Archivio del Tag ‘Cavaliere’
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Schulz, l’euro-presidente che minaccia gli elettori italiani
Cari italiani, non votate Berlusconi, perché, testualmente, «ha già mandato una volta l’Italia in fondo al baratro, con un’azione di governo irresponsabile». Sembra una comune esternazione da Bar Sport, ma così non è. Perché ad esprimersi in quei termini non è solo un politico, ma un politico tedesco. Peggio: è il presidente del Parlamento Europeo, garante – in teoria – di alcune regole civili e democratiche. In teoria: perché, invece, del più elementare rispetto per le altrui libertà, a partire da quella elettorale, il “compagno” Schultz, socialdemocratico di ferro, evidentemente non sa proprio che farsene. Un’arroganza volgare da piccolo boss, più che da “kapò”, epiteto con cui lo bollò il Cavaliere nel 2003. Con un paternalismo sconcertante, “herr Schulz” – sempre in teoria, presidente anche nostro, in quanto massimo garante dell’Europarlamento – esprime «grande fiducia negli elettori e nelle elettrici italiane», che «faranno la scelta migliore per il loro paese», bocciando ovviamente l’uomo di Arcore che «con le sue avventure sessuali ha già messo l’Italia nei guai».
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Perché Berlusconi non attacca il Pd per lo scandalo Mps
«Non voglio espormi dando un giudizio su qualcosa che non conosco bene e su un’istituzione a cui voglio bene». Avrebbe potuto pronunciare parole di fuoco sulla banca rossa, e sui legami tra Monte dei Paschi e il gruppo dirigente del Pci-Pds-Ds, proprio come accadde ai tempi del caso Unipol. E invece stavolta Silvio Berlusconi evita la polemica: non solo rinuncia all’attacco, ma depotenzia le raffiche velenose del Pdl sui fondi che il governo ha dato in prestito all’Mps. Una cifra, dicono Alfano e Cicchitto, pari ai soldi incassati con l’Imu. Ma Berlusconi rinuncia all’affondo. Il nesso tra Mps e Imu? «Credo sia una coincidenza casuale a cui non credo si debba dare importanza». Motivo di tanta prudenza? La “banca rossa”, pilotata dal Pd, è la stessa che supportò il sistema di potere di Berlusconi. Lo racconta Alessandro De Angelis su “Huffington Post”: proprio a Siena si incrociano i grandi affari del Cavaliere e quelli dell’ex Pci.
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Il ritorno di Berlusconi: nel 2013 sarà l’ago della bilancia
Non occorreva grande perspicacia per sapere con certezza che il Cainano sarebbe tornato anche ufficialmente a capo del Pdl. Bastava conoscere un po’ la sua indole, ma soprattutto guardare la faccia di Alfano e leggere le firme dei cervelloni che ne magnificavano le doti di leader, l’irresistibile ascesa, lo smarcamento da B., il programma anzi l’“agenda” per un “nuovo centrodestra” moderno, liberale, europeo, moderato, finalmente scevro da conflitti d’interessi, e vaticinavano per il Cavaliere un ruolo da “padre nobile”. Era chiaro a tutti, fuorché ad Alfano e ai laudatores di corte, che mai, per quanto acciaccato e bollito, il Cainano avrebbe consentito che quella nullità ambulante dilapidasse quel poco che resta del suo bottino elettorale. E che, al momento buono, sarebbe tornato in prima linea.
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Pd, 3 milioni al voto: Bersani prepari il dopo-Berlusconi
Tre milioni di votanti, cinquantamila volontari in diecimila seggi, decine di milioni di euro raccolti. «Se qualcuno nel Pd ha ancora dubbi sulle primarie è un pazzo», scrive Curzio Maltese su “Repubblica”: «Sono l’elemento più identitario del partito, dal giorno della nascita». Quella del 25 ottobre, secondo Maltese, «è stata una grande giornata per l’unico partito al mondo che coinvolga tanti cittadini nella scelta del segretario, ma soprattutto per la democrazia». Il voto degli elettori ha confermato quello degli iscritti: Bersani è il vincitore, ma Franceschini e Marino non escono sconfitti.
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Marrazzo e le primarie Pd, non può essere solo sfortuna
Di sicuro non se la immaginavano così, questa fredda domenica delle primarie. E certo non alla fine di un percorso interminabile e già costellato – qua e là – di «incidenti» più che imbarazzanti. Non potevano supporre che il colpo finale fosse quello che trovano stampato proprio oggi sulla prima pagina di ogni quotidiano. Magari titoli del tipo «Ricatti e trans, Marrazzo si dimette»: il primo tra i governatori del Pd – per l’importanza della Regione che amministra – costretto, insomma, a gettare la spugna per una storia di “vizi privati”, ricatti non denunciati, carabinieri arrestati e zone d’ombra ancora tutte da rischiarare.
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Attenti al complotto dei poteri forti: quello vero
Nel ‘93, quando gli avvisi di garanzia cominciarono a piovere sulle teste dei potenti e non solo dei cassieri di partito, i seguaci di Craxi gridarono al complotto. Un complotto di magistrati, poteri forti allora incarnati da Cuccia, la Cia e chissà chi altro, per mandare a casa Craxi, Andreotti e Forlani. La favola circolò per molto tempo sui media, nonostante la sua idiozia. C’era stata la caduta del Muro di Berlino, che aveva reso inutile in Italia il mantenimento di una classe dirigente corrotta e responsabile del peggior debito pubblico del mondo. Fine del complotto.
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Ponte sullo Stretto subito, cura del territorio mai
Parlando ad un convegno a Villa Madama con i vertici di Adr e Sea sullo sviluppo del sistema aeroportuale di Roma e Milano, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dimostrato una volta di più, nel caso ce ne fosse stato ancora bisogno, l’assoluta miopia attraverso la quale le istituzioni guardano ai problemi del paese. Nonostante le ferite relative alla recente alluvione di Messina siano ancora aperte e sanguinanti, il Cavaliere si è infatti affrettato a rassicurare i siciliani e gli italiani tutti, in merito al fatto che la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina (non la risistemazione del martoriato territorio messinese ed italiano) rappresenta una priorità dello Stato.
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Berlusconi e la lunga Notte della Repubblica
«Sappiamo bene che la notte della Repubblica berlusconiana è appena agli inizi. E sappiamo altrettanto bene che, con il Cavaliere, a scommettere sul peggio non si sbaglia mai». Così il vicedirettore di “Repubblica”, Massimo Giannini, dopo l’inaudito attacco del premier al Capo dello Stato, cui l’8 ottobre hanno cercato di rimediare i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, confermando la compattezza delle istituzioni democratiche attorno al presidente della Repubblica, nel pieno rispetto della Consulta che ha bocciato il Lodo Alfano. Il 9 ottobre, Giannini rinnova le peggiori preoccupazioni riguardo alla violenta reazione di Silvio Berlusconi
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Gli italiani: perché restare ancora in Afghanistan?
Non sono solo Bossi e Ferrero a chiedere il ritiro del contingente italiano da Kabul. Se il leader leghista auspica una rapida via d’uscita e il segretario di Rifondazione comunista ribadisce che occorre lasciare l’Afghanistan perché l’invasione è figlia della politica di Bush e non ha saputo garantire neppure elezioni libere da brogli, sono gli italiani – secondo i sondaggi – a pretendere che i soldati tornino a casa. Prima ancora dell’ultima strage di Kabul, il 17 settembre, costata la vita a 6 paracadustiti della Folgore, la maggioranza chiedeva il ritiro delle truppe: percentuale, ora, destinata a salire. Lo rivela il “Corriere della Sera”, che cita alcuni tra i maggiori istituti demoscopici.