Archivio del Tag ‘Azione civile’
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Grillo, Ingroia e Salvini? Non facciano la fine di tutti gli altri
Cari Grillo, Ingroia e Salvini: se avete tempo per leggere tre brevi messaggi “tweet”, eccoveli. Grillo: grazie per tutto quello che hai fatto, ma ora il Movimento 5 Stelle proceda con le sue forze. Ingroia: il tuo riferimento sia Paolo Borsellino, non la “sinistra”. Salvini: archivia il Cavaliere, o fallirai anche tu. Firmato: Simone Santini, già coordinatore di “Alternativa”, laboratorio politico-culturale fondato da Giulietto Chiesa. Un triplice appello, sotto forma di tre brevi lettere aperte, pubblicate da “Megachip”. Santini ben rappresenta l’elettorato italiano sfinito dalle vane contorsioni della politica, presa al laccio dalla Troika del rigore neoliberista che impone il taglio selvaggio del benessere diffuso e la dittatura del “mercato”, cioè dell’oligarchia finanziaria dei “padroni dell’universo”. Nell’Italia che sprofonda nella catastrofe socio-economica, proprio Grillo, Ingroia e Salvini hanno tentato di arginare l’oceano dell’astensionismo, ma senza finora mettere in campo un’alternativa praticabile: Grillo auto-sabotato dalla sua stessa autocrazia, Ingroia usato come paravento presentabile tra le macerie dell’ex “sinistra arcobaleno”. Salvini? Messo in pericolo, oggi, dall’alleanza col vecchio centrodestra.Grillo ha appena nominato uno staff politico, una sorta di segreteria. Era ora, dice Santini, a patto che questo team rappresenti davvero il movimento e quindi si trasformi rapidamente «da nominato in elettivo, altrimenti non cambierebbe nulla». Lo staff politico «non dovrà essere un organo direttivo classico», il suo compito «non sarà quello di “decidere”, ma di facilitare e coordinare i processi decisionali collettivi». Finora, le decisioni stratetgiche «sono state semplicemente enunciate». Esempio: chi ha scelto, e con quali criteri, il programma delle europee e poi la raccolta firme per il referendum consultivo sull’euro? «Al di là che il programma elettorale o il referendum possano essere stati condivisi, a posteriori, dalla maggioranza dei militanti, non dovrà più accadere che tali decisioni di fondamentale importanza vengano calate dall’alto». Altrimenti, continua Santini, «quale sarebbe la differenza tra un Grillo (o uno staff che operasse allo stesso modo) e un Renzi, che almeno deve far finta di confrontarsi con la direzione del Pd?». Quanto alle nuove aperture per possibili alleanze, va bene «un accordo transitorio per eleggere un presidente della Repubblica più decente di un altro». Ma il dialogo, più che coi partiti, va impostato con «spezzoni di società (anche organizzati in movimenti o partiti veri e propri)», che possano «almeno potenzialmente rappresentare una reale alternativa al sistema di potere e al modello socio-economico attualmente imperante».Quanto a Ingroia, “reclutato” da Di Pietro e dai rottami dell’ex “sinistra radicale” per guidare la lista “Rivoluzione Civile” alle politiche 2013, secondo Santini il suo prestigio di magistrato coraggioso sarebbe degno di miglior causa, visto anche che le sue inchieste sono stati «di grande importanza per la crescita morale della nostra nazione». In politica, però, prestazioni meno brillanti: già la prima aggregazione, “Cambiare si può”, prima tappa del percorso fondativo di “Rivoluzione Civile”, era viziato dalla presenza-fantasma «dei partiti tradizionali della sinistra, dietro la patina di alcuni rappresentanti della società civile», cosa che «ne vanificò il potenziale di novità e reale cambiamento». Poi la nascita di “Azione Civile”, senza più partiti “clandestini”, ma senza presa sul pubblico: «Credo che lo spazio politico per quel progetto si sia quasi definitivamente consumato», scrive Santini. «La speranza tra i più fiduciosi che aveva destato la lista “L’Altra Europa con Tsipras” sta partorendo ciò che i meno fiduciosi avevano intravisto fin da subito: un agglomerato dei partitini della sinistra istituzionale che avrà nel suo deprimente orizzonte l’oscillazione tra l’opposizione al renzismo a livello nazionale e la collaborazione col sistema di potere del centrosinistra a livello locale (perfettamente interscambiabile con quello del centrodestra, allo stesso modo irriformabile e cancerogeno)».Qualunque progetto politico di «emancipazione dalla dittatura del presente», secondo Santini non ha alcuna possibilità di successo, in Italia, se non afferma radicalmente il principio della “legalità democratica” largamente inteso. Ovvero: «Debellare le mafie al sud come al nord, scoperchiare il verminaio del terzo e quarto livello» che trasforma il nostro in uno “Stato criminale”, per dirla con Ingroia. E poi, ovviamente, sconfiggere la corruzione. «La tua grande esperienza e credibilità su queste tematiche – scrive Santini nel suo appello a Ingroia – non deve essere messa a disposizione di una sola parte politica, ma di tutte quelle forze sane, da qualunque parte stiano, che volessero davvero intraprendere un percorso rivoluzionario». Aggiunge Santini: «Non ho bisogno di ricordarti che il tuo maestro Paolo Borsellino avesse simpatie politiche di destra, ma egli fu prima di tutto un autentico uomo dello Stato nel senso più alto del termine, un servitore del popolo, di tutto il popolo». E dunque: «Anche se non indossi più la toga, Antonio, sei ancora un uomo del vero Stato, non rinchiuderti negli spazi della sinistra ma poniti al servizio di un progetto il più largo possibile».Quanto al nuovo leader della Lega Nord, è impossibile non riconoscergli una vocazione trasversale, adatta ai tempi d’emergenza che viviamo: «A volte i percorsi politici compiono traiettorie imprevedibili», gli scrive Santini. «Non avrei mai pensato di dirlo, ma sei il politico che ho seguito con più attenzione in questo ultimo periodo. Ho davvero apprezzato un paio di posizioni che tu e il tuo movimento avete assunto. La prima, pressoché solitaria per nettezza nel panorama asfittico italiano, sul tema della pace in Europa, ovvero del colpo di stato in Ucraina, della guerra civile e dell’“aggressione occidentale” alla Russia. La seconda è la raccolta firme per cancellare, tramite referendum, la cosiddetta riforma Fornero». Santini mette tra parentesi il tema controverso della lotta all’immigrazione e quello, ancora più scomodo, della crociata contro l’euro. Metafora: «Un uomo (l’Italia) si trova alla deriva su una nave (l’euro) in mezzo all’oceano (il sistema finanziario globalizzato). La nave imbarca acqua pericolosamente, una tempesta minacciosa si avvicina, l’uomo per salvarsi si butta in mare ma si trova pur sempre in mezzo all’oceano e con tempeste minacciose che incombono su di lui».Nella sua sacrosanta battaglia sovranista per ripudiare l’euro, infatti, la Lega rivela una visione fondata sul mercantilismo: vede la rottamazione dell’euro come volano per rilanciare l’export, ma trascura l’enorme potenzialità della moneta sovrana per inaugurare una politica neo-keynesiana fondata sull’investimento pubblico vocato alla piena occupazione. Ad esempio, il programma della Mmt messo a punto da Warren Mosler e Paolo Barnard prevede il taglio del debito non-sovrano e la fine dei titoli di Stato: una rivoluzione democratica, al centro della quale l’istituzione pubblica ridiventa il massimo garante del benessere della cittadinanza, neutralizzando la speculazione finanziaria privata proprio grazie alla libera emissione di moneta, orientata al sostegno della riconversione sociale ed ecologica dell’economia. La Lega di Salvini preferisce annunciare una “rivoluzione fiscale” tranciante, con un’aliquota fissa al 15%, uguale per tutti. Proposta che, per Santini, «coglie un nesso fondamentale: la riduzione delle tasse non può che nascere da uno storico patto fiscale tra istituzioni e popolo», ma in ogni caso «non può essere disgiunta da una rigorosa equità contributiva e sociale, ovvero da una ampia “legalità democratica”».Sfide in ogni caso radicali, quelle impostate da Salvini: l’unico, oggi in Italia, a dichiarare guerra all’establishment tecnocratico che da Bruxelles tiene al guinzaglio il paese, condannandolo all’asfissia. Santini lo riconosce, ma interroga il leader della Lega sul percorso politico da adottare: «Ti chiedo, caro Salvini, al di là della ricerca elettoralistica del consenso, con chi ritieni di poter affrontare queste battaglie epocali? Con il centrodestra? Vuoi fare una rivoluzione di sistema con Berlusconi? Con i Gasparri e le Santanché? Soprattutto con tutto il carrozzone delle cricche affaristico-mafiose su cui quegli ambienti prosperano?». Conclusione: «Se ritieni davvero di determinare una qualche sorta di egemonia culturale su quell’area, ti faccio i migliori auguri. Ti auguro sinceramente di non fare la fine di Bossi». Salvini – alleato di Marine Le Pen contro la gestione autoritaria dell’Ue e solidale con Putin rispetto all’aggressività della Nato – è il politico italiano che oggi si presenta disponibile a scelte di rottura. Santini gli dedica un tweet: «#Salvini, rompi con B. o cadi».Cari Grillo, Ingroia e Salvini: se avete tempo per leggere tre brevi messaggi “tweet”, eccoveli. Grillo: grazie per tutto quello che hai fatto, ma ora il Movimento 5 Stelle proceda con le sue forze. Ingroia: il tuo riferimento sia Paolo Borsellino, non la “sinistra”. Salvini: archivia il Cavaliere, o fallirai anche tu. Firmato: Simone Santini, già coordinatore di “Alternativa”, laboratorio politico-culturale fondato da Giulietto Chiesa. Un triplice appello, sotto forma di tre brevi lettere aperte, pubblicate da “Megachip”. Santini ben rappresenta l’elettorato italiano sfinito dalle vane contorsioni della politica, presa al laccio dalla Troika del rigore neoliberista che impone il taglio selvaggio del benessere diffuso e la dittatura del “mercato”, cioè dell’oligarchia finanziaria dei “padroni dell’universo”. Nell’Italia che sprofonda nella catastrofe socio-economica, proprio Grillo, Ingroia e Salvini hanno tentato di arginare l’oceano dell’astensionismo, ma senza finora mettere in campo un’alternativa praticabile: Grillo auto-sabotato dalla sua stessa autocrazia, Ingroia usato come paravento presentabile tra le macerie dell’ex “sinistra arcobaleno”. Salvini? Messo in pericolo, oggi, dall’alleanza col vecchio centrodestra.
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Lista Tsipras: questo nome vi ricorda ancora qualcosa?
Alexis Tsipras, chi era costui? Ah sì, il leader di “Syriza”, una sinistra vincente in Grecia. E la Lista Tsipras italiana? «Il simbolo rosso, la campagna elettorale tra culi e speranze», il risultato alle europee «tutto sommato positivo, considerato lo scontro totalizzante in corso tra Renzi, Grillo e Berlusconi che oscurava il resto». Un mezzo miracolo, la conquista della soglia-salvezza del 4%, «considerati i soldi, pochissimi», nonché «il simbolo sconosciuto ai più e il nome di un leader difficile anche solo da pronunciare». Allora, dov’è finita la Lista Tsipras? Già praticamente scomparsa. Forse perché «la sinistra ha un grande nemico da combattere: se stessa», ipotizza Matteo Pucciarelli. Prima l’affare Barbara Spinelli, «ennesima figura poco edificante di una sinistra che predica in un modo ma il giorno dopo razzola in un altro», poi la deflagrazione di Sel («nota tutto sommato non proprio negativa, visti i personaggi che se ne sono andati»). Neanche il tempo di festeggiare, ed ecco «il disastro, la rarefazione», il suicidio politico.Alla vigilia delle europee, Aldo Giannuli (già esponente di Rifondazione) fu lapidario: il voto a Tsipras è sprecato, perché quella lista non ha in sé alcun germe di futuro. Pucciarelli è stato invece “simpatizzante” della formazione promossa da Barbara Spinelli, e ad agosto ha fatto una telefonata «a chi forse poteva rispondere alla domanda iniziale: scusa, che fine ha fatto la Lista Tsipras?». La risposta, Pucciarelli la pubblica su “Micromega”. Il “personaggio” interpellato sintetizza: la lista ha centrato il 4% miracolosamente, grazie a Sel e al Prc, «e poi s’è praticamente eclissata dal dibattito politico nazionale», in cui impazza il renzismo rottamatore. Gli unici a fare opposizione, riuscendo anche a dire “qualcosa di sinistra”, sono i “grillini” e i reduci di Sel. Proprio il partito di Vendola è al centro del dibattito-fantasma in corso tra gli ex attivisti della Lista Tsipras: «La corrente più forte dice che Sel è la morte, non ci si può assolutamente mai alleare con il Pd manco sui singoli provvedimenti, neanche a livello territoriale, perché il Pd, come Sel, è la morte. Per loro, per essere brevi e schematici, allearsi con il Pd (magari sull’immigrazione) è come allearsi con la Lega Nord (sul NoTav)», scrive l’informatore di Pucciarelli.Altro capitolo depressivo, il dibattito-ombra sulla possibile candidatura della Lista Tsipras alle elezioni regionali della primavera 2015: «Non abbiamo la forza politica né mediatica per candidarci a marzo», scrive la fonte. «Se volevano candidarsi, dovevano lavorare a questo già dal 27 maggio, cosa che non è stata (scientemente?) fatta. Per ricostruire qualcosa dovevamo cominciare ieri. Per dire che siamo in ritardo, e ogni giorno che passa la lista muore di più». Il 19 luglio, gli attivisti hanno varato un coordinamento che si impegnasse almeno a promuovere qualche campagna politica in autunno (su scuola, immigrazione, reddito minimo). Problema: il coordinamento è affollato di 221 persone, «una follia». Ci sono dentro praticamente tutti: ex candidati, ex garanti, ex comitato operativo, nonché dirigenti di Sel, Prc e “Azione Civile”, e «interi comitati territoriali», che in alcune regioni hanno “cammellato” il coordinamento (per il Lazio, 35 delegati). «Tu immagina cosa può venire fuori da questo coordinamento: se ci va bene non ne viene fuori nulla, se va male – come temo – verrà fuori una guerra tra bande su ogni minima questione».Inoltre, a parte il coordinamento, la lista è ora “suddivisa” in 7 gruppi, che affrontano temi come democrazia, Costituzione, welfare, lavoro. Gruppi troppo folti, suddivisi in sotto-gruppi. Il problema? «Non si vota niente, e quindi alla fine nessuno decide nulla». E i tre europarlamentari eletti, nel nome di “Un’altra Europa”? Non pervenuti: «Sono talmente scollati dal resto della lista che ormai sono tre pianeti a sé stanti che a stento si confrontano anche tra di loro», conclude la fonte. «Purtroppo non c’è trasparenza da parte loro, né la lista riesce a imporsi in questo senso». Un report «deprimente», di cui Pucciarelli tende a fidarsi a occhi chiusi. Il giornalista di “Micromega” crede ancora nella necessità di rifondare una sinistra in Italia, nonostante questo ennesimo disastro. Per contro, nessuna delle forze che hanno promosso Tsipras – Sel, Rifondazione – ha mai neppure lontanamente accennato a criticare i fondamenti economici del regime eurocratico, la confisca della moneta sovrana per poi procedere allo smantellamento dello stato sociale col pretesto del debito pubblico. Gli eurocrati possono continuare a dormire sonni tranquilli, anche nel caso – molto improbabile – in cui la defunta Lista Tsipras dovesse un giorno resuscitare.Alexis Tsipras, chi era costui? Ah sì, il leader di “Syriza”, una sinistra vincente in Grecia. E la Lista Tsipras italiana? «Il simbolo rosso, la campagna elettorale tra culi e speranze», il risultato alle europee «tutto sommato positivo, considerato lo scontro totalizzante in corso tra Renzi, Grillo e Berlusconi che oscurava il resto». Un mezzo miracolo, la conquista della soglia-salvezza del 4%, «considerati i soldi, pochissimi», nonché «il simbolo sconosciuto ai più e il nome di un leader difficile anche solo da pronunciare». Allora, dov’è finita la Lista Tsipras? Già praticamente scomparsa. Forse perché «la sinistra ha un grande nemico da combattere: se stessa», ipotizza Matteo Pucciarelli. Prima l’affare Barbara Spinelli, «ennesima figura poco edificante di una sinistra che predica in un modo ma il giorno dopo razzola in un altro», poi la deflagrazione di Sel («nota tutto sommato non proprio negativa, visti i personaggi che se ne sono andati»). Neanche il tempo di festeggiare, ed ecco «il disastro, la rarefazione», il suicidio politico.