Archivio del Tag ‘controllo’
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Amoroso: via dall’euro, o facciamo la fine della Jugoslavia
La ricreazione è finita, presto vi dovrete arrangiare anche per le pensioni. Questo, in sintesi, il discorso-choc che il sovrano olandese Guglielmo Alessandro ha rivolto alla nazione: la globalizzazione impone anche all’Olanda l’addio al glorioso sistema del welfare e delle protezioni sociali. E’ l’élite, direttamente, che parla: la stessa élite feudale che si è impadronita della moneta, imponendoci l’Eurozona, per poi dirci: scusate, non ci sono più soldi. Falso. I soldi li “fabbricano” loro, mentre a mancare sono i politici in grado di difenderci. Enrico Letta, che rincorre i diktat della Merkel, governa con Berlusconi, che nel suo videomessaggio del 18 settembre, di fronte alla catastrofe economica dell’Italia, proclama: «Occorre imboccare la strada maestra del liberalismo: meno Stato, meno spesa pubblica». Il liberismo: cioè il tunnel senza uscita del quale siamo già prigionieri, da vent’anni. Attenti, avverte il professor Bruno Amoroso: di questo passo, già a novembre sprofonderemo nel baratro della Grecia, saremo esposti a tempeste mai viste e rischiamo di fare la fine della Jugoslavia.
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Debito, nuovo colonialismo: ma oggi le colonie siamo noi
Dimentichiamo l’“austerità” e tutto il teatrino politico; per riuscire a capire veramente la zona euro, l’unico modo è cercare di comprendere come funziona il modello neocoloniale della finanziarizzazione, perché questo è il motore della zona euro. Nel vecchio modello del colonialismo, la potenza colonizzatrice conquistava o cooptava le élite di potere della regione conquistata e cominciava a sfruttare le risorse e la manodopera della nuova colonia, per arricchire il “centro” dell’impero. Nel neocolonialismo, le forze della finanziarizzazione (debito e leva finanziaria controllati dai cartelli bancari che appoggiano lo Stato) sono utilizzati per obbligare le élite locali e il popolo a stipulare contratti con le banche: le “colonie periferiche” prendono in prestito soldi per comprare i prodotti finiti, venduti dal “core/centro dell’impero”, arricchendo così il centro in due modi: guadagnado con gli interessi che maturano sul debito e facendo una “scrematura” dei beni patrimoniali di maggior valore finanziario, ad esempio quello immobiliare; guadagnando con la vendita dei beni comprati dai debitori.
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Fukushima, Tokyo ammette: il rischio-apocalisse è adesso
Era tutto vero: il pericolo Fukushima comincia solo adesso e il Giappone non sa come affrontarlo. Le autorità hanno finora mentito, ai giapponesi e al mondo intero: Fukushima era una struttura a rischio, degradata dall’incuria. Un impianto che andava chiuso molti anni fa, ben prima del disastro nucleare del marzo 2011. Da allora, la situazione non è mai stata sotto controllo: la centrale non ha smesso di emettere radiazioni letali. Tokyo finalmente ammette che, da mesi, si sta inquinando il mare con sversamenti continui di acqua radioattiva, utilizzata per tentare di raffreddare l’impianto. Ma il peggio è che nessuno sa esattamente in che stato siano i reattori collassati: si teme addirittura una imminente “liquefazione” del suolo. L’operazione più pericolosa comincerà a novembre, quando sarà avviata la rimozione di 400 tonnellate di combustibile nucleare. Operazione mai tentata prima su questa scala, avverte la “Reuters”: si tratta di contenere radiazioni equivalenti a 14.000 volte la bomba atomica di Hiroshima. Enormità: bonificare Fukushima – ammesso che ci si riesca – richiederà 11 miliardi di dollari. Se tutto va bene, ci vorranno 40 anni.
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Watts: facciamo la guerra perché ci manca l’onore dei ladri
Non ho ancora incontrato un santo o un saggio che non avesse qualche debolezza umana. Perché finché ti manifesti in forma umana o animale, devi mangiare a spese di altre forme di vita e accettare le limitazioni del tuo particolare organismo, che il fuoco può ancora bruciare e dove il pericolo ancora fa secernere adrenalina. La morale che possiamo trarre da questa comprensione è innanzitutto il sincero riconoscimento del fatto che dipendi da nemici, sottoposti, gruppi di esclusi, e in realtà da ogni altra forma di vita. Per quanto tu possa essere coinvolto nei conflitti e nei giochi competitivi della vita pratica, non potrai mai più lasciarti cullare nell’illusione che “l’altro che offende” abbia totalmente torto e potrebbe o dovrebbe essere eliminato. Questo ti darà la preziosa capacità di contenere i conflitti in modo che non sfuggano di mano, di essere disposto al compromesso e ad adattarti – di giocare, sì, ma di giocare con serena lucidità.
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Snowden, chi era costui? Qualcuno lo spieghi a Casaleggio
Nell’elenco dei “buoni” figurano personaggi molto controversi: dal Clinton che aprì le porte all’inferno della cupola finanziaria mondiale abolendo la barriera di sicurezza che separava le banche d’affari dal credito commerciale, fino all’attuale presidente Obama che esaltò il fund raising via Internet oscurando i fondi ricevuti dalle peggiori multinazionali dell’orrore – Ogm, Big Pharma, industria della guerra cibernetica. E’ lo stesso presidente che ha dato la caccia a un certo Edward Snowden, l’uomo che l’ha smascherato rivelando al mondo che la tanto decantata Rete è (anche) la più grande infrastruttura planetaria per lo spionaggio di massa. Nel suo intervento al fortino di Cernobbio, santuario blindato dei poteri forti, Gianroberto Casaleggio evita incredibilmente di citarlo, anche se Obama – nel tentativo di acciuffare l’ex consulente Cia-Nsa riparato in Russia – è giunto alla pirateria internazionale sequestrando in Austria il presidente della Bolivia.
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Hollande vuole la guerra: trappola in arrivo per Assad
Mentre Putin avverte l’America direttamente dal “New York Times”, in un editoriale nel quale evoca la Terza Guerra Mondiale, i “ribelli” siriani annunciano il rifiuto della mediazione internazionale della Russia. E a soffiare sul fuoco è Parigi, irritata per il rinvio dell’attacco alla Siria: Hollande vorrebbe far precipitare la crisi secondo il modello Jugoslavia, imponendo al regime di Assad ultimatum inaccettabili come quelli che Milosevic ricevette a Rambouillet. Il piano: far approvare alle Nazioni Unite una risoluzione vincolante, appoggiata anche da Usa e Gran Bretagna, che citi «la necessità di una risposta militare» nel momento in cui Damasco non dovesse rispettare i diktat imposti dall’Occidente sulle modalità di smantellamento degli arsenali. «Se Mosca è riuscita a stoppare missili e bombardieri in nome dell’accordo sulla consegna degli arsenali chimici o non convenzionali in mani siriane alla comunità internazionale – osserva Marco Santopadre – Parigi pretende ora di imporre un tempo limite di soli 15 giorni».
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Wall Street golpista: ancora al potere i killer di Kennedy
C’era un patto segreto tra Kennedy e Khruscev: mettere fine alla guerra fredda, disarmare i missili nucleari e collaborare persino nelle missioni spaziali. L’uccisione di Jfk mise fuori combattimento anche il leader sovietico. Da allora, per decenni, sia a Mosca che a Washington hanno comandato i falchi. Chi erano, negli Usa? Politici, ma in realtà emissari dell’élite finanziaria: Wall Street. Con alle spalle personaggi oscuri, già in affari con la Germania nazista, che dopo la guerra reclutarono nei loro servizi segreti la crema dell’apparato hitleriano di intelligence. Lo sostiene il giornalista investigativo tedesco Mathias Broeckers, autore di un nuovo dirompente libro-inchiesta sulla fine di John Fitzgerald Kennedy: nel 1963, dice Broeckers, è come se fosse finita la democrazia americana, congelata da un colpo di Stato. «In America, la democrazia effettiva tornerà solo quando verrà completamente “sdoganata” la verità sull’omicidio di Dallas». Un giallo per il quale l’allora braccio destro di Nixon, Roger Stone, oggi accusa nientemeno che l’ex presidente George Bush, uomo di Wall Street e dei petrolieri texani. Suo figlio, George Walker, gestirà poi l’altro grande “terremoto opaco” destinato a cambiare il mondo, l’11 Settembre.
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Bugiardi senza vergogna, questa è la loro guerra. Mondiale
Con tutta probabilità il 2013 finirà in guerra. Il colpo contro Damasco viene presentato come “limitato”, “breve”, come un “avvertimento”. In realtà è solo un trucco (questa è una storia di trucchi) per cominciare una guerra lunga. Quanto lunga? Infinita. Cioè fino alla fine. La nostra fine, quella di coloro che leggono queste righe. In realtà è la prosecuzione di una guerra che cominciò l’11 settembre 2001, ma furono in pochi ad accorgersene. E non se ne accorsero perché non avevano capito che l’Impero era entrato in una crisi ormai irreversibile, e che stava cercando di predisporre gli strumenti politici, militari, psicologici per cambiare il corso della storia, e prolungare a tutti i costi (nostri) il suo potere. Siamo dunque in guerra da dodici anni, ma facciamo fatica a capire come mai le cose vanno sempre peggio e come mai gli eventi accelerano la loro caduta verso il basso. È perché, di nuovo, non abbiamo capito bene quello che sta succedendo.
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Ioppolo: macché neoliberisti, sono una cricca di ladroni
Quando a fronte del peggioramento drastico del nostro Pil e dei nostri conti pubblici in soli 16 mesi di sacrifici bocconiani, in Confindustria e in ogni riunione possibile e immaginabile di categoria, locale come nazionale, vengono fischiati tutti i ministri, i politici e gli economisti che propongono altri sacrifici popolari per fare quadrare i conti pubblici sulla base dei suggerimenti/imposizioni che vengono dagli “esperti” finanziari, anche se questo accade senza che ancora venga proposta una alternativa credibile, vuol dire che siamo ormai alla resa finale dei conti tra il mondo del lavoro e quello degli strati parassitari e possidenti. Non lasciamo che ciò assuma forme mostruose. Abbiamo il dovere intellettuale, politico, morale e spirituale di rendere dolce la transizione verso il mondo migliore che emergerà dalla ormai improcrastinabile riforma post-keynesiana delle fondamentali strutture economiche interne e internazionali. Uniamoci e diffondiamo questa conoscenza. Facciamolo con volantinaggi, spamming web, manifestazioni pacifiche, passa-parola, ma facciamolo subito!
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Maxi-debito contro la crisi: così Tokyo smentisce l’Europa
L’ipoteca che pesa sulla “Abenomics”, la “montagna di carta che non crolla mai” – il debito pubblico giapponese – ha toccato una vetta mai raggiunta: più di un “quadrillion” di yen, cioè più di un milione di miliardi. Per la precisione, a fine giugno la cifra dell’indebitamento dell’amministrazione centrale di Tokyo era questa: 1.008.628.100.000.000 yen. In euro fa 7.800 miliardi. E’ ovviamente un record: per il Giappone sin da quando lo yen è diventato la sua valuta ufficiale, nel 1871, e per il resto del mondo che non ha mai visto una quantità di “pagherò” del genere. Siamo attorno al 200% del Prodotto interno lordo (Pil): se si aggiungono i debiti delle amministrazioni locali, si arriverà al 247% a fine anno, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale. L’Italia, attorno al 130%, se non avesse la zavorra dell’euro sarebbe un paradiso. Ma il Sol Levante, dotato di moneta sovrana, può permettersi di rinunciare all’austerity.
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I sauditi a Putin: terrorismo sui Giochi se difendi Assad
Tu chiamala, se vuoi, Terza Guerra Mondiale. Se gli Usa attaccano la Siria, dice lo stato maggiore libanese, Assad è in grado di reagire col lancio dei micidiali missili Iskander, che arrivano fino a 270 chilometri oltre i confini siriani. Peggio: in caso di attacco, Putin potrebbe far alzare i suoi caccia dalla base mediterranea di Tartus. Obiettivo: l’Arabia Saudita, grande manovale – sul terreno – della destabilizzazione pluriennale segretamente armata dagli Usa per rovesciare il regime di Damasco e assediare finalmente l’Iran. Nel braccio di ferro, anche i sauditi minacciano i russi: sui Giochi Olimpici di Sochi potrebbe incombere l’incubo del terrorismo. Inizialmente sottovalutata dai media, di giorno in giorno si rivela appieno la reale portata del drammatico appello lanciato da Papa Francesco: attenti, il mondo è davvero in pericolo. Nessun’altra guerra, negli ultimi cinquant’anni, presentava questi rischi di deflagrazione internazionale. Sullo sfondo, la resa dei conti tra Washington e Pechino per il controllo strategico delle risorse planetarie si sta avvicinando. E in Siria la partita è affidata largamente al terzo incomodo, la Russia, mentre per ora l’Europa resta a guardare.
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Ue, oligarchia e mercato: così Bruxelles ci sta stritolando
Entrato in vigore il 1° dicembre 2009, il Trattato di Lisbona è stato messo in mora, anzi di fatto sostituito con un sistema di governance messo a punto da una serie di direttive, concordate anche con il Parlamento Europeo, la prima delle quali emanata dall’Ecofin il 7 settembre 2010 dando inizio al Semestre Europeo. La nuova governance, nata per fronteggiare la crisi economico-finanziaria, si è strutturata con accordi intergovernativi: il Patto Fiscale e il trattato Esm. Fino al 2009 si poteva parlare di deficit democratico, ora si deve parlare di deriva oligarchica dell’Ue. Per controllare ex ante ed ex post le politiche di bilancio è stato successivamente emanato un gruppo di direttive: il Six Pack e il Two Pack. Con questa serie di misure si sono concentrati i poteri nel Consiglio Europeo, nella Bce e nelle due nuove istanze istituzionali, quelle dell’Euro Summit e del suo presidente, che attualmente coincide con quello del Consiglio europeo, Van Rompuy: sono questi i “giudici di ultima istanza” che dettano le misure di bilancio e di politica economica, mentre la Bce regna sulla moneta.