioni. Il nostro modello, comunque, fa sorgere un altro quesito: perché, su 100 decessi, mediamente il 50% viene registrato in ospedale, mentre gli altri avvengono a casa?Evidentemente, queste persone erano già allettate a casa: anziani gravati da tante altre patologie, morti dopo aver contratto il Covid mentre già stavano comunque morendo a causa delle altre malattie.C’è un modo semplice per capire come sta impattando il Covid sulla mortalità: confrontiamo i tassi di mortalità con quelli dello stesso periodo, prima della pandemia. Per scoprire cosa?Che – dati Istat – da dicembre 2020 a oggi, non c’è nessun aumento di mortalità rispetto al periodo precedente. Questo significa che stiamo conteggiando tra i morti di Covid persone che sarebbero morte comunque. Purtroppo, in futuro, la mortalità potrebbe tornare a salire, dato che – a causa delle restrizioni di accesso al sistema sanitario per i non-Covid – molti malati sono curati e seguiti in modo inadeguato. Per non parlare delle malattie da stress che stanno emergendo. Tirando le somme: l’attendibilità e precisione dei dati di cui disponiamo è lungi dall’essere soddisfacente. E questa incertezza costituisce la base delle decisioni politiche. Suggerimenti? Primo: adottare un atteggiamento meno assertivo e una comunicazione non esasperata.È inopportuno, il termine “lockdown”. Se lo chiami quarantena, cambia tutto. Perché la quarantena serve a impedire che il virus circoli, ma dopo un certo periodo le chiusure prolungate hanno scarsa efficacia. Sul fatto che i lockdown servano o meno, non c’è alcuna prova scientifica definitiva. Gli studi condotti sono in disaccordo. Certo, le discussioni sarebbe meglio non farle in Tv: si rischia di scadere nella spettacolarizzazione, e di generare confusione e smarrimento. Altri consigli? Abbiamo un’esperienza maturata da 30.000 medici del territorio che hanno curato i malati. Spessissimo con successo, se la malattia viene trattata nelle fasi iniziali. Come ha detto Alberto Zangrillo, questa malattia si combatte solo ridando dignità e scopo ai medici di base, che oggi sono ridotti a burocrati. Poi vanno coinvolti i rettori dei maggiori atenei perché forniscano una selezione dei migliori competenti: non solo virologi, ma epidemiologi, intensivisti, specialisti in malattie infettive.Obiettivo: costruire una convention nazionale che elabori una strategia complessiva. Piuttosto che affidarsi a una fondazione privata, i modelli epidemiologici dovrebbero essere messi a punto dagli epidemiologi delle università. E occorre investire sulla ricerca. Finora, soldi per studiare il Covid – a parte i vaccini – non si sono visti. Ma i vaccini, da soli, non bastano. Una pandemia si affronta pensando alla prevenzione, alla profilassi e alla cura. E per farlo, servono i soldi. Li abbiamo trovati per i monopattini e non per la ricerca. Qualcuno dovrebbe spiegare perché. Ultima considerazione: basta, col terrorismo. Dobbiamo dare un messaggio calibrato, ma rassicurante. L’epidemia non si combatte deprimendo la gente.(Mariano Bizzarri, dichiarazioni rilasciate ad Alessandro Rico per l’intervista “I vaccini non bastano, servono cura e prevenzione”, pubblicata da “La Verità” e ripresa da “Dagospia” il 3 maggio 2021. Il professor Bizzarri dirige il laboratorio di Biologia dei Sistemi nel dipartimento di medicina sperimentale della Sapienza, a Roma, ed è segretario della Società Mondiale di Patologia Clinica. Insieme a un team di esperti dell’ateneo romano, ha pubblicato su “Nature Scientific Report” uno studio statistico sul Covid-19).Alcuni paventano che le riaperture inneschino la quarta ondata? Quelli che lo affermano sono gli stessi che, un anno fa, paventavano 150.000 persone in terapia intensiva nel mese di giugno. Qui non bisogna “pre-occuparsi”, bisogna “occuparsi”: nella possibilità che si presenti un’altra ondata, bisogna fare quello che non s’ è fatto fino ad oggi. Aumentare il numero dei posti letto, di medici e personale sanitario con competenze specifiche. Costruire linee guida adeguate per le terapie domiciliari. La variante indiana? Demistifichiamo il tema. Dall’inizio dell’epidemia, di varianti ce ne sono state migliaia. Molte sono neutre, alcune sono migliorative, altre peggiorative. Le varianti tendono complessivamente ad assicurare al virus maggiori possibilità di adattarsi al corpo umano. Quindi, una variante più letale, poiché uccide gli ospiti-vettori, è evolutivamente svantaggiosa e non tenderà a prevalere. La variante indiana non ha un indice di letalità superiore alle altre, ma sembra più contagiosa. Delle varianti si sta facendo un uso terroristico.