Archivio del Tag ‘carcere’
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Silenzio sulla droga, il maggior distruttore di identità
Non si parla più di droga, del suo consumo sempre più smodato, degli innumerevoli utenti al fior di latte, degli altri dal folto pelo sullo stomaco. Non se ne parla e basta, e se proprio siamo obbligati dal chiacchiericcio, lo facciamo quando qualcuno ci lascia le pelle, oppure quando un personaggio assai famoso, confessa di farne uso per i motivi più disparati, mentre si tratta unicamente di un consumo disperato che diventa disperante.
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Fratello Lupo, l’angelo francescano delle nostre prigioni
Sfogliando un quotidiano ho letto di Frà Beppe Prioli, meglio conosciuto come Fratello Lupo, e della sua opera di bene instancabile, di fatica e sacrificio in dono ai più poveri, agli ultimi, gli invisibili. La sua è storia che va avanti da quattro decenni, e non credo avrà mai fine, perché sono molti gli uomini che ha contaminato con la sua fede e passione per una nuova cultura della legalità, della giustizia, del perdono che possono e devono andare incontro a tutti, innocenti e colpevoli.
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Suicidi in cella: finalmente liberi, con le gambe in avanti
Corre l’anno 2010 e mi continua a colpire l’indifferenza, la disattenzione, con cui si prende atto che in carcere ci si ammazza a vent’anni, a quaranta, a sessanta, nel silenzio più colpevole, ma ciò non provoca alcun brivido, se non quello di prendere per il bavero l’intelligenza. In questo bailamme di disegni sgangherati, di giustizia dell’ingiustizia, e di ingiustizia della giustizia, in questo abisso: alla prima curva non c’è più a fare da ponte l’uomo, ma lo spettro di una disumana accettazione.
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Sicurezza e rieducazione, in un carcere meno feroce
Ho partecipato a un incontro pubblico in un comune del pavese, il tema: sicurezza e rieducazione. Come se questo diritto e questo dovere inalienabili, fossero improvvisamente percepiti come ingannevoli, poli opposti che non debbono convergere, perché fondamenta di una architettura malamente consumata. Eppure si tratta di diritto e rovescio della stessa partita da giocare, insieme, e non del risultato di una informazione malata, di una incapacità comunicazionale, di una notizia moltiplicata per mille, un fucile imbracciato così male da essere puntato nel mucchio
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Verità per Stefano Cucchi, massacrato e lasciato morire
Non vi aspettate un politico. Né un artista. Né un premio Nobel o uno sportivo. No, il “personaggio” dell’anno è un ragazzo che non c’è più. Non era un eroe di guerra, né tantomeno un operatore umanitario ostaggio della guerriglia. Non era un ragazzo perfetto, né uno studente modello, né un volto televisivo. Era un ragazzo normale, con i suoi problemi e la sua famiglia a sostenerlo. Con i suoi amici, la palestra e la Lazio allo stadio la domenica. Sì, anche con problemi di droga, è vero. Problema diffuso che tocca trasversalmente la società: vecchi e giovani, agiati e poveri, operai e imprenditori. Del resto anche l’acqua contaminata dei fiumi, come a Firenze, lo testimonia.
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Buon Natale, figlioli: vi amo, dal mio ergastolo
Quando siete nati il mio cuore era pieno di stelle e di sogni. Avevo sognato per voi tutto quello che avevo sognato io da bambino. Poi è arrivato il carcere e la condanna e sono partito per un lungo viaggio. Sono partito, ma non sono mai andato via dal vostro cuore, né voi dal mio. Nei peggiori momenti del mio viaggio i vostri cuori non mi hanno mai lasciato, vi ho sempre sentiti attorno al mio cuore. La vostra immagine è sempre stata nei miei occhi e il vostro sorriso ha sempre illuminato il mio viaggio.
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Gli ergastolani al Papa: siamo già morti, senza speranza
Santo Padre, siamo degli ergastolani, dei condannati a essere colpevoli e prigionieri per sempre, ergastolani con l’ergastolo ostativo ad ogni beneficio. Santo Padre, molti di noi sono in carcere da 20, 30 anni, altri di più, senza mai essere usciti un solo giorno, senza mai un giorno di permesso con la propria famiglia. Molti di noi sono entrati da ragazzi adolescenti e ora sono quarantenni destinati ad invecchiare in carcere, altri erano giovani padri e ora sono nonni con i capelli bianchi.
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Andraous: il popolo della galera e la giustizia ingiusta
Quante volte abbiamo scritto su quel perimetro deliberatamente dimenticato qual è il carcere, infinite volte ai silenzi assordanti sono seguiti sofismi e editti che sono rimasti lettera morta. Grosse fette della Società, delle Istituzioni, dei Governi, hanno speso parole e intenzioni, ma opere ben poche, se non quelle del redigere rapporti di morti sopravvenute e di utopie tutte a venire: nonostante le dimensioni di una disumanità ormai divenuta regola, di un moltiplicarsi tragico di suicidi, di autolesionismi, di miserie umane così profondamente deliranti. Senza più una professione di fede, neppure quella della strada.
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Uomini in cella, la giustizia e il coraggio della coscienza
Quando si parla di carcere, di pena, di giustizia, in ballo non c’è soltanto l’equità degli uomini, la democrazia di un paese, la capacità della società di non cadere nell’oblio delle assenze, dell’indifferenza. Il carcere è stracolmo di colpa, di dolore cieco, di corpi differenti, di linguaggi della memoria e delle relazioni ridotti all’ammasso. Quanto più forte è uno Stato, più forte è il diritto di indignarsi di quanti non vedono riconosciuti i propri diritti: fare giustizia significa sanare una ferita, una lacerazione, costringendo il dolore a trasformarsi nella sofferenza, nella scoperta di essere meno indifesi e impreparati se esiste la possibilità concreta di affidarsi agli altri, a quegli altri che siamo noi.
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Prigione più umana, detenuti in sciopero della fame
Due giornate di protesta pacifica e sciopero della fame per dire basta alle condizioni disumane di detenzione. Queste le iniziative dei detenuti italiani, il 1° e il 10 dicembre, per riportare l’attenzione sul sistema carcerario e chiedere l’attuazione di una riforma. I giorni della protesta pacifica non sono stati scelti a caso: il 1° dicembre ricorrono le mobilitazioni avvenute nei penitenziari nel 2007 e nel 2008, mentre il 10 si celebra la giornata internazionale dei diritti umani. Sfibrati e consumati dalle dure condizioni di detenzione, i carcerati chiedono l’applicazione di misure alternative e trattamenti più equi.
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Giustizia: non abbandonare nessuno al proprio destino
C’è una distesa di sangue e di corpi intorno a noi, è scompaginata la storia sotto di noi, è in atto un vero e proprio abbattimento dei sentimenti. Scorrono le immagini alla tv, le foto sui quotidiani, i labiali dei commentatori sembrano ghigni, alla meno peggio scrollate di spalle, l’obiettivo da raggiungere è convincere, non stabilire come lo si fa. Eppure in carcere il cittadino muore a ritmo di sei detenuti al mese, in strada si cade tumefatti da entità invisibili, si spara alle spalle, alla testa, nel mucchio, è tutto un video show che non trattiene commozione, unicamente scariche di adrenalina a poco prezzo, infatti “non succede a me, accade agli altri”.
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Emergenza carceri: taglio alla spesa, record di suicidi
Circa un terzo dei detenuti che ogni anno muoiono nelle carceri italiane si toglie la vita. Nel 2009, a metà novembre, i suicidi sono già 63, mentre nel 2008 erano stati in totale 46. «Dal 2000 ad oggi sono morti in carcere 1.537 carcerati: di questi ben 547 si sarebbero tolti la vita», scrive Benedetta Guerriero su “PeaceReporter”, analizzando il dossier “Morire di carcere” redatto da Ristretti Orizzonti, il giornale dalla Casa di Reclusione di Padova e dall’Istituto di Pena Femminile della Giudecca che dal 1998 cerca di dare voce ai detenuti e ai loro problemi. Più detenuti e meno fondi: tagli di cui fanno le spese gli stessi agenti penitenziari.